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Indagine di mercato: comprendere i clienti e orientare le strategie

L’ indagine di mercato riveste un ruolo sempre più importante per piccole, medie e grandi imprese. Comprendere in modo approfondito le dinamiche di settore e le esigenze dei clienti risulta infatti fondamentale per guidare efficacemente la crescita del business e incrementare il fatturato.

Attraverso gli strumenti di ricerca quali sondaggi, interviste e analisi dei Big Data, è possibile raccogliere preziose informazioni su trend emergenti, preferenze latenti e punti di forza della concorrenza. Queste attività di indagine di mercato consentono di implementare strategie commerciali aderenti alla reale domanda, migliorando per esempio la proposta di prodotto/servizio o ridefinendo le modalità promozionali.

Chi desidera massimizzare il numero di fatture elettroniche emesse non può prescindere dal monitoraggio costante del mercato di riferimento. Solo comprendendo quali esigenze il consumatore richiede e in che modo è possibile soddisfarle al meglio, un’impresa potrà intercettare opportunità di crescita e fidelizzare la propria customer base.

Le indagini di mercato rivestono pertanto un ruolo catalizzatore nell’adattare tempestivamente l’offerta commerciale ai reali bisogni della domanda, al fine di migliorare le performance finanziarie. Questa consapevolezza spinge sempre più realtà aziendali a considerare tali attività di ricerca come asset strategico per incrementare stabilmente il proprio business.

Indagine di mercato: Cosa sono e quali tipologie esistono

Le indagini di mercato sono strumenti fondamentali che consentono di comprendere in modo dettagliato le dinamiche di un settore e di orientare efficacemente le strategie di business. Esistono differenti tipologie di indagini di mercato che possono essere implementate in relazione agli obiettivi da raggiungere.

sondaggi sui prodotti permettono di ottenere feedback precisi dagli stakeholder su nuovi prodotti e concept, analizzando quali caratteristiche e funzionalità risultano maggiormente apprezzate e in linea con le esigenze del mercato. I sondaggi di feedback sulle conferenze forniscono invece indicazioni preziose per ottimizzare l’organizzazione e la gestione degli eventi, ad esempio migliorando l’infrastruttura tecnologica o ampliando i contenuti trattati.

focus group, che prevedono lo svolgimento di interviste e discussioni con piccoli gruppi di 8-10 persone, consentono di acquisire spunti e percezioni qualitative su tematiche specificheLe indagini su hardware e software agevolano invece la valutazione di prodotti tecnologici, raccogliendo informazioni dettagliate sulla user experience e sulla documentazione fornita.

Particolarmente diffuse sono le indagini condotte attraverso siti web, che permettono di ottenere feedback preziosi dagli utenti e tracciare i loro comportamenti online, ad esempio analizzando le abitudini di navigazione o gli step del processo di vendita al dettaglio. Queste attività di indagine di mercato ricoprono un ruolo fondamentale nell’orientare al meglio le strategie aziendali, individuando trend emergenti, esigenze latenti e opportunità di miglioramento.

Indagine di mercato 

Indagini di mercato: tutti i motivi per non sottovalutarle

Le indagini di mercato sono strumenti indispensabili che non dovrebbero mai essere sottovalutati, in particolare da piccole imprese e small business, dove il rischio d’impresa è più elevato.

Ignorare le dinamiche di settore e le preferenze dei clienti potrebbe impedire di intercettare esigenze mutevoli e portare al lancio di prodotti e servizi non realmente rispondenti alle aspettative del mercato. Le indagini di mercato consentono invece di ridurre significativamente l’incertezza, fornendo indicazioni preziose sul posizionamento competitivo e sulla strategia commerciale più idonea.

“Le indagini di mercato” agevolano ad esempio lo studio e l’analisi della concorrenza, permettendo di comprendere i punti di forza e le debolezze rispetto agli operatori già affermati. Queste attività possono rivelarsi determinanti per orientare efficacemente le scelte imprenditoriali e differenziarsi sul mercato proponendo soluzioni realmente competitive.

Gli strumenti di ricerca, quali sondaggi, interviste e focus group, forniscono inoltre indicazioni essenziali su come incrementare le vendite e promuovere al meglio i propri servizi, ad esempio migliorando le strategie di marketing e comunicazione.

Soprattutto per le piccole realtà aziendali e le “Small business”, affacciarsi sul mercato senza una chiara comprensione delle dinamiche in atto e delle preferenze della customer base potrebbe avere impatti negativi difficilmente recuperabili. Le indagini di mercato concorrono quindi in maniera decisiva a ridurre i rischi connessi all’imprenditorialità.

 

Quanto costa assumere un dipendente?

Oggi sono molti gli imprenditori che si pongono la domanda: Quanto costa assumere un dipendente?. Si tratta di una questione che può sembrare banale ma che in realtà merita un’attenta disamina, in quanto i fattori che concorrono a determinare l’effettivo costo di un’assunzione sono diversi e vanno attentamente valutati.

I dati statistici attualmente disponibili attestano che in Italia il numero di lavoratori dipendenti ammonta ad oltre 17 milioni di unità. Secondo le più recenti stime del Ministero del Lavoro, infatti, la quota di occupati con un regolare contratto da lavoro dipendente rappresenta il 65% circa della popolazione attiva del Paese.

Per quel che concerne la media dei costi che annualmente un datore di lavoro sostiene per ciascun dipendente, gli studi condotti dalla Fondazione di Vittorio stimano che gli oneri medi del personale ammontino a circa 36.000 euro annui per dipendente. A questa cifra, che comprende retribuzione, oneri fiscali e previdenziali, TFR, welfare aziendale e altre voci, vanno ovviamente aggiunti eventuali costi indiretti come formazione, attrezzature e altri esborsi di gestione del personale.

Il quesito “Quanto costa assumere un dipendente?” non ammette quindi una risposta univoca ma pretende l’analisi ponderata di molteplici aspetti, come certificano i rilevamenti statistico-informativi autorevoli. Solo una valutazione attenta delle spese dell’assunzione consente una programmazione oculata delle strategie HR di un’impresa.

Assumere un dipendente: i costi diretti dell’assunzione

Quanto costa assumere un dipendente? I costi diretti legati all’assunzione di una risorsa umana attraverso un lavoro dipendente comprendono diverse voci di spesa che è necessario considerare adeguatamente.

La retribuzione rappresenta sicuramente la componente più rilevante. Essa include non solo lo stipendio base dovuto al dipendente in ragione dell’orario e della mansione svolta, ma anche eventuali straordinari, indennità e altri elementi retributivi accessori previsti dal contratto nazionale di lavoro applicato. La retribuzione, come è ovvio, varia in funzione delle competenze e dell’esperienza posseduta dal candidato prescelto.

