Esenzione iva per i servizi anti Covid

L’esenzione IVA per i servizi anti Covid è prevista per tutta una serie di misure atte a prevenire e controllare la diffusione della pandemia. Effettuazione dei tamponi e somministrazione dei vaccini prima di tutto, servizi e prestazioni strettamente connesse alla diagnostica per Covid-19. Agenzia delle entrate ha specificato le varie configurazioni all’interno della risposta all’Interpello numero 81 del 9 febbraio 2022. Servizi e prestazioni che possono usufruire dell’esenzione IVA proprio come previsto dalla Legge di bilancio 2021. L’agevolazione è applicata a tutti i beni e i servizi che rientrano nel lasso di tempo compreso tra il 1° gennaio 2021 fino al 31 dicembre 2022.

Esenzione IVA servizi anti Covid-19: il caso analizzato

Nella Legge di bilancio 2021, all’articolo 1 comma 452 e 453 è prevista un’esenzione IVA per servizi e beni anti Covid-19. L’Interpello n°81 del 9 febbraio di quest’anno, ha posto un quesito molto importante e interessante ad Agenzia delle entrate. Il problema riguardava una certa società di noleggio di tende e accessori che si è trovata, in periodo di pandemia, a locare accessori, tende, impianti di condizionamento e riscaldamento a una fondazione dove vengono effettuati tamponi e somministrati vaccini con modalità drive-in.

La fondazione, a sua volta, ha concesso, in comodato d’uso gratuito, tutti i beni locati a un’azienda socio sanitaria territoriale. Lo scopo della fondazione è quello di “offrire al territorio un efficace presidio Covid-19 per il periodo di tempo in cui è possibile prevedere una recrudescenza del fenomeno epidemico.”

A questo punto è sorto un dubbio sulla corretta tassazione IVA da applicare alle cessioni dei beni e dei servizi utilizzati per contrastare la diffusione della pandemia.

Direttive europee

Le esenzioni IVA predisposte da AdE riguardano le cessioni di strumentazioni per diagnostica in vitro e di vaccini anti Covid-19, oltre che hai servizi strettamente connessi a queste cessioni particolari.

I periodi agevolati sono i seguenti:

  • dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2022 per tutti i beni e servizi che rientrano nel comma 452
  • dal 20 dicembre 2020 per quelli che invece rientrano nel comma 453

Per definire i beni e i servizi in questione, nonché i periodi di riferimento e la tipologia di agevolazioni, AdE ha richiamato la direttiva UE 2020 del 2020 del Consiglio del 7 dicembre 2020 (direttiva Covid). Una direttiva che aveva apportato delle modifiche alla precedente, denominata “direttiva IVA”. In sostanza le modifiche apportate sono quelle che prevedono la possibilità di ridurre l’imposta dell’Iva su alcuni beni e servizi specifici.

Il documento cita:

“Si tratta in particolare di prestazioni di servizi “strettamente connesse” (rectius indispensabili) a tali dispositivi e vaccini anti-Covid senza le quali diventa difficile per uno Stato membro assicurare una capillare ed efficace campagna di prevenzione/diagnosi e vaccinale a costi sostenibili.”

Esenzione iva

IVA da applicare ai servizi anti Covid-19

Oltre alla risposta all’Interpello n° 81, Agenzia delle Entrate fa riferimento anche a una precedente risposta data all’interpello n°354 del 2021. Nel documento citato, AdE spiega che l’esenzione con il diritto alla detrazione, si applica solo alle prestazioni effettuate per i tamponi se strettamente connessi ai dispositivi in vitro.

Nel caso specifico, l’amministrazione finanziaria sottolinea che l’unica operazione rilevante ai fini IVA, è la locazione tra la società e la fondazione in questione. Questo significa che solo questa operazione di “noleggio” è passibile d’IVA. Di conseguenza, può beneficiare dell’esenzione IVA come beni connessi alla prevenzione e al controllo anti Covid-19. L’operazione successiva, vale a dire, la cessione dei beni all’azienda socio sanitaria territoriale, essendo a titolo gratuito, non è rilevante ai fini d’IVA. Quindi, come diretta conseguenza, non può certo beneficiare dell’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto.

Per rispondere in modo esaustivo all’interpello, Agenzia delle Entrate, cita le seguenti risposte:

  • 354 del 2021
  • 541 del 2021
  • 548 del 2021
  • principio di diritto numero 12 del 2021

Esenzione IVA: la risposta definitiva di Agenzia delle Entrate

All’Interpello n° 81 del 9 febbraio 2022, Agenzia delle Entrate ha risposto, in via definitiva, come segue:

“si ritiene che le prestazioni di servizi indicate nel contratto oggetto del presente interpello – le uniche rilevanti ai fini IVA – possano beneficiare del particolare regime di esenzione in commento e quindi essere acquistati dalla Fondazione in esenzione da IVA, senza pregiudizio, in capo all’Istante, del diritto alla detrazione dell’imposta ai sensi dell’articolo 19, comma 1, del Decreto IVA.”

Fattura elettronica e privacy: novità 2022

La fattura cartacea non esiste più da circa tre anni. È stata sostituita dalla fattura elettronica che è molto più semplice, veloce e comoda. Inoltre si è dimostrata essere un valido aiuto nella battaglia contro l’evasione fiscale che, nel 2021 è calata drasticamente. Nonostante i miglioramenti che la fatturazione elettronica ha apportato al nostro sistema, c’è chi sostiene che violi la privacy dei contribuenti. Cerchiamo quindi di capire meglio tutte le dinamiche che intercorrono tra fattura elettronica e privacy.

Fattura elettronica e privacy

La fattura elettronica è un sistema relativamente “nuovo” introdotto in Italia da circa tre anni. In questo lasso di tempo ha già dato buoni frutti e ha fatto ottenere diversi risultati sul fronte evasione fiscale dell’IVA (soprattutto per quanto riguarda l’anno d’imposta 2021).

Anche a causa della pandemia da Covid-19, le attività online sono andate aumentando sempre di più. Sono pratiche, funzionali, comode e veloci. La possibilità di pagare online per un acquisto è ha semplificato la vita a molte persone e reso possibile commerci che fino a qualche anno fa non erano nemmeno immaginabili.

