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Fatturazione elettronica Europa: quante e quali differenze esistono e come superarle

La normativa in materia di fatturazione elettronica presenta differenze significative a seconda del paese europeo preso in esame. Nonostante ciò, è possibile rilevare alcuni tratti comuni che accomunano le legislazioni nazionali.

Considerando la Fatturazione elettronica Europa nel suo complesso, salta subito all’occhio l’assenza di regole armonizzate a livello continentale. Ciascuno Stato membro ha adottato proprie disposizioni in merito alle modalità di emissione e conservazione del documento fiscale in formato elettronico. Le scelte compiute sono state eterogenee, sia in termini di ambito di applicazione che di tempistiche di entrata in vigore degli obblighi.

Tuttavia, al di là delle divergenze, permangono alcuni tratti affini. In linea generale, la direttiva europea riconosce la fatturazione elettronica come opzione a disposizione delle parti in causa. Inoltre, tutti i paesi hanno reso obbligatorio l’utilizzo dell’e-fattura per le transazioni Business to Government. Infine, la gran parte delle legislature nazionali prevede funzionalità quali conservazione sostitutiva della fattura, possibilità di invio tramite SDI e formati standard come XML e PDF.

Pertanto, pur persistendo cospicue differenze, sussistono altresì elementi ricorrenti che denotano un incipiente processo di progressiva armonizzazione della fatturazione elettronica in Europa.

Fatturazione elettronica Europa: Le principali differenze nei diversi Paesi europei

La situazione della fatturazione elettronica nei diversi stati membri dell’Unione Europea presenta differenze normative rilevanti. In generale, la legislazione europea in termini di fatturazione elettronica doveva essere considerata un’opzione a disposizione di emittenti e riceventi, mentre l’unico obbligo riguardava gli appalti pubblici, per i quali tutti i paesi dovevano adeguarsi entro il 27 novembre 2018. Dopodiché ogni stato ha deciso diverse date per l’adeguamento totale della tecnologia.

Alcuni stati non hanno introdotto alcuna regolamentazione specifica in merito alla fatturazione elettronica. La maggior parte ha invece scelto di rendere obbligatoria tale modalità di emissione e trasmissione delle fatture nei rapporti Business to Government (B2G). Tra questi ultimi figura l’Italia, che per prima dal 6 giugno 2014 ha reso obbligatoria la fatturazione elettronica anche al di fuori del perimetro B2G.

Numerosi altri stati stanno anticipando e ampliando l’ambito di applicazione degli obblighi, grazie alle moderne tecnologie digitali che consentono una più tempestiva verifica e accertamento delle frodi IVA. Non sembra azzardato ipotizzare, dunque, che molti paesi europei si orienteranno progressivamente verso sistemi obbligatori di fatturazione elettronica implementabili attraverso autorizzazioni in deroga. In questo contesto la Fatturazione elettronica Europa rappresenta un tema centrale nel percorso di armonizzazione fiscale dell’Unione.

Fatturazione elettronica Europa

Fattura elettronica Europa: come deve essere gestita dalle aziende che operano in più Paesi europei

La gestione della fatturazione elettronica da parte di aziende operanti in più Paesi europei presenta diverse criticità legate alle differenze normative tra gli Stati membri.

Sebbene la legislazione europea preveda il 2024 come data di generale adeguamento agli standard comunitari in materia di fatturazione elettronica 2024, le disposizioni adottate singolarmente creano un mosaico normativo eterogeneo. Alcune nazioni hanno già introdotto obblighi in tal senso, prevedendo scadenze più ravvicinate, mentre altre non hanno fissato regole stringenti.

Le imprese multinazionali si trovano di fronte a una complessità di adempimenti dovuti all’operare in Stati dalle normative non armonizzate. Debbono infatti garantire l’emissione e la ricezione di fatture elettroniche conformi alle leggi vigenti paese per paese, considerando tempistiche e modalità differenziate.

Per rispondere a queste esigenze, risulta necessario un sistema centralizzato di gestione della Fatturazione elettronica Europa in grado di interfacciarsi con i molteplici canali disposti a livello nazionale. Una piattaforma in cloud consente di inviare e ricevere e-fatture secondo i requisiti di ciascuna giurisdizione, semplificando un adempimento che altrimenti rischierebbe di risultare eccessivamente oneroso a causa della segmentazione normativa. Sarà compito dell’Unione Europea, entro il 2024, giungere ad una normativa unitaria che superi le attuali disomogeneità, a beneficio di imprese e operatori economici.

Inversione contabile articolo 194: disciplina, operazioni coinvolte ed effetti sulla fatturazione

L’inversione contabile articolo 194 costituisce un meccanismo del sistema IVA italiano che, sebbene ormai consolidato, non è ancora pienamente chiaro a tutti gli operatori economici.

L’inversione contabile si applica a specifiche cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate tra soggetti passivi IVA stabiliti nel territorio dello Stato. In questi casi, l’imposta viene assolta tramite il cosiddetto “reverse charge“, con l’acquirente che diviene sostituto d’imposta in luogo del cedente o prestatore.

Questo meccanismo di inversione contabile articolo 194, che comporta la mancata esposizione dell’IVA in fattura da parte del cedente e il riversamento dell’imposta da parte dell’acquirente, risulta piuttosto complesso rispetto allo schema tradizionale di fatturazione.

Risulta quindi fondamentale una profonda conoscenza delle regole da applicare correttamente nei casi di inversione contabile, soprattutto per quegli operatori IVA che emettono regolarmente fatture elettroniche sia sul mercato interno che verso l’estero. Solo attraverso una piena consapevolezza delle modalità del reverse charge sarà infatti possibile adempiere agli obblighi contabili e di versamento dell’IVA in modo conforme alle disposizioni normative.