Altro costo diretto da non sottovalutare assolutamente è quello legato ai contributi previdenziali e assicurativi che l’azienda, in qualità di datore di lavoro, è tenuta a corrispondere all’INPS e all’INAIL. Tali contributi, calcolati in percentuale sulla retribuzione del dipendente, sono finalizzati a garantire le coperture previdenziali come la pensione e l’assistenza in caso di malattia o infortunio sul lavoro.

Anche il TFR (Trattamento di Fine Rapporto) rientra a pieno titolo tra i costi diretti di un’assunzione, sebbene talvolta venga sottostimato. Esso consiste in un accantonamento effettuato dal datore di lavoro corrispondente all’indennità che spetterà al lavoratore al momento della risoluzione del rapporto e rappresenta quindi un esborso finanziario rilevante. Ulteriori spese dirette sono attribuibili alle eventuali imposte sul reddito e sul fatturato. L’inserimento di una nuova risorsa, infatti, determina un incremento dei volumi di attività e dell’imponibile fiscale dell’azienda.

La valutazione dei costi di assunzione di un dipendente richiede un’attenta stima di tutte le voci elencate, al fine di poter effettuare una corretta pianificazione economico-finanziaria e verificare la sostenibilità di un investimento di questo tipo per l’impresa.

Quanto costa assumere un dipendente?

Quanto costa assumere un dipendente: i costi indiretti dell’assunzione  

Dopo aver esaminato i costi diretti legati all’assunzione di un nuovo dipendente, è altrettanto importante analizzare le voci di spesa cosiddette “indirette” che un’azienda è tenuta a sostenere. Quanto costa assumere un dipendente? La risposta non può prescindere da una valutazione globale di tutte le implicazioni economiche di questa operazione.

Tra i costi indiretti rilevanti rientrano sicuramente i fringe benefit. Molte imprese offrono infatti una gamma di benefici, quali auto aziendale, bonus finanziari e attività ricreative e sportive, con l’obiettivo di attrarre e trattenere personale altamente qualificato. Tali voci, seppur difficilmente quantificabili in via preventiva, incidono in misura significativa sui bilanci aziendali.

Altra voce di costo indiretto da considerare con attenzione è quella relativa alla gestione del personale. Essa comprende spese amministrative, legali, contabili e gli stipendi del personale preposto alle risorse umane, impegnato nelle attività di assunzione, formazione e gestione dei dipendenti. Anche gli investimenti in attrezzature e strumenti di lavoro vanno attentamente valutati, in quanto variabili a seconda del ruolo coperto dal candidato. Si pensi ad esempio ai costi per hardware informatico, software specialistici e altre dotazioni necessarie allo svolgimento dell’attività lavorativa.

Da non dimenticare, infine, l’eventualità di dover affrontare le spese connesse ad un possibile licenziamento, comprendenti gli aspetti legali, le indennità e i costi della nuova selezione, che potrebbero ripercuotersi pesantemente sul bilancio aziendale. Pertanto, un’assunzione sostenibile richiede una preventiva analisi comparata di tutti i costi, sia diretti che indiretti, al fine di valutarne compiutamente la sostenibilità economico-finanziaria

 

Fatturazione elettronica fisioterapisti 2024: la situazione tra divieto e invio al Sistema Tessera

La fatturazione elettronica coinvolge molte categorie, ma alcune rimangono temporaneamente escluse per ragioni normative. Tra queste, i fisioterapisti, per i quali nel 2024 permangono limitazioni sancite da provvedimenti come il Decreto Milleproroghe e il GDPR. L’articolo analizza le dinamiche legislative in essere con un focus sulle procedure ammesse e le possibili modalità operative in ottica di futuro adeguamento.

Particolare attenzione è dedicata agli strumenti oggi a disposizione dei fisioterapisti per familiarizzare con la fatturazione elettronica nonostante il divieto, in modo da farsi trovare pronti a nuovi sviluppi normativi. Si tratta quindi di una tematica rilevante che merita un’analisi approfondita del quadro di riferimento e delle strategie applicative.

Fatturazione elettronica fisioterapisti 2024: proroga del divieto

Nel 2024 è prorogato di un anno il divieto di fatturazione elettronica per gli operatori sanitari come previsto dal Decreto Milleproroghe approvato dal Governo. L’articolo 3 comma 4 estende anche al 2024 quanto disposto dall’articolo 10-bis del Decreto Legge 119/2018, che esclude tali soggetti dall’obbligo di fatturazione elettronica.

Rimane in vigore il divieto per gli operatori sanitari come fisioterapistilogopedisti e altri di emettere fattura elettronica attraverso il Sistema di Interscambio, in quanto i dati sanitari sensibili contenuti non rispetterebbero la normativa sulla protezione dei dati personali. Il Garante per la Privacy aveva infatti imposto tale esclusione ritenendo non conforme al regolamento GDPR il transito di tali informazioni attraverso tale sistema.

Gli operatori interessati sono quindi laboratori biomedici, dietisti, fisioterapisti, logopedisti, podologi e molti altri soggetti che erogano prestazioni sanitarie nei confronti delle persone fisiche. Rimane invece l’obbligo per le prestazioni veterinarie e quelle verso soggetti diversi dalle persone fisiche come le assicurazioni.

Nel 2024, nonostante la proroga del divieto, gli operatori sanitari come i fisioterapisti possono comunque iniziare a utilizzare sistemi di fatturazione elettronica per ottenere comunque fatture cartacee. In questo modo saranno già pronti nel caso in cui l’obbligo venga introdotto in futuro, senza dover affrontare l’adeguamento in emergenza. Inoltre iniziando a utilizzare programmi di fatturazione elettronica anche per la creazione di fatture cartacee diventa più semplice la conservazione dei documenti creati e l’invio dei dati da parte del commercialista al Sistema Tessera Sanitaria.

La fatturazione elettronica fisioterapisti 2024 viene dunque prorogata di un anno ma i professionisti possono comunque iniziare a utilizzare software specifici per non farsi trovare impreparati nel caso di future modifiche normative.

Fatturazione elettronica fisioterapisti 2024

Fisioterapista fattura elettronica 2024: le modalità operative

Nonostante nel 2024 permanga il divieto per i fisioterapisti di emettere fattura elettronica, è utile analizzare le potenziali modalità operative da adottare qualora la normativa dovesse cambiare in futuro.

I professionisti sanitari come i fisioterapisti che intendono iniziare ad adeguarsi alle procedure di fatturazione elettronica possono già oggi sfruttare software specifici in grado di gestire l’intero processo in modo semplice ed efficiente. Attraverso piattaforme professionali è possibile compilare, firmare e conservare digitalmente le proprie fatture sanitarie, oltre a provvedere all’invio dei relativi dati al Sistema Tessera Sanitaria.