Anche lo Stato ha potuto beneficiare, e non poco, di questo innovativo sistema di pagamenti. Infatti, ha la possibilità di controllare molto meglio ogni singola attività svolta e transazione effettuata. Di conseguenza non riscontra alcun problema per eseguire verifiche e incassare imposte e tributi dovuti. Le autorità competenti, quindi, possono controllare più facilmente ogni genere di commercio, scambio, pagamento e transazione eseguita dai contribuenti.

La fattura elettronica, però, ha comunque sollevato alcuni dubbi riguardo la sua legittimità nei confronti della popolazione. Le riserve riguardano, in particolar modo il diritto alla privacy. Ma cerchiamo di fare il punto sulla situazione attuale.

Fattura elettronica: cos’è e come funziona

Facciamo un breve riassunto che non guasta mai. La fattura elettronica ha sostituito definitivamente quella cartacea e permette d’inviare e ricevere la documentazione relativa alle transazioni economiche, completamente in formato digitale. Esistono software specializzati nella creazione, conservazione e invio delle fatture elettroniche (proprio come FatturaPRO.click).

Le fatture elettroniche sono create direttamente attraverso questi software che le emettono in formato .XML, l’unico legalmente riconosciuto al momento attuale. I programmi specifici sono quindi in grado di compilare una fattura elettronica, firmarla digitalmente, inviarla al destinatario (passando attraverso il Sistema di Interscambio) e recapitarla a chi di competenza.

Un sistema particolarmente semplice che ha permesso di ridurre l’evasione fiscale dell’IVA di 7,4% nel 2021, rispetto all’anno precedente. L’anno scorso, infatti, l’evasione dell’IVA è stata per la prima volta al di sotto della soglia del 20%, per l’esattezza è stata pari al 19,9%.

Ma tornando al problema iniziale che vede coinvolte la fattura elettronica e privacy, c’è chi sostiene che questo strumento violi questo diritto dei soggetti coinvolti. Perché? Vediamolo.

Fattura elettronica e privacy

Garante privacy e fattura elettronica: davvero c’è violazione?

Le fatture elettroniche devono riportare, obbligatoriamente: natura, quantità, qualità dei beni e servizi prestati. Al fine di capire se vi fosse o meno violazione della privacy, il Garante per la protezione dei dati personali, ha avviati, quindi, una serie di colloqui con Agenzia delle Entrate.

Alla fine del 2021, a seguito del lavoro del Garante, è stato emesso un provvedimento che serve ad aumentare la privacy delle fatture elettroniche. Una delle misure introdotte dall’Autority è quella di limitare la possibilità agli esercenti, di emettere fatture elettroniche al posto del normale scontrino commerciale, per adempiere ai doveri amministrativi.

Alla luce di quanto analizzato, il Garante, ha però dichiarato che il rapporto “fatture elettroniche e privacy” deve ancora essere migliorato. In vista, quindi, delle novità per il 2022. Non sono ancora state specificate nel dettaglio le novità in materia, ma gli scenari prospettabili sono tanti.

Privacy e fattura elettronica: alcuni possibili scenari

Viste le obiezioni mosse dal Garante verso il rispetto della privacy da parte delle e-fatture, Agenzia delle Entrate potrebbe eliminare l’obbligatorietà di emissione, lasciandole facoltative in base alla volontà del contribuente.

Un’altra possibilità, invece, è quella secondo la quale lo stesso contribuente potrebbe vietare ad AdE di “conservare le proprie fatture”. A oggi, in effetti, Agenzia delle Entrate, conserva le fatture elettroniche per 8 anni dalla data della transazione. È stato il Decreto Legislativo 127/2019 a stabilirlo:

“I file delle fatture elettroniche acquisiti ai sensi del comma 3 sono memorizzati fino al 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione di riferimento ovvero fino alla definizione di eventuali giudizi, al fine di essere utilizzati:

  1. a) dalla Guardia di finanza nell’assolvimento delle funzioni di polizia economica e finanziaria di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68; 
  1. b) dall’Agenzia delle entrate e dalla Guardia di Finanza per le attività di analisi del rischio e di controllo a fini fiscali.”

Insomma, alla fine le possibilità sono tante e disparate. Bisogna solo aspettare la decisione definitiva che prenderà l’Autority nell’arco di quest’anno.

Autoliquidazione: cos’è, calcolo e scadenze

Per legge, ogni azienda, con dipendenti, è obbligata a pagare un premio annuale all’INAIL per la copertura di eventuali infortuni sul lavoro. Il medesimo obbligo ce l’hanno gli artigiani che esercitano la propria attività, anche quando non collaborano con dei subordinati. L’autoliquidazione rappresenta, quindi, un adempimento basilare per datori di lavoro e artigiani.

Autoliquidazione: cos’è

Visto quanto detto poco sopra, è chiaro che l’autoliquidazione INAIL costituisce semplicemente l’obbligo di versamento dei contributi dovuti all’Istituto per la copertura obbligatoria di eventuali infortuni. Un onere a carico dei proprietari d’azienda e degli artigiani che esercitano la propria professione. Si tratta di un premio annuale calcolato in base a determinate variabili. Il calcolo è fatto autonomamente, oppure attraverso l’ausilio di specifici studio di commercialisti. Essendo un argomento alquanto complesso e delicato, la cosa migliore da fare è quella di rivolgersi sempre a dei professionisti del settore, onde evitare d’incappare in spiacevoli errori.

Calcolo autoliquidazione INAIL

L’autoliquidazione è calcolata in base a specifici parametri:

  • settore di competenza dell’attività (artigianato, industria, servizi o altre attività)
  • mansione e ruolo all’interno dell’azienda
  • numero d’infortuni avvenuti all’interno dell’impresa
  • maggiorazioni, o riduzioni, previste

Nel calcolo è preso in considerazione e applicato un tassodi rischio specifico. Quest’ultimo varia in base all’imponibile, vale a dire alla somma delle retribuzioni annue. Sul sito dell’INAIL è presente una sezione specifica dove, ciascuna azienda, ha la possibilità di trovare il proprio tasso di rischio specifico. Per accedere al proprio fascicolo aziendale ogni impresa deve essere in possesso di un determinato PIN che è rilasciato dall’ Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro.