Risulta pertanto necessario un costante aggiornamento professionale in materia di inversione contabile articolo 194, al fine di attuarla correttamente in fase di fatturazione elettronica.

Inversione contabile articolo 194: cos’è e quali sono le operazioni coinvolte

L’inversione contabile articolo 194, comunemente nota come reverse charge, è un meccanismo speciale di versamento dell’IVA che coinvolge particolari operazioni tramite fatturazione elettronica.

In base a questo articolo del DPR 633/1972, per talune cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate tra soggetti passivi IVA residenti in Italia, il cliente acquista i beni o i servizi senza l’applicazione dell’imposta da parte del fornitore che, invece, emette una fattura con l’indicazione dell’inversione contabile. Sarà poi l’acquirente a versare l’IVA dovuta al fisco nella liquidazione periodica.

Le operazioni interessate dall’inversione contabile articolo 194 riguardano specificatamente le cessioni di determinati beni, come ad esempio oro e metalli preziosi, prodotti di acciaieria, apparecchiature di telecomunicazioni, PC e simili. Sono inoltre inclusi alcuni servizi come ad esempio quelli di subfornitura, di intermediazione assicurativa e riassicurativa, di consulenza tributaria, di consulenza fiscale, di progettazione e ingegneria, di telecomunicazioni o elettronici.

In considerazione dell’obbligo di fatturazione elettronica nei rapporti business to business (B2B), l’inversione contabile articolo 194 viene indicata nel file XML della fattura emessa dal fornitore, il quale non esporrà l’IVA in fattura. Sarà poi compito dell’acquirente riversare l’imposta dovuta nella propria liquidazione periodica tramite il modello IVA PA.

In questo modo l’inversione contabile articolo 194, combinata con la fatturazione elettronica, assicura l’emissione di fatture regolari ma anche un corretto assolvimento dell’imposta al fisco.

inversione contabile

Inversione contabile – articolo 194 direttiva 2006/112/ec: Obblighi ed effetti in termini di fatturazione ed emissione/ricezione di fatture

L’inversione contabile di cui all’articolo 194 della direttiva 2006/112/CE comporta specifici obblighi in termini di fatturazione ed emissione/ricezione di fatture per le operazioni soggette ad IVA.

Quando si verifica l’inversione contabile articolo 194, il documento fiscale emesso dal cedente non deve indicare l’Imposta sul valore aggiunto, poiché è l’acquirente a divenire debitore dell’IVA. Quest’ultimo dovrà allora ricevere una fattura in cui sia chiaramente menzionata la causale “inversione contabile”.

Il cedente è tenuto a comunicare nella propria contabilità IVA il riferimento al numero e la data di emissione della fattura nonché gli estremi di identificazione del cessionario. L’acquirente, dal canto suo, dovrà emettere una registrazione contabile dell’operazione, riportando l’Imposta sul valore aggiunto come debito verso lo Stato.

In sede di liquidazione periodica dell’IVA, l’acquirente avrà quindi l’obbligo di indicare le operazioni soggette a inversione contabile tra i dati delle acquisizioni passive. In tal modo sarà in grado di detrarre l’Imposta sul valore aggiunto corrisposta e di versare l’importo dovuto all’erario.

Questi specifici obblighi di fatturazione ed emissione/ricezione della documentazione fiscale, derivanti dall’inversione contabile articolo 194, assicurano la corretta applicazione del meccanismo di trasferimento dell’IVA in capo al destinatario della cessione o prestazione.

Delega fatturazione elettronica: definizione e procedura di rilascio

La delega fatturazione elettronica costituisce uno strumento essenziale per molti operatori economici a cui la normativa sulla fatturazione elettronica può risultare complessa, ad esempio per carenza di competenze informatiche o scarsa familiarità con i vincoli del tracciato unico.

Tale delega, infatti, consente a un terzo abilitato di assolvere materialmente gli obblighi di invio e ricezione delle fatture digitali per conto del delegante. Un valido ausilio soprattutto per le piccole realtà produttive.

Diventa però dirimente che tale delega sia rilasciata correttamente, senza errori fattura elettronica formali rispetto alle rigorose procedure fissate dall’Agenzia delle Entrate. Soltanto l’esatta compilazione dei campi identificativi di delegato e delegante e la formale accettazione dell’incarico tramite i servizi telematici ne garantiscono la piena efficacia.

Eventuali errori nella compilazione della delega, come refusi o discordanze nei dati, potrebbero infatti pregiudicarne la validità con il rischio di vanificare gli sforzi del delegante per assolvere adeguatamente gli adempimenti di fatturazione elettronica.

Delega fatturazione elettronica: cos’è

Con delega fatturazione elettronica si intende il meccanismo che consente a un soggetto abilitato, il delegante, di conferire ad altri operatori, il delegante, la possibilità di gestire le attività connesse alla fatturazione elettronica per suo conto.

La Delega fatturazione elettronica disciplinata dall’Agenzia delle Entrate regola il rapporto tra delegante e delegato mediante apposita convenzione, che vincola quest’ultimo al corretto assolvimento degli obblighi relativi alla fatturazione elettronica nei confronti del Sistema di Interscambio e dell’Amministrazione finanziaria.

Nello specifico, i delegati all’emissione possono provvedere alla predisposizione e trasmissione delle fatture elettroniche per conto dei deleganti, mentre i delegati alla ricezione sono abilitati alla ricezione, archiviazione e gestione sul piano contabile-fiscale delle fatture elettroniche ricevute.

I delegati all’emissione possono assistere il delegante in tutte le fasi dell’iter di trasmissione delle fatture elettroniche attive. Ciò significa che potranno occuparsi della generazione del file in formato XML con i dati fiscali estratti dal gestionale, dell’apposizione della firma digitale/marca temporale qualificata nonché dell’invio al Sistema di Interscambio nei termini di legge.

