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Novità AdE: fattura estero, versione 1.9

La digitalizzazione dei processi amministrativi continua a essere un punto focale per le autorità fiscali e per le imprese che cercano di adattarsi alle nuove normative. Infatti dopo le nuova versione 1.8 della fatturazione elettronica, che trovate spiegata nell’articolo Fatturazione elettronica 2024, l’Agenzia delle Entrate in solo un mese ha già rilasciato la versione 1.9

Nella Guida in versione 1.9 sulla compilazione della fatturazione elettronica rilasciata il 13 marzo e dell’esterometro il 5 marzo, l’Agenzia delle Entrate ha introdotto una serie di novità che impattano direttamente su come le aziende gestiscono le loro pratiche di fatturazione.

Fattura estero: le principali novità della versione 1.9

Uno degli aspetti chiave evidenziati nella guida è l’introduzione di nuove modalità di rettifica delle comunicazioni trasmesse attraverso il Sistema di Interscambio (SdI) per diversi tipi di documento. I tipi di documento interessati includono TD16, TD17, TD18, TD19, TD20, TD21, TD22, TD23, TD26 e TD28. Questa nuova procedura di rettifica offre agli operatori economici una maggiore flessibilità nel gestire eventuali errori o discrepanze nelle comunicazioni inviate.

Le novità per le imprese agricole

Inoltre, la guida fornisce indicazioni specifiche per la compilazione della sezione “AltriDatiGestionali” da parte delle imprese agricole in regime speciale. Questo è un chiaro segnale dell’impegno dell’Agenzia delle Entrate nel garantire che le disposizioni normative siano adattate alle esigenze specifiche di settori particolari, come quello agricolo.

È fondamentale sottolineare l’importanza di seguire attentamente i suggerimenti forniti nella guida per la compilazione dei diversi tipi di documento. Ciò non solo assicura la conformità alle normative fiscali vigenti, ma contribuisce anche all’ottimizzazione dei processi di fatturazione, riducendo al minimo il rischio di errori e ritardi.

Lo scarico massivo di documenti

Un’altra importante aggiunta riguarda le istruzioni e le specifiche tecniche per i servizi massivi di trasmissione e scarico dei file. Infatti ora è possibile richiedere lo scarico massivo di fatture e corrispettivi per più partite IVA con una sola richiesta, dei registri IVA non protocollati mensilmente e delle bozze dei prospetti riepilogativi IVA mensili o trimestrali. Questi aggiornamenti riflettono l’impegno continuo nel migliorare l’efficienza e l’accessibilità dei servizi di fatturazione elettronica.

 

Novità AdE fattura estero, versione 1,9

Fattura estero: errori e soluzioni

Per quanto riguarda la fatturazione elettronica verso l’estero, la guida mette in evidenza i tipi di documento TD17, TD18 e TD19. In particolare, viene fornita una chiara procedura per effettuare rettifiche in caso di errori, inclusa la possibilità di rettifica da parte del cessionario. Questo dimostra l’attenzione all’armonizzazione delle procedure tra il contesto nazionale e quello internazionale, facilitando così gli scambi commerciali transfrontalieri.

Infine, l’introduzione di un nuovo servizio per lo scarico delle bozze dei registri mensili e dei prospetti riepilogativi IVA tramite i Servizi Massivi in cooperazione applicativa rappresenta un ulteriore passo avanti nell’automatizzazione dei processi contabili. Questo servizio, noto come documenti IVA, offre un modo efficiente e conveniente per le aziende di adempiere ai propri obblighi fiscali.

Fatture messe a disposizione: diritti dei soggetti passivi e obblighi di verifica

Risulta di fondamentale importanza per tutti gli operatori economici che emettono fatture elettroniche avere piena consapevolezza del significato e delle implicazioni della casistica delle “fatture messe a disposizione”.

Risulta quindi imprescindibile per ogni operatore fiscale che emette fatture elettroniche conoscere nel dettaglio le caratteristiche e le conseguenze delle “fatture messe a disposizione“, al fine di assolvere correttamente ai rispettivi obblighi informativi e di verifica e non incorrere in sanzioni amministrative. Soltanto attraverso una piena consapevolezza di questa casistica è possibile instaurare un rapporto di collaborazione virtuoso con gli uffici dell’Amministrazione Finanziaria.

Fatture messe a disposizione: cosa sono e quando si verifica il mancato recapito

Le fatture messe a disposizione, anche note come fatture collocate nel cassetto fiscale fatture elettroniche, rappresentano un’importante casistica di mancato recapito delle fatture elettroniche che può comportare gravi conseguenze sull’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA.

Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello n. 435 del 2023, le fatture messe a disposizione si riferiscono a documenti elettronici il cui recapito non è avvenuto a causa di problemi tecnici non imputabili al Sistema di Interscambio (SdI), come ad esempio caselle PEC piene o non attive ovvero canali telematici non operativi. In tali circostanze, le fatture vengono collocate nell’area riservata del sito web dell’Agenzia, precisamente nel cassetto fiscale fatture elettroniche del portale “Fatture e Corrispettivi”.

A differenza delle normali fatture elettroniche consegnate tramite Sistema di Interscambio, le fatture messe a disposizione sono soggette al rischio di mancata presa visione da parte del destinatario, con conseguente impossibilità di esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA. Come chiarito dalla circolare n. 1/E del 2018, tale diritto sorge al verificarsi congiunto del requisito sostanziale dell’avvenuta esigibilità dell’imposta e del requisito formale del possesso del documento comprovante l’operazione. Nel caso delle fatture messe a disposizione, la prova di ricezione è rappresentata dalla data di presa visione nel cassetto fiscale fatture elettroniche.