Autoliquidazione

Scadenza autoliquidazione INAIL

Come ogni altro obbligo, anche l’autoliquidazione prevede delle specifiche scadenze. Prima di tutto è un obbligo annuale, quindi significa che l’imprenditore con dipendenti, o l’artigiano che esercita la professione, devono corrisponderlo ogni anno. È stato fissato un termine unico al 16 febbraio. Entro tale scadenza devono essere compiute precise operazioni:

  1. calcolo della rata del premio annuale – l’ammontare deve comprendere l’anno in corso e l’eventuale conguaglio relativo all’annualità precedente
  2. calcolo del premio di autoliquidazione – questa comprende la rata dell’anno corrente, più il conguaglio dell’anno precedente. La somma risultante è al netto delle eventuali riduzioni previste
  3. pagamento del relativo premio tramite modello F24 – il pagamento può essere fatto usando il modello F24, cioè il modello di pagamento unificato, oppure utilizzando l’F24 EP, vale a dire Modello di pagamento unificato enti pubblici.

Rateazione autoliquidazione INAIL

L’autoliquidazione può essere pagata a INAIL in un’unica soluzione alla scadenza del 16 febbraio, oppure può essere rateizzata. Quattro è il numero massimo di rate previste. La comunicazione della volontà di effettuare il pagamento rateale, deve avvenire tramite comunicazione telematica.

Le scadenze dei pagamenti rateizzati sono le seguenti:

  • Prima rata: 16 febbraio
  • Seconda rata: 16 maggio
  • Terza rata: 20 agosto
  • Quarta rata: 16 novembre

In caso di rateizzazione è applicato un tasso d’interesse pari allo 0,68%. Le quattro rate trimestrali corrispondono quindi al 25% del premio annuale. Il tasso d’interesse è calcolato sempre facendo riferimento al tasso medio d’interesse 2021 pubblicato sul sito www.dt.tesoro.it

Autoliquidazione INAIL 2022: aggiornamento scadenze

Il 29 dicembre 2021 INAIL ha pubblicato tutte le istruzioni operative sull’autoliquidazione 2021/2022. In particolare, nella guida, sono specificate le operatività circa le eventuali riduzioni contributive da applicare. Le istruzioni contengono un riepilogo accurato delle scadenze e delle modalità di adempimento a carico dei datori di lavoro.

Nello specifico ricordiamo l’ultimo aggiornamento in merito alle scadenze che prevede:

  • 16 febbraio 2022 – versamento del premio di autoliquidazione in unica soluzione o della prima rata in caso di pagamento rateale e contributi associativi  in unica soluzione
  • 28 febbraio 2022 – presentazione delle dichiarazioni delle retribuzioni effettivamente corrisposte nell’anno 2021

Nella guida sono indicate anche tutte le riduzioni che si applicano all’autoliquidazione 2021/2022. Tra le più significative ricordiamo:

  • Sgravio per il Registro Internazionale (PAN)
  • Incentivi per il sostegno della maternità e paternità e per la sostituzione di lavoratori in congedo (PAT)
  • Riduzione per le imprese artigiane (PAT)
  • Incentivi per assunzioni legge n. 92/2012, art. 4, commi 8-11 (PAT)
  • Riduzione per le cooperative agricole e i loro consorzi operanti in zone montane e svantaggiate (PAT)

Tutti i servizi relativi all’autoliquidazione sono presenti direttamente sul sito dell’INAIL.

Legge di Bilancio 2022: entrano in vigore importanti novità

Dopo le novità relative alla fattura elettronica 2022, entriamo nel dettaglio per andare a vedere meglio tutte le notizie relative alla Legge di Bilancio 2022. Questa prevede l’introduzione d’ importanti riforme: rifinanziata la nuova Sabatini, prorogata plastic tax, revisionati crediti industria 4.0 e nuove aliquote IRPEF. Cerchiamo di capire meglio cosa comportano e quale impatto avranno sul mondo commerciale e finanziario.

Legge di Bilancio 2022: una panoramica delle novità

La Legge di bilancio 2022, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 31 dicembre 2021, è stata approvata il 29 grazie a un voto di fiducia con 414 favorevoli e 47 contrari. La norma introduce importanti misure per un totale di oltre 36 miliardi di euro.

Sono previsti interventi mirati per rafforzare il tessuto sociale ed economico, sostenendo la crescita e la competitività. Per le imprese, le principali news riguardano:

  • Rifinanziamento della Nuova Sabatini
  • Blocco per altri 12 mesi della Plastic e della Sugar Tax
  • Prolungamento dei bonus legati a Transizione 4.0
  • Proroga delle detrazioni per Bonus e Superbonus edilizi
  • Nuove aliquote IRPEF per la tassazione dei redditi
  • Abolizione IRAP per imprese individuali e professionisti
  • Un fondo aggiuntivo per contrastare il caro-bollette

Analizziamo quindi alcuni punti dell’elenco precedente per capire meglio la portata di questa norma.

Legge di Bilancio 2022: rifinanziamento della nuova Sabatini

A sostegno delle imprese è rifinanziata anche la Nuova Sabatini. Stanziati 900 milioni di euro complessivi dal 2022 al 2026 e il Fondo di garanzia con ulteriori 3 miliardi fino al 2027. Un sostegno importante per le micro, piccole e medie imprese che prevede, nello specifico:

  • aumenta la spesa fino a 240 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023
  • 120 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026
  • 60 milioni di euro per l’anno 2027

Legge di Bilancio 2022: Prolungamento dei bonus legati a Transizione 4.0          

Modificato il comma 1051 della Legge di Bilancio 2021, che individua i beneficiari dell’agevolazione. La variazione è prevista per eliminare il riferimento alla data di scadenza del credito d’imposta. Prorogati quindi alcuni crediti d’imposta con tempistiche, misure e limiti differenziati. Il credito d’imposta per le attività d’innovazione tecnologica e di design e ideazione estetica è prorogato fino al periodo d’imposta 2025. I periodi 2022 e 2023 sono mantenuti nella misura del 10%.

Invece il credito d’imposta per le attività d’innovazione tecnologica finalizzate alla realizzazione di prodotti o processi di produzione nuovi o sostanzialmente migliorati per il raggiungimento di un obiettivo di transizione ecologica o d’innovazione digitale 4.0 è previsto:

  • Proroga fino al 2025, mentre per il periodo 2022 è previsto nella misura pari al 15%, nel limite dei 2 milioni di Euro.

