Reddito da lavoro autonomo

Reddito da lavoro autonomo: esercizio abituale ed esclusivo di attività

Il reddito da lavoro autonomo riveste un’importanza significativa nell’ambito del sistema dei redditi in Italia.

I soggetti che percepiscono redditi di questo tipo, svolgendo la propria attività in forma autonoma, costituiscono una categoria consistente dal punto di vista economico e occupazionale. Secondo i dati dell’Agenzia delle Entrate, oltre 4 milioni di Partite IVA sono riconducibili proprio a persone fisiche che esercitano lavori autonomi come liberi professionisti, artigiani, commercianti e agenti di commercio.

In termini di gettito fiscale, i redditi d’impresa e di lavoro autonomo generano ogni anno decine di miliardi di euro di imposte sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e sul valore aggiunto (IVA). La classificazione e la corretta qualificazione di questi redditi riveste inoltre un ruolo cruciale per l’individuazione degli adempimenti contributivi previdenziali cui sono tenuti i soggetti titolari di partita IVA.

È quindi evidente come il reddito da lavoro autonomo costituisca una voce rilevante nel panorama reddituale italiano, sia per il suo impatto economico sia per gli aspetti di natura fiscale e previdenziale a esso collegati.

Reddito da lavoro autonomo: che cosa si intende per esercizio abituale ed esclusivo

Per reddito da lavoro autonomo si intende quello prodotto tramite l’esercizio continuativo di attività svolte al di fuori di un rapporto di lavoro subordinato e aventi carattere professionale. Affinché il reddito sia qualificabile come autonomo è necessario che l’attività sia esercitata in maniera abituale ed esclusiva.

Per abitualità si intende lo svolgimento dell’impresa o professione in maniera continuativa e sistematica nel corso dell’anno, senza soluzioni di continuità. Generalmente si prende a riferimento un arco temporale minimo di tre mesi.

L’esclusività, invece, implica che l’attività sia prevalente rispetto ad altre che generino reddito. La normativa vigente prevede una soglia del 70% oltre la quale si considera rispettato tale requisito. Nel caso in cui, pur essendoci continuità temporale, la prevalenza economica rispetto ad altre attività non superi tale limite, il reddito è qualificato come misto e non come autonomo a tutti gli effetti. Quindi, per reddito da lavoro autonomo si richiede che esso derivi da un’attività svolta abitualmente e prevalentemente rispetto ad altre generatrici di proventi.

Reddito da lavoro autonomo

Alcuni esempi classici di reddito da lavoro autonomo sono:

  1. Il reddito percepito dai liberi professionisti come avvocati, commercialisti, medici, ingegneri etc. che esercitano in maniera continuativa e prevalente la propria attività;
  2. Il reddito prodotto dagli artigiani, come idraulici, elettricisti, falegnami, che svolgono la propria attività in forma imprenditoriale avendo deciso di aprire una partita IVA;
  3. Il reddito dei lavoratori autonomi senza partita IVA come gli agenti di commercio, rappresentanti, gestori di servizi, che percepiscono compensi in modo continuativo nell’anno.

Questi sono alcuni tipici casi in cui si configura un reddito da lavoro autonomo in quanto derivante da un’attività abituale ed esclusiva.

Redditi da lavoro autonomo: Casistiche e principi contabili

I casi pratici sono utili per chiarire quando si è in presenza di un reddito da lavoro autonomo. Ad esempio, un libero professionista che esercita in via esclusiva la propria attività per l’intero anno solare genera un reddito autonomo.

Diverso il caso di un professionista che in alcuni mesi dell’anno supera la soglia del 30% di compensi percepiti come dipendente presso uno studio associato: il reddito, in questo caso, è qualificato come misto. Anche chi esercita saltuariamente una professione intellettuale è escluso dal regime autonomo.

Il principio contabile OIC 10 stabilisce che il reddito autonomo presuppone il rischio d’impresa e l’assenza di vincoli di subordinazione nello svolgimento dell’attività. I tributaristi evidenziano come i redditi da partecipazione, ad esempio proventi da soci di SRL, siano da qualificarsi in base alla concreta operatività nella società.

In conclusione, dalla normativa e dalla prassi discendono chiari criteri per distinguere correttamente le casistiche di reddito.