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Quanto può fatturare una srls? Come funziona? Quando aprirne una?

Le SRLS (Società a Responsabilità Limitata Semplificata) sono una forma di società a responsabilità limitata che si caratterizzano per la semplicità e la flessibilità nella loro gestione. Sono state introdotte dalla Legge di Stabilità del 2014, con lo scopo di agevolare la creazione di nuove imprese e di favorire l’accesso al credito. Con questo articolo vogliamo fornire qualche utile informazione per capire cosa sono, come si costituiscono e quanto può fatturare una srls effettivamente, con limiti massimi e minimi da rispettare.

SRLS società a Responsabilità Limitata Semplificata

Le SRLS sono caratterizzate da una struttura semplificata rispetto alle altre società a responsabilità limitata, sia per quanto riguarda la loro costituzione che per la loro gestione.

Una SRLS può essere costituita da un minimo di uno a un massimo di cinquanta soci, che possono essere persone fisiche o giuridiche. Non è necessario redigere un atto costitutivo, né è richiesto il deposito di un capitale sociale minimo. I soci di una SRLS sono responsabili solo in misura proporzionale al loro conferimento, senza che vi sia il rischio di responsabilità personale.

Tassazione SRLS

Prima di arrivare a capire quanto può fatturare una srls, vediamo, nel dettaglio, la tassazione a cui sono soggette le società a responsabilità limitata semplificata. Si tratta di una tassazione ordinaria, come per le altre società a responsabilità limitata. Ciò significa che devono versare le seguenti imposte:

  • IRPEF (Imposta sul reddito delle persone fisiche) per i soci, in base alla quota di partecipazione al reddito della società.
  • IRES (Imposta sul reddito delle società) per la società, in base al reddito prodotto.
  • IVA (Imposta sul valore aggiunto) per le operazioni commerciali effettuate dalla società.

SRLS costi

Aprire una SRLS comporta dei costi che vanno considerati nella fase di pianificazione dell’impresa. I costi principali sono i seguenti:

  1. Costo della visura camerale, che varia in base alla regione in cui è richiesta.
  2. Iscrizione al Registro delle Imprese, che comprende il bollo e la tassa d’iscrizione.
  3. Costo per la redazione del libro soci, che può essere sostenuto presso un commercialista o un avvocato.

Inoltre, è necessario considerare i costi per la gestione della società, come ad esempio i compensi per il consiglio di amministrazione, il commercialista e l’eventuale contabile.

Quanto può fatturare una srls? Ecco i limiti di fatturato delle SRLS

Le SRLS non hanno limiti di fatturato. Ciò significa che una SRLS può generare un reddito illimitato, a patto che sia rispettata la normativa fiscale e commerciale in vigore.

Fatturazione elettronica SRLS

A partire dal 2019, le SRLS sono obbligate alla fatturazione elettronica per le operazioni commerciali con altre imprese e con la pubblica amministrazione. Ciò significa che le fatture emesse e ricevute devono essere trasmesse in formato elettronico, utilizzando il Sistema d’Interscambio (SdI) messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate.

La fatturazione elettronica permette di semplificare l’emissione e la gestione delle fatture, riducendo gli errori e i tempi di lavoro. Inoltre, consente di avere un maggiore controllo e tracciabilità delle operazioni commerciali.

Quanto può fatturare una srls

Aprire una SRLS

Per aprire una SRLS, è necessario soddisfare i seguenti requisiti:

  1. Avere la maggiore età.
  2. Non essere stati dichiarati falliti.
  3. Non essere sottoposti a procedure concorsuali.
  4. Inoltre, è necessario scegliere una denominazione per la società che rispetti le norme sulla registrazione dei marchi e sulla tutela della proprietà industriale.
  5. Scegliere la sede della società, che può essere l’abitazione del socio o un locale commerciale.
  6. Scegliere un legale rappresentante per la società, che può essere uno dei soci o un terzo.
  7. Comunicare l’avvio dell’attività all’ufficio del registro delle imprese e all’agenzia delle entrate.
  8. Redigere il libro soci, che contiene l’elenco dei soci, i conferimenti e le quote di partecipazione.

Srls vantaggi

Aprire una SRLS (Società a Responsabilità Limitata Semplificata) può comportare diversi vantaggi per chi desidera fare impresa:

  • Semplicità e velocità nella costituzione: le SRLS non richiedono un atto costitutivo né un capitale sociale minimo, il che le rende più semplici da aprire rispetto ad altre forme societarie. Inoltre, il processo di iscrizione al Registro delle Imprese è più rapido rispetto ad altre forme di società a responsabilità limitata.
  • Responsabilità limitata dei soci: i soci di una SRLS sono responsabili solo in misura proporzionale al loro conferimento, senza il rischio di responsabilità personale. Ciò significa che il patrimonio personale dei soci non può essere utilizzato per soddisfare i debiti della società.
  • Flessibilità nella gestione: le SRLS possono essere gestite in modo flessibile, senza l’obbligo di un consiglio di amministrazione o di un organo di controllo. Ciò le rende adatte sia a piccole imprese che a società di maggiori dimensioni.
  • Possibilità di ottenere finanziamenti: le SRLS possono accedere a finanziamenti e agevolazioni fiscali destinati alle nuove imprese, come ad esempio il credito d’imposta per l’acquisto di beni strumentali o il superammortamento.
  • Tassazione ordinaria: le SRLS sono soggette alla tassazione ordinaria, come le altre società a responsabilità limitata, con l’applicazione dell’IRPEF per i soci e dell’IRES e dell’Iva per la società. Ciò le rende più convenienti rispetto ad altre forme societarie, come ad esempio le società per azioni, che sono soggette a tassazione più elevata.

