Articoli

Gateway di pagamento: dal funzionamento alla scelta e integrazione della soluzione ideale

I gateway di pagamento si sono ampiamente diffusi negli ultimi anni diventando strumenti comuni e alla portata di tutti coloro che gestiscono attività di e-commerce o svolgono commercio digitale in generale.

Queste piattaforme, una volta considerate innovazioni di nicchia, sono ormai mainstream e consentono a chiunque abbia un sito web aziendale di abilitare i pagamenti online in modo sicuro e conforme alle normative. I gateway permettono di collegare qualsiasi portale agli istituti di pagamento più diffusi, come circuiti di carte di credito e prepagate, ma anche sistemi di pagamento alternativi come bonifici, wallet digitali e instant payment.

Molte soluzioni, inoltre, risultano certificate secondo gli standard di sicurezza più rigorosi, come PCI DSS, a garanzia di criptazione dei flussi sensibili e tutela assoluta della riservatezza dei dati degli utilizzatori. Allo stesso modo, la tracciabilità pagamenti completa delle transazioni consente di monitorare nel dettaglio cronologia, importi e dettagli relativi ai pagamenti per aderire alla normativa antiriciclaggio.

I gateway di pagamento sono oggi elementi imprescindibili per chiunque venda beni e servizi online o emetta fatture elettroniche, in quanto abilitano pagamenti sicuri e affidabili a beneficio di utenti, venditori ed enti erogatori, creando un sistema di commercio digitale efficiente e conforme ai più elevati standard di controllo e rendicontazione.

Gateway di pagamento: cos’è e come funziona veramente

Un gateway di pagamento è una piattaforma che consente le transazioni finanziarie online in modo sicuro.

Il gateway di pagamento permette di trasformare il carrello di acquisto digitale in un processo di transazione finanziaria vera e propria, proteggendo al contempo i dati bancari dell’acquirente. È la componente software che media le comunicazioni tra il sito web/app del venditore e i sistemi gestionali delle società emittenti carte di credito e pagamento.

Quando un acquirente digitale seleziona un metodo di pagamento sul sito di un venditore, le sue credenziali di pagamento vengono inviate in modo sicuro al gateway. Il gateway autentica quindi le informazioni e le inoltra alla banca o società di carte di credito per l’autorizzazione finale. Una volta ricevuta l’autorizzazione, il gateway notifica al sistema del venditore che la transazione è andata a buon fine in modo che possa preparare la spedizione dell’ordine.

I gateway di pagamento consentono quindi di gestire transazioni online in tutta sicurezza, proteggendo i dati finanziari degli utenti, e integrano il sistema di e-commerce o di fatturazione elettronica con i circuiti delle carte di credito e prepagate. Ciò avviene attraverso complesse procedure di crittografia e tokenizzazione che rendono il flusso del pagamento tutelato e conforme alla normativa sulla privacy.

Il gateway di pagamento rappresenta quindi un elemento cruciale nel commercio elettronico e nella fatturazione elettronica, poiché connette in modo sicuro acquirenti, venditori e circuiti di pagamento abilitando transazioni online protette e a norma di legge.

Gateway di pagamento

Gateway di pagamento online: le diverse tipologie e l’integrazione nei sistemi aziendali

Esistono diverse tipologie di gateway di pagamento online a seconda delle specifiche esigenze delle aziende.

I gateway tradizionali sono piattaforme che permettono di accettare pagamenti mediante carta di credito e debito. Queste soluzioni abilitano i pagamenti tramite i circuiti più diffusi come Visa, Mastercard e altri, gestendo in modo nativo il flusso di autenticazione e autorizzazione delle transazioni.

Un’ulteriore opzione è rappresentata dai gateway per metodi di pagamento alternativi come PayPal, Sofort, Klarna e altri sistemi di pagamento istantaneo. Questi gateway offrono un’interfaccia integrata con tali sistemi di pagamento in modo da abilitare transazioni online multi-canale.

Esistono poi gateway di pagamento cosiddetti “omnichannel”, in grado cioè di gestire sia pagamenti digitali effettuati online sia transazioni fisiche point-of-sale. Queste piattaforme più avanzate consentono l’integrazione dei pagamenti nell’attività aziendale a 360 gradi.

I gateway vanno adeguatamente integrati nei sistemi informatici delle imprese, dai siti e-commerce ai registratori di cassa, passando per i principali software gestionali e fatturazione elettronica. Una corretta integrazione permette di automatizzare i processi di pagamento e fatturazione, fluidificando le transazioni e valorizzando i dati in ottica di business intelligence.

La scelta del gateway di pagamento più idoneo dipende quindi dai mercati di riferimento, dai metodi di pagamento che si intendono abilitare e dal livello di integrazione necessario con i sistemi aziendali esistenti.

Acquistare online beni e servizi intestati ai dipendenti: come gestire la fatturazione

Per qualsiasi impresa risulta indispensabile comprendere a fondo le dinamiche sottese agli acquisti effettuati online a nome dei propri dipendenti. Tali operazioni, infatti, comportano implicazioni in tema di corretta fatturazione e adempimento degli obblighi fiscali connessi all’IVA che, ove non adeguatamente governate, possono dar luogo a errori e potenziali sanzioni.

Solo attraverso una piena padronanza di tali aspetti tecnici è possibile per una impresa assicurare la correttezza della fatturazione elettronica e rispettare gli obblighi di parte in ogni processo di acquistare online.

Acquistare online: le categorie e gli obblighi fiscali associati

Gli acquisti effettuati tramite Internet rivestono un’importanza crescente sia per le aziende che per i privati. Tuttavia, dietro a questa facilità di approvvigionamento si celano complessità di natura fiscale che devono essere attentamente valutate, in particolare per quanto concerne l’Imposta sul valore aggiunto (IVA).

A fini IVA gli acquisti online possono essere classificati in quattro macro-categorie, rispetto alle quali scaturiscono obblighi diversi: acquisti di servizi elettronici, acquisti intracomunitari, acquisti di beni già presenti sul territorio nazionale e operazioni di importazione.