Il credito d’imposta per le spese di consulenza relative alla quotazione delle piccole e medie imprese è prorogato per tutto il 2022 con importo massimo ridotto da 500.000 a 200.000 Euro.

Legge di Bilancio 2022

Proroga delle detrazioni per Bonus e Superbonus edilizi

L’articolo 1, comma 28 lettere a)- e), g)-l) introduce una proroga a una delle misure più attese e apprezzate del 2021, il Superbonus 110%. Sono previste scadenze differenziate in base al soggetto beneficiario:

  • condomini
  • persone fisiche (al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, arte o professione)
  • organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale

La detrazione spetta anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2025:

  • nella misura del 110 per cento per quelle sostenute entro il 31 dicembre 2023;
  • del 70 per cento per quelle sostenute nell’anno 2024;
  • del 65 per cento per quelle sostenute nell’anno 2025.

Prorogata anche la possibilità di avvalersi della misura per le cooperative di abitazione a proprietà indivisa fino al 30 giugno 2023.

Anche per gli interventi effettuati su unità immobiliari da persone fisiche è prevista l’applicazione dell’agevolazione fiscale per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2022. L’unica condizione è che, alla data del 30 giugno 2022, devono essere già stati effettuati lavori per almeno il 30 per cento dell’intervento complessivo (senza più riferimento al valore ISEE).

Infine, i prezzari individuati dal decreto sono applicati anche ad altri lavori e interventi di recupero edilizio e riqualificazione energetica.

 

Fattura elettronica 2022: tutte le novità più importanti

La fattura elettronica 2022 è cambiata? Quali sono le più importanti e significative novità introdotte per quest’anno? In realtà, nel breve termine, non è previsto alcun rilevante aggiornamento, se non l’estensione della platea dei soggetti obbligati. Qualche regola nuova è attesa anche per le operazioni “da e verso” l’estero, ma a partire da luglio. Vediamo quindi insieme cosa è cambiato e le conseguenze che riscontreremo.

Fattura elettronica 2022: un anno ricco di novità

Anche se nel breve termine non è prevista alcuna modifica sostanziale, l’anno 2022 porterà in casa alla fatturazione elettronica dei cambiamenti piuttosto importanti. Infatti, la Commissione Europea ha autorizzato la proroga della fatturazione elettronica tra privati. La deroga alle regole comunitarie in materia d’IVA è differita fino al 31 dicembre 2024.

Si tratta di una misura che va a sommarsi a quelle previste dal Decreto Fiscale collegato alla Legge di Bilancio 2022. Il Decreto Legislativo infatti ha introdotto la possibilità di ampliare la platea di soggetti obbligati alla fatturazione elettronica  e che attualmente risultano esclusi dall’onere. Si tratta dei soggetti appartenenti al regime forfettario.

Fattura elettronica 2022 e prestazioni sanitarie

Mentre per gli appartenenti al regime forfettario si avvia l’obbligo di emettere fatturazione elettronica, medici e soggetti che erogano prestazioni sanitarie, non devono ancora adeguarsi a questa regola.

All’inizio l’obbligo per questi soggetti doveva partire dal primo gennaio 2022. Invece con la legge di conversione del Decreto Fiscale collegato alla Legge di Bilancio, il DL n. 146/2021, è prevista una nuova deroga che fa slittare la decorrenza al 2023. Si rimane quindi in attesa di una maggiore specificità delle regole sulla tutela della privacy degli interessati.

Per i soggetti tenuti alla trasmissione dei dati al Sistema tessera sanitaria, rimane quindi ancora vietata l’emissione della e-fattura. Anche per i soggetti che emettono alle fatture i cui dati sono da inviare ai fini della predisposizione della dichiarazione dei redditi precompilata, non esiste pertanto obbligo di fatturazione elettronica.

Non si tratta di un esonero, ma piuttosto di uno specifico divieto, introdotto dall’articolo 10-bis del Decreto Fiscale n. 119/2018. Divieto che continuerà a dover essere applicato anche nel caso di fatture relative a prestazioni sanitarie verso persone fisiche, da parte di soggetti non obbligati a trasmettere i dati al Sistema Tessera sanitaria.

Fatturazione elettronica 2022 e addio all’esterometro

Ulteriore proroga anche per l’esterometro e conseguentemente anche per l’obbligo della fatturazione elettronica per gli scambi esteri. Abolita quindi la comunicazione per le operazioni transfrontaliere, mentre per le fatture con l’estero è sempre indicato, quale canale di trasmissione, il Sistema d’Interscambio di Agenzia delle Entrate.

L’obbligo slitta al primo luglio 2022, nuova data introdotta in sede di conversione del Decreto n°146/2021. Il nuovo calendario prevede:

  • per le operazioni effettuate dal 1° gennaio al 30 giugno 2022, deve essere inviato:
    • esterometro del primo trimestre entro il 30 aprile (lunedì 2 maggio)
    • esterometro del secondo trimestre entro il 31 luglio (22 agosto, a causa della proroga feriale)
  • per le operazioni effettuate dal 1° luglio 2022:
    • invio dei dati delle operazioni verso soggetti esteri è effettuato tramite il SdI entro dodici giorni dalla data di effettuazione dell’operazione
    • l’invio dei dati relativi alle operazioni ricevute è effettuato tramite il SdI entro il quindicesimo giorno del mese successivo a quello di ricevimento del documento comprovante l’operazione o di effettuazione dell’operazione.

Fattura elettronica 2022

Fatturazione elettronica: estensione ai forfettari

Nei prossimi mesi ci saranno importanti novità per i forfettari. Infatti, l’obbligo di emissione di fattura elettronica si estende anche ai soggetti appartenenti al regime forfettario. L’Europa ha già dato il consenso, quindi manca davvero poco perché l’obbligo sia attuato definitivamente.

La commissione Europea e il Consiglio UE hanno già approvato la richiesta dell’Italia per estendere l’onere alle partite IVA che applicano la franchigia per le piccole imprese prevista dall’articolo 282 della direttiva in materia d’imposta sul valore aggiunto. Manca quindi solo l’ultimo passo che deve essere compiuto dall’Italia. Il Bel Paese è infatti chiamato a disciplinare tempi e criteri per l’imposizione dell’obbligo. È probabile che la normativa trovi spazio direttamente all’interno della legge delega sulla riforma fiscale, prevista nel corso del 2022.

