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Criptovalute crollo: cos’è successo e qual è la situazione

Nei mesi successivi al novembre del 2021 sui giornali era comune leggere: “criptovalute crollo del 70% del loro valore” , o titoloni simili. Infatti, dalla fine dell’anno scorso a oggi, le criptovalute hanno perso, complessivamente, oltre il 70% del loro valore e la stessa Bitcoin, criptovaluta originale di riferimento, è scesa sotto il 18.000 dollari USA. In molti si chiedono se questo non sia l’ennesimo crollo del mercato volatile delle criptovalute, oppure l’inizio della fine per la moneta digitale. Nonostante tutto, però, gli investitori vedono ancora un possibile futuro per la moneta digitale.

Criptovalute: un nuovo tipo di asset

Il Bitcoin è stato introdotto nel 2009 e ha rappresentato un innovativo asset. Nonostante un tiepido approccio iniziale, in poco tempo i Bitcoin sono arrivati a valere quasi 20.000 dollari alla fine del 2017. A dicembre 2017, i primi bitcoin futures su una borsa regolamentata sono stati quotati dal Chicago Board Options Exchange. Le opzioni su bitcoin sono seguite al Chicago Mercantile Exchange nel gennaio 2020. Nell’ottobre del 2020 è arrivato anche il primo bitcoin exchange-traded fund (ETF), facendo lievitare l’attenzione alle criptovalute.

All’inizio dell’era delle criptovalute, i Bitcoin erano piuttosto disconnessi dal circuito tradizionale dei mercati finanziari. Da quando, però, hanno iniziato a essere considerati come un altro semplice “asset”, hanno anche cominciato a risentire dei macrofattori che influenzano i mercati classici.

Criptovalute crollo, guerra in Ucraina, aumento dei prezzi del petrolio e aumento dei tassi d’interesse dello 0,75% a giugno 2022, sono tutti collegati tra loro. Tutti questi fattori hanno impattato violentemente sulle criptovalute, non solo sui Bitcoin.

Crollo criptovalute oggi: ecco la situazione

Oltre alla situazione generale mondiale, ci sono altri fattori che hanno decretato un drastico crollo delle criptovalute:

  1. Tra maggio e giugno del 2022 i valori delle stablecoin sono crollati;
  2. Binance (il principale exchange di criptovalute) ha sospeso i prelievi di Bitcoin a causa una “transazione bloccata”;
  3. la piattaforma di prestito Celsius Network ha bloccato prelievi e trasferimenti citando condizioni di mercato “estreme“.

Criptovalute crollo

Alla luce di tutto questo, gli utenti della piattaforma blockchian pubblica Solana ne hanno assunto il controllo temporaneo, per evitare che il proprietario dell’account mettesse in liquidazione le proprie posizioni e facesse scendere ulteriormente i prezzi. Solana è, infatti, la più grande piattaforma con circa 20 milioni di dollari USA. La situazione generale ha fatto diminuire notevolmente la fiducia degli investitori nel settore e nelle criptovalute.

Il Crypto Fear & Greed Index è quasi al minimo storico di 9/100, un dato che indica “paura estrema“. L’indice era a 75/100 quando Bitcoin ha raggiunto il suo massimo di novembre 2021.

Criptovalute crollo e prospettive per il futuro

Alla luce di questo drastico crollo, le prospettive future sono piuttosto nebbiose e molteplici. Il mondo della moneta digitale è estremo e volatile, soggetto anche a bruschi cambiamenti e influenzato da elementi insospettabili. Alcuni credono che sia il momento buono per “acquistare al ribasso”. Altri, invece, più pessimisti, pensano che ormai sia arrivata la fine delle criptovalute.

Alcuni bitcoiner più risoluti vedono questo periodo come un momento in cui la monta digitale inizierà un periodo di accumulo basato sulla storia passata. Sono in molti, comunque, a cercare segnali di riferimento più solidi e durevoli.

Molti altri sostengono che questa sia l’ennesima bolla di criptovalute. Una bolla che si inserisce in un tipico ciclo di mercato. Prevedono, quindi, un mercato che tenderà a rialzarsi e un settore che si riprenderà in modo soddisfacente per tutti.

Le bolle di mercato sono, da sempre, studiate con interesse dagli economisti. Studi e ricerche che hanno comunque messo in evidenza quanto gli asset colpiti da una bolla, non riescano mai a tornare ai massimi precedenti la bolla stessa. Lo stesso ex segretario al lavoro statunitense Robert Reich ha equiparato le criptovalute agli ormai (purtroppo) famosi schemi Ponzi. Non regolamentati seguono una strada che porta all’inevitabile crollo e alla fine definitiva.

Crollo delle criptovalute: conclusioni

Le criptovalute, oggi, devono anche affrontare altri problemi, legati all’energia, alla privacy e alla sicurezza (cyber security). Inoltre l’interesse della banca centrale per il mondo delle cripto, rischia di erodere ulteriormente l’interesse dei suoi principali investitori.

In conclusione criptovalute, crollo e investimenti sono elementi comuni della stessa storia, intrecciati tra loro come una trama per studiata a tavolino. Investire nelle criptovalute è sempre stato rischioso, ma oggi lo è ancora di più. È necessario, quindi, fare molta attenzione e non perdere mai di vista la situazione generale dei mercati, oltre che quella socio economica mondiale.

Obbligo pos: come funziona dal 30 giugno

Dal 30 giugno 2022 è scattato l’obbligo POS per negozianti e studi professionali. Gli esercenti sono tenuti ad accettare i pagamenti con bancomat e carte di credito. Non è più possibile rifiutare i pagamenti elettronici anche se le somme sono molto basse. Sono previste e pronte a scattare sanzioni amministrative a seguito di possibili segnalazioni da parte dei clienti.