Nel caso degli acquisti di servizi elettronici, l’IVA è in genere assolta tramite il meccanismo del reverse charge, con l’acquirente italiano che diviene sostituto d’imposta. Per gli acquisti intracomunitari è necessario verificare il possesso da parte del fornitore di un valido numero di partita IVA europeo, controllabile nel sistema VIES. Se il bene è già sul territorio nazionale, occorre verificare l’emissione della fattura nei confronti dell’effettivo acquirente. Infine, le importazioni di beni da Paesi extra-UE comportano adempimenti doganali e bollettazioni.

Un fattore rilevante è l’identità del soggetto intestatario della fattura emessa: se questa riporta i dati del dipendente anziché dell’azienda, sorgono interrogativi circa l’effettivo acquirente al quale imputare gli obblighi fiscali.

Ad esempio, l’acquisto di un bene per uso personale del dipendente non grava l’impresa, ma se il bene è destinato all’attività aziendale questa deve assolvere i relativi adempimenti IVA, eventualmente emettendo apposite autofatture laddove la documentazione contabile non sia correttamente intestata.

Pertanto, l’acquistare online e la gestione degli obblighi di fatturazione e dichiarazione IVA richiedono un’attenta ponderazione delle circostanze al fine di garantire la piena conformità agli adempimenti fiscali previsti, adoperandosi per assicurare l’esatta imputazione delle operazioni all’effettivo soggetto acquirente.

Acquistare online beni

Comprare online: La gestione dell’IVA negli acquisti intestati ai dipendenti

La corretta gestione dell’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA) costituisce un aspetto di primaria importanza per qualsiasi attività che effettui acquisti tramite e-commerce, specialmente laddove la fatturazione risulti intestata ai dipendenti anziché all’azienda.

L’intestazione della documentazione fiscale è infatti elemento cardine per l’individuazione del soggetto chiamato a assolvere gli obblighi connessi all’IVA. Ove un bene acquistato online sia destinato all’uso personale del lavoratore, non emergono problematiche; diversamente, laddove esso sia volto alle finalità aziendali, la società deve provvedere alla corretta gestione della relativa imposizione.

A tal fine, occorre in primo luogo classificare attentamente l’operazione in base alle quattro categorie fiscali di acquistare online (servizi digitali, transazioni intra-UE, beni presenti in Italia, importazioni), al fine di identificarne gli specifici adempimenti IVA.

Ove la fatturazione risulti emessa a nome del dipendente, anche negli small business deve essere valutata puntualmente la natura della transazione per appurare l’effettivo acquirente, provvedendo – ove applicabile – all’emissione di apposite autofatture necessarie alla regolarizzazione contabile e al rispetto degli obblighi di monitoraggio e dichiarazione imposti dalla normativa.

Requisito imprescindibile è dunque la scrupolosa ponderazione delle circostanze al fine di asseverare la piena ottemperanza ai profili fiscali connessi all’e-commerce, assicurando che gli adempimenti IVA gravino correttamente sul soggetto tenuto a soddisfarli.

Aziende sostenibili: conoscerle per capire le leve per attuare con successo il cambiamento

La crescente attenzione verso gli aspetti della sostenibilità economica, ambientale e sociale sta coinvolgendo in modo sempre più diffuso anche le imprese che operano nel tessuto produttivo italiano.

I dati dimostrano come il numero delle aziende sostenibili nel nostro Paese sia in continuo aumento. Secondo una recente ricerca condotta dall’Osservatorio sulla sostenibilità di GoDaddy e Linkiesta, nel 2021 il 28% delle PMI italiane ha integrato gli obiettivi ESG nel proprio modello di business, con un incremento dell’11% rispetto al 2020. Significativa anche la percentuale di grandi imprese che ha adottato pratiche sostenibili, cresciuta dal 76% dell’anno precedente all’attuale 83%.

Uno studio realizzato da SDA Bocconi in collaborazione con Il Sole 24 Ore ha inoltre evidenziato che oltre l’80% delle aziende con fatturato superiore ai 50 milioni di euro ha già avviato programmi concreti per la riduzione delle emissioni, il risparmio energetico e idrico, e la digitalizzazione di processi, anche mediante l’impiego diffuso della fatturazione elettronica.

Tali dati testimoniano quindi una maturazione della sensibilità del tessuto imprenditoriale italiano verso le tematiche ESG e la loro fondamentale integrazione nelle strategie e operatività aziendali al fine di perseguire modelli di crescita sostenibile e duratura nel tempo, in linea con gli obiettivi internazionali di sviluppo sostenibile dell’agenda 2030.

Aziende sostenibili: definizione e principi chiave

L’espressione “azienda sostenibile” si riferisce a una realtà produttiva che, nello svolgimento della propria attività economica, adotta un approccio responsabile e trasparente rispetto ai suoi impatti ambientali e sociali. Le aziende sostenibili integrano i rischi e le opportunità economiche, ambientali e sociali nelle strategie aziendali a lungo termine, nei processi e nelle decisioni quotidiane.

Esse perseguono metodi di produzione e gestione che mirano a un equilibrato bilanciamento degli interessi delle diverse componenti coinvolte, garantendo nel contempo la continuità nel tempo del business. A tal fine, si rileva fondamentale l’adozione di pratiche finalizzate al risparmio energetico e alla riduzione delle emissioni, all’utilizzo razionale delle risorse, alla promozione del benessere dei lavoratori e delle comunità vicine.

Particolare enfasi è posta sulla rendicontazione non finanziaria, attraverso cui le aziende sostenibili monitorano e comunicano i propri impatti in termini di emissioni, sicurezza e diritti dei lavoratori, parità di genere, relazioni con le comunità locali e catena di fornitura. Ciò al fine di garantire trasparenza e responsabilizzazione verso gli stakeholder, tra cui gli investitori che, attratti da questo modello, contribuiscono a indirizzare i capitali verso imprese con strategie sostenibili nel lungo termine, come previsto dai principi fondanti della Finanza sostenibile.

