Prodotti artigianali: disciplina fiscale per la vendita

L’attività di produzione e vendita di prodotti artigianali sta conoscendo in Italia una crescente diffusione, divenendo una scelta imprenditoriale intraprendente da un numero sempre più ampio di artigiani e creativi.

Secondo i dati pubblicati da Unioncamere e InfoCamere nell’ambito dell’Osservatorio dell’Artigianato, le imprese artigiane registrate in Italia sono aumentate del 3,2% tra il 2019 e il 2021, per un totale di oltre 1,3 milioni di attività. Nello specifico comparto della produzione di prodotti artigianali, la percentuale di aumento delle nuove imprese negli ultimi tre anni è risultata del 5,9%, una delle più alte in assoluto tra i settori artigiani monitorati.

Coerentemente, anche i dati Istat evidenziano come il fatturato generato dalla vendita di prodotti artigianali realizzati e commercializzati da imprese individuali e società artigiane sia cresciuto del 13% tra il 2020 e il 2021, attestandosi su un valore di oltre 6 miliardi di euro.

Questi trend positivi dimostrano come la scelta imprenditoriale della produzione e vendita di prodotti artigianali rappresenti oggi un settore dinamico e in grado di attirare un numero crescente di soggetti creativi e artigiani digitali. Si tratta infatti di attività ad alto contenuto di artigianalità e personalizzazione, permettendo flessibilità e identificazione nel proprio lavoro. Gli ultimi dati statistici certificano quindi come i prodotti artigianali costituiscano un business in forte crescita nel panorama economico italiano.

Prodotti artigianali: Regime IVA

Il regime IVA agevolato per la vendita di prodotti artigianali rappresenta uno strumento fondamentale per artigiani e piccoli produttori. Tale regime, previsto dalla normativa comunitaria e recepito nell’ordinamento italiano, consente in particolare agli operatori che realizzano e vendono prodotti artigianali di applicare un regime IVA semplificato rispetto a quello ordinario.

Nel dettaglio, ai sensi dell’art. 34 comma 1 DPR 633/72, il regime IVA agevolato presuppone che sia possibile applicare un’aliquota IVA ridotta pari al 10% anziché quella ordinaria per la vendita di prodotti artigianali realizzati direttamente dal produttore, a condizione che il volume d’affari annuo derivante da tali operazioni non superi i 25.000 euro. Gli operatori in regime agevolato sono inoltre esonerati dagli adempimenti contabili e di liquidazione periodica dell’IVA, potendo assolvere l’imposta dovuta con la mera emissione di fatture.

Per gli operatori con volumi d’affari superiori soggetti alla fatturazione elettronica, si applica invece il regime IVA ordinario che prevede l’obbligo di fatturazione, registrazione e liquidazione mensile dell’imposta. Anche in questo caso tuttavia sussiste la possibilità, in presenza di determinati requisiti, di applicare l’aliquota IVA ridotta del 10% in luogo di quella ordinaria nell’ipotesi di cessione di prodotti artigianali autoprodotti. Il ricorso al regime IVA agevolato rimane quindi uno strumento fondamentale per sostenere l’attività di realizzazione e commercializzazione di prodotti artigianali tradizionali.

Prodotti artigianali

Prodotto artigianale: Obblighi contabili per l’attività di produzione e vendita

L’attività di produzione e vendita di prodotti artigianali comporta l’osservanza di precisi obblighi contabili previsti dalla normativa civilistica e fiscale.

Innanzitutto, tutti i soggetti che esercitano un’attività di impresa artigiana, compresa la realizzazione e commercializzazione di prodotti artigianali, sono tenuti alla tenuta di una contabilità che rispetti i principi di accuratezza, completezza e tempestività dell’art. 2214 c.c. È inoltre necessario provvedere alla registrazione delle operazioni commerciali nel registro IVA per i soggetti a tale imposta.

I produttori artigianali con ricavi/compensi annui inferiori a 25.000 euro possono avvalersi del regime IVA agevolato e sono esonerati dagli adempimenti periodici e dalla fatturazione se vendono direttamente al pubblico e fatturano solo le cessioni. Tuttavia, anche in questo caso è obbligatoria la tenuta della contabilità semplificata.

Per chi vende online senza partita IVA, l’obbligo contabile viene meno solo per ricavi al di sotto dei 5.000 euro annui. Tra 5.000 e 30.000 euro annuali invece è richiesta una mera registrazione delle operazioni senza obbligo di fatturazione. Pertanto, anche in ipotesi di vendita senza partita IVA su internet, la corretta tenuta della contabilità è comunque sempre fondamentale.