Obbligo POS: i soggetti a cui sono applicate le nuove regole

Dal 30 giugno, negozianti e studi professionali devono essere muniti di POS e accettare sempre i pagamenti con bancomat (carta di credito o carta di debito), indipendentemente dall’importo. A imporre il nuovo obbligo POS è decreto legge 36/2022 (cosiddetto “decreto Pnrr 2”, articolo 18, commi 1, 2 e 3) che attua gli obiettivi fissati nel PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza).

L’obbligo doveva partire dal 1° gennaio del 2023, ma il decreto legge lo ha anticipato all’inizio della seconda metà del 2022. Sono quindi applicabili le sanzioni a tutti gli esercenti che rifiutano il pagamento con carta di credito e bancomat. L’obbligo POS deve essere rispettato da tutti coloro che vendono prodotti e/o prestazioni di servizio, anche professionali. È comunque possibile evitare di far pagare tramite POS, senza far scattare le eventuali sanzioni, quando i professionisti possano materialmente dimostrare “l’oggettiva impossibilità tecnica” relativa al suddetto pagamento.

Obbligo POS 2022: le conseguenza per chi non si adegua

I soggetti che dovessero negare la possibilità di pagare tramite POS (bancomat, carta di credito o debito) sono soggetti a sanzioni pecuniarie, un po’ come accade per le sanzioni scontrino elettronico. La sanzione amministrativa ammonta a 30 euro, aumentata del 4% del valore della transazione stessa, per la quale è rifiutato il pagamento con carta.

Ad esempio, se il cliente deve pagare 100€ con il POS e l’esercente non ne fosse provvisto, la cifra che il negoziante deve pagare come sanzione ammonta a 34 euro. Il calcolo è dato dalla base di 30 euro previsti come sanzione pecuniaria , più il 4% di 100 euro, che corrisponde a 4 euro.

Obbligo pos

Obbligo pagamento POS: I casi di oggettiva impossibilità tecnica

Alla regola esiste un’eccezione, o meglio, è previsto una casistica particolare. Il decreto legge 179/2012 articolo 15, stabilisce che i negozianti possono non accettare il pagamento con POS solo nei casi di oggettiva impossibilità tecnica. Qualora si dovessero verificare tali circostanze, le sanzioni amministrative applicate, sono quelle previste dalla legge 689/81, con riferimento alle procedure e ai termini (a eccezione dell’articolo 16, che disciplina il pagamento in forma ridotta).

L’oblazione amministrativa, vale a dire l’alternativa alla contestazione della sanzione di effettuare il pagamento in forma ridotta, non è più valida. L’oblazione consente, infatti, al soggetto contravventore di pagare una somma pari a un terzo del massimo della sanzione. In alternativa, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo, oltre alle spese del procedimento. Il pagamento è previsto entro 60 giorni dalla contestazione immediata, oppure se questa non dovesse sussistere, dalla notificazione degli estremi della contestazione.

I pagamenti con POS, essendo pagamenti elettronici, sono soggetti a eventuali errori e/o malfunzionamenti tecnici. Di conseguenza è possibile, per gli esercenti, evitare le sanzioni in caso di

  1. malfunzionamento del POS
  2. problemi a rilevare la carta
  3. problemi di connettività a internet che rendono impossibile la trasmissione del pagamento avvenuto
  4. guasti alla rete elettrica

Per evitare le sanzioni, però, è necessario che i negozianti comunichino i disservizi e siano in grado di dimostrarne l’effettività.

Obbligo POS professionisti

L’obbligo POS non vale solo per i commercianti, ma anche per tutti i professionisti che vendono beni e/o servizi. Come per gli esercenti, anche i professionisti potrebbero limitarsi ad accettare anche un unico circuito di pagamento e una sola tipologia di carta di debito e di credito, ma devono comunque accettare il pagamento elettronico.

Per andare incontro a tutti, il Governo ha comunque previsto anche un bonus POS che consiste in un aiuto per acquistare o noleggiare strumenti digitali dedicati alle transazioni B2C, legati a sistemi di pagamento elettronico. Nonostante il bonus, è importante sapere che, per accettare i pagamenti con POS e assolvere all’obbligo POS, basta installare un’app sul proprio smartphone.

Già in passato, i precedenti Governi (Conte e Monti) avevano provato a stabilire l’obbligo POS per i negozianti, ma senza successo. Il governo Conte II, con l’art. 23 del Decreto legge n.124, stabiliva dal 1° luglio 2020 una multa pecuniaria di 30 euro più il 4 % dell’importo rifiutato. Tuttavia, nel corso della conversione in Legge del DL n. 124/2019, l’art. 23 veniva abrogato. Il Governo Monti provò nel 2021 con il Decreto-legge 179/2012, articolo 15, comma 4, ma ugualmente senza risultati.

Firma elettronica qualificata: tutti i dispositivi revocati da inizio 2022

La firma elettronica qualificata è uno strumento che permette di scambiare documenti online con piena validità legale. La procedura che garantisce l’autenticità, l’integrità e la sicurezza dell’accettazione dei documenti informatici, è chiamata validazione. Tutte le persone fisiche hanno facoltà di dotarsi di FEQ (Firma elettronica qualificata). I prestatori di servizi fiduciari qualificati autorizzati da AgID (Agenzia per l’Italia Digitale) possono garantire l’identità dei soggetti che utilizzano la FEQ. Da quando esiste questo strumento, esiste anche un elenco per la certificazione dei dispositivi  per la firma elettronica qualificata. Quest’anno è uscita una nuova comunicazione che revoca l’utilizzo di due secure electronic signature creation devices (SSCD) e qualified electronic signature creation devices (QSCD) dall’elenco notificato alla Commissione europea.