Pertanto, la data di effettiva detraibilità dell’IVA non corrisponde a quella di emissione, bensì a quella di visualizzazione del documento nell’area riservata, a condizione che quest’ultima avvenga entro il termine di presentazione della dichiarazione IVA dell’anno cui si riferisce il diritto. Decorso tale termine, anche in presenza di copia di cortesia, il recupero dell’IVA non è più possibile. Risulta quindi fondamentale verificare periodicamente il cassetto fiscale fatture elettroniche al fine di non perdere importanti diritti fiscali.

Fatture messe a disposizione

Diritti e obblighi relativi alle fatture messe a disposizione

In primo luogo, va definito che per fatture messe a disposizione, ai sensi della risposta n. 435/2023 dell’Agenzia delle Entrate, si intendono quei documenti elettronici il cui recapito non è avvenuto tramite Sistema di Interscambio a causa di problematiche tecniche, come caselle PEC piene o inattive. In tali casi, le fatture vengono collocate nell’area riservata del sito web dell’Agenzia delle Entrate, ovvero nel cassetto fiscale fatture elettroniche.

Emergono quindi diritti e obblighi connessi al corretto utilizzo di tale strumento. In primis, il destinatario detiene il diritto di detrazione dell’IVA a partire dalla data di presa visione del documento nell’area riservata e non già da quella di emissione, a condizione che tale adempimento formale avvenga entro i termini di presentazione della dichiarazione IVA.

Il cedente/prestatore, dal canto suo, è tenuto a informare tempestivamente il destinatario del mancato recapito, indirizzandolo a verificare la presenza delle fatture nel cassetto fiscale fatture elettroniche. Quest’ultimo, a sua volta, ha l’obbligo di attivarsi con sollecitudine al fine sia di non perdere importanti diritti fiscali, sia di non essere reputato artefice di un’arbitraria procrastinazione della presa visione.

Risulta pertanto determinante, ai fini dell’esercizio corretto dei diritti e degli obblighi connessi alle fatture messe a disposizione nell’area telematica dell’Agenzia delle Entrate, verificare periodicamente la presenza di tali documenti nel cassetto fiscale fatture elettroniche entro i termini di legge.

Temporary store: cos’è, come funziona e quali linee guida seguire per aprirne uno

Il fenomeno dei temporary store sta conoscendo una crescente diffusione anche nel panorama commerciale italiano. Stando ai recenti dati raccolti da uno studio condotto dall’Osservatorio permanente Confimprese-EY, il numero di temporary store aperti nel nostro Paese è aumentato del 32% tra il 2018 e il 2021.

Si stima che nel solo 2021 abbiano operato più di 5.000 temporary store, quasi raddoppiati rispetto ai 2.700 censiti tre anni prima. I settori merceologici maggiormente rappresentati nell’universo dei temporary store risultano essere l’abbigliamento e l’accessori fashion, con quasi il 40% dei punti vendita temporanei dedicati a tali categorie.

Tale tendenza riflette l’evoluzione dei comportamenti d’acquisto sempre più ricettivi verso stimoli di natura effimera e sperimentale. I temporary store consentono infatti di cogliere opportunità commerciali legate a eventi, saldi stagionali e ricorrenze, ampliando nel contempo la propria customer base anche solo per brevi periodi.

Inoltre, il modello dei temporary store risulta essere particolarmente adatto a sostenere startup e piccole imprese, grazie alla flessibilità gestionale e agli investimenti contenuti che esso richiede. Pertanto, anche in considerazione del crescente orientamento verso forme di imprenditorialità dinamica e flessibile, il temporary store può considerarsi un format distributivo sempre più radicato nel retail italiano.

Temporary store: cosa lo contraddistingue

Un temporary store si caratterizza per la sua natura temporanea ed effimera. Esso viene infatti allestito per un periodo di tempo limitato e predefinito, con l’obiettivo di soddisfare una domanda commerciale contingente e momentanea.

Rispetto a un negozio tradizionale, il temporary store persegue finalità commerciali differenti, legate spesso a particolari eventi o ricorrenze di una certa rilevanza, come saldi stagionali, manifestazioni fieristiche od occasioni specifiche. La sua apertura ha dunque una valenza promozionale o di richiamo della clientela, attraverso l’offerta per un periodo ristretto di prodotti e servizi solitamente non disponibili attraverso i normali canali distributivi.

Questa tipologia di punto vendita si adatta particolarmente alle esigenze delle piccole imprese o dei piccoli commercianti, in quanto consente di sperimentare nuovi mercati o target clientelari con costi e rischi contenuti, grazie ad investimenti limitati nel tempo e alla formula del “pop-up store”. Infatti, il temporary store rappresenta una valida opzione per le small business desiderose di ampliare temporaneamente il proprio raggio d’azione commerciale, senza impegnarsi in investimenti immobilizzati a medio-lungo termine.

L’aspetto temporaneo e la valenza promozionale sono elementi distintivi del temporary store, rispetto a un negozio tradizionale permanente. Esso si propone di soddisfare esigenze commerciali di una determinata fase o stagione, offrendo alla clientela prodotti e promozioni limitate nel tempo, per poi chiudere una volta esaurita la sua funzione promozionale. Ciò lo rende una valida soluzione per le small business al fine di sperimentare nuovi canali distributivi con investimenti contenuti e flessibili.

temporary store

Temporary shop: aprirne e gestirne uno con successo

Aprire e gestire con successo un temporary store richiede un’attenta pianificazione e un’efficace esecuzione di alcune fondamentali attività.