Tracciabilità pagamenti e riduzione dei termini di accertamento

La tracciabilità pagamenti è un argomento sempre attuale e di grandissima importanza per tutti gli imprenditori e i professionisti. Grazie all’articolo 3 del D. Lgs n° 127/2015 è possibile ottenere delle discrete agevolazioni fiscali se pagamenti e incassi sopra i 500€ sono tracciati. Vediamo allora di capire come, quando e a chi si applicano queste agevolazioni

Tracciabilità pagamenti e accertamenti

Attualmente i termini di accertamento per pagamenti e incassi su lavoro autonomo e imprese corrisponde al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione delle dichiarazioni dei redditi. A stabilire questa scadenza è l’articolo 43 comma 1 del DPR n° 600/1973.

Adesso, però, è possibile ottenere una riduzione dei termini di accertamento di ben due anni rispetto a quelli ordinari. Quindi, rispettando determinati criteri è possibile una riduzione che equivale al 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione delle dichiarazioni. In altre parole, Agenzia delle Entrate, si impegna a non controllare i cinque anni precedenti, ma solamente tre dal momento della presentazione della dichiarazione, a patto che alcuni requisiti minimi siano rispettati dai contribuenti. Un aspetto molto importante da tenere sicuramente in considerazione durante la propria pianificazione fiscale.

Agenzia delle entrate pagamenti tracciabili

I termini di accertamento IVA e quelli sulle imposte sui redditi hanno scadenza quinquennale. È possibile ridurre questo termini di due anni a patto che tutti i pagamenti effettuati e ricevuti sopra i 500€ siano correttamente tracciati. Questo significa che tutte le operazioni realizzate devono essere documentate tramite fattura elettronica via SdI (Sistema di Interscambio) e/o memorizzate e tramite l’invio dei corrispettivi. I modi stabiliti con il decreto Mef del 4 agosto 2016, devono pertanto essere pienamente rispettati, ivi compreso quello che stabilisce che la regola vale per tutti i pagamenti oltre i 500€ comprensivi di eventuali imposte.

Pagamento tracciato: come deve avvenire

La tracciabilità pagamenti può avvenire effettuando o ricevendo i pagamenti con:

  1. bonifico bancario
  2. bonifico postale
  3. assegno circolare bancario – recante la clausola di non trasferibilità
  4. assegno circolare postale – recante la clausola di non trasferibilità
  5. carta di credito
  6. carta di debito

Tracciabilità pagamenti

I contribuenti che hanno ricevuto o effettuato anche un solo pagamento con metodo diverso da quelli sopra elencati, non possono beneficiare dell’agevolazione fiscale di riduzione dei termini di accertamento. Quindi, basta anche un solo pagamento fatto o ricevuto in contanti, ad esempio, per perdere il diritto all’agevolazione fiscale.

Inoltre, affinché sia possibile usufruire di tale agevolazione, in dichiarazione dei redditi deve essere comunicata l’esistenza dei requisiti. Per farlo è necessario compilare il riquadro RS indicando:

  • RS 136 dei modello redditi PF e SP
  • RS 269 dei modello redditi SC e ENC

Importante barrare correttamente le caselle corrispondenti, pena la perdita del diritto alla riduzione. Infine, per usufruire della riduzione dei termini di accertamento, la dichiarazione dei requisiti deve essere fatta ogni anno.

Agevolazione fiscale: i soggetti beneficiari

L’art.1 del D.Lgs. n. 127/2015 stabilisce i soggetti che possono beneficiare dell’agevolazione fiscale. Ne possono godere i soggetti passivi che emettono esclusivamente fatture elettroniche utilizzando il Sistema di Interscambio. Dal 2020 rientrano in questa categoria anche i commercianti al minuto grazie alla certificazione telematica dei corrispettivi. A conti fatti è possibile far rientrare nella categoria dei beneficiari anche i soggetti sotto regime forfettario.

Accertamento fiscale: i controlli

I soggetti devono essere in grado di provare che tutte le operazioni attive e passive inerenti alla propria attività, sono eseguite esclusivamente con mezzi tracciabili. A seguito di accertamenti fiscali è possibile che i soggetti siano passibili di sanzioni che vanno da un minimo di 250€ a un massimo di 2000€. Sanzioni applicate nel caso di violazione di obblighi informativi, senza contare che perderebbero anche il diritto di poter continuare a beneficiare dell’agevolazione fiscale.

La tracciabilità pagamenti è difficile da garantire, ma non impossibile. Grazie a piattaforme come quella di FatturaPRO.click è possibile automatizzare qualunque operazione attiva o passiva, garantendo così la piena tracciabilità di ogni operazione eseguita nell’ambito della propria attività.

Aprire attività senza soldi: spirito d’iniziativa e propensione al risparmio

Nell’articolo precedente: “Attività da aprire a casa: quali e come” abbiamo visto che oggi esistono moltissime possibilità per sviluppare un’impresa online. Non è sempre necessario avere molti fondi a disposizione per realizzare il proprio business. È infatti possibile anche aprire attività senza soldi, o comunque senza ingenti capitali a disposizione. In alcune circostanze è necessario poter fare affidamento su partner e finanziatori e, senza dubbio, è impossibile rinunciare a un buon business plan per trovare la soluzione migliore all’attività da avviare.

Aprire attività senza soldi puntando alle risorse gratuite

Chi vuole iniziare a fare impresa, ma non possiede notevoli capitali, può (e deve) fare riferimento alle migliaia di risorse gratuite che può trovare online. Il web è ricco di opportunità gratuite da sfruttare. Ad esempio, molte grandi piattaforme permettono di vendere da subito i propri prodotti, potendo così risparmiare sulla realizzazione di un proprio e-commerce. In alternativa è possibile vendere beni, prodotti e servizi direttamente sui Social Media (come Instagram, Pinterest, oppure  TikTok).

Le risorse online gratuite esistono e sono a disposizione di chiunque sappia come sfruttarle. Per saperlo, però, è importante conoscere bene le esigenze del proprio business e stilare un elenco di tutte le reali necessità da soddisfare.