Small business: definizione del modello e guida pratica

Gli small business rappresentano sempre più una componente importante nel panorama economico globale. Secondo gli ultimi dati rilasciati dall’OCSE, il numero di imprese che possono essere classificate come small business, vale a dire con un numero di dipendenti inferiori a 50 unità, è in costante crescita negli ultimi dieci anni in tutti i paesi membri. In particolare, in Italia si stima che le imprese cosiddette small business corrispondano a circa il 95% del tessuto imprenditoriale nazionale e diano lavoro a oltre il 65% degli addetti del settore privato.

Questa tendenza è confermata anche dagli Stati Uniti, paese dove tradizionalmente il modello dello small business ha da sempre rivestito un ruolo primario nella dinamica economica. Secondo gli ultimi dati pubblicati dallo U.S. Small Business Administration Office of Advocacy, nel 2021 le piccole e medie imprese con meno di 500 dipendenti rappresentavano circa il 99,9% di tutte le imprese statunitensi, e nello stesso anno impiegavano 47,1% della forza lavoro privata.

Il modello dello small business risulta inoltre determinante anche a livello di contributo al prodotto interno lordo: in Germania, ad esempio, le piccole e medie imprese contribuiscono per circa il 50% al PIL nazionale secondo quanto riportato dal KfW Bankengruppe.

In sintesi, l’analisi comparata di dati certi e ufficiali raccolti da istituzioni come l’OCSE e l’Eurostat dimostra come gli small business rappresentino ormai un fattore imprescindibile per le economie dei principali paesi sviluppati in termini di occupazione, tessuto sociale e contributo alla ricchezza nazionale.

Small business: Cos’è uno small e quali caratteristiche lo contraddistinguono

Con la locuzione small business, in italiano tradotta come “piccola impresa”, ci si riferisce a un particolare modello imprenditoriale caratterizzato da dimensioni organizzative contenute e da specifiche modalità di gestione.

La categoria degli small business include tutte quelle realtà aziendali che impiegano un numero esiguo di dipendenti, solitamente non superiore a 10 unità, e che presentano un fatturato medio-basso se parametrato a quello delle grandi imprese. Caratteristica distintiva è proprio la dimensione snella della compagine societaria, composta tipicamente dai soci fondatori o da un pool ristretto di collaboratori. Ciò consente flessibilità decisionale e rapidità di esecuzione nelle scelte manageriali.

Gli small business sono diffusi in molti settori, dal commercio ai servizi, e giocano un ruolo determinante nell’economia locale grazie alla capacità di creare nuovi posti di lavoro. Rispetto alle grandi aziende presentano alcuni svantaggi, come minori economie di scala, tuttavia sfruttano al meglio la fatturazione elettronica e le potenzialità del digitale per massimizzare efficienza ed essere competitivi anche a livello sovralocale.

Small business

Come avviare uno small business: Tutorial per avviare con successo uno small business

Avviare con successo uno small business richiede l’adozione di una metodologia strutturata. Ecco i principali step da seguire per impostare correttamente il modello di business:

  1. Analisi di mercato: ricercare le opportunità analizzando i trend di domanda e i possibili canali di vendita/erogazione del servizio. Ciò consente di validare l’idea imprenditoriale.
  2. Piano strategico e operativo: definire obiettivi, strategie commerciali e relative azioni. Necessario prevedere una scalabilità del modello per consentire la crescita progressiva del fatturato.
  3. Studio economico-finanziario: preventivare con accuratezza i costi e i ricavi, programmando le fonti di finanziamento iniziali. Importante dimostrare la sostenibilità del business plan.
  4. Scelta della forma giuridica: valutare se operare come ditta individuale o società (SRL, SRLS) considerando la normativa fiscale e contabile di riferimento.
  5. Gestione fatturazione elettronica: affrontare gli aspetti amministrativi e la corretta emissione/ricezione delle fatture digitali al fine di assolvere agli obblighi di legge.
  6. Marketing e promozione: definire le strategie di promozione e le tecniche pubblicitarie più idonee in base al target, anche attraverso l’uso dei social media.