In primo luogo, risulta determinante individuare la locazione fisica, dando preferenza a zone ad alta affluenza e visibilità, come centri commerciali, fiere ed eventi di richiamo. Successivamente, è necessario allestire i locali rispettando le normative in materia di sicurezza e igiene, dotandoli di arredi funzionali e di impatto per attirare l’attenzione dei passanti.

Per quanto riguarda gli aspetti amministrativi, è consigliabile scegliere la forma giuridica più idonea, valutando se operare in forma individuale oppure costituire una società temporanea. Richiesti anche i necessari permessi commerciali per l’apertura del temporary store.

Fondamentale risulta poi pianificare la logistica degli approvvigionamenti, al fine di avere sempre prodotti freschi e vari nel punto vendita. Non meno importante è la definizione di una strategia promozionale efficace, che sfrutti tutti i canali offline e online per richiamare un ampio target di clientela.

Infine, per massimizzare il fatturato del temporary store, è essenziale predisporre offerte e promozioni esclusive, al fine di incentivare i consumi e le vendite durante il periodo di apertura del punto vendita temporaneo. Con una buona pianificazione ed esecuzione di queste attività, è possibile gestire con successo un temporary store anche per periodi contenuti.

Come verificare la partita IVA?

La Partita IVA è un codice fiscale univoco attribuito ai soggetti che svolgono un’attività commerciale o imprenditoriale. Questo identificativo è fondamentale per le transazioni commerciali e le relazioni fiscali sia a livello nazionale che internazionale. In questo articolo, esploreremo approfonditamente cos’è e come verificare la Partita IVA.

Cos’è la Partita IVA?

La Partita IVA è un codice identificativo fiscale composto da 11 cifre numeriche in Italia. Questo codice permette alle autorità fiscali e commerciali di identificare in modo univoco le imprese e gli individui che svolgono attività imprenditoriali. Oltre a essere necessaria per l’emissione di fatture e la gestione contabile, la Partita IVA è un requisito fondamentale per l’iscrizione al Registro delle Imprese e per l’esercizio di attività commerciali.

Verificare la Partita IVA Nazionale

La verifica della Partita IVA nazionale richiede un approccio sistematico. In primo luogo, si calcola il cosiddetto “carattere di controllo” della Partita IVA, utilizzando una procedura che coinvolge la somma delle cifre e la verifica del risultato ottenuto. Questo processo aiuta a garantire l’integrità e la correttezza della Partita IVA fornita.

Calcolo del carattere di controllo

La Partita IVA è composta da quattro parti distinte:

  • Identificativo della Nazione: una sigla che indica il paese di appartenenza, come “IT” per l’Italia;
  • Numero di Matricola: le prime sette cifre, assegnate dall’ufficio provinciale competente e incrementali;
  • Codice dell’Ufficio Provinciale: le cifre dall’ottava alla decima, corrispondenti al codice ISTAT della provincia di appartenenza;
  • Carattere di Controllo: l’ultima cifra, utilizzata per verificare la correttezza delle prime dieci cifre.

La procedura di verifica della Partita IVA prevede i seguenti passaggi:

  • Somma delle Cifre Dispari: Si sommano le prime 5 cifre in posizione dispari e il carattere di controllo per ottenere il valore di A;
  • Somma dei Doppi delle Cifre Pari: Si calcola la somma dei doppi delle cifre in posizione pari. Se una cifra supera 9, si sottrae 9. Il risultato costituisce il valore di B.
  • Somma di A e B: Si sommano i valori di A e B.
  • Calcolo del Modulo 10: Si calcola il modulo 10 del risultato della somma dei valori A e B. Se il modulo è 0, la Partita IVA è considerata valida.

Come verificare la partita IVA - Partita IVA Intracomunitaria

Ricerca della Partita IVA Comunitaria

Le imprese che operano a livello comunitario devono possedere una Partita IVA comunitaria per effettuare transazioni intra-UE. La ricerca e la verifica della Partita IVA comunitaria possono essere effettuate tramite il sistema VIES (Vat Information Exchange System), gestito dall’Agenzia delle Entrate. Questo strumento consente di verificare la validità delle Partite IVA dei soggetti comunitari autorizzati.

Inoltre se si consce la ragione sociale o la denominazione dell’impresa (valido solo se italiana) è possibile trovare la partita IVA presente nel Registro delle Imprese nel sito della Camera di Commercio, in questo è possibile controllare se la partita IVA fornita corrisponde con quella registrata

Verificare la Partita IVA Extracomunitarie

Le imprese che intrattengono rapporti commerciali con paesi al di fuori dell’Unione Europea devono verificare la validità delle Partite IVA extracomunitarie. Questo processo può essere più complesso e richiedere l’utilizzo di strumenti specifici per verificare la conformità alle normative fiscali del paese di appartenenza. Uno strumento che è possibile utilizzare è il “Vat Search”, il quale fornisce dati sulle partite IVA di 29 Paesi al mondo.

Controllo della Partita IVA con FatturaPRO.click

FatturaPRO.click ti offre la possibilità di verificare la validità della Partita IVA durante l’emissione delle fatture, sia per le transazioni tra aziende (B2B) che per le fatture emesse alle Pubbliche Amministrazioni (B2G).

Per le fatture B2G, ovvero quelle destinate alle Pubbliche Amministrazioni, FatturaPRO.click ti consente di consultare direttamente l’elenco delle pubbliche amministrazioni. Questo permette di compilare automaticamente i dati certificati, rendendo il processo di compilazione più rapido ed efficiente.

