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Acquistare online beni e servizi intestati ai dipendenti: come gestire la fatturazione

Per qualsiasi impresa risulta indispensabile comprendere a fondo le dinamiche sottese agli acquisti effettuati online a nome dei propri dipendenti. Tali operazioni, infatti, comportano implicazioni in tema di corretta fatturazione e adempimento degli obblighi fiscali connessi all’IVA che, ove non adeguatamente governate, possono dar luogo a errori e potenziali sanzioni.

Solo attraverso una piena padronanza di tali aspetti tecnici è possibile per una impresa assicurare la correttezza della fatturazione elettronica e rispettare gli obblighi di parte in ogni processo di acquistare online.

Acquistare online: le categorie e gli obblighi fiscali associati

Gli acquisti effettuati tramite Internet rivestono un’importanza crescente sia per le aziende che per i privati. Tuttavia, dietro a questa facilità di approvvigionamento si celano complessità di natura fiscale che devono essere attentamente valutate, in particolare per quanto concerne l’Imposta sul valore aggiunto (IVA).

A fini IVA gli acquisti online possono essere classificati in quattro macro-categorie, rispetto alle quali scaturiscono obblighi diversi: acquisti di servizi elettronici, acquisti intracomunitari, acquisti di beni già presenti sul territorio nazionale e operazioni di importazione.

Nel caso degli acquisti di servizi elettronici, l’IVA è in genere assolta tramite il meccanismo del reverse charge, con l’acquirente italiano che diviene sostituto d’imposta. Per gli acquisti intracomunitari è necessario verificare il possesso da parte del fornitore di un valido numero di partita IVA europeo, controllabile nel sistema VIES. Se il bene è già sul territorio nazionale, occorre verificare l’emissione della fattura nei confronti dell’effettivo acquirente. Infine, le importazioni di beni da Paesi extra-UE comportano adempimenti doganali e bollettazioni.

Un fattore rilevante è l’identità del soggetto intestatario della fattura emessa: se questa riporta i dati del dipendente anziché dell’azienda, sorgono interrogativi circa l’effettivo acquirente al quale imputare gli obblighi fiscali.

Ad esempio, l’acquisto di un bene per uso personale del dipendente non grava l’impresa, ma se il bene è destinato all’attività aziendale questa deve assolvere i relativi adempimenti IVA, eventualmente emettendo apposite autofatture laddove la documentazione contabile non sia correttamente intestata.

Pertanto, l’acquistare online e la gestione degli obblighi di fatturazione e dichiarazione IVA richiedono un’attenta ponderazione delle circostanze al fine di garantire la piena conformità agli adempimenti fiscali previsti, adoperandosi per assicurare l’esatta imputazione delle operazioni all’effettivo soggetto acquirente.

Acquistare online beni

Comprare online: La gestione dell’IVA negli acquisti intestati ai dipendenti

La corretta gestione dell’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA) costituisce un aspetto di primaria importanza per qualsiasi attività che effettui acquisti tramite e-commerce, specialmente laddove la fatturazione risulti intestata ai dipendenti anziché all’azienda.

L’intestazione della documentazione fiscale è infatti elemento cardine per l’individuazione del soggetto chiamato a assolvere gli obblighi connessi all’IVA. Ove un bene acquistato online sia destinato all’uso personale del lavoratore, non emergono problematiche; diversamente, laddove esso sia volto alle finalità aziendali, la società deve provvedere alla corretta gestione della relativa imposizione.

A tal fine, occorre in primo luogo classificare attentamente l’operazione in base alle quattro categorie fiscali di acquistare online (servizi digitali, transazioni intra-UE, beni presenti in Italia, importazioni), al fine di identificarne gli specifici adempimenti IVA.

Ove la fatturazione risulti emessa a nome del dipendente, anche negli small business deve essere valutata puntualmente la natura della transazione per appurare l’effettivo acquirente, provvedendo – ove applicabile – all’emissione di apposite autofatture necessarie alla regolarizzazione contabile e al rispetto degli obblighi di monitoraggio e dichiarazione imposti dalla normativa.

Requisito imprescindibile è dunque la scrupolosa ponderazione delle circostanze al fine di asseverare la piena ottemperanza ai profili fiscali connessi all’e-commerce, assicurando che gli adempimenti IVA gravino correttamente sul soggetto tenuto a soddisfarli.

Novità AdE: fattura estero, versione 1.9

La digitalizzazione dei processi amministrativi continua a essere un punto focale per le autorità fiscali e per le imprese che cercano di adattarsi alle nuove normative. Infatti dopo le nuova versione 1.8 della fatturazione elettronica, che trovate spiegata nell’articolo Fatturazione elettronica 2024, l’Agenzia delle Entrate in solo un mese ha già rilasciato la versione 1.9

Nella Guida in versione 1.9 sulla compilazione della fatturazione elettronica rilasciata il 13 marzo e dell’esterometro il 5 marzo, l’Agenzia delle Entrate ha introdotto una serie di novità che impattano direttamente su come le aziende gestiscono le loro pratiche di fatturazione.