Per le prestazioni rese a persone fisiche, il fisioterapista dopo aver emesso la fattura elettronica dovrà caricarla sul software; questo provvederà automaticamente a inviare telematicamente i dati necessari al Sistema Tessera Sanitaria senza ulteriori adempimenti.

Per le fatture emesse a soggetti non privati, invece, il fisioterapista potrà direttamente inviare il documento fiscale al Sistema di Interscambio.

Utilizzando queste sezioni differenziate, il fisioterapista potrà gestire correttamente il processo anche in una prima fase di transizione normativa mantenendo già attive le procedure necessarie a fare impresa in modo conforme. Grazie a queste modalità operative standardizzate la fatturazione elettronica fisioterapisti 2024 risulterebbe automatica, senza complicazioni, nel caso di introduzione dell’obbligo già nell’immediato futuro.

Utile fiscale: metodologia e aliquote

La corretta determinazione dell’utile fiscale riveste una fondamentale importanza per gli adempimenti connessi al versamento delle imposte dovute. La conoscenza dell’utile fiscale è infatti indispensabile per conoscere con precisione l’ammontare dell’imposta sul reddito delle società, dell’IRAP e di eventuali addizionali regionali e comunali dovute in base al reddito conseguito.

Il calcolo dell’utile fiscale tuttavia richiede competenze specialistiche in merito alla normativa civilistica e fiscale. La complessità degli adempimenti e delle regole di determinazione dell’imponibile rappresenta un ostacolo anche per operatori esperti della contabilità aziendale. Diviene quindi fortemente consigliabile affidare il calcolo dell’utile fiscale e gli adempimenti dichiarativi e di versamento delle imposte a professionisti e studi commercialisti specializzati nel settore.

Gli esperti fiscalisti sono in grado di garantire la corretta applicazione di tutte le vigenti disposizioni, sgravando le aziende da oneri di natura amministrativa e da possibili errori nella gestione degli adempimenti. L’affidamento dei servizi a professionisti competenti costituisce quindi la soluzione preferibile per assicurare che il calcolo dell’utile fiscale, necessario al pagamento delle imposte dovute, sia svolto con la massima precisione e aderenza alle norme di legge.

Utile fiscale: elementi positivi e negativi della base imponibile

L’utilizzo di una base imponibile per determinare l’utile fiscale presenta elementi positivi e negativi da considerare attentamente. Gli aspetti positivi della base imponibile derivano dalla sua capacità di monitorare il reale reddito generato dall’impresa. Attraverso la considerazione sistematica di tutti i costi e i ricavi conseguiti nell’esercizio, la base imponibile permette di calcolare in modo oggettivo l’utile fiscale. Questo approccio rispecchia fedelmente la capacità contributiva dell’impresa e ne assicura l’equità dell’imposizione fiscale.

Bisogna però osservare che la base imponibile può comportare degli svantaggi legati alla sua complessità applicativa. Il suo calcolo richiede infatti la puntuale registrazione di una mole considerevole di operazioni, come previsto dalla normativa civilistica e fiscale. Ciò implica per le imprese degli oneri amministrativi rilevanti, connessi alla contabilizzazione e conservazione dei documenti giustificativi di tutte le voci che concorrono al risultato d’esercizio.

Utile fiscale

Inoltre, la determinazione dell’utile civilistico su cui si basa la tassazione del reddito d’impresa non tiene conto di alcune poste che, pur non influenzando la capacità economica, ne alterano l’ammontare. È il caso ad esempio degli ammortamenti, che costituiscono un mero trasferimento contabile e non incidono realmente sul flusso di liquidità dell’impresa.

Da ciò si evince che la base imponibile, pur assicurando un’imposizione equa e oggettiva, comporta degli oneri amministrativi e una complessità attuativa non trascurabili, specie per le piccole e medie imprese. Un sistema alternativo potrebbe basarsi su parametri più semplici, come il fatturato, sebbene questo allontanerebbe la tassazione dal reale ”utile fiscale”. A tal fine, strumenti quali la fatturazione elettronica possono agevolare gli adempimenti e ridurre gli oneri a carico delle imprese. 

Utile civile e utile fiscale: aliquote IRES e possibilità di deduzioni/esenzioni

L’utile civilistico e l’utile fiscale si differenziano principalmente per l’aliquota IRES applicata e le possibilità di deduzioni previste dalla normativa tributaria.

L’utile civilistico rappresenta il risultato economico civilistico dell’esercizio, determinato in conformità alle disposizioni del codice civile. L’utile fiscale invece corrisponde all’imponibile su cui è applicata l’aliquota IRES prevista, dopo aver considerato le specifiche regole civilistiche e fiscali. Attualmente l’aliquota IRES ordinaria è pari al 24% per la generalità dei soggetti IRES, mentre rimane al 27,5% per le banche e gli altri enti finanziari. Rispetto all’utile civilistico, il legislatore fiscale prevede tuttavia la possibilità di dedurre alcune poste ai fini della determinazione dell’utile fiscale.

Tra le principali deduzioni ammesse si ricordano gli ammortamenti, gli accantonamenti ai fondi rischi, le perdite di esercizi precedenti e gli interessi passivi. Tali componenti negative, pur non incidendo sull’utile netto civilistico, consentono di ridurre la base imponibile ai fini IRES.

Il versamento dell’imposta dovuta avviene mediante il modello di pagamento unificato Modulo F24, entro il termine di scadenza dell’acconto o del saldo IRES. Tale adempimento assicura il rispetto dell’obbligo tributario connesso al reddito d’impresa. La disciplina civilistica e quella fiscale prevedono approcci non coincidenti per l’individuazione del reddito imponibile, al fine di garantire un’equa tassazione che tenga conto delle specifiche caratteristiche del sistema tributario.

Coefficiente di redditività forfettario: determinazione, ambito di applicazione e obblighi di comunicazione

Il calcolo del coefficiente di redditività forfettario riveste un’importanza fondamentale per tutti i soggetti che applicano il regime forfettarioIl coefficiente di redditività forfettario consente infatti di determinare il reddito presunto cui applicare l’imposta sostitutiva e di calcolare i contributi previdenziali dovuti.

Sebbene il metodo di calcolo sia relativamente semplice, in quanto prevede l’applicazione del coefficiente ai ricavi o compensi conseguiti nel periodo d’imposta, è bene che tale operazione sia affidata a professionisti esperti, in grado di individuare correttamente il codice ATECO di appartenenza e il valore del coefficiente da utilizzare.

Un errore nell’attribuzione del codice o nell’applicazione del valore tabellare del coefficiente potrebbe infatti determinare una non corretta quantificazione del reddito imponibile e di conseguenza il pagamento di un’imposta sostitutiva e di contributi previdenziali non dovuti. Affidandosi a professionisti qualificati ci si assicura dunque il rispetto di tutti gli adempimenti connessi al regime forfettario e si evitano possibili sanzioni in caso di irregolarità. 

