Articoli

Fatture messe a disposizione: diritti dei soggetti passivi e obblighi di verifica

Risulta di fondamentale importanza per tutti gli operatori economici che emettono fatture elettroniche avere piena consapevolezza del significato e delle implicazioni della casistica delle “fatture messe a disposizione”.

Risulta quindi imprescindibile per ogni operatore fiscale che emette fatture elettroniche conoscere nel dettaglio le caratteristiche e le conseguenze delle “fatture messe a disposizione“, al fine di assolvere correttamente ai rispettivi obblighi informativi e di verifica e non incorrere in sanzioni amministrative. Soltanto attraverso una piena consapevolezza di questa casistica è possibile instaurare un rapporto di collaborazione virtuoso con gli uffici dell’Amministrazione Finanziaria.

Fatture messe a disposizione: cosa sono e quando si verifica il mancato recapito

Le fatture messe a disposizione, anche note come fatture collocate nel cassetto fiscale fatture elettroniche, rappresentano un’importante casistica di mancato recapito delle fatture elettroniche che può comportare gravi conseguenze sull’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA.

Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello n. 435 del 2023, le fatture messe a disposizione si riferiscono a documenti elettronici il cui recapito non è avvenuto a causa di problemi tecnici non imputabili al Sistema di Interscambio (SdI), come ad esempio caselle PEC piene o non attive ovvero canali telematici non operativi. In tali circostanze, le fatture vengono collocate nell’area riservata del sito web dell’Agenzia, precisamente nel cassetto fiscale fatture elettroniche del portale “Fatture e Corrispettivi”.

A differenza delle normali fatture elettroniche consegnate tramite Sistema di Interscambio, le fatture messe a disposizione sono soggette al rischio di mancata presa visione da parte del destinatario, con conseguente impossibilità di esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA. Come chiarito dalla circolare n. 1/E del 2018, tale diritto sorge al verificarsi congiunto del requisito sostanziale dell’avvenuta esigibilità dell’imposta e del requisito formale del possesso del documento comprovante l’operazione. Nel caso delle fatture messe a disposizione, la prova di ricezione è rappresentata dalla data di presa visione nel cassetto fiscale fatture elettroniche.

Pertanto, la data di effettiva detraibilità dell’IVA non corrisponde a quella di emissione, bensì a quella di visualizzazione del documento nell’area riservata, a condizione che quest’ultima avvenga entro il termine di presentazione della dichiarazione IVA dell’anno cui si riferisce il diritto. Decorso tale termine, anche in presenza di copia di cortesia, il recupero dell’IVA non è più possibile. Risulta quindi fondamentale verificare periodicamente il cassetto fiscale fatture elettroniche al fine di non perdere importanti diritti fiscali.

Fatture messe a disposizione

Diritti e obblighi relativi alle fatture messe a disposizione

In primo luogo, va definito che per fatture messe a disposizione, ai sensi della risposta n. 435/2023 dell’Agenzia delle Entrate, si intendono quei documenti elettronici il cui recapito non è avvenuto tramite Sistema di Interscambio a causa di problematiche tecniche, come caselle PEC piene o inattive. In tali casi, le fatture vengono collocate nell’area riservata del sito web dell’Agenzia delle Entrate, ovvero nel cassetto fiscale fatture elettroniche.

Emergono quindi diritti e obblighi connessi al corretto utilizzo di tale strumento. In primis, il destinatario detiene il diritto di detrazione dell’IVA a partire dalla data di presa visione del documento nell’area riservata e non già da quella di emissione, a condizione che tale adempimento formale avvenga entro i termini di presentazione della dichiarazione IVA.

Il cedente/prestatore, dal canto suo, è tenuto a informare tempestivamente il destinatario del mancato recapito, indirizzandolo a verificare la presenza delle fatture nel cassetto fiscale fatture elettroniche. Quest’ultimo, a sua volta, ha l’obbligo di attivarsi con sollecitudine al fine sia di non perdere importanti diritti fiscali, sia di non essere reputato artefice di un’arbitraria procrastinazione della presa visione.

Risulta pertanto determinante, ai fini dell’esercizio corretto dei diritti e degli obblighi connessi alle fatture messe a disposizione nell’area telematica dell’Agenzia delle Entrate, verificare periodicamente la presenza di tali documenti nel cassetto fiscale fatture elettroniche entro i termini di legge.

Come verificare la partita IVA?

La Partita IVA è un codice fiscale univoco attribuito ai soggetti che svolgono un’attività commerciale o imprenditoriale. Questo identificativo è fondamentale per le transazioni commerciali e le relazioni fiscali sia a livello nazionale che internazionale. In questo articolo, esploreremo approfonditamente cos’è e come verificare la Partita IVA.

Cos’è la Partita IVA?

La Partita IVA è un codice identificativo fiscale composto da 11 cifre numeriche in Italia. Questo codice permette alle autorità fiscali e commerciali di identificare in modo univoco le imprese e gli individui che svolgono attività imprenditoriali. Oltre a essere necessaria per l’emissione di fatture e la gestione contabile, la Partita IVA è un requisito fondamentale per l’iscrizione al Registro delle Imprese e per l’esercizio di attività commerciali.

Verificare la Partita IVA Nazionale

La verifica della Partita IVA nazionale richiede un approccio sistematico. In primo luogo, si calcola il cosiddetto “carattere di controllo” della Partita IVA, utilizzando una procedura che coinvolge la somma delle cifre e la verifica del risultato ottenuto. Questo processo aiuta a garantire l’integrità e la correttezza della Partita IVA fornita.