Fattura estero: le principali novità della versione 1.9

Uno degli aspetti chiave evidenziati nella guida è l’introduzione di nuove modalità di rettifica delle comunicazioni trasmesse attraverso il Sistema di Interscambio (SdI) per diversi tipi di documento. I tipi di documento interessati includono TD16, TD17, TD18, TD19, TD20, TD21, TD22, TD23, TD26 e TD28. Questa nuova procedura di rettifica offre agli operatori economici una maggiore flessibilità nel gestire eventuali errori o discrepanze nelle comunicazioni inviate.

Le novità per le imprese agricole

Inoltre, la guida fornisce indicazioni specifiche per la compilazione della sezione “AltriDatiGestionali” da parte delle imprese agricole in regime speciale. Questo è un chiaro segnale dell’impegno dell’Agenzia delle Entrate nel garantire che le disposizioni normative siano adattate alle esigenze specifiche di settori particolari, come quello agricolo.

È fondamentale sottolineare l’importanza di seguire attentamente i suggerimenti forniti nella guida per la compilazione dei diversi tipi di documento. Ciò non solo assicura la conformità alle normative fiscali vigenti, ma contribuisce anche all’ottimizzazione dei processi di fatturazione, riducendo al minimo il rischio di errori e ritardi.

Lo scarico massivo di documenti

Un’altra importante aggiunta riguarda le istruzioni e le specifiche tecniche per i servizi massivi di trasmissione e scarico dei file. Infatti ora è possibile richiedere lo scarico massivo di fatture e corrispettivi per più partite IVA con una sola richiesta, dei registri IVA non protocollati mensilmente e delle bozze dei prospetti riepilogativi IVA mensili o trimestrali. Questi aggiornamenti riflettono l’impegno continuo nel migliorare l’efficienza e l’accessibilità dei servizi di fatturazione elettronica.

 

Novità AdE fattura estero, versione 1,9

Fattura estero: errori e soluzioni

Per quanto riguarda la fatturazione elettronica verso l’estero, la guida mette in evidenza i tipi di documento TD17, TD18 e TD19. In particolare, viene fornita una chiara procedura per effettuare rettifiche in caso di errori, inclusa la possibilità di rettifica da parte del cessionario. Questo dimostra l’attenzione all’armonizzazione delle procedure tra il contesto nazionale e quello internazionale, facilitando così gli scambi commerciali transfrontalieri.

Infine, l’introduzione di un nuovo servizio per lo scarico delle bozze dei registri mensili e dei prospetti riepilogativi IVA tramite i Servizi Massivi in cooperazione applicativa rappresenta un ulteriore passo avanti nell’automatizzazione dei processi contabili. Questo servizio, noto come documenti IVA, offre un modo efficiente e conveniente per le aziende di adempiere ai propri obblighi fiscali.

Come verificare la partita IVA?

La Partita IVA è un codice fiscale univoco attribuito ai soggetti che svolgono un’attività commerciale o imprenditoriale. Questo identificativo è fondamentale per le transazioni commerciali e le relazioni fiscali sia a livello nazionale che internazionale. In questo articolo, esploreremo approfonditamente cos’è e come verificare la Partita IVA.

Cos’è la Partita IVA?

La Partita IVA è un codice identificativo fiscale composto da 11 cifre numeriche in Italia. Questo codice permette alle autorità fiscali e commerciali di identificare in modo univoco le imprese e gli individui che svolgono attività imprenditoriali. Oltre a essere necessaria per l’emissione di fatture e la gestione contabile, la Partita IVA è un requisito fondamentale per l’iscrizione al Registro delle Imprese e per l’esercizio di attività commerciali.

Verificare la Partita IVA Nazionale

La verifica della Partita IVA nazionale richiede un approccio sistematico. In primo luogo, si calcola il cosiddetto “carattere di controllo” della Partita IVA, utilizzando una procedura che coinvolge la somma delle cifre e la verifica del risultato ottenuto. Questo processo aiuta a garantire l’integrità e la correttezza della Partita IVA fornita.

Calcolo del carattere di controllo

La Partita IVA è composta da quattro parti distinte:

  • Identificativo della Nazione: una sigla che indica il paese di appartenenza, come “IT” per l’Italia;
  • Numero di Matricola: le prime sette cifre, assegnate dall’ufficio provinciale competente e incrementali;
  • Codice dell’Ufficio Provinciale: le cifre dall’ottava alla decima, corrispondenti al codice ISTAT della provincia di appartenenza;
  • Carattere di Controllo: l’ultima cifra, utilizzata per verificare la correttezza delle prime dieci cifre.

La procedura di verifica della Partita IVA prevede i seguenti passaggi:

  • Somma delle Cifre Dispari: Si sommano le prime 5 cifre in posizione dispari e il carattere di controllo per ottenere il valore di A;
  • Somma dei Doppi delle Cifre Pari: Si calcola la somma dei doppi delle cifre in posizione pari. Se una cifra supera 9, si sottrae 9. Il risultato costituisce il valore di B.
  • Somma di A e B: Si sommano i valori di A e B.
  • Calcolo del Modulo 10: Si calcola il modulo 10 del risultato della somma dei valori A e B. Se il modulo è 0, la Partita IVA è considerata valida.

Come verificare la partita IVA - Partita IVA Intracomunitaria

Ricerca della Partita IVA Comunitaria

Le imprese che operano a livello comunitario devono possedere una Partita IVA comunitaria per effettuare transazioni intra-UE. La ricerca e la verifica della Partita IVA comunitaria possono essere effettuate tramite il sistema VIES (Vat Information Exchange System), gestito dall’Agenzia delle Entrate. Questo strumento consente di verificare la validità delle Partite IVA dei soggetti comunitari autorizzati.

