Auto aziendale e deducibilità: leasing, noleggio o acquisto cosa conviene e perchè

Nell’articolo precedente “Deducibilità e detraibilità: cosa sono e quali sono le principali differenze” abbiamo visto le differenze tra deducibilità e detraibilità. In merito a quest’argomento, è spesso oggetto di discussione la deducibilità dell’auto aziendale.

La domanda, che più di ogni altra, cerca risposta, è quale sia la forma maggiormente conveniente, dal punto di vista fiscale, quando si tratta di auto aziendale: acquisto, leasing o noleggio.

Auto aziendale: che cos’è

L’auto aziendale è quella destinata ai dipendenti di una società, oppure utilizzate per fini aziendali. Per essere definite tali devono rispondere a una serie di caratteristiche. Devono, ad esempio, avere meno di 24 mesi di vita e meno di 30,000 km. L’auto aziendale può essere assegnata al dipendente per uso strumentale, oppure promiscuo.

Nel primo caso, l’unico soggetto che può guidarla sarà il dipendente a cui è stata assegnata. Nel secondo caso invece può essere guidata anche dai familiari del lavoratore assegnatario. Se l’auto aziendale è inquadrata come “autocarro” per il trasporto di merci, a bordo vi possono salire esclusivamente gli appartenenti alla società addetti al trasporto e al carico/scarico della merce.

Se la disponibilità dell’auto aziendale data al dipendente è superiore a 30 giorni, il nominativo deve essere comunicato alla Motorizzazione (questo perché non è intestatario del veicolo). É prevista anche una sanzione amministrativa per chi non comunica il nominativo, pari a 705€, più il ritiro della carta di circolazione.

Se l’auto aziendale non è assegnata per uso privato, allora non è tassata, o è tassata solo parzialmente.

Auto aziendale: acquisto e deducibilità

La deducibilità dell’auto aziendale è stabilita nell’articolo 164 comma 1 lett. b) del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi). L’articolo prevede una doppia limitazione:

  • La deducibilità è ridotta nella misura del 20%
  • È riconosciuto un limite al valore fiscale del mezzo.

Nel caso di acquisto diretto dell’auto aziendale la legge prevede un limite al valore fiscalmente riconosciuto, diverso a seconda della tipologia di auto aziendale:

  • 18.075,99 € per le autovetture e gli autocaravan
  • 4.131,66 € per i motocicli
  • 2.065,82 € per i ciclomotori

Nel primo caso quindi la deducibilità massima per l’auto aziendale è di € 3.615,20.

Auto Aziendale in Leasing: cos’è e come funziona la deducibilità

Il leasing è una forma contrattuale di locazione, nella quale una società concedente, mette a disposizione di un cliente utilizzatore, un bene mobile e/o immobile. Il bene deve essere strumentale all’attività dell’utilizzatore, che dovrà corrispondere un canone periodico per usufruire del bene.

Nel caso di un’auto aziendale, il leasing non può durare meno di 48 mesi, alla fine dei quali l’utilizzatore può esercitare il diritto di riscatto del bene.

In alcuni casi il leasing finanziario comprende anche assicurazione e manutenzione dell’auto. I servizi accessori sono validi per tutta la durata del contratto. L’articolo 102 comma 7 del Tuir prevede le condizioni di deducibilità nel caso di acquisto di un veicolo in leasing.

I contratti in leasing stipulati prima dal 29 aprile 2012 prevedono un canone di competenza annua calcolato in base al coefficiente di ammortamento stabilito per quel determinato bene.

Il canone deducibile è calcolato in base al rapporto tra il costo massimo fiscalmente riconosciuto e il costo di acquisto sostenuto dall’utilizzatore. A questo è poi applicata la percentuale di deducibilità del 20% prevista dalla legge.

Auto aziendale

Auto aziendale e noleggio a lungo termine: caratteristiche e deducibilità

I professionisti e i possessori di partita IVA conoscono molto bene il noleggio a lungo termine. Le aziende e i regolari possessori di partita IVA possono stipulare contratti di noleggio a lungo termine. Oggi però questa possibilità è data anche ai privati, titolari di semplice codice fiscale.

Il noleggio a lungo termine prevede il pagamento di un canone mensile fisso, per un determinato lasso di tempo e per una percorrenza complessiva da effettuarsi con il veicolo. Il canone è una somma stabilita contrattualmente dalle due parti che comprende tutti gli oneri connessi all’uso del veicolo: imposta di circolazione, bollo, assicurazione, Kasko, manutenzione ordinaria compresi cambio pneumatici, ecc… In caso di danneggiamento o guasto dell’autovettura all’utilizzatore deve essere sempre messa a disposizione da parte della società di noleggio, un’autovettura sostitutiva.

Il periodo di noleggio può variare dai 24 ai 48 mesi e le percorrenze possono arrivare anche a 80,000 km. Terminato il periodo prestabilito dal contratto, l’auto aziendale può essere riscattata dall’utilizzatore. Il prezzo è quello prefissato da entrambi le parti.

Da un punto di vista fiscale la legge prevede che i canoni di noleggio siano deducibili entro certi limiti. Il costo del canone del noleggio per le autovetture, sono deducibili fino ad € 3.615,20 con ragguaglio ad anno. Per i contratti “full service” il limite di costo previsto per i canoni di noleggio deve essere considerato al netto dei costi riferibili alle prestazioni accessorie.

Deducibilità e detraibilità: cosa sono e quali sono le principali differenze

Deducibilità e detraibilità sono due termini comuni e consueti, che tutti utilizzano e di cui tutti “conoscono” il significato. Conoscono, o comunque credono di conoscere, perché, per quanto possano essere di facile comprensione, non a tutti e non sempre è chiaro cosa siano e a cosa fanno riferimento. Cerchiamo di chiarire una volta per tutte cosa sono e quali sono le principali differenze. Conoscerle è importante per poter sfruttare entrambi i due diversi aspetti, a favore della propria contabilità.