Nel caso delle fatture B2B, il sistema di FatturaPRO.click eseguirà automaticamente la verifica della validità della fattura. Non sarà necessario effettuare calcoli o procedure complesse per inviare la fattura. Il sistema si occuperà di controllare la validità della Partita IVA e dei dati inseriti nella fattura, garantendo un processo di emissione più sicuro e affidabile.

In sostanza l’emissione delle fatture diventa più agevole e veloce, garantendo nel contempo la conformità alle normative fiscali e la correttezza dei dati inseriti. In altre parole una contabilità veramente sostenibile.

Inversione contabile articolo 194: disciplina, operazioni coinvolte ed effetti sulla fatturazione

L’inversione contabile articolo 194 costituisce un meccanismo del sistema IVA italiano che, sebbene ormai consolidato, non è ancora pienamente chiaro a tutti gli operatori economici.

L’inversione contabile si applica a specifiche cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate tra soggetti passivi IVA stabiliti nel territorio dello Stato. In questi casi, l’imposta viene assolta tramite il cosiddetto “reverse charge“, con l’acquirente che diviene sostituto d’imposta in luogo del cedente o prestatore.

Questo meccanismo di inversione contabile articolo 194, che comporta la mancata esposizione dell’IVA in fattura da parte del cedente e il riversamento dell’imposta da parte dell’acquirente, risulta piuttosto complesso rispetto allo schema tradizionale di fatturazione.

Risulta quindi fondamentale una profonda conoscenza delle regole da applicare correttamente nei casi di inversione contabile, soprattutto per quegli operatori IVA che emettono regolarmente fatture elettroniche sia sul mercato interno che verso l’estero. Solo attraverso una piena consapevolezza delle modalità del reverse charge sarà infatti possibile adempiere agli obblighi contabili e di versamento dell’IVA in modo conforme alle disposizioni normative.

Risulta pertanto necessario un costante aggiornamento professionale in materia di inversione contabile articolo 194, al fine di attuarla correttamente in fase di fatturazione elettronica.

Inversione contabile articolo 194: cos’è e quali sono le operazioni coinvolte

L’inversione contabile articolo 194, comunemente nota come reverse charge, è un meccanismo speciale di versamento dell’IVA che coinvolge particolari operazioni tramite fatturazione elettronica.

In base a questo articolo del DPR 633/1972, per talune cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate tra soggetti passivi IVA residenti in Italia, il cliente acquista i beni o i servizi senza l’applicazione dell’imposta da parte del fornitore che, invece, emette una fattura con l’indicazione dell’inversione contabile. Sarà poi l’acquirente a versare l’IVA dovuta al fisco nella liquidazione periodica.

Le operazioni interessate dall’inversione contabile articolo 194 riguardano specificatamente le cessioni di determinati beni, come ad esempio oro e metalli preziosi, prodotti di acciaieria, apparecchiature di telecomunicazioni, PC e simili. Sono inoltre inclusi alcuni servizi come ad esempio quelli di subfornitura, di intermediazione assicurativa e riassicurativa, di consulenza tributaria, di consulenza fiscale, di progettazione e ingegneria, di telecomunicazioni o elettronici.

In considerazione dell’obbligo di fatturazione elettronica nei rapporti business to business (B2B), l’inversione contabile articolo 194 viene indicata nel file XML della fattura emessa dal fornitore, il quale non esporrà l’IVA in fattura. Sarà poi compito dell’acquirente riversare l’imposta dovuta nella propria liquidazione periodica tramite il modello IVA PA.

In questo modo l’inversione contabile articolo 194, combinata con la fatturazione elettronica, assicura l’emissione di fatture regolari ma anche un corretto assolvimento dell’imposta al fisco.

inversione contabile

Inversione contabile – articolo 194 direttiva 2006/112/ec: Obblighi ed effetti in termini di fatturazione ed emissione/ricezione di fatture

L’inversione contabile di cui all’articolo 194 della direttiva 2006/112/CE comporta specifici obblighi in termini di fatturazione ed emissione/ricezione di fatture per le operazioni soggette ad IVA.

Quando si verifica l’inversione contabile articolo 194, il documento fiscale emesso dal cedente non deve indicare l’Imposta sul valore aggiunto, poiché è l’acquirente a divenire debitore dell’IVA. Quest’ultimo dovrà allora ricevere una fattura in cui sia chiaramente menzionata la causale “inversione contabile”.

Il cedente è tenuto a comunicare nella propria contabilità IVA il riferimento al numero e la data di emissione della fattura nonché gli estremi di identificazione del cessionario. L’acquirente, dal canto suo, dovrà emettere una registrazione contabile dell’operazione, riportando l’Imposta sul valore aggiunto come debito verso lo Stato.

In sede di liquidazione periodica dell’IVA, l’acquirente avrà quindi l’obbligo di indicare le operazioni soggette a inversione contabile tra i dati delle acquisizioni passive. In tal modo sarà in grado di detrarre l’Imposta sul valore aggiunto corrisposta e di versare l’importo dovuto all’erario.

Questi specifici obblighi di fatturazione ed emissione/ricezione della documentazione fiscale, derivanti dall’inversione contabile articolo 194, assicurano la corretta applicazione del meccanismo di trasferimento dell’IVA in capo al destinatario della cessione o prestazione.

Vendita cannabis light online: come funziona la fatturazione e la disciplina fiscale

La vendita cannabis light online si sta imponendo come uno dei business più interessanti del commercio elettronico in questi anni. Diversi studi di settore confermano infatti la crescita esponenziale di questo mercato.