Le aziende sostenibili hanno incorporato i fattori ESG (Environmental, Social, Governance) nel proprio governo d’impresa e processo decisionale considerando anche i target dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Pertanto esse rappresentano oggigiorno un modello d’impresa moderno e responsabile, in grado di creare valore condiviso per gli stakeholder e per la collettività, nonché opportunità di crescita duratura per le realtà economiche che ne adottano i principi.

Aziende sostenibili

Azienda sostenibile: Strategie e best practice per la trasformazione sostenibile dell’impresa

Per intraprendere con successo il percorso di trasformazione sostenibile, le aziende devono dotarsi di strategie efficaci e adottare best practice collaudate.

In primo luogo è fondamentale definire una chiara roadmap per fissare obiettivi ambientali e sociali misurabili nel medio-lungo periodo, allineati agli SDGs e agli accordi internazionali. A tal fine risulta cruciale coinvolgere tutti i dipartimenti aziendali in una pianificazione strategica congiunta, istituendo figure di responsibility manager per ciascuna area ESG.

Particolare attenzione va posta sulla gestione delle risorse energetiche, idriche e delle emissioni, attraverso investimenti in efficienza, energie rinnovabili ed economia circolare. Anche le aziende sostenibili, infatti, necessitano di razionalizzare i consumi e abbattere l’impatto ambientale per mitigare i rischi climatici e di approvvigionamento.

È altrettanto importante promuovere, attraverso formazione e programmi innovativi, un cambiamento culturale che orienti i processi aziendali verso soluzioni a minore impatto e coinvolga tutte le componenti lungo la catena di fornitura. Ciò richiede spesso un aggiornamento delle competenze e la creazione di nuove figure professionali rientranti nella categoria dei cosiddetti Green Jobs.

Fondamentale è infine attivare collaborazioni con le realtà industriali del territorio, le istituzioni locali e la società civile per sviluppare progetti sostenibili condivisi, rafforzare i legami con le comunità e massimizzare i benefici delle azioni intraprese a livello economico, sociale e ambientale.

Novità AdE: fattura estero, versione 1.9

La digitalizzazione dei processi amministrativi continua a essere un punto focale per le autorità fiscali e per le imprese che cercano di adattarsi alle nuove normative. Infatti dopo le nuova versione 1.8 della fatturazione elettronica, che trovate spiegata nell’articolo Fatturazione elettronica 2024, l’Agenzia delle Entrate in solo un mese ha già rilasciato la versione 1.9

Nella Guida in versione 1.9 sulla compilazione della fatturazione elettronica rilasciata il 13 marzo e dell’esterometro il 5 marzo, l’Agenzia delle Entrate ha introdotto una serie di novità che impattano direttamente su come le aziende gestiscono le loro pratiche di fatturazione.

Fattura estero: le principali novità della versione 1.9

Uno degli aspetti chiave evidenziati nella guida è l’indicazione della modalità di rettifica delle comunicazioni trasmesse attraverso il Sistema di Interscambio (SdI) per le diverse tipologie di documento. I tipi di documento interessati includono TD16, TD17, TD18, TD19, TD20, TD21, TD22, TD23, TD26 e TD28.

Tali indicazioni vanno a descrivere come gestire il caso di una autofattura emessa con errori oppure il caso in cui riceviamo una nota di credito da un fornitore estero e dobbiamo quindi stornare parzialmente o totalmente una autofattura e, più in generale, come ci dobbiamo comportare quando è richiesta l’emissione di una nota di credito.

Cosa comportano le novità?

Registrazione di una nota di credito estera

Nel caso in cui dovessimo ricevere da un fornitore estero una nota di credito per la quale abbiamo emesso regolare autofattura, viene richiesta l’emissione di una nuova autofattura della medesima tipologia ma con importi negativi, parliamo delle autofatture con i codici da TD16 a TD19, per cui non può essere utilizzata la classica nota di credito di tipologia TD04.

Registrazione di una rettifica

La stessa identica modalità deve essere utilizzata anche quando dobbiamo rettificare in diminuzione un documento di tipo TD20, TD21, TD22, TD23, TD26 e TD28. Anche in questo caso non può essere utilizzata una normale TD04, ma la stessa tipologia di documento che dobbiamo rettificare ma con segno meno

Campi aggiuntivi richiesti per le rettifiche

In tali casistiche, esattamente come deve essere fatto anche per le normali note di credito (TD04), nel documento emesso per rettificare un precedente documento, dovrà indicare nel campo 2.1.6 <DatiFattureCollegate> gli estremi del documento da rettificare, quando disponibile.

Interazione con il Sistema di Interscambio (SDI)

Le nuove normative specificano quali documenti sono ammessi per trasmettere le rettifiche tramite SDI evidenziate prima e sono: TD16, TD17, TD18, TD19 (per le fatture estere), TD20, TD21, TD22, TD23, TD26, TD28 (per le restanti tipologie). Questi, quando utilizzati per le correzioni, vengono considerati ai fini IVA come note di variazione, semplificando in questo modo la procedura di rettifica.

Le novità per le imprese agricole

La guida, inoltre, fornisce indicazioni specifiche per la compilazione della sezione “AltriDatiGestionali” da parte delle imprese agricole in regime speciale. Questo è un chiaro segnale dell’impegno dell’Agenzia delle Entrate nel garantire che le disposizioni normative siano adattate alle esigenze specifiche di settori particolari, come quello agricolo.

Campi aggiuntivi richiesti per le imprese agricole

Nella sezione “AltriDatiGestionali” della fattura il soggetto IVA ha la possibilità di inserire dettagli specifici sull’operazione commerciale.

Seguendo le istruzioni dettagliate fornite nella guida aggiornata, compilare questa sezione con accuratezza permette di rendere più precise le bozze preliminari della liquidazione dell’IVA e delle dichiarazioni IVA, contribuendo a un processo più fluido e senza errori nella gestione fiscale.

