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B Corp: cosa sono e come funzionano

Da quando scontrino e fatturazione elettronica  sono diventate una realtà, molte aziende hanno iniziato a guardare ai processi di digitalizzazione, innovazione, automazione con un occhio diverso rispetto al passato. Se fattura e scontrino elettronico consentono di semplificare i processi ed evitare ogni sorta di errore umano, lo stesso vale infatti anche per i macchinari di nuova generazione, per l’automazione, per la domotica, per i software gestionali di ultima generazione e simili. Sono innovazioni e nuove tecnologie che aiutano le aziende a migliorare il proprio business, semplificando e rendendo più veloci molte attività, consentendo inoltre di diventare sempre più produttivi e competitivi nel proprio settore così da veder ingrassare le casse aziendali.

Ma tutto questo basta? Secondo molte aziende no, ci vuole ben altro per poter rendere davvero eccellente il proprio business. Non tutte le aziende credono che l’innovazione costante e la corsa a un profitto sempre maggiore siano gli unici obiettivi da perseguire. Molte aziende credono che sia necessario migliorare il proprio modo di fare business per poter garantire un impatto positivo sull’ambiente in cui viviamo, sulla comunità, sui dipendenti. Alcune aziende hanno persino deciso di dare vita a un movimento globale che ha come obiettivo dichiarato proprio quello di diffondere in tutto il mondo un nuovo modo di fare business. Stiamo parlando delle B Corp

Quali obiettivi si pongono le aziende di oggi e le B Corp

Le B Corp certificate sono aziende che hanno scelto di mettersi sulla strada dell’innovazione per cercare di avere un impatto positivo di tipo sociale e ambientale, mentre cercano di ottenere il profitto desiderato. Si tratta di un modello di business che cerca di rispondere in modo preciso e puntuale a quelle che sono le esigenze dei tempi odierni. A oggi sono oltre 100 le B Corp certificate. Inoltre sono circa 500 le aziende che hanno scelto lo status giuridico di Società Benefit. Si tratta di una forma legale che, in Italia, è arrivata solo da qualche anno. Nel proprio oggetto sociale integra agli obiettivi di profitto anche l’impatto positivo sulla società e sull’ambiente che si desidera ottenere.

Perché diventare una B Corp

Diventare una B Corp significa trasformare in modo radicale il proprio business. Ma quali vantaggi comporta tutto questo? Prima di tutto è possibile differenziarsi sul mercato. Un valore aggiunto che permette di far circolare il proprio nome più intensamente e di essere conosciuti anche all’estero con maggiore semplicità. Ottenendo questa visibilità, è possibile incrementare ulteriormente il proprio lavoro. Avere un impatto positivo su comunità e ambiente, significa anche riuscire a lavorare di più insomma!

B Corp

 

È possibile poi migliorare le proprie performance, perché si tratta di aziende che sanno trattare al meglio i dipendenti, che sanno creare per loro un luogo di lavoro eccellente. Se i dipendenti sono felici, se stanno bene, ecco che lavorano meglio. Sono aziende che proprio per questo motivo sono viste di buon occhio da tutti coloro che sono alla ricerca di un luogo di lavoro che sappia sviluppare il loro personale talento. È quindi possibile attirare talenti nelle B Corp e ottenere una forza lavoro davvero d’eccellenza. Anche gli investitori vedono in modo positivo queste aziende. I vantaggi insomma sono davvero numerosi.

Come diventare una B Corp

Prima di tutto è necessario misurare il valore creato dall’azienda, cosa che è possibile fare in modo semplice tramite lo strumento gratuito B Impact Assessment. Nel caso in cui il punteggio sia di almeno 80 punti, l’azienda può validarlo tramite l’ente certificatore delle B Corp, che prende il nome di B Lab. A quel punto è sufficiente firmare la Dichiarazione di Interdipendenza delle B Corp per diventare una B Corp a tutti gli effetti.

Nel caso in cui invece il punteggio sia inferiore, l’azienda deve farsi carico di mettere in atto tutti quei cambiamenti che possono comportare un netto miglioramento del suo impatto sull’ambiente, sui dipendenti, sulla comunità stessa. Dopo aver migliorato la situazione, è possibile poi misurare di nuovo il valore creato dall’azienda sino a quando non si sarà ottenuto il punteggio necessario. È possibile, soprattutto nel caso in cui il punteggio sia più basso di quanto si pensi, che ci voglia un po’ di tempo per raggiungere l’obiettivo desiderato. Questo non deve scoraggiare però le aziende che desiderano diventare B Corp. Anche se la strada è lunga e in salita, l’obiettivo è degno di essere considerato più che positivo.

Finanza agevolata: cos’è e di quali agevolazioni possono beneficiare le imprese

La finanza agevolata è l’insieme di strumenti, processi ed elementi offerti alle partite IVA per incentivare lo sviluppo economico delle attività. Ne esistono diverse forme, che prevedono differenti bonus e agevolazioni, promossi da altrettanti enti (locali, regionali, nazionali, comunitari, ecc.). Si tratta quindi di una parte importante dell’economia nazionale, alla quale è riconosciuta una rilevanza e un peso non indifferente nella politica industriale del paese. È attraverso la finanza agevolata che le imprese sono sostenute e aiutate anche dallo Stato con sgravi fiscali e incentivi alla crescita e alla competitività.

Negli ultimi anni, per dare un impulso ulteriore alla crescita delle attività imprenditoriali e per sostenere alcuni settori economici, le agevolazioni concesse alle imprese, sono aumentate. I contributi per la concessione di tali agevolazioni, sono il frutto di un complesso e articolato quadro normativo. Fondamentale conoscerlo a fondo e nel dettaglio per non lasciarsi sfuggire nessuna opportunità.