Applicando con metodo queste linee guida è possibile intraprendere l’attività di small business in modo strutturato e avere maggiori chance di successo nel medio-lungo periodo. Un business pianificato e gestito in maniera oculata riuscirà ad affrontare meglio le inevitabili difficoltà imprenditoriali, adattandosi con flessibilità ai cambiamenti di mercato. Inoltre, grazie a una visione di lungo termine e a obiettivi chiari e misurabili sarà più facile raggiungere la sostenibilità economica ed espandere progressivamente il proprio business.

Negozi in franchising: caratteristiche del modello e procedura per l’avvio di un punto vendita

Il modello del negozio in franchising si è sviluppato notevolmente negli ultimi anni, diventando una delle soluzioni imprenditoriali più utilizzate per l’apertura di nuovi punti vendita.

I vantaggi che possono derivare dall’affiliazione a na catena già affermata, come l’utilizzo di un marchio noto e collaudate metodologie operative fornite dal franchisor, rendono questa tipologia di business relativamente semplice da avviare, soprattutto per soggetti a corto di esperienza.

Tuttavia, anche i negozi in franchising espongono l’affiliato a rischi intrinseci di natura imprenditoriale, come la necessità di effettuare investimenti iniziali, il rischio di eccessiva concorrenza interna al circuito, eventuali imprevisti di gestione come il mancato raggiungimento dei target di fatturato annuale prefissati. Diventa pertanto essenziale che il futuro franchise valuti tutti gli aspetti connessi all’attività con attenzione, preventivamente all’apertura, attraverso un’attenta analisi economico-finanziaria dell’opportunità.

Negozi in franchising: cosa è il e quali tipologie esistono

Con il termine franchising commerciale ci si riferisce a un particolare modello imprenditoriale che prevede la duplicazione di un format distributivo di successo attraverso l’affiliazione di terzi imprenditori.

Nei negozi in franchising, il franchisor (titolare del format) concede in licenza d’uso il know how aziendale e i segni distintivi ad un franchisee, il quale accetta di gestire un punto vendita secondo le linee guida e gli standard qualitativi imposti.

Inoltre, concede al master franchisee (titolare di un territory) il diritto di affiliarsi ulteriori punti vendita secondo gli stessi standard, assumendo però una responsabilità aggregata. Si tratta quindi della versione più articolata, che consente al franchisee una maggiore autonomia operativa pur nel rispetto delle linee guida del franchisor.

Indipendentemente dalla formula, il franchising rappresenta un sistema efficace che coniuga imprenditorialità individuale e forza di un brand affermato, potendo contare sull’esperienza maturata dal franchisor grazie alla fatturazione elettronica.

Negozi in franchising 

Aprire un negozio in franchising: vantaggi, obblighi e procedura

L’opzione di aprire un negozio in franchising presenta numerosi vantaggi per chi intende avviare un’attività commerciale sfruttando un brand affermato. Partendo da una solida base formativa fornita dal franchisor, il franchisee usufruisce di un bacino d’utenza preesistente e di materiali promozionali già rodati, potendo dedicarsi principalmente alla gestione del punto vendita.

Non mancano tuttavia degli obblighi, quali il rispetto delle linee guida operative e dell’immagine coordinata del network, nonché il pagamento di canoni d’ingresso e di utilizzo del marchio. Inoltre, deve assolvere agli obblighi contabili e di reporting periodico nei confronti del franchisor, rapportando i dati gestionali e il fatturato dell’attività. Deve altresì rispettare le politiche commerciali dettate dal franchisante, come i prezzi di vendita imposti o le modalità promozionali concordate a livello di rete.

L’iter di ingresso nel circuito prevede la consultazione della documentazione informativa resa obbligatoria dalle norme sul commercio elettronico, la sottoscrizione del contratto di affiliazione e il superamento di un corso di formazione sul format. Valutati i reciproci impegni, solo all’esito positivo di queste tappe si potrà procedere all’apertura vera e propria del punto vendita convenzionato.

Delega fatturazione elettronica: definizione e procedura di rilascio

La delega fatturazione elettronica costituisce uno strumento essenziale per molti operatori economici a cui la normativa sulla fatturazione elettronica può risultare complessa, ad esempio per carenza di competenze informatiche o scarsa familiarità con i vincoli del tracciato unico.

Tale delega, infatti, consente a un terzo abilitato di assolvere materialmente gli obblighi di invio e ricezione delle fatture digitali per conto del delegante. Un valido ausilio soprattutto per le piccole realtà produttive.