Coefficiente di redditività forfettario: cos’è e come si calcola

Il coefficiente di redditività forfettario è uno strumento utile e obbligatorio per molti commercianti al dettaglio e artigiani per la determinazione del reddito presunto. Il calcolo del coefficiente di redditività forfettario si basa su parametri oggettivi stabiliti per legge.

Il coefficiente di redditività forfettario è applicato a tutti quei titolari di attività commerciali al dettaglio e di imprese artigianali che non sono tenute alla contabilità formale e che optano per il regime di vantaggio o per il regime dei minimi. Questo calcolo consente di determinare in modo semplificato e forfettario il reddito presunto di tali attività, che è poi assoggettato a tassazione.

Per calcolarlo è necessario in primo luogo individuare il codice di attività dell’impresa secondo la classificazione ATECOFIN. In base a questo codice sono associati a ciascuna tipologia di attività uno o più coefficienti di redditività, stabiliti con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze sulla base dei dati desunti dalle dichiarazioni dei redditi delle imprese omogenee. Ad esempio, per il codice di attività di barbiere il coefficiente di redditività forfettario è pari al 78%.

Coefficiente di redditività forfettario

A questo punto, per ottenere il reddito presunto si applica semplicemente il coefficiente di redditività forfettario ai ricavi dell’esercizio desunti dalla fatturazione elettronica obbligatoria. Pertanto, nell’esempio precedente del barbiere, se i suoi ricavi ammontassero a 50.000 euro, il reddito presunto, risultante dall’applicazione del coefficiente del 78%, sarebbe pari a 39.000 euro (50.000 * 0,78).

Pertanto, il calcolo del coefficiente di redditività forfettario costituisce uno strumento semplice ma obbligatorio ai fini fiscali per la determinazione del reddito presunto di molte piccole imprese, basandosi su parametri oggettivi che tengono conto della specifica attività svolta e dei suoi ordinari livelli di redditività.

Coefficienti di redditività regime forfettario: periodo di applicazione e variazioni

I coefficienti di redditività previsti per il regime forfettario sono stabiliti annualmente con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze e trovano applicazione a decorrere dal periodo d’imposta di riferimento. Negli anni si sono registrate variazioni sia dei valori dei coefficienti che del loro periodo di efficacia.

Per gli anni 2018 e 2019 è stato deliberato, ad esempio, l’utilizzo della medesima tabella, contenente valori stabiliti in riduzione rispetto al passato per tenere conto della crisi economica. In particolare, per l’anno 2018 si sono applicati coefficienti con valori compresi tra il 40% e l’81%, in base alla tipologia di attività esercitata. Per l’anno 2019 è rimasta valida la stessa tabella, in attesa di successivi aggiornamenti normativi.

Nel gennaio 2020 è stato poi pubblicato il decreto attuativo con i nuovi coefficienti di redditività per il regime forfettario efficaci per il periodo d’imposta 2020. La nuova tabella ha previsto un rialzo generale dei valori, con coefficienti compresi ora tra il 48% e l’98% a seconda del codice ATECO. Queste variazioni sono conseguenza della ripresa economica intrapresa.

È altresì da ricordare che con la legge di bilancio 2023 è stata stabilita una nuova soglia massima di fatturato pari a 85.000 euro annui per poter beneficiare del regime forfettario. Tale limitazione ha ampliato la platea dei contribuenti assoggettabili ai coefficienti di redditività.

Fatture Intra UE: rinvio al 2030, la situazione

La fatture intra UE, previste inizialmente per il 1° gennaio 2028, sono state rinviate al 1° luglio 2030. Questo cambiamento fa parte del pacchetto legislativo “VAT in the Digital Age” (VIDA), confermato durante l’Ecofin del 14 maggio 2024. Ecco cosa è successo e cosa significa per le imprese europee.

Cos’è il Pacchetto VIDA?

Il pacchetto VIDA è una serie di misure proposte dalla Commissione Europea l’8 dicembre 2022 per modernizzare e digitalizzare il sistema dell’IVA (Imposta sul Valore Aggiunto) in Europa. Queste misure includono:

  • Obbligo di fatturazione elettronica: le aziende dovranno emettere fatture elettroniche per tutte le transazioni intra-UE;
  • Rendicontazione digitale: i dati delle operazioni saranno inviati in tempo reale alle autorità fiscali;
  • Registrazione unica IVA (SVR): le aziende avranno una sola registrazione IVA valida in tutta l’UE.

Fatture intra UE: perché il rinvio?

L’implementazione di queste nuove regole richiede tempo e preparazione da parte degli Stati membri e delle imprese. Rinviare la scadenza al 1° luglio 2030 permette di armonizzare le normative nazionali agli standard europei e di garantire che tutte le parti coinvolte siano pronte. Inoltre, questo rinvio mira a:

  • Ridurre il VAT gap: utilizzando la digitalizzazione per combattere l’evasione fiscale;
  • Contrasto alle frodi: facilitare la raccolta e lo scambio di informazioni tra le autorità fiscali.

 

Fatture Intra EU rinvio al 2030, la situazione

Nuove scadenze e modifiche

  1. Fatturazione elettronica europea: l’obbligo di fatturazione elettronica per le operazioni intra-UE entrerà in vigore il 1° luglio 2030. Questo include l’obbligo di presentare report digitali in tempo reale;
  2. Registrazione unica IVA (SVR): l’introduzione della registrazione unica IVA è stata posticipata al 1° luglio 2027, rispetto alla data iniziale del 1° gennaio 2025;
  3. Norme per le piattaforme elettroniche: la disciplina sul fornitore presunto per i gestori di piattaforme elettroniche è stata differita al 1° gennaio 2026;
  4. Armonizzazione degli standard: le normative nazionali dovranno essere armonizzate agli standard europei UBL o CII entro il 1° gennaio 2035.

Cosa significa per le imprese?

Il rinvio offre alle imprese più tempo per adeguarsi alle nuove regole, permettendo una maggiore preparazione. Le aziende potranno aggiornare i propri sistemi di fatturazione e rendicontazione, migliorando la loro capacità di conformarsi alle nuove normative. Questo cambiamento faciliterà anche la riduzione delle frodi fiscali grazie alla digitalizzazione, che aumenterà la trasparenza e l’efficienza dei processi. Inoltre, l’armonizzazione normativa consentirà a tutti i Paesi membri di adottare standard uniformi, semplificando le operazioni commerciali intra-UE.

I suggerimenti d FatturaPRO.click

La nostra missione fin dall’inizio è stata non solo di cercare una soluzione per l’assolvimento dell’imminente obbligo, ma di creare uno strumento che potesse trasformarlo in un’opportunità, capire come avrebbe potuto essere utile, migliorando e alleggerendo la tua attività quotidiana.

