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Fringe benefit 2024: tutte le novità sull’aumento dell’importo esentasse

Anche per l’anno 2024 sono previsti i fringe benefit per i lavoratori dipendenti, ma per poterne usufruire è necessario rispettare specifiche caratteristiche e aspetti normativi.

Innanzitutto, l’erogazione dei fringe benefit rimane facoltativa per le aziende e non rappresenta un diritto automatico dei dipendenti. Spetta infatti alla singola impresa individuare quali voci di welfare aziendale intende riconoscere ai propri lavoratori e in capo a chi.

In secondo luogo, occorre fare riferimento alle tipologie di fringe benefit previste dalla normativa fiscale 2024. Rientrano nei benefit solo alcune ben delineate categorie di beni e servizi, come ad esempio l’auto aziendale, i buoni pasto e i rimborsi per utenze o spese di casa, calcolati sempre entro un preciso tetto di esenzione.

Bisogna inoltre considerare che i fringe benefit, pur contribuendo ad integrare la retribuzione dei dipendenti, devono essere erogati nel rispetto della disciplina sulla fatturazione elettronica e della normativa sul lavoro. Il loro ammontare complessivo non può comunque superare, per ciascun lavoratore, il limite massimo stabilito per legge, pari a 2.000 euro annui in presenza di figli a carico.

Pertanto, si può affermare come la disciplina dei fringe benefit 2024 preveda determinate condizioni e vincoli al fine di coniugare le esigenze di aziende e lavoratori nel pieno rispetto delle norme vigenti.

Fringe benefit 2024: chi può usufruirne

Il decreto legge di bilancio 2024 ha apportato modifiche sostanziali al tetto massimo dei fringe benefit che possono essere riconosciuti ai dipendenti in esenzione fiscale. I fringe benefit 2024 rappresentano una forma di retribuzione in natura che si affianca allo stipendio, concepita come beneficio accessorio erogato liberamente dal datore di lavoro. Essi offrono vantaggi fiscali sia al lavoratore, in quanto le somme ricevute non concorrono a formare il reddito imponibile, sia all’azienda che può dedurle interamente.

La legge di bilancio 2024 ha elevato il limite dei fringe benefit a 2.000 euro per i dipendenti con figli fiscalmente a carico e a 1.000 euro per tutti gli altri dipendenti. Per fruire del fringe benefit fino a 2.000 euro è necessario che il lavoratore presenti un’autocertificazione al datore indicando il codice fiscale del figlio o dei figli a carico. Mentre per il rimborso delle utenze domestiche è indispensabile esibire le fatture sostenute nel 2024, con rimborso da effettuare al massimo entro gennaio 2025.

I fringe benefit non sono un diritto ma una facoltà riservata alla libera scelta del datore di lavoro. Tipicamente essi riguardano dirigenti, quadri e personale direttivo ma nulla vieta che siano estesi anche ad altre categorie. L’azienda individua autonomamente le figure cui assegnare i benefici accessori, stabilendolo nel contratto di assunzione. Il welfare aziendale invece si differenzia poiché vale per una generalità di dipendenti. Ad esempio un’auto aziendale può spettare ai ruoli di rappresentanza mentre i buoni pasto competono verosimilmente a tutti i lavoratori. In sintesi, i fringe benefit 2024 possono essere fruiti in base alla discrezionalità aziendale.

Fringe benefit 2024

Fringe benefit manovra 2024: beni e servizi che vi rientrano

I beni e servizi che possono rientrare nei fringe benefit della manovra 2024 sono:

  1. L’auto aziendale, ovvero il mezzo fornito dall’azienda al dipendente per l’attività lavorativa e per uso personale. Il relativo beneficio viene quantificato in base alle tabelle ACI, applicando un coefficiente al costo chilometrico moltiplicato per 15.000 km annui convenzionali.
  2. Le bollette domestiche di luce, gas e acqua, nonché le spese condominiali. Tali utenze possono essere rimborsate al lavoratore entro un massimo di 2.000 euro come previsto per i fringe benefit 2024.
  3. Il rimborso degli interessi su mutui e degli affitti per la prima casa. Si tratta di una voce di benefit introdotta per la prima volta nel 2024.
  4. I buoni pasto, con un tetto di 5,29 euro per i titoli cartacei e 7 euro per quelli elettronici. Rappresentano uno strumento consolidato di welfare aziendale.
  5. Il telefono fornito dall’azienda, gli immobili locati o dati in comodato e i prestiti agevolati.
  6. Le borse di studio e i bonus carburante da 200 euro, assimilabili a veri e propri fringe benefit secondo la disciplina 2024.

Tali voci rientrano nel piano di welfare aziendale e possono essere godute dai lavoratori dipendenti con figli a carico entro il massimale di 2.000 euro individuale.

Piano Transizione 5.0: PNRR, Green e Automazione

Il 26 febbraio 2024, il governo italiano ha annunciato il “Piano Transizione 5.0”, un’iniziativa rivoluzionaria che fa parte delle “Ulteriori disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza” (decreto PNRR) confermato il 2 marzo. Questo piano segna una pietra miliare nella politica italiana, come sottolineato dal ministro Adolfo Urso, per guidare le imprese italiane attraverso la duplice transizione digitale e green nei cruciali anni 2024 e 2025.

Chi può beneficiare del Piano Transizione 5.0?

Il piano è rivolto a tutte le imprese che operano sul territorio italiano, indipendentemente dalla loro dimensione, settore o forma giuridica, a eccezione di quelle in difficoltà finanziaria o soggette a sanzioni interdittive. 

Incentivi e condizioni

Il cuore del Piano Transizione 5.0 è incentrato sul sostegno agli investimenti in beni strumentali materiali e immateriali, che devono essere interconnessi al sistema di gestione della produzione aziendale o alla rete di fornitura. Gli investimenti devono puntare a una riduzione dei consumi energetici di almeno il 3-5%, con possibilità di bonus maggiorati per risparmi superiori.

Il piano prevede un credito d’imposta scalare, a partire dal 35% per investimenti fino a 2,5 milioni di euro, con la possibilità di incrementi significativi, fino al 45%, per risparmi energetici notevoli.