Deducibilità: cos’è e come funziona

La scienza delle finanze, quando tratta la materia della “tassazione”, definisce un onere deducibile, come un importo che è possibile sottrarre dal reddito complessivo di un soggetto, per ricavare la sua base imponibile (o reddito imponibile). In altre parole gli oneri deducibili sono quelli che devono essere sottratti dal reddito complessivo di un qualunque lavoratore, per trovare il reddito imponibile sul quale poter applicare l’aliquota Irpef. La base imponibile altro non è che l’importo, espresso in denaro, o in termini fisici, su cui è calcolata l’imposta.

Gli oneri deducibili dal reddito imponibile Irpef sono ad esempio:

  1. Contributi previdenziali
  2. Assegni periodici per il mantenimento del coniuge separato o divorziato
  3. Contributo sugli immobili ai consorzi obbligatori per legge
  4. Contributi liberi a favore di:
    • istituzioni religiose
    • organizzazioni non governative
    • organizzazioni non lucrative di utilità sociale
    • associazioni di promozione sociale
    • alcune fondazioni e associazioni riconosciute
  1. Erogazioni liberali a favore di università, enti di ricerca ed enti parco
  2. Rendite, vitalizi, assegni alimentari ed altri oneri
  3. Contributi previdenziali versati a favore dei lavoratori addetti ai servizi domestici.

Detraibilità: cos’è e come funziona

La detraibilità funziona invece diversamente. Opera infatti direttamente sull’imposta Irpef, calcolata in base al reddito imponibile. In generale la detrazione agisce invece riducendo l’imposta lorda. La scienza delle finanze, in materia di tassazione, definisce la detrazione d’imposta come una somma che è possibile sottrarre da un’imposta per ridurne, legalmente, l’ammontare totale. Quindi, altre parole, la deducibilità è applicata alla base imponibile, mentre la deducibilità è applicata direttamente all’imposta applicata. L’imposta così ridotta prende il nome di imposta netta.

Deducibilità

Nel caso dell’imposta Irpef alcune detrazioni sono stabilite in misura fissa. Altre invece sono calcolate in modo forfettario in base alle spese di produzione per alcune specifiche categorie di reddito. Infine altre detrazioni sono calcolate tenendo conto dei familiari a carico del contribuente.

Nell’IVA invece che è applicata ai clienti, è possibile detrarre quella pagata ai fornitori, o ai prestatori di servizi, grazie all’istituto della rivalsa. In altri casi invece l’IVA non può proprio essere detratta e in questo caso diventa allora un costo e basta.

Deducibilità e detraibilità: la differenza fondamentale

Quello che è veramente importante da capire per sfruttare al meglio entrambi questi istituti, è capire la differenza fondamentale che li contraddistingue.

La deducibilità fiscale riduce la base imponibile, vale a dire l’importo sul quale devono poi essere applicate le aliquote per il calcolo delle imposte. La detraibilità invece si ha quando dall’imposta lorda, si sottraggono legalmente importi per ricavare l’imposta netta da applicare alla base imponibile.

In generale le deduzioni fiscali tendono a favorire maggiormente i redditi più alti. Questo perché vanno ad incidere direttamente sul reddito complessivo di un contribuente sul quale poi è calcolata l’imposta finale. Alla luce di tutto questo è quindi perfettamente auspicabile avere una contabilità impeccabile, sia per quanto riguarda gli oneri deducibili, che gli oneri detraibili. Un’amministrazione precisa e consapevole infatti aiuta ad abbattere notevolmente le tasse da versare allo Stato.

Cassetto fiscale fatture elettroniche: cos’è, a cosa serve e come accedervi

Il cassetto fiscale è un servizio personale messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate. Il cassetto è accessibile da privati e aziende. Dal cassetto è possibile controllare tutta una serie di informazioni fiscali personali. A tutti gli effetti è una sorta di archivio personale, un valido e comodo strumento di riferimento per tenere sotto controllo tutta la propria documentazione fiscale (tasse, contributi e fatture elettroniche). I documenti fiscali aggiunti di volta in volta, sono automaticamente inseriti da AdE (Agenzia delle Entrate). Cassetto fiscale fatture elettroniche, informazioni fiscali personali, ecc… Tutto è strettamente correlato. Vediamo come.

Cassetto fiscale: fatture elettroniche, tasse e contributi

Dal cassetto fiscale si possono quindi consultare tutta una serie di dati fiscali personali:

  1. anagrafici
  2. dichiarazioni fiscali
  3. rimborsi
  4. dati dei versamenti effettuati tramite modello F24 e F23
  5. atti del registro (dati patrimoniali)
  6. dati e informazioni relativi agli studi di settore e agli indicatori sintetici di affidabilità fiscale (Isa)
  7. le informazioni sul proprio stato di iscrizione al Vies
  8. fatture elettroniche emesse e ricevute

Cassetto fiscale fatture elettroniche

Le fatture elettroniche sono tra i vari documenti che possono essere controllati tramite il cassetto fiscale. Il servizio è libero e gratuito per tutti i contribuenti. Questo però non vuol dire che si tratti di un sistema particolarmente semplice e intuitivo da utilizzare. Chi non ha molta dimestichezza con la tecnologia e internet, potrebbe a tutti gli effetti, incontrare delle difficoltà. Il procedimento per controllare le e-fatture emesse e ricevute, o semplicemente per verificare un solo documento, è alquanto macchinoso.

Suggeriamo quindi di utilizzare sistemi alternativi a quelli statali, di più semplice e veloce comprensione. Uno fra tutti FatturaPRO.click. Interfaccia intuitiva e registrazioni rapide con un semplice click. I documenti rimangono sempre a portata di mano e consultabili ovunque.

In ogni caso, il cassetto fiscale assolve comunque ai servizi di conservazione delle fatture elettroniche e di consultazione degli status. Permette inoltre di generare il QR code relativo alla propria attività.