FatturaPRO.click ha sviluppato un metodo che semplifica il processo di emissione del documento fiscale allo scopo di ottimizzare la gestione delle attività, introducendo strumenti davvero utili che automatizzano procedure, effettuano controlli, intercettano e limitano gli errori.

Se la tua attività prevede operazioni commerciali intra-UE, è cruciale essere pronti per la fatturazione elettronica europea, nonostante il rinvio dell’obbligo al 1° luglio 2030. Mentre oggi puoi cavartela con programmi base, quanti di questi sono realmente pronti per il futuro? FatturaPRO.click ti offre una soluzione già all’avanguardia, progettata per anticipare le esigenze future e rendere la tua gestione fiscale più efficiente e sicura già da oggi.

Immagina di poter automatizzare l’emissione delle fatture per tutte le operazioni intra-UE, di avere un controllo immediato e aggiornato sulle tue transazioni e di ridurre significativamente il rischio di errori e frodi. Grazie alla digitalizzazione, FatturaPRO.click ti permette di ottenere informazioni in tempo reale, tenendo sotto controllo ogni dettaglio delle tue operazioni commerciali.

È importante capire che la digitalizzazione non è solo un obbligo, ma un’opportunità per migliorare e innovare. Non ti serve un programma di contabilità complesso per ottenere questi risultati; ciò che serve è lo spirito giusto, un po’ di lungimiranza e uno strumento adeguato alle tue esigenze.

IVA sul vino: aliquote, registro e obblighi fiscali della filiera vitivinicola

L’IVA sul vino presenta in Italia alcune specifiche caratteristiche che è opportuno conoscere accuratamente per chi opera nel settore vitivinicolo. L’IVA sul vino varia in funzione del grado alcolico ovvero si applicano aliquote diverse a seconda che si superi o meno la soglia dell’11%. Inoltre, un’ulteriore distinzione è legata alla destinazione d’uso del prodotto, se per il consumo oppure per la somministrazione al banco o al tavolo.

Queste peculiarità del tributo devono essere correttamente considerate per sapere esattamente come calcolare l’iva in fattura. I produttori, i commercianti all’ingrosso e i rivenditori al dettaglio sono tenuti a indicare l’aliquota specifica a seconda del caso. Eventuali errori nell’applicazione della normativa fiscale possono comportare sanzioni.

Pertanto, al fine di operare nel rispetto delle disposizioni vigenti, risulta fondamentale per tutti i soggetti coinvolti nella filiera vitivinicola avere piena cognizione delle regole che disciplinano l’IVA sul vino in Italia e saperle correttamente applicare nella pratica contabile quotidiana.

Aliquota IVA sul vino: come varia in base al grado alcolico e alla destinazione d’uso

L’IVA sul vino con grado alcolico fino al 10% incluso è pari al 10% se destinato al consumo, mentre per la somministrazione al banco o al tavolo è del 22%. Per i vini con grado alcolico superiore al 10% e fino al 15% incluso, l’aliquota IVA è sempre del 22% a prescindere dalla destinazione. I vini con grado alcolico superiore al 15% sono invece sempre assoggettati a un’aliquota IVA del 10%, anche se destinati alla somministrazione.

Per quanto concerne la fatturazione elettronica, essa è obbligatoria per tutti i soggetti titolari di partita IVA residenti, stabiliti o identificati in Italia. Anche per le operazioni relative alla commercializzazione dei vini si applica tale obbligo. In particolare, i produttori di vino devono emettere e ricevere fatture esclusivamente in formato digitale per qualsiasi cessione effettuata, sia essa destinata alla grande distribuzione organizzata, alla ristorazione o alla vendita diretta.

IVA sul vino

I criteri che distinguono le aliquote sono stabiliti dalla normativa comunitaria e internazionale in materia di armonizzazione delle accise sui prodotti alcolici. L’IVA sul vino con grado fino al 10% è ritenuta più simile a un prodotto alimentare piuttosto che ad una bevanda alcolica e per questo è soggetta ad aliquota ridotta. Viceversa, per i vini con grado superiore all’11% prevale la componente alcolica che li rende equiparabili agli alcolici e ciò giustifica l’aliquota IVA maggiorata. 

IVA sul vino: Regime IVA per la produzione e commercializzazione del vino

Il regime IVA applicabile alla produzione e commercializzazione del vino prevede diverse disposizioni in base alle fasi del ciclo produttivo. Per quanto riguarda la produzione vera e propria, l’imposta sul valore aggiunto non grava sugli autoconsumi e le cessioni effettuate dai produttori agricoli di uve e mosti destinati alla trasformazione in vino. Questi soggetti applicano infatti il regime speciale IVA previsto per il settore agricolo in base al quale non sono assoggettati al pagamento dell’IVA. Diverso è il regime applicabile ai trasformatori, quali le cantine e i produttori di vino. Per costoro l’IVA sul vino si applica sulle cessioni effettuate, sia in acconto che a saldo. L’aliquota varia in base al grado alcolometrico del prodotto come già evidenziato.

Per la commercializzazione del vino, i soggetti che lo cedono, sia all’ingrosso che al dettaglio, sono tenuti a fatturare le operazioni applicando l’IVA secondo le aliquote previste. Eventuali esportazioni del prodotto consentono invece il rilascio della bolletta doganale che attesta l’esenzione IVA per le cessioni intracomunitarie e le esportazioni extra UE.

La produzione del vino gode di un particolare regime IVA di favore, mentre la trasformazione e la commercializzazione seguono le normali disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto.

Benefici della fatturazione elettronica in Italia: a che punto siamo?

La fattura elettronica, ormai, per fortuna, chiamata anche solo fattura per farne riferimento (lasciando in qualche modo indietro i giorni delle domande come: “la fattura te la faccio elettronica o cartacea?”), nel Bel Paese anno dopo anno continua a sconfiggere i luoghi comuni negativi sulla stessa, dettati dai classici “tecnofobici”. Infatti, dalla sua introduzione ufficiale anche a livello B2B nel 2019, l’e-fattura ha raccolto dei risultati molto positivi, i primi evidenziati già dai report del 2020: nei primi cinque mesi di quell’anno sono state inviate oltre 770 milioni di fatture da circa 3,3 milioni di operatori.

In generale, il processo di digitalizzazione nel paese, tante volte rifiutato da una grande parte della popolazione, ha avuto e continua ad avere dei risultati più che positivi sulla vita lavorativa e la quotidianità degli italiani. Allora perché, nonostante i risultati positivi, una gran parte della popolazione prova a rifiutare la digitalizzazione? Non esiste un’unica risposta, ma se analizziamo la questione da una prospettiva storica, possiamo notare dei casi simili che possono essere presi come spunto per comprendere appieno perché continuiamo a respingere qualcosa che di base “ci fa bene”.