Calcolo del carattere di controllo

La Partita IVA è composta da quattro parti distinte:

  • Identificativo della Nazione: una sigla che indica il paese di appartenenza, come “IT” per l’Italia;
  • Numero di Matricola: le prime sette cifre, assegnate dall’ufficio provinciale competente e incrementali;
  • Codice dell’Ufficio Provinciale: le cifre dall’ottava alla decima, corrispondenti al codice ISTAT della provincia di appartenenza;
  • Carattere di Controllo: l’ultima cifra, utilizzata per verificare la correttezza delle prime dieci cifre.

La procedura di verifica della Partita IVA prevede i seguenti passaggi:

  • Somma delle Cifre Dispari: Si sommano le prime 5 cifre in posizione dispari e il carattere di controllo per ottenere il valore di A;
  • Somma dei Doppi delle Cifre Pari: Si calcola la somma dei doppi delle cifre in posizione pari. Se una cifra supera 9, si sottrae 9. Il risultato costituisce il valore di B.
  • Somma di A e B: Si sommano i valori di A e B.
  • Calcolo del Modulo 10: Si calcola il modulo 10 del risultato della somma dei valori A e B. Se il modulo è 0, la Partita IVA è considerata valida.

Come verificare la partita IVA - Partita IVA Intracomunitaria

Ricerca della Partita IVA Comunitaria

Le imprese che operano a livello comunitario devono possedere una Partita IVA comunitaria per effettuare transazioni intra-UE. La ricerca e la verifica della Partita IVA comunitaria possono essere effettuate tramite il sistema VIES (Vat Information Exchange System), gestito dall’Agenzia delle Entrate. Questo strumento consente di verificare la validità delle Partite IVA dei soggetti comunitari autorizzati.

Inoltre se si consce la ragione sociale o la denominazione dell’impresa (valido solo se italiana) è possibile trovare la partita IVA presente nel Registro delle Imprese nel sito della Camera di Commercio, in questo è possibile controllare se la partita IVA fornita corrisponde con quella registrata

Verificare la Partita IVA Extracomunitarie

Le imprese che intrattengono rapporti commerciali con paesi al di fuori dell’Unione Europea devono verificare la validità delle Partite IVA extracomunitarie. Questo processo può essere più complesso e richiedere l’utilizzo di strumenti specifici per verificare la conformità alle normative fiscali del paese di appartenenza. Uno strumento che è possibile utilizzare è il “Vat Search”, il quale fornisce dati sulle partite IVA di 29 Paesi al mondo.

Controllo della Partita IVA con FatturaPRO.click

FatturaPRO.click ti offre la possibilità di verificare la validità della Partita IVA durante l’emissione delle fatture, sia per le transazioni tra aziende (B2B) che per le fatture emesse alle Pubbliche Amministrazioni (B2G).

Per le fatture B2G, ovvero quelle destinate alle Pubbliche Amministrazioni, FatturaPRO.click ti consente di consultare direttamente l’elenco delle pubbliche amministrazioni. Questo permette di compilare automaticamente i dati certificati, rendendo il processo di compilazione più rapido ed efficiente.

Nel caso delle fatture B2B, il sistema di FatturaPRO.click eseguirà automaticamente la verifica della validità della fattura. Non sarà necessario effettuare calcoli o procedure complesse per inviare la fattura. Il sistema si occuperà di controllare la validità della Partita IVA e dei dati inseriti nella fattura, garantendo un processo di emissione più sicuro e affidabile.

In sostanza l’emissione delle fatture diventa più agevole e veloce, garantendo nel contempo la conformità alle normative fiscali e la correttezza dei dati inseriti. In altre parole una contabilità veramente sostenibile.

Vendita cannabis light online: come funziona la fatturazione e la disciplina fiscale

La vendita cannabis light online si sta imponendo come uno dei business più interessanti del commercio elettronico in questi anni. Diversi studi di settore confermano infatti la crescita esponenziale di questo mercato.

Stando a una ricerca condotta nel 2021 da Cross-Border Growth Capital, il giro d’affari legato alla vendita online di cannabis light in Europa ha raggiunto un volume di 880 milioni di euro nel corso del 2020. Un aumento del 220% rispetto all’anno precedente. Anche in Italia si registrano trend analoghi: secondo i dati forniti dall’Osservatorio sul mercato della canapa industriale di Luiss Business School, nel nostro Paese il mercato della Vendita cannabis light online valeva circa 50 milioni di euro nel 2019, con prospettive di raddoppio entro il 2024.

Tali cifre dimostrano come questo settore, legale e regolamentato, stia diventando una vera e propria industria in forte crescita. Proprio per tale motivo, risulta fondamentale per chi intende avviare un’attività in tale ambito conoscere a fondo la normativa fiscale applicabile. Solo un corretto inquadramento contabile e tributario può infatti consentire di massimizzare i profitti e gestire al meglio la propria impresa. Soprattutto nel commercio digitale, dove la concorrenza è ormai globale, risulta vitale adottare il regime fiscale migliore per posizionarsi strategicamente sul mercato.

Vendita cannabis light online: il giusto Regime IVA per la vendita online di prodotti derivati

La vendita online di cannabis light è quindi certamente un settore in evoluzione, soggetto a normative in fase di chiarimento.