Una breve parentesi sul QR code aziendale. Questo contiene tutti i dati della propria attività e della partita IVA, oltre all’indirizzo telematico al quale ricevere le fatture elettroniche. Il QR lo si può conservare sul tablet o smartphone, sempre a portata di mano.

Abilitazione del cassetto fiscale: richiesta del PIN e dello SPID

L’accesso al cassetto è possibile rivolgendosi ad AdE. É necessario iscriversi a Fisconline o Entratel. La registrazione può essere fatta telefonicamente al call center di Agenzia delle Entrate, oppure allo sportello territorialmente competente (serve un documento di identità in corso di validità).

Al momento della registrazione AdE inoltra richiesta per ottenere un PIN a dieci cifre. Le prime quattro cifre sono fornite al momento della richiesta, mentre le restanti sei, sono inoltrate all’utente per posta entro quindici giorni (oggi questa procedura è stata semplificata e i tempi ridotti causa Coronavirus).

Il PIN serve per entrare e consultare tutti i servizi del cassetto fiscale e non solo. Al posto del PIN è possibile eseguire l’accesso con lo SPID (sistema pubblico di identità digitale).

INPS e cassetto previdenziale

Tra i vari servizi consultabili c’è il cassetto previdenziale INPS. Questo è un fascicolo digitale che contiene tutte le informazioni relative ai propri contributi. A seconda dell’utente, le funzioni e le visualizzazioni del cassetto fiscale sono diverse. I fruitori del cassetto sono:

  • liberi professionisti
  • committenti Gestione separata
  • agricoltori autonomi
  • aziende agricole
  • aziende
  • artigiani
  • commercianti.

Delegare la consultazione del cassetto fiscale

L’utente può delegare un altro soggetto alla verifica e al controllo del proprio cassetto fiscale. Questa procedura è disciplinata dall’art.3, comma 3, del DPR 322/1998. Gli intermediari a cui delegare la consultazione possono essere un massimo di due.

La delega avviene online, presso gli uffici abilitati locali, oppure consegnando una delega PDF.

Online è predisposta una specifica funzione, disponibile a tutti gli utenti registrati al servizio telematico e presente nell’area riservata del Fisconline/Entratel. Recando presso gli uffici invece è necessario presentare la delega sottoscritta, più un documento di identità valido.

La delega in formato PDF può anche essere trasmessa dall’intermediario ad Agenzia delle Entrate, accompagnata da un documento di identità in corso di validità. In quest’ultimo caso l’utente, entro 15 giorni, riceverà un codice al proprio recapito. Questo codice deve essere successivamente consegnato all’intermediario.

La delega si revoca con le stesse modalità con le quali è possibile inoltrarla. Gli intermediari sono tenuti a sottoscrivere un regolamento-pdf per consultare il cassetto.

Data protection: il regolamento per disciplinare il trattamento dei dati personali

L’argomento privacy, negli ultimi anni, ha assunto una grandissima importanza a livello mondiale. La possibilità di acquisire e condividere informazioni e dati personali, attraverso piattaforme digitali, ha aumentato la possibilità di facili violazioni della privacy. Alla luce di tutto questo, dal 2016, è entrata in vigore, in tutti i paesi dell’Unione Europea, un regolamento specifico della materia. La disciplina che regolamenta il trattamento dei dati personali si chiama: “Data Protection”. Si tratta quindi di un insieme di discipline, norme e regolamenti che hanno lo scopo di proteggere nel migliore dei modi possibili il trattamento dei dati personali. Argomento molto importante a livello individuale, ma anche e soprattutto per le aziende, le imprese in genere e le start up.

Data protection: equilibrio tra privacy e scopi commerciali

Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati in sigla RGPD (o GDPR in inglese General Data Protection Regulation), è quindi l’insieme delle norme e procedure rivolte alla protezione dei dati personali. Ufficialmente l’argomento è stato regolamentato con la norma dell’UE n°2016/679. Le regole sono entrate in vigore a partire dal 27 aprile 2016 e la pubblicazione ufficiale sulla Gazzetta dell’Unione Europea è avvenuta il 4 maggio 2016.

Lo scopo della Commissione Europea è stato quello di rafforzare la protezione dei dati personali dei cittadini dell’UE (all’interno e all’esterno dei confini dell’unione). La data protection ha, in generale, lo scopo di tutelare la raccolta e la diffusione dei dati personali, trovando il giusto compromesso tra tutela della privacy e utilizzo dei dati a scopi commerciali.

In altre parole questo significa che chi acquisisce i dati di un utente (ad esempio quando un utente si registra su un sito e-commerce per eseguire un acquisto per il quale richiede regolare emissione di fattura elettronica), deve garantire che le informazioni acquisite saranno utilizzate esclusivamente per scopi consentiti dalla legge. Inoltre il soggetto che acquisisce i dati personali degli utenti, deve essere stato esplicitamente autorizzato (mediante richiesta di consenso) dal soggetto interessato.

GDPR: Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati

Il GDPR è il principale riferimento normativo al quale attenersi in materia di tutela dei dati personali. Il regolamento stabilisce:

“norme relative alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché norme relative alla libera circolazione di tali dati” e si propone di proteggere “i diritti e le libertà fondamentali delle persone fisiche, in particolare il diritto alla protezione dei dati personali”.

Il GDPR fa riferimento a tutti quei dati attraverso i quali è possibile l’identificazione univoca di una persona:

  1. personali
  2. personali particolari
  3. genetici
  4. biometrici
  5. sulla salute
  6. dati personali relativi a condanne penali o reati

Dati personali

Si tratta dei dati che consentono di identificare in modo univoco un soggetto. L’identificazione del soggetto può essere fatta in modo diretto o indiretto. Rientrano in questa categoria dati come: come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all’ubicazione, un identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale.

Data protection

Dati personali particolari

In italiano sono chiamati “Dati Sensibili”. In questa categoria troviamo: origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l’appartenenza sindacale, dati relativi alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona.

Sono considerati dati sensibili anche quelli genetici, biometrici e quelli sulla salute.