Finanza agevolata: le varie tipologie di contributi previsti dal legislatore

Tanti e diversi gli strumenti messi a disposizione delle imprese, dal legislatore, a sostegno dell’economia nazionale. Tra i diversi strumenti troviamo:

  1. contributi a fondo perduto
  2. prestiti a tasso zero
  3. sgravi fiscali
  4. garanzia del credito
  5. intervento nel capitale di rischio

Contributi a fondo perduto

Il contributo a fondo perduto è uno degli strumenti della finanza agevolata maggiormente utilizzato e apprezzato. È chiamato anche contributo in conto capitale. Per spiegarla in parole semplici, si tratta dell’erogazione di capitale, per il quale non è prevista la restituzione. Il totale liquidato è sempre una percentuale del totale del progetto per il quale è richiesto il contributo (quindi un contributo percentuale).

Prestiti a tasso zero

I prestiti a tasso zero possono essere concessi da enti pubblici, istituti bancari, o entrambi in compartecipazione. La definizione “a tasso zero” non rispecchia effettivamente la precisa verità. Nel senso che i prestiti concessi prevedono quasi sempre un tasso di interesse. L’agevolazione sta nel fatto che il tasso ha una soglia nettamente inferiore a quella rispetto ai tassi di mercato. La stima media si aggira in percentuale attorno allo 0,5%. Il risparmio per le aziende è comunque molto importante.

Finanza agevolata

Sgravi Fiscali

Nella maggior parte dei casi, lo sgravio fiscale è previsto sotto forma di credito d’imposta. Questo significa vantare un credito nei confronti dell’Agenzia delle Entrate. Può essere sfruttato attraverso compensazioni eseguibili con semplici F24 al momento del pagamento delle imposte dovute.

Diversi invece gli sgravi contributivi. Questi infatti sono concessi alle imprese che accettano di assumere come dipendenti, determinate categorie di lavoratori.

Garanzia del credito

Come dice il nome stesso la garanzia del credito è una misura della finanza agevolata che ha lo scopo di rendere più affidabile un’impresa. La garanzia esterna e aggiuntiva che un’impresa possa assolvere ai propri impegni creditizi qualora richiedesse un eventuale finanziamento, aiuta le aziende a far ottenere meglio e più velocemente i prestiti. Per accedere a tale agevolazione, le imprese che ne fanno richiesta sono, solitamente, sottoposte a una valutazione economica-finanziaria e andamentale.

Intervento nel capitale di rischio

In questo caso l’agevolazione si trova nella partecipazione da parte di un partner istituzionale/pubblico, al capitale di rischio di una società. La partecipazione prevede solo quote minoritarie. In questo modo le imprese risultano maggiormente rafforzate verso terzi e in più, molto spesso, ricevono anche dei finanziamenti agevolati a sostegno delle attività svolte.

Finanza agevolata: richieste e procedure

Affinché le imprese possano beneficiare dei vari contributi previsti dalla finanza agevolata, devono inoltrare richieste attraverso i bandi di finanziamento. Questi sono periodicamente aperti a livello nazionale, regionale, oppure locale.

In alternativa esistono le procedure a sportello. A differenza dei bandi, quelle a sportello non prevedono una tempistica massima per la raccolta delle richieste. Queste infatti rimangono a disposizione fino a esaurimento delle risorse del finanziamento.

Nell’uno o nell’altro caso è importante, prima di tutto, inquadrare la propria impresa in modo esatto. Dimensione, ubicazione, settore, parametri di riferimento, ecc… Il progetto proposto deve essere correttamente definito prima dell’inoltro dell’eventuale richiesta per l’agevolazione. Utile, in questi casi, definire e redigere un accurato business plan nel quale è illustrato dettagliatamente il progetto da realizzare, sia nella sua parte tecnico/pratica, che in quella economica e finanziaria.

SIMEST: cos’è e cosa fa la Cassa depositi e prestiti

La SIMSET è una società del Gruppo depositi e prestiti creata dal Ministero del commercio con l’estero. Si tratta di una Società Italiana per le Imprese Miste all’Estero ed è normata dalla legge 100/1990: “Norme sulla promozione della partecipazione a società ed imprese miste all’estero”.

Questa dispositiva stabiliva la creazione di una società italiana per le società all’estero. In altre parole la SIMEST ha il compito di sostenere, promuovere e assistere, le imprese italiane presenti nei paesi Extra UE. L’assistenza e la consulenza può volgere su qualunque argomento, dalla fatturazione elettronica (ove richiesta e necessaria), ai corrispettivi giornalieri, dai dazi doganali, ai processi di internalizzazione.

Dal 2011 la SIMEST ha il potere di acquisire anche partecipazioni di minoranza in Italia e nell’Unione europea a condizioni di mercato e senza alcuna agevolazione. Nel 2016 la svolta, durante la quale SIMEST è inglobata dal gruppo Cassa depositi e risparmi che la incorpora nella SACE. Si crea così il famoso Polo dell’Export e dell’internalizzazione del Gruppo. I servizi e l’assistenza è quindi raggruppata in un unico grande gruppo, a cui possono fare riferimento le varie imprese costituite nei paesi extra UE. Le partite IVA create hanno così un punto di riferimento per il loro intero ciclo progettuale. Dall’apertura dell’attività, con la valutazione di apertura, fino all’integrazione/inserimento nella realtà straniera e la relativa espansione attraverso investimenti diretti.

SIMEST: finanziamenti agevolati e a fondo perduto

SIMEST lavora attivamente in Italia e all’estero per sostenere le imprese nostrane nei paesi extra UE. Dal 3 giugno di quest’anno sono riprese le attività legate alla ricezione delle domande di finanziamento agevolato e a fondo perduto. Un punto di fondamentale importanza per le imprese esportatrici.

Le novità più allettanti riguardano, a differenza del 2020, i finanziamenti a fondo perduto, il cui contributo può arrivare addirittura al 50% delle domande presentate. A causa della pandemia da Covid-19, il legislatore ha previsto una serie di aiuti a favore delle imprese esportatrici, per sostenere e promuovere la ripresa economica italiana. È nato così il Fondo 394/81, gestito direttamente dalla SIMEST. Il fondo prevede una serie corposa di bandi a favore delle imprese, che contemplano quote a fondo perduto anche del 40%-50% della domanda di finanziamento presentata. Includono inoltre finanziamenti agevolati al tasso di riferimento UE per la parte richiesta rimanente.