Un aspetto innovativo del Piano Transizione 5.0 è il focus sugli impianti per l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili destinata all’autoconsumo, inclusi quelli per lo stoccaggio dell’energia. In particolare, per gli impianti fotovoltaici, è prevista una maggiorazione del credito d’imposta se i pannelli, prodotti negli Stati membri dell’UE, superano determinate soglie di efficienza.

 

Piano Transizione 5.0

Come accedere ai benefici?

Per accedere ai benefici del piano, le imprese devono presentare una certificazione ex ante e una comunicazione ex ante al Gestore dei Servizi Energetici (GSE), descrivendo il progetto di investimento e i costi associati. Il GSE, dopo aver verificato la completezza della documentazione, “prenota” l’importo del credito d’imposta per le imprese ammissibili. In termini più semplici tutto questo significa che per avere i benefici del Piano è necessario:

  1. Certificazione ex ante: si tratta di un documento che l’impresa deve presentare prima di iniziare l’investimento. “ex ante” è una locuzione latina che significa “prima del fatto”. Questa certificazione serve a dimostrare che il progetto di investimento previsto soddisfa determinati requisiti o standard, che possono essere legati alla sostenibilità, all’efficienza energetica, alla tecnologia impiegata, o ad altri criteri specificati dal piano;
  2. Comunicazione ex ante: oltre alla certificazione, l’impresa deve anche inviare una comunicazione preliminare che descrive in dettaglio il progetto di investimento e i costi associati. Questo serve per informare il Gestore dei Servizi Energetici (GSE) sulla natura dell’investimento, sulle attività previste, sui costi e su qualsiasi altra informazione rilevante;
  3. Gestore dei Servizi Energetici (GSE): il suo ruolo è quello di verificare che i progetti presentati dalle imprese siano in linea con le politiche e i criteri stabiliti dal piano di incentivi;
  4. Verifica della documentazione e prenotazione del credito d’imposta: una volta ricevuta la documentazione, il GSE verifica che sia completa e conforme ai requisiti del piano. Se tutto è in ordine, “prenota” l’importo del credito d’imposta per l’impresa. Questo significa che l’impresa ha l’assicurazione di ricevere un certo importo sotto forma di credito d’imposta, cioè una riduzione delle imposte da pagare, a fronte dell’investimento realizzato. La “prenotazione” è importante perché assicura all’impresa che i benefici saranno disponibili una volta che l’investimento sarà completato, a patto che tutto proceda come previsto.

Formazione e sviluppo delle competenze

Il piano incoraggia anche le spese per la formazione del personale, mirando all’acquisizione di competenze nelle tecnologie rilevanti per le transizioni digitale ed energetica, fino a un massimo di 300.000 euro, purché la formazione sia erogata da soggetti esterni qualificati.

Aspetti finanziari e documentali

Il credito d’imposta ottenuto può essere utilizzato esclusivamente in compensazione tramite F24 e deve essere fruibile entro il 31 dicembre 2025. È previsto anche un sistema di certificazioni e comunicazioni periodiche al GSE per monitorare l’avanzamento dei progetti.

Una promessa alla contabilità sostenibile

Il “Piano Transizione 5.0” del governo italiano rappresenta un’opportunità cruciale per promuovere l’innovazione e la sostenibilità nelle imprese italiane, incoraggiando investimenti in tecnologie verdi e digitali. 

In questo contesto, l’approccio di FatturaPRO.click, che mira all’automazione e alla digitalizzazione aziendale, si allinea perfettamente agli obiettivi del piano. Offrendo soluzioni che facilitano la transizione verso pratiche aziendali contabilmente sostenibili, FatturaPRO.click si pone come un catalizzatore per rendere le imprese italiane non solo più competitive a livello nazionale ma anche internazionale, dimostrando come l’innovazione tecnologica possa essere un pilastro fondamentale per la sostenibilità economica di ogni impresa.

Uscita dal regime forfettario cespiti: cauzioni generali e le specifiche implicazioni in caso di acquisto di beni strumentali

L’uscita dal regime forfettario a seguito del superamento delle soglie di compensi o ricavi, oppure per l’acquisto di beni strumentali oltre i limiti previsti, comporta l’obbligo di assoggettarsi al regime ordinario a partire dal periodo d’imposta successivo. Tale passaggio risulta vincolato al rispetto di alcune regole contabili e di calcolo degli indici di reddito.

In particolare, l’uscita dal regime forfettario cespiti impone di valutare i beni ammortizzabili ancora non interamente ripristinati facendo riferimento al loro costo non dedotto o dedotto in regime agevolato. Successivamente, si deve procedere all’iscrizione nel registro dei beni ammortizzabili previsto per gli operatori IVA e al calcolo delle relative quote di ammortamento.

Le rimanenze finali devono essere rivalutate sulla base del loro costo fiscalmente rilevante e iscritte nell’attivo circolante dello stato patrimoniale aperto con l’applicazione del regime ordinario. Infine, i compensi percepiti prima del cambio di regime devono essere ricondotti ai fini del calcolo dell’indice di redditività al nuovo anno iniziato con il regime operativo.

Il rispetto di queste procedure garantisce la corretta contabilizzazione degli elementi avviati in regime agevolato e il corretto calcolo della redditività aziendale. In caso di inosservanza potrebbero emergere profili di natura fiscale da sanare mediante ravvedimento operoso o voluntary disclosure.

Uscita dal regime forfettario cespiti: Casi di esclusione e uscita dal regime forfettario

Il regime forfettario prevede alcuni casi di esclusione e uscita obbligatoria dal suo campo di applicazione. Quando il contribuente supera determinati limiti di ricavi o compensi annui, oppure la natura dell’attività esercitata perde i requisiti richiesti per poter accedere al regime agevolato, scatta l’obbligo di uscita.

Uno dei casi più comuni è il superamento del tetto annuo di ricavi o compensi pari a 85.000 euro. Oltre tale soglia, a decorrere dal periodo d’imposta successivo, non è più possibile avvalersi della tassazione forfettaria. Un altro motivo che comporta l’esclusione dal regime è la perdita dei requisiti legati all’attività esercitata. Ad esempio, se un contribuente iscritto come gestore di negozio al dettaglio inizia a svolgere anche attività di ingrosso, decade l’agevolazione in quanto tale categoria è esclusa.