Vendita cannabis light online è attualmente possibile in molti Paesi, sebbene alcuni prodotti derivati dalla canapa siano soggetti a regolamentazioni doganali e imposizione IVA. In Italia, la Legge n.242/2016 e i successivi chiarimenti ministeriali consentono la commercializzazione di infiorescenze e altri derivati della canapa sativa contenenti un tasso di THC inferiore allo 0,5%, esenti da obblighi in materia di sostanze stupefacenti.

Alla luce di un business così fiorente, sono in tanti a chiedersi quindi cosa vendere online per avere successo e se il commercio elettronico deve quindi comprendere anche la marijuana light. Una domanda cui non esiste una risposta univoca, poiché fattori come la competitività di mercato, la qualità dell’offerta e la capacità di fidelizzare i clienti sono determinanti. Nel caso specifico della cannabis light, alcuni produttori hanno ottenuto risultati commerciali lusinghieri proponendo infiorescenze, oli, resine, creme e altri articoli per uso wellness e rilassamento, grazie a una comunicazione trasparente e rispettosa delle normative.

Vendita cannabis light online

In merito alla corretta applicazione dell’IVA, va considerato che per i prodotti CANAPA SATIVA con THC inferiore allo 0,5% sussiste un regime IVA agevolato, equiparandoli a prodotti di erboristeria e benessere. L’aliquota IVA applicabile è quindi quella del 10% (art.74 DPR 633/72 e successive modifiche), in luogo di quella del 22% prevista per i prodotti di tabacchi e sigarette.

Tale orientamento è stato confermato dall’Agenzia delle Dogane che, con la circolare 14/E del 5 luglio 2019, ha chiarito la non riconducibilità dei derivati della canapa sativa L. contenenti THC inferiore allo 0,2% alla voce TARIC NC24039980Altri tabacchi lavorati” soggetti ad aliquota IVA del 22%.

Cannabis light online: obblighi fiscali e modalità di fatturazione per un e-commerce

Come abbiamo detto la vendita cannabis light online è consentita per prodotti contenenti THC inferiore allo 0,5%, ma ciò non esime dal rispetto delle normative contabili e tributarie.

Le imprese che vendono online devono prima di tutto aprire una partita IVA, in quanto l’attività svolta costituisce un’effettiva attività. Per un e-commerce di cannabis light, essendo i prodotti assimilabili a quelli di erboristeria, l’aliquota IVA applicabile è del 10%. L’Agenzia delle Entrate prevede poi l’emissione di fatture elettroniche per tutti gli operatori con volume d’affari superiore a 25.000 euro.

Un aspetto da non sottovalutare riguarda la corretta tenuta della contabilità. Per le vendite online è necessario emettere fattura immediatamente dopo il pagamento da parte del cliente, registrando correttamente incassi e ricavi. Fondamentale poi versare trimestralmente i contributi INPS come titolare di partita IVA. Questi obblighi possono sembrare gravosi, ma grazie all’automazione dei pagamenti, la gestione amministrativa di un e-commerce si rivela più semplice di quanto si possa pensare dando così vita a un vero e proprio secondo lavoro online redditizio.

Delega fatturazione elettronica: definizione e procedura di rilascio

La delega fatturazione elettronica costituisce uno strumento essenziale per molti operatori economici a cui la normativa sulla fatturazione elettronica può risultare complessa, ad esempio per carenza di competenze informatiche o scarsa familiarità con i vincoli del tracciato unico.

Tale delega, infatti, consente a un terzo abilitato di assolvere materialmente gli obblighi di invio e ricezione delle fatture digitali per conto del delegante. Un valido ausilio soprattutto per le piccole realtà produttive.

Diventa però dirimente che tale delega sia rilasciata correttamente, senza errori fattura elettronica formali rispetto alle rigorose procedure fissate dall’Agenzia delle Entrate. Soltanto l’esatta compilazione dei campi identificativi di delegato e delegante e la formale accettazione dell’incarico tramite i servizi telematici ne garantiscono la piena efficacia.

Eventuali errori nella compilazione della delega, come refusi o discordanze nei dati, potrebbero infatti pregiudicarne la validità con il rischio di vanificare gli sforzi del delegante per assolvere adeguatamente gli adempimenti di fatturazione elettronica.

Delega fatturazione elettronica: cos’è

Con delega fatturazione elettronica si intende il meccanismo che consente a un soggetto abilitato, il delegante, di conferire ad altri operatori, il delegante, la possibilità di gestire le attività connesse alla fatturazione elettronica per suo conto.

La Delega fatturazione elettronica disciplinata dall’Agenzia delle Entrate regola il rapporto tra delegante e delegato mediante apposita convenzione, che vincola quest’ultimo al corretto assolvimento degli obblighi relativi alla fatturazione elettronica nei confronti del Sistema di Interscambio e dell’Amministrazione finanziaria.

Nello specifico, i delegati all’emissione possono provvedere alla predisposizione e trasmissione delle fatture elettroniche per conto dei deleganti, mentre i delegati alla ricezione sono abilitati alla ricezione, archiviazione e gestione sul piano contabile-fiscale delle fatture elettroniche ricevute.

I delegati all’emissione possono assistere il delegante in tutte le fasi dell’iter di trasmissione delle fatture elettroniche attive. Ciò significa che potranno occuparsi della generazione del file in formato XML con i dati fiscali estratti dal gestionale, dell’apposizione della firma digitale/marca temporale qualificata nonché dell’invio al Sistema di Interscambio nei termini di legge.