Diventa però dirimente che tale delega sia rilasciata correttamente, senza errori fattura elettronica formali rispetto alle rigorose procedure fissate dall’Agenzia delle Entrate. Soltanto l’esatta compilazione dei campi identificativi di delegato e delegante e la formale accettazione dell’incarico tramite i servizi telematici ne garantiscono la piena efficacia.

Eventuali errori nella compilazione della delega, come refusi o discordanze nei dati, potrebbero infatti pregiudicarne la validità con il rischio di vanificare gli sforzi del delegante per assolvere adeguatamente gli adempimenti di fatturazione elettronica.

Delega fatturazione elettronica: cos’è

Con delega fatturazione elettronica si intende il meccanismo che consente a un soggetto abilitato, il delegante, di conferire ad altri operatori, il delegante, la possibilità di gestire le attività connesse alla fatturazione elettronica per suo conto.

La Delega fatturazione elettronica disciplinata dall’Agenzia delle Entrate regola il rapporto tra delegante e delegato mediante apposita convenzione, che vincola quest’ultimo al corretto assolvimento degli obblighi relativi alla fatturazione elettronica nei confronti del Sistema di Interscambio e dell’Amministrazione finanziaria.

Nello specifico, i delegati all’emissione possono provvedere alla predisposizione e trasmissione delle fatture elettroniche per conto dei deleganti, mentre i delegati alla ricezione sono abilitati alla ricezione, archiviazione e gestione sul piano contabile-fiscale delle fatture elettroniche ricevute.

I delegati all’emissione possono assistere il delegante in tutte le fasi dell’iter di trasmissione delle fatture elettroniche attive. Ciò significa che potranno occuparsi della generazione del file in formato XML con i dati fiscali estratti dal gestionale, dell’apposizione della firma digitale/marca temporale qualificata nonché dell’invio al Sistema di Interscambio nei termini di legge.

Per quanto concerne i delegati alla ricezione, essi potranno ricevere e scaricare dal SdI le fatture elettroniche passive del delegante. Dovranno quindi provvedere alla loro archiviazione elettronica in modulo sicuro e alla successiva registrazione in contabilità, allegando i documenti ricevuti digitalmente ai relativi provvedimenti contabili. Si occuperanno altresì di eventuali comunicazioni per lo scarto dei file. La delega interessa dunque tutte le operazioni propedeutiche e consecutive alla fatturazione elettronica di competenza del delegante. Tale strumento risulta utile per semplificare gli adempimenti connessi alla fatturazione elettronica.

 

Delega fatturazione elettronica

Delega fattura elettronica: Procedure e modalità per il rilascio della delega

La delega fatturazione elettronica viene conferita mediante un apparato normativo che ne disciplina i requisiti di validità. Il soggetto delegante, in primis, deve accedere al proprio Cassetto fiscale o utilizzare i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate per generare una richiesta di delega indicando il tipo (emissione/ricezione) e i dati identificativi del delegato.

Parallelamente, il futuro delegato deve essere in possesso delle credenziali di accesso ai servizi telematici dell’Agenzia per poter ricevere ed accettare la richiesta di conferimento dell’incarico. Accettata la delega, essa diviene operativa a seguito di registrazione da parte dell’Amministrazione finanziaria.

La delega deve essere adeguatamente circostanziata attraverso un modulo che vincola entrambe le parti, con indicazione del periodo di vigenza e della tipologia di atti gestibili. Decorso tale termine, essa può essere rinnovata. È essenziale che il delegato sia identificabile con certezza attraverso i sistemi telematici per consentire la formale attribuzione delle specifiche abilitazioni. In particolare, sarà necessario che lo stesso inserisca nella delega i codici di accesso ai servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate, come le credenziali Fisconline o Entratel. Solo attraverso tali codici identificativi sarà possibile per l’Amministrazione finanziaria riconoscere in via definitiva il delegato e abilitarlo operativamente alla trasmissione e ricezione delle fatture elettroniche per conto del delegante.

Fatturare in Italia con partita iva estera: guida agli adempimenti nel Bel Paese

La necessaria conoscenza del regime IVA italiano per i soggetti esteri che fatturano nel nostro Paese L’operatività transfrontaliera che prevede l’emissione di fatture in Italia da parte di soggetti non residenti titolari di partita IVA estera necessita di un’approfondita conoscenza del quadro normativo IVA nazionale.