La quota totale del contributo a fondo perduto, prevedeva un totale pari a 1.800.000€

SIMEST

Le misure di finanza agevolata

L’iniziativa era già stata promossa nel corso del 2020 e aveva riscosso un enorme successo. Infatti le richieste di finanziamenti agevolati e contributi a fondo perduto erano arrivate a quota 2 miliardi di euro dal 1° gennaio. Per questo motivo la SIMEST ha deciso di presentare anche quest’anno diverse misure di finanza agevolata.

Tra queste ricordiamo le più importanti:

  • Patrimonializzazione – indice di indipendenza finanziaria
  • Inserimento in mercati esteri, o ampliamento di strutture già esistenti
  • Temporary Export Manager – professionista che segue, in outsourcing, gli uffici commerciali di aziende, allo scopo di far crescere, o consolidarne, le vendite in mercati esteri
  • E-commerce, o marketplace
  • Fiere, mostre e missioni estere
  • Programmi di assistenza tecnica
  • Studi di fattibilità in paesi esteri

Le imprese possono presentare le proprie domande e, se il finanziamento dovesse venire accettato, sarà finanziato direttamente dalla stessa SIMEST. Ogni singola voce dell’elenco precedente, tranne la prima (patrimonializzazione delle imprese esportatrici), può essere presentata svariate volte. Esiste inoltre una misura specificatamente pensata per le imprese che organizzano eventi e fiere, che prende il nome di patrimonializzazione a supporto del sistema fieristico.

SIMEST: come presentare le domande

Per la presentazione delle domande di finanziamento e di contributi a fondo perduto, è stato creato uno specifico portale di riferimento. Le domande possono essere inoltrate a partire dal 3 giugno 2021. L’iter di verifica e accettazione segue un ordine cronologico, fino a esaurimento delle risorse. È sempre bene compilare e preparare la documentazione necessaria in largo anticipo, visto quanto sono allettanti i contributi e le agevolazioni concesse.

Bancarotta: il reato di sottrarsi alla pretese dei creditori

Il reato di bancarotta consiste nel sottrarre il patrimonio alle pretese dei creditori. Questo sussiste quando una società o un imprenditore dichiarati falliti dall’autorità giudiziaria, mettano in atto azioni con l’intento di voler sottrarre il proprio patrimonio personale o sociale alla rivalsa dei creditori. Questo reato è disciplinato dal RD n° 276/1942 art 217 e 217 della legge fallimentare. Esistono diverse tipologie di reati di bancarotta. Queste si differenziano in base alla condotta tenuta dal debitore. Non possono compiere reato di bancarotta le imprese non soggette al fallimento né al concordato preventivo.

Reato di Bancarotta: tipologie

Come abbiamo detto non esiste una definizione univoca di reato di bancarotta perché ne esistono diverse tipologie a seconda della condotta del debitore. Ricordiamo quindi che esiste la bancarotta fraudolenta:

  • patrimoniale (art. 216 co. 1 n. 1)
  • documentale (art. 216 co. 1 n. 2)
  • preferenziale (art. 216 co. 3)
  • Bancarotta semplice (art. 217)

Il minimo comune denominatore che accomuna ciascuna di queste tipologie è la dichiarazione giudiziale di fallimento dell’impresa o dell’imprenditore.

Bancarotta fraudolenta patrimoniale

L’articolo 216 comma 1 stabilisce che il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale:

“È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:

  1. ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;
  2. ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari”.

Per distruzione è inteso la rimozione definitiva del patrimonio. Per dissipazione invece lo sperpero del patrimonio effettuato con spese sproporzionate alle proprie finanze. La distrazione invece è l’utilizzo da parte del soggetto, dei propri beni, per attività e scopi estranei all’impresa. L’occultamento e la simulazione invece sono condotte attraverso le quali il soggetto cerca di nascondere i propri beni ai creditori. Infine l’esposizione e il riconoscimento di passività inesistenti si ha quando è rilevato uno stato patrimoniale passivo più consistente di quanto non è realmente.

BancarottaBancarotta fraudolenta documentale

In questo caso sono oggetto di sanzione le inadempienze relative alla tenuta della contabilità. Sono importanti quindi sia le scritture contabili obbligatorie, che quelle facoltative. La norma che regola questo processo prevede delle sanzioni in caso di sottrazione, distruzione, falsificazione e occultamento delle scritture contabili che renda difficile una reale ricostruzione del patrimonio.

Bancarotta fraudolenta preferenziale

La bancarotta fraudolenta preferenziale avviene quando il debitore esegue dei pagamenti di crediti in via preferenziale, o quando simula titoli di prelazione. Questa condotta può essere tenuta sia prima che durante la procedura fallimentare.

Bancarotta semplice

Anche in questo caso la bancarotta semplice può essere patrimoniale oppure documentale. Un soggetto risulta colpevole di bancarotta semplice se dichiarato fallito:

  • effettua spese personali o per la famiglia ritenute eccessive rispetto alla propria condizione economica
  • consuma in modo dissoluto buona parte del proprio patrimonio in operazioni legate alla sorte e alla fortuna
  • cerca di ritardare il fallimento con azioni molto imprudenti
  • non richiede la dichiarazione del proprio fallimento
  • non soddisfa le obbligazioni assunte precedentemente in un concordato preventivo o fallimentare

Mentre per lo stesso soggetto può essere dichiarato bancarotta semplice documentale quando:

  • Omette la tenuta delle scritture contabili prescritte dalla legge
  • Tiene una condotta irregolare dei documenti contabili (vale a dire non redige i documenti contabili rispettando i requisiti formali e sostanziali specificati dalla legge e/o dalla prassi commerciale)
  • Detiene scritture contabili intermittenti e lacunose

Bancarotta e sanzioni

Per la bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale è prevista la reclusione da 3 a 10 anni. Inoltre è prevista una pena accessoria che consiste nell’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa “fino a” 10 anni.

Per la bancarotta fraudolenta preferenziale invece è prevista la reclusione da 1 a 5 anni e la stessa pena accessoria delle precedenti. Infine per la bancarotta semplice il periodo di reclusione scende ad un lasso di tempo compreso tra i 6 mesi e i 2 anni. La pena accessoria in quest’ultimo caso è applicata solo per 2 anni.