Un terzo caso di uscita dal regime forfettario cespiti è dato dall’eventuale acquisto di beni strumentali di valore superiore a 20.000 euro annui al netto dell’IVA. Tale soglia, da verificare per ciascun periodo d’imposta, comporta il passaggio all’ordinario regime IVA e delle imposte sui redditi. Dal 1° gennaio 2019, si è aggiunto l’obbligo di fatturazione elettronica anche per i contribuenti in regime agevolato. Pertanto, chi rientra in una delle cause di esclusione descritte, dovrà regolarizzare la propria posizione in accordo con i nuovi adempimenti fiscali.

Pertanto, l’uscita dal regime forfettario cespiti e l’obbligo di fattura elettronica forfettari costituiscono aspetti strettamente correlati che il professionista deve saper analizzare applicando la normativa vigente. È importante valutare attentamente i casi di decadenza agevolata per trasferire correttamente il contribuente verso il regime ordinario, adempiendo a tutti gli obblighi del caso (trovate tutte le specifiche sulle novità del regime forfettario nella nostra guida: “Regime Forfettario 2024“).

Uscita dal regime forfettario

Regime forfettario beni strumentali ammortamento: Gestione dell’uscita dal regime forfettario per cespiti

Nel regime forfettario, i beni strumentali acquistati dal contribuente con valore superiore a 516 euro sono registrati nel libro cespiti, ma non è consentita la loro deduzione o l’ammortamento fiscale. L’agevolazione prevede infatti che tutte le spese, incluso l’acquisto dei cespiti, siano stimate tramite il coefficiente di redditività legato alla specifica attività esercitata.

Uno dei casi di uscita obbligatoria dal regime forfettario è dato dall’acquisto nel periodo d’imposta di beni strumentali per un valore complessivo superiore a 20.000 euro al netto dell’IVA. In questa situazione, il contribuente deve passare al regime ordinario a partire dal periodo successivo. Ciò comporta anche l’obbligo di fatturazione elettronica a decorrere dalla nuova annualità fiscale.

L’ammortamento fiscale dei cespiti acquistati in regime forfettario e la loro deduzione è ammessa solo a partire dal primo periodo d’imposta in cui si applica il regime ordinario, attraverso un computo analitico sul quale calcolare annualmente la quota di ammortamento. Pertanto, la gestione dei beni strumentali nel passaggio al regime ordinario prevede specifiche regole contabili per la loro corretta imputazione ai fini delle imposte sui redditi.

La disciplina del regime forfettario beni strumentali ammortamento e l’uscita obbligatoria per superamento della soglia dei cespiti acquistati comporta, oltre all’applicazione delle normali regole civilistiche, anche l’assoggettamento all’obbligo di fatturazione elettronica. Il commercialista deve saper supportare il contribuente fornendo tutte le informazioni per garantire il rispetto degli adempimenti in caso di passaggio al regime ordinario.

Acquistare online beni e servizi intestati ai dipendenti: come gestire la fatturazione

Per qualsiasi impresa risulta indispensabile comprendere a fondo le dinamiche sottese agli acquisti effettuati online a nome dei propri dipendenti. Tali operazioni, infatti, comportano implicazioni in tema di corretta fatturazione e adempimento degli obblighi fiscali connessi all’IVA che, ove non adeguatamente governate, possono dar luogo a errori e potenziali sanzioni.

Solo attraverso una piena padronanza di tali aspetti tecnici è possibile per una impresa assicurare la correttezza della fatturazione elettronica e rispettare gli obblighi di parte in ogni processo di acquistare online.

Acquistare online: le categorie e gli obblighi fiscali associati

Gli acquisti effettuati tramite Internet rivestono un’importanza crescente sia per le aziende che per i privati. Tuttavia, dietro a questa facilità di approvvigionamento si celano complessità di natura fiscale che devono essere attentamente valutate, in particolare per quanto concerne l’Imposta sul valore aggiunto (IVA).

A fini IVA gli acquisti online possono essere classificati in quattro macro-categorie, rispetto alle quali scaturiscono obblighi diversi: acquisti di servizi elettronici, acquisti intracomunitari, acquisti di beni già presenti sul territorio nazionale e operazioni di importazione.

Nel caso degli acquisti di servizi elettronici, l’IVA è in genere assolta tramite il meccanismo del reverse charge, con l’acquirente italiano che diviene sostituto d’imposta. Per gli acquisti intracomunitari è necessario verificare il possesso da parte del fornitore di un valido numero di partita IVA europeo, controllabile nel sistema VIES. Se il bene è già sul territorio nazionale, occorre verificare l’emissione della fattura nei confronti dell’effettivo acquirente. Infine, le importazioni di beni da Paesi extra-UE comportano adempimenti doganali e bollettazioni.

Un fattore rilevante è l’identità del soggetto intestatario della fattura emessa: se questa riporta i dati del dipendente anziché dell’azienda, sorgono interrogativi circa l’effettivo acquirente al quale imputare gli obblighi fiscali.

Ad esempio, l’acquisto di un bene per uso personale del dipendente non grava l’impresa, ma se il bene è destinato all’attività aziendale questa deve assolvere i relativi adempimenti IVA, eventualmente emettendo apposite autofatture laddove la documentazione contabile non sia correttamente intestata.

Pertanto, l’acquistare online e la gestione degli obblighi di fatturazione e dichiarazione IVA richiedono un’attenta ponderazione delle circostanze al fine di garantire la piena conformità agli adempimenti fiscali previsti, adoperandosi per assicurare l’esatta imputazione delle operazioni all’effettivo soggetto acquirente.

Acquistare online beni

Comprare online: La gestione dell’IVA negli acquisti intestati ai dipendenti

La corretta gestione dell’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA) costituisce un aspetto di primaria importanza per qualsiasi attività che effettui acquisti tramite e-commerce, specialmente laddove la fatturazione risulti intestata ai dipendenti anziché all’azienda.

L’intestazione della documentazione fiscale è infatti elemento cardine per l’individuazione del soggetto chiamato a assolvere gli obblighi connessi all’IVA. Ove un bene acquistato online sia destinato all’uso personale del lavoratore, non emergono problematiche; diversamente, laddove esso sia volto alle finalità aziendali, la società deve provvedere alla corretta gestione della relativa imposizione.