Firma elettronica qualificata e ANSSI

L’ANSSI, acronimo di Agenzia nazionale per la sicurezza dei sistemi informativi, è un ente francese creato allo scopo di assistere il Primo ministro nell’esercizio delle sue responsabilità in materia di difesa e sicurezza nazionale. In altre parole deve assicurare, a livello internazionale, la sicurezza dei sistemi informativi. Svolge il compito di proporre ai vari Stati dell’UE, le regole da seguire e applicare per la tutela dei sistemi dello stato e di verificarne l’applicazione. Inoltre fornisce anche un servizio di monitoraggio, rilevamento, allerta e risposta ad attacchi informatici, in particolare sulle reti statali.

Scopi e poteri conferiti grazie al Regolamento eIDAS che ha disposto, in base all’articolo 30, c1, la certificazione dei dispositivi per la firma elettronica qualificata.

Firma elettronica qualificata: dispositivi revocati

L’ANSSI ha comunicato all’AgiD che a partire dal 2023 due dispositivi utilizzati per la certificazione dei dispositivi per la firma elettronica qualificata, non saranno più validi. Si tratta di:

  • smart card di tipo Applet ID One Classic v1.01.1 en configuration CNS, Classic ou CIE chargée sur Cosmo v7.0-n Large, Standard et Basic (modes dual ou contact) sur composants NXP T;
  • smart card TS-CNS con chip NXP ASEPCOS-CNS v1.84 in SSCD configuration with patch PL07 on NXP P60D080PVG dual interface microcontroller T.

La scelta della revoca di validità è dettata dalla longevità dei due dispositivi, che ormai risultavano essere datati. In Italia il 25% dei certificati qualificati di firma digitale attivi, sono archiviati su smart card o token appartenenti alle due tipologie revocate. La revoca comporta la non validità delle firme digitali opposte con tali dispositivi a partire dal 31 dicembre 2022. La revoca comporta infatti il venir meno  della catena trust eIDAS.

Firma elettronica qualificata

Firma digitale elettronica qualificata e AgID

A seguito della comunicazione dell’ANSSI, AgID ha inoltrato la direttiva di dismissione ai prestatori di servizi fiduciari qualificati. In questo modo le Amministrazioni, le aziende e i professionisti clienti che utilizzano i dispositivi revocati, possono provvedere alla loro sostituzione in tempi brevi. Gli strumenti da sostituire devono essere rimpiazzati con dispositivi alternativi certificati e con tecnologie più innovative e recenti.

L’alternativa è rappresentata dalla firma digitale da remoto e dall’identificazione e autenticazione elettroniche che rispettino le disposizioni vigenti in materia d’identificazione elettronica e servizi fiduciari qualificati in ambito eIDAS. Per firma digitale da remoto si intende quella ottenuta usando proprio specifici strumenti di autenticazione, solitamente rappresentati dalla formula: user id+ password +OTP o telefono cellulare. Si tratta di elementi che sono in grado di generare la firma del firmatario su un dispositivo HSM. Dispositivo custodito dal certificatore (in terminologia europea, prestatore del servizio fiduciario qualificato).

Cash flow: cos’è, come si calcola e come gestire i flussi di cassa

Il cash flow è un aspetto finanziario molto importante e utile alle aziende per controllare correttamente la liquidità d’impresa. Si tratta di una voce che sintetizza la liquidità accumulata nel corso di un preciso lasso di tempo. L’intervallo temporale può essere mensile, trimestrale e annuale. In pratica serve a definire l’aumento o la diminuzione della liquidità aziendale in un determinato periodo di tempo. Il suo calcolo è dato dalla differenza tra entrate e uscite monetarie e corrisponde alla disponibilità monetaria delle aziende.

Cash flow definizione

Il cash flow è una risorsa molta importante per tutte le aziende. Aiuta le imprese a conoscere sempre la propria disponibilità di liquidità. È conosciuto anche come flusso primario dopo le imposte. Il valore di questo parametro è dato dalla differenza tra il totale delle entrate (cash inflow) e delle uscite (cash outflow). Il valore risultante è inserito anche nella contabilità generale e serve a determinare, all’interno del bilancio aziendale, gli scambi economici avvenuti con l’esterno (costi-ricavi).

Stabilito cos’è il cash flow, è necessario chiarire cosa non è. Non deve, infatti, essere confuso con il bilancio d’esercizio. Il bilancio è un documento che sintetizza tutti i dati quotidiani relativi a un’azienda a seguito della propria attività. Con il bilancio, però, non è possibile verificare l’andamento di un singolo prodotto, la sua redditività, oppure il costo delle materie prime e della distribuzione in generale. Il dettaglio dei singoli dati è tenuto sotto controllo solo grazie alla contabilità analitica, che parte proprio dal cash flow e si addentra nelle specifiche performance, linee produttive o singoli prodotti.

Cash flow

Calcolo cash flow

Il calcolo del cash flow parte dal rendiconto finanziario. Un documento aziendale di fondamentale importanza perché sintetizza i fattori d’incremento e diminuzione delle liquidità disponibili all’interno di un’impresa. In altre parole è un bilancio tra pagamenti effettuati e pagamenti ricevuti un determinato periodo di tempo. Non tiene conto delle spese da pagare e degli importi non ancora effettivi. È necessario, quindi, procedere con il calcolo del flusso di cassa.

Il documento tiene in considerazione anche:

  • proventi degli investimenti
  • passività da sostenere
  • interessi
  • dividendi
  • stipendi
  • tasse

Il cash flow è positivo quando la liquidità acquisita è maggiore di quella persa. Al contrario, è negativo quando la liquidità acquisita è inferiore a quella persa.