Stando a una ricerca condotta nel 2021 da Cross-Border Growth Capital, il giro d’affari legato alla vendita online di cannabis light in Europa ha raggiunto un volume di 880 milioni di euro nel corso del 2020. Un aumento del 220% rispetto all’anno precedente. Anche in Italia si registrano trend analoghi: secondo i dati forniti dall’Osservatorio sul mercato della canapa industriale di Luiss Business School, nel nostro Paese il mercato della Vendita cannabis light online valeva circa 50 milioni di euro nel 2019, con prospettive di raddoppio entro il 2024.

Tali cifre dimostrano come questo settore, legale e regolamentato, stia diventando una vera e propria industria in forte crescita. Proprio per tale motivo, risulta fondamentale per chi intende avviare un’attività in tale ambito conoscere a fondo la normativa fiscale applicabile. Solo un corretto inquadramento contabile e tributario può infatti consentire di massimizzare i profitti e gestire al meglio la propria impresa. Soprattutto nel commercio digitale, dove la concorrenza è ormai globale, risulta vitale adottare il regime fiscale migliore per posizionarsi strategicamente sul mercato.

Vendita cannabis light online: il giusto Regime IVA per la vendita online di prodotti derivati

La vendita online di cannabis light è quindi certamente un settore in evoluzione, soggetto a normative in fase di chiarimento.

Vendita cannabis light online è attualmente possibile in molti Paesi, sebbene alcuni prodotti derivati dalla canapa siano soggetti a regolamentazioni doganali e imposizione IVA. In Italia, la Legge n.242/2016 e i successivi chiarimenti ministeriali consentono la commercializzazione di infiorescenze e altri derivati della canapa sativa contenenti un tasso di THC inferiore allo 0,5%, esenti da obblighi in materia di sostanze stupefacenti.

Alla luce di un business così fiorente, sono in tanti a chiedersi quindi cosa vendere online per avere successo e se il commercio elettronico deve quindi comprendere anche la marijuana light. Una domanda cui non esiste una risposta univoca, poiché fattori come la competitività di mercato, la qualità dell’offerta e la capacità di fidelizzare i clienti sono determinanti. Nel caso specifico della cannabis light, alcuni produttori hanno ottenuto risultati commerciali lusinghieri proponendo infiorescenze, oli, resine, creme e altri articoli per uso wellness e rilassamento, grazie a una comunicazione trasparente e rispettosa delle normative.

Vendita cannabis light online

In merito alla corretta applicazione dell’IVA, va considerato che per i prodotti CANAPA SATIVA con THC inferiore allo 0,5% sussiste un regime IVA agevolato, equiparandoli a prodotti di erboristeria e benessere. L’aliquota IVA applicabile è quindi quella del 10% (art.74 DPR 633/72 e successive modifiche), in luogo di quella del 22% prevista per i prodotti di tabacchi e sigarette.

Tale orientamento è stato confermato dall’Agenzia delle Dogane che, con la circolare 14/E del 5 luglio 2019, ha chiarito la non riconducibilità dei derivati della canapa sativa L. contenenti THC inferiore allo 0,2% alla voce TARIC NC24039980Altri tabacchi lavorati” soggetti ad aliquota IVA del 22%.

Cannabis light online: obblighi fiscali e modalità di fatturazione per un e-commerce

Come abbiamo detto la vendita cannabis light online è consentita per prodotti contenenti THC inferiore allo 0,5%, ma ciò non esime dal rispetto delle normative contabili e tributarie.

Le imprese che vendono online devono prima di tutto aprire una partita IVA, in quanto l’attività svolta costituisce un’effettiva attività. Per un e-commerce di cannabis light, essendo i prodotti assimilabili a quelli di erboristeria, l’aliquota IVA applicabile è del 10%. L’Agenzia delle Entrate prevede poi l’emissione di fatture elettroniche per tutti gli operatori con volume d’affari superiore a 25.000 euro.

Un aspetto da non sottovalutare riguarda la corretta tenuta della contabilità. Per le vendite online è necessario emettere fattura immediatamente dopo il pagamento da parte del cliente, registrando correttamente incassi e ricavi. Fondamentale poi versare trimestralmente i contributi INPS come titolare di partita IVA. Questi obblighi possono sembrare gravosi, ma grazie all’automazione dei pagamenti, la gestione amministrativa di un e-commerce si rivela più semplice di quanto si possa pensare dando così vita a un vero e proprio secondo lavoro online redditizio.

Prodotti artigianali: disciplina fiscale per la vendita

L’attività di produzione e vendita di prodotti artigianali sta conoscendo in Italia una crescente diffusione, divenendo una scelta imprenditoriale intraprendente da un numero sempre più ampio di artigiani e creativi.

Secondo i dati pubblicati da Unioncamere e InfoCamere nell’ambito dell’Osservatorio dell’Artigianato, le imprese artigiane registrate in Italia sono aumentate del 3,2% tra il 2019 e il 2021, per un totale di oltre 1,3 milioni di attività. Nello specifico comparto della produzione di prodotti artigianali, la percentuale di aumento delle nuove imprese negli ultimi tre anni è risultata del 5,9%, una delle più alte in assoluto tra i settori artigiani monitorati.

Coerentemente, anche i dati Istat evidenziano come il fatturato generato dalla vendita di prodotti artigianali realizzati e commercializzati da imprese individuali e società artigiane sia cresciuto del 13% tra il 2020 e il 2021, attestandosi su un valore di oltre 6 miliardi di euro.