Inoltre se si consce la ragione sociale o la denominazione dell’impresa (valido solo se italiana) è possibile trovare la partita IVA presente nel Registro delle Imprese nel sito della Camera di Commercio, in questo è possibile controllare se la partita IVA fornita corrisponde con quella registrata

Verificare la Partita IVA Extracomunitarie

Le imprese che intrattengono rapporti commerciali con paesi al di fuori dell’Unione Europea devono verificare la validità delle Partite IVA extracomunitarie. Questo processo può essere più complesso e richiedere l’utilizzo di strumenti specifici per verificare la conformità alle normative fiscali del paese di appartenenza. Uno strumento che è possibile utilizzare è il “Vat Search”, il quale fornisce dati sulle partite IVA di 29 Paesi al mondo.

Controllo della Partita IVA con FatturaPRO.click

FatturaPRO.click ti offre la possibilità di verificare la validità della Partita IVA durante l’emissione delle fatture, sia per le transazioni tra aziende (B2B) che per le fatture emesse alle Pubbliche Amministrazioni (B2G).

Per le fatture B2G, ovvero quelle destinate alle Pubbliche Amministrazioni, FatturaPRO.click ti consente di consultare direttamente l’elenco delle pubbliche amministrazioni. Questo permette di compilare automaticamente i dati certificati, rendendo il processo di compilazione più rapido ed efficiente.

Nel caso delle fatture B2B, il sistema di FatturaPRO.click eseguirà automaticamente la verifica della validità della fattura. Non sarà necessario effettuare calcoli o procedure complesse per inviare la fattura. Il sistema si occuperà di controllare la validità della Partita IVA e dei dati inseriti nella fattura, garantendo un processo di emissione più sicuro e affidabile.

In sostanza l’emissione delle fatture diventa più agevole e veloce, garantendo nel contempo la conformità alle normative fiscali e la correttezza dei dati inseriti. In altre parole una contabilità veramente sostenibile.

Prodotti digitali: come venderli e come tenere la fatturazione

I Prodotti digitali ricoprono oggi un ruolo sempre più pervasivo nella vita quotidiana di individui e imprese. Dall’intrattenimento allo smart working, dalla pubblica amministrazione all’e-learning, sono ormai trasversali a tutti i settori.

Questa diffusione capillare ha dato vita a una moltitudine di business basati sullo sviluppo e la commercializzazione di beni e servizi digitali. Tuttavia, per garantire la sostenibilità di tali attività nel tempo è fondamentale scegliere il modello di business più idoneo e applicare correttamente la normativa fiscale italiana.

Uno degli aspetti centrali da considerare riguarda la Fatturazione elettronica, obbligatoria per tutte le imprese italiane, eccetto qualche caso come i soggetti tenuti all’invio dei dati al Sistema Tessera Sanitaria. Per chi vende Prodotti digitali online, è indispensabile saper gestire con accuratezza l’emissione e l’invio telematico delle fatture a ogni transazione. Solo in questo modo è possibile perfezionare correttamente le vendite agli occhi del fisco.

Per massimizzare le potenzialità di business legate ai beni digitali è fondamentale affiancare all’innovazione di prodotto una puntuale conoscenza degli adempimenti amministrativi e contabili, inclusa la fatturazione elettronica.

Prodotti digitali: I principali modelli di business

L’economia digitale ha ormai rivoluzionato numerosi settori e portato alla nascita di nuove tipologie di business basati sui prodotti digitali. Questi ultimi si riferiscono a beni e servizi che possono essere forniti tramite internet in formato elettronico, come file scaricabili, streaming audio/video, software, contenuti digitali ecc.

Uno dei principali modelli di business per la vendita di Prodotti digitali è sicuramente quello Free to Play con monetizzazione in-app/in-game. In questo modello un’applicazione o un videogioco sono resi disponibili gratuitamente per il download, mentre all’interno è possibile effettuare acquisti in-app di oggetti o funzionalità aggiuntive. Un altro modello diffuso nell’economia digitale è il freemium, che prevede la fornitura di servizi/contenuti base gratuiti e opzioni premium a pagamento per funzionalità avanzate.

Altri approcci sono il modello subscription-based, basato su abbonamenti ricorrenti, oppure la vendita diretta one-time di singoli prodotti digitali, come ebook, musica, software. Quest’ultima tipologia è quella adottata per esempio da marketplace digitali come l’App Store di Apple o Google Play Store.

La scelta del modello più idoneo dipende naturalmente dal tipo di prodotto/servizio offerto e dal target di riferimento. L’importante è studiare formule efficaci per massimizzare il ritorno economico derivante dall’Economia digitale.

Prodotti digitali

Vendere prodotti digitali: Gli obblighi fiscali e contabili

Quando si decide di intraprendere l’attività di vendita di Prodotti digitali online, è indispensabile farsi carico degli obblighi fiscali e contabili previsti dalla normativa per chi fa impresa. A differenza dei semplici hobby, infatti, la commercializzazione sistematica di beni e servizi digitali costituisce un’effettiva partita IVA.