È plausibile, quindi, che quest’anno si possa assistere all’uniformazione delle regole che disciplinano la fatturazione elettronica per tutti i titolari di partita IVA. Una prospettiva molto allettante in cui riporre le speranze per contrastare ancora più efficacemente l’evasione fiscale e, al tempo stesso, per semplificare le regole del Fisco digitale.

Cumulo giuridico: cos’è, a cosa serve e quando è applicato

Il cumulo giuridico  delle sanzioni tributarie è disciplinato dalla legge n° 472 del 18 dicembre 1997. Il cumulo giuridico altro non è che un meccanismo attraverso il quale è irrogata una sanzione in caso di più violazioni commesse dal contribuente. La sanzione è irrogata applicando quella di base prevista per la violazione più grave e aumentata secondo quanto stabilito dalla legge stessa. Vediamo come funziona e i casi in cui è previsto.

Cumulo giuridico: cos’è, definizione

L’articolo 12 del decreto legislativo numero 471/1997, è rubricato sotto il nome di  “Concorso di violazioni e continuazione”. Tratta e gestisce il cumulo giuridico. Si tratta di un meccanismo utilizzato solamente dagli uffici finanziari e applicato durante le fasi di accertamento ed irrogazione di sanzioni tributarie. Il cumulo è applicato quando un contribuente non paga, in modo continuo, dei tributi.

In altre parole si tratta di un meccanismo che prevede l’irrogazione di una sanzione nel caso di più violazioni, irrogata applicando la sanzione per la violazione più grave commessa e maggiorata in base a quanto stabilisce la legge.

Cumulo giuridico: ecco a cosa serve veramente

Anche se non sembra, il cumulo giuridico rappresenta uno sgravio per il contribuente. Infatti, con questo meccanismo, si evita un gravoso accumulo di sanzioni singole, previste per ciascuna violazione commessa dal contribuente. Rispetto al cumulo materiale, questo processo permette al contribuente di ottenere una sorta di “sconto” sulla somma totale che dovrebbe pagare se venissero invece applicate le singole sanzioni su ciascuna violazione commessa. Il cumulo giuridico si applica in molteplici situazioni, ognuna delle quali è disciplinata dall’articolo 12 del Decreto Legislativo n°472/1997.

Quando è applicato il cumulo giuridico

I casi in cui il cumulo giuridico si applica si dividono in:

  • ​concorso formale di violazioni omogeneo ed eterogeneo – si tratta di violazione omogenea quando con una sola azione o omissione si commettono diverse violazioni della stessa disposizione. Si tratta invece di violazione eterogenea quando, con una sola azione o omissione, sono violate disposizioni diverse anche relative a tributi differenti.
  • concorso materiale di violazioni – più azioni o omissioni commesse attraverso le quali si commettono diverse violazioni della stessa disposizione.

Cumulo giuridico

Cumulo giuridico: continuazione e progressione dell’illecito tributario

La continuazione, disciplinata sempre dal medesimo articolo, consiste nella condotta del contribuente che commette più violazioni (anche in tempi diversi) che tendono a pregiudicare o pregiudicare nella sua determina, l’imponibile o la liquidazione periodica del tributo.

Anche in questo caso la sanzione irrogata è pari a quella prevista per la violazione più grave commessa dal contribuente e maggiorata da un quarto del doppio di quanto disposto dalla legge stessa. La continuazione nel cumulo giuridico si verifica quando le violazioni commesse dal contribuente sono concatenate tra loro. Significa che tutte le violazioni commesse hanno come scopo ultimo, l’evasione fiscale dello stesso tributo.

È un esempio calzante di continuazione nel cumulo giuridico l’omessa fatturazione di operazioni imponibili IVA. Detta in altre parole, si verifica in presenza di mancata emissione di scontrini, fatture, ricevute fiscali. Infatti, non emettere uno scontrino elettronico, piuttosto che una fattura elettronica, porta alla loro mancata registrazione. Di conseguenza, al termine dell’anno fiscale, sarà presentata una dichiarazione annuale iva falsata, proprio perché mancate delle operazioni omesse (operazioni non scontrinate o fatturate).

In tutti questi casi, quindi, le singole operazioni non sono sanzionate una per una, ma soggette alla continuazione del cumulo giuridico. Il cumulo prevede l’applicazione della sanzione più alta prevista per la violazione più grave commessa, che comprende un importo tra il 90% e il 180% della maggiore imposta dovuta , aumentata di un quarto del suo doppio.

Esempi di omessa fatturazione di operazioni imponibili IVA

Il secondo comma dell’articolo 12 del D. Lgs. 472/1997 disciplina la cd continuazione o progressione dell’illecito tributario. In questa sede riportiamo alcuni esempi per capire meglio quando è applicata la continuazione nel cumulo giuridico per le seguenti violazioni:

  • formale per mancata emissione della fattura
  • del dpr 917/1986 in termini di determinazione del reddito di impresa o di lavoro autonomo o professionale
  • del dpr 633/1972 in materia di determinazione e liquidazione dell’imposta sul valore aggiunto
  • degli obblighi comunicativi e dichiarativi in materia di imposte dirette e IVA.

Infine si riporta il comma 3 dell’articolo 12 del Decreto Legislativo n°472/1997 che dispone:

“Nei casi previsti dai commi 1 e 2, se le violazioni rilevano ai fini di più tributi, si considera quale sanzione base cui riferire l’aumento, quella più grave aumentata di un quinto.”

Calcolo acconto iva: definizione, soggetti passivi iva e metodologie

Il calcolo acconto IVA è, ogni anno, un bel cruccio per tutti i soggetti passivi IVA. Il 27 dicembre 2021 scade il termine per il pagamento dell’acconto IVA. L’importo dovuto è quello calcolato in base alle risultanze dell’ultimo periodo di versamento, relativo all’anno precedente. Diversi i metodi per calcolarlo. Con questo breve articolo vogliamo quindi vedere di chiarire, una volta per tutte, cos’è l’acconto, quali sono i soggetti che sono tenuti a pagarlo e, soprattutto, i metodi usati per calcolarlo.