Cash flow: le varie tipologie

Esistono diverse tipologie di cash flow. Ciascuna è importante per controllare lo stato di liquidità a disposizione della propria azienda:

  • Flusso di cassa operativo – permette di calcolare la liquidità dovuto a seguito della gestione aziendale. Per calcolarlo occorre conoscere il reddito operativo che, a sua volta, deriva dall’utile aziendale al netto d’imposte e oneri finanziari.
  • Flusso di cassa per l’impresa – rappresenta la liquidità che gli investitori hanno a disposizione. È un parametro molto importante perché aiuta a stabilire la redditività precisa dell’azienda. Il risultato è dato dalla sottrazione delle spese sostenute in un determinato lasso di tempo che parte dal saldo tra attività e passività operative.
  • Flusso di cassa per gli azionisti – il parametro indica la somma da corrispondere agli azionisti che possiedono quote del capitale sociale.

Flussi di cassa: gestirli al meglio

Il cash flow è molto importante per una corretta gestione della propria attività. Serve a raggiungere una stabile e solida economia aziendale e a rispettare tutti gli impegni e gli obblighi prefissati. In combinazione a una corretta gestione dei rischi d’impresa, data dall’analisi della natura di vendite e investimenti, possono essere raggiunti dei risultati notevoli. È sempre molto importante monitorare le dilazioni di pagamento ed evitare che i flussi d’incasso vadano oltre una certa soglia.

Oggi esistono diversi software che permettono una gestione automatizzata e facilitata del proprio cash flow. Programmi che riescono a ridurre al minimo i rischi di cash outflow. Una sana gestione aziendale è composta da tante piccole accortezze che vanno dal corretto calcolo del cash flow a una corretta pianificazione del magazzino, dell’ammortamento e delle attrezzature, passando per previsioni di budget e analisi di ogni dato consuntivo.

Dichiarazione annuale Iva: i soggetti esonerati nel 2022

La dichiarazione annuale IVA è un adempimento obbligatorio, in linea di massima, per tutti i contribuenti titolari di partita IVA. In pratica, chiunque eserciti un’attività d’impresa, arte o professione, è tenuto a presentarla. Nonostante l’obbligo sia imputato a tutti, il legislatore ha previsto comunque dei soggetti esonerati. Le categorie esentate da tale obbligo sono, di norma, regimi agevolati, come, ad esempio, quello dei forfettari o i contribuenti minimi. Ci sono comunque anche altre categorie che è bene ricordare in vista della dichiarazione annuale.

Dichiarazione annuale IVA: i soggetti esonerati nel 2022 (anno d’imposta 2021)

I soggetti che nell’anno d’imposta 2021 hanno registrato solo operazioni esenti (art. 10 Dpr 633/72) o hanno usufruito della dispensa dagli obblighi di fatturazione e di registrazione (art 36 bis) sono dispensati dall’obbligo di dichiarazione annuale IVA. L’esonero, però, non è applicabile nel caso in cui il contribuente.

  • Ha effettuato operazioni intracomunitarie
  • Deve eseguire rettifica della detrazione IVA (art. 19-bis2)
  • Ha acquistato prodotti per i quali l’imposta è dovuta da parte del cessionario (una regola che vale, ad esempio, per l’acquisto di oro, argento, rottami, ecc…)
  • Quando effettua operazioni non esenti riferite ad attività gestite con contabilità separata.

Dichiarazione annuale iva

Tra i vari soggetti esonerati dall’obbligo della dichiarazione annuale IVA ritroviamo anche:

  1. contribuenti che rientrano nel regime dei forfettari per le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti e professioni;
  2. contribuenti che hanno goduto dell’agevolazione fiscale per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità;
  3. produttori agricoli con volume d’affari annuale inferiore a 7000 euro (volume che deve essere costituito almeno per i due terzi da cessioni di prodotti agricoli e ittici compresi nella prima parte dell’allegata tabella A del Dpr 633/72);
  4. attività di organizzazione giochi e intrattenimenti
  5. altre attività indicate nella tariffa allegata al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640, esonerati dagli adempimenti IVA ai sensi dell’art. 74, sesto comma, che non hanno optato per l’applicazione dell’IVA nei modi ordinari.

Dichiarazione annuale Iva: l’elenco continua con…

I soggetti elencati finora rientrano nelle casistiche previste dal legislatore come esoneri dall’obbligo di dichiarazione annuale Iva. Non si tratta, però, degli unici casi. Infatti, l’elenco previsto per il 2022 prevede anche:

  1. imprese individuali che hanno dato in affitto l’unica azienda e non esercitano altre attività rilevanti ai fini IVA;
  2. soggetti passivi d’imposta non residenti (art. 44, comma 3, secondo periodo del decreto-legge n. 331 del 1993) – questo vale solo nel caso in cui tali soggetti non abbiamo effettuato durante il 2021 operazioni non imponibili, o comunque non soggette all’obbligo del pagamento dell’imposta;
  3. Enti non commerciali, società sportive che hanno esercitato l’opzione per l’applicazione delle disposizioni recate dalla legge 398/91;
  4. soggetti domiciliati o residenti fuori dall’UE – in questo caso si tratta di soggetti non identificati in ambito comunitario, ma identificati fini dell’IVA sul territorio dello Stato in base alle modalità previste dall’art. 74. In questa categoria rientrano, tra gli altri, l’assolvimento degli adempimenti relativi ai servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione ed elettronici resi a committenti, non soggetti passivi d’imposta, domiciliati o residenti in Italia o in altro Stato membro.
  5. raccoglitori occasionali di prodotti selvatici non legnosi – soggetti che rientrano nella categoria identificata con codice Ateco30;
  6. raccoglitori occasionali di piante officinali spontanee, come stabilito dall’art. 3 del decreto legislativo n°21 maggio 2018, n°75, che non abbiano superato un volume d’affari annuo di 7000 euro, nell’anno fiscale precedente.