Per quanto concerne i delegati alla ricezione, essi potranno ricevere e scaricare dal SdI le fatture elettroniche passive del delegante. Dovranno quindi provvedere alla loro archiviazione elettronica in modulo sicuro e alla successiva registrazione in contabilità, allegando i documenti ricevuti digitalmente ai relativi provvedimenti contabili. Si occuperanno altresì di eventuali comunicazioni per lo scarto dei file. La delega interessa dunque tutte le operazioni propedeutiche e consecutive alla fatturazione elettronica di competenza del delegante. Tale strumento risulta utile per semplificare gli adempimenti connessi alla fatturazione elettronica.

 

Delega fatturazione elettronica

Delega fattura elettronica: Procedure e modalità per il rilascio della delega

La delega fatturazione elettronica viene conferita mediante un apparato normativo che ne disciplina i requisiti di validità. Il soggetto delegante, in primis, deve accedere al proprio Cassetto fiscale o utilizzare i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate per generare una richiesta di delega indicando il tipo (emissione/ricezione) e i dati identificativi del delegato.

Parallelamente, il futuro delegato deve essere in possesso delle credenziali di accesso ai servizi telematici dell’Agenzia per poter ricevere ed accettare la richiesta di conferimento dell’incarico. Accettata la delega, essa diviene operativa a seguito di registrazione da parte dell’Amministrazione finanziaria.

La delega deve essere adeguatamente circostanziata attraverso un modulo che vincola entrambe le parti, con indicazione del periodo di vigenza e della tipologia di atti gestibili. Decorso tale termine, essa può essere rinnovata. È essenziale che il delegato sia identificabile con certezza attraverso i sistemi telematici per consentire la formale attribuzione delle specifiche abilitazioni. In particolare, sarà necessario che lo stesso inserisca nella delega i codici di accesso ai servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate, come le credenziali Fisconline o Entratel. Solo attraverso tali codici identificativi sarà possibile per l’Amministrazione finanziaria riconoscere in via definitiva il delegato e abilitarlo operativamente alla trasmissione e ricezione delle fatture elettroniche per conto del delegante.

Fatturare in Italia con partita iva estera: guida agli adempimenti nel Bel Paese

La necessaria conoscenza del regime IVA italiano per i soggetti esteri che fatturano nel nostro Paese L’operatività transfrontaliera che prevede l’emissione di fatture in Italia da parte di soggetti non residenti titolari di partita IVA estera necessita di un’approfondita conoscenza del quadro normativo IVA nazionale.

Fatturare in Italia con partita IVA estera, infatti, comporta precisi obblighi dichiarativi e adempimenti contabili cui adeguarsi. La disciplina prevede complessi formati da rispettare per le fatture elettroniche emesse, scadenze cadenzate per gli invii al Sistema di Interscambio nonché termini per la presentazione della dichiarazione annuale.

La non conoscenza anche di un solo aspetto di tale articolata normativa potrebbe facilmente determinare errori sanzionabili, come l’omessa o tardiva trasmissione di fatture, la non corretta compilazione dei file XML o irregolarità nel versamento delle imposte dovute. Le conseguenze possono essere pesanti ammende, talvolta nell’ordine di diverse migliaia di euro. Diviene quindi imprescindibile per i soggetti esteri acquisire piena consapevolezza delle discipline IVA italiane, al fine di scongiurare inutili rischi di inadempienza.

Fatturare in Italia con partita iva estera: requisiti e adempimenti relativi

I soggetti non residenti che intendono emettere fatture per le cessioni di beni o prestazioni di servizi rese nel territorio italiano devono rispettare specifici requisiti.

In primis, è necessario identificarsi ad IVA in Italia tramite l’attribuzione di un codice identificativo da parte dell’Agenzia delle Entrate. Successivamente, per ogni operazione attiva soggetta a fatturazione elettronica, è d’obbligo utilizzare tale codice ai fini della compilazione del file XML.

Ulteriori vincoli riguardano la trasmissione delle fatture emesse mediante il Sistema di Interscambio, nonché il rispetto delle scadenze per l’assolvimento degli obblighi IVA, quali la liquidazione trimestrale dell’imposta. È altresì necessario conservare tutta la documentazione contabile e fiscale relativa alle operazioni effettuate, per eventuali controlli da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Il mancato adempimento di tali requisiti e obblighi comporta l’applicazione di sanzioni. Pertanto, i soggetti extra-UE che fatturano in Italia devono porre massima cura nella gestione dell’IVA al fine di scongiurare errori fattura elettronica.

Fattura estera con partita IVA italiana: Regime IVA e obblighi dichiarativi

I soggetti residenti all’estero che intendono emettere fatture in Italia tramite una partita IVA nostrana sono assoggettati al regime IVA italiano solo per le cessioni di beni e prestazioni di servizi rese nel territorio nazionale.

In particolare, è previsto che tali soggetti:

  • Emettano fatture elettroniche secondo il tracciato previsto ai fini della fatturazione elettronica;
  • Trasmettano periodicamente al Sistema di Interscambio le fatture emesse;
  • Presentino la dichiarazione IVA relativa alle operazioni attive nel nostro Paese con cadenza annuale, utilizzando il modello IVA 70;
  • Versino l’imposta dovuta mediante modello F24;
  • Conservino la documentazione a supporto delle operazioni intrattenute.