Acconto IVA: cos’è e a cosa serve

L’acconto IVA è un adempimento obbligatorio. Deve essere corrisposto da tutti i soggetti passivi IVA entro il 27 dicembre di ogni anno. L’amministrazione finanziaria chiede il pagamento di un acconto dell’imposta dovuta nell’ultimo trimestre dell’anno, oppure relativo all’IVA di dicembre (per chi effettua liquidazioni mensili).

Si tratta, quindi, di un anticipo del versamento del saldo IVA che invece viene corrisposto l’anno successivo al momento della dichiarazione IVA annuale. È un modo, attraverso il quale, l’Amministrazione finanziaria, incassa parte dell’IVA dell’anno successivo, in quello precedente. Non tutti gli operatori economici sono comunque tenuti a versare l’acconto.

Soggetti passivi IVA: chi è tenuto a pagare l’acconto

Il calcolo acconto IVA lo devono fare tutti i contribuenti passivi d’IVA, come imprenditori e liberi professionisti. I soggetti che invece risultano esonerati da questo pagamento, sono tutti quelli non obbligati a liquidare periodicamente l’imposta (mensile, trimestrale che sia).

Il DPR n°633/72 definisce, nel dettaglio, tutti i soggetti esonerati dal calcolo acconto IVA e relativo pagamento:

  • chi ha iniziato attività nell’anno in corso
  • chi ha attività che risulti cessata prima del 30 novembre (mensili) o del 30 settembre (trimestrali)
  • i soggetti per i quali, applicando il metodo analitico di calcolo acconto IVA, risulta un’eccedenza di credito dalla liquidazione dell’imposta, alla data del 20 dicembre
  • i contribuenti che si trovano nel regime agevolato dei minimi o nel regime forfettario
  • chi presume di chiudere l’anno a credito
  • tutti i soggetti che eseguono solo operazioni esenti o non imponibili

Calcolo acconto iva

Calcolo acconto IVA: i metodi utilizzati

Il calcolo acconto IVA può essere fatto seguendo tre diverse metodologie. Chi è interessato al pagamento dell’acconto, quindi ditte individuali, società di persone e capitali e lavoratori autonomi, hanno a disposizione tre alternative per calcolare quanto dovuto all’amministrazione finanziaria.

Ciascuna tipologia di calcolo presenta un metodo differente e caratteristiche diverse. I tre metodi possono poi essere applicati rispettivamente, solo in base a determinate circostanze e situazioni. In ogni caso, comunque, gli importi versati in qualità di acconto, saranno poi detratti dal saldo dovuto l’anno successivo.

I tre metodi previsti per il calcolo acconto IVA sono:

  1. storico
  2. analitico
  3. previsionale

Vediamoli meglio nel dettaglio.

Calcolo acconto IVA: metodo storico

In questo caso il calcolo è fatto matematicamente. Gli importi sono determinati in base al saldo dell’anno precedente (contribuenti trimestrali) o in base alla liquidazione IVA del mese di dicembre (contribuenti mensili). L’acconto IVA dovuto, infatti, è pari all’88% dell’Iva dovuta. Esiste poi la categoria particolare dei contribuenti speciali ((autotrasportatori, distributori di carburante, odontotecnici) per i quali, gli importi corrispondono all’88% del quarto trimestre dell’anno precedente. Il metodo storico è quello che di norma è più comunemente utilizzato.

Calcolo acconto IVA: metodo analitico

In questo caso è presa in considerazione la liquidazione IVA straordinaria. È un sistema che basa il calcolo sulla percentuale del 100% dell’IVA risultante da una liquidazione straordinaria effettua considerando:

  • tutte le operazioni attive effettuate fino al 20 dicembre
  • le operazioni passive registrate fino al 20 dicembre

è un metodo che conviene a chi ha registrato nell’anno in corso, una sostanziale diminuzione del volume d’affari.

Calcolo acconto IVA: metodo previsionale

Come dice il nome stesso, è un metodo di calcolo che si basa su una previsione dell’andamento dell’azienda nel periodo considerato. La previsione è fatta basandosi sull’andamento del mese di dicembre. L’acconto quindi sarà pari all’88% dell’IVA che si prevede di dover versare per il mese di dicembre dell’anno in corso (contribuenti mensili), o per l’ultimo trimestre (contribuenti trimestrali).

Con questo sistema, però, si corre il rischio di vedere applicate delle sanzioni se il versamento risultasse inferiore rispetto al dovuto.

In ogni caso, comunque, l’acconto va versato entro e non oltre il 27 dicembre di ogni anno utilizzando un modello F24 con modalità telematica.

Territorialità iva delle operazioni ai fini dell’Imposta sul valore aggiunto

L’articolo precedente: “Modello Intrastat: cos’è e a cosa serve” abbiamo visto a cosa serve un modello Intrastat e quando e perché deve essere compilato. Si tratta di un argomento strettamente correlato con quello che vogliamo affrontare in questo nuovo articolo: la territorialità IVA. Prima di tutto chiariamo cosa si intende con questo concetto. Si tratta di un requisito fondamentale con il quale è possibile verificare il luogo di applicazione ai fini IVA per tutte le operazioni, effettuate o ricevute, dai soggetti passivi d’imposta nel territorio dello Stato.

Il regime territoriale esiste ormai da moltissimi anni, ma ha subito notevoli modifiche a seguito della direttiva 2008/8/Ce. La principale modifica introdotta dalla direttiva è quella secondo la quale, affinché un’operazione si possa dire rilevante ai fini IVA, è necessario che questa avvenga sul territorio della Repubblica Italiana (a esclusione dei Comuni di Livigno e di Campione d’Italia e delle acque nazionali del lago di Lugano).