Come aprire un’attività senza soldi: gestione di entrate e uscite

L’onestà paga, anche e soprattutto quella con se stessi. All’inizio aprire un’attività senza soldi non è semplice e pone difronte a molte difficoltà. La differenza è data però dall’onestà di gestione di entrate e uscite. È opportuno essere onesti con se stessi e quantificare in modo corretto le uscite da sostenere. In secondo luogo bisogna calcolare esattamente quando le prime entrate andranno finalmente a coprire le spese iniziali. Solitamente una nuova attività, prima di “ingranare la marcia giusta” e realizzare un vero profitto dal proprio lavoro, impiega circa sei mesi di tempo.

Aprire attività senza soldi

 

Gestire le finanze in modo oculato significa anche saper (e dover) risparmiare. Quindi, anche l’apertura di un conto corrente aziendale deve essere fatto con cognizione di causa, conoscendo approfonditamente il suo costo reale.

Aprire attività commerciale senza soldi: cercare dei finanziatori

Per aprire un’attività senza soldi è importante cercare dei finanziatori disposti a investire sul progetto da realizzare. I primi a cui rivolgersi sono, solitamente, amici e familiari. Le persone più care e vicine al futuro imprenditore, sono anche quelle che, solitamente, sono più predisposte, rispetto agli altri, a partecipare alle idee da sviluppare.

Qualora poi i finanziamenti così ottenuti (o non ottenuti in alcuni casi), non fossero sufficienti per partire con l’attività, le piattaforme di crowdfunding rimangono sempre un’ottima alternativa. Questo sistema permette di coinvolgere molti utenti nella propria idea di business e di parteciparvi attivamente finanziando il progetto, la realizzazione e il commercio.

Rappresentano un’altra grande opportunità gli investitori privati. A differenza dei familiari, degli amici, o delle piattaforme di crowdfunding, chi decide d’investire privatamente in un progetto lo fa perché crede nell’idea proposta e il business plan presentano è solido e accurato. Solitamente investono il proprio denaro e sono loro stessi imprenditori, oppure ex-imprenditori.

Da ultimo, ma non per importanza, citiamo anche i classici istituti di credito ai quali è sempre possibile richiedere un finanziamento per piccole imprese. Per aprire un’attività, bastano, il più delle volte, poche risorse finanziari. 3000€ possono bastare per avviare un’attività senza doversi “indebitare” esageratamente e senza dover sottostare a interessi proibitivi.

Aprire un’attività in proprio senza soldi: conclusioni

Aprire un’attività senza soldi non è certo un’impresa facile, ma nemmeno impossibile. Non esiste un manuale che insegni a fare impresa e partire con una nuova attività. Ogni caso è a se stante e le situazioni cambiano e si evolvono in modo sempre diverso. L’importante è perseverare, andare sempre avanti e credere, fino in fondo, alle proprie idee.

Lavoratori autonomi: Italia vs Europa

Il numero dei lavoratori autonomi in Italia, è il più alto dell’intera comunità europea. Con 5 milioni 39 mila lavoratori autonomi, l’Italia è il Paese europeo con il più alto numero di occupati in proprio. All’interno dell’Europa costituisce, addirittura, il 15,3% del totale nel vecchio continente. Si tratta di un dato forte e importante che costituisce addirittura il 21,7% dell’occupazione in Italia. Professionisti, imprenditori, artigiani, ma anche consulenti e freelance, riders e nuovi lavori della gig economy sono un universo ampio ed eterogeneo che contribuisce alla prosperità del Bel Paese. Aprire una partita IVA, però, non è però un’operazione sempre facile e priva di ostacoli. Nove autonomi su 10 lamentano difficoltà talvolta insormontabili, per lo svolgimento della propria attività.

Chi sono i lavoratori autonomi

Volendo riportare qualche dato significativo, i lavoratori autonomi in Italia si distinguono tra:

  • 12,3% manager o titolari di aziende
  • 20,4% professionisti ad alta qualificazione
  • 17,1% figure tecniche
  • 18,3% addetti alle vendite
  • 16,7% piccoli artigiani e commercianti

I settori nei quali i lavoratori autonomi  operano maggiormente sono quelli legati ad attività di tipo professionale scientifico tecnico (pari al 58,8%) e nel settore immobiliare.

Alcuni recenti dati hanno inoltre stabilito che, in Italia, i lavoratori autonomi risultano essere mediamente più istruiti dei lavoratori dipendenti. Chi sceglie di svolgere un’attività autonoma raramente lo fa perché non trova altre opportunità di lavoro. I soggetti che hanno deciso di aprire partita IVA, l’hanno fatto perché si è presentata loro un’opportunità giusta, oppure per portare avanti un business famigliare già ben avviato.

Lavoro autonomo e lavoro dipendente

Nonostante l’Italia sia un paese di lavoratori autonomi, la propensione a mettersi in proprio, sta diminuendo. Tra il 2009 e il 2018 l’”esercito di lavoratori autonomi” si è notevolmente compresso, scendendo a -5,19%. Di contro, il lavoro dipendente è notevolmente cresciuto. Fare impresa in Italia, è davvero un’impresa (non impossibile, ma spesso molto difficoltosa).

Tra le varie difficoltà che un italiano deve affrontare quando decide di  mettersi in proprio, ci sono:

  1. carico burocratico – che pesa circa il 25,8% sul totale
  2. instabilità degli incarichi e dei committenti – pari al 21,6% contro il 12,3% della media europea. Gli italiani autonomi dichiarano di dover affrontare periodi di non lavoro, perché senza progetti o clienti
  3. ritardo dei pagamenti – il 20,2% degli italiani paga in ritardo, contro l’11,7% della media europea)
  4. difficoltà di accesso ai finanziamenti
  5. impossibilità d’incidere sui prezzi di servizi e prodotti
  6. mancanza di coperture in caso di malattia o infortunio
  7. riduzione demografica della popolazione giovanile
  8. maggiori difficoltà occupazionali di accesso al mercato.