La fattura elettronica: i dati confermano un grande successo

Sono già passati tre anni da quando la fattura elettronica è diventata obbligatoria in Italia. All’inizio l’atteggiamento generale delle utenze è stato molto diffidente, ma, nonostante tutto, l’e-fattura è andata avanti e sta funzionando egregiamente. Non si tratta solo di una sensazione, ma di una certezza confermata da dati statistici ministeriali. Infatti, il Politecnico di Milano, ha condotto un’accurata ricerca per capire qual è la situazione generale che emerge attualmente nel nostro paese e quali sono i settori che hanno tratto maggiore vantaggio dall’introduzione della fatturazione elettronica.

La fattura elettronica

Inizialmente la e-fattura era stata introdotta per i titolari di partita IVA, a eccezione dei soggetti che rientravano nel regime dei minimi e in quello forfettario. L’ingresso nel Bel Paese è datato 1° gennaio 2019. L’idea era quella di dotarsi di uno strumento efficace per combattere l’evasione fiscale e portare avanti un progetto più ampio relativo alla digitalizzazione dello Stato.

All’inizio c’era molta reticenza nel doverla e poterla usare, ma con il passare del tempo, gli utenti hanno finalmente riconosciuto e capito il grande valore aggiunto che porta al mercato italiano. In particolare, la digitalizzazione dei processi amministrativi, ha apportato notevoli benefici a qualunque libero professionista e attività in generale. Vantaggi e benefici sottolineati da una serie di numeri alquanto impressionanti.

La fattura elettronica ha notevolmente abbassato i costi di gestione, ha velocizzato le operatività e gli scambi e ha apportato anche un vantaggio ecologico al sistema, eliminando i documenti cartacei per sempre. Alla fine, anche l’ambiente ha potuto godere dall’introduzione di questo fenomenale strumento amministrativo.

La fattura elettronica

Fattura elettronica e dati del MEF

Il MEF e l’Osservatorio sulla Fatturazione Elettronica del Politecnico di Milano ha delineato una situazione molto positiva sulla fatturazione elettronica. Il Report del Dipartimento delle Finanze ha messo in luce che l’imponibile IVA del primo trimestre del 2021 è aumentato del 21,3% rispetto allo stesso periodo del 2020.

Un dato che sottolinea quanto e come la fattura elettronica ha superato egregiamente il periodo della pandemia da Covid 19. Anche l’Osservatorio Digital B2b della School of Management del Politecnico di Milano ha dichiarato che il numero delle fatture elettroniche scambiate sono state addirittura due miliardi, vale a dire il 4% in più rispetto al periodo pre pandemia. Un sistema che, quindi, funziona, molto bene, per privati e aziende e rende più semplice e veloce fare impresa. La categoria dei liberi professionisti ha addirittura incrementato del 24,1%, mentre le persone fisiche sono arrivate al 21,2%.

Come va la fatturazione elettronica nelle varie regioni d’Italia

Il periodo esaminato dal MEF ha evidenziato anche che la regione italiana che ha registrato il maggior numero di fatture elettroniche è la Lombardia. La regione ha totalizzato un 21,1% pari a un +6,7% sulla crescita totale. È a nord che si concentra la maggiore crescita con un 43% di emissione di fatture valide. La secondo posto troviamo, invece, il Lazio con un 36% delle fatture trasmesse a livello nazionale.

La fattura elettronica e i settori di utilizzo

L’ Osservatorio sulla Fatturazione Elettronica del Politecnico di Milano ha riscontrato che il settore economico che ha registrato gli aumenti maggiori dell’imponibile sono il commercio all’ingrosso e al dettaglio. Le percentuali relative sono rispettivamente pari al 27,7% del totale fatturato l’anno precedente. In seconda posizione troviamo le utility con il 18,6% nel 2020 contro il 18,4% del 2019. A seguire:

Invece, i settori che hanno avuto più difficoltà durante il periodo pandemico, sono anche quelli che hanno registrato il maggior calo:

  • alloggio e ristorazione – 40%
  • finanziario e assicurativo -35%
  • servizi di noleggio, supporto alle imprese e agenzie di viaggio -19%.

I servizi che hanno poi registrato le perdite maggiori sono:

  • organismi extraterritoriali -91,1%
  • attività legate alle famiglie e alle convivenze – categoria che comprende, tra gli altri, lavoro per personale domestico e organizzazioni condominiali, che hanno registrato in totale un calo del 47,3%.

Alla fine, comunque, il bilancio è più che positivo e, per il futuro, è previsto un ulteriore incremento che porterà il numero delle fatture elettroniche emesse ad aumentare sensibilmente.

ITPA: cos’è la IT Process Automation

ITPA è acronimo di IT Process Automation, vale a dire automazione dei processi. In altre parole consiste nel “meccanizzare” servizi, supporto e amministrazione IT. Un processo reso possibile grazie a diversi flussi di lavoro e che consente di ridurre i costi di gestione manuale e le tempistiche di attesa.

Servizi IT: cosa sono e come funzionano

It significa Information Technology e volendo semplificare al massimo la spiegazione, i servizi IT rappresentano soluzioni tecnologiche per problemi aziendali e organizzativi. In pratica un addetto al reparto IT si occupa di risolvere varie problematiche legate al mondo dell’informatica.

L’intero settore IT si basa su alcuni imprescindibili pilastri:

  • Governance IT – in base alle specifiche esigenze aziendali, la Governance IT è costituita da politiche delineate e processi esatti per la gestione di molti servizi interni.
  • Operazioni IT – categoria generica per il lavoro quotidiano svolto da un determinato reparto IT (ad esempio: supporto tecnico, manutenzione della rete, test di sicurezza e compiti di gestione dei vari dispositivi).
  • Hardware e infrastrutture – in questa sezione rientrano tutti i componenti fisici di un’installazione IT. È proprio in questa categoria che rientrano, ad esempio: configurazione e manutenzione di apparecchiature specifiche come router, server, apparecchiature telefoniche e dispositivi come laptop, smartphone e pad aziendali.