Da poco il termine “fallimento” è stato sostituito con “liquidazione giudiziale”. Questa semplice modifica comunque non può dare luogo a fenomeno di abrogazione.

Centrale Rischi: cos’è e come funziona la CdR della Banca d’Italia

La centrale rischi è uno strumento informatico creato dalla Banca d’Italia. Nel Bel Paese la maggior parte delle aziende ricorre al sistema bancario o al mondo finanziario, per ottenere credito, sotto qualunque forma. Per questo motivo le banche hanno bisogno di un sistema che consenta loro di effettuare molteplici accertamenti prima di concedere o meno credito alle attività. La centrale rischi, chiamata anche CR o CdR, permette loro di accedere a moltissime informazioni supplementari, rispetto a quelle che l’azienda fornisce al momento della richiesta dell’accesso al credito. Da questo sistema informatico è anche possibile capire se il soggetto richiedente è o no classificato come un cattivo pagatore. La decisione è completamente unilaterale da parte della banca che utilizza le informazioni della CR. Le stesse sono sempre più frequentemente utilizzate anche da clienti e creditori per effettuare controlli prima di entrare in affari con una controparte.

Centrale Rischi: cos’è

La centrale rischi è un sistema informatico che raccoglie informazioni sulla solvibilità degli utenti, sia persone fisiche che giuridiche. Queste informazioni sono poi fornite ai vari istituti di credito, oppure a clienti e fornitori che richiedono tale tipologia di controllo. I dati della CR sono gestiti o pubblicamente (quindi si parla di centrale rischi della Banca d’Italia), oppure privatamente (ad esempio Crif, ctc, ecc…).

Tutte le informazioni raccolte in questo sistema informatico sono importantissime sia a livello informativo, nella fasi di valutazione del credito (istruttoria e delibera), che per l’analisi e la gestione del credito stesso (monitoraggio). Tutte questi dati influenzano il rating finanziario di un’azienda.

CdR: a cosa serve

La CR ha un triplice scopo. Serve in primis a fornire una visione d’insieme dell’eventuale stato debitorio di soggetti singoli, imprese e famiglie. In secondo luogo serve ai clienti che possiedono un’ottima storia creditizia ad ottenere un finanziamento molto più velocemente e a condizioni agevolate. Infine è utile alle banche e alle società finanziarie per valutare la capacità dei clienti di restituire i finanziamenti concessi.

CR: come funziona

Nella centrale rischi sono raccolte tutte le informazioni che banche ed istituti finanziari comunicano a questo strumento. Affinché banche ed istituti possano lecitamente inviare questi dati al CR, devono essere regolarmente iscritti all’albo e/o all’elenco speciale previsto negli articoli 64 e 107 del TUB.

Le informazioni così convogliate all’interno del sistema informatico, sono accessibili in qualunque moneto da qualunque banca e/o istituti finanziario, per controllare la situazione creditizia reale di qualunque soggetto. Queste permette alle banche e agli istituti finanziari di tutelarsi dall’esposizione di eventuali rischi determinati dalla concessione di finanziamenti e fidi multipli.

Centrale Rischi

Soglie di registrazione

Un soggetto è inserito nella banca dati della centrale rischi con una soglia minima relativa alla propria posizione individuale di 30.000€. Questa è chiamata soglia di censimento. Invece per le soglie a sofferenza non c’è alcun limite minimo. Volendolo comunque identificare è molto basso e corrisponde alla somma di 250€.

La registrazione automatica all’interno della centrale rischi avviene quando un soggetto:

  • ottiene un finanziamento
  • risulta essere garantito dalla banca che concede un credito di firma e l’importo concesso supera la soglia di censimento
  • è garante del finanziamento di un altro soggetto (come ad esempio nel caso di una fideiussione, o di un mutuo prima casa, ecc.)

La Centrale rischi ogni mese riceve e raccoglie le informazioni da parte di ogni intermediario. Una volta raccolte ed elaborate, nonché aggiornate, tutte le informazioni, le restituisce agli stessi intermediari finanziari ed istituti bancari.

Centrale rischi e storia creditizia

La centrale rischi non è quindi solamente un mero elenco di cattivi pagatori. Raccoglie piuttosto l’intera storia creditizia dei soggetti iscritti. Contiene tutte le informazioni positive (regolarità di pagamento rate e chiusura rapporti finanziari), nonché quelle negative (difficoltà nel restituire il debito).

Questo vuol dire che se un soggetto non paga una rata non è inserito immediatamente e automaticamente nell’elenco della centrale rischi. Il creditore infatti, prima di segnalare il nominativo, valuta l’intera storia creditizia del soggetto, la complessità finanziaria della situazione e, alla luce di tutte le informazioni, decide se segnalare o meno il nominativo.

La centrale rischi gestita dalla Banca d’Italia ha quindi uno scopo pubblico, ma nel Bel Paese esistono anche altri archivi privatizzati, gestiti da diverse società che partecipano su base volontaria. Questi SIC, cioè sistemi di informazione creditizia, non sono assolutamente monitorati dalla Banca d’Italia. I meccanismi regolatori e di funzionamento sono disciplinati da precisi codici deontologici, consultabili direttamente sul sito del Garante per la protezione dei dati personali.

In questo caso per conoscere la propria posizione all’interno di queste banche dati è necessario contattare direttamente i SIC. La Banca d’Italia infatti non è assolutamente responsabile dei dati gestiti da organismi privati.

Prima nota: registro di entrate e uscite

La prima nota è un documento contabile. Si tratta di un registro delle entrate e delle uscite della cassa che non è obbligatorio redigere, ma è sempre molto consigliato. In un’azienda infatti è sempre molto importante avere sotto controllo entrate ed uscite. Lasciare quindi traccia dei movimenti di denaro e dovendoli poi inserire nel bilancio d’esercizio, un registro aiuta a segnare in modo ordinato le entrate e le spese effettuate con i contanti. Un registro che risulta indispensabile per i movimenti economici quotidiani. Non ha una forma determinata, basta che contenga, in ordine di data, i movimenti e le operazioni finanziarie dell’attività. Si tratta di un registro che serve anche a trovare traccia di ogni evento esterno che ha coinvolto l’utilizzo di denaro contante. Risulta particolarmente importante, sia per i liberi professionisti, che per le aziende, perché molto spesso o movimenti in denaro sfuggono al controllo. Inoltre, se redatta correttamente, la prima nota, è un aiuto valido per preparare le varie scritture contabili all’interno del libro giornale.