A tal fine, occorre in primo luogo classificare attentamente l’operazione in base alle quattro categorie fiscali di acquistare online (servizi digitali, transazioni intra-UE, beni presenti in Italia, importazioni), al fine di identificarne gli specifici adempimenti IVA.

Ove la fatturazione risulti emessa a nome del dipendente, anche negli small business deve essere valutata puntualmente la natura della transazione per appurare l’effettivo acquirente, provvedendo – ove applicabile – all’emissione di apposite autofatture necessarie alla regolarizzazione contabile e al rispetto degli obblighi di monitoraggio e dichiarazione imposti dalla normativa.

Requisito imprescindibile è dunque la scrupolosa ponderazione delle circostanze al fine di asseverare la piena ottemperanza ai profili fiscali connessi all’e-commerce, assicurando che gli adempimenti IVA gravino correttamente sul soggetto tenuto a soddisfarli.

Aziende sostenibili: conoscerle per capire le leve per attuare con successo il cambiamento

La crescente attenzione verso gli aspetti della sostenibilità economica, ambientale e sociale sta coinvolgendo in modo sempre più diffuso anche le imprese che operano nel tessuto produttivo italiano.

I dati dimostrano come il numero delle aziende sostenibili nel nostro Paese sia in continuo aumento. Secondo una recente ricerca condotta dall’Osservatorio sulla sostenibilità di GoDaddy e Linkiesta, nel 2021 il 28% delle PMI italiane ha integrato gli obiettivi ESG nel proprio modello di business, con un incremento dell’11% rispetto al 2020. Significativa anche la percentuale di grandi imprese che ha adottato pratiche sostenibili, cresciuta dal 76% dell’anno precedente all’attuale 83%.

Uno studio realizzato da SDA Bocconi in collaborazione con Il Sole 24 Ore ha inoltre evidenziato che oltre l’80% delle aziende con fatturato superiore ai 50 milioni di euro ha già avviato programmi concreti per la riduzione delle emissioni, il risparmio energetico e idrico, e la digitalizzazione di processi, anche mediante l’impiego diffuso della fatturazione elettronica.

Tali dati testimoniano quindi una maturazione della sensibilità del tessuto imprenditoriale italiano verso le tematiche ESG e la loro fondamentale integrazione nelle strategie e operatività aziendali al fine di perseguire modelli di crescita sostenibile e duratura nel tempo, in linea con gli obiettivi internazionali di sviluppo sostenibile dell’agenda 2030.

Aziende sostenibili: definizione e principi chiave

L’espressione “azienda sostenibile” si riferisce a una realtà produttiva che, nello svolgimento della propria attività economica, adotta un approccio responsabile e trasparente rispetto ai suoi impatti ambientali e sociali. Le aziende sostenibili integrano i rischi e le opportunità economiche, ambientali e sociali nelle strategie aziendali a lungo termine, nei processi e nelle decisioni quotidiane.

Esse perseguono metodi di produzione e gestione che mirano a un equilibrato bilanciamento degli interessi delle diverse componenti coinvolte, garantendo nel contempo la continuità nel tempo del business. A tal fine, si rileva fondamentale l’adozione di pratiche finalizzate al risparmio energetico e alla riduzione delle emissioni, all’utilizzo razionale delle risorse, alla promozione del benessere dei lavoratori e delle comunità vicine.

Particolare enfasi è posta sulla rendicontazione non finanziaria, attraverso cui le aziende sostenibili monitorano e comunicano i propri impatti in termini di emissioni, sicurezza e diritti dei lavoratori, parità di genere, relazioni con le comunità locali e catena di fornitura. Ciò al fine di garantire trasparenza e responsabilizzazione verso gli stakeholder, tra cui gli investitori che, attratti da questo modello, contribuiscono a indirizzare i capitali verso imprese con strategie sostenibili nel lungo termine, come previsto dai principi fondanti della Finanza sostenibile.

Le aziende sostenibili hanno incorporato i fattori ESG (Environmental, Social, Governance) nel proprio governo d’impresa e processo decisionale considerando anche i target dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Pertanto esse rappresentano oggigiorno un modello d’impresa moderno e responsabile, in grado di creare valore condiviso per gli stakeholder e per la collettività, nonché opportunità di crescita duratura per le realtà economiche che ne adottano i principi.

Aziende sostenibili

Azienda sostenibile: Strategie e best practice per la trasformazione sostenibile dell’impresa

Per intraprendere con successo il percorso di trasformazione sostenibile, le aziende devono dotarsi di strategie efficaci e adottare best practice collaudate.

In primo luogo è fondamentale definire una chiara roadmap per fissare obiettivi ambientali e sociali misurabili nel medio-lungo periodo, allineati agli SDGs e agli accordi internazionali. A tal fine risulta cruciale coinvolgere tutti i dipartimenti aziendali in una pianificazione strategica congiunta, istituendo figure di responsibility manager per ciascuna area ESG.

Particolare attenzione va posta sulla gestione delle risorse energetiche, idriche e delle emissioni, attraverso investimenti in efficienza, energie rinnovabili ed economia circolare. Anche le aziende sostenibili, infatti, necessitano di razionalizzare i consumi e abbattere l’impatto ambientale per mitigare i rischi climatici e di approvvigionamento.

È altrettanto importante promuovere, attraverso formazione e programmi innovativi, un cambiamento culturale che orienti i processi aziendali verso soluzioni a minore impatto e coinvolga tutte le componenti lungo la catena di fornitura. Ciò richiede spesso un aggiornamento delle competenze e la creazione di nuove figure professionali rientranti nella categoria dei cosiddetti Green Jobs.

Fondamentale è infine attivare collaborazioni con le realtà industriali del territorio, le istituzioni locali e la società civile per sviluppare progetti sostenibili condivisi, rafforzare i legami con le comunità e massimizzare i benefici delle azioni intraprese a livello economico, sociale e ambientale.

Product Lifecycle Management e il valore della consulenza specializzata

Il Product Lifecycle Management si sta diffondendo sempre più come figura professionale richiesta, anche nel panorama italiano.