È fondamentale che i soggetti esteri con partita IVA in Italia conoscano appieno gli obblighi contabili a cui sono assoggettati, affinché non incorrano in condotte sanzionabili in materia di fatturazione elettronica e dichiarazione IVA.

La normativa in materia di fatturazione elettronica e di adempimenti IVA per i soggetti non residenti con partita IVA in Italia prevede obblighi molto specifici, la cui non conoscenza o il cui mancato rispetto possono comportare l’irrogazione di pesanti sanzioni. I soggetti esteri devono quindi acquisire piena consapevolezza circa i corretti formati dei file XML da trasmettere tramite SdI, le scadenze per la periodicità degli invii e quelle dichiarative. Particolare attenzione va posta alla compilazione dei campi identificativi dell’emittente/ricevente e del codice destinazione d’uso.

Eventuali irregolarità formali nelle fatture emesse/ricevute, errori nella presentazione del modello IVA 70 o nel versamento delle imposte possono comportare l’applicazione di ammende che, ai sensi di legge, variano fra il 90% e il 180% dell’importo non versato. Risulta quindi imprescindibile per i soggetti extra-UE adeguarsi pienamente ai complessi adempimenti contabili italiani al fine di evitare il rischio di sanzioni.

Fattura ricevuta da soggetto identificato in Italia ma non residente: adempimenti e implicazioni fiscali

La fattura ricevuta da soggetto identificato in Italia ma non residente riveste un particolare grado di criticità nell’ambito della Fatturazione elettronica. Infatti, affinché tale documento sia considerato valido ai fini IVA, occorre che vengano rispettati vincoli specifici di compilazione come il codice TD28 e l’indicazione dell’identificativo IVA italiano.

Qualora tali requisiti non siano soddisfatti, il sitema del Sistema di Interscambio provvederà allo scarto della fattura con conseguente mancata deducibilità dell’IVA.

Di qui l’importanza di porre la massima cura nella registrazione contabile di tali documenti, verificando attentamente i dati obbligatori in essi riportati, per evitare di incorrere in errori che potrebbero ripercuotersi negativamente in sede di dichiarazione IVA, di controllo dell’Agenzia delle Entrate o di determinazione del credito/debito d’imposta.

Anche un banale refuso nell’indicazione dell’identificativo fiscale estero potrebbe rendere non conforme la fattura, con effetti pregiudizievoli sull’operatività dell’impresa. Occorre quindi porre la massima cautela nella ricezione di tali fatture da validare con accuratezza.

Fattura ricevuta da soggetto identificato in Italia ma non residente: i requisiti

Nell’ambito della fatturazione elettronica, la normativa prevede specifiche disposizioni per la gestione contabile delle fatture passive ricevute da soggetti IVA identificati in Italia ma non residenti nel territorio nazionale.

In particolare, il Codice di comportamento per la trasmissione e la ricezione delle fatture elettroniche stabilisce che tali operazioni, per essere considerate valide, devono riportare nel tracciato in formato XML il codice “TD28”.

In aggiunta, la fattura elettronica dovrà contenere obbligatoriamente l’indicazione dell’identificativo IVA del cedente/prestatore non residente rilasciato dall’Agenzia delle Entrate italiana. Tale dato identificativo è comunicato dal soggetto all’Anagrafe tributaria italiana.

Il rispetto di questi due requisiti di codifica dell’operazione (TD28) e di indicazione dell’identificativo IVA consente di considerare regolare, ai fini IVA in Italia, il documento ricevuto in formato elettronico. L’omessa o errata presenza anche di uno soltanto dei campi determina lo scarto della fattura.

Se una fattura elettronica ricevuta da un soggetto identificato in Italia ma non residente non rispetta i requisiti di cui sopra (codifica dell’operazione con TD28 e indicazione dell’identificativo IVA italiano), le conseguenze sono le seguenti:

  1. La fattura è scartata e non può essere registrata contabilmente dal sistema del SdI (Sistema di Interscambio). Pertanto non è deducibile ai fini IVA.
  2. Il vendor riceve una nota di scarto contenente le motivazioni del mancato accoglimento del file XML.
  3. Sarà necessario richiedere al cedente/prestatore l’emissione di una nuova fattura elettronica con i dati corretti.
  4. In mancanza di fattura valida, non è possibile detrarre l’IVA a credito e l’importo diventa una spesa non deducibile fiscalmente.
  5. Possono configurarsi profili di irregolarità IVA, con conseguenti sanzioni, nel caso di registrazione contabile di documenti non validi ai fini fiscali.

Pertanto è fondamentale porre la massima attenzione affinché la fattura elettronica contenga correttamente tutti gli elementi obbligatori richiesti dalla normativa. È quindi necessario porre particolare attenzione al corretto assolvimento di tali obblighi formali nella gestione delle fatture passive da soggetti non residenti ma identificati in Italia.

Fattura ricevuta da soggetto identificato in Italia ma non residente

Soggetto identificato ma non residente in Italia: Regime IVA e obblighi contabili

I soggetti non residenti nel territorio italiano che intrattengono rapporti economici con clienti e fornitori localizzati in Italia possono scegliere di identificarsi ad IVA nel nostro Paese.

In questo caso, l’identificazione comporta l’assoggettamento al regime IVA italiano per le sole cessioni di beni e prestazioni di servizi rese sul territorio nazionale, con obbligo di:

  • Emissione di fatture elettroniche per le operazioni attive, utilizzando il codice identificativo rilasciato dall’Agenzia delle Entrate;
  • Trasmissione al Sistema di Interscambio delle fatture elettroniche ricevute, che dovranno riportare correttamente la posizione IVA del cedente;
  • Liquidazione periodica dell’IVA in Italia per le operazioni passive, utilizzando il modello di pagamento F24.
  • Tenuta della contabilità IVA con evidenza delle singole operazioni.