Prima nota: la normativa di riferimento

La Risoluzione del Ministero delle Finanze n. 9/101 del 09/08/1979 prevede che la prima nota acquista validità giuridica e fiscale quando è numerata regolarmente, bollata prima dell’utilizzo e, soprattutto, se contiene ogni operazione di gestione.

L’articolo 24 del DPR n. 633/1972, prevede inoltre che i commercianti al dettaglio esonerati dall’obbligo dei corrispettivi telematici, siano invece obbligati a redigere la prima nota. Sono inoltre obbligati a tenere correttamente un registro prima nota di cassa, quando il registro dei corrispettivi è conservato in un luogo diverso.

Un monitoraggio costante

Se la prima nota è tenuta correttamente, può rappresentare un valido riferimento per capire come sta andando l’azienda. Per redigerlo non esiste un modello standard, visto che non è obbligatorio. Esistono comunque delle regole di scrittura che ne assicurino una redazione precisa e puntuale.

Visto che si tratta di un registro giornaliero, che serve a tenere sotto controllo i movimenti dei contanti, deve riportare ogni singola operazione redatta e catalogata in ordine cronologico. Questo perché la prima nota riporta ogni transazione che deve poi essere trascritta nel libro giornale che raccoglie tutti gli eventi di gestione esterni.

Prima nota

I dati necessari e immancabili in una prima nota sono:

  • data
  • riferimenti specifici a documenti come ricevute, fatture, ecc…
  • importi singoli
  • importi totali
  • descrizione estesa ed esaustiva della natura della transazione eseguita
  • riferimento alla natura del documento contabile (fattura, ricevuta, ecc…)
  • partite fuori cassa (banca, o altro)

Prima nota di cassa e le operazioni da segnalare

Maggiore è la precisione con la quale la prima nota è redatta, maggiori saranno le informazioni da riportare poi più facilmente sul libro giornale. Tra le tante operazioni finanziarie che possono essere annotate nella prima nota ricordiamo:

Consegnare la documentazione al commercialista

La prima nota cassa è un documento da consegnare periodicamente al proprio commercialista. Il contabile infatti utilizza la prima nota integrandone le informazioni in essa contenute per predisporre i documenti di:

  • elenco fatture emesse e ricevute (ordinandole in base alla data di emissione)
  • elenchi ordinati di altra documentazione, come ad esempio, buste paghe, ricevute, quietanze di pagamento, estratti conto, ecc…

Di conseguenza è facile intuire come la redazione corretta della prima nota sia il primo passo da compiere per avere una contabilità attendibile e ordinata. Da questa poi, è possibile studiare l’andamento della propria attività, individuando e analizzando eventuali andamenti positivi e negativi relativi alla gestione stessa.

Da precisare comunque che, a differenza del libro giornale, la prima nota non è un documento fiscale. Nel libro giornale la registrazione è molto più rigida e dettagliata. La Risoluzione del Ministero delle Finanze n. 9/101 del 09/08/1979 specifica infatti:

“Diviene un vero e proprio libro giornale con validità giuridica e fiscale quando è regolarmente numerato e bollato prima dell’uso e contiene tutte le operazioni di gestione di un’impresa”.

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Digital Tax: cos’è e quando si paga

La digital tax è l’imposta sui servizi digitali contenuta nel provvedimento dell’agenzia delle entrate del 15 gennaio 2021. La tassa sui servizi dell’economia digitale ha trovato ispirazione nella direttiva europea COM (2018) 148 final. Mentre l’Europa si prepara a far debuttare una web tax europea, l’Italia si porta avanti (almeno per una volta) dotandosi di una propria imposta sui servizi online.

È vero che si tratta di una nuova tassa, che si va a sommare al carico già abbastanza pesante che i contribuenti italiani devono sostenere ogni anno, ma, per fortuna, i soggetti passivi rientrano in una specifica categoria. Ne verranno colpiti infatti gli esercenti attività d’impresa, anche non residenti in Italia, che, nel corso dell’anno, hanno realizzato ovunque nel mondo (da solo o in gruppo) ricavi non inferiori a 750.000.000 di euro, di cui almeno 5.500.000 nel territorio dello Stato. I piccoli commercianti, artigiani e liberi professionisti possono quindi stare tranquilli, per questa volta.

Digital Tax: soggetti inclusi ed esclusi dal pagamento

La digital tax è l’imposta sui servizi digitali con aliquota imposta al 3%. La tassa è stata istituita dalla Legge di Bilancio 2019 e modificata in seguito dalla Manovra dell’anno successivo. La tassa è quindi applicata alla fornitura di servizi digitali. I soggetti che singolarmente, o a livello di gruppo, nell’anno solare precedente, hanno realizzato:

  • un ammontare complessivo di ricavi non inferiore a 750 milioni di euro;
  • un ammontare di ricavi derivanti da servizi digitali conseguiti nel territorio dello Stato non inferiore a 5,5 milioni di euro.

Sono considerati soggetti passivi. L’imposta è applicata sui rivani annuali, totalizzati in un anno solare. Non è calcolata o applicata trimestralmente. È probabile che il versamento debba essere effettuato entro il 16 febbraio dell’anno solare successivo a quello di riferimento. Le imprese interessate devono presentare una dichiarazione annuale contenente l’ammontare dei servizi tassabili, entro il 31 marzo dello stesso anno. Per quanto riguarda le società di gruppo, ne viene indicata una singola che debba far fronte agli obblighi derivanti dalle disposizioni relative all’imposta sui servizi digitali.