Al fine di agevolare la liquidazione dell’IVA, il produttore agricolo può indicare nella fattura

elettronica i dati utili per identificare e soprattutto distinguere le suddette operazioni attive non rientranti nel regime speciale:

  • Nel caso di cessioni prodotti agricoli diversi da quelli compresi nella Tabella A, parte prima, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, il cedente potrà valorizzare il blocco <AltriDatiGestionali> nel modo seguente: campo 2.2.1.16.1 <TipoDato> con la stringa “NO-COMP”.
  • Nel caso, invece, la fattura emessa sia riferita a operazioni occasionali rientranti nel regime di cui all’articolo 34-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, il C/P potrà valorizzare il blocco <AltriDatiGestionali> nel modo seguente: campo 2.2.1.16.1 <TipoDato> con la stringa “OCC34BIS”.

È fondamentale sottolineare l’importanza di seguire attentamente i suggerimenti forniti nella guida per la compilazione dei diversi tipi di documento. Ciò non solo assicura la conformità alle normative fiscali vigenti, ma contribuisce anche all’ottimizzazione dei processi di fatturazione, riducendo al minimo il rischio di errori e ritardi.

Lo scarico massivo di documenti

Un’altra importante aggiunta riguarda le istruzioni e le specifiche tecniche per i servizi massivi di trasmissione e scarico dei file. Infatti ora è possibile richiedere lo scarico massivo di fatture e corrispettivi per più partite IVA con una sola richiesta, dei registri IVA non protocollati mensilmente e delle bozze dei prospetti riepilogativi IVA mensili o trimestrali. Questi aggiornamenti riflettono l’impegno continuo nel migliorare l’efficienza e l’accessibilità dei servizi di fatturazione elettronica come FatturaPRO.click, che potranno così fornire servizi sempre più automatizzati.

Come può aiutarti FatturaPRO.click

Come stiamo già facendo per le normali note di credito (la famosa TD04) quando clicchi sul pulsante “Emetti Nota di Credito“, dove numeriamo automaticamente il documento e compiliamo sia la causale, sia la sezione “Documenti Correlati“ con i dati relativi alla fattura che stai annullando o rettificando, così stiamo facendo anche per l’emissione delle autofatture relative alle note di credito dei fornitori esteri e per l’emissione dei documenti di rettifica.

In questo modo, oltre a risparmiare tempo nella compilazione di quanto richiesto dall’attuale normativa, sarai certo di non aver omesso nulla.

Temporary store: cos’è, come funziona e quali linee guida seguire per aprirne uno

Il fenomeno dei temporary store sta conoscendo una crescente diffusione anche nel panorama commerciale italiano. Stando ai recenti dati raccolti da uno studio condotto dall’Osservatorio permanente Confimprese-EY, il numero di temporary store aperti nel nostro Paese è aumentato del 32% tra il 2018 e il 2021.

Si stima che nel solo 2021 abbiano operato più di 5.000 temporary store, quasi raddoppiati rispetto ai 2.700 censiti tre anni prima. I settori merceologici maggiormente rappresentati nell’universo dei temporary store risultano essere l’abbigliamento e l’accessori fashion, con quasi il 40% dei punti vendita temporanei dedicati a tali categorie.

Tale tendenza riflette l’evoluzione dei comportamenti d’acquisto sempre più ricettivi verso stimoli di natura effimera e sperimentale. I temporary store consentono infatti di cogliere opportunità commerciali legate a eventi, saldi stagionali e ricorrenze, ampliando nel contempo la propria customer base anche solo per brevi periodi.

Inoltre, il modello dei temporary store risulta essere particolarmente adatto a sostenere startup e piccole imprese, grazie alla flessibilità gestionale e agli investimenti contenuti che esso richiede. Pertanto, anche in considerazione del crescente orientamento verso forme di imprenditorialità dinamica e flessibile, il temporary store può considerarsi un format distributivo sempre più radicato nel retail italiano.

Temporary store: cosa lo contraddistingue

Un temporary store si caratterizza per la sua natura temporanea ed effimera. Esso viene infatti allestito per un periodo di tempo limitato e predefinito, con l’obiettivo di soddisfare una domanda commerciale contingente e momentanea.

Rispetto a un negozio tradizionale, il temporary store persegue finalità commerciali differenti, legate spesso a particolari eventi o ricorrenze di una certa rilevanza, come saldi stagionali, manifestazioni fieristiche od occasioni specifiche. La sua apertura ha dunque una valenza promozionale o di richiamo della clientela, attraverso l’offerta per un periodo ristretto di prodotti e servizi solitamente non disponibili attraverso i normali canali distributivi.

Questa tipologia di punto vendita si adatta particolarmente alle esigenze delle piccole imprese o dei piccoli commercianti, in quanto consente di sperimentare nuovi mercati o target clientelari con costi e rischi contenuti, grazie ad investimenti limitati nel tempo e alla formula del “pop-up store”. Infatti, il temporary store rappresenta una valida opzione per le small business desiderose di ampliare temporaneamente il proprio raggio d’azione commerciale, senza impegnarsi in investimenti immobilizzati a medio-lungo termine.

L’aspetto temporaneo e la valenza promozionale sono elementi distintivi del temporary store, rispetto a un negozio tradizionale permanente. Esso si propone di soddisfare esigenze commerciali di una determinata fase o stagione, offrendo alla clientela prodotti e promozioni limitate nel tempo, per poi chiudere una volta esaurita la sua funzione promozionale. Ciò lo rende una valida soluzione per le small business al fine di sperimentare nuovi canali distributivi con investimenti contenuti e flessibili.

temporary store

Temporary shop: aprirne e gestirne uno con successo

Aprire e gestire con successo un temporary store richiede un’attenta pianificazione e un’efficace esecuzione di alcune fondamentali attività.