Questi trend positivi dimostrano come la scelta imprenditoriale della produzione e vendita di prodotti artigianali rappresenti oggi un settore dinamico e in grado di attirare un numero crescente di soggetti creativi e artigiani digitali. Si tratta infatti di attività ad alto contenuto di artigianalità e personalizzazione, permettendo flessibilità e identificazione nel proprio lavoro. Gli ultimi dati statistici certificano quindi come i prodotti artigianali costituiscano un business in forte crescita nel panorama economico italiano.

Prodotti artigianali: Regime IVA

Il regime IVA agevolato per la vendita di prodotti artigianali rappresenta uno strumento fondamentale per artigiani e piccoli produttori. Tale regime, previsto dalla normativa comunitaria e recepito nell’ordinamento italiano, consente in particolare agli operatori che realizzano e vendono prodotti artigianali di applicare un regime IVA semplificato rispetto a quello ordinario.

Nel dettaglio, ai sensi dell’art. 34 comma 1 DPR 633/72, il regime IVA agevolato presuppone che sia possibile applicare un’aliquota IVA ridotta pari al 10% anziché quella ordinaria per la vendita di prodotti artigianali realizzati direttamente dal produttore, a condizione che il volume d’affari annuo derivante da tali operazioni non superi i 25.000 euro. Gli operatori in regime agevolato sono inoltre esonerati dagli adempimenti contabili e di liquidazione periodica dell’IVA, potendo assolvere l’imposta dovuta con la mera emissione di fatture.

Per gli operatori con volumi d’affari superiori soggetti alla fatturazione elettronica, si applica invece il regime IVA ordinario che prevede l’obbligo di fatturazione, registrazione e liquidazione mensile dell’imposta. Anche in questo caso tuttavia sussiste la possibilità, in presenza di determinati requisiti, di applicare l’aliquota IVA ridotta del 10% in luogo di quella ordinaria nell’ipotesi di cessione di prodotti artigianali autoprodotti. Il ricorso al regime IVA agevolato rimane quindi uno strumento fondamentale per sostenere l’attività di realizzazione e commercializzazione di prodotti artigianali tradizionali.

Prodotti artigianali

Prodotto artigianale: Obblighi contabili per l’attività di produzione e vendita

L’attività di produzione e vendita di prodotti artigianali comporta l’osservanza di precisi obblighi contabili previsti dalla normativa civilistica e fiscale.

Innanzitutto, tutti i soggetti che esercitano un’attività di impresa artigiana, compresa la realizzazione e commercializzazione di prodotti artigianali, sono tenuti alla tenuta di una contabilità che rispetti i principi di accuratezza, completezza e tempestività dell’art. 2214 c.c. È inoltre necessario provvedere alla registrazione delle operazioni commerciali nel registro IVA per i soggetti a tale imposta.

I produttori artigianali con ricavi/compensi annui inferiori a 25.000 euro possono avvalersi del regime IVA agevolato e sono esonerati dagli adempimenti periodici e dalla fatturazione se vendono direttamente al pubblico e fatturano solo le cessioni. Tuttavia, anche in questo caso è obbligatoria la tenuta della contabilità semplificata.

Per chi vende online senza partita IVA, l’obbligo contabile viene meno solo per ricavi al di sotto dei 5.000 euro annui. Tra 5.000 e 30.000 euro annuali invece è richiesta una mera registrazione delle operazioni senza obbligo di fatturazione. Pertanto, anche in ipotesi di vendita senza partita IVA su internet, la corretta tenuta della contabilità è comunque sempre fondamentale.

Fattura ricevuta da soggetto identificato in Italia ma non residente: adempimenti e implicazioni fiscali

La fattura ricevuta da soggetto identificato in Italia ma non residente riveste un particolare grado di criticità nell’ambito della Fatturazione elettronica. Infatti, affinché tale documento sia considerato valido ai fini IVA, occorre che vengano rispettati vincoli specifici di compilazione come il codice TD28 e l’indicazione dell’identificativo IVA italiano.

Qualora tali requisiti non siano soddisfatti, il sitema del Sistema di Interscambio provvederà allo scarto della fattura con conseguente mancata deducibilità dell’IVA.

Di qui l’importanza di porre la massima cura nella registrazione contabile di tali documenti, verificando attentamente i dati obbligatori in essi riportati, per evitare di incorrere in errori che potrebbero ripercuotersi negativamente in sede di dichiarazione IVA, di controllo dell’Agenzia delle Entrate o di determinazione del credito/debito d’imposta.

Anche un banale refuso nell’indicazione dell’identificativo fiscale estero potrebbe rendere non conforme la fattura, con effetti pregiudizievoli sull’operatività dell’impresa. Occorre quindi porre la massima cautela nella ricezione di tali fatture da validare con accuratezza.

Fattura ricevuta da soggetto identificato in Italia ma non residente: i requisiti

Nell’ambito della fatturazione elettronica, la normativa prevede specifiche disposizioni per la gestione contabile delle fatture passive ricevute da soggetti IVA identificati in Italia ma non residenti nel territorio nazionale.

In particolare, il Codice di comportamento per la trasmissione e la ricezione delle fatture elettroniche stabilisce che tali operazioni, per essere considerate valide, devono riportare nel tracciato in formato XML il codice “TD28”.

In aggiunta, la fattura elettronica dovrà contenere obbligatoriamente l’indicazione dell’identificativo IVA del cedente/prestatore non residente rilasciato dall’Agenzia delle Entrate italiana. Tale dato identificativo è comunicato dal soggetto all’Anagrafe tributaria italiana.

Il rispetto di questi due requisiti di codifica dell’operazione (TD28) e di indicazione dell’identificativo IVA consente di considerare regolare, ai fini IVA in Italia, il documento ricevuto in formato elettronico. L’omessa o errata presenza anche di uno soltanto dei campi determina lo scarto della fattura.