Lavoratori autonomi

Il lavoro autonomo e i suoi vantaggi

Nonostante tutte le difficoltà, il lavoro autonomo presenta sempre e comunque notevoli vantaggi:

  • Organizzazione libera – un lavoratore autonomo ha sempre la possibilità di scegliere dove, quando, quanto e come lavorare. Il lavoro indipendente permette di scegliere solo i progetti ritenuti migliori, più redditizi e appaganti. Ogni attimo della giornata lavorativa può essere stabilito autonomamente. Il ritmo di lavoro è imposto solo dal soggetto stesso e può essere adattato alle proprie esigenze fisiche e mentali. È inoltre possibile definire il proprio carico di lavoro.
  • Un percorso professionale personalizzato – specializzazioni e qualificazioni possono essere apprese e stabilite autonomamente. Il proprio percorso professionale e istruttivo è deciso esclusivamente dal lavoratore autonomo.
  • Un buon reddito – un lavoratore autonomo che abbina ottime capacità professionali e grandi abilità commerciali, ha la possibilità di ottenere guadagni importanti.
  • Vita equilibrata – riuscire a combinare vita privata con vita lavorativa non è mai facile, soprattutto quando si è alle dipendenze di qualcun altro. Lavorare autonomamente, però, consente di fare le proprie scelte per trovare l’equilibrio migliore nella propria vita personale e lavorativa. Ritagliarsi il giusto spazio personale tenendo in considerazione le proprie esigenze senza sacrificare niente e nessuno, non ha davvero prezzo!

Come funziona il reddito di cittadinanza

Ancora oggi sono in molti a chiedersi come funziona il reddito di cittadinanza. Vediamo quindi di capire nel dettaglio cos’è, a chi spetta e come fare per ottenerlo. Si tratta di una novità molto importante in Italia, che ha destato, sin da subito, l’interesse di milioni di cittadini. Uno strumento a sostegno dell’economia che ha l’obiettivo di aiutare le famiglie a reddito più basso, sulla soglia di povertà. È una misura politica che vuole integrare il reddito familiare e aiutare nell’inserimento lavorativo e sociale.

A chi spetta il reddito di cittadinanza

Capire come funziona il reddito di cittadinanza significa anche chi ha diritto a riceverlo. In pratica posso farne richiesta tutti coloro che:

  1. hanno perso il posto di lavoro
  2. non posseggono alcun reddito
  3. posseggono un reddito troppo basso, al di sotto della soglia di povertà

Per poterne fare richiesta occorre che alcuni requisiti siano sempre rispettati. Quindi, i requisiti minimi per inoltrare domanda sono:

  • essere cittadino italiano
  • essere cittadino europeo
  • avere la residenza in Italia da almeno 10 anni, di cui gli ultimi due consecutivi
  • essere cittadino di Paesi terzi con regolare diritto di soggiorno
  • essere un familiare di cittadini italiani o europei con regolare diritto di soggiorno
  • L’ISEE deve avere un valore inferiore a 9360 euro
  • Il proprio patrimonio immobiliare deve avere un valore inferiore a 30.000 euro (esclusa la prima casa di abitazione)
  • Il reddito familiare totale deve essere sempre inferiore a 6000 euro annui

Come richiedere il reddito di cittadinanza

È possibile presentare domanda per richiedere il reddito di cittadinanza:

  • per via telematica dal sito ufficiale
  • presso i CAF
  • consegnandolo a mano presso gli uffici postali a partire dal quinto giorno di ogni mese.

La richiesta per il RDC non ha scadenza e può essere presentata in qualunque momento. Eccezione è fatta da Poste con le quali è possibile inoltrare domanda solo dopo il sesto giorno di ogni mese.

Per fare richiesta basta compilare un apposito modulo che INPS controlla entro cinque giorni lavorativi. A seguito della verifica e in caso di esito positivo, i richiedenti ricevono l’accredito direttamente su un’apposita Carta, denominata Carta del Reddito di Cittadinanza.

Come funziona il reddito di cittadinanza

Come funziona il reddito di cittadinanza e la Carta per ricevere gli accrediti

La Carta del reddito di Cittadinanza è un vero e proprio bancomat di colore giallo, senza alcun nominativo stampigliato sopra e con il logo di Poste italiane e i numeri in rilievo. La carta permette di effettuare un solo prelievo al mese pari a 100 euro per chi vive da solo e di 210 euro per chi ha famiglia. L’importo varia a seconda del numero dei componenti del nucleo familiare. Inoltre permette anche di effettuare un bonifico mensile SEPA per pagare la rata dell’affitto o del muto. Movimenti e saldo sono monitorabili direttamente dal sito ufficiale del Reddito di Cittadinanza. L’Esecutivo ha messo anche a disposizione dei cittadini un numero verde specifico per ottenere informazione, anche sul saldo residuo.

Importo reddito di cittadinanza

Tra le molte cose da conoscere su come funziona il reddito di cittadinanza c’è anche quella dell’importo totale corrisposto per soggetto richiedente. L’importo totale è composto da due diverse parti:

  • integrazione al reddito
  • contributo per l’affitto – pari a 280 € per l’affitto e a 150 € per pagare il muto. Il totale non supera mai i 780 € e i 9360 € annui per i nuclei familiari composti da un unico individuo. Per le famiglie composte da più soggetti il totale mensile è pari a 1638 € e 19,656 € annui. Il calcolo corretto si basa sulla scala di equivalenza. Gli importi sono erogati a partire dal mese successivo a quello di richiesta.

