L’Imposta sul Valore Aggiunto
Questa è una delle imposte più conosciute al mondo. Ogni paese la applica e le differenze sono sostanzialmente sulla percentuale dell’imposta. Alcuni paesi applicano un 5%, mentre altri arrivano a oltre il 30%. In molti casi la natura del bene determina l’aliquota e ogni Stato cerca di gestire questa imposta per venire incontro ai propri cittadini. Una caratteristica dell’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA) è la sua natura di imposta con rivalsa, ovvero se gestita da chi ha una partita IVA, è possibile sottrarre l’IVA degli acquisti da quella delle vendite e versare allo Stato solo la differenza. Come dice il nome, quindi, l’effettivo impatto dell’imposta è sull’incremento del prezzo tra acquisto e vendita.
Tutto questo, però, non vale per chi non ha una partita IVA ed è in pratica il “consumatore finale”, che assorbe per intero il costo dell’imposta. Per questo motivo, per il consumatore si tratta di una imposizione fiscale significativa e va sotto il nome di Imposta Indiretta che ha impatto sui consumi e non è legata al reddito.
Se l’utente finale paga l’IVA al momento dell’acquisto, l’azienda o il professionista con Partita IVA hanno una serie di opzioni per il calcolo del proprio versamento che si ricava da un lato sottraendo dall’Imposta sul Valore Aggiunto incassata quella versata ai propri fornitori e dall’altro riportando eventuali crediti dal periodo d’imposta precedente. Ma qual è il periodo d’imposta? Sotto il profilo tecnico, un contribuente può essere a regime trimestrale o mensile, a seconda del proprio regime contabile e del proprio fatturato.
Quando il fatturato supera i 400.000 euro per i professionisti e i 700.000 euro per le aziende, nasce l’obbligo della liquidazione mensile.
Come si calcola la liquidazione IVA?
Prima dell’avvento della fatturazione elettronica, soprattutto quando erano ancora le Poste Italiane a gestire il recapito dei documenti, la data di ricezione poteva anche essere molto in ritardo rispetto a quella di emissione e spedizione da parte del fornitore. Queste differenze creavano non pochi problemi al calcolo della liquidazione perché una fattura datata a fine mese poteva arrivare oltre il termine del 16mo giorno del mese successivo, termine definito per il versamento della liquidazione.
Chi non ha vissuto gli anni ‘80 e ‘90 può essere stupito dai 16 e più giorni per il recapito della corrispondenza, ma una lettera, – che fosse una fattura o un assegno di pagamento – poteva anche impiegare un mese dato che non esistevano soluzioni alternative. Già con il Fax la situazione si è modificata verso un minore ritardo fra data di emissione e consegna al destinatario. Restava però l’obbligo di mettere in contabilità il documento cartaceo originale, ricevuto per posta. Un altro elemento interessante di quel periodo era il protocollo, ovvero la necessità di timbrare e numerare tutti i documenti in entrata, definendo un ordine e anche una data certa.
Da questa serie di situazioni, appare chiaro che il calcolo della liquidazione, almeno a quei tempi, era gravato da una serie di incertezze pratiche: mancata ricezione di una fattura, ricezione in ritardo o ricezione al limite del momento del versamento. Le fatture emesse che contribuiscono ad aumentare l’importo da versare trovano compensazione in quelle ricevute e quindi ogni ritardo rispetto al periodo della liquidazione poteva portare a versare più del dovuto. Valeva la data di emissione, ma se non si aveva notizia della fattura in tempo, c’era poco da fare.
Per limitare questo genere di problemi molte aziende avevano definito al 15mo giorno del mese la data di emissione e spedizione delle fatture così che il loro recapito potesse avvenire in tempo utile per il calcolo del versamento. Questo era particolarmente importante per le aziende con elevato fatturato e costi di energia e telecomunicazioni significativi.
Termini di pagamento, Imposte e Ricezione dell’IVA
La sostituzione del servizio postale fisico con la posta elettronica già rese il recapito delle fatture molto più agevole, senza però aiutare a definire delle date certe sia come emissione, sia come ricezione. I documenti inviati per email erano solitamente dei PDF che, pur essendo elettronici, nulla avevano a che fare con una vera fattura elettronica.
Sotto il profilo aziendale, negli anni i “termini di pagamento” hanno permesso a grandi e piccole aziende di finanziarsi in vari modi: ricevevo la merce e la pagavo dopo 3 mesi sperando nel frattempo di averla già venduta; se volevo lavorare per una grande azienda dovevo accettare termini come 30, 60, 180 (giorni di pagamento) e così la grande azienda si finanziava sulle spalle dei fornitori. Tutto questo sistema di pagamenti dilazionati sopravviveva anche grazie all’impossibilità di forzare qualcuno a un pagamento dopo un ritardo significativo: decreti ingiuntivi e cause non erano una via facilmente perseguibile e alla fine si doveva solo operare a livello personale e dialettico per ottenere quanto spettava.