Web Tax Europea: tutto è iniziato da qui

La Commissione Europea, nel marzo del 2018, aveva proposto la Web Tax applicabile a:

  • ricavi da vendita di pubblicità
  • cessione dati
  • intermediazione tra utenti e business

Digital Tax

L’obiettivo della Commissione era quello di tassare i profitti dei grandi di Internet (come ad esempio Amazon). Inoltre l’UE desiderava che ogni Stato Membro potesse tassare i loro proventi generati sul proprio territorio, anche se le aziende in questione non avevano una presenza fisica nello stato.

Affinché una società possa essere riconosciuta come una “presenza digitale tassabile” devono essere rispettati tre diversi criteri:

  • deve superare i 7 milioni di euro di ricavi annuali in uno stato membro
  • contare avere oltre 100mila utenti registrati in uno stato
  • deve avere oltre 3000 contratti per servizi digitali ad utenti business.

Nonostante gli obiettivi della Commissione Europea siano piuttosto chiari, la situazione rimane comunque in stallo. Questo perché molti paesi, come ad esempio Irlanda, Danimarca, Svezia e Finlandia, si oppongono fermamente. Il motivo è da ricercare nella bassa imposizione fiscale e nel meccanismo che consente ai colossi del web di eludere il fisco nazionale spostando liberamente i propri ricavi da un paese all’altro.

In attesa di una soluzione univoca, alcuni stati membro, come appunto Italia, ma anche Francia, Spagna, Ungheria e Gran Bretagna, hanno deciso di adottare soluzioni “locali”.

Digital Tax: immediata esecuzione

La disciplina in questione è stata trattata e studiata ampiamente con la Legge di bilancio 2019 ed è entrata immediatamente in vigore. Non c’è infatti stato bisogno di richiedere un apposito decreto ministeriale affinché l’imposta diventasse esecutiva. Nella norma sono quindi riportate tutte le indicazioni per:

  • prevedere le modalità applicative del tributo circa i corrispettivi colpiti
  • dichiarazioni
  • periodicità del prelievo
  • individuazione di ipotesi di esclusione
  • inserito l’obbligo per i soggetti passivi non residenti di nominare un rappresentante fiscale.

Le esclusioni italiane

La digital tax italiana prevede l’esclusione dall’imposta digitale per fornitura diretta di beni e servizi, nell’ambito di un servizio di intermediazione digitale messa a disposizione di un’interfaccia digitale il cui scopo esclusivo o principale è quello della fornitura agli utenti dell’interfaccia, da parte del soggetto che gestisce l’interfaccia stessa, di contenuti digitali, servizi di comunicazione o servizi di pagamento”; la messa a disposizione di un’interfaccia digitale utilizzata per gestire diversi servizi bancari e finanziari

In altre parole sono esclusi dal pagamento della digital tax:

  1. banche
  2. siti aziendali
  3. soggetti finanziari già soggetti ad accise
  4. operatori telefonici
  5. fornitori di contenuti digitali, come TV e giornali.

Auto aziendale e deducibilità: leasing, noleggio o acquisto cosa conviene e perchè

Nell’articolo precedente “Deducibilità e detraibilità: cosa sono e quali sono le principali differenze” abbiamo visto le differenze tra deducibilità e detraibilità. In merito a quest’argomento, è spesso oggetto di discussione la deducibilità dell’auto aziendale.

La domanda, che più di ogni altra, cerca risposta, è quale sia la forma maggiormente conveniente, dal punto di vista fiscale, quando si tratta di auto aziendale: acquisto, leasing o noleggio.

Auto aziendale: che cos’è

L’auto aziendale è quella destinata ai dipendenti di una società, oppure utilizzate per fini aziendali. Per essere definite tali devono rispondere a una serie di caratteristiche. Devono, ad esempio, avere meno di 24 mesi di vita e meno di 30,000 km. L’auto aziendale può essere assegnata al dipendente per uso strumentale, oppure promiscuo.

Nel primo caso, l’unico soggetto che può guidarla sarà il dipendente a cui è stata assegnata. Nel secondo caso invece può essere guidata anche dai familiari del lavoratore assegnatario. Se l’auto aziendale è inquadrata come “autocarro” per il trasporto di merci, a bordo vi possono salire esclusivamente gli appartenenti alla società addetti al trasporto e al carico/scarico della merce.

Se la disponibilità dell’auto aziendale data al dipendente è superiore a 30 giorni, il nominativo deve essere comunicato alla Motorizzazione (questo perché non è intestatario del veicolo). É prevista anche una sanzione amministrativa per chi non comunica il nominativo, pari a 705€, più il ritiro della carta di circolazione.

Se l’auto aziendale non è assegnata per uso privato, allora non è tassata, o è tassata solo parzialmente.

Auto aziendale: acquisto e deducibilità

La deducibilità dell’auto aziendale è stabilita nell’articolo 164 comma 1 lett. b) del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi). L’articolo prevede una doppia limitazione:

  • La deducibilità è ridotta nella misura del 20%
  • È riconosciuto un limite al valore fiscale del mezzo.

Nel caso di acquisto diretto dell’auto aziendale la legge prevede un limite al valore fiscalmente riconosciuto, diverso a seconda della tipologia di auto aziendale:

  • 18.075,99 € per le autovetture e gli autocaravan
  • 4.131,66 € per i motocicli
  • 2.065,82 € per i ciclomotori

Nel primo caso quindi la deducibilità massima per l’auto aziendale è di € 3.615,20.

Auto Aziendale in Leasing: cos’è e come funziona la deducibilità

Il leasing è una forma contrattuale di locazione, nella quale una società concedente, mette a disposizione di un cliente utilizzatore, un bene mobile e/o immobile. Il bene deve essere strumentale all’attività dell’utilizzatore, che dovrà corrispondere un canone periodico per usufruire del bene.

Nel caso di un’auto aziendale, il leasing non può durare meno di 48 mesi, alla fine dei quali l’utilizzatore può esercitare il diritto di riscatto del bene.

In alcuni casi il leasing finanziario comprende anche assicurazione e manutenzione dell’auto. I servizi accessori sono validi per tutta la durata del contratto. L’articolo 102 comma 7 del Tuir prevede le condizioni di deducibilità nel caso di acquisto di un veicolo in leasing.