È quindi essenziale che tali soggetti identificati rispettino scrupolosamente gli obblighi contabili, per evitare possibili errori fattura elettronica o irregolarità sanzionabili.

Fatturazione elettronica 2024: le specifiche tecniche in vigore dal 1° febbraio

Dal 1°febbraio 2024 è importante essere a conoscenza delle novità introdotte per la fatturazione elettronica che entreranno in vigore da tale data. L’Agenzia delle Entrate ha infatti pubblicato le specifiche tecniche per la trasmissione e la ricezione dei file XML delle fatture elettroniche nella nuova versione 1.8, che va a sostituire la precedente 1.7.

Le modifiche apportate, entrando nel dettaglio, riguardano l’introduzione di una nuova codifica facoltativa utile ai produttori agricoli per la gestione automatica dell’IVA, un controllo aggiuntivo per le fatture con dichiarazione d’intento invalidata e alcuni miglioramenti a livello anagrafico e di codifica delle operazioni. È quindi fondamentale che tutti i soggetti emittenti e riceventi fatture elettroniche prendano visione di queste novità, in quanto le regole per la trasmissione e ricezione dei file XML si adegueranno a partire dal 1° febbraio al nuovo tracciato previsto nelle specifiche tecniche 1.8.

I software di fatturazione elettronica dovranno inoltre essere prontamente aggiornati per allinearsi alle nuove disposizioni. Conoscere nel dettaglio queste modifiche introdotte è molto importante per evitare errori ed eventuali scarti delle fatture elettroniche a partire dalla data del 1° febbraio 2024.

Fatturazione elettronica 2024: le principali novità

Con l’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica esteso a tutti i contribuenti in regime forfettario dal 1° gennaio 2024 e l’entrata in vigore, dal 1° febbraio, della versione 1.8 delle Specifiche Tecniche per la trasmissione e la ricezione delle fatture elettroniche tra privati, si prepara un anno denso di cambiamenti per la Fatturazione elettronica in Italia.

Le nuove Specifiche Tecniche, rilasciate il 12 dicembre 2023 dall’Agenzia delle Entrate, introducono importanti novità per supportare al meglio i produttori agricoli in regime speciale IVA nella gestione automatica della liquidazione dell’imposta, nonché per rendere più stringenti i controlli sulle operazioni documentate con dichiarazione d’intento poi invalidata. Viene inoltre integrata la descrizione dell’IdPaese nei Dati Anagrafici del Cedente/Prestatore e aggiornate le indicazioni per l’utilizzo del codice TD28 per le operazioni svolte tra soggetti identificati in Italia ma non stabiliti sul territorio nazionale.

Con l’estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica a tutti i contribuenti minimi e forfettari dal 1° gennaio 2024, si abbandonerà definitivamente la Certificazione Unica a favore della trasmissione telematica delle fatture emesse e ricevute da tali soggetti. Tale novità, unitamente alle specifiche tecniche aggiornate, porterà ad un’ulteriore semplificazione degli adempimenti IVA facendo leva sulle potenzialità della Fatturazione elettronica quale strumento di semplificazione, controllo e tracciabilità delle operazioni effettuate dai soggetti passivi dell’imposta.

Fatturazione elettronica 2024

Fattura elettronica 2024: un approfondimento sull’abbandono della Certificazione Unica

L’estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica ai soggetti minimi e forfettari, prevista a partire dal 1° gennaio 2024, determinerà l’abbandono dello strumento della Certificazione Unica (CU) per la gestione degli adempimenti fiscali di tali contribuenti.

Finora, i forfettari e minimi utilizzavano la CU per la dichiarazione integrativa dei redditi percepiti e delle ritenute operate, nonché per l’assolvimento dei relativi obblighi di versamento. Tale documento verrà meno per effetto del nuovo obbligo di fatturazione elettronica esteso a tali categorie di contribuenti.

La trasmissione e conservazione delle sole fatture emesse e ricevute digitalmente, secondo le Specifiche Tecniche definite dall’Agenzia delle Entrate, permetterà infatti agli stessi soggetti di assolvere integralmente agli obblighi dichiarativi e di versamento dell’IVA. Non sarà più necessario, di conseguenza, ricorrere alla CU che risulterà definitivamente superata per minimi e forfettari, i quali dovranno unicamente occuparsi della corretta fatturazione elettronica delle operazioni effettuate.

Tale novità semplificherà quindi gli adempimenti di tali categorie di contribuenti grazie alla dematerializzazione totale dei processi di fatturazione.

Distributore automatico: classificazione delle merci e modalità di rilevazione dei dati

I distributori automatici, quali dispositivi di vendita automatica di beni e servizi come bevande, snack e alimentari in genere, possono essere correttamente considerati a tutti gli effetti delle vere e proprie attività commerciali. Come tali sono soggetti agli stessi adempimenti fiscali e contabili di qualsiasi altra impresa.

Soltanto grazie a un sistema di tracciabilità puntuale dei flussi finanziari in entrata e in uscita è possibile certificare che il distributore automatico, inteso come vera e propria attività commerciale a sé stante, operi nel rispetto della normativa fiscale e contabile.