Territorialità IVA: cessioni di beni e prestazioni di servizi

Un’operazione rilevante ai fini IVA, per essere considerata tale, deve avvenire sul territorio dello stato italiano. Lo stabilisce l’articolo 1 del DPR n°633/1972, che cita:

“l’imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello stato nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuate“

Questo significa che, un’operazione può essere rilevante ai fini Iva se esistono i seguenti requisiti:

  • soggettività – operazione svolta nell’esercizio di impresa arte o professione
  • oggettività – deve trattarsi di una cessione di beni o di una prestazione di servizi
  • territorialità – deve avvenire nel territorio dello Stato italiano

Territorialità IVA e operazioni intracomunitarie

Tutte le operazioni per le quali non è possibile riscontrare i tre requisiti precedenti, sono da considerarsi escluse dal campo di applicazione IVA. Quindi, anche laddove manca il terzo requisito, rappresentato dalla territorialità IVA, l’operazione deve essere esclusa da quelle a cui è possibile applicare l’IVA. Da chiarire che le operazioni non territoriali e le operazioni non imponibili, non sono la stessa cosa. Le operazioni non imponibili, sono attività di cessione di beni e servizi per le quali non è applicabile il regime IVA, a prescindere dalla soddisfazione di uno, due o di tutti e tre i requisiti precedentemente elencati.

Territorialità iva

Quindi, la prima cosa da fare con un’operazione, è quella di capire se questa rientra o meno nel campo di applicazione del tributo. La verifica è possibile controllando che i requisiti sopra elencati, siano o meno soddisfatti. Chiarito il punto sono poi da escludere tutte le operazioni per le quali sono previste speciali esenzioni e fattispecie di non imponibilità. Solo al termine dei controlli si potrà parlare di operazioni imponibili IVA.

Come verificare il requisito di territorialità Iva

Il terzo requisito, quello relativo alla territorialità Iva prevede che la cessione del bene o servizio sia da considerarsi effettuata in Italia se:

  • il bene si trova in Italia al momento dell’operazione
  • è un bene nazionale, nazionalizzato, comunitario o vincolato al regime della temporanea importazione
    • Bene nazionale – vale a dire prodotto in Italia
    • Bene comunitario – prodotto in uno o più degli stati membri della comunità Europea
    • Nazionalizzato – prodotto in paese extra UE e definitivamente importato in Italia
    • Bene vincolato al regime della temporanea importazione – prodotto extra europeo, ma importato temporaneamente in Italia per una successiva lavorazione. A seguito di questa lavorazione, per il bene è prevista una nuova esportazione ed è quindi destinato al traffico internazionale.

Territorialità IVA per prestazioni di servizi generiche

Le prestazioni di servizi “generici” si considerano effettuate in Italia “quando sono rese a soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato”. Le prestazioni di servizi “specifici” si considerano effettuate in Italia “quando sono rese a committenti non soggetti passivi da soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato”. Il consumatore ha assunto, con le nuove disposizioni di legge, un ruolo predominante nell’identificazione della territorialità IVA. Infine i servizi resi da soggetti UE nei confronti di operatori nazionali dovranno essere regolarizzati con emissione di autofattura e relativi adempimenti.

Per l’identificazione e la corretta fatturazione delle operazioni IVA è necessario rivolgersi sempre a un esperto professionista del settore. Occorre un’attenta e precisa pianificazione fiscale internazionale, per non incorrere in eventuali errori che potrebbero portare all’applicazione di sanzioni e ammende.

Identificazione diretta ai fini iva: come funziona la procedura di richiesta

Nell’articolo precedente: “Identificazione diretta iva: cos’è e qual è la procedura da seguire” abbiamo visto cos’è e a cosa serve l’identificazione diretta. Riassumendo è quell’operazione necessaria ad un soggetto estero che opera in Italia, di adempiere correttamente agli obblighi tributari e fiscali ai fini IVA. Oggi vogliamo concludere l’argomento riportando la procedura esatta che le aziende straniere dovrebbero seguire per l’identificazione diretta ai fini IVA quando operano su territorio italiano.

Identificazione diretta ai fini IVA: procedura

I soggetti esteri non residenti in Italia, che operano su territorio nostrano, sono tenuti all’identificazione diretta ai fini IVA per assolvere agli obblighi di imposta. La materia è disciplinata dall’ articolo 35-ter del DPR n. 633/72, che riporta l’intera procedura che deve essere seguita.

La prima fase della procedura di identificazione diretta a i fini IVA prevede l’inoltro della richiesta. La società estera che intende operare in Italia, ma non è residente sul nostro territorio, prima di avviare qualunque attività deve presentare ad Agenzia delle Entrate il modello ANR/3. Le richieste possono essere inoltrate esclusivamente presso l’Agenzia delle Entrate – Centro operativo di Pescara – Via Rio Sparto 21 – 65100 Pescara. La documentazione può essere recapitata di persona all’ufficio, oppure inviata tramite raccomandata con ricevuta di ritorno (obbligatorio, in questo secondo caso, allegare copia fotostatica di un documento di identificazione del dichiarante e la certificazione attestante la qualità di soggetto passivo agli effetti dell’IVA posseduta nello Stato di appartenenza).

Tutti i documenti da presentare

Al modello ANR/3 devono essere allegati una serie di documenti ben precisi:

  • Certificato originale rilasciato dalle Autorità Fiscali del Paese dove ha sede legale l’impresa che attesti l’iscrizione ai fini IVA
  • Certificato aggiornato e originale rilasciato della Camera di Commercio del Paese dove ha la sede legale l’impresa
  • Traduzione in lingua italiana dell’intera documentazione presentata
  • Copia fronte retro valida di un documento di identità del firmatario o del legale rappresentante
  • Dichiarazione dove sono specificate: le attività svolte nel paese estero, l’attività che verrà svolta in Italia, le motivazioni della richiesta, l’identificazione di tutti i soggetti verso i quali si rivolge l’attività in Italia e che il soggetto straniero non è in possesso di una stabile organizzazione su nostro territorio.

Verifica della richiesta e risposta dell’Agenzia delle Entrate

Una volta che Agenzia delle Entrate ha ricevuto l’intera documentazione sopra elencata, ne controlla il contenuto e la correttezza e risponde al soggetto estero con l’avvenuta identificazione diretta ai fini IVA e il rilascio della partita IVA. Da quel momento in poi, il soggetto straniero è tenuto ad assolvere tutti gli obblighi IVA previsti dalla legge italiana.

Identificazione diretta ai fini iva

Se il soggetto estero sfora annualmente la soglia di 10.000, deve auto certificare nel modello di attribuzione della partita IVA il volume delle vendite per il quale avrebbe dovuto essere applicata l’IVA italiana. È possibile effettuare il pagamento tramite l’istituto del ravvedimento operoso.