Il primo passo è aprire la posizione presso la Camera di Commercio e avviare la partita IVA, indicando il codice ATECO prevalente. Per i prodotti digitali l’aliquota IVA da applicare è generalmente del 22%. È poi necessario emettere regolari fatture per ogni transazione, registrando correttamente i dati nel libro giornale e nel libro IVA. Fondamentale farsi carico dei versamenti periodici nei confronti dell’Erario.

Per chi desidera fare impresa in questo settore, è buona norma servirsi di software di contabilità appositi, in grado di interfacciarsi con i registratori di cassa per semplificare l’emissione di documenti fiscali. Attenzione anche alle norme sulla conservazione della documentazione contabile. Solo rispettando gli adempimenti amministrativi e tributari è possibile massimizzare i profitti e crescere in modo sostenibile nel mercato digitale.

Vendita cannabis light online: come funziona la fatturazione e la disciplina fiscale

La vendita cannabis light online si sta imponendo come uno dei business più interessanti del commercio elettronico in questi anni. Diversi studi di settore confermano infatti la crescita esponenziale di questo mercato.

Stando a una ricerca condotta nel 2021 da Cross-Border Growth Capital, il giro d’affari legato alla vendita online di cannabis light in Europa ha raggiunto un volume di 880 milioni di euro nel corso del 2020. Un aumento del 220% rispetto all’anno precedente. Anche in Italia si registrano trend analoghi: secondo i dati forniti dall’Osservatorio sul mercato della canapa industriale di Luiss Business School, nel nostro Paese il mercato della Vendita cannabis light online valeva circa 50 milioni di euro nel 2019, con prospettive di raddoppio entro il 2024.

Tali cifre dimostrano come questo settore, legale e regolamentato, stia diventando una vera e propria industria in forte crescita. Proprio per tale motivo, risulta fondamentale per chi intende avviare un’attività in tale ambito conoscere a fondo la normativa fiscale applicabile. Solo un corretto inquadramento contabile e tributario può infatti consentire di massimizzare i profitti e gestire al meglio la propria impresa. Soprattutto nel commercio digitale, dove la concorrenza è ormai globale, risulta vitale adottare il regime fiscale migliore per posizionarsi strategicamente sul mercato.

Vendita cannabis light online: il giusto Regime IVA per la vendita online di prodotti derivati

La vendita online di cannabis light è quindi certamente un settore in evoluzione, soggetto a normative in fase di chiarimento.

Vendita cannabis light online è attualmente possibile in molti Paesi, sebbene alcuni prodotti derivati dalla canapa siano soggetti a regolamentazioni doganali e imposizione IVA. In Italia, la Legge n.242/2016 e i successivi chiarimenti ministeriali consentono la commercializzazione di infiorescenze e altri derivati della canapa sativa contenenti un tasso di THC inferiore allo 0,5%, esenti da obblighi in materia di sostanze stupefacenti.

Alla luce di un business così fiorente, sono in tanti a chiedersi quindi cosa vendere online per avere successo e se il commercio elettronico deve quindi comprendere anche la marijuana light. Una domanda cui non esiste una risposta univoca, poiché fattori come la competitività di mercato, la qualità dell’offerta e la capacità di fidelizzare i clienti sono determinanti. Nel caso specifico della cannabis light, alcuni produttori hanno ottenuto risultati commerciali lusinghieri proponendo infiorescenze, oli, resine, creme e altri articoli per uso wellness e rilassamento, grazie a una comunicazione trasparente e rispettosa delle normative.

Vendita cannabis light online

In merito alla corretta applicazione dell’IVA, va considerato che per i prodotti CANAPA SATIVA con THC inferiore allo 0,5% sussiste un regime IVA agevolato, equiparandoli a prodotti di erboristeria e benessere. L’aliquota IVA applicabile è quindi quella del 10% (art.74 DPR 633/72 e successive modifiche), in luogo di quella del 22% prevista per i prodotti di tabacchi e sigarette.

Tale orientamento è stato confermato dall’Agenzia delle Dogane che, con la circolare 14/E del 5 luglio 2019, ha chiarito la non riconducibilità dei derivati della canapa sativa L. contenenti THC inferiore allo 0,2% alla voce TARIC NC24039980Altri tabacchi lavorati” soggetti ad aliquota IVA del 22%.

Cannabis light online: obblighi fiscali e modalità di fatturazione per un e-commerce

Come abbiamo detto la vendita cannabis light online è consentita per prodotti contenenti THC inferiore allo 0,5%, ma ciò non esime dal rispetto delle normative contabili e tributarie.

Le imprese che vendono online devono prima di tutto aprire una partita IVA, in quanto l’attività svolta costituisce un’effettiva attività. Per un e-commerce di cannabis light, essendo i prodotti assimilabili a quelli di erboristeria, l’aliquota IVA applicabile è del 10%. L’Agenzia delle Entrate prevede poi l’emissione di fatture elettroniche per tutti gli operatori con volume d’affari superiore a 25.000 euro.

Un aspetto da non sottovalutare riguarda la corretta tenuta della contabilità. Per le vendite online è necessario emettere fattura immediatamente dopo il pagamento da parte del cliente, registrando correttamente incassi e ricavi. Fondamentale poi versare trimestralmente i contributi INPS come titolare di partita IVA. Questi obblighi possono sembrare gravosi, ma grazie all’automazione dei pagamenti, la gestione amministrativa di un e-commerce si rivela più semplice di quanto si possa pensare dando così vita a un vero e proprio secondo lavoro online redditizio.