Secondo i dati del report 2021 dell’Osservatorio Professioni Digitali di Anitec-Assinform, negli ultimi tre anni è aumentata del 37% la domanda di profili legati alla digitalizzazione dei processi produttivi e di filiera. Tra questi rientrano anche coloro che si occupano della gestione integrata del ciclo di vita del prodotto, ovvero i Product Lifecycle Managers.

Il loro ruolo risulta oggi strategico per guidare efficacemente la transizione al digitale intrapresa dalla maggior parte delle imprese manifatturiere e della supply chain. Ciò in virtù delle competenze specialistiche necessarie per la corretta implementazione di metodologie e piattaforme di Product Lifecycle Management, al fine di ottimizzare i processi e rispondere prontamente alle esigenze del mercato.

Anche un recente studio di Unioncamere e Anpal ha evidenziato come la figura del Product Lifecycle Manager sia tra quelle più ricercate dalle aziende nell’ambito della trasformazione digitale, della manutenzione predittiva e della progettazione assistita. La sempre maggiore complessità dei sistemi produttivi richiede infatti la capacità di gestirne il ciclo di vita in modo strategico e coordinato lungo l’intera filiera, garantendo qualità, efficienza e tracciabilità grazie alle moderne soluzioni di Product Lifecycle Management.

Un segnale ulteriore arriva dal crescente numero di corsi di formazione e master dedicati a formare i Product Lifecycle Manager, a riprova di come questo ruolo sia ormai a pieno titolo richiesto e riconosciuto anche nel tessuto industriale italiano, al pari di altre discipline digitali quali la fatturazione elettronica.

Product Lifecycle Management: concetto di PLM e la sua importanza fondamentale

Il Product Lifecycle Management rappresenta un concetto e una metodologia di fondamentale importanza per la crescita e l’ottimizzazione dei processi aziendali. Le organizzazioni moderne sono chiamate a gestire il ciclo di vita del prodotto in maniera strategica e integrata, al fine di rispondere in modo efficace ed efficiente alle pressanti sfide del mercato globale in continua evoluzione.

Il Product Lifecycle Management consente di digitalizzare e guidare in modo coordinato tutte le fasi di sviluppo del prodotto, dalla concezione iniziale al fine vita, attraverso l’utilizzo di piattaforme software dedicate. I team multidisciplinari coinvolti possono così collaborare e condividere dati e informazioni in tempo reale, qualunque sia la loro collocazione geografica. L’approccio integrato offerto permette di monitorare e tracciare il ciclo di vita del prodotto in una prospettiva strategica end-to-end, capitalizzando ogni attività e operazione.

Grazie alla modellazione e rappresentazione digitale del prodotto, il Product Lifecycle Management abilita processi decisionali sempre più efficaci, accelerando al contempo lo sviluppo e le attività di engineering. I costi diminuiscono, mentre i tempi di commercializzazione si riducono. La gestione risulta più funzionale, operativa e sostenibile, valorizzando al massimo investimenti aziendali. Il prodotto finale ne trae beneficio in termini di qualità, conformità e capacità di soddisfare al meglio le richieste del cliente.

L’obiettivo ultimo è sempre quello di potenziare l’innovazione e l’evoluzione dei processi aziendali tramite l’implementazione delle più moderne soluzioni di Product Lifecycle Management, al fine di rendere l’impresa maggiormente competitiva sul mercato.

Product Lifecycle Management

Lifecycle management: Il ruolo della consulenza nell’implementazione del PLM

Il ruolo della consulenza è determinante per una corretta implementazione delle metodologie di Product Lifecycle Management all’interno delle aziende.

La transizione verso un modello integrato di gestione del ciclo di vita del prodotto si configura come una sfida articolata che richiede una pianificazione attenta. È necessario definire nel dettaglio obiettivi, impatti organizzativi e requisiti tecnologici dell’intervento.

Diventa quindi indispensabile il supporto di realtà specialistiche in grado di affiancare le imprese lungo tutte le fasi del progetto: dall’analisi dell’attuale sistema di lavoro sino all’effettiva introduzione delle nuove soluzioni. Un ruolo chiave è svolto dalla consulenza nella fase iniziale, quando è essenziale comprendere appieno le peculiarità e le potenzialità del modello di Product Lifecycle Management. Solo un’approfondita analisi organizzativa consente infatti di tradurre correttamente gli obiettivi generali in requisiti funzionali specifici.

Parimenti cruciale è il supporto fornito nell’integrazione dei sistemi, per garantire l’interoperabilità delle nuove soluzioni con l’infrastruttura IT esistente. Altrettanto importante è il ruolo nella formazione del personale e nell’assistenza post-implementazione, utili ad accompagnare progressivamente l’azienda nello sfruttamento di tutte le funzionalità del nuovo modello.

Grazie a un approccio consulenziale globale e di lungo periodo è possibile ottimizzare i benefici derivanti dall’introduzione delle moderne metodologie di Product Lifecycle Management e supportare efficacemente i processi di digitalizzazione aziendale.

Budgeting: un concetto fondamentale per ogni impresa

Il budgeting riveste un ruolo strategico anche per le aziende tenute all’emissione di fatture elettroniche. Grazie a tale tecnica di pianificazione e controllo, è possibile programmare con accuratezza i flussi finanziari connessi alla gestione della fatturazione.

La corretta comprensione delle diverse fasi operative del budgeting risulta fondamentale per sviluppare previsioni affidabili in merito ai ricavi attesi, ai costi da sostenere per l’emissione e la trasmissione delle fatture elettroniche, nonché per la gestione dei relativi flussi di cassa in entrata.

Infatti, effettuare stime ragionevoli dei tempi e degli importi delle fatture da emettere, considerando anche eventuali ritardi nei pagamenti, risulta decisivo al fine di programmare con precisione le scadenze finanziarie aziendali.

Essendo il budgeting strutturato in varie fasi quali la raccolta dei dati, l’elaborazione delle stime e il monitoraggio periodico dei risultati, esso permette di ricavare previsioni affidabili sull’andamento della fatturazione attiva e passiva, nonché sui relativi impatti in termini di workload, costi e tempistiche di incasso. Il possesso di competenze specifiche in budgeting risulta quindi essenziale per le aziende, al fine di organizzare e gestire con efficacia i processi connessi all’emissione e alla gestione del ciclo attivo e passivo delle fatture elettroniche.