In primo luogo, risulta determinante individuare la locazione fisica, dando preferenza a zone ad alta affluenza e visibilità, come centri commerciali, fiere ed eventi di richiamo. Successivamente, è necessario allestire i locali rispettando le normative in materia di sicurezza e igiene, dotandoli di arredi funzionali e di impatto per attirare l’attenzione dei passanti.

Per quanto riguarda gli aspetti amministrativi, è consigliabile scegliere la forma giuridica più idonea, valutando se operare in forma individuale oppure costituire una società temporanea. Richiesti anche i necessari permessi commerciali per l’apertura del temporary store.

Fondamentale risulta poi pianificare la logistica degli approvvigionamenti, al fine di avere sempre prodotti freschi e vari nel punto vendita. Non meno importante è la definizione di una strategia promozionale efficace, che sfrutti tutti i canali offline e online per richiamare un ampio target di clientela.

Infine, per massimizzare il fatturato del temporary store, è essenziale predisporre offerte e promozioni esclusive, al fine di incentivare i consumi e le vendite durante il periodo di apertura del punto vendita temporaneo. Con una buona pianificazione ed esecuzione di queste attività, è possibile gestire con successo un temporary store anche per periodi contenuti.

Small business: definizione del modello e guida pratica

Gli small business rappresentano sempre più una componente importante nel panorama economico globale. Secondo gli ultimi dati rilasciati dall’OCSE, il numero di imprese che possono essere classificate come small business, vale a dire con un numero di dipendenti inferiori a 50 unità, è in costante crescita negli ultimi dieci anni in tutti i paesi membri. In particolare, in Italia si stima che le imprese cosiddette small business corrispondano a circa il 95% del tessuto imprenditoriale nazionale e diano lavoro a oltre il 65% degli addetti del settore privato.

Questa tendenza è confermata anche dagli Stati Uniti, paese dove tradizionalmente il modello dello small business ha da sempre rivestito un ruolo primario nella dinamica economica. Secondo gli ultimi dati pubblicati dallo U.S. Small Business Administration Office of Advocacy, nel 2021 le piccole e medie imprese con meno di 500 dipendenti rappresentavano circa il 99,9% di tutte le imprese statunitensi, e nello stesso anno impiegavano 47,1% della forza lavoro privata.

Il modello dello small business risulta inoltre determinante anche a livello di contributo al prodotto interno lordo: in Germania, ad esempio, le piccole e medie imprese contribuiscono per circa il 50% al PIL nazionale secondo quanto riportato dal KfW Bankengruppe.

In sintesi, l’analisi comparata di dati certi e ufficiali raccolti da istituzioni come l’OCSE e l’Eurostat dimostra come gli small business rappresentino ormai un fattore imprescindibile per le economie dei principali paesi sviluppati in termini di occupazione, tessuto sociale e contributo alla ricchezza nazionale.

Small business: Cos’è uno small e quali caratteristiche lo contraddistinguono

Con la locuzione small business, in italiano tradotta come “piccola impresa”, ci si riferisce a un particolare modello imprenditoriale caratterizzato da dimensioni organizzative contenute e da specifiche modalità di gestione.

La categoria degli small business include tutte quelle realtà aziendali che impiegano un numero esiguo di dipendenti, solitamente non superiore a 10 unità, e che presentano un fatturato medio-basso se parametrato a quello delle grandi imprese. Caratteristica distintiva è proprio la dimensione snella della compagine societaria, composta tipicamente dai soci fondatori o da un pool ristretto di collaboratori. Ciò consente flessibilità decisionale e rapidità di esecuzione nelle scelte manageriali.

Gli small business sono diffusi in molti settori, dal commercio ai servizi, e giocano un ruolo determinante nell’economia locale grazie alla capacità di creare nuovi posti di lavoro. Rispetto alle grandi aziende presentano alcuni svantaggi, come minori economie di scala, tuttavia sfruttano al meglio la fatturazione elettronica e le potenzialità del digitale per massimizzare efficienza ed essere competitivi anche a livello sovralocale.

Small business

Come avviare uno small business: Tutorial per avviare con successo uno small business

Avviare con successo uno small business richiede l’adozione di una metodologia strutturata. Ecco i principali step da seguire per impostare correttamente il modello di business:

  1. Analisi di mercato: ricercare le opportunità analizzando i trend di domanda e i possibili canali di vendita/erogazione del servizio. Ciò consente di validare l’idea imprenditoriale.
  2. Piano strategico e operativo: definire obiettivi, strategie commerciali e relative azioni. Necessario prevedere una scalabilità del modello per consentire la crescita progressiva del fatturato.
  3. Studio economico-finanziario: preventivare con accuratezza i costi e i ricavi, programmando le fonti di finanziamento iniziali. Importante dimostrare la sostenibilità del business plan.
  4. Scelta della forma giuridica: valutare se operare come ditta individuale o società (SRL, SRLS) considerando la normativa fiscale e contabile di riferimento.
  5. Gestione fatturazione elettronica: affrontare gli aspetti amministrativi e la corretta emissione/ricezione delle fatture digitali al fine di assolvere agli obblighi di legge.
  6. Marketing e promozione: definire le strategie di promozione e le tecniche pubblicitarie più idonee in base al target, anche attraverso l’uso dei social media.

Applicando con metodo queste linee guida è possibile intraprendere l’attività di small business in modo strutturato e avere maggiori chance di successo nel medio-lungo periodo. Un business pianificato e gestito in maniera oculata riuscirà ad affrontare meglio le inevitabili difficoltà imprenditoriali, adattandosi con flessibilità ai cambiamenti di mercato. Inoltre, grazie a una visione di lungo termine e a obiettivi chiari e misurabili sarà più facile raggiungere la sostenibilità economica ed espandere progressivamente il proprio business.

TD26 fattura elettronica: cos’è e quando è emessa

La TD26 fattura elettronica, prevista dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 89757/2018, trova applicazione nelle operazioni di cessione di beni ammortizzabili e per passaggi interni, come disposto dall’art. 36 del DPR 633/72.