Prodotti artigianali: disciplina fiscale per la vendita

L’attività di produzione e vendita di prodotti artigianali sta conoscendo in Italia una crescente diffusione, divenendo una scelta imprenditoriale intraprendente da un numero sempre più ampio di artigiani e creativi.

Secondo i dati pubblicati da Unioncamere e InfoCamere nell’ambito dell’Osservatorio dell’Artigianato, le imprese artigiane registrate in Italia sono aumentate del 3,2% tra il 2019 e il 2021, per un totale di oltre 1,3 milioni di attività. Nello specifico comparto della produzione di prodotti artigianali, la percentuale di aumento delle nuove imprese negli ultimi tre anni è risultata del 5,9%, una delle più alte in assoluto tra i settori artigiani monitorati.

Coerentemente, anche i dati Istat evidenziano come il fatturato generato dalla vendita di prodotti artigianali realizzati e commercializzati da imprese individuali e società artigiane sia cresciuto del 13% tra il 2020 e il 2021, attestandosi su un valore di oltre 6 miliardi di euro.

Questi trend positivi dimostrano come la scelta imprenditoriale della produzione e vendita di prodotti artigianali rappresenti oggi un settore dinamico e in grado di attirare un numero crescente di soggetti creativi e artigiani digitali. Si tratta infatti di attività ad alto contenuto di artigianalità e personalizzazione, permettendo flessibilità e identificazione nel proprio lavoro. Gli ultimi dati statistici certificano quindi come i prodotti artigianali costituiscano un business in forte crescita nel panorama economico italiano.

Prodotti artigianali: Regime IVA

Il regime IVA agevolato per la vendita di prodotti artigianali rappresenta uno strumento fondamentale per artigiani e piccoli produttori. Tale regime, previsto dalla normativa comunitaria e recepito nell’ordinamento italiano, consente in particolare agli operatori che realizzano e vendono prodotti artigianali di applicare un regime IVA semplificato rispetto a quello ordinario.

Nel dettaglio, ai sensi dell’art. 34 comma 1 DPR 633/72, il regime IVA agevolato presuppone che sia possibile applicare un’aliquota IVA ridotta pari al 10% anziché quella ordinaria per la vendita di prodotti artigianali realizzati direttamente dal produttore, a condizione che il volume d’affari annuo derivante da tali operazioni non superi i 25.000 euro. Gli operatori in regime agevolato sono inoltre esonerati dagli adempimenti contabili e di liquidazione periodica dell’IVA, potendo assolvere l’imposta dovuta con la mera emissione di fatture.

Per gli operatori con volumi d’affari superiori soggetti alla fatturazione elettronica, si applica invece il regime IVA ordinario che prevede l’obbligo di fatturazione, registrazione e liquidazione mensile dell’imposta. Anche in questo caso tuttavia sussiste la possibilità, in presenza di determinati requisiti, di applicare l’aliquota IVA ridotta del 10% in luogo di quella ordinaria nell’ipotesi di cessione di prodotti artigianali autoprodotti. Il ricorso al regime IVA agevolato rimane quindi uno strumento fondamentale per sostenere l’attività di realizzazione e commercializzazione di prodotti artigianali tradizionali.

Prodotti artigianali

Prodotto artigianale: Obblighi contabili per l’attività di produzione e vendita

L’attività di produzione e vendita di prodotti artigianali comporta l’osservanza di precisi obblighi contabili previsti dalla normativa civilistica e fiscale.

Innanzitutto, tutti i soggetti che esercitano un’attività di impresa artigiana, compresa la realizzazione e commercializzazione di prodotti artigianali, sono tenuti alla tenuta di una contabilità che rispetti i principi di accuratezza, completezza e tempestività dell’art. 2214 c.c. È inoltre necessario provvedere alla registrazione delle operazioni commerciali nel registro IVA per i soggetti a tale imposta.

I produttori artigianali con ricavi/compensi annui inferiori a 25.000 euro possono avvalersi del regime IVA agevolato e sono esonerati dagli adempimenti periodici e dalla fatturazione se vendono direttamente al pubblico e fatturano solo le cessioni. Tuttavia, anche in questo caso è obbligatoria la tenuta della contabilità semplificata.

Per chi vende online senza partita IVA, l’obbligo contabile viene meno solo per ricavi al di sotto dei 5.000 euro annui. Tra 5.000 e 30.000 euro annuali invece è richiesta una mera registrazione delle operazioni senza obbligo di fatturazione. Pertanto, anche in ipotesi di vendita senza partita IVA su internet, la corretta tenuta della contabilità è comunque sempre fondamentale.

Fatturare in Italia con partita iva estera: guida agli adempimenti nel Bel Paese

La necessaria conoscenza del regime IVA italiano per i soggetti esteri che fatturano nel nostro Paese L’operatività transfrontaliera che prevede l’emissione di fatture in Italia da parte di soggetti non residenti titolari di partita IVA estera necessita di un’approfondita conoscenza del quadro normativo IVA nazionale.