I pagamenti, una volta entrati nel frullatore delle dilazioni, avevano un impatto diretto e molto rischioso sulla liquidazione IVA: per il Fisco, una volta emessa, la fattura aveva un importo IVA che andava inserito nel calcolo del periodo a cui apparteneva, a prescindere dai termini di pagamento che potevano andare ben oltre quello di versamento dell’imposta.
Ecco quindi nascere il problema del versamento di IVA a credito (generato dalle fatture emesse) e ancora non riscosso. Per chi aveva ricevuto la fattura, l’Imposta sul Valore Aggiunto andava a credito immediatamente, mentre per chi l’aveva emessa andava immediatamente a debito. Si può intuire come la discrepanza fra fatture emesse e ricevute rispetto ai relativi pagamenti si riflettesse in modo significativo sulla liquidazione IVA: chi poteva permetterselo scaricava molta IVA ancora non pagata e chi “subiva” pagamenti dilazionati doveva versare in anticipo rispetto all’incasso.
Lo Stato, nel tempo, si è reso conto di questa realtà e ha legiferato dando vita al regime IVA per cassa, in cui il calcolo di IVA a debito e credito si effettua in base all’effettiva transazione economica di pagamento. Chi non adotta quel regime fiscale deve mettere in detrazione l’IVA alla ricezione del documento anche se questo riporta “Operazione IVA per Cassa”. Ad oggi, anche con la Fatturazione Elettronica, è possibile adottare questo regime fiscale con tutto quello che ne consegue.
Come la Fatturazione Elettronica impatta sull’Imposta sul Valore Aggiunto
Abbiamo visto come il percorso evolutivo di questa imposta e della sua liquidazione abbiano evidenziato alcuni limiti, soprattutto in termini di discrepanza fra emissione e pagamento, e di pertinenza nel periodo d’imposta.
In altre parole, la Fattura Elettronica può essere emessa anche con IVA per cassa, mentre il periodo di pertinenza è stato definito come quello della data fattura – in caso di fattura emessa con regime non di IVA per Cassa – e data di ricezione dal Sistema di Interscambio (SdI) in caso di fattura ricevuta (a prescindere dalla data di emissione che comunque deve essere entro precisi termini).
Tralasciando per un attimo il fatto che possa avere dell’IVA a debito ancora da incassare, il vero tema è quello dei vari fine mese e fine anno: una fattura ricevuta nei primi giorni del mese successivo alla sua emissione (vedi data fattura), per il fisco va nel mese successivo.
Nel caso di fine anno, tutti i documenti ricevuti nei primi giorni di gennaio, ricadono nell’IVA credito di gennaio, anche se relativi a dicembre con data di emissione dicembre. Al proposito sono state emesse circolari e chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate e lo SdI ha precisato che sono previsti sino a 5 giorni fra data di consegna a SdI del documento e suo recapito al destinatario, senza contare che chi emette il documento ha altri giorni a disposizione per il suo invio allo SdI. Dato che la Fattura Elettronica viene certificata sia in fase di emissione, sia in fase di recapito, per chi la emette l’IVA va nel mese indicato in fattura, per chi la riceve va nel mese indicato nella notifica di ricezione.
Nella pratica tutta l’Imposta sul Valore Aggiunto a debito è legata all’emissione, mentre quella a credito è sempre ritardata di qualche giorno, rendendo la fatturazione a “fine mese” un reale problema.
Le soluzioni che possono essere adottate, a prescindere dai termini di pagamento, sono con la fatturazione a metà mese, concedendo così ai vari sistemi di consegnare comunque entro il mese di pertinenza giuridico.
La soluzione di FatturaPRO.click per l’Imposta sul Valore Aggiunto
La nostra piattaforma permette la gestione delle tematiche IVA in base al tipo di regime adottato dal nostro cliente. Se il cliente ha il regime IVA per cassa ha il calcolo della sua IVA trimestrale (o mensile) basato sui flussi di incassi e pagamenti, mentre chi opera in regime ordinario e per competenza ha il calcolo delle liquidazioni IVA che segue quanto descritto in precedenza. Queste informazioni sono presentate nelle pagine di Analisi Finanziaria, mentre la creazione delle fatture avviene rispettando il regime fiscale segnalato nella configurazione.