Tale tipo di documento può essere generato sia in forma di Fattura che di Autofattura, a seconda che sia stata eseguita una cessione tra soggetti distinti ovvero si tratti di un trasferimento interno. Nel primo caso, il cedente emetterà una fattura inserendo nella TD01 i dati del cessionario e nella TD26 le informazioni relative al bene ceduto (dati identificativi, valore ecc.).

Nel secondo caso, il soggetto che riceve il bene potrà emettere un’autofattura compilando solo la TD01 con i propri dati e la TD26 con i dati del bene ricevuto, al fine di effettuare correttamente l’allineamento contabile.

In entrambe le ipotesi, come disposto dal menzionato art. 36, si procederà al passaggio del bene senza l’obbligo del documento di trasporto (DDT), assolvendo unicamente all’emissione del documento informatico secondo i dati minimi stabiliti dalla normativa in materia di fatturazione elettronica.

TD26 fattura elettronica

TD26 fattura elettronica: cessione di beni ammortizzabili e per passaggi interni

La cessione di beni ammortizzabili riveste una certa importanza nella gestione del parco cespiti aziendale. Tale operazione può verificarsi non solo verso terzi acquirenti, ma anche attraverso passaggi interni tra i soggetti che compongono lo stesso gruppo societario.

Nel caso di passaggi interni, ovvero cessioni di beni ammortizzabili tra società controllate/collegate, la cessione non configura una definitiva alienazione, ma un semplice trasferimento. Per questo motivo non è previsto l’obbligo del documento di trasporto, mentre è richiesta la fatturazione integrando l’operazione nella TD26 fattura elettronica.

La TD26 consente di indicare le informazioni necessarie come dati identificativi del bene e della società cedente/ceduta. Inoltre va riportato il valore del bene trasferito per poter effettuare il corretto allineamento contabile e fiscale. Successivamente il bene continuerà a essere ammortizzato dalla società che ne ha acquisito il possesso.

La cessione di beni ammortizzabili tra società correlate tramite fatturazione elettronica mediante TD26 assolve correttamente agli obblighi documentali e permette di gestire in modo formale e contabile il trasferimento non definitivo dei cespiti.

Fattura elettronica TD26: regime del margine per beni usati

Il regime del margine per i beni usati costituisce un’opzione applicabile ai soggetti che vendono di frequente beni usati, quali concessionari d’auto e commercianti del settore. Tale regime consente di determinare il valore fiscalmente rilevante del bene usato non in base al costo di acquisto, ma come differenza tra prezzo di vendita e prezzo di acquisto (margine).

Nel caso in cui il soggetto venda a un privato, basterà inserire nel documento commerciale (fattura/documento equivalente) tutti i dati necessari per la liquidazione dell’IVA, come natura, qualità e quantità dei beni ceduti. Qualora invece la cessione avvenga nei confronti di un cessionario/committente non stabile nel territorio dello Stato, dovrà intervenire un rappresentante fiscale italiano a completare la fattura elettronica (TD01, Dati cessionario/committente) e a provvedere agli adempimenti IVA.

In ogni caso, grazie alla fatturazione elettronica tramite SDI sarà garantita piena tracciabilità delle cessioni di beni usati in regime di margine, assolvendo correttamente agli obblighi documentali e di versamento dell’imposta.

Libri sociali: tutela dei soci attraverso un’amministrazione trasparente

I libri sociali rivestono un ruolo fondamentale per chi avvia un’attività d’impresa fondata su una delle tipologie societarie previste dalla normativa italiana, come la S.r.l o la S.a.s. Tenere una corretta documentazione dei libri sociali obbligatori, come quello dei soci, delle assemblee e delle delibere, non è semplicemente un adempimento burocratico, bensì garantisce sicurezza e tutela a tutti coloro i quali decidono di investire nella società come soci.

I libri sociali, infatti, consentono di tracciare in modo trasparente tutte le decisioni assunte nel corso della vita dell’impresa, preservando la corretta governance societaria. Ciò permette ai soci di monitorare l’operato degli amministratori ed evitare potenziali irregolarità nella gestione. Inoltre, i libri sociali possono essere esibiti in qualsiasi momento per far valere i propri diritti, ad esempio in caso di controversie o richieste di risarcimento. Infine, in caso di cessione di quote, i libri sociali forniscono tutte le informazioni per valutare nel modo più consapevole l’investimento.

Per questi motivi, prestare massima attenzione nella tenuta formale e sostanziale dei libri sociali è fondamentale per garantire sicurezza ai soci e tutelare l’integrità della governance societaria nel tempo.

 

Libri sociali: le principali tipologie previste per la normativa italiana

I libri sociali rappresentano uno strumento fondamentale previsto dalla normativa italiana per assicurare la trasparenza nella gestione di ogni tipologia di società. Il Codice Civile stabilisce che le società di capitali (S.p.A., S.r.l., S.a.p.a.) sono obbligate alla tenuta del libro soci, del libro delle delibere e del libro dei verbali assembleari. Per le srl è altresì previsto il libro dell’inventario e dei bilanci.

Le società cooperative invece devono custodire il libro dei soci, il libro delle delibere del consiglio di amministrazione e dell’assemblea dei soci. Le società a responsabilità limitata semplificata sono soggette solo al libro dei soci e delle delibere.

Tutti i libri devono essere conservati per 10 anni e approvati dall’organo di controllo o dal revisore legale, ed sono soggetti a visione in ogni momento da parte dei soci e dei terzi a ciò legittimati.

La corretta tenuta ed archiviazione dei libri sociali riveste un ruolo di primaria importanza per assicurare la massima trasparenza nella gestione aziendale, tutelando la responsabilità sociale d’impresa verso gli stakeholder, nonché permettendo gli opportuni controlli sull’operato degli amministratori.