Dati genetici

Con questi si identificano i dati ereditati o acquisiti, ottenuti tramite analisi di DNA ed RNA da un campione biologico della persona fisica in questione.

Dati biometrici

Categoria particolare nella quale rientrano: immagine facciale, grazie ai quali è possibile identificare una e una sola persona fisica.

Dati sulla salute

Sia fisica che mentale, passata, presente o futura. Inoltre anche informazioni su servizi di assistenza sanitaria, laddove presenti, indipendentemente dalla fonte, quale, ad esempio, un medico.

Dati personali relativi a condanne penali o reati

Il trattamento dei dati personali relativi a reati o condanne deve avvenire sotto il controllo dell’autorità pubblica o se è autorizzato dal diritto dell’Unione.

Data protection a regola d’arte

Il trattamento dei dati personali è ritenuto valido quando il titolare ha dato il proprio consenso all’acquisizione degli stessi. Questo implica l’obbligo da parte del soggetto che acquisisce i dati, di poter dimostrare l’ottenimento del consenso da parte del soggetto interessato. Chi ha rilasciato i propri dati deve sempre avere la possibilità di revocarli in qualsiasi momento.

Inoltre il trattamento dei dati personali è ritenuto valido quando:

  • deve avvenire per l’esecuzione di un contratto
  • per l’adempimento di un obbligo legale
  • per la salvaguardia dell’interessato
  • in casi di esecuzione di un compito di pubblico interesse
  • per il perseguimento di un legittimo interesse del titolare del trattamento o di un soggetto terzo

Data protection e i dati che non possono essere trattati

La Data protection definisce anche tutti i dati che non possono essere trattati:

“dati personali che rivelino l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l’appartenenza sindacale, nonché trattare dati genetici, dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona”.
Tutti questi dati possono essere trattati solo in presenza dell’esplicito consenso dell’interessato (e negli altri casi di liceità sopra elencati).

Quanto si paga di tasse in Italia: IRPEF, IRES e IRAP

Nei tre precedenti articoli abbiamo approfondito i concetti di IRPEF, IRES e IRAP. Si tratta di tre diverse imposte nella quali aziende, liberi professionisti e lavoratori autonomi, si imbattono ogni anno. Ciascuna ha le sue caratteristiche e rappresenta una diversa quota dei contributi che i soggetti sono obbligati a versare ogni anno all’erario.

Il gravame fiscale in Italia è uno dei più alti tra i Paese della Comunità. Recenti analisi, hanno infatti dimostrato che la pressione fiscale ammonterebbe a circa il 42%. Questo di conseguenza porta a chiedere perché ci sono così tante tasse in Italia e perché sono così alte.

In pratica quasi il 50% dei guadagni di un imprenditore va a finire in tasse. Ma di preciso quanto si paga di tasse in Italia? Cerchiamo di rispondere a questa domanda nel modo più semplice possibile (per quanto un argomento così complesso possa permetterlo).

Quanto si paga di tasse in Italia: IRPEF e IVA

Al primo posto della classifica delle imposte che più di altre pesano sui portafogli degli italiani, troviamo proprio l’IVA e l’IRPEF. Dalla riscossione di queste due imposte infatti, l’Erario trae circa il 55,4% del totale del gettito tributario.

IVA e IRPEF le pagano tutti i cittadini, indipendentemente che siano persone fisiche, piuttosto che giuridiche.

Per l’IRPEF sono previsti i seguenti scaglioni di aliquote in base al reddito imponibile:

  • fino a 15.000 23% aliquota 23% sulla parte eccedente la no tax area
  • da 15.000,01 a 28.000 (23% e) 27% aliquota
    imposta dovuta 3.450 € + 27% sulla parte eccedente i 15.000 €
  • da 28.000,01 a 55.000 (23%, 27% e) 38% aliquota
    imposta dovuta 6.960 € + 38% sulla parte eccedente i 28.000 €
  • da 55.000,01 a 75.000 (23%, 27%, 38% e) 41% aliquota
    imposta dovuta 17.220 € + 41% sulla parte eccedente i 55.000 €
  • oltre 75.000 (23%, 27%, 38%, 41% e) 43% aliquota
    imposta dovuta 25.420 € + 43% sulla parte eccedente i 75.000 €

Quanto si paga di tasse in Italia

Mentre l’IVA prevede attualmente:

  • 4% – aliquota minima – per l’IVA sui generi di prima necessità;
  • 10% – aliquota ridotta – per l’IVA su servizi turistici, alimentari ed edili;
  • 22% – aliquota ordinaria – per l’IVA da applicare in tutti i casi non rientranti nelle prime due aliquote.

Quanto si paga di tasse in Italia: l’IRAP

L’Imposta Regionale sulle Attività Produttive è un vero e proprio incubo per chi possiede una Partita IVA ed emette regolarmente fatture elettroniche.
Questa è infatti calcolata sul valore della produzione netta e ha un aliquota che va dal 4,25% al 8,50%.

Per fortuna i liberi professionisti e chi ha scelto il regime forfettario, non è tenuto a pagare l’IRAP. Esistono comunque delle eccezioni. É il caso in cui, per svolgere le proprie attività, si avvalga dell’aiuto di collaboratori.

Ogni regione ha facoltà di diminuire o aumentare la percentuale applicabile fino a un punto percentuale. Questo dipende anche dal tipo di attività svolta.

Pressione fiscale alle stelle

Secondo i dati contenuti nelle ultime “Revenue Statistics” dell’Osce, la pressione fiscale in Italia ha raggiunto il 42,1%. Nella classifica stilata per l’occasione, L’Italia si posiziona purtroppo settima su 37 paesi in gara. Dietro di noi l’Austria, ma di poco, -0,1%. Invece in vetta alla classifica troviamo:

  1. Francia – 42,7%
  2. Danimarca – 44,9%
  3. Belgio – 44,8%
  4. Svezia – 43,9%
  5. Finlandia – 42,7%

Vero è che si tratta di paesi che offrono migliori servizi, assistenza e agevolazioni, rispetto all’Italia.
Nell’area OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) la pressione fiscale si attesta attorno al 34,3%. Negli Stati Uniti invece è più bassa, “solo” il 24,3%, mentre in Irlanda è addirittura del 22,3%.