Fatturare in Italia con partita IVA estera, infatti, comporta precisi obblighi dichiarativi e adempimenti contabili cui adeguarsi. La disciplina prevede complessi formati da rispettare per le fatture elettroniche emesse, scadenze cadenzate per gli invii al Sistema di Interscambio nonché termini per la presentazione della dichiarazione annuale.

La non conoscenza anche di un solo aspetto di tale articolata normativa potrebbe facilmente determinare errori sanzionabili, come l’omessa o tardiva trasmissione di fatture, la non corretta compilazione dei file XML o irregolarità nel versamento delle imposte dovute. Le conseguenze possono essere pesanti ammende, talvolta nell’ordine di diverse migliaia di euro. Diviene quindi imprescindibile per i soggetti esteri acquisire piena consapevolezza delle discipline IVA italiane, al fine di scongiurare inutili rischi di inadempienza.

Fatturare in Italia con partita iva estera: requisiti e adempimenti relativi

I soggetti non residenti che intendono emettere fatture per le cessioni di beni o prestazioni di servizi rese nel territorio italiano devono rispettare specifici requisiti.

In primis, è necessario identificarsi ad IVA in Italia tramite l’attribuzione di un codice identificativo da parte dell’Agenzia delle Entrate. Successivamente, per ogni operazione attiva soggetta a fatturazione elettronica, è d’obbligo utilizzare tale codice ai fini della compilazione del file XML.

Ulteriori vincoli riguardano la trasmissione delle fatture emesse mediante il Sistema di Interscambio, nonché il rispetto delle scadenze per l’assolvimento degli obblighi IVA, quali la liquidazione trimestrale dell’imposta. È altresì necessario conservare tutta la documentazione contabile e fiscale relativa alle operazioni effettuate, per eventuali controlli da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Il mancato adempimento di tali requisiti e obblighi comporta l’applicazione di sanzioni. Pertanto, i soggetti extra-UE che fatturano in Italia devono porre massima cura nella gestione dell’IVA al fine di scongiurare errori fattura elettronica.

Fattura estera con partita IVA italiana: Regime IVA e obblighi dichiarativi

I soggetti residenti all’estero che intendono emettere fatture in Italia tramite una partita IVA nostrana sono assoggettati al regime IVA italiano solo per le cessioni di beni e prestazioni di servizi rese nel territorio nazionale.

In particolare, è previsto che tali soggetti:

  • Emettano fatture elettroniche secondo il tracciato previsto ai fini della fatturazione elettronica;
  • Trasmettano periodicamente al Sistema di Interscambio le fatture emesse;
  • Presentino la dichiarazione IVA relativa alle operazioni attive nel nostro Paese con cadenza annuale, utilizzando il modello IVA 70;
  • Versino l’imposta dovuta mediante modello F24;
  • Conservino la documentazione a supporto delle operazioni intrattenute.

È fondamentale che i soggetti esteri con partita IVA in Italia conoscano appieno gli obblighi contabili a cui sono assoggettati, affinché non incorrano in condotte sanzionabili in materia di fatturazione elettronica e dichiarazione IVA.

La normativa in materia di fatturazione elettronica e di adempimenti IVA per i soggetti non residenti con partita IVA in Italia prevede obblighi molto specifici, la cui non conoscenza o il cui mancato rispetto possono comportare l’irrogazione di pesanti sanzioni. I soggetti esteri devono quindi acquisire piena consapevolezza circa i corretti formati dei file XML da trasmettere tramite SdI, le scadenze per la periodicità degli invii e quelle dichiarative. Particolare attenzione va posta alla compilazione dei campi identificativi dell’emittente/ricevente e del codice destinazione d’uso.

Eventuali irregolarità formali nelle fatture emesse/ricevute, errori nella presentazione del modello IVA 70 o nel versamento delle imposte possono comportare l’applicazione di ammende che, ai sensi di legge, variano fra il 90% e il 180% dell’importo non versato. Risulta quindi imprescindibile per i soggetti extra-UE adeguarsi pienamente ai complessi adempimenti contabili italiani al fine di evitare il rischio di sanzioni.

Rischio d’Impresa: tipologie e fattori determinanti

I soggetti che intendono aprire una partita IVA per esercitare in forma autonoma un’attività economica devono aver piena consapevolezza della componente di Rischio d’Impresa implicita in tale decisione. Quando si decide di fare impresa, infatti, ci si espone a rischi di natura gestionale, finanziaria e industriale connessi all’incertezza dell’iniziativa.

Principalmente i rischi riguardano la sostenibilità economica dell’attività nel tempo, l’evoluzione del contesto competitivo e normativo di riferimento, gli squilibri eventuali nella gestione amministrativa e contabile. Potrebbero altresì emergere problematiche legate al reperimento della clientela, alla volatilità dei prezzi delle materie prime e all’insorgere di concorrenti aggressivi sul mercato.

Per ridurre il grado di aleatorietà connesso all’apertura della partita IVA e alla gestione dell’impresa, risulta fondamentale un’attenta valutazione preventiva di fattibilità, conoscenza approfondita del settore e predisposizione di un business plan realistico, oltreché il ricorso a forme di tutela assicurativa. Solo così sarà possibile intraprendere con successo il percorso imprenditoriale riducendo al minimo i potenziali rischi.