Tecnofobia: dovremo avere paura della tecnologia o della paura stessa della tecnologia?

Siamo sempre stati abituati a provare il più possibile ad avere una routine nelle nostre vite, uno status quo tra tutte le componenti che compongono la nostra realtà, sia al nostro lavoro che nella vita privata. La tecnofobia esiste da sempre e continua a influenzare il modo in cui accogliamo le nuove tecnologie. Un esempio emblematico è la prima proiezione cinematografica dei fratelli Lumière, dove gli spettatori, terrorizzati dalla vista di un treno in movimento sullo schermo, fuggirono dalla sala. Oggi, il cinema è una forma di intrattenimento consolidata e apprezzata da tutti.

Questo fenomeno si applica a tutte le nuove tecnologie: non significa che dobbiamo accettare tutto ciecamente, ma è importante affrontare le innovazioni con un ragionamento critico, soprattutto quando possono portare benefici significativi a tutti. La fatturazione elettronica è un chiaro esempio di come la resistenza iniziale possa trasformarsi in accettazione e apprezzamento con il tempo.

I vantaggi della fatturazione elettronica

I dati parlano chiaro. L’introduzione della fatturazione elettronica ha permesso allo stato di incassare oltre 2 miliardi di euro in più di gettito IVA. Inoltre, la digitalizzazione dei processi ha dimostrato la sua efficacia nella lotta contro l’evasione fiscale. Ernesto Maria Ruffini, direttore dell’Agenzia delle Entrate (AdE), ha evidenziato come i benefici e i vantaggi derivanti dall’adozione della fatturazione elettronica ammontino a 3,5 miliardi di euro, con un aumento delle imposte dirette di circa 580 milioni di euro.

Benefici della fatturazione elettronica per le imprese e la pubblica amministrazione

La fatturazione elettronica ha portato numerosi benefici, tra cui:

  • Semplificazione fiscale;
  • Riduzione del numero degli adempimenti;
  • Modernizzazione del settore produttivo italiano;
  • Riduzione dei costi amministrativi per le imprese.

Benefici della fatturazione elettronica in Italia a che punto siamo

Un mercato digitale unico

Guardando oltre i confini nazionali, l’obiettivo è realizzare un mercato digitale unico (da cui nascono anche gli sviluppi di Peppol). La fatturazione elettronica è uno degli obiettivi comuni di semplificazione che l’Europa intende raggiungere, promuovendo processi di digital transformation nelle aziende pubbliche e private per ottenere risultati comuni.

Benefici a livello personale e di impresa

La fatturazione elettronica, oltre ai benefici che offre al governo, apporta vantaggi significativi sia a livello personale che aziendale. Le piattaforme di gestione e automazione fiscale, come FatturaPRO.click, hanno svolto un ruolo cruciale nell’aiutare le imprese a gestire le loro fatture in modo efficiente. Queste piattaforme sono dotate di diverse funzionalità che migliorano notevolmente l’operatività aziendale.

Un primo vantaggio è rappresentato dall’emissione automatica delle fatture. Questa funzionalità permette alle aziende di generare fatture elettroniche con pochi clic, riducendo così il tempo necessario e minimizzando gli errori che possono verificarsi nei processi manuali. La rapidità e la precisione nell’emissione delle fatture non solo ottimizzano i processi interni, ma migliorano anche le relazioni con i clienti, che ricevono documenti corretti e tempestivi.

La conservazione digitale delle fatture è un altro aspetto fondamentale. Le piattaforme assicurano che tutte le fatture siano conservate in modo sicuro e accessibile, rispettando le normative fiscali vigenti. Questo elimina il rischio di smarrimento o deterioramento dei documenti cartacei e facilita la gestione delle verifiche fiscali, poiché tutte le informazioni sono facilmente recuperabili in formato digitale.

Inoltre, piattaforme  come FatttiraPRO.click offre l’integrazione con altri software aziendali, consentendo una gestione centralizzata delle operazioni finanziarie. L’integrazione migliora la trasparenza e l’efficienza, poiché tutte le informazioni finanziarie sono disponibili in un unico sistema, riducendo la necessità di inserimenti manuali e diminuendo il rischio di errori. Questo livello di integrazione permette alle aziende di avere una visione complessiva e aggiornata delle proprie finanze, facilitando la pianificazione e il controllo di gestione.

Grazie a questi strumenti, la transizione alla fatturazione elettronica è diventata meno onerosa per le aziende, che riescono così a rimanere competitive e a rispondere rapidamente alle nuove esigenze normative. L’adozione di piattaforme di gestione e automazione fiscale come FatturaPRO.click non solo semplifica i processi amministrativi, ma offre anche un supporto fondamentale per affrontare le sfide di un mercato in continua evoluzione. Dopo un periodo iniziale di scetticismo, i pionieri che hanno abbracciato la fatturazione elettronica hanno dimostrato i vantaggi di questo sistema, convincendo anche i più dubbi. Ora, anche coloro che inizialmente erano incerti sui benefici della fatturazione elettronica non ricordano più le loro riserve iniziali, riconoscendo l’efficienza e i vantaggi che essa porta a livello personale e aziendale.

Se non vuoi trovarti dalla parte delle persone che capiscono solo dopo, puoi rimanere sempre aggiornato consultando le ultime funzioni che FatturaPRO.click può dare alla tua impresa. Mantieniti informato e approfitta delle opportunità che la fatturazione elettronica può offrire per migliorare la gestione e l’efficienza della tua azienda.

Contabilità automatizzata e Automazione fiscale in Italia oggi

Nel panorama aziendale odierno, la contabilità automatizzata e l’automazione fiscale stanno diventando sempre più indispensabili, anche se sono ancora poche le aziende che ne sfruttano appieno i vantaggi. Questi strumenti sono fondamentali per ogni impresa che desideri migliorare l’efficienza, ridurre gli errori e garantire la conformità fiscale. In questo articolo, esploreremo cos’è la contabilità automatizzata, le differenze con l‘automazione fiscale, come si complementano e, per ultimo, perché e come l’intelligenza artificiale (AI) è diventata indispensabile nel mondo del fisco.

Cos’è la Contabilità Automatizzata?

La contabilità automatizzata si riferisce all’uso di software avanzati per automatizzare una vasta gamma di attività contabili. Questo include la registrazione delle transazioni, la generazione di report finanziari, la riconciliazione bancaria e molto altro. In pratica, qualsiasi attività contabile che può essere automatizzata viene gestita da sistemi software, richiedendo poca o nessuna interazione umana.