Distributore automatico: categorie merceologiche e registri contabili di riferimento

I distributori automatici costituiscono una delle tante idee imprenditoriali che possono essere sviluppate anche con un capitale di partenza limitato.

Principalmente i distributori automatici coprono due macro-categorie merceologiche: quella alimentare e quella del cosiddetto “consumer packaging“.

Nel primo caso si distribuiscono snack, bevande analcoliche, cibi confezionati come panini e tramezzini; nel secondo si trovano i classici prodotti di largo consumo come detersivi per la casa, articoli per l’igiene personale, pile, ecc.

Per la gestione contabile di questo genere di attività, i principali registri di riferimento sono:

  1. Il registro IVA, per le operazioni soggette a tassazione;
  2. Il registro dei corrispettivi, dove annotare i dati relativi agli incassi;
  3. Il libro giornale per la gestione ordinaria delle scritture.

 

È inoltre fondamentale aprire la partita IVA al momento dell’avvio dell’impresa e adempiere a tutti gli obblighi fiscali e amministrativi del caso, per condurre l’attività nel pieno rispetto delle norme.

Distributore automatico

Come registrare in contabilità i corrispettivi dei distributori automatici

La corretta registrazione dei corrispettivi per le macchine distributrici è fondamentale per tracciare i flussi finanziari dell’attività. Generalmente i distributori automatici sono muniti di contatori meccanici o elettronici che totalizzano gli incassi giornalieri. Tali importi vanno riportati quotidianamente sul registro dei corrispettivi, specificando la data e individuando le ricevute con il numero progressivo.

Mensilmente si procede poi all’addebito sul conto corrente aziendale delle somme incassate, ricavate dalla differenza tra i contatori di inizio e fine periodo. L’addebito viene registrato in contabilità come voce da imputare nella parte economica del bilancio.

Eventuali resti di cassa vanno portati in detrazione alla prima incasso del mese successivo. È inoltre buona norma conservare i dati dei contatori, le ricevute dei prelievi e le distinte contabili dell’istituto di pagamento per i controlli fiscali. Con un sistema di tracciatura puntuale di entrate e uscite, i distributori automatizzati possono rivelarsi un business redditizio se gestito con attenzione ai flussi finanziari e agli adempimenti normativi.

È consigliabile inoltre digitalizzare tutta la documentazione relativa ai corrispettivi (scontrini, ricevute dei prelievi, ecc.) per archiviare in modo ordinato e sicuro i dati negli anni. Questo permette di rendere più agevole un’eventuale richiesta di verifica da parte dell’Agenzia delle Entrate, potendo fornire prontamente tutta la documentazione in formato digitale anziché dover ricercare e organizzare carte e scontrini cartacei. La digitalizzazione del flusso documentale garantisce quindi una migliore tracciabilità delle operazioni nel tempo.

L’informazione aggiunta riguarda un suggerimento pratico sulla digitalizzazione della documentazione, aspetto fondamentale per agevolare eventuali controlli futuri e permettere un archivio ordinato negli anni di tutte le carte legate ai corrispettivi dei distributori automatici.

TD26 fattura elettronica: cos’è e quando è emessa

La TD26 fattura elettronica, prevista dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 89757/2018, trova applicazione nelle operazioni di cessione di beni ammortizzabili e per passaggi interni, come disposto dall’art. 36 del DPR 633/72.

Tale tipo di documento può essere generato sia in forma di Fattura che di Autofattura, a seconda che sia stata eseguita una cessione tra soggetti distinti ovvero si tratti di un trasferimento interno. Nel primo caso, il cedente emetterà una fattura inserendo nella TD01 i dati del cessionario e nella TD26 le informazioni relative al bene ceduto (dati identificativi, valore ecc.).

Nel secondo caso, il soggetto che riceve il bene potrà emettere un’autofattura compilando solo la TD01 con i propri dati e la TD26 con i dati del bene ricevuto, al fine di effettuare correttamente l’allineamento contabile.

In entrambe le ipotesi, come disposto dal menzionato art. 36, si procederà al passaggio del bene senza l’obbligo del documento di trasporto (DDT), assolvendo unicamente all’emissione del documento informatico secondo i dati minimi stabiliti dalla normativa in materia di fatturazione elettronica.

TD26 fattura elettronica

TD26 fattura elettronica: cessione di beni ammortizzabili e per passaggi interni

La cessione di beni ammortizzabili riveste una certa importanza nella gestione del parco cespiti aziendale. Tale operazione può verificarsi non solo verso terzi acquirenti, ma anche attraverso passaggi interni tra i soggetti che compongono lo stesso gruppo societario.

Nel caso di passaggi interni, ovvero cessioni di beni ammortizzabili tra società controllate/collegate, la cessione non configura una definitiva alienazione, ma un semplice trasferimento. Per questo motivo non è previsto l’obbligo del documento di trasporto, mentre è richiesta la fatturazione integrando l’operazione nella TD26 fattura elettronica.

La TD26 consente di indicare le informazioni necessarie come dati identificativi del bene e della società cedente/ceduta. Inoltre va riportato il valore del bene trasferito per poter effettuare il corretto allineamento contabile e fiscale. Successivamente il bene continuerà a essere ammortizzato dalla società che ne ha acquisito il possesso.

La cessione di beni ammortizzabili tra società correlate tramite fatturazione elettronica mediante TD26 assolve correttamente agli obblighi documentali e permette di gestire in modo formale e contabile il trasferimento non definitivo dei cespiti.