Rischio di impresa: le diverse tipologie

Quando si avvia un’attività imprenditoriale è fondamentale considerare accuratamente il concetto di rischio di impresa, che può presentarsi sotto diverse forme. Rischio da mercato, rischio finanziario, rischio operativo, rischio strategico: tutte queste componenti influenzano l’andamento dell’azienda e vanno gestite adeguatamente.

Il rischio di mercato è connesso ad esempio alle fluttuazioni della domanda, all’insorgere di nuovi concorrenti, all’evoluzione delle preferenze dei consumatori. Il rischio finanziario interessa invece l’esposizione ai tassi d’interesse e la liquidità aziendale.

Ancora, il rischio operativo è legato alla possibilità di insuccessi produttivi o di interruzioni della catena di fornitura, mentre quello strategico concerne scelte manageriali che possono rivelarsi errate, come nuovi investimenti, ampliamento della gamma offerta, modifiche organizzative.

È importante che l’imprenditore sia consapevole di tutte le tipologie di rischio insite nell’attività e le tenga in considerazione nella gestione aziendale, adottando se necessarie tecniche di copertura come la diversificazione, le assicurazioni, le clausole nei contratti. Solo mitigando in modo scientifico il rischio al proprio interno è possibile massimizzare le probabilità di successo e sviluppo nel lungo termine.

Rischio d’Impresa

Rischio d’Impresa: tutti i fattori industriali, finanziari e gestionali alla sua base

Avviare un’impresa implica una sana valutazione del Rischio d’Impresa, influenzato da molteplici fattori. I rischi industriali dipendono dalle caratteristiche del settore di attività e dalla sua ciclicità. Un contesto maturo e saturato presenta maggiori insidie rispetto ad un mercato in forte espansione.

I fattori finanziari rivestono un ruolo di primaria importanza per la valutazione del rischio connesso all’avvio di un’impresa. In particolare, la disponibilità iniziale di capitale proprio è fondamentale per affrontare la fase di start-up, sostenendo i costi di avviamento e primo funzionamento in attesa che l’attività decolli.

Anche la struttura dei flussi di cassa prevista, con la tempistica di incasso delle vendite e di pagamento dei fornitori, incide significativamente: squilibri di cassa potrebbero portare a problemi di liquidità.

Rilevante risulta altresì la modalità di finanziamento prescelta, ad esempio attraverso ricorso ad investitori esterni o al sistema bancario: in tal caso, andrà valutato attentamente il grado di indebitamento risultante e la sostenibilità degli oneri finanziari.

Una buona strutturazione di questi elementi fondanti è fondamentale per ridurre l’aleatorietà dell’iniziativa imprenditoriale e assicurarne la tenuta economico-finanziaria nel medio-lungo termine. Una dotazione patrimoniale solida e l’apertura di una partita IVA costituiscono presupposti più favorevoli per superare le eventuali crisi di liquidità.

Rilevanti infine i profili gestionali: competenze ed esperienza imprenditoriale, capacità manageriale, organizzazione aziendale e qualità del business plan. Scelte strategiche errate o sottovalutazione dei rischi possono minare la solidità di una startup.

Mitigare tali componenti di rischio richiede approfondita analisi preventiva e costante monitoraggio nel tempo, adottando ove necessario tecniche di copertura per ridurre al minimo il grado di incertezza connaturato ad ogni attività d’impresa.

Distributore automatico: classificazione delle merci e modalità di rilevazione dei dati

I distributori automatici, quali dispositivi di vendita automatica di beni e servizi come bevande, snack e alimentari in genere, possono essere correttamente considerati a tutti gli effetti delle vere e proprie attività commerciali. Come tali sono soggetti agli stessi adempimenti fiscali e contabili di qualsiasi altra impresa.

Soltanto grazie a un sistema di tracciabilità puntuale dei flussi finanziari in entrata e in uscita è possibile certificare che il distributore automatico, inteso come vera e propria attività commerciale a sé stante, operi nel rispetto della normativa fiscale e contabile.

Distributore automatico: categorie merceologiche e registri contabili di riferimento

I distributori automatici costituiscono una delle tante idee imprenditoriali che possono essere sviluppate anche con un capitale di partenza limitato.

Principalmente i distributori automatici coprono due macro-categorie merceologiche: quella alimentare e quella del cosiddetto “consumer packaging“.

Nel primo caso si distribuiscono snack, bevande analcoliche, cibi confezionati come panini e tramezzini; nel secondo si trovano i classici prodotti di largo consumo come detersivi per la casa, articoli per l’igiene personale, pile, ecc.

Per la gestione contabile di questo genere di attività, i principali registri di riferimento sono:

  1. Il registro IVA, per le operazioni soggette a tassazione;
  2. Il registro dei corrispettivi, dove annotare i dati relativi agli incassi;
  3. Il libro giornale per la gestione ordinaria delle scritture.

 

È inoltre fondamentale aprire la partita IVA al momento dell’avvio dell’impresa e adempiere a tutti gli obblighi fiscali e amministrativi del caso, per condurre l’attività nel pieno rispetto delle norme.

Distributore automatico

Come registrare in contabilità i corrispettivi dei distributori automatici

La corretta registrazione dei corrispettivi per le macchine distributrici è fondamentale per tracciare i flussi finanziari dell’attività. Generalmente i distributori automatici sono muniti di contatori meccanici o elettronici che totalizzano gli incassi giornalieri. Tali importi vanno riportati quotidianamente sul registro dei corrispettivi, specificando la data e individuando le ricevute con il numero progressivo.