Differenza tra Contabilità Automatizzata e Automazione Fiscale

La contabilità automatizzata comprende attività come la registrazione delle transazioni, la tenuta dei libri contabili e la generazione di bilanci e report finanziari. L’obiettivo è migliorare l’efficienza operativa, ridurre gli errori umani e fornire informazioni finanziarie in tempo reale. L’automazione fiscale, invece, riguarda specificamente i processi fiscali, come il calcolo delle imposte, l’emissione di documenti fiscali, la conservazione digitale dei documenti e la comunicazione con le autorità fiscali. Il suo obiettivo è assicurare la conformità alle normative fiscali, ridurre il rischio di sanzioni e migliorare la precisione nel calcolo e nella dichiarazione delle imposte.

Come si complementano?

La contabilità automatizzata e l’automazione fiscale sono pezzi della stessa idea di gestione fiscale automatizzata. Insieme, offrono una soluzione integrata che copre tutte le necessità contabili e fiscali di un’azienda, garantendo efficienza e conformità. Mentre la contabilità automatizzata si concentra sull’ottimizzazione delle operazioni contabili quotidiane, l’automazione fiscale assicura che tutte le attività fiscali siano gestite correttamente e in conformità con le leggi vigenti.

Vantaggi di una gestione totalmente automatizzata dell’azienda

  • Efficienza: automatizza le operazioni contabili di routine, riducendo il carico di lavoro manuale;
  • Accuratezza: minimizza gli errori umani, garantendo che i dati contabili siano sempre corretti;
  • Scalabilità: permette di gestire un volume crescente di transazioni senza aumentare il carico di lavoro;
  • Reportistica: fornisce dati finanziari aggiornati per decisioni informate e tempestive.
  • Risparmio di tempo: consente ai dipendenti di concentrarsi su attività a maggior valore aggiunto.

Contabilità Automatizzata

Il ruolo della digitalizzazione e dell’intelligenza artificiale

La digitalizzazione è il processo attraverso il quale i dati e i processi aziendali vengono trasformati in formato digitale. Questo rappresenta il primo passo verso l’automazione, poiché consente di gestire e analizzare grandi quantità di dati in modo efficiente.

L’intelligenza artificiale (AI) invece gioca un ruolo fondamentale nell’automazione dei processi aziendali. Tecnologie come il machine learning e la robotic process automation (RPA) permettono di emulare le azioni umane, migliorando l’efficienza e riducendo gli errori. L’AI è in grado di analizzare grandi volumi di dati per identificare tendenze e comportamenti, prendere decisioni autonome e adattarsi continuamente alle nuove informazioni.

Perché è importante per la PA?

Nel contesto fiscale, l’AI è diventata indispensabile per diverse ragioni. In primo luogo, aumenta la precisione, riducendo gli errori nei calcoli fiscali e nelle dichiarazioni. Inoltre, garantisce che tutte le operazioni fiscali siano conformi alle normative vigenti, migliorando la conformità. L’AI automatizza anche i processi fiscali, liberando risorse umane per attività più strategiche, incrementando così l’efficienza. Infine, l’AI svolge un ruolo cruciale anche nella prevenzione delle frodi, analizzando i dati in tempo reale per identificare potenziali frodi fiscali.

Un sistema fiscale più efficiente e trasparente può incoraggiare le imprese a investire e creare posti di lavoro. Questo può portare a una crescita economica e a un maggiore benessere per tutti i cittadini.

Come utilizzano l’automazione e l’AI le Pubbliche Amministrazioni?

Le pubbliche amministrazioni italiane stanno già utilizzando l’intelligenza artificiale (IA) per l’automazione fiscale in vari modi. L’Agenzia delle Entrate, ad esempio, sfrutta l’IA per automatizzare la verifica delle dichiarazioni dei redditi e identificare potenziali frodi. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) sta sviluppando un sistema basato sull’IA per monitorare i flussi finanziari e individuare transazioni sospette. Inoltre, alcune Regioni stanno sperimentando l’uso di chatbot basati sull’IA per fornire assistenza fiscale ai cittadini.

Tuttavia, l’adozione dell’IA nell’automazione fiscale presenta alcune sfide per le pubbliche amministrazioni italiane. I costi di implementazione delle soluzioni basate sull’IA possono essere elevati, soprattutto per le piccole amministrazioni. Esiste anche una mancanza di competenze, poiché potrebbero non esserci abbastanza dipendenti pubblici con le competenze necessarie per sviluppare e gestire sistemi basati sull’IA. Problemi di privacy e sicurezza sono un’altra preoccupazione, poiché è fondamentale garantire la protezione dei dati fiscali dei cittadini quando vengono utilizzati in sistemi basati sull’IA.

Nonostante queste sfide, il governo italiano sta investendo significativamente nello sviluppo e nell’adozione dell’IA nel settore pubblico. Con una pianificazione attenta e un’implementazione efficace, l’IA può aiutare le pubbliche amministrazioni italiane a migliorare l’efficienza, l’accuratezza e la trasparenza del sistema fiscale, apportando benefici sia ai cittadini che alle imprese.

FatturaPRO e l’automazione fiscale per le imprese

FatturaPRO.click utilizza l’automazione fiscale per diventare uno strumento indispensabile per ogni imprenditore e impresa, migliorando l’efficienza e riducendo gli errori nei processi contabili e fiscali. La piattaforma automatizza l’emissione, l’invio e la ricezione delle fatture elettroniche tramite il Sistema di Interscambio (SDI), facilitando il rispetto delle normative fiscali italiane e riducendo il carico amministrativo.

Grazie alla gestione integrata dei documenti, FatturaPRO.click ti permette di scaricare e contabilizzare automaticamente i documenti elettronici, assicurando una registrazione precisa delle transazioni.  La piattaforma offre anche una dashboard, permettendo agli imprenditori di tenere sotto controllo le operazioni in tempo reale. Questo aiuta a identificare rapidamente eventuali problemi e a prendere decisioni informate.

Essendo basata su cloud, FatturaPRO.click garantisce accessibilità da qualsiasi luogo e in qualsiasi momento, facilitando il lavoro remoto e la collaborazione tra consulenti e clienti.  Inoltre la piattaforma può essere integrata con vari sistemi di e-commerce, come WooCommerce e Shopify.

In sintesi, FatturaPRO.click utilizza l’automazione fiscale per semplificare e migliorare la gestione contabile e fiscale delle imprese, rendendola un partner prezioso per imprenditori e aziende di ogni dimensione.