I servizi It abbracciano, quindi innumerevoli settori e si occupano di una moltitudine di situazioni interne a un’azienda:

  1. rispondere a richieste di assistenza
  2. gestire e monitorare i componenti hardware e software
  3. implementare nuove tecnologie
  4. eliminare i bug
  5. monitorare i livelli di conformità e sicurezza
  6. eseguire interventi di manutenzione
  7. creare processi automatici per la diagnosi e la riparazione dei problemi

Si tratta di un ambiente piuttosto complicato, ma per fortuna si avvale dell’automazione dei flussi di lavoro. L’automazione consente di risparmiare risorse, tempo e investimenti. In questo modo il personale è libero di occuparsi di altre problematiche e di seguire la gestione di altre operatività.

ITPA

ITPA: software di automazione dei processi IT

L’ITPA è possibile grazie all’utilizzo di un software in grado di connettere più sistemi, applicazioni e piattaforme. Tutta l’infrastruttura è connessa e unificata e tutti gli ostacoli comunicativi sono rimossi e bypassati.

Prima di tutto è necessario individuare un’attività da automatizzare. Una volta stabilita l’attività è possibile creare vari flussi di lavoro che includono determinate procedure pianificate in anticipo che si attivano autonomamente e automaticamente al verificarsi di specifiche condizioni (trigger). Diversi i parametri da impostare, alcuni dei quali consentono, tra le altre funzioni, d’inviare notifiche e avvisi ai livelli superiori per intervenire prontamente quando e dove necessario.

Per capire meglio di cosa si tratta, basta pensare all’automazione di un sistema per la generazione di ticket. Di fronte a una domanda frequente e costante, impostando determinati criteri, è possibile identificare ed eliminare le richieste duplicate. Le restanti domande possono poi essere smistare all’operatore di competenza in grado di risolvere il problema in questione.

ITPA: quanti e quali processi possono essere automatizzati

Le attività che possono essere automatizzate attraverso software di automazione sono molteplici:

  • verifica delle procedure di sicurezza
  • controllo della conformità alle norme sulla sicurezza sul luogo di lavoro
  • controllo della sicurezza digitale
  • monitoraggio del personale
  • monitoraggio delle prestazioni del personale
  • inventari
  • tracciamento asset
  • ecc…

L’automazione vanta numerosi benefici quali, ad esempio, processi più rapidi ed efficienti, riduzione degli errori umani, diminuzione dei costi, incremento della produttività e un’individuazione migliore e più rapida di eventuali bug dei sistemi. Inoltre, maggiore è il numero dei componenti automatizzati e maggiore è il numero delle attività che è possibile automatizzare.

BPA

Si tratta di una forma diversa di automazione. BPA è l’acronimo di Business Process Automation che comprende un insieme molto simile alla ITPA di processi e flussi di lavoro. In pratica nella BPA sono impiegati dei software che permettono di automatizzare varie transazioni e attività aziendali che richiedono molti differenti passaggi e sistemi. Il programma è solitamente collegato ad API, oppure integrato nel sistema di gestione dati dell’azienda.

RPA

RPA, ovvero automazione robotica dei processi, prevede la meccanizzazione automatica di quelle attività ripetitive che un tempo venivano svolte dagli operatori. Per fare un esempio, il semplice copia e incolla di dati da un campo all’altro, può essere automatizzato grazie all’RPA. Con il tempo le RPA si sono omologate e molti software “preconfezionati” trovano oggi impiego nelle aziende che presentano comunque infrastrutture già esistenti.

Fatturazione Elettronica San Marino: si avvicina l’obbligo

Con il passare del tempo sta diventando ogni volta più usuale, sia per convenienza che per legge, l’utilizzo della fatturazione elettronica. Quest’anno sembra che stia marcando un nuovo punto nella storia della e-fattura. Partendo dall’obbligo anche per i forfettari, come ne abbiamo già parlato in uno dei nostri ultimi articoli “Fatturazione elettronica per Forfettari: si parte dal 1° luglio”, fino all’introduzione graduale in tutta l’Unione Europa. Infatti la Spagna e la Francia non sembrano molto lontane dalla situazione della nostra penisola. Nonostante il processo dell’internazionalizzazione della fatturazione elettronica richieda del tempo, ci sono dei paesi che stanno già aderendo a questa pratica. In effetti oggi parliamo della situazione di uno dei nostri vicini, o in altre parole, la fatturazione elettronica San Marino.

Le date da segnare

Le nuove norme definite sia dal decreto del 21 giugno 2021 che dal Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 5 agosto 2021, danno inizio al regime transitorio. Dal prossimo 1° luglio lo scambio di fatture tra l’Italia e San Marino sarà unicamente telematico. Tuttavia dal 1° ottobre del 2021 fino al 1° luglio del 2022, ci sarà ancora l’opzione di effettuare fatture cartacee, rendendo quelle elettroniche strettamente facoltative.

Il decreto entrato in vigore il 1° ottobre 2021 è composta da 23 articoli, suddivisi in 7 titoli, dalle disposizioni generali fino alla cessione dei beni.

In ragione di ciò, abbiamo visionato e decomposto tutta l’informazione fondamentale, per portarla a voi nel modo più sintetico, chiaro e semplice possibile.

Fatturazione delle cessioni di beni verso San Marino

Dal 1° luglio 2022, tutte le fatture di cessioni di beni verso San Marino, dei soggetti passivi d’imposta nel territorio italiano, non potranno più essere emesse in formato cartaceo.

Il codice destinatario confermato da inserire in queste fatture è 2R4GTO8.