Richiesta reddito di cittadinanza: Patto per il lavoro e quella del Patto per l’inclusione sociale

Per fare domanda di RDC è necessario sottoscrivere e accettare:

  • Patto per il lavoro – i beneficiari sono automaticamente inseriti in un piano per il collocamento a livello lavorativo. Il patto prevede che per richiedere e continuare ad accettare il RDC debbano accettare almeno uno dei lavori proposti in ambito di collocamento.
  • Patto per l’inclusione sociale – il Comune del richiedente si deve attivare per permettere al beneficiario, e alla sua famiglia, di uscire dalla povertà, ricorrendo a tutti i servizi per l’inclusione sociale e lavorativa.

Infine va ricordato che il RDC può essere percepito anche da chi effettivamente lavora. Se la soglia di guadagno mensile è inferiore a 780 €, il RDC serve a integrarne il compenso per raggiungere tale soglia. I soggetti che hanno presentato domanda e iniziano a lavorare hanno tempo 30 giorni per comunicarlo ad INPS. Coloro che si licenziano non hanno più diritto al reddito di cittadinanza, né loro, né i suoi familiari (eccezione fatta per ragioni di giusta causa).

Rilevare un’ attività già avviata: conviene?

Rilevare un’attività già avviata non è uno scherzo. Si tratta di una decisione che deve essere ponderata sotto molti aspetti. Non è detto che per diventare imprenditori sia necessario partire obbligatoriamente da zero, ma se l’intenzione è quella di farsi carico di un’impresa già in essere, allora bisogna prestare la massima attenzione. Rilevare una precedente attività può valere per moltissime diverse tipologie d’imprese: bar, ristoranti, negozi e qualunque altra società e attività generica. I rischi sono sempre in agguato dietro l’angolo, quindi, prima d’intraprendere questa strada è giusto considerare tutti i pro e tutti i contro.

Rilevare un’ attività già avviata: i vantaggi

Rilevare un’impresa preesistente conta dei vantaggi, commerciali, strategici ed economici:

  1. acquisire una clientela fidelizzata
  2. implementare un know-how consolidato
  3. tempi di ritorno sull’investimento sostenuto, molto ridotti
  4. beneficiare di una posizione sul mercato già esistente
  5. avere da subito ben chiara l’idea del proprio giro d’affari
  6. ridurre il rischio d’impresa
  7. ridurre i tempi di avviamento

Un’attività ceduta lascia, però, adito a pensare che dietro possano esserci problemi e magagne. Non sempre è così. Ci sono tantissimi motivi per cui un imprenditore potrebbe decidere di chiudere partita Iva e/o dedicarsi ad altro nella propria vita. Qualche volta. Capita che il business di una vita possa entrare in conflitto con altri aspetti della vita di una persona (familiari, affetti, passioni, ecc…). In altri casi, invece, alcune persone possono semplicemente decidere di cambiare mestiere, lasciando tutto quello che hanno sempre fatto nella vita e andando a vivere da un’altra parte facendo un altro lavoro.

L’importante è stare molto attenti e valutare approfonditamente la situazione economica e finanziaria di un’impresa ceduta.

Rilevare un’ attività già avviata

Rilevare un’attività commerciale: gli svantaggi

Nel momento in cui un’azienda è rilevata, si acquisiscono i suo prodotti/servizi e la sua clientela. Un’operazione molto spesso sottovalutata, ma che presenta anche notevoli rischi e svantaggi:

  1. rischi economici visibili unicamente in seconda analisi
  2. prodotti venduti incompatibili con la nuova filosofia imprenditoriale
  3. clientela legata eccessivamente alla precedente conduzione
  4. collaboratori e fornitori in disarmonia con la nuova impresa
  5. processi non funzionai a seguito della partenza della persona cedente
  6. immagine negativa
  7. grado di notorietà molto basso o comunque non altezza delle prospettive
  8. necessità d’investimenti cospicui per sostituire e/o modernizzare le infrastrutture rilevate riconosciuti solo dopo la fase iniziale di valutazione
  9. difficoltà da parte del personale/clienti ad accettare la nuova gestione, con un crescente malcontento che può portare a provocare problemi di accettazione diffusi.

Come rilevare un’attività già avviata: fattori da valutare

Prima d’intraprendere questa impresa, è necessario interrogarsi a fondo sul progetto da realizzare. I fattori da valutare sono:

  • Posizione – la collocazione dell’attività da rilevare è importante, soprattutto se esistono limiti spaziali da rispettare. In caso contrario è comunque giusto tener conto della posizione di un’attività in ottica di commercio e guadagni, se si trova vicino a papabili nuovi clienti, o se è circondata dalla concorrenza.
  • Dimensione – esiste una sostanziale differenza tra rilevare una “bottega” piuttosto che una “multinazionale”. Ognuno deve quindi fare i conti con le reali disponibilità e con quello che vuole diventi il proprio stile di vita e obiettivo di business.
  • Settore – in tutti i settori conta l’esperienza, quindi è logico pensare che rilevare un’attività già avviata sia più semplice se fatto all’interno di una categoria già conosciuta.
  • Stile di vita – anche in questo caso ognuno deve calcolare ciò che è disposto a fare, non fare oppure a sacrificare, prima di decidere in cosa “imbarcarsi”.

Come rilevare un’attività commerciale: fondi e finanziamenti

Ogni attività richiede un budget. Che si tratti di una nuova impresa, piuttosto che di una già avviata, il denaro è sempre necessario. Esistono diversi metodi per ottenere finanziamenti esterni:

  • Finanziamento bancario – il più classico dei metodi esistenti. Gli istituti bancari sono sempre ben disposti a finanziare attività già avviate, in buona salute e con tutte le garanzie richieste.
  • Seller financing (finanziamento da parte del venditore) – il venditore, qualche volta, accetta di un pagamento dilazionato della vendita dell’attività come forma d’investimento nella stessa.
  • Business Angel o Venture Capital – finanziatori esterni disposti a instaurare un rapporto di partnership. Loro mettono il capitale, mentre l’acquirente si occupa di farlo fruttare.