Che cos’è l’iva, come funziona e come si calcola

Continua l’esplorazione delle imposte italiane che i contribuenti devono periodicamente versare. Dopo IRPEF e IRES, nonché l’IRAP, adesso è il momento dell’IVA. L’imposta sul valore aggiunto è una delle più note imposte a imprenditori, società e liberi professionisti. Presente su tutte, o quasi, le fatture elettroniche è nota ai più, ma c’è ancora chi non ha ben chiaro perché debba effettivamente essere versata. Vediamo quindi di chiarire in breve che cos’è l’IVA, come funziona e perché è applicata sulla fatturazione elettronica e sulle transazioni.

Che cos’è l’IVA: definizione

Acronimo di Imposta sul Valore Aggiunto, è un’imposta adottata nel 1968 da parte di numerosi Paesi nel mondo. Si tratta di un contributo richiesto e applicato sul valore aggiunto di ogni fase della produzione, di scambio di beni e servizi.

L’IVA ha sostituito la più datata IGE= imposta generale sull’entrata. La sostituzione è avvenuta per adeguare il sistema tributario italiano a quello di altri Paesi Comunitari. Tutti i paesi della UE l’adottarono, anche se rimasero delle sostanziali differenze fra le aliquote stabilite nei diversi territori.

L’IVA ha fatto il suo ingresso in Italia grazie al DPR n° 633/1972. Come per le altre imposte sugli scambi (dette sugli affari), l’IVA occupa un posto di rilievo nel sistema tributario italiano. Questo perché assicura un’entrata notevole allo stato. Si parla quasi del 30% degli incassi tributari statali e il 60% di quelle delle imposte dirette.

Basi imponibili IVA

Esistono tre diverse basi imponibili, tipo:

  1. prodotto (VAp)
  2. reddito (VAr)
  3. consumo (Vac)

La differenza è sulla deducibilità delle spese di investimento. Nel VAp nessuna spesa di investimento è deducibile, di conseguenza la base imponibile è il prodotto lordo (PL).

Nel Var sono deducibili le spese per accantonamento per ammortamenti (PL-Invs). Infine nel VAc sono deducibili gli acquisti di beni strumentali nell’anno in cui sono compiuti (PL-Invs-Inva).

Da tenere presente che in fase di conteggi e valutazioni, l’IVA non deve essere considerata. Questo perché si tratta, a tutti gli effetti, di un debito verso l’erario e non un ricavo o un costo.

Come si calcola l’Iva

Si calcola in due diversi modi, uno più semplice e l’altro più complesso.
Il primo, più facile, si calcola per addizione. In questo caso si applica l’aliquota dell’imposta alla somma delle remunerazioni dovute ai fattori produttivi (L+IP+∏).

Mentre nel secondo caso, più complesso, il calcolo è eseguito per sottrazione. Si divide in due tipologie:

  1. base effettiva: aliquota applicata alla differenza fra valore dei beni prodotti in un dato arco temporale e valore delle materie prime impiegate alla produzione
    oppure su base effettiva
  2. Su base finanziaria: in altre parole l’aliquota dell’imposta (tc) viene moltiplicata alla differenza fra le vendite (V) e gli acquisti (A)

Che cos’è l’iva

Cos’è lo scorporo

Lo scorporo dell’IVA è un’operazione contabile che consiste nel separare l’IVA dal prezzo comprensivo dell’IVA stessa, determinando così l’imponibile. Per semplificare il concetto riportiamo la formula matematica utilizzata nel calcolo.

I= CX100/122=C/1,22

Legenda:
I= imponibile
C= prezzo ivato
Iva al 22%

Il denominatore è ottenuto sommando l’IVA all’unità: dunque nell’ipotesi dell’IVA al 22%, esso è pari a 1,22.

Le aliquote IVA

L’Iva, come abbiamo detto, è un’imposta proporzionale. Questo perché il suo valore dipende dal prezzo del bene moltiplicato per l’aliquota di riferimento.

Le aliquote attuali previste sono:

  • 4% – aliquota minima – per l’IVA sui generi di prima necessità;
  • 10% – aliquota ridotta – per l’IVA su servizi turistici, alimentari ed edili;
  • 22% – aliquota ordinaria – per l’IVA da applicare in tutti i casi non rientranti nelle prime due aliquote.

Operazioni soggette a IVA

Ne esistono di quattro diverse tipologie:

  • imponibili – per i quali sussistono i presupposti soggettivi, oggettivi e territoriali
  • non imponibili – per le quali mancano uno o più dei presupposti precedenti
  • operazioni esenti ai sensi dell’articolo 10 del d.p.r. 633/1972 – non danno luogo a obblighi particolari
  • operazioni escluse ai sensi dell’articolo 15 del d.p.r. 633/1972 – non danno luogo a obblighi particolari

Irpef e Ires: cosa sono e come funzionano

Nell’articolo: “Agenzia Entrate: agevolazioni fiscali per imprese e lavoratori autonomi”, abbiamo introdotto un argomento caro ai lavoratori autonomi, imprenditori, imprese e possessori di partita IVA. Oltre a chiarire alcuni punti essenziali sulle agevolazioni fiscali che AdE ha riconosciuto per il 2020 a piccole/medie imprese, abbiamo spiegato cos’è e come funziona l’IRAP.

L’Imposta Regionale sulle attività Produttive è una delle tante imposte che devono essere pagate ogni anno, da determinate categorie di lavoratori. A questa si aggiungono anche Irpef e Ires, rispettivamente: Imposta sul reddito delle persone fisiche e Imposta sul reddito delle società. Vediamo di capire meglio cosa sono, come funzionano e come vengono calcolate.