Fatturare in Italia con partita IVA estera, infatti, comporta precisi obblighi dichiarativi e adempimenti contabili cui adeguarsi. La disciplina prevede complessi formati da rispettare per le fatture elettroniche emesse, scadenze cadenzate per gli invii al Sistema di Interscambio nonché termini per la presentazione della dichiarazione annuale.

La non conoscenza anche di un solo aspetto di tale articolata normativa potrebbe facilmente determinare errori sanzionabili, come l’omessa o tardiva trasmissione di fatture, la non corretta compilazione dei file XML o irregolarità nel versamento delle imposte dovute. Le conseguenze possono essere pesanti ammende, talvolta nell’ordine di diverse migliaia di euro. Diviene quindi imprescindibile per i soggetti esteri acquisire piena consapevolezza delle discipline IVA italiane, al fine di scongiurare inutili rischi di inadempienza.

Fatturare in Italia con partita iva estera: requisiti e adempimenti relativi

I soggetti non residenti che intendono emettere fatture per le cessioni di beni o prestazioni di servizi rese nel territorio italiano devono rispettare specifici requisiti.

In primis, è necessario identificarsi ad IVA in Italia tramite l’attribuzione di un codice identificativo da parte dell’Agenzia delle Entrate. Successivamente, per ogni operazione attiva soggetta a fatturazione elettronica, è d’obbligo utilizzare tale codice ai fini della compilazione del file XML.

Ulteriori vincoli riguardano la trasmissione delle fatture emesse mediante il Sistema di Interscambio, nonché il rispetto delle scadenze per l’assolvimento degli obblighi IVA, quali la liquidazione trimestrale dell’imposta. È altresì necessario conservare tutta la documentazione contabile e fiscale relativa alle operazioni effettuate, per eventuali controlli da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Il mancato adempimento di tali requisiti e obblighi comporta l’applicazione di sanzioni. Pertanto, i soggetti extra-UE che fatturano in Italia devono porre massima cura nella gestione dell’IVA al fine di scongiurare errori fattura elettronica.

Fattura estera con partita IVA italiana: Regime IVA e obblighi dichiarativi

I soggetti residenti all’estero che intendono emettere fatture in Italia tramite una partita IVA nostrana sono assoggettati al regime IVA italiano solo per le cessioni di beni e prestazioni di servizi rese nel territorio nazionale.

In particolare, è previsto che tali soggetti:

  • Emettano fatture elettroniche secondo il tracciato previsto ai fini della fatturazione elettronica;
  • Trasmettano periodicamente al Sistema di Interscambio le fatture emesse;
  • Presentino la dichiarazione IVA relativa alle operazioni attive nel nostro Paese con cadenza annuale, utilizzando il modello IVA 70;
  • Versino l’imposta dovuta mediante modello F24;
  • Conservino la documentazione a supporto delle operazioni intrattenute.

È fondamentale che i soggetti esteri con partita IVA in Italia conoscano appieno gli obblighi contabili a cui sono assoggettati, affinché non incorrano in condotte sanzionabili in materia di fatturazione elettronica e dichiarazione IVA.

La normativa in materia di fatturazione elettronica e di adempimenti IVA per i soggetti non residenti con partita IVA in Italia prevede obblighi molto specifici, la cui non conoscenza o il cui mancato rispetto possono comportare l’irrogazione di pesanti sanzioni. I soggetti esteri devono quindi acquisire piena consapevolezza circa i corretti formati dei file XML da trasmettere tramite SdI, le scadenze per la periodicità degli invii e quelle dichiarative. Particolare attenzione va posta alla compilazione dei campi identificativi dell’emittente/ricevente e del codice destinazione d’uso.

Eventuali irregolarità formali nelle fatture emesse/ricevute, errori nella presentazione del modello IVA 70 o nel versamento delle imposte possono comportare l’applicazione di ammende che, ai sensi di legge, variano fra il 90% e il 180% dell’importo non versato. Risulta quindi imprescindibile per i soggetti extra-UE adeguarsi pienamente ai complessi adempimenti contabili italiani al fine di evitare il rischio di sanzioni.

Fattura ricevuta da soggetto identificato in Italia ma non residente: adempimenti e implicazioni fiscali

La fattura ricevuta da soggetto identificato in Italia ma non residente riveste un particolare grado di criticità nell’ambito della Fatturazione elettronica. Infatti, affinché tale documento sia considerato valido ai fini IVA, occorre che vengano rispettati vincoli specifici di compilazione come il codice TD28 e l’indicazione dell’identificativo IVA italiano.