Fatturazione delle cessioni di beni da San Marino verso l’Italia

Da San Marino verso l’Italia il percorso sarà completamente opposto. Questo significa che le fatture elettroniche emesse saranno trasmesse dall’Ufficio Tributario sammarinese al Sistema di Interscambio(SdI) italiano. Gestito dal Sdl con un canale ad hoc.

Infine, anche se San Marino non sia uno stato integrante dell’Unione Europea, per gli acquisti di beni provenienti da San Marino non viene applicata la normativa prevista per le importazioni.

 

Fatturazione Elettronica San Marino: si avvicina l’obbligo

I controlli

Per la spedizione e ricezione delle fatture, fin dalla loro nascita sono state contraddistinte della loro sicurezza, dovuta in parte alla quantità di controlli (in maggior parte automatici) dei sistemi. E per quelle trasmesse da San Marino versi l’Italia e viceversa non si sono fatte eccezione. La procedura di revisione funziona in questo modo:

  1. Trasmissione del numero identificativo dal SdI all’Ufficio tributario di San Marino;
  2. Verifica dell’assolvimento dell’imposta sull’importazione e delle validità della fattura;
  3. Comunicazione all’ufficio apposito dell’Agenzia delle Entrate.

L’operatore italiano può verificare il risultato della procedura sopra elencata attraverso i servizi specializzati dell’Agenzia delle Entrate. Se dopo quattro mesi dall’emissione della fattura, l’ufficio di San Marino non ha ancora approvato la procedura, l’operatore italiano deve emettere una nota di variazione in aumento entro 30 giorni. Non si subiranno né sanzioni o né interessi per questa procedura. Queste regole hanno la stessa validità in caso dovesse essere effettuata la fatturazione in formato cartaceo.

Fattura Cartacea

Fino al 1° luglio 2022 sarà possibile emettere facoltativamente le fatture in formato cartaceo tra le due repubbliche (anche in modalità semplificata).

Se le condizioni per la detrazione di imposta si dovessero presentare, sarebbe possibile effettuarla anche sotto questa tipologia di fattura.

Modalità d’acquisto con o senza imposta

Esistono due modalità d’acquisto quelle con o senza imposta. Nel primo scenario è già stata versata l’IVA dal soggetto cedente sammarinese, invece nel secondo caso attraverso il meccanismo del “Reverse Charge” (inversione contabile) e la ricezione della fattura viene assolto al cessionario l’imposta sul valore aggiunto.

La fatturazione elettronica sta diventando ogni volta più indispensabile per facilitare la vita dei lavoratori di una azienda o attività, senza importare la grandezza di essa. FatturaPRO.click è nata per gestire in unica soluzione tutte le informazioni che la tua impresa tratta. La nostra natura è quella di migliorare, velocizzare e semplificare le attività quotidiane nel mondo del lavoro, dando spazio per gestire il tempo e le risorse nel migliore dei modi, garantendo sempre standard di sicurezza elevati. Noi di FatturaPRO.click siamo pronti ad assisterti in ogni step della tua inserzione nel futuro, che per noi è già diventato presente. Inizia il periodo di prova gratis cliccando qui.

Aumentare le vendite massimizzando l’efficacia dei social media

Il mondo degli affari è in continua evoluzione. Aziende e marchi continuano ad adottare sempre nuovi metodi per soddisfare le richieste del proprio pubblico. Le esigenze dei clienti non sono mai costanti e variano di anno in anno e da persona a persona. Ogni brand deve garantire al consumatore un certo grado di soddisfazione, apportando valore aggiunto al proprio nome. Per stare dietro a tutte le novità del mercato e alla domanda crescente dei clienti, aumentare le vendite richiede però l’utilizzo d’intelligenze artificiali che supportano e massimizzano l’efficacia di una comunicazione diretta, semplice, chiara e convincente.

Aumentare le vendite: conoscere il mercato

Per aumentare le vendite, un’azienda deve conoscere molto bene le attuali richieste di mercato. In particolare, deve conoscere il proprio target di riferimento e le loro esigenze da soddisfare. Un’esigenza è sinonimo di “mancanza”, vale a dire un’assenza che può essere colmata attraverso un prodotto/servizio preciso.

Oggi, grazie alla globalizzazione, tutto (o quasi) avviene su internet. Dalle compravendite alla fatturazione elettronica, ogni passaggio dell’iter commerciale passa per un cavo di rete. I clienti sono diventati quindi il fulcro di ogni marco e di ciascuna azienda. L’adozione dell’intelligenza artificiale semplifica la comprensione dei comportamenti dei clienti, delle loro preferenze e della probabilità che acquistino un prodotto.

L’AI aiuta a far capire alle aziende, attraverso l’elaborazione di molti dati, come soddisfare le svariate esigenze dei clienti. Estratte le informazioni necessarie, un’attività può pianificare nel dettaglio la produzione e la vendita dei propri prodotti, anche attraverso un piano aziendale attento e puntuale.

IA: i vantaggi per le aziende

Le vendite sono il pilastro che sorregge qualunque azienda. Aumentare le vendite diventa quindi di fondamentale importanza per la sopravvivenza di qualsiasi attività. L’intelligenza artificiale è indispensabile a raggiungere questo scopo perché permette alle attività di entrare a conoscenza d’informazioni e particolari che altrimenti non avrebbe potuto conoscere, o per la cui raccolta avrebbe impiegato mesi, se non addirittura anni.

Inoltre, nonostante i continui cambiamenti nei comportamenti dei clienti, IA consente alle aziende di rimanere sempre aggiornate e di continuare a raccogliere dati in maniera costante.