Libri sociali

Libri sociali obbligatori: obblighi di tenuta, conservazione e accesso

I libri sociali obbligatori rivestono grande importanza giuridica ed economica: essi servono infatti ad assicurare piena trasparenza circa il modello di business adottato dalla società e le decisioni assunte nel corso della sua attività.

La normativa stabilisce precisi obblighi di tenuta e conservazione dei libri. Essi devono essere custoditi presso la sede legale e aggiornati correttamente in modo cronologico. La tenuta può essere affidata anche a terzi, garantendo comunque l’immediata esibizione.

Per quanto concerne la conservazione, i libri sono soggetti a specifici vincoli temporali: 10 anni per quelli di bilancio, registri IVA e fatture. Il formato di conservazione è indifferente, quindi è ammessa sia la forma cartacea che quella informatica. Grande importanza riveste il diritto di accesso ai libri: esso spetta ai soci, Sindaci, organi di controllo nonché all’Amministrazione Finanziaria per specifici motivi. L’esercizio del diritto di accesso deve avvenire nei luoghi di lavoro durante l’orario d’ufficio, nel rispetto della normativa sulla privacy.

Pertanto, la puntuale osservanza degli obblighi di tenuta, conservazione e accesso dei libri sociali è fondamentale per assicurare la piena trasparenza societaria. È prevista la possibilità di ricorrere alla dematerializzazione dei libri sociali tramite l’uso della firma digitale, che ne assicura l’autenticità e integrità ai sensi del Codice dell’Amministrazione Digitale.

Tale facoltà, introdotta alcuni anni fa, rappresenta un vantaggio per le società in quanto semplifica gli adempimenti burocratici e abbassa i costi di archiviazione, conservando tuttavia piena validità legale ai dati registrati.

Attività che non conoscono crisi: settori e professioni che garantiscono occupazione in ogni congiuntura   

Le fluttuazioni congiunturali sono variazioni cicliche dell’andamento dell’economia, che attraversa normalmente fasi alternate di espansione e contrazione dell’attività produttiva e dei consumi. Studi e ricercano hanno dimostrato che esistono alcune attività che non conoscono crisi in quanto anticicliche e quindi non soggette alle fluttuazioni congiunturali

Nello specifico, i cicli congiunturali si caratterizzano per:

  • Periodi di crescita economica (fase espansiva), con incremento della produzione industriale e terziaria, lievitazione degli investimenti privati e pubblici, aumento dei livelli occupazionali e di reddito.
  • Fasi recessionali, quando si registra invece un calo generalizzato della domanda aggregata che impatta negativamente su PIL, occupazione e redditi reali.

Tali alti e bassi congiunturali influenzano in modo diseguale settori e professioni. Ad esempio:

  1. Comparti legati a beni durevoli (auto, elettronica etc.) risentono maggiormente delle crisi, essendo i consumi in quei prodotti più sensibili.
  2. Alimentare e servizi sanitari, legati a bisogni essenziali, sono meno volatili.
  3. Figure dipendenti da investimenti infrastrutturali o esportazioni sono più esposte alle recessioni.
  4. Ruoli tecnici e ICT, rispondenti a esigenze di ammodernamento e digitalizzazione aziendale, risultano oggi più anticiclici.
  5. Professioni ad alta specializzazione nella consulenza strategica e di efficienza aziendale sono spesso preservate anche in periodi di crisi.

Attività che non conoscono crisi: Settori e attività imprenditoriali anticicliche

Uno dei principali obiettivi di un’impresa è quello di sviluppare un business model in grado di resistere alle fluttuazioni del ciclo economico. Analizzando i dati pubblicati dall’Istat e dall’OCSE sugli andamenti settoriali in periodi di contrazione e di crescita, emergono alcuni comparti che storicamente hanno dimostrato maggiore elasticità alla variazione della domanda aggregata.

Attività che non conoscono crisi

Tra questi, il settore alimentare rientra di diritto tra quelli definiti “anticiclici“. Grazie alla natura di bene primario dei prodotti alimentari, la spesa delle famiglie in quest’ambito risulta poco sensibile alle fasi congiunturali. Idee imprenditoriali particolarmente interessanti potrebbero coinvolgere la produzione e distribuzione di generi alimentari base a marchio proprio, specialmente per una clientela attenta alla qualità e al territorio.

Un altro comparto anticiclico è quello dei servizi di cura alla persona come parrucchieri, estetiste e centri benessere. A dispetto delle flessioni occupazionali tipiche delle recessioni, la domanda di tali prestazioni appare stabilmente ancorata a fattori socioculturali più resilienti rispetto agli andamenti dell’economia nel suo complesso.

Le attività che non conoscono crisi: figure professionali e competenze sempre richieste

Analizzando i trend occupazionali degli ultimi decenni attraverso report quali quelli diffusi dall’Istat e da Unioncamere, è possibile identificare alcune figure professionali e competenze che storicamente appaiono stabili nei diversi momenti del ciclo economico.

In particolare, il settore sanitario garantisce una costante richiesta di alcune figure chiave come medici, infermieri, operatori socio-sanitari e professionisti affini. Ciò in virtù della natura di bene essenziale dei servizi medici e dell’invecchiamento progressivo della popolazione, fattori non correlati alle fluttuazioni congiunturali. Analogamente, ruoli tecnici e di manutenzione negli ambiti idraulico, elettrico ed elettronico risultano pressoché inelastici (vale a dire insensibile al variare del prezzo o del reddito) rispetto alle fasi cicliche, grazie alla necessità di garantire il costante funzionamento di impianti e macchinari.

Anche competenze trasversali come quelle digitali, contabili, amministrative e nella sicurezza sul lavoro appaiono strutturalmente ricercate indipendentemente dal trend economico generale. Infatti rispondono a esigenze di adeguamento normativo e di efficientamento dei processi aziendali che prescindono dal ciclo. Uno studio della società di consulenza McKinsey conferma inoltre come ruoli focalizzati sull’analytics, il cloud computing e la cybersecurity godranno di ottime prospettive occupazionali anche negli anni a venire. Investimenti aziendali mirati in queste aree potrebbero quindi rivelarsi lungimiranti.