Per quanto concerne i delegati alla ricezione, essi potranno ricevere e scaricare dal SdI le fatture elettroniche passive del delegante. Dovranno quindi provvedere alla loro archiviazione elettronica in modulo sicuro e alla successiva registrazione in contabilità, allegando i documenti ricevuti digitalmente ai relativi provvedimenti contabili. Si occuperanno altresì di eventuali comunicazioni per lo scarto dei file. La delega interessa dunque tutte le operazioni propedeutiche e consecutive alla fatturazione elettronica di competenza del delegante. Tale strumento risulta utile per semplificare gli adempimenti connessi alla fatturazione elettronica.

 

Delega fatturazione elettronica

Delega fattura elettronica: Procedure e modalità per il rilascio della delega

La delega fatturazione elettronica viene conferita mediante un apparato normativo che ne disciplina i requisiti di validità. Il soggetto delegante, in primis, deve accedere al proprio Cassetto fiscale o utilizzare i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate per generare una richiesta di delega indicando il tipo (emissione/ricezione) e i dati identificativi del delegato.

Parallelamente, il futuro delegato deve essere in possesso delle credenziali di accesso ai servizi telematici dell’Agenzia per poter ricevere ed accettare la richiesta di conferimento dell’incarico. Accettata la delega, essa diviene operativa a seguito di registrazione da parte dell’Amministrazione finanziaria.

La delega deve essere adeguatamente circostanziata attraverso un modulo che vincola entrambe le parti, con indicazione del periodo di vigenza e della tipologia di atti gestibili. Decorso tale termine, essa può essere rinnovata. È essenziale che il delegato sia identificabile con certezza attraverso i sistemi telematici per consentire la formale attribuzione delle specifiche abilitazioni. In particolare, sarà necessario che lo stesso inserisca nella delega i codici di accesso ai servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate, come le credenziali Fisconline o Entratel. Solo attraverso tali codici identificativi sarà possibile per l’Amministrazione finanziaria riconoscere in via definitiva il delegato e abilitarlo operativamente alla trasmissione e ricezione delle fatture elettroniche per conto del delegante.

Fatturare in Italia con partita iva estera: guida agli adempimenti nel Bel Paese

La necessaria conoscenza del regime IVA italiano per i soggetti esteri che fatturano nel nostro Paese L’operatività transfrontaliera che prevede l’emissione di fatture in Italia da parte di soggetti non residenti titolari di partita IVA estera necessita di un’approfondita conoscenza del quadro normativo IVA nazionale.

Fatturare in Italia con partita IVA estera, infatti, comporta precisi obblighi dichiarativi e adempimenti contabili cui adeguarsi. La disciplina prevede complessi formati da rispettare per le fatture elettroniche emesse, scadenze cadenzate per gli invii al Sistema di Interscambio nonché termini per la presentazione della dichiarazione annuale.

La non conoscenza anche di un solo aspetto di tale articolata normativa potrebbe facilmente determinare errori sanzionabili, come l’omessa o tardiva trasmissione di fatture, la non corretta compilazione dei file XML o irregolarità nel versamento delle imposte dovute. Le conseguenze possono essere pesanti ammende, talvolta nell’ordine di diverse migliaia di euro. Diviene quindi imprescindibile per i soggetti esteri acquisire piena consapevolezza delle discipline IVA italiane, al fine di scongiurare inutili rischi di inadempienza.

Fatturare in Italia con partita iva estera: requisiti e adempimenti relativi

I soggetti non residenti che intendono emettere fatture per le cessioni di beni o prestazioni di servizi rese nel territorio italiano devono rispettare specifici requisiti.

In primis, è necessario identificarsi ad IVA in Italia tramite l’attribuzione di un codice identificativo da parte dell’Agenzia delle Entrate. Successivamente, per ogni operazione attiva soggetta a fatturazione elettronica, è d’obbligo utilizzare tale codice ai fini della compilazione del file XML.

Ulteriori vincoli riguardano la trasmissione delle fatture emesse mediante il Sistema di Interscambio, nonché il rispetto delle scadenze per l’assolvimento degli obblighi IVA, quali la liquidazione trimestrale dell’imposta. È altresì necessario conservare tutta la documentazione contabile e fiscale relativa alle operazioni effettuate, per eventuali controlli da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Il mancato adempimento di tali requisiti e obblighi comporta l’applicazione di sanzioni. Pertanto, i soggetti extra-UE che fatturano in Italia devono porre massima cura nella gestione dell’IVA al fine di scongiurare errori fattura elettronica.

Fattura estera con partita IVA italiana: Regime IVA e obblighi dichiarativi

I soggetti residenti all’estero che intendono emettere fatture in Italia tramite una partita IVA nostrana sono assoggettati al regime IVA italiano solo per le cessioni di beni e prestazioni di servizi rese nel territorio nazionale.

In particolare, è previsto che tali soggetti:

  • Emettano fatture elettroniche secondo il tracciato previsto ai fini della fatturazione elettronica;
  • Trasmettano periodicamente al Sistema di Interscambio le fatture emesse;
  • Presentino la dichiarazione IVA relativa alle operazioni attive nel nostro Paese con cadenza annuale, utilizzando il modello IVA 70;
  • Versino l’imposta dovuta mediante modello F24;
  • Conservino la documentazione a supporto delle operazioni intrattenute.

È fondamentale che i soggetti esteri con partita IVA in Italia conoscano appieno gli obblighi contabili a cui sono assoggettati, affinché non incorrano in condotte sanzionabili in materia di fatturazione elettronica e dichiarazione IVA.

