Parliamo di business, dall‘inglese all’italiano
Impara l’Inglese e potrai lavorare con tutto il mondo. Questa frase l’abbiamo sentita a scuola, in famiglia e sul lavoro, ma nella realtà il mondo ha tutta una serie di lingue che vengono parlate per aree geografiche e quindi l’Inglese ci permette di comunicare con una percentuale di circa il 15% della popolazione mondiale. Il resto del mondo parla una serie di altre lingue che vanno dal Cinese Mandarino, l’Hindi, lo Spagnolo, il Francese e l’Arabo.
Perché l’Inglese ha quindi tutto questa considerazione?
Sostanzialmente perché si può dire che sia la lingua degli affari, o come si direbbe in Inglese, del “business”.
La lingua del business
Le parole rappresentano concetti, situazioni, prodotti, strategie e molto altro. Capire ciascuna parola all’interno di un discorso permette di partecipare attivamente al discorso stesso. Se invece ci sono parole di cui non si conosce il significato, diventa facile perdere il filo o non comprendere appieno il tema discusso.
Con la diffusione della Rete, l’internazionalizzazione delle fonti d’informazione e l’invasione di campo fatta da alcune attività con un pesante utilizzo di termini stranieri, come ad esempio le strategie di commercializzazione, ovvero “il marketing”, i testi, le discussioni e l’informazione più in generale si è trasformata in un frullato di Italiano e Inglese. In alcuni casi, come ad esempio quando si ha a che fare con un’agenzia di comunicazione e pubblicità, l’impiego dei termini inglesi diventa quasi una tecnica per far sembrare il lavoro più sofisticato, costoso ed efficace.
L’Inglese con la sua miriade di termini legati alle attività economiche rende in alcune situazioni difficile capire realmente cosa si sta ascoltando o leggendo. In alcuni casi non si conosce un termine, in altri il termine ha una valenza generica e quindi non chiarisce il suo effettivo significato.
Se siete arrivati sin qui a leggere questo approfondimento vi starete domandando dove vogliamo andare a parare e in tutta onestà vi confessiamo che preferiamo sempre l’uso del termine in italiano rispetto al suo omologo in Inglese per essere sempre comprensibili anche da parte di chi non ha un trascorso di studi che gli ha permesso di apprendere questa terminologia straniera. Inoltre la recente discussione sull’obbligo dell’impiego dei termini italiani – ove disponibili – in tutta la documentazione della Pubblica Amministrazione ha sollevato alcune polemiche e considerazioni sulla memoria storica di una scelta simile. Facciamo però notare che in paesi come la Francia tuttora vige la legge che obbliga all’utilizzo dei termini francesi in qualsiasi documento e non solo per la PA. Tutta la terminologia informatica, ad esempio, dispone delle corrispondenti parole in francese. Il computer è l’ordinateur, il byte è l’octet e il software è le logiciel. Nessuno si è scandalizzato.
Dall’inglese all’italiano: serve la misura
Se da un lato è difficile evitare certi inglesismi, dovrebbe valere la regola applicata da chi fa buon giornalismo, ovvero si usa il termine straniero se non c’è l’equivalente in italiano. Tutti i termini stranieri sono inoltre al singolare perché si può ignorare la regola grammaticale per scriverli correttamente al plurale. Per l’Inglese si pensa che basti aggiungere una “s” (ma ci sono numerose eccezioni) e poi se il termine non è Inglese allora la cosa diventa più complicata. Da evitare ancora di più sono le italianizzazioni delle parole inglesi anche se con il tempo vengono adottate a pieno titolo nei nostri dizionari.
La situazione si complica quando i termini inglesi sono frutto di giochi di parole e di assonanze, quasi fossero formule magiche o termini da iniziati. I più diffusi sono, nel nostro settore, B2B, B2C e B2G dove innanzitutto il sostantivo 2, in inglese TWO, viene pronunciato come il complemento di moto a luogo “to”. Business indica i professionisti e le partite IVA, C indica il Consumer o consumatore finale o privato, e G indica Government o Pubblica Amministrazione. Quindi i tre termini indicano una attività con altri soggetti con Partita IVA, con privati e con la Pubblica Amministrazione.
Discorsi simili possono essere fatti analizzando il gergo della promozione commerciale (il marketing) dove troppi termini sono in inglese pur esistendo il corrispondente in italiano, creando così una barriera alla comprensione. Purtroppo chi non ha dimestichezza con questa terminologia spesso non ha il coraggio di chiedere spiegazioni e per questo non può partecipare attivamente alla discussione o, addirittura, applicare i consigli ricevuti.
Invece, è vostro diritto capire quello che viene detto e spiegato chiedendo la “versione italiana” del discorso, dove termini e acronimi inglesi devono essere sostituiti dai corrispondenti termini italiani. Solo a quel punto se ancora qualcosa non è chiaro, potrebbe essere imputato a una vostra inesperienza.
Solo quando non se ne può fare a meno
La lingua italiana è ricca e articolata, con sfumature sinonimi e una buona adattabilità ai tempi che cambiano. Ogni anno l’Accademia della Crusca aggiunge nuovi termini per far sì che la lingua evolva e tenga conto dei fenomeni sociali. Questo però non ha portato a un inserimento indiscriminato di tutti gli inglesismi di cui sopra, bensì certifica l’effettiva adozione di termini per i quali non esiste un equivalente nella nostra lingua. Esistono poi casi limite in cui un termine nasce da una similitudine con altri e l’esempio classico è “petaloso”.
Come si comporta FatturaPRO.click?
La filosofia di FatturaPRO.click è quella di offrire il massimo della semplicità ed efficacia nella presentazione delle informazioni e quindi dove esiste il termine in italiano, preferiamo usare quello, anche se in alcuni casi potrebbe risultare strano a chi è invece assuefatto agli inglesismi. Al tempo stesso, offriamo un nutrito dizionario dove è sempre possibile avere una descrizione dettagliata del significato dei termini, siano essi in Inglese o in Italiano.