Oltre a tutto questo esistono anche diverse agevolazioni imprese stanziate dal Governo, come, ad esempio il Fondo Impresa Donna che possono essere determinanti per far funzionare al meglio un’attività rilevata.

Costo conto corrente: tariffe e prezzi medi nel 2022

Il costo conto corrente per un privato, o azienda, è un dato non trascurabile al giorno d’oggi. Il conto corrente, infatti, è uno strumento di assoluta importanza per chiunque abbia necessità di gestire i propri risparmi. Fino a qualche anno fa, i conti correnti remuneravano con alti tassi d’interesse. Una caratteristica passata ai conti deposito. Sono comunque validi strumenti di lavoro con i quali è possibile ricevere ed effettuare pagamenti, ricevere l’accredito di stipendi e pensioni, effettuare pagamenti MAV, RAV ed F24. Nella maggior parte dei casi, inoltre, comprendono anche carta di debito per eseguire transazioni, prelievi, pagamenti online e possono essere perfezionati con carte di credito. I conti più innovativi dispongono, infine, di piattaforme che consentono il trading online per investire anche in criptovalute e altri genere di asset.

Quanto costa aprire il conto

Di norma un conto corrente non costa nulla. L’apertura richiede una serie di documenti da presentare presso l’Istituto bancario di riferimento:

  • documento d’identità
  • il codice fiscale

Oggi sono previste molteplici offerte vantaggiose per aprire un conto corrente, accessibili semplicemente rispettando alcune richieste come, ad esempio, l’accredito di uno stipendio, oppure della pensione. Al titolare è richiesto di non avere fallimenti alle spalle, di non essere protestato e di avere più di diciotto anni di età. Il costo conto corrente comunque varia da banca a banca, o a seconda che si tratti delle Poste. Ogni anno i prezzi sono aggiornati in base alle richieste e all’andamento generale del mercato, oltre che alle condizioni richieste dall’Istituto bancario stesso.

Costo conto corrente: il canone mensile

Privati, professionisti e aziende devono tenere conto del costo del canone mensile di ciascun conto corrente. Se aprire un conto non costa di solito nulla, mantenerlo attivo invece richiede un pagamento. L’importo è chiamato canone e la maggior parte dei conti online è di solito indicato come a “zero spese”. È necessario tuttavia fare molta attenzione alle voci dei costi nascosti. Ad esempio, spesso, sono richiesti pagamenti per effettuare bonifici o ricevere denaro sotto una determinata soglia.

In generale i costi possono essere ordinari, oppure a pacchetto. Nel primo caso sono richiesti e addebitati ogni qualvolta è effettuata una certa operazione. Nel secondo caso, invece, l’importo del costo è addebitato una volta sola e metta a disposizione una serie limitata di operazioni comprese nel prezzo pagato.

Costo conto corrente

Indicatore Sintetico di Costo

ISC è l’acronimo dell’Indicatore Sintetico di Costo. Si tratta di un indice che serve a segnalare il costo conto corrente complessivo a seconda della categoria di utenti che utilizzano il servizio bancario. L’indice è obbligatoriamente indicato nel contratto del conto corrente perché la banca è tenuta per legge a farlo conoscere al sottoscrittore. È la Banca d’Italia a stabilire che l’ISC deve sempre essere comunicato, per una maggiore trasparenza delle comunicazioni ai consumatori.

L’Indicatore sintetico di costo è ottenuto dalla somma dei costi annuali, fissi e variabili, relativi al conto corrente. ISC varia in base alle categorie di utilizzo dei conti correnti. Banca d’Italia ne ha individuate sei:

  1. giovani
  2. famiglie con bassa, media ed elevata operatività (ovvero il numero di operazioni effettuate con il conto)
  3. pensionati, con bassa o media operatività.

L’indice è un mezzo utile ai correntisti per rendersi immediatamente conto di quanto costa un determinato conto corrente. Solo con questo dato è infatti possibile raffrontare i costi dei vari conti correnti senza dover per forza calcolare il costo di ogni singola operazione, dal prelievo al bonifico, dall’estratto conto cartaceo fino alla penale per lo smarrimento della carta di credito.

Costo conto corrente aziendale: qual è la soluzione migliore

Per le aziende il costo conto corrente è una voce particolarmente importante nell’amministrazione e nella gestione della propria attività. Molte imprese scelgono come soluzione definitiva, i conti correnti online perché:

  • così facendo possono tenere separata la gestione aziendale da quella personale con facilità e immediatezza;
  • l’online fa guadagnare tempo e permette di migliorare le prestazioni lavorative.

Per le aziende esistono soluzioni a “zero spese” e commissioni molto basse. I conti aziendali sono strutturati in modo tale da permettere di:

  • effettuare operazioni a nome dell’azienda
  • gestire incassi in modo facilitato – numerosi conti aziendali offrono la possibilità di accreditare gli incassi del POS direttamente sul conto corrente e si occupano anche della riscossione delle Ri.Ba
  • pagare stipendi e fornitori
  • accendere assicurazioni e/o finanziamenti in modo agevolato.

Infine, un conto corrente aziendale online permette di risparmiare una notevole quantità di tempo, visto che non è necessario recarsi personalmente presso gli sportelli della banca.

Fundraising e innovazione sociale

Oggi, rispetto al passato, è molto più semplice richiedere un finanziamento. Non è sempre necessario ricorrere ai classici istituti bancari, con tassi d’interesse qualche volta, troppo alti. Oggi, esistono infatti delle serie e valide alternative per accedere al credito. Il Fundraising è l’innovazione in campo di finanziamenti e accesso al credito, che permette di raggiungere i propri obiettivi.

Fundraising: cos’è e cosa significa

Il Fundraising è una particolare procedura seguita per riuscire a concretizzare una causa imprenditoriale. Un sistema per mettere insieme capitali a sostegno di progetti aziendali, sociali, ambientali, ecc… Particolarmente utile, ad esempio, nel caso di startup, per le quali la presenza, a volte anche massiccia, di capitali, è sempre richiesta durante tutto il loro intero ciclo di vita.