Irpef e Ires: la definizione

IRPEF: Imposta sul reddito delle persone fisiche – si tratta di un’imposta diretta, personale, progressiva e generale. L’imposta è regolata dal testo unico delle imposte sui redditi, emanato con DPR 22 dicembre 1986 n. 917.

L’Irpef deve essere pagata da tutti quei soggetti che percepiscono le seguenti tipologie di redditi:

  • fondiari
  • capitale
  • lavoro dipendente
  • lavoro autonomo
  • di impresa
  • diversi

Si definisce progressiva perché colpisce il reddito con specifiche aliquote. Le aliquote dipendono dagli scaglioni di reddito. Si applica per tutti i redditi posseduti, anche se prodotti all’estero.

L’IRES invece è un’imposta proporzionale e personale, ottenibile tramite applicazione di un’aliquota unica. Il suo valore ha subito variazione con il passare del tempo. Oggi è fissato al 24%, come stabilito dalla Legge di Stabilità del 2016.

L’IRES ha sostituito dal 2004, l’IRPEG, Imposta sul reddito delle persone giuridiche. Anche l’IRES è normata dal testo unico delle imposte sui redditi.

Irpef e Ires: i soggetti passivi

I soggetti passivi di Irpef (che devono cioè pagare quest’imposta) sono:

  • le persone residenti sul territorio italiano, per i cespiti posseduti ed i redditi prodotti in patria o all’estero;
  • le persone non residenti sul territorio italiano, per i redditi prodotti nel territorio italiano
  • società di persone
  • le società di capitali i cui soci – ricorrendone le condizioni – hanno adottato la cosiddetta “tassazione per trasparenza”

I soggetti passivi di IRES sono:

  • società di capitali
  • società cooperative
  • società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato
  • enti pubblici ed enti privati, diversi dalle società
  • trust residenti nel territorio dello Stato italiano che hanno, come oggetto esclusivo o principale, l’esercizio di attività commerciale
  • enti pubblici ed enti privati, diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno come oggetto l’esercizio di attività commerciale
  • società ed enti di qualsiasi tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato.

Irpef e Ires

Irpef e Ires: come vengono calcolate

L’Irpef è determinata applicando al reddito complessivo, al netto degli oneri deducibili, le seguenti aliquote per scaglioni di reddito:

fino a 15.000 23% aliquota 23% sulla parte eccedente la no tax area

da 15.000,01 a 28.000 (23% e) 27% aliquota
imposta dovuta 3.450 € + 27% sulla parte eccedente i 15.000 €

da 28.000,01 a 55.000 (23%, 27% e) 38% aliquota
imposta dovuta 6.960 € + 38% sulla parte eccedente i 28.000 €

da 55.000,01 a 75.000 (23%, 27%, 38% e) 41% aliquota
imposta dovuta 17.220 € + 41% sulla parte eccedente i 55.000 €

oltre 75.000 (23%, 27%, 38%, 41% e) 43% aliquota
imposta dovuta 25.420 € + 43% sulla parte eccedente i 75.000 €

Il valore dell’Ires invece abbiamo visto che ha subito variazioni annualmente. Riportiamo le ultime cinque, indicando nella prima colonna l’anno di riferimento e nella seconda il valore espresso in percentuale:

  • 2019      24%
  • 2018      24%
  • 2017      24%
  • 2016      27,5%
  • 2015      27,5%

Irpef e Ires: base imponibile

La base imponibile dell’Irpef è calcolata sommando il reddito complessivo dei soggetti passivi, al netto degli oneri deducibili e delle deduzioni spettanti. Quindi il totale è dato dalla somma dei seguenti redditi:

  • lavoro dipendente
  • lavoro autonomo
  • fondiari
  • di capitale
  • impresa
  • diversi

Mentre la base imponibile per l’Ires è calcolata in base al reddito d’impresa individuato dall’art. 83 del testo unico delle imposte sui redditi. Sono esclusi i redditi da lavoro autonomo e lavoro dipendente.

Detrazione fiscale e deduzione: cosa sono e come funzionano

Se ne sente sempre un gran parlare, ma alla fine pochi sanno cosa sono, come funzionano e soprattutto qual è la differenza tra detrazione fiscale e deduzione. Vediamo di fare chiarezza, cercando di spiegarlo in modo semplice e conciso.

Detrazione fiscale: cos’è e differenze con deduzione

La detrazione fiscale è un importo che il contribuente ha il diritto di sottrarre all’imposta lorda, per ricavarne l’imposta dovuta. L’imposta lorda corrisponde al totale delle tasse sui redditi da corrispondere allo Stato.

La deduzione invece agisce in termini di diminuzione della base imponibile. In altre parole si calcola sull’ammontare complessivo dei redditi tassabili. Facciamo un esempio. I redditi dell’anno, vale a dire la base imponibile, sono pari a 100. Un’ipotetica deduzione del 30, porterebbe i redditi tassabili a scendere a 70. Se lo scaglione di reddito è tassabile al 25%, a seguito della deduzione, si avrebbe un’ipotetica tassa del 17,5 (cioè 70×25%). Sempre meglio che a regime pieno che vedrebbe il calcolo salire a 100X25%= 25.

Le deduzioni più comuni che si possano trovare sono quelle relative ai carichi familiari, alle addizioni applicate dagli enti locali, o quelle concesse a certe categorie.

Detrazioni fiscali: come vengono calcolate

Le detrazioni fiscali mirano a ridurre direttamente l’imposta lorda (anche quella calcolata a seguito di eventuali deduzioni). Riprendendo l’esempio di prima, per spiegare meglio il funzionamento delle detrazioni, eseguendo tutti i conteggi, l’imposta da pagare sarebbe quindi pari a 15 e la detrazione massima concessa è 5. Di conseguenza l’importo massimo da pagare, sempre nell’esempio precedente, è 10.
Quindi per ricapitolare e semplificare. Le detrazioni fiscali agiscono direttamente sull’imposta lorda, mentre le deduzioni fanno diminuire l’imponibile tassabile. L’una non esclude l’altra.