I contratti in leasing stipulati prima dal 29 aprile 2012 prevedono un canone di competenza annua calcolato in base al coefficiente di ammortamento stabilito per quel determinato bene.

Il canone deducibile è calcolato in base al rapporto tra il costo massimo fiscalmente riconosciuto e il costo di acquisto sostenuto dall’utilizzatore. A questo è poi applicata la percentuale di deducibilità del 20% prevista dalla legge.

Auto aziendale

Auto aziendale e noleggio a lungo termine: caratteristiche e deducibilità

I professionisti e i possessori di partita IVA conoscono molto bene il noleggio a lungo termine. Le aziende e i regolari possessori di partita IVA possono stipulare contratti di noleggio a lungo termine. Oggi però questa possibilità è data anche ai privati, titolari di semplice codice fiscale.

Il noleggio a lungo termine prevede il pagamento di un canone mensile fisso, per un determinato lasso di tempo e per una percorrenza complessiva da effettuarsi con il veicolo. Il canone è una somma stabilita contrattualmente dalle due parti che comprende tutti gli oneri connessi all’uso del veicolo: imposta di circolazione, bollo, assicurazione, Kasko, manutenzione ordinaria compresi cambio pneumatici, ecc… In caso di danneggiamento o guasto dell’autovettura all’utilizzatore deve essere sempre messa a disposizione da parte della società di noleggio, un’autovettura sostitutiva.

Il periodo di noleggio può variare dai 24 ai 48 mesi e le percorrenze possono arrivare anche a 80,000 km. Terminato il periodo prestabilito dal contratto, l’auto aziendale può essere riscattata dall’utilizzatore. Il prezzo è quello prefissato da entrambi le parti.

Da un punto di vista fiscale la legge prevede che i canoni di noleggio siano deducibili entro certi limiti. Il costo del canone del noleggio per le autovetture, sono deducibili fino ad € 3.615,20 con ragguaglio ad anno. Per i contratti “full service” il limite di costo previsto per i canoni di noleggio deve essere considerato al netto dei costi riferibili alle prestazioni accessorie.

Associazione Temporanea di Imprese: insieme per un progetto comune

ATI è acronimo di Associazione Temporanea di Imprese, chiamate spesso anche RTI, vale a dire raggruppamento temporaneo di imprese. Si tratta di una particolare forma giuridica nella quale più imprese si unisco per raggiungere un obiettivo comune e realizzare uno stesso progetto. Molto spesso questa forma giuridica è utilizzata per partecipare e vincere gare d’appalto. Singolarmente infatti le società non avendo tutte le caratteristiche e le prerogative necessarie per poter /partecipare alle gare, non possono accedere ai bandi. Insieme invece riescono a raggruppare tutte le competenze operative, le caratteristiche di categoria o le classifiche richieste dal bando. In un’ATI ogni soggetto mantiene la propria autonomia e restano giuridicamente distinti.

Associazione Temporanea di Imprese

Associazione Temporanea di Imprese: orizzontale, verticale, mista

L’Associazione Temporanea di Imprese può essere di tre diverse tipologie:

  1. orizzontale
  2. verticale
  3. mista

Nell’ATI orizzontale è prevista la collaborazione tra società che svolgono attività analoghe. Lo scopo di un’ATI così costituita è quello di accrescere i requisiti per partecipare alla gara d’appalto. Una volta ottenuto il bando, i compiti sono successivamente ripartiti.

Un’ATI verticale invece presenta un’impresa capo del gruppo specializzata nello svolgere l’attività principale e altre aziende che invece svolgono attività secondarie richieste nel bando di gara. Le attività secondarie sono “scorporabili” e la loro identificazione è riportata nella legge n°109/94, la Legge Merloni. All’art. 13 comma 8 è infatti specificato quanto segue: “ lavori non appartenenti alla o alle categorie prevalenti e così definiti nel bando di gara”.

Infine l’ATI mista è costituita da un’associazione di tipo orizzontale per l’attività principale e verticale per quelle scorporabili. In altre parole significa che sono costituite da due o più imprese omogenee, tra le quali è scelta un’impresa “capo gruppo(mandataria) e a questa si associano altre imprese eterogenee per realizzare le opere e i servizi scorporabili.

ATI: struttura ed elementi giuridici

Un’Associazione temporanea d’imprese è quindi costituita da un’impresa capogruppo, chiamata mandataria e altre diverse imprese secondarie chiamate mandanti. Le società mandati hanno il compito di trattare con il committente per l’esecuzione di un’opera, derivante dalla partecipazione a gare d’appalto.

Nell’associazione temporanea di imprese verticale la mandataria è l’unica responsabile nei confronti del committente. In quella orizzontale invece ciascuna impresa è solidamente responsabile nei confronti dell’appaltante.

Una volta che l’ATI è costituita, non può subire variazioni. Gli unici casi in cui è possibile, sono quelli previsti e stabiliti dall’art.37, comma 18 e 19, del decreto Legislativo 163/2006, il così detto: “Codice degli Appalti Pubblici”.

Scopo e durata

Abbiamo quindi visto che lo scopo di un’ATI è quello di arricchire e completare i requisiti necessari a più aziende, per partecipare a gare d’appalto pubblico. Questo avviene soprattutto nel settore delle grandi costruzioni.

I vantaggi che le aziende ricavano da queste aggregazioni sono molteplici. In primis la possibilità di partecipare alle gare d’appalto da parte di piccole e medie imprese che altrimenti non potrebbero farlo, perché non qualificate. Anche l’impresa mandataria ha i suoi vantaggi. Può ad esempio trovare tante diverse società che possano svolgere incarichi ed eseguire lavori perché dotate di conoscenza, mezzi e strutture idonee che lei stessa non possiede.

Un’ATI durata tutto il tempo necessario all’esecuzione dell’opera prevista dalla gara d’appalto. Al momento dell’incasso del corrispettivo finale, l’associazione temporanea d’imprese si scioglie. Un’ATI costituita per partecipare a una gara d’appalto, può nel frattempo partecipare ad altre gare e per questo motivo la sua durata può essere prolungata.