Fundraising si traduce in italiano in: “raccolta fondi”: fund=fondo e raising=raccolta. In altre parole si tratta dell’insieme di tutte quelle attività, dal marketing alla comunicazione, che servono alle organizzazioni, per raggiungere i propri obiettivi. Sono l’insieme degli strumenti, delle competenze e delle attività, che servono a garantire la sostenibilità dei progetti sociali degli enti non profit, pubblici e privati.

Il grande successo di questa rivoluzionaria forma di accumulo di fondi, si constata anche dai dati ISTAT. L’Istituto, infatti, ha dichiarato che il Fundraising rappresenta, a oggi, un elemento chiave a sostegno delle oltre 300mila organizzazioni no profit italiane, ma anche della Pubblica Amministrazione. Le PA, infatti, sfruttano questo sistema per riuscire a portare a termini diversi in auge con cittadini e imprese. Gli ultimi dati parlano di oltre 540mila addetti che operano a favore di cinque milioni di beneficiari, generando un  valore della produzione che supera i dieci miliardi di euro.

Fundraising: strategie mirate e personalizzate

  1. A. Rosso e Associates in Achieving excellence in fundraising descrivono questa nuova pratica come:

“… La scienza della sostenibilità finanziaria di una causa sociale. Esso è un mezzo e non un fine. Pertanto, è una conseguenza degli obiettivi e dei benefici sociali che un’organizzazione intende raggiungere. Esso dipende anche dalla cultura filantropica e dalla donazione che accomuna un’organizzazione con l’ambiente nel quale opera”.

Rientrano, quindi, in questa descrizione:

  • acquisizione di denaro per un’organizzazione no profit
  • raccolta di denaro per persone bisognose
  • finanziamento di un progetto d’interesse comune

Fundraising

Si tratta di scopi e obiettivi comuni. Il Fundraising non è fatto per realizzare progetti privati, personali o di aziende orientate al profitto. Lo spirito filantropico è un aspetto cardine di questa particolare tipologia di finanziamento. L’organizzazione e i donatori devono quindi condividere la stessa etica, gli stessi valori sociali e morali.

Fundraising e crowdfunding non sono la stessa cosa. Nel crowdfunding la raccolta fondi è demandata a specifiche piattaforme online, come ad esempio Indiegogo, Kickstarter e Produzioni dal Basso. Mentre nel Fundraising diventa di assoluta importanza la figura del Fundraiser.

Fundraiser: chi è e cosa fa

Il Fundraiser, o fundraising manager è un soggetto incaricato di muoversi per sviluppare e attuare le strategie di marketing e comunicazione, atte alla raccolta dei fondi. Può essere un dipendente stipendiato direttamente dall’associazione no profit, oppure lavorare gratuitamente alla causa.

Tra i compiti che deve svolgere ci sono:

  • amministrazione delle attività di raccolta fondi
  • ricerca di nuovi donatori
  • archiviazione dei dati raccolti
  • proporre programmi per la raccolta fondi
  • preparazione di vere e proprie strategie d’azione
  • essere il portavoce e il coordinatore di tutti i volontari.

Una figura assolutamente fondamentale per l’ottima riuscita della raccolta fondi. Un ruolo che richiede competenze specifiche e il conseguimento di master dedicati e specializzanti. Spetta sempre al fundraising manager mantenere i rapporti tra enti e donatori, cercando di soddisfare ogni loro richiesta e necessità.

Affinché la raccolta fondi vada per il meglio, il Fundraiser deve rispettare e condividere alla perfezione la visione e la mission dell’organizzazione coinvolta. L’ideologia adottata per ottenere i finanziamenti deve seguire, quindi, i valori dell’organizzazione. Importante l’individuazione dei mercati di riferimento  ai quali rivolgersi per raccogliere i capitali. Infine, è fondamentale anche l’impiego del mezzo più adatto allo scopo per ottenere le donazioni desiderate. Anche l’amministrazione, vale a dire l’analisi dei costi e dei ricavi, rientra tra le competenze del Fundraiser.

Agevolazioni imprese: cosa prevede il Decreto attuativo

Il 2 febbraio 2022 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto del Mise del 19-11-2021. Il DM stabilisce le disposizioni per l’attuazione dell’art. 1 relativo ai commi dal 109 al 112 della Legge di bilancio 2021. In particolare riguarda le agevolazioni imprese creative, sia piccole che medie, e individua la ripartizione della dotazione finanziaria del Fondo.

Agevolazioni nuove imprese: cosa stabilisce il decreto

Il decreto attuativo, in merito al Fondo per piccole e medie imprese creative, ha individuato:

  • ripartizione finanziaria del Fondo
  • codici Ateco per le imprese del settore creativo
  • modalità e criteri di concessione delle agevolazioni imprese
  • iniziative ammissibili alle forme di aiuto
  • ulteriori forme d’intervento del Fondo

La disciplina del decreto

In modo particolare il Decreto attuativo, suddiviso in diversi capitoli, stabilisce la disciplina inerente alla creazione, lo sviluppo, la dotazione finanziaria e l’acquisizione di servizi specialistici delle imprese creative.

Al Capo II troviamo, infatti, la normativa relativa alla nascita, allo sviluppo e al consolidamento delle imprese creative in relazione ai programmi di:

  • investimento da parte delle singole imprese creative
  • investimento da parte d’imprese creative in collaborazioni con altre imprese creative e non
  • investimenti nel capitale di rischio delle imprese creative, a beneficio esclusivo di quelle che costituiscono start-up innovative e PMI innovative

Al Capo III invece è normata la situazione relativa ai voucher per l’acquisizione dei servizi specialistici erogati da imprese creative. Inoltre sono presi in considerazione gli interventi per la promozione della collaborazione tra imprese creative e soggetti operanti in altri settori, sostenendo l’acquisizione di servizi specialistici.