Detrazioni fiscali e dichiarazione dei redditi

Le detrazioni fiscali si ritrovano in dichiarazione dei redditi. Qui devono essere documentate e calcolate. Si riferiscono sempre a un preciso anno fiscale, chiamato “periodo d’imposta”. Le normative che regolano l’anno fiscale, sono soggette a continue variazioni e aggiornamenti.

Per quanto riguarda la dichiarazione dei redditi, va fatta poi un’altra grande suddivisione tra:

  1. lavoratori autonomi
  2. lavoratori dipendenti, o assimilati.

Le detrazioni sui redditi da lavoratore dipendente o assimilato, sono fatte direttamente dal datore di lavoro. Quelle che invece riguardano detrazioni per efficienza energetica e il risparmio energetico, è lo stesso contribuente (o un suo consulente) a dichiararle e giustificarle nella propria dichiarazione dei redditi.

Per quanto riguarda invece i lavoratori autonomi, imprese, aziende e liberi professionisti (per intendersi quindi, tutti i soggetti che emettono e ricevono fatture elettroniche) dotati di partita IVA devono presentare il Modello Unico persone fisiche (vera e propria dichiarazione dei redditi non semplificata). Nel Modello Unico devono quindi essere indicate tutte le eventuali detrazioni fiscali. Il Modello può essere presentato dal libero professionista stesso, da un suo consulente, oppure può essere preparato e inoltrato dai CAF, oltre che dai professionisti abilitati.

Dichiarazione dei redditi: cos’è e come funziona

La dichiarazione dei redditi è il modello con il quale i cittadini residenti in Italia, dichiarano i propri redditi percepiti durante l’anno fiscale e calcolano l’imposta dovuta. La dichiarazione dei comprendere tutti i redditi: da lavoro e pensione, derivanti da terreni e fabbricati, quelli di capitale (investimenti tassati), derivanti da lavoro autonomo e di impresa (per i titolari di partita IVA), e tutti quelli diversi e non classificati.

La dichiarazione dei redditi può essere presentata da persona fisica, o da persona giuridica. Nel caso di persona giuridica la dichiarazione dei redditi è presentata attraverso il Modello Unico, che indicavamo nel precedente paragrafo.

Detrazione fiscale

Esistono vari tipologie di Modello Unico, in base alla posizione fiscale e all’attività svolta.

Modello Unico SP, valido per:

Modello Unico SC, valido per:

  • società per azioni
  • società in accomandita per azioni
  • società a responsabilità limitata
  • società cooperative
  • società di mutua assicurazione
  • società europee
  • enti commerciali (pubblici e privati)
  • trust che operano come attività commerciale
  • società di gestione del risparmio
  • banche e assicurazioni

Modello Unico ENC, utilizzato per la dichiarazione da:

  • enti non commerciali (residenti e non nel territorio italiano)
  • ONLUS
  • società semplici e altre non reside

Corrispettivi telematici giornalieri: inadempienze e sanzioni

Nell’articolo: “Scontrino Elettronico: senza registratore fiscale telematico adesso è possibile!”, abbiamo visto come la piattaforma di FatturaPRO.click, abbia reso possibile, l’impossibile! Emettere e trasmettere i corrispettivi telematici giornalieri senza un registratore fiscale. Una soluzione ottimale per tutti i contribuenti esercenti che non hanno voluto, o potuto, acquistare un RT.
Lo scontrino elettronico rappresenta una grandissima novità fiscale introdotta in Italia. Una novità che ha dato non pochi “grattacapo” agli utenti. Come se non bastasse, Agenzia delle Entrate (AdE) ha previsto anche delle sanzioni. Non solo quindi la necessità di doversi adeguare alle novità legali in materia di corrispettivi. Adesso anche le sanzioni. Queste vengono applicate ai soggetti che non trasmettono i corrispettivi mensilmente.

Nonostante le proroghe previste per mettersi in regola (da vedere articolo precedente) e alla luce di quanto detto finora, vi suggeriamo di regolarizzarvi quanto prima. Per farlo basterà dotarsi di un sistema, come quello di FatturaPRO.click, per mettervi in regola con i corrispettivi telematici.

Decreto Legislativo 127/2015 e 471/1997: trasmissione dei corrispettivi

Il Decreto Legislativo 127/2015, articolo 2, comma6, norma le sanzioni previste in caso di mancata comunicazione dei corrispettivi:

“Ai soggetti che effettuano la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica ai sensi del comma 1 e ai soggetti di cui al comma 2 si applicano, in caso di mancata memorizzazione o di omissione della trasmissione, ovvero nel caso di memorizzazione o trasmissione con dati incompleti o non veritieri, le sanzioni previste dagli articoli 6, comma 3, e 12, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471”

Corrispettivi telematici Mentre il Decreto Legislativo 471/1997, articolo 6, comma 2, prevede:

Se le violazioni consistono nella mancata emissione di ricevute fiscali, scontrini fiscali o documenti di trasporto ovvero nell’emissione di tali documenti per importi inferiori a quelli reali, la sanzione e’ in ogni caso pari al cento per cento dell’imposta corrispondente all’importo non documentato. La stessa sanzione si applica in caso di omesse annotazioni su apposito registro dei corrispettivi relativi a ciascuna operazione in caso di mancato o irregolare funzionamento degli apparecchi misuratori fiscali”.

Questo valeva per gli scontrini cartacei e continua a valere anche oggi per i corrispettivi telematici giornalieri.

Le sanzioni

I precedenti decreti specificano le sanzioni applicate, che consistono in:

  • sospensione da tre giorni a un mese della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività;
  • sospensione da uno a sei mesi della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività, nel caso in cui l’importo totale dei corrispettivi superi la somma di 50,000 euro.