Fattura elettronica TD26: regime del margine per beni usati

Il regime del margine per i beni usati costituisce un’opzione applicabile ai soggetti che vendono di frequente beni usati, quali concessionari d’auto e commercianti del settore. Tale regime consente di determinare il valore fiscalmente rilevante del bene usato non in base al costo di acquisto, ma come differenza tra prezzo di vendita e prezzo di acquisto (margine).

Nel caso in cui il soggetto venda a un privato, basterà inserire nel documento commerciale (fattura/documento equivalente) tutti i dati necessari per la liquidazione dell’IVA, come natura, qualità e quantità dei beni ceduti. Qualora invece la cessione avvenga nei confronti di un cessionario/committente non stabile nel territorio dello Stato, dovrà intervenire un rappresentante fiscale italiano a completare la fattura elettronica (TD01, Dati cessionario/committente) e a provvedere agli adempimenti IVA.

In ogni caso, grazie alla fatturazione elettronica tramite SDI sarà garantita piena tracciabilità delle cessioni di beni usati in regime di margine, assolvendo correttamente agli obblighi documentali e di versamento dell’imposta.

TD27 fattura elettronica: per quali operazioni è utilizzata?

La corretta conoscenza della sezione TD27 della fattura elettronica è importante per chiunque decida di aprire una partita IVA. Infatti, sebbene la TD27 trovi applicazione solo in specifici casi di operazioni non imponibili, è comunque fondamentale sapere come funziona e quando può essere utilizzata.

Capire le differenze di utilizzo tra le diverse TD (sezioni) della fattura elettronica, anch’essa obbligatoria dal 2019 per la generalità dei soggetti IVA, consente di gestire gli adempimenti in modo corretto ed efficace sin dal primo giorno di avvio dell’attività. Ad esempio, ci si può trovare a dover emettere una TD27 per movimenti interni o cessioni gratuite. Conoscere prima questa casistica è utile per non incorrere in errori o sanzioni.

Familiarizzare con i diversi casi d’uso previsti dallo standard di fatturazione elettronica, come appunto la TD27, risulta fondamentale per chi si approccia per la prima volta alla gestione della contabilità di un’impresa.

TD27 fattura elettronica per autoconsumo o per cessioni gratuite senza rivalsa

La TD27 è prevista dal provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n. 89757/2018 per le ipotesi di autoconsumo o cessioni gratuite di beni e servizi senza rivalsa dell’IVA. Tale sezione è utilizzata per documentare le operazioni non imponibili ai fini IVA, come previsto dall’articolo 10 del DPR 633/72, che esclude l’applicazione dell’imposta per le cessioni non effettuate nell’esercizio di impresa, arte o professione.

Nella prassi, la TD27 viene compilata per movimentazioni interne a fini amministrativi come trasferimento di beni da magazzino a reparto produzione. Oppure, la si utilizza per cessioni gratuite a determinati soggetti come enti no profit. Nel dettaglio, attraverso la fatturazione elettronica si inseriscono nella TD01 i dati identificativi del cessionario/committente e nella TD27 le informazioni relative a beni/servizi ceduti (natura, quantità, valore).

Il documento elettronico così prodotto assolve agli obblighi di documentazione della transazione non imponibile, garantendo completezza e tracciabilità dei dati nel pieno rispetto della normativa nazionale e comunitaria.

TD27 fattura elettronica

Fattura elettronica td27: quando utilizzarla

La sezione TD27 della fattura elettronica trova applicazione in precise ipotesi di operazioni non imponibili, come previsto dall’articolo 10 del DPR 633/72. Nello specifico, la TD27 viene utilizzata per documentare le cessioni di beni e prestazioni di servizi che esulano dall’esercizio di attività d’impresa, come le cessioni gratuite a determinati soggetti (ospedali, onlus, volontariato).

Un altro caso riguarda le movimentazioni interne a fini amministrativi, come il prelievo da magazzino per essere impiegati nel ciclo produttivo. La TD27 è impiegata anche per le cessioni di beni per i quali è stata esercitata l’opzione per il margine o per le vendite in leasing.

In tutte queste ipotesi, tramite la fatturazione elettronica è possibile emettere un documento utilizzando la sezione TD27, indicando i dati del cessionario/committente e specificando i dettagli delle merci/servizi non imponibili ceduti. Ciò consente di assolvere agli obblighi di tracciabilità e prova dell’operazione in maniera formale e digitale.

Cerchiamo anche di chiarire meglio quest’ultima affermazione. L’emissione del documento elettronico tramite il Sistema di Interscambio assolve agli obblighi di registrazione e trasmissione dei dati prescritti dalla normativa in materia di tracciabilità fiscale. Questo garantisce che le informazioni riguardanti le operazioni non imponibili documentate con la TD27 vengano rese disponibili alle autorità fiscali in modo automatico, standardizzato e non manipolabile, attraverso un sistemati di interscambio protetto.

Inoltre, ogni fattura elettronica viene firmata digitalmente dal soggetto emittente, assicurando requisiti di autenticità, integrità dei dati, leggibilità e conservabilità nel tempo. Queste caratteristiche consentono di fornire prova legale delle cessioni/prestazioni non imponibili in modo completo, sicuro e non alterabile rispetto alla tradizionale documentazione cartacea. Pertanto, anche l’uso della TD27 sfrutta a pieno i vantaggi giuridici ed economici della fatturazione elettronica.