 

Budgeting significato e importanza per le aziende

Il budgeting riveste un ruolo di fondamentale importanza per una corretta gestione aziendale e per il successo del fare impresa. Attraverso tale pratica, le aziende sono in grado di pianificare nel medio-lungo periodo i propri flussi finanziari, allocando nel modo più efficiente le risorse a disposizione.

Come riportato nel testo, l’accesso al credito bancario costituisce una risorsa preziosa per aziende di grandi e piccole dimensioni, in quanto permette di scongiurare potenziali crisi di liquidità. Tuttavia, per richiedere un finanziamento in banca è necessario dimostrare di possedere un’ottica proiettata al futuro, elaborando differenti scenari possibili sulle capacità dell’impresa di generare reddito e flussi di cassa. A tal fine, risulta fondamentale saper prevedere l’evoluzione aziendale nel medio-lungo periodo e dimostrare la propria capacità di ripagare i debiti contratti.

Il budgeting consente proprio di cogliere tali obiettivi. Attraverso la proiezione di ricavi, costi, investimenti e relativi fabbisogni finanziari, le imprese sono in grado di determinare con largo anticipo l’eventuale necessità di ricorrere a fondi esterni. Ciò permette di elaborare proposte coerenti per il sistema bancario, aumentando la probabilità di ottenere condizioni favorevoli. Risulta particolarmente importante per aziende a rischio di carenza di liquidità nella gestione ordinaria. Grazie al budget preventivo di cassa è possibile prendere decisioni consapevoli su come impiegare le risorse o richiedere tempestivamente finanziamenti.

Il budgeting costituisce quindi uno strumento indispensabile per il fare impresa in contesti sempre più complessi e dinamici, consentendo flessibilità nel processo decisionale. Permette infatti di allocare in modo ottimale le risorse aziendali e compiere scelte consapevoli circa una loro eventuale redistribuzione. Risulta tuttavia necessario disporre di adeguati sistemi informativi, da cui trarre le informazioni contabili e strategiche alla base della costruzione del budget. Grazie ai recenti sviluppi dell’intelligenza artificiale, la pianificazione e analisi finanziaria consente oggi di ricavare previsioni ancora più accurate, affinate dall’interpretazione sistematica della grande mole di dati prodotta dalle imprese. Questi strumenti risultano essere la chiave del futuro del fare impresa in termini di sviluppo e rafforzamento della propria presenza nel mercato di riferimento.

Budgeting

Budgeting: presupposti, fasi operative e utilizzo della tecnologia

Il budgeting è una tecnica di pianificazione e controllo fondamentale per le imprese, in quanto consente di programmare le attività future sulla base di ipotesi ragionevoli.

La corretta elaborazione di scenari economico-finanziari sul medio-lungo periodo risulta essere un presupposto indispensabile per accedere al credito bancario, mitigando così i rischi di crisi di liquidità. Le linee guida dell’EBA sottolineano proprio l’importanza per le aziende di avere un’ottica proiettata sul futuro.

Il budgeting si sviluppa attraverso diverse fasi. In primis, è necessario che i professionisti incaricati dispongano di adeguate informazioni contabili e strategiche, da raccogliere attraverso un flusso strutturato di dati lungo la gerarchia aziendale. Un punto di partenza è costituito dall’analisi dei ricavi, cui segue l’interpretazione dettagliata delle voci contabili che descrivono la vita aziendale.

Una volta raccolte le informazioni, si procede con l’elaborazione di previsioni economiche, patrimoniali e finanziarie riguardanti i ricavi, i costi, gli investimenti e i relativi fabbisogni di capitale. Questo consente di determinare con anticipo l’eventuale necessità di ricorrere al credito esterno, formulando proposte coerenti per diminuire il rischio d’impresa.

Il monitoraggio sistematico del budget e l’identificazione tempestiva di scostamenti rispetto agli obiettivi sono essenziali al fine di garantire flessibilità e reattività del processo. A tal fine, risulta fondamentale dotarsi di idonei strumenti informatici, come software gestionali che agevolino l’interpretazione e l’organizzazione dei dati aziendali in ottica preventiva.

 

Innovazioni come l’intelligenza artificiale stanno ulteriormente potenziando le capacità di budgeting, attraverso l’uso di sistemi di pianificazione e analisi finanziaria in grado di fornire previsioni sempre più accurate, valutando anche diversi scenari di rischio d’impresa e supportando così le decisioni direzionali finalizzate allo sviluppo aziendale.

Novità AdE: fattura estero, versione 1.9

La digitalizzazione dei processi amministrativi continua a essere un punto focale per le autorità fiscali e per le imprese che cercano di adattarsi alle nuove normative. Infatti dopo le nuova versione 1.8 della fatturazione elettronica, che trovate spiegata nell’articolo Fatturazione elettronica 2024, l’Agenzia delle Entrate in solo un mese ha già rilasciato la versione 1.9

Nella Guida in versione 1.9 sulla compilazione della fatturazione elettronica rilasciata il 13 marzo e dell’esterometro il 5 marzo, l’Agenzia delle Entrate ha introdotto una serie di novità che impattano direttamente su come le aziende gestiscono le loro pratiche di fatturazione.

Fattura estero: le principali novità della versione 1.9

Uno degli aspetti chiave evidenziati nella guida è l’indicazione della modalità di rettifica delle comunicazioni trasmesse attraverso il Sistema di Interscambio (SdI) per le diverse tipologie di documento. I tipi di documento interessati includono TD16, TD17, TD18, TD19, TD20, TD21, TD22, TD23, TD26 e TD28.

Tali indicazioni vanno a descrivere come gestire il caso di una autofattura emessa con errori oppure il caso in cui riceviamo una nota di credito da un fornitore estero e dobbiamo quindi stornare parzialmente o totalmente una autofattura e, più in generale, come ci dobbiamo comportare quando è richiesta l’emissione di una nota di credito.

Cosa comportano le novità?

Registrazione di una nota di credito estera

Nel caso in cui dovessimo ricevere da un fornitore estero una nota di credito per la quale abbiamo emesso regolare autofattura, viene richiesta l’emissione di una nuova autofattura della medesima tipologia ma con importi negativi, parliamo delle autofatture con i codici da TD16 a TD19, per cui non può essere utilizzata la classica nota di credito di tipologia TD04.