La normativa in materia di fatturazione elettronica e di adempimenti IVA per i soggetti non residenti con partita IVA in Italia prevede obblighi molto specifici, la cui non conoscenza o il cui mancato rispetto possono comportare l’irrogazione di pesanti sanzioni. I soggetti esteri devono quindi acquisire piena consapevolezza circa i corretti formati dei file XML da trasmettere tramite SdI, le scadenze per la periodicità degli invii e quelle dichiarative. Particolare attenzione va posta alla compilazione dei campi identificativi dell’emittente/ricevente e del codice destinazione d’uso.

Eventuali irregolarità formali nelle fatture emesse/ricevute, errori nella presentazione del modello IVA 70 o nel versamento delle imposte possono comportare l’applicazione di ammende che, ai sensi di legge, variano fra il 90% e il 180% dell’importo non versato. Risulta quindi imprescindibile per i soggetti extra-UE adeguarsi pienamente ai complessi adempimenti contabili italiani al fine di evitare il rischio di sanzioni.

Fattura ricevuta da soggetto identificato in Italia ma non residente: adempimenti e implicazioni fiscali

La fattura ricevuta da soggetto identificato in Italia ma non residente riveste un particolare grado di criticità nell’ambito della Fatturazione elettronica. Infatti, affinché tale documento sia considerato valido ai fini IVA, occorre che vengano rispettati vincoli specifici di compilazione come il codice TD28 e l’indicazione dell’identificativo IVA italiano.

Qualora tali requisiti non siano soddisfatti, il sitema del Sistema di Interscambio provvederà allo scarto della fattura con conseguente mancata deducibilità dell’IVA.

Di qui l’importanza di porre la massima cura nella registrazione contabile di tali documenti, verificando attentamente i dati obbligatori in essi riportati, per evitare di incorrere in errori che potrebbero ripercuotersi negativamente in sede di dichiarazione IVA, di controllo dell’Agenzia delle Entrate o di determinazione del credito/debito d’imposta.

Anche un banale refuso nell’indicazione dell’identificativo fiscale estero potrebbe rendere non conforme la fattura, con effetti pregiudizievoli sull’operatività dell’impresa. Occorre quindi porre la massima cautela nella ricezione di tali fatture da validare con accuratezza.

Fattura ricevuta da soggetto identificato in Italia ma non residente: i requisiti

Nell’ambito della fatturazione elettronica, la normativa prevede specifiche disposizioni per la gestione contabile delle fatture passive ricevute da soggetti IVA identificati in Italia ma non residenti nel territorio nazionale.

In particolare, il Codice di comportamento per la trasmissione e la ricezione delle fatture elettroniche stabilisce che tali operazioni, per essere considerate valide, devono riportare nel tracciato in formato XML il codice “TD28”.

In aggiunta, la fattura elettronica dovrà contenere obbligatoriamente l’indicazione dell’identificativo IVA del cedente/prestatore non residente rilasciato dall’Agenzia delle Entrate italiana. Tale dato identificativo è comunicato dal soggetto all’Anagrafe tributaria italiana.

Il rispetto di questi due requisiti di codifica dell’operazione (TD28) e di indicazione dell’identificativo IVA consente di considerare regolare, ai fini IVA in Italia, il documento ricevuto in formato elettronico. L’omessa o errata presenza anche di uno soltanto dei campi determina lo scarto della fattura.

Se una fattura elettronica ricevuta da un soggetto identificato in Italia ma non residente non rispetta i requisiti di cui sopra (codifica dell’operazione con TD28 e indicazione dell’identificativo IVA italiano), le conseguenze sono le seguenti:

  1. La fattura è scartata e non può essere registrata contabilmente dal sistema del SdI (Sistema di Interscambio). Pertanto non è deducibile ai fini IVA.
  2. Il vendor riceve una nota di scarto contenente le motivazioni del mancato accoglimento del file XML.
  3. Sarà necessario richiedere al cedente/prestatore l’emissione di una nuova fattura elettronica con i dati corretti.
  4. In mancanza di fattura valida, non è possibile detrarre l’IVA a credito e l’importo diventa una spesa non deducibile fiscalmente.
  5. Possono configurarsi profili di irregolarità IVA, con conseguenti sanzioni, nel caso di registrazione contabile di documenti non validi ai fini fiscali.

Pertanto è fondamentale porre la massima attenzione affinché la fattura elettronica contenga correttamente tutti gli elementi obbligatori richiesti dalla normativa. È quindi necessario porre particolare attenzione al corretto assolvimento di tali obblighi formali nella gestione delle fatture passive da soggetti non residenti ma identificati in Italia.

Fattura ricevuta da soggetto identificato in Italia ma non residente

Soggetto identificato ma non residente in Italia: Regime IVA e obblighi contabili

I soggetti non residenti nel territorio italiano che intrattengono rapporti economici con clienti e fornitori localizzati in Italia possono scegliere di identificarsi ad IVA nel nostro Paese.

In questo caso, l’identificazione comporta l’assoggettamento al regime IVA italiano per le sole cessioni di beni e prestazioni di servizi rese sul territorio nazionale, con obbligo di:

  • Emissione di fatture elettroniche per le operazioni attive, utilizzando il codice identificativo rilasciato dall’Agenzia delle Entrate;
  • Trasmissione al Sistema di Interscambio delle fatture elettroniche ricevute, che dovranno riportare correttamente la posizione IVA del cedente;
  • Liquidazione periodica dell’IVA in Italia per le operazioni passive, utilizzando il modello di pagamento F24.
  • Tenuta della contabilità IVA con evidenza delle singole operazioni.