Se una fattura elettronica ricevuta da un soggetto identificato in Italia ma non residente non rispetta i requisiti di cui sopra (codifica dell’operazione con TD28 e indicazione dell’identificativo IVA italiano), le conseguenze sono le seguenti:

  1. La fattura è scartata e non può essere registrata contabilmente dal sistema del SdI (Sistema di Interscambio). Pertanto non è deducibile ai fini IVA.
  2. Il vendor riceve una nota di scarto contenente le motivazioni del mancato accoglimento del file XML.
  3. Sarà necessario richiedere al cedente/prestatore l’emissione di una nuova fattura elettronica con i dati corretti.
  4. In mancanza di fattura valida, non è possibile detrarre l’IVA a credito e l’importo diventa una spesa non deducibile fiscalmente.
  5. Possono configurarsi profili di irregolarità IVA, con conseguenti sanzioni, nel caso di registrazione contabile di documenti non validi ai fini fiscali.

Pertanto è fondamentale porre la massima attenzione affinché la fattura elettronica contenga correttamente tutti gli elementi obbligatori richiesti dalla normativa. È quindi necessario porre particolare attenzione al corretto assolvimento di tali obblighi formali nella gestione delle fatture passive da soggetti non residenti ma identificati in Italia.

Fattura ricevuta da soggetto identificato in Italia ma non residente

Soggetto identificato ma non residente in Italia: Regime IVA e obblighi contabili

I soggetti non residenti nel territorio italiano che intrattengono rapporti economici con clienti e fornitori localizzati in Italia possono scegliere di identificarsi ad IVA nel nostro Paese.

In questo caso, l’identificazione comporta l’assoggettamento al regime IVA italiano per le sole cessioni di beni e prestazioni di servizi rese sul territorio nazionale, con obbligo di:

  • Emissione di fatture elettroniche per le operazioni attive, utilizzando il codice identificativo rilasciato dall’Agenzia delle Entrate;
  • Trasmissione al Sistema di Interscambio delle fatture elettroniche ricevute, che dovranno riportare correttamente la posizione IVA del cedente;
  • Liquidazione periodica dell’IVA in Italia per le operazioni passive, utilizzando il modello di pagamento F24.
  • Tenuta della contabilità IVA con evidenza delle singole operazioni.

È quindi essenziale che tali soggetti identificati rispettino scrupolosamente gli obblighi contabili, per evitare possibili errori fattura elettronica o irregolarità sanzionabili.

Fatturazione elettronica 2024: le specifiche tecniche in vigore dal 1° febbraio

Dal 1°febbraio 2024 è importante essere a conoscenza delle novità introdotte per la fatturazione elettronica che entreranno in vigore da tale data. L’Agenzia delle Entrate ha infatti pubblicato le specifiche tecniche per la trasmissione e la ricezione dei file XML delle fatture elettroniche nella nuova versione 1.8, che va a sostituire la precedente 1.7.

Le modifiche apportate, entrando nel dettaglio, riguardano l’introduzione di una nuova codifica facoltativa utile ai produttori agricoli per la gestione automatica dell’IVA, un controllo aggiuntivo per le fatture con dichiarazione d’intento invalidata e alcuni miglioramenti a livello anagrafico e di codifica delle operazioni. È quindi fondamentale che tutti i soggetti emittenti e riceventi fatture elettroniche prendano visione di queste novità, in quanto le regole per la trasmissione e ricezione dei file XML si adegueranno a partire dal 1° febbraio al nuovo tracciato previsto nelle specifiche tecniche 1.8.

I software di fatturazione elettronica dovranno inoltre essere prontamente aggiornati per allinearsi alle nuove disposizioni. Conoscere nel dettaglio queste modifiche introdotte è molto importante per evitare errori ed eventuali scarti delle fatture elettroniche a partire dalla data del 1° febbraio 2024.

Fatturazione elettronica 2024: le principali novità

Con l’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica esteso a tutti i contribuenti in regime forfettario dal 1° gennaio 2024 e l’entrata in vigore, dal 1° febbraio, della versione 1.8 delle Specifiche Tecniche per la trasmissione e la ricezione delle fatture elettroniche tra privati, si prepara un anno denso di cambiamenti per la Fatturazione elettronica in Italia.

Le nuove Specifiche Tecniche, rilasciate il 12 dicembre 2023 dall’Agenzia delle Entrate, introducono importanti novità per supportare al meglio i produttori agricoli in regime speciale IVA nella gestione automatica della liquidazione dell’imposta, nonché per rendere più stringenti i controlli sulle operazioni documentate con dichiarazione d’intento poi invalidata. Viene inoltre integrata la descrizione dell’IdPaese nei Dati Anagrafici del Cedente/Prestatore e aggiornate le indicazioni per l’utilizzo del codice TD28 per le operazioni svolte tra soggetti identificati in Italia ma non stabiliti sul territorio nazionale.

Con l’estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica a tutti i contribuenti minimi e forfettari dal 1° gennaio 2024, si abbandonerà definitivamente la Certificazione Unica a favore della trasmissione telematica delle fatture emesse e ricevute da tali soggetti. Tale novità, unitamente alle specifiche tecniche aggiornate, porterà ad un’ulteriore semplificazione degli adempimenti IVA facendo leva sulle potenzialità della Fatturazione elettronica quale strumento di semplificazione, controllo e tracciabilità delle operazioni effettuate dai soggetti passivi dell’imposta.