Limiti regime forfettario 2023 e 2024: novità dall’Agenzia delle Entrate

Il regime forfettario rappresenta una delle opzioni fiscali più interessanti per le persone fisiche che svolgono attività d’impresa, arte o professione, nonché per le imprese familiari. Introdotto con la Legge n. 190/2014 e attuato a partire dal 1° gennaio 2015, questo regime ha soppiantato diversi regimi agevolati precedenti, promettendo semplificazioni fiscali e contabili. Tuttavia, per mantenere l’adesione a questo regime, è fondamentale comprendere e rispettare i limiti imposti, soprattutto alla luce delle novità introdotte di recente dall’Agenzia delle Entrate. In questo articolo, esamineremo in dettaglio le caratteristiche del regime forfettario, i requisiti per accedervi e le nuove conseguenze del superamento dei limiti regime forfettario. 

Caratteristiche del regime forfettario

Il regime forfettario offre una serie di benefici fiscali e contabili che lo rendono particolarmente attrattivo. Tra i principali vantaggi vi è l’aliquota fiscale agevolata: un’aliquota unica del 15% sostituisce le tradizionali aliquote progressive dell’IRPEF. Per le nuove attività, inoltre, è prevista un’aliquota ridotta al 5% per i primi cinque anni. Un altro aspetto rilevante è l’esenzione dall’IVA. I contribuenti che adottano questo regime non addebitano l’IVA nelle loro fatture e sono esentati da obblighi IVA come la tenuta dei registri IVA e la liquidazione periodica dell’IVA

Infine, il regime forfettario prevede semplificazioni contabili significative: non è richiesta la contabilità ordinaria, ma solo una contabilità semplificata, con notevole risparmio di tempo e costi amministrativi. Questo non significa che sia il regime ideale per ogni partita IVA, ma ha dei benefici per alcune tipologie di imprenditori (per approfondire maggiormente su tutte le specifiche abbiamo preparato una guida sul regime forfettario nel 2024).

Requisiti di accesso al regime forfettario

Accedere al regime forfettario richiede il rispetto di precisi requisiti. Dal punto di vista soggettivo, possono aderire solo le persone fisiche che svolgono attività d’impresa, arte o professione. Sono invece esclusi tutti i soggetti che si trovino nelle situazioni di seguito indicate:

  • Utilizzo di regimi speciali IVA e di determinazione forfetaria del reddito;
  • Assenza di residenza in Italia, oppure residenza in altro Stato UE/SEE con meno del 75% del reddito complessivo prodotto in Italia;
  • Compimento, in via esclusiva o prevalente, di cessioni di fabbricati o loro porzioni, di terreni edificabili (articolo 10 comma 1 n 8 del DPR n. 633/72) o di mezzi di trasporto nuovi (articolo 53 comma 1 del D.L. n. 331/93);
  • Esercizio di attività d’impresa, arti o professioni e, contemporaneamente all’esercizio di tale attività, partecipazione in società di persone, associazioni o imprese familiari ex articolo 5 del TUIR, nonché controllo, diretto o indiretto, di società a responsabilità limitata (SRL anche trasparenti ex art. 115 o 116 del TUIR) o associazioni in partecipazione, che esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d’impresa, arti o professioni;
  • Se l’attività è rivolta principalmente verso datori di lavoro con cui si ha avuto rapporti di lavoro nei due anni precedenti, o verso persone o aziende a loro collegate, non si può aderire al regime forfettario. Fanno eccezione solo coloro che iniziano una nuova attività dopo aver completato il periodo di pratica obbligatoria per esercitare una professione o un’arte;
  • Percezione di redditi di lavoro dipendente e assimilati superiori a 30.000 euro (art. 1 comma 57 lett. d-ter) della L. 190/2014). Ove tale limite sia stato superato, si potrà comunque permanere nel regime se, nell’anno precedente, il rapporto lavorativo è cessato e non risultano instaurati nuovi rapporti, oppure percepiti redditi di pensione (Circolare n. 10/E/2016 § 2.3 Agenzia delle Entrate).

Limiti regime forfettario: conseguenze del superamento dei limiti

Oltre alle condizioni sopra elencate esiste un’altra condizione che esclude un soggetto a essere parte del regime forfettario, nello specifico si tratta dei limiti stringenti ai ricavi e alle spese accessorie quando si è già in regime forfettario, questo significa che anche se si rispettano tutte le condizione per essere forfettari è comunque possibile uscire dal regime anche a causa della quantità di fatturato durante l’anno fiscale

Per l’esattezza se i ricavi o compensi superano €85.000 in un anno fiscale, si passa automaticamente al regime ordinario a partire dall’anno successivo. In caso di superamento della soglia di €100.000, l’uscita dal regime forfettario è immediata nell’anno in corso, con applicazione del regime ordinario. Le recenti precisazioni dell’Agenzia delle Entrate, contenute nella circolare N. 32/E del 5 dicembre 2023, hanno chiarito ulteriormente questo aspetto.

Limiti regime forfettario

Le novità dell’Agenzia delle Entrate: gestione del superamento del limite di €100.000

L’Agenzia delle Entrate ha fornito indicazioni dettagliate per la gestione del superamento della soglia di €100.000. Quando i ricavi superano questa soglia, la fattura che causa il superamento deve includere l’IVA a debito e non è consentito suddividere la fattura per rimanere nel regime forfettario. Tutto il reddito dell’anno corrente viene tassato secondo il regime ordinario, con l’applicazione delle aliquote progressive IRPEF. Inoltre, il contribuente deve ricalcolare le proprie imposte secondo il regime ordinario, tenendo conto delle deduzioni e detrazioni previste dalla normativa fiscale ordinaria.

Un esempio pratico del superamento

Immaginiamo Mario Rossi, un libero professionista che aderisce al regime forfettario. Durante l’anno 2024, Mario prevede di incassare 90.000€, ma a dicembre riceve un incarico urgente che gli frutta ulteriori 15.000€, portando i ricavi annuali a 105.000€, superando così la soglia di 100.000€. Questo superamento comporta l’uscita immediata dal regime forfettario per l’anno in corso. La fattura che causa il superamento deve includere l‘IVA, ad esempio, su 15.000€ si aggiunge un’IVA del 22%, rendendo la fattura totale di 18.300€. Inoltre, tutti i ricavi del 2024 saranno tassati secondo il regime ordinario con le aliquote progressive IRPEF, e Mario dovrà adeguarsi alla contabilità ordinaria per tutto il fatturato creato durante l’anno e non solo la cifra eccedente ai 100.000€. 

Agevolazione del regime forfettario

Il regime forfettario offre un’opportunità notevole per i piccoli imprenditori e professionisti, grazie alle sue semplificazioni fiscali e all’aliquota ridotta. Tuttavia, è fondamentale monitorare attentamente i propri ricavi per evitare il superamento delle soglie critiche che comporterebbero il passaggio al regime ordinario, con conseguenti obblighi fiscali e contabili più onerosi. Le recenti precisazioni dell’Agenzia delle Entrate forniscono un quadro chiaro per la gestione di tali situazioni, permettendo ai contribuenti di prendere decisioni informate e strategiche per la loro attività economica.