Registrazione di una rettifica

La stessa identica modalità deve essere utilizzata anche quando dobbiamo rettificare in diminuzione un documento di tipo TD20, TD21, TD22, TD23, TD26 e TD28. Anche in questo caso non può essere utilizzata una normale TD04, ma la stessa tipologia di documento che dobbiamo rettificare ma con segno meno

Campi aggiuntivi richiesti per le rettifiche

In tali casistiche, esattamente come deve essere fatto anche per le normali note di credito (TD04), nel documento emesso per rettificare un precedente documento, dovrà indicare nel campo 2.1.6 <DatiFattureCollegate> gli estremi del documento da rettificare, quando disponibile.

Interazione con il Sistema di Interscambio (SDI)

Le nuove normative specificano quali documenti sono ammessi per trasmettere le rettifiche tramite SDI evidenziate prima e sono: TD16, TD17, TD18, TD19 (per le fatture estere), TD20, TD21, TD22, TD23, TD26, TD28 (per le restanti tipologie). Questi, quando utilizzati per le correzioni, vengono considerati ai fini IVA come note di variazione, semplificando in questo modo la procedura di rettifica.

Le novità per le imprese agricole

La guida, inoltre, fornisce indicazioni specifiche per la compilazione della sezione “AltriDatiGestionali” da parte delle imprese agricole in regime speciale. Questo è un chiaro segnale dell’impegno dell’Agenzia delle Entrate nel garantire che le disposizioni normative siano adattate alle esigenze specifiche di settori particolari, come quello agricolo.

Campi aggiuntivi richiesti per le imprese agricole

Nella sezione “AltriDatiGestionali” della fattura il soggetto IVA ha la possibilità di inserire dettagli specifici sull’operazione commerciale.

Seguendo le istruzioni dettagliate fornite nella guida aggiornata, compilare questa sezione con accuratezza permette di rendere più precise le bozze preliminari della liquidazione dell’IVA e delle dichiarazioni IVA, contribuendo a un processo più fluido e senza errori nella gestione fiscale.

Al fine di agevolare la liquidazione dell’IVA, il produttore agricolo può indicare nella fattura

elettronica i dati utili per identificare e soprattutto distinguere le suddette operazioni attive non rientranti nel regime speciale:

  • Nel caso di cessioni prodotti agricoli diversi da quelli compresi nella Tabella A, parte prima, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, il cedente potrà valorizzare il blocco <AltriDatiGestionali> nel modo seguente: campo 2.2.1.16.1 <TipoDato> con la stringa “NO-COMP”.
  • Nel caso, invece, la fattura emessa sia riferita a operazioni occasionali rientranti nel regime di cui all’articolo 34-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, il C/P potrà valorizzare il blocco <AltriDatiGestionali> nel modo seguente: campo 2.2.1.16.1 <TipoDato> con la stringa “OCC34BIS”.

È fondamentale sottolineare l’importanza di seguire attentamente i suggerimenti forniti nella guida per la compilazione dei diversi tipi di documento. Ciò non solo assicura la conformità alle normative fiscali vigenti, ma contribuisce anche all’ottimizzazione dei processi di fatturazione, riducendo al minimo il rischio di errori e ritardi.

Lo scarico massivo di documenti

Un’altra importante aggiunta riguarda le istruzioni e le specifiche tecniche per i servizi massivi di trasmissione e scarico dei file. Infatti ora è possibile richiedere lo scarico massivo di fatture e corrispettivi per più partite IVA con una sola richiesta, dei registri IVA non protocollati mensilmente e delle bozze dei prospetti riepilogativi IVA mensili o trimestrali. Questi aggiornamenti riflettono l’impegno continuo nel migliorare l’efficienza e l’accessibilità dei servizi di fatturazione elettronica come FatturaPRO.click, che potranno così fornire servizi sempre più automatizzati.

Come può aiutarti FatturaPRO.click

Come stiamo già facendo per le normali note di credito (la famosa TD04) quando clicchi sul pulsante “Emetti Nota di Credito“, dove numeriamo automaticamente il documento e compiliamo sia la causale, sia la sezione “Documenti Correlati“ con i dati relativi alla fattura che stai annullando o rettificando, così stiamo facendo anche per l’emissione delle autofatture relative alle note di credito dei fornitori esteri e per l’emissione dei documenti di rettifica.

In questo modo, oltre a risparmiare tempo nella compilazione di quanto richiesto dall’attuale normativa, sarai certo di non aver omesso nulla.

Small business: definizione del modello e guida pratica

Gli small business rappresentano sempre più una componente importante nel panorama economico globale. Secondo gli ultimi dati rilasciati dall’OCSE, il numero di imprese che possono essere classificate come small business, vale a dire con un numero di dipendenti inferiori a 50 unità, è in costante crescita negli ultimi dieci anni in tutti i paesi membri. In particolare, in Italia si stima che le imprese cosiddette small business corrispondano a circa il 95% del tessuto imprenditoriale nazionale e diano lavoro a oltre il 65% degli addetti del settore privato.

Questa tendenza è confermata anche dagli Stati Uniti, paese dove tradizionalmente il modello dello small business ha da sempre rivestito un ruolo primario nella dinamica economica. Secondo gli ultimi dati pubblicati dallo U.S. Small Business Administration Office of Advocacy, nel 2021 le piccole e medie imprese con meno di 500 dipendenti rappresentavano circa il 99,9% di tutte le imprese statunitensi, e nello stesso anno impiegavano 47,1% della forza lavoro privata.

Il modello dello small business risulta inoltre determinante anche a livello di contributo al prodotto interno lordo: in Germania, ad esempio, le piccole e medie imprese contribuiscono per circa il 50% al PIL nazionale secondo quanto riportato dal KfW Bankengruppe.

In sintesi, l’analisi comparata di dati certi e ufficiali raccolti da istituzioni come l’OCSE e l’Eurostat dimostra come gli small business rappresentino ormai un fattore imprescindibile per le economie dei principali paesi sviluppati in termini di occupazione, tessuto sociale e contributo alla ricchezza nazionale.