È quindi essenziale che tali soggetti identificati rispettino scrupolosamente gli obblighi contabili, per evitare possibili errori fattura elettronica o irregolarità sanzionabili.

Fatturazione elettronica 2024: le specifiche tecniche in vigore dal 1° febbraio

Dal 1°febbraio 2024 è importante essere a conoscenza delle novità introdotte per la fatturazione elettronica che entreranno in vigore da tale data. L’Agenzia delle Entrate ha infatti pubblicato le specifiche tecniche per la trasmissione e la ricezione dei file XML delle fatture elettroniche nella nuova versione 1.8, che va a sostituire la precedente 1.7.

Le modifiche apportate, entrando nel dettaglio, riguardano l’introduzione di una nuova codifica facoltativa utile ai produttori agricoli per la gestione automatica dell’IVA, un controllo aggiuntivo per le fatture con dichiarazione d’intento invalidata e alcuni miglioramenti a livello anagrafico e di codifica delle operazioni. È quindi fondamentale che tutti i soggetti emittenti e riceventi fatture elettroniche prendano visione di queste novità, in quanto le regole per la trasmissione e ricezione dei file XML si adegueranno a partire dal 1° febbraio al nuovo tracciato previsto nelle specifiche tecniche 1.8.

I software di fatturazione elettronica dovranno inoltre essere prontamente aggiornati per allinearsi alle nuove disposizioni. Conoscere nel dettaglio queste modifiche introdotte è molto importante per evitare errori ed eventuali scarti delle fatture elettroniche a partire dalla data del 1° febbraio 2024.

Fatturazione elettronica 2024: le principali novità

Con l’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica esteso a tutti i contribuenti in regime forfettario dal 1° gennaio 2024 e l’entrata in vigore, dal 1° febbraio, della versione 1.8 delle Specifiche Tecniche per la trasmissione e la ricezione delle fatture elettroniche tra privati, si prepara un anno denso di cambiamenti per la Fatturazione elettronica in Italia.

Le nuove Specifiche Tecniche, rilasciate il 12 dicembre 2023 dall’Agenzia delle Entrate, introducono importanti novità per supportare al meglio i produttori agricoli in regime speciale IVA nella gestione automatica della liquidazione dell’imposta, nonché per rendere più stringenti i controlli sulle operazioni documentate con dichiarazione d’intento poi invalidata. Viene inoltre integrata la descrizione dell’IdPaese nei Dati Anagrafici del Cedente/Prestatore e aggiornate le indicazioni per l’utilizzo del codice TD28 per le operazioni svolte tra soggetti identificati in Italia ma non stabiliti sul territorio nazionale.

Con l’estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica a tutti i contribuenti minimi e forfettari dal 1° gennaio 2024, si abbandonerà definitivamente la Certificazione Unica a favore della trasmissione telematica delle fatture emesse e ricevute da tali soggetti. Tale novità, unitamente alle specifiche tecniche aggiornate, porterà ad un’ulteriore semplificazione degli adempimenti IVA facendo leva sulle potenzialità della Fatturazione elettronica quale strumento di semplificazione, controllo e tracciabilità delle operazioni effettuate dai soggetti passivi dell’imposta.

Fatturazione elettronica 2024

Fattura elettronica 2024: un approfondimento sull’abbandono della Certificazione Unica

L’estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica ai soggetti minimi e forfettari, prevista a partire dal 1° gennaio 2024, determinerà l’abbandono dello strumento della Certificazione Unica (CU) per la gestione degli adempimenti fiscali di tali contribuenti.

Finora, i forfettari e minimi utilizzavano la CU per la dichiarazione integrativa dei redditi percepiti e delle ritenute operate, nonché per l’assolvimento dei relativi obblighi di versamento. Tale documento verrà meno per effetto del nuovo obbligo di fatturazione elettronica esteso a tali categorie di contribuenti.

La trasmissione e conservazione delle sole fatture emesse e ricevute digitalmente, secondo le Specifiche Tecniche definite dall’Agenzia delle Entrate, permetterà infatti agli stessi soggetti di assolvere integralmente agli obblighi dichiarativi e di versamento dell’IVA. Non sarà più necessario, di conseguenza, ricorrere alla CU che risulterà definitivamente superata per minimi e forfettari, i quali dovranno unicamente occuparsi della corretta fatturazione elettronica delle operazioni effettuate.

Tale novità semplificherà quindi gli adempimenti di tali categorie di contribuenti grazie alla dematerializzazione totale dei processi di fatturazione.

Secondo lavoro online: come avviarlo, quando è necessaria la partita IVA e come gestire la fatturazione elettronica

Oggigiorno avere un secondo lavoro online è senza dubbio più facile e fattibile che in passato. Grazie alla diffusione di Internet e dei social network, alle tante opportunità offerte dal digitale e all’abbattimento di molte barriere geografiche, chi possiede ingegno, motivazione e una adeguata preparazione ha concrete chances di incrementare il proprio reddito lavorando da remoto.

Basta saper individuare una propria nicchia di competenza e sviluppare un’idea vincente, sia essa la creazione di contenuti digitali, l’erogazione di corsi online, il commercio elettronico o altre attività web-based. Con impegno e costanza nel tempo si può costruire progressivamente una clientela sparsa in vari Paesi.

Anche chi ha un lavoro dipendente a tempo pieno può trovare spazi per avviare un business parallelo sfruttando il proprio talento e investendo tempo libero nella formazione. Gli strumenti tecnologici oggi permettono di lavorare da qualsiasi luogo, in autonomia e flessibilità di orario.

Per chi desidera e sa cogliere le potenzialità del lavoro agile e dei canali digitali, avere una seconda occupazione online è certamente realizzabile senza particolari ostacoli.