Fatturazione elettronica 2024

Fattura elettronica 2024: un approfondimento sull’abbandono della Certificazione Unica

L’estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica ai soggetti minimi e forfettari, prevista a partire dal 1° gennaio 2024, determinerà l’abbandono dello strumento della Certificazione Unica (CU) per la gestione degli adempimenti fiscali di tali contribuenti.

Finora, i forfettari e minimi utilizzavano la CU per la dichiarazione integrativa dei redditi percepiti e delle ritenute operate, nonché per l’assolvimento dei relativi obblighi di versamento. Tale documento verrà meno per effetto del nuovo obbligo di fatturazione elettronica esteso a tali categorie di contribuenti.

La trasmissione e conservazione delle sole fatture emesse e ricevute digitalmente, secondo le Specifiche Tecniche definite dall’Agenzia delle Entrate, permetterà infatti agli stessi soggetti di assolvere integralmente agli obblighi dichiarativi e di versamento dell’IVA. Non sarà più necessario, di conseguenza, ricorrere alla CU che risulterà definitivamente superata per minimi e forfettari, i quali dovranno unicamente occuparsi della corretta fatturazione elettronica delle operazioni effettuate.

Tale novità semplificherà quindi gli adempimenti di tali categorie di contribuenti grazie alla dematerializzazione totale dei processi di fatturazione.

Sondaggi retribuiti: ecco come guadagnare da casa in modo facile e veloce

I sondaggi retribuiti online sono diventati negli ultimi anni una modalità molto diffusa per ottenere un reddito integrativo. Secondo dati dell’Osservatorio di Porsch e Bwin su comportamenti e abitudini degli italiani, sono oltre 3 milioni le persone che nel nostro Paese ricorrono saltuariamente a questa attività.

Un recente rapporto Istat stima invece che il 3,4% della popolazione tra i 18 e i 74 anni, pari a circa 1,6 milioni di individui, abbia guadagnato soldi rispondendo a questionari nell’ultimo anno. Le entrate medie ricavate ammontano a 370 euro l’anno secondo l’Istat, ma per chi lo pratica assiduamente possono essere anche di importo maggiore.

Anche uno studio di Bva Doxa rileva una crescita del fenomeno, con il numero degli italiani coinvolti che negli ultimi 5 anni è più che raddoppiato, grazie alla diffusione di internet e allo sviluppo di piattaforme sempre più user friendly.

I dati mostrano chiaramente come i sondaggi retribuiti abbiano ormai raggiunto una diffusione trasversale, diventando per molti un’utile integrazione al budget familiare da poche centinaia di euro annui. Un trend destinato presumibilmente ad aumentare nei prossimi anni.

Sondaggi retribuiti: cosa sono e come funzionano

I sondaggi retribuiti costituiscono una delle opzioni quando si cercano modi per guadagnare denaro senza prestazioni lavorative gravose. Questa attività si basa sul compilare questionari online per aziende e istituti di ricerca, al fine di raccogliere dati sulle abitudini e preferenze dei consumatori.

Nel dettaglio, i sondaggi retribuiti funzionano attraverso piattaforme che mettono in contatto chi effettua le indagini con un panel di rispondenti. Questi ultimi si registrano indicando le proprie caratteristiche socio-demografiche, per essere selezionati per questionari inerenti il proprio profilo. Di norma le retribuzioni sono modeste, dell’ordine di qualche centesimo di euro, ma svolgendo le attività nel tempo libero è possibile integrare il reddito senza stravolgere le proprie abitudini.

Naturalmente per guadagnare cifre significative è necessario dedicarvi quotidianamente una certa costanza, accettando un numero sempre maggiore di sondaggi proposti. Le piattaforme serie offrono diversi metodi per ricevere i compensi maturati, come bonifico bancario, ricariche per carte prepagate o sistemi di cash-out verso il proprio conto. Tuttavia, è bene accertarsi preventivamente che i pagamenti siano effettivamente erogati dopo un certo minimo soglia di punti accumulati o euro guadagnati. Alcune truffe promettono compensi che poi non vengono corrisposti. Meglio dunque leggere feedback e recensioni di altri utenti, o testare il servizio guadagnando piccole somme prima di investirci troppo tempo. Con gli accorgimenti del caso, questa resta comunque un’occasione di guadagno accessibile a molti. Rispetto ad altre idee per fare soldi senza lavorare, i sondaggi retribuiti non richiedono competenze specifiche o investimenti iniziali.

Sondaggi retribuiti

Sondaggi retribuiti online: opportunità di guadagno e tipologie disponibili

I sondaggi retribuiti online possono rivelarsi una concreta opportunità per guadagnare soldi extra, svolgendo un’attività di nicchia che ben si concilia con i ritmi della vita contemporanea. Le piattaforme di questo settore mettono a disposizione differenti tipologie di indagini retribuite. Ci sono i classici questionari socio-demografici, ma anche i test sensoriali per aziende alimentari e di cosmesi, le discussioni virtuali in tempo reale su vari temi e i divertenti giochi per guadagnare ricompense.

Alcune survey si completano in pochi minuti, mentre studi più complessi possono assorbire anche mezz’ora, pagando così cifre leggermente superiore. I compensi vanno da pochi centesimi a qualche euro, ma svolgendone sistematicamente diverse al giorno è possibile ricavare entrate extra mensili anche di entità rilevante.

Fattori chiave per incrementare i guadagni sono l’iscrizione a molte piattaforme diverse, la disponibilità a partecipare a diversi format e la costanza nell’accettare tutti i sondaggi proposti, nel rispetto dei tempi personali. Con un po’ di pratica e individuando le survey più remunerative per le proprie caratteristiche, i sondaggi online diventano quindi un’opzione da considerare per integrare il bilancio familiare.