Aumentare le vendite

Aumentare le vendite massimizzando l’efficacia dei social media

Le aziende hanno a disposizione diversi sistemi per aumentare le vendite massimizzando l’IA:

  1. Piattaforme social media – i social media hanno il potere di far conoscere a tutti un prodotto/servizio. Trasformano il mercato in una piazza globale nella quale ogni società ha il potere di raggiungere il proprio pubblico di destinazione. Potenti strumenti di marketing che suggeriscono alle aziende interessi e preferenze di migliaia di potenziali nuovi clienti. Con Facebook, ad esempio, prodotti e servizi possono essere commercializzati organicamente al proprio target perché il contenuto entra nei feed di amici, famiglie e altre persone collegate a loro nella loro rete. Il segreto, per far funzionare il passaparola digitale, è riuscire ad “umanizzare” il marchio e a renderlo facilmente accessibile a chiunque.
  2. Annunci sponsorizzati e campagne marketing – Le campagne di marketing sulle piattaforme di social media hanno fatto un ulteriore passo avanti. Gli annunci sponsorizzati su Google e su altre piattaforme come LinkedIn, YouTube, Twitter, Instagram, Facebook e altro ancora, stanno cambiando le regole del gioco. Infatti, oggi le campagne possono essere indirizzate a un pubblico specifico, colpendo proprio la fascia di target nicchia interessata. Il targeting si basa su fattori quali età, dati demografici, sesso, ecc… L’IA supervisiona gli annunci e li porta all’attenzione del pubblico giusto.

E ancora…

  1. Chatbot – progettati per comunicare con utenti umani su internet, i chatbot hanno assunto, nel corso del tempo, un ruolo sempre più importante nel commercio online. Possono svolgere funzioni specifiche e ricoprire ruoli precisi come, ad esempio, assistenti online, lead generator, bot di vendita e altro ancora. Inoltre, elevano l’esperienza del cliente a un altro livello rispondendo in base alla cronologia degli acquisti precedenti.
  2. Analisi dei dati – l’analisi può guidare saggiamente le vendite del proprio marchio. I dati delle piattaforme dei social media possono essere analizzati per vedere come si sono comportate le varie campagne. Dati che possono essere facilmente raccolti, elaborati e analizzati in pochi minuti, proprio grazie alla tecnologia IA. Dopo l’analisi, le informazioni sono utilizzate per migliorare le campagne di marketing e aumentare la disponibilità dei prodotti all’interno dei settori dei dati demografici dove c’è stata una maggiore conversione. Un “trucco” che porta, in definitiva, ad aumentare le vendite.

Manuale della conservazione digitale: perché è fondamentale?

Prima di tutto è giusto partire dalla definizione del concetto per poter parlarne adeguatamente. Riportando le parole dell’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID), il Manuale della conservazione digitale può essere definito come: “un documento informatico che deve illustrare dettagliatamente: 

  • L’organizzazione; 
  • I soggetti coinvolti e i ruoli svolti dagli stessi;
  • Il modello di funzionamento;
  • La descrizione del processo;
  • La descrizione delle architetture e delle infrastrutture utilizzate;
  • Le misure di sicurezza adottate e ogni altra informazione utile alla gestione e alla verifica del funzionamento, nel tempo, del sistema di conservazione”.

Il manuale di conservazione è un documento di carattere obbligatorio in tutte le pubbliche amministrazioni

I principali documenti da reperire in caso in si volesse fare un approfondimento sulla tematica sono: 

  • Le linee guida sulla formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici emanate da AgID a Maggio 2021 (entrate in vigore il 1° gennaio di questo anno).
  • Il Codice dell’amministrazione digitale.
  • I DPCM del 3 dicembre 2013 e del 13 novembre 2014.

Conservazione digitale: concetti chiave

Il documento sopra descritto ha lo scopo di garantire che nel momento della sua scrittura, le informazioni siano esatte e complete. Vediamo insieme quali caratteristiche deve avere: 

  • Completezza delle sue informazioni;
  • Veridicità dei dati e delle informazioni;
  • Comprensibilità del documento stesso;
  • Facile accesso dei documenti informatici.

Manuale della conservazione digitale: a chi è rivolto e cosa non può mancare

Per una pubblica amministrazione tanto come un privato che conserva i documenti in forma telematica, questo documento è di carattere obbligatorio. La stesura del documento può essere fatta sia internamente che esternamente, nel secondo scenario sarà trascritto da un servizio di conservazione esterno. In ogni caso, in qualsiasi delle due modalità venga scritto, il manuale dovrà comunque sviluppare gli stessi punti:

  • Identificare le tipologie documentali trattate e i relativi metadati da associare;
  • Segnalare le modalità e le tempistiche di trasmissione dei pacchetti di versamento;
  • Elencare le tempistiche di selezione e scarto dei propri documenti informatici.

Manuale della conservazione digitale

Chi si incarica della stesura del Manuale della conservazione digitale?

Il Manuale di Conservazione richiede delle competenze specifiche per poter scriverlo, perciò, la figura adatta per svolgere questa mansione è il Responsabile della Conservazione. Dovuto a questa ragione, il documento deve sempre essete redatto da un Responsabile della Conservazione professionale. Soprattutto quando si chiede una consulenza esterna.

Considerazioni

In conclusione questo documento fondamentale (e obbligatorio) per tutte le imprese, può essere visto come un caveau pieno di informazioni basilari relative a tutti i documenti trattati, con la descrizione delle responsabilità delle persone coinvolte nel loro trattamento e la spiegazione di come questi vengono custoditi per garantirne la sicurezza, la veridicità e l’integrità.

Ti semplifichiamo la vita

Gestisco Italia insieme a FatturaPRO.click ha messo a punto una piattaforma che ti consente di gestire con un’unica soluzione tutte le informazioni che la tua impresa tratta, non limitandosi alla sola creazione e gestione dei documenti, ma garantendo elevati standard di sicurezza e tracciabilità delle informazioni, oltre a un’assistenza in caso di violazione, sollevando e supportando i suoi clienti nelle attività burocratiche e al mantenimento dei requisiti a cui si è tenuti per legge.