Secondo lavoro online: le categorie principali e come avviare un’attività in rete

Esistono diverse opportunità per incrementare il proprio reddito attraverso i cosiddetti “secondi lavori online“. Per sapere come guadagnare soldi extra basta usare un po’ di ingegno, ma non solo! Alcuni tra i più diffusi sono:

  1. Content creator: creazione e pubblicazione di contenuti su blog/YouTube legati a un topic specifico. Prevede una preliminare strategia di social media marketing per acquisire followers.
  2. Dropshipping: vendita di prodotti presenti su marketplace tramite l’apertura di un e-commerce gestito da terzi per l’inventario e le spedizioni. Necessita ottimizzazione SEO del sito e campagne promozionali.
  3. Social media manager: gestione di profili aziendali sui principali social network secondo obiettivi prefissati, reportistica e piani editoriali. Richiede competenze relative a Instagram, Facebook, Twitter e relativi strumenti pubblicitari.
  4. Tutoraggio online: erogazione di lezioni one-to-one in videoconferenza su diversi argomenti didattici. Predisposizione di programmi di apprendimento differenziati.

Secondo lavoro online

In ogni caso è buona norma aprire la Partita IVA per attività continuative e redditizie al fine di adempiere a tutti gli obblighi di natura fiscale e previdenziale. Per avviare con successo le attività sopracitate è consigliabile redigere un piano editoriale a supporto della propria presenza sui canali social, per assicurare la produzione e pubblicazione di contenuti in modo strutturato.

Alcune figure professionali emergenti includono il personal shopper digitale, che fornisce suggerimenti e consulenza agli utenti per gli acquisti online, e il content reviewer, ovvero chi produce resoconti e recensioni di prodotti e servizi. Prima di intraprendere queste attività è importante verificare la normativa di riferimento al fine di rispettare tutti gli adempimenti burocratici, amministrativi e fiscali richiesti per legge.

Secondo lavoro da casa: la normativa fiscale per le attività online, partita IVA e fatturazione elettronica

Gli aspetti fiscali assumono particolare rilevanza per le attività da aprire da casa attraverso Internet, in quanto determinano gli adempimenti cui è necessario ottemperare.

In linea generale, è richiesta l’apertura della partita IVA per qualsiasi attività commerciale, artistica o professionale che consenta di produrre proventi, anche se svolta online e prevalentemente da remoto. Non rientrano invece nel regime IVA i semplici hobby occasionali privi di finalità lucrative.

Una volta ottenuto il codice fiscale e la partita IVA tramite il portale dell’Agenzia delle Entrate (sempre consultabili gratuitamente come descritto nel nostro articolo “come trovare una partita IVA“), si deve procedere alla registrazione sul Sistema di Interscambio (SdI), abilitando i servizi di fatturazione elettronica. Quest’ultima prevede l’emissione, la trasmissione e la conservazione in formato XML delle fatture attraverso un software certificato.

Presentando le caratteristiche di accuratezza e tracciabilità dei dati, la fatturazione elettronica è ormai obbligatoria per legge per la generalità dei soggetti IVA al fine di garantire la trasparenza fiscale. È importante che il regime fiscale scelto per le attività online sia compatibile con il carico di lavoro previsto e con i redditi stimati, per evitare di incorrere in sanzioni in sede di dichiarazione dei redditi.

Tra gli adempimenti periodici rientrano anche la liquidazione dell’IVA con modello F24 e la presentazione della dichiarazione dei redditi, operazioni per le quali è possibile avvalersi del supporto di commercialisti ed esperti contabili. Alcune forme giuridiche, come la disciplina del lavoro autonomo occasionale, consentono di fatturare sotto determinate soglie di compenso annuo senza dover aprire la partita IVA, semplificando gli oneri amministrativi.

Errori fattura elettronica: ecco come evitare quelli più comuni

Purtroppo gli errori fattura elettronica rimangono ancora un problema molto diffuso nonostante i miglioramenti introdotti nel tempo. Secondo l’analisi condotta dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili sul portale dell’Agenzia delle Entrate, il tasso di scarto delle fatture elettroniche inviate nel 2021 si attesta al 21,6%, in lieve calo rispetto al 23,3% del 2020 ma ancora molto lontano da uno standard accettabile.

I motivi degli errori sono i più disparati, da refusi nei codici identificativi a omissioni di dati obbligatori, da problemi tecnici relativi a una formattazione dei file errata. Anche l’Osservatorio Fattura Elettronica/e-Fattura B2B ha stimato circa 1 fattura su 5 non supera il controllo di conformità nel 2021, pari a circa 182 milioni di fatture scartate sul totale di 905 milioni inviate in Italia.

Questi numeri dimostrano come, nonostante l’esperienza ormai pluriennale, permangono ancora significative criticità nell’adeguamento agli standards richiesti, con ricadute negative su aziende e PA.

Errori fattura elettronica: mancanza di dati obbligatori e refusi nei codici identificativi

Tra i principali motivi di errore nella emissione di fatture elettroniche rientrano sicuramente la mancanza di dati obbligatori previsti dal tracciato e i refusi nei codici identificativi. La normativa sulla fattura elettronica sbagliata prevede infatti l’obbligo di indicare chiaramente nel documento XML generato una serie di elementi informativi quali partita IVA e codice fiscale di clienti e fornitori, natura, qualità e quantità dei beni ceduti, tipologia di pagamento applicata, eventuali sconti praticati.

Tralasciare anche solo uno di questi campi obbliga il Sistema di Interscambio a scartare la fattura, generando criticità nel processo contabile. Altro motivo frequente di errore sono i refusi accidentali nei codici identificativi, come la partita IVA indicata con un solo numero diverso da quello corretto o l’inserimento di un carattere non valido nel codice CUP.