Mensilmente si procede poi all’addebito sul conto corrente aziendale delle somme incassate, ricavate dalla differenza tra i contatori di inizio e fine periodo. L’addebito viene registrato in contabilità come voce da imputare nella parte economica del bilancio.

Eventuali resti di cassa vanno portati in detrazione alla prima incasso del mese successivo. È inoltre buona norma conservare i dati dei contatori, le ricevute dei prelievi e le distinte contabili dell’istituto di pagamento per i controlli fiscali. Con un sistema di tracciatura puntuale di entrate e uscite, i distributori automatizzati possono rivelarsi un business redditizio se gestito con attenzione ai flussi finanziari e agli adempimenti normativi.

È consigliabile inoltre digitalizzare tutta la documentazione relativa ai corrispettivi (scontrini, ricevute dei prelievi, ecc.) per archiviare in modo ordinato e sicuro i dati negli anni. Questo permette di rendere più agevole un’eventuale richiesta di verifica da parte dell’Agenzia delle Entrate, potendo fornire prontamente tutta la documentazione in formato digitale anziché dover ricercare e organizzare carte e scontrini cartacei. La digitalizzazione del flusso documentale garantisce quindi una migliore tracciabilità delle operazioni nel tempo.

L’informazione aggiunta riguarda un suggerimento pratico sulla digitalizzazione della documentazione, aspetto fondamentale per agevolare eventuali controlli futuri e permettere un archivio ordinato negli anni di tutte le carte legate ai corrispettivi dei distributori automatici.

Come fare soldi partendo da zero: ripartire da capo con il nuovo anno

È indubbio che all’inizio di ogni anno, quando comunemente si traccia il bilancio del precedente periodo e si sceglie quali obiettivi perseguire nei mesi a venire, siano in molti a porsi l’interrogativo su come fare soldi partendo da zero e intraprendere nuove strade lavorative per generare quell’autonomia economica che consenta maggior margine decisionale.

Soprattutto dopo i notevoli stravolgimenti degli ultimi anni, sono sempre più le persone desiderose di trovare il proprio spazio sul mercato del lavoro o di valorizzare talenti e competenze in maniera indipendente e redditizia. C’è voglia di partire da zero e costruire qualcosa di solido e duraturo.

Ecco allora che la ricerca di idee per fare soldi anche senza esperienza o capitale iniziale diventa un topic particolarmente sentito all’inizio di ogni anno, quando fresche di motivi di cambiamento e desiderio di autodeterminazione si annidano nelle menti di molti. Comprenderne le opportunità, anche solo come integrazione del reddito familiare, è quindi una tematica che interessa una platea ampia.

Come fare soldi partendo da zero: alcune idee molto promettenti

Come generare reddito partendo da zero sono possibili diverse idee promettenti che possono essere sviluppate anche con un basso capitale iniziale. Una di queste riguarda la creazione di reddito passivo attraverso la pubblicazione di ebook su store online. Scrivendo un contenuto di valore su un determinato argomento e promuovendolo attraverso i propri canali, è possibile monetizzare le vendite nel tempo senza un costante impegno attivo.

Un’altra opportunità è offrire servizi online come la creazione di siti web, consulenza digitale o corsi online su piattaforme come Udemy. Anche in questo caso, pianificando contenuti formativi di qualità è possibile generare un flusso di entrate ricorrente. Da considerare è anche l’home staging, ovvero il ristrutturare e allestire case altrui per renderle pronte alla vendita. Con una buona organizzazione e capacità di marketing, il giro d’affari può crescere rapidamente.

Altre vie praticabili riguardano il private blogging, il commercio online su Amazon o l’affiliazione per i prodotti altrui. Con costanza e ottimizzazione continua, queste idee possono dimostrarsi valide fonti di reddito aggiuntivo o principale.

Come fare soldi partendo da zero

Come fare soldi online partendo da zero: occhio alla fatturazione e alla corretta contabilità

Generare reddito online partendo da zero comporta alcune accortezze burocratiche da non sottovalutare come la fatturazione e la contabilità.

Se anche con idee creative come ebook, corsi digitali o affiliazione è possibile avviare un’attività senza capitale iniziale, superata una certa soglia di compensi è necessario aprire partita IVA e adempiere agli obblighi di monitoraggio fiscale.

Gestire la contabilità in modo chiaro sin da subito, così come emettere fatture elettroniche secondo lo standard previsto dalla normativa, risulta fondamentale per lavorare in piena regola ed evitare potenziali sanzioni.

Anche chi inizia da zero con piccole prestazioni occasionali dovrebbe informarsi per aprire attività senza soldi ne spese iniziali, ad esempio con il regime forfettario. Solo documentando correttamente entrate e uscite tramite i registri IVA si potrà dimostrare la liceità dell’impresa nel tempo, facendola eventualmente crescere fino a diventarne l’unica fonte di reddito. Attenzione alla fatturazione e alla contabilità appaiono dunque elementi chiave per trasformare un’idea imprenditoriale online in un lavoro duraturo e sicuro anche dal punto di vista amministrativo.