Adempimenti

Il soggetto estero identificato IVA in Italia deve:

  • eseguire fatturazione
  • provvedere alla registrazione delle fatture di tutte le operazioni attive e passive effettuate
  • eseguire la liquidazione IVA e provvedere ai versamenti periodici
  • può richiedere eventuali rimborsi IVA trimestrali
  • effettuare la dichiarazione IVA annuale
  • redigere e conservare registri e documenti relativi all’INTRASTAT

Per i soggetti esteri non vi è obbligo di fatturazione elettronica. Inoltre possono effettuare i pagamenti tramite:

Infine, il modello ANR è quello che deve essere utilizzato anche per comunicare eventuali variazioni di uno o più dati indicati al momento della procedura per l’identificazione diretta ai fini IVA. Lo stesso vale anche in caso di cessazione di attività che deve essere comunicata sempre con il medesimo modulo. Come sempre il modello deve essere consegnato a mano, oppure inviato con raccomandata con ricevuta di ritorno presso gli uffici di Pescara dell’Agenzia delle Entrate.

La procedura per ottenere la partita IVA è particolarmente lunga, perché, purtroppo, non è ancora stata informatizzata. Si tratta inoltre di una procedura piuttosto dispendiosa. A causa di questi motivi, la maggior parte delle aziende estere preferisce procedere all’identificazione tramite stabile organizzazione, oppure nominando un rappresentante fiscale nel Bel Paese. L’unico vantaggio a procedere con l’identificazione diretta ai fini IVA è il fatto che il soggetto estero non diventa soggetto di diritti e obblighi in Italia ai fini delle imposte dirette.

Identificazione diretta iva: cos’è e qual è la procedura da seguire

Sono ancora in molti a chiedersi come funziona la procedura per l’identificazione diretta iva in Italia e qual è la documentazione da presentare. Le aziende estere che si trovano a operare nel nostro paese tramite, ad esempio, e-commerce, potrebbero aver bisogno dell’identificazione diretta ai fini IVA. Per le operazioni eseguite su territorio straniero da una società non residente, l’IVA applicata e dovuta è quella del paese prestatore. Se l’attività all’interno del territorio dell’UE supera i 10.000 euro annuali, allora è obbligatoria l’identificazione diretta IVA per le vendite effettuate nel nostro paese. Il soggetto non residente deve, quindi, inquadrare correttamente la propria posizione da un punto di vista fiscale e tributario.

Identificazione diretta IVA: quando è veramente necessaria

Le aziende straniere che intendono operare in Italia, senza avere la residenza, lo possono fare scegliendo di intraprendere una delle seguenti tre possibilità:

  • Creare una società controllata sul nostro territorio (subsidiary). -soluzione più completa di tutte, attraverso la quale è possibile gestire qualunque attività.
  • Creare una branch, cioè una stabile organizzazione in Italia – il soggetto estero, in questo caso, deve avere almeno un ufficio o una sede fissa su territorio italiano, senza che vi sia un autonomo soggetto di diritto staccato dall’azienda estera.
  • Identificazione diretta iva – in questo caso la società estera non ha nessuna presenza fisica in Italia, ma vi svolge ugualmente un’attività commerciale (tramite e-commerce).

Scegliere l’una o l’altra opzione, dipende dal grado di presenza della società straniera sul nostro territorio. L’identificazione diretta IVA è disciplinata dall’art. 35-ter del DPR n. 633/72. Le aziende straniere che vendono in Italia tramite e-commerce e superano i 10.000 euro annui di fatturato, hanno l’obbligo di identificarsi ai fini IVA. Devono inoltre applicare il regime IVA OSS per adempiere agli obblighi IVA previsti.

Identificazione diretta IVA VS rappresentante fiscale

Identificazione diretta IVA e nomina di un rappresentante fiscale, sono procedure tra loro alternative. La nomina del rappresentante fiscale riguarda i soggetti passivi IVA residenti in un Paese extra-UE. Tali soggetti non possono ricorrere alla procedura di identificazione diretta IVA e, per aprire partita IVA devono quindi nominare un rappresentante fiscale.

Identificazione diretta iva

Identificazione diretta a fini IVA: norme di riferimento e funzionamento

L’identificazione diretta IVA è regolata dal

La procedura dell’identificazione è riservata a tutti quei soggetti che esercitano attività di impresa, di arte o professione all’interno di uno stato dell’Unione Europea. Questa è applicata in alternativa alla stabile organizzazione e alla nomina di rappresentante fiscale. La procedura si attiva quando la società estera cede beni o presta servizi territorialmente rilevanti in Italia. Le operazioni di cessione sono rivolte a soggetti come:

  1. Privati consumatori
  2. Enti non commerciali privi di partita IVA
  3. Soggetti non residenti anche se in possesso di partita Iva

Tutte le operazioni eseguite nei confronti di altre imprese sono soggette all’emissione di fattura elettronica. La fattura non riporterà, in questo caso, l’indicazione della partita IVA italiana. Il soggetto committente italiano, invece, deve registrare la ricevuta del soggetto estero attraverso la procedura del Reverse Charge con il meccanismo dell’autofattura, oppure dell’integrazione contabile.

Responsabilità tributaria

Al pari dell’identificazione, anche la responsabilità tributaria riveste un ruolo molto importante per i soggetti esteri che operano in Italia. La responsabilità tributaria è imputabile all’azienda estera. È necessario fare comunque una distinzione tra imposte dirette  e imposte indirette.

Il soggetto straniero che opera in Italia non assume il territorio nostrano come fiscalmente rilevante. Mantiene quindi quello di origine come riferimento per i tributi. Nonostante questo, la società estera non residente diventa comunque soggetto destinatario di diritti e obblighi previsti dalla normativa fiscale. La legge infatti stabilisce che per le operazioni rilevanti nel territorio dello Stato ai fini IVA, il soggetto rimane obbligato al pagamento.

Al contrario, per quanto riguarda invece le imposte sui redditi, il soggetto estero che opera in Italia, non assume residenza sul nostro territorio, non diventa soggetto di diritto a cui possono essere imputati diritti e obblighi tributari. Tale soggetto rimane assoggettato alle imposte dirette nel Paese in cui risulta essere fiscalmente residente.