Errori fattura elettronica

I refusi nei codici identificativi inseriti all’interno della fattura elettronica sono spesso causati da banali distrazioni durante la digitazione da parte dell’operatore.

Tra le cause principali ci sono:

  1. Ripetizione errata di un solo numero/lettera del codice, che altera però la corretta identificazione di anagrafica e operazione;
  2. Scambio involontario della posizione di due caratteri adiacenti durante la battitura;
  3. Mancanza di una verifica incrociata del codice riportato dopo l’inserimento, che causa refusi non intercettati;
  4. Distrazione momentanea dovuta a fattori esterni, come telefonate o rumori ambientali, nel momento della digitazione;
  5. Stanchezza o affaticamento visivo dopo aver inserito molti codici di seguito, specialmente se lunghi/complessi.

L’attenzione umana risulta essere il fattore più vulnerabile, pertanto processi strutturati e tools digitali di supporto sono elementi determinanti per prevenire questo tipo di errore. Anche in questi casi la fattura è scartata e l’utenza deve procedere con una nuova emissione correggendo l’anomalia.

Errori formali fattura elettronica: come prevenirli e correggerli

Per prevenire errori formali nella fattura elettronica che possano portare allo scarto del file da parte del Sistema di Interscambio è fondamentale adottare alcune accortezze. Innanzitutto è possibile effettuare dei controlli preventivi sulla Fattura elettronica scartata mediante i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate, che verificano la correttezza sintattica e semantica del documento in bozza. Eventuali anomalie sono evidenziate e l’impresa può correggerle prima dell’invio definitivo.

Ulteriori verifiche andrebbero condotte sui dati identificativi inseriti, come Partita IVA/Codice Fiscale mittente/destinatario, mediante un riscontro incrociato su banche dati ministeriali.

Qualora nonostante i controlli la fattura sia respinta, è necessario emetterne una nuova correttiva. Ove possibile, è consigliabile inviare una Nota di Variazione, modificando i soli dati errati senza re-emissione del documento originario. Procedure strutturate ed eventuale supporto di software gestionali consentono una drastica riduzione degli errori formali, garantendo la piena operatività del processo di fatturazione elettronica.

Come rifiutare una fattura elettronica

È fondamentale per gli operatori economici che operano con la fatturazione elettronica non solo conoscere le procedure per emettere e conservare correttamente le fatture, ma anche sapere come rifiutare una fattura elettronica. Infatti, mentre l’emissione e la conservazione del documento fiscale sono procedure ormai ordinarie, può capitare di voler notificare il rigetto di una specifica fattura per varie motivazioni, dalla non conformità del file ai dati della fornitura, fino agli errori formali. La premessa è che: “Non  è possibile per un privato (B2b e B2c) rifiutare una fattura elettronica al di fuori del sistema della fatturazione verso la Pubblica amministrazione”. È possibile però far presente al fornitore che la fattura è errata. Vediamo come.

Sapere esattamente come motivare adeguatamente la contestazione e inviare la comunicazione al fornitore è importante per evitare contenziosi con il cedente. Allo stesso modo è altrettanto rilevante ricevere correttamente una notifica qualora si sia mittenti della fattura contestata perchè errata.

Gestire correttamente anche questo aspetto dimostra una conoscenza professionale completa del processo di fatturazione elettronica, dalla sua creazione alla sua eventuale contestazione. Oltre ad assicurare la piena regolarità formale delle procedure, conoscere anche questo step intermedio consente agli operatori di tutelare al meglio i propri interessi economici nello scambio digitale di documenti fiscali. Essere in grado di far presente correttamente che una fattura, per legittime ragioni come errori, difformità rispetto all’ordine o pagamenti già effettuati, è errata, permette infatti di non farsi carico di addebiti non dovuti e non corretti.

Allo stesso modo, sapere di poter ricevere una regolare notifica nel caso la propria fattura venisse a sua volta contesta da un cliente, tutela l’emittente da problematiche amministrative e contenziosi. In definitiva, la corretta applicazione di una procedura di controllo nel processo di fatturazione elettronica consente agli operatori di proteggere le rispettive posizioni economico-contabili nello scambio telematico di documenti fiscali con controparti terze.

Come rifiutare una fattura elettronica: le motivazioni giustificate

Sono diverse le motivazioni che possono giustificare la contestazione di una fattura elettronica da parte del soggetto ricevente. Tra gli errori formali più comuni si annoverano l’omessa o errata indicazione del codice destinatario, problema nella firma digitale del file XML, formato della fattura non conforme alle specifiche tecniche.

Anche la presenza di difformità rispetto all’ordine o alla fornitura effettivamente resa costituisce motivo legittimo di segnalazione al fornitore. Ad esempio, discordanza tra quantità, prezzi o sconti riportati in fattura e quelli pattuiti, diversa natura dell’oggetto fatturato, mancata o parziale esecuzione delle prestazioni, consegna di beni o servizi difformi rispetto a quanto ordinato, fatturazione di oneri o penali non dovuti o previsti contrattualmente.

Come rifiutare una fattura elettronica

Inoltre, errori nei dati identificativi come partita IVA o codice fiscale del cedente/cessionario, dati anagrafici non corretti, coordinate bancarie non corrispondenti, sono cause ammissibili di contestazione dell’e-fattura. Così come la presenza di un importo diverso rispetto a quanto stabilito nei documenti della fornitura, l’applicazione di penali o interessi moratori non dovuti o senza previa comunicazione scritta.

Queste motivazioni, se debitamente documentabili e segnalate al cedente, giustificano pienamente la contestazione dell’addebito digitale.