Esistono forme particolari di ATI, denominate consorzi stabili, che invece prevedono una durata indeterminata, che possono rimanere inattive per diverso tempo, senza perdere la loro forma e validità giuridica.

ATI e modalità di emissione delle fatture elettroniche

L’ATI non ha soggettività giuridica o fiscale. Le fatture elettroniche sono quindi emesse singolarmente da ciascuna impresa costituente. Quindi l’impresa mandataria, cioè la capogruppo, non ha nessun obbligo di emettere fatturazione elettronica per i mandatari.

Nonostante questo, molto spesso, le imprese mandatarie delegano alla capogruppo, l’onere dell’emissione delle fatture elettroniche. Questo è fatto soprattutto allo scopo di organizzare in maniera unitaria la fatturazione, evitando così eventuali errori o ritardi, che potrebbero avere ripercussioni sui pagamenti.

 

Anagrafe tributaria: banca dati della fiscalità italiana

Quando abbiamo parlato del risparmiometro, è stato fatto cenno all’anagrafe tributaria. Il riferimento è stato necessario in virtù del fatto che i dati raccolti dagli istituti bancari e dai mediatori finanziari, devono, per legge, essere trasmessi direttamente all’anagrafe tributaria. Ma che cos’è effettivamente l’anagrafe tributaria? E qual è il ruolo che svolge nel quadro fiscale generale dell’Italia?

Con il decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n° 605, nasce l’anagrafe tributaria. Si tratta di una baca dati utilizzata per la raccolta e l’elaborazione relativi alla fiscalità di tutti i contribuenti italiani. Cerchiamo quindi di capire meglio come funziona e quale il suo obiettivo.

Anagrafe tributaria: che cos’è e come funziona

L’amministrazione finanziaria in Italia, utilizza dati proveniente dall’anagrafe tributaria. I dati sono raccolti grazie alle denunce e alle dichiarazioni dei redditi dai soggetti d’imposta e dagli accertamenti effettuati. Qui sono inoltre raccolte tutte le informazioni, le notizie e i dati ritenuti importanti per scopi tributari.

Ogni informazione contenuta nell’anagrafe tributaria corrisponde a una operazione, nonché a un soggetto. Il soggetto può essere una persona fisica, una persona giuridica, una società, un’associazione, o un’organizzazione di persone o di beni prive di personalità giuridica. Ogni soggetto è identificato tramite Codice Fiscale o Partita IVA. L’insieme di tutti i dati forma il complesso dell’archivio anagrafico dei codici fiscali e delle partite IVA.

Provenienza del flusso dei dati

I dati che arricchiscono il database dell’anagrafe tributaria sono raccolti da diverse fonti:

  1. denunce e dichiarazione dei redditi dai soggetti d’imposta e accertamenti fiscali ex articolo1 del DPR 605/1973;
  2. dichiarazioni fiscali annuali dei redditi e dell’IVA dei contribuenti (ai sensi dell’art. 31 comma 1 del D.P.R. n. 600/1973, ma anche dalle comunicazioni ex l. 311/2004 e dal d.l. 223/2006);
  3. comunicazioni obbligatorie (come ad esempio utenze elettriche, telefoniche, assicurazioni, contenziosi tributari, contratti immobiliari registrati, contratti d’affitto, proprietà immobiliari, proprietà di azioni e partecipazioni in società, ecc…);
  4. segnalazioni di dati, aggiornamenti e notizie da parte dei comuni.

L’Anagrafe Tributaria è gestita prevalentemente da Agenzia delle Entrate (AdE) che si occupa dell’acquisizione, della conservazione e degli eventuali aggiornamenti di tutti i dati.

A cosa serve l’Anagrafe Tributaria

L’Anagrafe Tributaria è quindi la più grande banca dati fiscali di cui dispone il Fisco. Una ricca e potente fonte informativa anagrafica, finanziaria e fiscale (vale a dire della capacità contributiva di ciascun soggetto). L’Anagrafe svolge inoltre un ruolo di valutazione dei rischi ed è un valido strumento per ogni attività svolta dalle amministrazioni finanziarie. Senza contare che svolge un ruolo essenziale nell’accertamento e nel controllo finanziario finalizzato al contrasto dell’elusione e dell’evasione fiscale.

Anagrafe tributaria

Come se tutto questo non fosse già sufficiente di per se, l’Anagrafe Tributaria ha lo scopo di contrastare il riciclaggio, la criminalità organizzata, il finanziamento al terrorismo internazionale, le frodi contro l’Unione Europea e in materia doganale e il traffico internazionale di stupefacenti.

Come sono utilizzati i dati contenuti nell’Anagrafe

Tutti i dati contenuti all’anagrafe tributaria possono essere utilizzati per:

  • il controllo cartolare della dichiarazione fiscale
  • accertamenti
  • verifiche
  • accessi
  • ispezioni
  • attività di riscossione coattiva e sanzionatoria
  • anali del rischio

In particolare l’analisi del rischio è svolta a discrezione dell’amministrazione e consiste nel calcolo della capacità contributiva di ciascun soggetto fiscale. Da questa analisi preliminare, seguono poi ulteriori verifiche portate avanti da enti e organi territorialmente competenti.

Guardia di Finanza e Agenzia delle Entrate, per effettuare i dovuti controlli e accertamenti, si avvalgono anche di un’altra serie di dati, conservati presso l’Anagrafe Tributaria. Ci riferiamo a tutti i dati relativi alle partite IVA, il redditometro, l’esterometro, rapporti finanziari (come ad esempio i conti correnti con tutti i dati a essi collegati), il risparmiometro, l’invio telematico dei corrispettivi giornalieri e la fatturazione elettronica.

Tutte le attività di controllo svolte, si basano su un accurato incrocio e studio dei dati e delle informazioni provenienti dalle diverse fonti, che vanno ad alimentare la banca dati dell’anagrafe.

Il sistema interno

Il sistema centrale dell’anagrafe è basato su quattro diversi mainframe. La memorizzazione dei dati è stata affidata a una Storage Area Network, una rete ad velocità di trasmissione. Mentre la storicizzazione dei dati è realizzata da una Tape Area Network.