Qualora tali requisiti non siano soddisfatti, il sitema del Sistema di Interscambio provvederà allo scarto della fattura con conseguente mancata deducibilità dell’IVA.

Di qui l’importanza di porre la massima cura nella registrazione contabile di tali documenti, verificando attentamente i dati obbligatori in essi riportati, per evitare di incorrere in errori che potrebbero ripercuotersi negativamente in sede di dichiarazione IVA, di controllo dell’Agenzia delle Entrate o di determinazione del credito/debito d’imposta.

Anche un banale refuso nell’indicazione dell’identificativo fiscale estero potrebbe rendere non conforme la fattura, con effetti pregiudizievoli sull’operatività dell’impresa. Occorre quindi porre la massima cautela nella ricezione di tali fatture da validare con accuratezza.

Fattura ricevuta da soggetto identificato in Italia ma non residente: i requisiti

Nell’ambito della fatturazione elettronica, la normativa prevede specifiche disposizioni per la gestione contabile delle fatture passive ricevute da soggetti IVA identificati in Italia ma non residenti nel territorio nazionale.

In particolare, il Codice di comportamento per la trasmissione e la ricezione delle fatture elettroniche stabilisce che tali operazioni, per essere considerate valide, devono riportare nel tracciato in formato XML il codice “TD28”.

In aggiunta, la fattura elettronica dovrà contenere obbligatoriamente l’indicazione dell’identificativo IVA del cedente/prestatore non residente rilasciato dall’Agenzia delle Entrate italiana. Tale dato identificativo è comunicato dal soggetto all’Anagrafe tributaria italiana.

Il rispetto di questi due requisiti di codifica dell’operazione (TD28) e di indicazione dell’identificativo IVA consente di considerare regolare, ai fini IVA in Italia, il documento ricevuto in formato elettronico. L’omessa o errata presenza anche di uno soltanto dei campi determina lo scarto della fattura.

Se una fattura elettronica ricevuta da un soggetto identificato in Italia ma non residente non rispetta i requisiti di cui sopra (codifica dell’operazione con TD28 e indicazione dell’identificativo IVA italiano), le conseguenze sono le seguenti:

  1. La fattura è scartata e non può essere registrata contabilmente dal sistema del SdI (Sistema di Interscambio). Pertanto non è deducibile ai fini IVA.
  2. Il vendor riceve una nota di scarto contenente le motivazioni del mancato accoglimento del file XML.
  3. Sarà necessario richiedere al cedente/prestatore l’emissione di una nuova fattura elettronica con i dati corretti.
  4. In mancanza di fattura valida, non è possibile detrarre l’IVA a credito e l’importo diventa una spesa non deducibile fiscalmente.
  5. Possono configurarsi profili di irregolarità IVA, con conseguenti sanzioni, nel caso di registrazione contabile di documenti non validi ai fini fiscali.

Pertanto è fondamentale porre la massima attenzione affinché la fattura elettronica contenga correttamente tutti gli elementi obbligatori richiesti dalla normativa. È quindi necessario porre particolare attenzione al corretto assolvimento di tali obblighi formali nella gestione delle fatture passive da soggetti non residenti ma identificati in Italia.

Fattura ricevuta da soggetto identificato in Italia ma non residente

Soggetto identificato ma non residente in Italia: Regime IVA e obblighi contabili

I soggetti non residenti nel territorio italiano che intrattengono rapporti economici con clienti e fornitori localizzati in Italia possono scegliere di identificarsi ad IVA nel nostro Paese.

In questo caso, l’identificazione comporta l’assoggettamento al regime IVA italiano per le sole cessioni di beni e prestazioni di servizi rese sul territorio nazionale, con obbligo di:

  • Emissione di fatture elettroniche per le operazioni attive, utilizzando il codice identificativo rilasciato dall’Agenzia delle Entrate;
  • Trasmissione al Sistema di Interscambio delle fatture elettroniche ricevute, che dovranno riportare correttamente la posizione IVA del cedente;
  • Liquidazione periodica dell’IVA in Italia per le operazioni passive, utilizzando il modello di pagamento F24.
  • Tenuta della contabilità IVA con evidenza delle singole operazioni.

È quindi essenziale che tali soggetti identificati rispettino scrupolosamente gli obblighi contabili, per evitare possibili errori fattura elettronica o irregolarità sanzionabili.