Come rifiutare una fattura elettronica agenzia delle entrate: la corretta procedura per comunicare la contestazione

Tra privati (B2b e B2c) non è possibile rifiutare la ricezione di una fattura elettronica, ma questo non significa che non può, o non debba, essere segnalato all’emittente l’errore commesso. La procedura da seguire per comunicare correttamente la contestazione di una fattura elettronica prevede alcuni passaggi ben definiti. Una volta rilevato nel Sistema di Interscambio il file xml contenente l’e-fattura, il soggetto ricevente deve preliminarmente verificarne la validità formale tramite l’apposito software di controllo.

In caso di esito positivo, si procede all’esame del contenuto: se riscontrate difformità o altre motivazioni di rigetto, il soggetto passivo deve immediatamente comunicarlo all’emittente.

La comunicazione deve indicare in modo chiaro e dettagliato i motivi che hanno determinato l’esito negativo della verifica da parte del ricevente. Non è previsto un obbligo di segnalazione all’Agenzia delle Entrate. Il suggerimento, però, è quello di conservare la prova della comunicazione degli errori e delle anomalie riscontrate, qualora dovessero risultare utili ai fini di un contenzioso legale, nonché di eventuali controlli da parte delle autorità competenti.

CIG fattura elettronica: cos’è, dove è usato e come inserirlo

Il corretto inserimento del Codice Identificativo Gara nella fatturazione elettronica verso la Pubblica Amministrazione riveste un’importanza fondamentale. Il CIG permette di collegare in maniera univoca ciascuna fattura emessa alla specifica procedura d’acquisto che ne è alla base. Ciò consente agli uffici della PA di conciliare automaticamente e agevolmente i versamenti con le singole forniture.

Il codice identificativo, inoltre, snellisce le attività di controllo e pagamento da parte degli enti, rendendo immediato il reperimento delle informazioni necessarie ad accertare la corrispondenza tra l’ordine e la fattura pervenuta. Questo semplifica la gestione degli incassi per il fornitore e velocizza i flussi di tesoreria nella PA.

Una valorizzazione errata del CIG, invece, impedirebbe il collegamento univoco tra la gara e la successiva fatturazione. Ciò potrebbe comportare ritardi nei pagamenti, errori di imputazione contabile, necessità di ulteriori verifiche manuali.

È quindi fondamentale, ai fini del rapporto commerciale con la Pubblica Amministrazione, che il codice sia recuperato correttamente dalla documentazione della gara e inserito nel formato Xml della fattura elettronica secondo le specifiche tecniche vigenti. Solo una corretta gestione di questo passaggio consente di sfruttare appieno i vantaggi dell’interoperabilità digitale tra fornitori e PA.

CIG fattura elettronica: cos’è, com’è generato e dove deve essere inserito

Il Codice Identificativo Gara (CIG) è un codice di 16 caratteri alfanumerici introdotto obbligatoriamente nella fatturazione elettronica verso la Pubblica Amministrazione.

Il CIG è generato automaticamente dai sistemi informativi delle Centrali di Committenza (organismi creati nell’ambito della Pubblica Amministrazione per centralizzare e ottimizzare le attività di committenza di beni e servizi) e assegnato a ciascuna procedura di affidamento indetta da stazioni appaltanti o enti aggiudicatori (come concorsi pubblici, gare d’appalto, convenzioni quadro, accordi quadro ecc…). Il Codice Identificativo Gara descrive in modo univoco la singola gara o procedura d’acquisto e include informazioni quali:

  1. L’area territoriale di riferimento;
  2. L’oggetto dell’affidamento;
  3. Ente aggiudicatore;
  4. L’anno e il numero progressivo d’affidamento assegnato dalla centrale di committenza;
  5. L’eventuale divisione in lotti della gara;
  6. Il criterio con cui è stata aggiudicata la gara (es. offerta economicamente più vantaggiosa, prezzo più basso);
  7. Le modalità di presentazione delle offerte (es. tramite procedura aperta, ristretta, negoziata);
  8. Il valore stimato della fornitura;
  9. La data di scadenza per la ricezione delle offerte.

CIG fattura elettronica

Ai fini della fatturazione elettronica, una volta ottenuto l’ordine/assegnazione della fornitura tramite una specifica procedura a evidenza pubblica, il fornitore deve recuperare il CIG che la individua e riportarlo obbligatoriamente nel blocco dati identificativi della fattura elettronica (DatiGara) nonché nel tracciante. Ciò permette alla Pubblica Amministrazione committente di collegare in maniera univoca ciascuna fattura emessa al relativo incarico, rendendo il processo di pagamento più celere e la conciliazione contabile più agevole.

La procedura per individuarlo e inserirlo correttamente

Il primo passo per reperire il CIG di riferimento è recuperare la documentazione relativa all’iniziale procedura di gara o acquisto tramite la quale si è ottenuto l’incarico/fornitura presso la PA. Generalmente il Codice Identificativo Gara è riportato negli atti della procedura competitiva, nell’ordine di acquisto o nel contratto sottoscritto. Una volta individuato il CIG, è necessario verificarne la correttezza formale, che sia composto da 16 caratteri alfanumerici. A questo punto il codice è pronto per essere inserito nella fattura elettronica.

Nel blocco dati identificativi <DatiGara>, il campo CIG va valorizzato con il codice ottenuto, rispettandone maiuscole e minuscole. Nel tracciante invece, l’elemento <CodiceCIG> va inserito come child di <DatiGara>.

È importante controllare che il CIG inserito corrisponda a quello della specifica gara di riferimento, in quanto errore di valorizzazione potrebbe comportare il mancato incasso da parte del fornitore. Seguendo questa procedura guidata, che prevede il reperimento del CIG dalla documentazione di gara e il suo corretto inserimento in fattura secondo le specifiche tecniche, è possibile identificare in modo univoco la transazione commerciale.