Soft skills e hard skills: le competenze del futuro per il successo professionale

Oggi per incrementare il fatturato aziendale e rimanere competitivi sul mercato, diventa sempre più importante possedere le giuste conoscenze e capacità. Sia le hard skills legate alle specifiche competenze tecniche del proprio settore, sia le soft skills trasversali come il problem solving, il lavoro in team e la comunicazione risultano determinanti.

Con l’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica ad esempio, le conoscenze informatiche diventano basilari per gestire in modo efficiente i processi amministrativi. Ma anche le abilità relazionali, di project management e di gestione dello stress risultano utili a fronteggiare i cambiamenti normativi.

Solo dotandosi del mix vincente tra competenze tecniche e trasversali è possibile far crescere al meglio il business aziendale e cogliere nuove opportunità in un contesto in rapida evoluzione come quello attuale.

 

Soft skills e hard skills: impariamo a conoscerle partendo dalle Soft

Le soft skills rivestono un ruolo fondamentale nell’ambito della formazione aziendale, in quanto trasversali a qualsiasi settore professionale e processi organizzativi.

Risulta ampiamente documentato che la presenza di soft skills efficienti sia fattore abilitante per l’innovazione e la crescita di business, poiché permettono una circolazione delle informazioni fluida, la gestione ottimale dei team nonché rapporti efficaci con clienti e partner commerciali.

Molte imprenditori riconoscono come proprio più Soft skills che Hard skills in termini di valore aggiunto al core business e alla competitività sul mercato. Investire quindi nel potenziamento attraverso la formazione aziendale di soft skills come comunicazione, problem solving, lavoro in squadra, si traduce in vantaggi concreti in termini di maggiore produttività ed engagement dei dipendenti.

Lo sviluppo di soft skills risulta oggi parte integrante di una strategia di gestione del capitale umano lungimirante, tesa a massimizzare contributo del fattore lavoro nel contesto aziendale grazie a sinergie tra competenze tecniche verticali e abilità trasversali.

  1. Comunicazione efficace – La comunicazione efficace permette di farsi comprendere in modo chiaro e diretto dai diversi interlocutori, ascoltandone attivamente i feedback. Richiede anche abilità nella negoziazione e nel saper gestire efficacemente riunioni e presentazioni.
  2. Problem solving – Abilità fondamentale per individuare con metodo causali e soluzioni di eventuali problemi in stretta collaborazione con i colleghi. Comporta capacità di sintesi e analisi nonché orientamento all’obiettivo.
  3. Gestione dello stress – Cruciale per conservare lucidità anche in contesti operativi densi di scadenze e imprevisti, dosando correttamente le energie ed evitando un eccessivo carico di lavoro.
  4. Adattabilità e flessibilità – Consente di districarsi con disinvoltura in scenari multidimensionali, aggiornando rapidamente le proprie conoscenze e skill in funzione dei cambiamenti.
  5. Teamworking – Presuppone lavoro collaborativo, condivisione di ruoli e una visione comune stimolata dal confronto costruttivo anche nella gestione di opinioni divergenti.
  6. Creatività – Capacità di elaborare soluzioni nuove e alternative, fuori dagli schemi, individuando associazioni originali di idee e prospettive inesplorate.

Tali abilità risultano sempre più sviluppate attraverso percorsi di formazione aziendale tesi a integrare le competenze tecniche con quelle trasversali.

Hard skills e soft skills… E ora passiamo alle Hard

Le hard skill sono quelle competenze tecniche e specialistiche fondamentali nel mondo del lavoro contemporaneo e indispensabili per portare avanti con successo la vision aziendale.

Per contribuire al raggiungimento degli obiettivi strategici e della mission, è necessario dotarsi di una solida preparazione trasversale in campi quali le lingue straniere, le conoscenze digitali e informatiche, le abilità di project management.

Sapersi orientare negli scenari globali operando in inglese e talvolta in altre lingue è cruciale per una società che vuole espandersi oltre i propri confini. Non basta più una specializzazione verticale, serve sviluppare competenze orizzontali complementari come la capacità di gestire team multiculturali, portare a termine progetti in linea con la vision, elaborare e analizzare dati per prendere decisioni strategiche.

  1. Conoscenze specialistiche e tecniche: Conoscenza approfondita di una o più aree specifiche come l’informatica, la finanza, l’ingegneria etc. Padronanza degli aspetti teorici e pratici di un determinato settore.
  2. Competenze digitali: Padronanza nell’uso di software, sistemi informatici e strumenti digitali, dalle basi di programmazione ai programmi di grafica, videoscrittura, elaborazione dati, reti e connessioni internet.
  3. Lingue straniere: Conoscenza fluida sia scritta che orale di una o più lingue straniere, livello B2 o superiore secondo il Quadro Comune Europeo di Riferimento per la conoscenza delle lingue.
  4. Conoscenze scientifiche e matematiche: Solida preparazione in discipline quali fisica, chimica, biologia, con capacità di analisi logica, risoluzione di problemi anche complessi e utilizzo di modelli matematici e statistici.
  5. Gestione di progetti e attività operative: Abilità nella programmazione, organizzazione e monitoraggio di progetti, definizione di tempistiche e responsabilità, gestione di risorse e budget per raggiungere obiettivi.
  6. Abilità analitiche e di project management: Capacità di analizzare problemi complessi, raccogliere e interpretare correttamente dati e informazioni, gestire il ciclo di vita di un progetto avvalendosi di opportune metodologie.

Le hard skill si apprendono anche sul campo ma è importante che rispecchino la vision aziendale già in fase di inserimento, attraverso uno studio approfondito di materie coerenti ed esperienze pratiche in contesti allineati agli obiettivi di lungo periodo dell’azienda. Solo così il proprio bagaglio di competenze potrà essere strategicamente rilevante.