L’ecommerce è l’industria italiana del futuro?
Le funzionalità FatturaPro che riguardano il mondo degli ecommerce, si rivelano le più usate anche questa settimana.
Il lavoro che stiamo facendo, per raccontarti i trend principali di ogni singola settimana delle funzionalità di FatturaPro più usate dagli utenti, sta assumendo i contorni di un piccolo osservatorio sull’economia italiana.
Mi rendo conto che il titolo possa sembrare un pizzico fuorviante. L’ecommerce non è un’industria, e in molti casi l’accostamento di questi due termini risuona come una vera e propria contraddizione.
Ma posso dirti, in tutta franchezza, che non lo ritengo affatto un titolo acchiappa click. Piuttosto, possiamo attribuire alle prossime righe che stai per leggere un significato di piccola speranza, un tentativo di avviare un nuovo “miracolo italiano” in scala ridotta.
È esagerato? Cerchiamo di capirlo attraverso numeri che non riguardano FatturaPro, ma il quadro generale del settore.
Volumi di affari in aumento, cambiamento sociale e occupazione: ecco perché l’ecommerce può soppiantare la nostra tradizione industriale in via di estinzione
Per molti anni l’economia, il welfare, il quadro occupazionale italiano hanno fatto molto affidamento sul comparto italiano.
Industrie di Stato, industrie private, dalla Fiat all’Olivetti passando per le varie Montedison, ma anche tutta l’industria trasporti e infrastrutture, Ferrovie dello Stato, Tirrenia, Alitalia, sono solo alcuni nomi di realtà dove un dipendente poteva essere assunto dopo gli studi, e arrivare fino alla pensione senza mai cambiare datore di lavoro.
Carriere che duravano 30-40 anni filati, durante i quali un dipendente aveva la sicurezza necessaria per aprire finanziamenti, comprare casa, cambiare l’automobile, sposarsi, e garantire ai figli la possibilità di studiare.
Molte di queste industrie generavano volumi di fatturato plurimiliardari, ma non avevano nemmeno l’obbligo di presentare un bilancio. Al di là delle solite speculazioni politiche, e fatte le dovute eccezioni, a nessuno importava veramente di come andassero le performance economiche e finanziarie di queste enormi realtà.
Oggi è tutto cambiato. Tanti nomi, tra quelli citati a caso qui sopra, non esistono più. Oppure esistono, sotto altri nomi, sotto altri stati.
L’impatto sui dati occupazionali e sulla fiducia dei consumatori è stato enorme. Viviamo in questo nuovo ciclo economico da qualche decennio, e non ce ne ricordiamo nemmeno più di cosa significasse la possibilità di scegliere una vita tranquilla.
Fatta magari di compensi modici, di scarse soddisfazioni personali, ma di certezze e continuità.
L’ecommerce, anche se lentamente, sta cominciando a offrire opportunità di nuove forme di stabilità, non equiparabili (ancora) a quelle del passato, ma di cui la società italiana ha sicuramente bisogno.
Il comparto ecommerce si “nutre” di tutte le competenze e di tutti quegli spazi di opportunità che il mercato globale offre in questo momento
Se ti fermi a pensarci un attimo, l’ecommerce incarna tutto ciò che oggi rappresenta il centro di gravità esatto del nostro scenario sociale.
Guardiamo la questione dal lato dell’imprenditore. Oggi è impensabile creare una fabbrica da zero in Italia. Tra costi dei terreni, dei capannoni, normative, e la complessità della gestione tributaria, è praticamente impossibile riuscirci.
Il carico da 90 lo mette la questione competitività: per tutte le ragioni di cui sopra, una fabbrica cinese, o asiatica in generale, avrà sempre maggiori possibilità rispetto a una fabbrica creata in Italia.
Ma l’ecommerce è diverso. È un tipo di attività che permette di partire testando il mercato, volendo non serve nemmeno un garage “alla Steve Jobs”. Si può partire persino dalla casa di mamma e papà, realizzando comunque un’attività seria, che non truffa i clienti e anzi li soddisfa.