Small business: Cos’è uno small e quali caratteristiche lo contraddistinguono

Con la locuzione small business, in italiano tradotta come “piccola impresa”, ci si riferisce a un particolare modello imprenditoriale caratterizzato da dimensioni organizzative contenute e da specifiche modalità di gestione.

La categoria degli small business include tutte quelle realtà aziendali che impiegano un numero esiguo di dipendenti, solitamente non superiore a 10 unità, e che presentano un fatturato medio-basso se parametrato a quello delle grandi imprese. Caratteristica distintiva è proprio la dimensione snella della compagine societaria, composta tipicamente dai soci fondatori o da un pool ristretto di collaboratori. Ciò consente flessibilità decisionale e rapidità di esecuzione nelle scelte manageriali.

Gli small business sono diffusi in molti settori, dal commercio ai servizi, e giocano un ruolo determinante nell’economia locale grazie alla capacità di creare nuovi posti di lavoro. Rispetto alle grandi aziende presentano alcuni svantaggi, come minori economie di scala, tuttavia sfruttano al meglio la fatturazione elettronica e le potenzialità del digitale per massimizzare efficienza ed essere competitivi anche a livello sovralocale.

Small business

Come avviare uno small business: Tutorial per avviare con successo uno small business

Avviare con successo uno small business richiede l’adozione di una metodologia strutturata. Ecco i principali step da seguire per impostare correttamente il modello di business:

  1. Analisi di mercato: ricercare le opportunità analizzando i trend di domanda e i possibili canali di vendita/erogazione del servizio. Ciò consente di validare l’idea imprenditoriale.
  2. Piano strategico e operativo: definire obiettivi, strategie commerciali e relative azioni. Necessario prevedere una scalabilità del modello per consentire la crescita progressiva del fatturato.
  3. Studio economico-finanziario: preventivare con accuratezza i costi e i ricavi, programmando le fonti di finanziamento iniziali. Importante dimostrare la sostenibilità del business plan.
  4. Scelta della forma giuridica: valutare se operare come ditta individuale o società (SRL, SRLS) considerando la normativa fiscale e contabile di riferimento.
  5. Gestione fatturazione elettronica: affrontare gli aspetti amministrativi e la corretta emissione/ricezione delle fatture digitali al fine di assolvere agli obblighi di legge.
  6. Marketing e promozione: definire le strategie di promozione e le tecniche pubblicitarie più idonee in base al target, anche attraverso l’uso dei social media.

Applicando con metodo queste linee guida è possibile intraprendere l’attività di small business in modo strutturato e avere maggiori chance di successo nel medio-lungo periodo. Un business pianificato e gestito in maniera oculata riuscirà ad affrontare meglio le inevitabili difficoltà imprenditoriali, adattandosi con flessibilità ai cambiamenti di mercato. Inoltre, grazie a una visione di lungo termine e a obiettivi chiari e misurabili sarà più facile raggiungere la sostenibilità economica ed espandere progressivamente il proprio business.

Negozi in franchising: caratteristiche del modello e procedura per l’avvio di un punto vendita

Il modello del negozio in franchising si è sviluppato notevolmente negli ultimi anni, diventando una delle soluzioni imprenditoriali più utilizzate per l’apertura di nuovi punti vendita.

I vantaggi che possono derivare dall’affiliazione a na catena già affermata, come l’utilizzo di un marchio noto e collaudate metodologie operative fornite dal franchisor, rendono questa tipologia di business relativamente semplice da avviare, soprattutto per soggetti a corto di esperienza.

Tuttavia, anche i negozi in franchising espongono l’affiliato a rischi intrinseci di natura imprenditoriale, come la necessità di effettuare investimenti iniziali, il rischio di eccessiva concorrenza interna al circuito, eventuali imprevisti di gestione come il mancato raggiungimento dei target di fatturato annuale prefissati. Diventa pertanto essenziale che il futuro franchise valuti tutti gli aspetti connessi all’attività con attenzione, preventivamente all’apertura, attraverso un’attenta analisi economico-finanziaria dell’opportunità.

Negozi in franchising: cosa è il e quali tipologie esistono

Con il termine franchising commerciale ci si riferisce a un particolare modello imprenditoriale che prevede la duplicazione di un format distributivo di successo attraverso l’affiliazione di terzi imprenditori.

Nei negozi in franchising, il franchisor (titolare del format) concede in licenza d’uso il know how aziendale e i segni distintivi ad un franchisee, il quale accetta di gestire un punto vendita secondo le linee guida e gli standard qualitativi imposti.

Inoltre, concede al master franchisee (titolare di un territory) il diritto di affiliarsi ulteriori punti vendita secondo gli stessi standard, assumendo però una responsabilità aggregata. Si tratta quindi della versione più articolata, che consente al franchisee una maggiore autonomia operativa pur nel rispetto delle linee guida del franchisor.

Indipendentemente dalla formula, il franchising rappresenta un sistema efficace che coniuga imprenditorialità individuale e forza di un brand affermato, potendo contare sull’esperienza maturata dal franchisor grazie alla fatturazione elettronica.

Negozi in franchising 

Aprire un negozio in franchising: vantaggi, obblighi e procedura

L’opzione di aprire un negozio in franchising presenta numerosi vantaggi per chi intende avviare un’attività commerciale sfruttando un brand affermato. Partendo da una solida base formativa fornita dal franchisor, il franchisee usufruisce di un bacino d’utenza preesistente e di materiali promozionali già rodati, potendo dedicarsi principalmente alla gestione del punto vendita.

Non mancano tuttavia degli obblighi, quali il rispetto delle linee guida operative e dell’immagine coordinata del network, nonché il pagamento di canoni d’ingresso e di utilizzo del marchio. Inoltre, deve assolvere agli obblighi contabili e di reporting periodico nei confronti del franchisor, rapportando i dati gestionali e il fatturato dell’attività. Deve altresì rispettare le politiche commerciali dettate dal franchisante, come i prezzi di vendita imposti o le modalità promozionali concordate a livello di rete.

L’iter di ingresso nel circuito prevede la consultazione della documentazione informativa resa obbligatoria dalle norme sul commercio elettronico, la sottoscrizione del contratto di affiliazione e il superamento di un corso di formazione sul format. Valutati i reciproci impegni, solo all’esito positivo di queste tappe si potrà procedere all’apertura vera e propria del punto vendita convenzionato.