AdE ha pensato a sancire le norme che prevedono le sanzioni da applicare in caso di mancata comunicazione dei corrispettivi telematici. Lo ha fatto con la Circolare n°3/E del21 febbraio 2020 e con la Risoluzione n°6 del 10 febbraio 2020.
Con questi due atti, Agenzia delle Entrate ha stabilito:
“il soggetto che ha effettuato una corretta memorizzazione cui non segue la trasmissione è sanzionabile (pur nel diverso quantum) al pari di colui che, dopo una memorizzazione infedele, ha inviato regolarmente il relativo dato”

Inoltre ha specificato che:

“la sanzione, volendo colpire l’omesso o errato/infedele adempimento, non trova applicazione multipla in riferimento a ciascuna fase dello stesso. In altre parole. Nelle ipotesi in cui il cedente/prestatore tenga un comportamento illegittimo sia in riferimento alla memorizzazione, sia al successivo invio dei dati, è comunque applicabile un’unica sanzione ex articoli 6, comma 3 e 12, comma 2, del d.lgs. n. 471 del 1997”

Corrispettivi telematici: Moratorie

Sono comunque da ricordare che a oggi il contribuente può usufruire della moratoria per l’installazione di un registratore di cassa telematico. É possibile infatti mettersi in regola entro il 31 dicembre 2020, come abbiamo visto nell’articolo: “Scontrino elettronico, registratore telematico e lotteria degli scontrini: le proroghe del DL Rilancio” previste dal Decreto Legislativo 34/2020 (il decreto Rilancio).
C’è da ricordare infine anche la possibilità di ravvedimento ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.

A prescindere dalle moratorie, c’è comunque da mettersi in regola il prima possibile con lo scontrino elettronico e la comunicazione dei corrispettivi giornalieri.

 

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Scopri il nostro approfondimento: Corrispettivi

Fatturazione elettronica e detrazione IVA: quando e come

L’articolo 19 del DPR n° 633/72 stabilisce le regole per la detrazione dell’IVA pagata per le operazioni passive di imprese e professionisti. In generale è sempre possibile entro il termine ultimo di presentazione della dichiarazione IVA dell’anno in cui l’operazione è avventa. In alcuni casi, ai soggetti passivi IVA, però, è anche concessa la retro imputazione. Questo vale almeno per le fatture elettroniche ricevute entro il 15 del mese.

Articolo 19 del DPR n° 633/72: fatture elettroniche e detrazione IVA

L’articolo specifica:
Il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile ed è esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo
C’è da tenere conto che alla registrazione della fattura passiva segue il diritto alla detrazione della relativa imposta. I questo modo viene garantita la liquidazione, o la maturazione del credito relativo alle fatture elettroniche.

DPR n 100/98 articolo 1 comma 1

Accanto al DPR n° 633/7 consideriamo anche il DPR n 100/98 articolo 1 comma 1. In questo articolo viene specificato che chi ha ricevuto e annotato, entro il 15 del mese successivo, fatture elettroniche relative a operazioni eseguite nel mese precedente, può esercitare il diritto alla detrazione con riferimento alla liquidazione periodica del mese precedente.
Questo meccanismo è stato previsto per un motivo ben preciso. Infatti possono intercorrere diversi giorni da quando vengono effettuate le operazioni, emesse le fatture elettroniche e ricevute dal destinatario.
Di conseguenza questo articolo assicura di poter far slittare la detrazione al mese di effettuazione dell’operazione, aspettando quanto necessario.
Così procedendo si potranno quindi inviare fatture elettroniche entro il 15 del mese successivo a quando le operazioni sino effettivamente avvenute.

Detrazione IVA con fatture elettroniche

Perché la detrazione dell’IVA sulle fatture elettroniche possa avvenire si devono compiere due aspetti fondamentali: quello sostanziale e quello formale. I presupposti sostanziali corrispondo all’effettuazione dell’operazione. Mentre quelli formali sono relativi al “possesso di una valida fattura di acquisto”. Entrambi sono previsti dalla Direttiva n°2006/112/CE e specificata anche nella Circolare n°1/E/2018 dell’Agenzia delle Entrate.
Nel processo della fatturazione elettronica, la e-fattura è considerata ricevuta, quando è stata correttamente recapitata all’indirizzo telematico del cessionario. Solo da quel momento in poi è possibile l’esercizio della detrazione, perché i presupposti sostanziali e formali si sono verificati.

fattura elettronica

DPR n 633/72 articolo 25

Nell’articolo 25, che tratta l’annotazione degli acquisti, dal primo gennaio 2019 è stato abolito ‘obbligo della protocollazione delle fatture elettroniche di acquisto. É stato abolito perché con la e-fattura, l’adempimento è compiuto tramite il Sistema di Interscambio. In pratica è possibile ricevere delle fatture elettroniche, datata inizio mese, che ilSistema di Interscambio andrà a protocollare entro il 15 del mese in corso. Successivamente poi potrebbero arrivare delle fatture relative al mese precedente.
In questo caso il software house utilizzato, come FatturaPRO.click, annoterà la fattura elettronica ricevuta nel mese in corso entro il 15 del mese stesso, consentendo la detrazione IVA nello stesso mese. Allo stesso tempo, il sistema, registrando una fattura relativa a operazione del mese precedente, farà confluire la relativa imposta detraibile nella liquidazione riferita al mese di antecedente

DPR n 633/72 articolo 19

Il termine ultimo per la detrazione dell’IVA nelle fatture elettroniche è stato regolamentato dall’articolo 19 del DPR 633/72:

il diritto alla detrazione IVA può essere esercitato con riferimento all’anno solare nel corso del quale l’imposta è divenuta esigibile, al più tardi con la corrispondente dichiarazione annuale

Di fatto, la norma, limita la detrazione IVA ai quattro mesi successivi all’anno in cui l’imposta è divenuta esigibile. La registrazione delle fatture elettroniche deve essere fatta prima della liquidazione periodica del diritto alla detrazione.

In tutti i casi deve comunque essere fatto entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno di ricezione della fattura e con riferimento allo stesso anno.