Per poi ampliare struttura societaria, organizzazione e spazi, proporzionalmente all’incremento di ordini e giro di affari.
Per i lavoratori, la maturazione del comparto ecommerce in Italia incrocia perfettamente il livello di crescita registrato dai corsi universitari dove si apprendono proprio le competenze che servono a un ecommerce per crescere.
Percorsi di studi che interessano la filiera del marketing, dell’ingegneria informatica, del controllo di gestione.
Imprenditori che hanno la possibilità di imparare sul campo, e studenti che – magari privi inizialmente di uno spirito imprenditoriale – vogliono portare sul mercato del lavoro le competenze per le quali hanno studiato.
Una convergenza perfetta che in parte aiuta a spiegare i numeri di una crescita, quello del comparto ecommerce in Italia, per l’appunto.
Ma quali sono questi numeri?
Come si stanno affermando i negozi online in un paese tecnologicamente bloccato da una tradizione di “si è sempre fatto così”
In effetti, se avessimo letto tutte le righe precedenti meno di 20 anni fa, avremmo pensato a un articolo scritto da un pazzo.
Fino al 2008, dati alla mano, l’Italia era tra gli assoluti fanalini di coda per quanto concerne non solo lo sviluppo di attività online, ma anche i volumi di acquisto e di spesa.
Gli italiani erano terrorizzati anche solo all’idea di comunicare a “un sito” il proprio codice fiscale, figuriamoci cosa potessero pensare dell’idea di fornire i dati di una carta di credito, o aprire un conto Paypal.
Ma, come sempre, l’italiano evolve nel mezzo delle crisi. E con il Covid è cambiato tutto.
Nel 2023, l’intero mercato ecommerce italiano ha raggiunto circa €80,6 mld, con una crescita annua del +7,8% rispetto al 2022 (dati Unioncamere e Agenda Digitale).
Anche questi numeri – nel 2008 – sarebbero sembrati impossibili.
Una filiera che sostiene 380.000 posti di lavoro.
Market Research Future indica una crescita del +5,2% per il 2025‑2035, con una incidenza del settore ecommerce sul PIL che potrebbe superare il 5%.
Sarebbero numeri che potrebbero incidere in maniera nettamente superiore rispetto a settori come il calcio, considerato da tutti una delle 10 industrie più profittevoli al mondo.
Come si incastra FatturaPro in questo scenario che tende a seminare positività in mezzo a tante “brutte notizie”
Per sviluppare un ecommerce in Italia, con le poche risorse che abbiamo e le scarse quantità di formule a sostegno della crescita, degli errori imprenditoriali e della sostenibilità di una startup che cerca di scalare, non basta la capacità imprenditoriale, non basta il marketing.
Né il controllo di gestione.
Per quanto siano tutte e tre competenze vitali, in Italia serve una quarta colonna.
Che è l’automazione fiscale.
Sviluppare un ecommerce, portarlo dal salotto di mamma e papà a diventare una vera e propria “piccola industria”, che genera PIL, dispensa stipendi e supporta le carriere delle nuove leve, è un percorso che non può prescindere dall’azzeramento della burocrazia fiscale.
Per fortuna gli strumenti per farlo ci sono, e noi di FatturaPro – oltre a sviluppare soluzioni per creare questi strumenti – mettiamo a disposizione dei nostri clienti anche le competenze per affinare procedure e processi capaci di automatizzare l’intera catena della burocrazia fiscale.
Ecco perché la nostra piattaforma, quasi tutte le settimane, mette al primo posto le funzionalità relative agli ecommerce tra le funzioni di FatturaPro più usate dai nostri clienti.
Competenze che ormai sbordano abbondantemente dai confini della fatturazione, della gestione dei corrispettivi e della soluzione che hanno a che vedere con problematiche di integrazione e applicative in generale.
E che ormai lambiscono anche i confini della competenza fiscale, di processi organizzativi e di una corretta impostazione di un ecommerce in via di sviluppo, di rilancio o di consolidamento.
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