Rischio d’Impresa: tipologie e fattori determinanti

I soggetti che intendono aprire una partita IVA per esercitare in forma autonoma un’attività economica devono aver piena consapevolezza della componente di Rischio d’Impresa implicita in tale decisione. Quando si decide di fare impresa, infatti, ci si espone a rischi di natura gestionale, finanziaria e industriale connessi all’incertezza dell’iniziativa.

Principalmente i rischi riguardano la sostenibilità economica dell’attività nel tempo, l’evoluzione del contesto competitivo e normativo di riferimento, gli squilibri eventuali nella gestione amministrativa e contabile. Potrebbero altresì emergere problematiche legate al reperimento della clientela, alla volatilità dei prezzi delle materie prime e all’insorgere di concorrenti aggressivi sul mercato.

Per ridurre il grado di aleatorietà connesso all’apertura della partita IVA e alla gestione dell’impresa, risulta fondamentale un’attenta valutazione preventiva di fattibilità, conoscenza approfondita del settore e predisposizione di un business plan realistico, oltreché il ricorso a forme di tutela assicurativa. Solo così sarà possibile intraprendere con successo il percorso imprenditoriale riducendo al minimo i potenziali rischi.

Rischio di impresa: le diverse tipologie

Quando si avvia un’attività imprenditoriale è fondamentale considerare accuratamente il concetto di rischio di impresa, che può presentarsi sotto diverse forme. Rischio da mercato, rischio finanziario, rischio operativo, rischio strategico: tutte queste componenti influenzano l’andamento dell’azienda e vanno gestite adeguatamente.

Il rischio di mercato è connesso ad esempio alle fluttuazioni della domanda, all’insorgere di nuovi concorrenti, all’evoluzione delle preferenze dei consumatori. Il rischio finanziario interessa invece l’esposizione ai tassi d’interesse e la liquidità aziendale.

Ancora, il rischio operativo è legato alla possibilità di insuccessi produttivi o di interruzioni della catena di fornitura, mentre quello strategico concerne scelte manageriali che possono rivelarsi errate, come nuovi investimenti, ampliamento della gamma offerta, modifiche organizzative.

È importante che l’imprenditore sia consapevole di tutte le tipologie di rischio insite nell’attività e le tenga in considerazione nella gestione aziendale, adottando se necessarie tecniche di copertura come la diversificazione, le assicurazioni, le clausole nei contratti. Solo mitigando in modo scientifico il rischio al proprio interno è possibile massimizzare le probabilità di successo e sviluppo nel lungo termine.

Rischio d’Impresa

Rischio d’Impresa: tutti i fattori industriali, finanziari e gestionali alla sua base

Avviare un’impresa implica una sana valutazione del Rischio d’Impresa, influenzato da molteplici fattori. I rischi industriali dipendono dalle caratteristiche del settore di attività e dalla sua ciclicità. Un contesto maturo e saturato presenta maggiori insidie rispetto ad un mercato in forte espansione.

I fattori finanziari rivestono un ruolo di primaria importanza per la valutazione del rischio connesso all’avvio di un’impresa. In particolare, la disponibilità iniziale di capitale proprio è fondamentale per affrontare la fase di start-up, sostenendo i costi di avviamento e primo funzionamento in attesa che l’attività decolli.

Anche la struttura dei flussi di cassa prevista, con la tempistica di incasso delle vendite e di pagamento dei fornitori, incide significativamente: squilibri di cassa potrebbero portare a problemi di liquidità.

Rilevante risulta altresì la modalità di finanziamento prescelta, ad esempio attraverso ricorso ad investitori esterni o al sistema bancario: in tal caso, andrà valutato attentamente il grado di indebitamento risultante e la sostenibilità degli oneri finanziari.

Una buona strutturazione di questi elementi fondanti è fondamentale per ridurre l’aleatorietà dell’iniziativa imprenditoriale e assicurarne la tenuta economico-finanziaria nel medio-lungo termine. Una dotazione patrimoniale solida e l’apertura di una partita IVA costituiscono presupposti più favorevoli per superare le eventuali crisi di liquidità.

Rilevanti infine i profili gestionali: competenze ed esperienza imprenditoriale, capacità manageriale, organizzazione aziendale e qualità del business plan. Scelte strategiche errate o sottovalutazione dei rischi possono minare la solidità di una startup.

Mitigare tali componenti di rischio richiede approfondita analisi preventiva e costante monitoraggio nel tempo, adottando ove necessario tecniche di copertura per ridurre al minimo il grado di incertezza connaturato ad ogni attività d’impresa.

Fatturazione elettronica 2024: le specifiche tecniche in vigore dal 1° febbraio

Dal 1°febbraio 2024 è importante essere a conoscenza delle novità introdotte per la fatturazione elettronica che entreranno in vigore da tale data. L’Agenzia delle Entrate ha infatti pubblicato le specifiche tecniche per la trasmissione e la ricezione dei file XML delle fatture elettroniche nella nuova versione 1.8, che va a sostituire la precedente 1.7.

Le modifiche apportate, entrando nel dettaglio, riguardano l’introduzione di una nuova codifica facoltativa utile ai produttori agricoli per la gestione automatica dell’IVA, un controllo aggiuntivo per le fatture con dichiarazione d’intento invalidata e alcuni miglioramenti a livello anagrafico e di codifica delle operazioni. È quindi fondamentale che tutti i soggetti emittenti e riceventi fatture elettroniche prendano visione di queste novità, in quanto le regole per la trasmissione e ricezione dei file XML si adegueranno a partire dal 1° febbraio al nuovo tracciato previsto nelle specifiche tecniche 1.8.

I software di fatturazione elettronica dovranno inoltre essere prontamente aggiornati per allinearsi alle nuove disposizioni. Conoscere nel dettaglio queste modifiche introdotte è molto importante per evitare errori ed eventuali scarti delle fatture elettroniche a partire dalla data del 1° febbraio 2024.

Fatturazione elettronica 2024: le principali novità

Con l’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica esteso a tutti i contribuenti in regime forfettario dal 1° gennaio 2024 e l’entrata in vigore, dal 1° febbraio, della versione 1.8 delle Specifiche Tecniche per la trasmissione e la ricezione delle fatture elettroniche tra privati, si prepara un anno denso di cambiamenti per la Fatturazione elettronica in Italia.

Le nuove Specifiche Tecniche, rilasciate il 12 dicembre 2023 dall’Agenzia delle Entrate, introducono importanti novità per supportare al meglio i produttori agricoli in regime speciale IVA nella gestione automatica della liquidazione dell’imposta, nonché per rendere più stringenti i controlli sulle operazioni documentate con dichiarazione d’intento poi invalidata. Viene inoltre integrata la descrizione dell’IdPaese nei Dati Anagrafici del Cedente/Prestatore e aggiornate le indicazioni per l’utilizzo del codice TD28 per le operazioni svolte tra soggetti identificati in Italia ma non stabiliti sul territorio nazionale.

Con l’estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica a tutti i contribuenti minimi e forfettari dal 1° gennaio 2024, si abbandonerà definitivamente la Certificazione Unica a favore della trasmissione telematica delle fatture emesse e ricevute da tali soggetti. Tale novità, unitamente alle specifiche tecniche aggiornate, porterà ad un’ulteriore semplificazione degli adempimenti IVA facendo leva sulle potenzialità della Fatturazione elettronica quale strumento di semplificazione, controllo e tracciabilità delle operazioni effettuate dai soggetti passivi dell’imposta.

Fatturazione elettronica 2024

Fattura elettronica 2024: un approfondimento sull’abbandono della Certificazione Unica

L’estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica ai soggetti minimi e forfettari, prevista a partire dal 1° gennaio 2024, determinerà l’abbandono dello strumento della Certificazione Unica (CU) per la gestione degli adempimenti fiscali di tali contribuenti.

Finora, i forfettari e minimi utilizzavano la CU per la dichiarazione integrativa dei redditi percepiti e delle ritenute operate, nonché per l’assolvimento dei relativi obblighi di versamento. Tale documento verrà meno per effetto del nuovo obbligo di fatturazione elettronica esteso a tali categorie di contribuenti.

La trasmissione e conservazione delle sole fatture emesse e ricevute digitalmente, secondo le Specifiche Tecniche definite dall’Agenzia delle Entrate, permetterà infatti agli stessi soggetti di assolvere integralmente agli obblighi dichiarativi e di versamento dell’IVA. Non sarà più necessario, di conseguenza, ricorrere alla CU che risulterà definitivamente superata per minimi e forfettari, i quali dovranno unicamente occuparsi della corretta fatturazione elettronica delle operazioni effettuate.

Tale novità semplificherà quindi gli adempimenti di tali categorie di contribuenti grazie alla dematerializzazione totale dei processi di fatturazione.