Capo IV, analizza tutte le modalità di agevolazioni imprese relative ai paragrafi precedenti.

Al Capo V, infine, sono normate altre formule di sostegno all’intero sistema imprenditoriale creativo.

Agevolazioni imprese: la ripartizione della dotazione finanziaria

La dotazione finanziaria prevista dal Fondo per ciascun anno, 2021 e 2022, ammonta a 20 milioni di euro. La ripartizione prevista è la seguente:

  • 28.000.000,00 euro per ogni intervento previsto al Capo II
  • 10.000.000,00 euro per gli interventi relativi al Capo III
  • 2.000.000,00 euro per i sistemi previsti al Capo V

La concessione dell’erogazione dei fondi è quindi subordinata a un’accettazione preventiva sottoposta a una procedura valutativa con procedimento a sportello.

Per ottenere le agevolazioni imprese previste al Capo II e III, le domande devono essere inoltrate seguendo le regole stabilite da diversi provvedimenti del Ministero. Regole che prevedono, eventuali concorsi finanziari delle regioni, specifici ambiti settoriali, di filiera o tecnologici.

I finanziamenti agevolati imprese sono gestiti direttamente dall’Agenzia per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.a., Invitalia.

Agevolazioni imprese

Impresa Creativa: definizione

Il Decreto Ministeriale definisce impresa creativa:

“l’impresa operante nel settore creativo la cui attività, come risultante dal registro delle imprese, è individuata da uno dei codici ATECO elencati all’allegato 1”

Per meglio capire e identificare tale imprese, riportiamo anche alcuni codici Ateco dell’elenco proposto nel Decreto:

  • 15.12.09 Fabbricazione di altri articoli da viaggio, borse e simili, pelletteria e selleria
  • 16.10.00 Taglio e piallatura del legno
  •  16.2 Fabbricazione di prodotti in legno, sughero, paglia e materiali da intreccio
  • 16.29.19 Fabbricazione di altri prodotti vari in legno (esclusi i mobili)
  • 16.29.20 Fabbricazione dei prodotti della lavorazione del sughero
  •  16.29.30 Fabbricazione di articoli in paglia e materiali da intreccio
  •  16.29.40 Laboratori di corniciai
  • 17.29 Fabbricazione di altri articoli di carta e cartone
  • 18.1 Stampa e servizi connessi alla stampa
  • 18.13 Lavorazioni preliminari alla stampa e ai media
  • 18.14 Legatoria e servizi connessi
  •  18.20 Stampa e riproduzione di supporti registrati
  • 23.19.20 Lavorazione di vetro a mano e a soffio artistico
  •  23.41.00 Fabbricazione di prodotti in ceramica per usi domestici e ornamentali
  • 23.49.00 Fabbricazione di altri prodotti in ceramica

Per l’elenco completo è possibile consultare il seguente link.

Gli incentivi per le piccole e medie imprese sono, ormai, all’ordine del giorno e la classe politica prende sempre in seria considerazione tali misure, anche per fini propagandistici. In particolare, come abbiamo potuto vedere con questo Decreto attuativo, i settori maggiormente interessati dalle agevolazioni, sono proprio quelli relativi all’innovazione tecnologica. Un campo diventato quindi indispensabile ed essenziale per l’intera struttura socio-economica del paese.

IVA prima casa: AdE chiarisce le novità per gli under 36

Nell’articolo precedente: “Esenzione iva per i servizi anti Covid” abbiamo visto come la Legge di Bilancio 2021 avesse introdotto delle importanti novità in materia di esenzione iva per i servizi anti Covid-19. Oggi, vogliamo invece affrontare un altro importante argomento che riguarda l’IVA prima casa e le novità previste dalla nuova Legge di bilancio 2022. Novità che riguardano l’acquisto della prima casa da parte degli under 36. Il decreto sostegni bis ha introdotto delle agevolazioni relative all’imposta sul valore aggiunto nel caso di compravendite d’immobili. La Legge di Bilancio 2022 ha previsto che, per gli atti soggetti a IVA, il credito d’imposta sia dello stesso importo del tributo corrisposto. Agenzia delle Entrate chiarisce l’argomento con la circolare numero 3 del 4 febbraio.

IVA prima casa: contenuto della circolare numero 3 del 4 Febbraio

La circolare numero 3 del 4 febbraio 2022 ha chiarito alcuni importanti argomenti, quale, ad esempio, l’IVA prima casa under 36. Il documento riassume brevemente il contenuto della Legge di Bilancio 2022. È poi prevista un’IVA agevolata e ridotta al 5% sulle forniture gas metano destinato a usi civili e industriali, per i primi tre mesi dell’anno in corso (2022).

Senza contare che la circolare riporta anche chiarimenti sulle novità per quanto riguarda la sospensione dei versamenti delle imposte dovute dagli enti sportivi (come abbiamo visto nell’articolo: “LIPE: istruzioni di compilazione per il 2022”) e l’applicazione dell’IVA al 5% sulla vendita degli assorbenti e, infine, delucidazioni sull’imposta di bollo.

Quello che interessa, con questo articolo, è prendere in esame le agevolazioni acquisto prima casa per i giovani sotto i 36 anni. Anche questa novità è introdotta dal decreto Sostegni Bis.

Bonus prima casa

La Legge di Bilancio 2022 ha prorogato fino al 31 dicembre 2022 il bonus prima casa. In sostanza questo prevede che i giovani sotto i 36 anni di età, con un ISEE non superiore ai 40.000€, possono acquistare la prima casa sfruttando le agevolazioni previste dal decreto.

È il punto 3.2 a trattare l’argomento: “Proroga agevolazioni prima casa under 36 (comma 151)”

IVA prima casa

IVA prima casa: cosa prevede il bonus nello specifico

L’articolo 1 al comma 151 della Legge di Bilancio, prevede la proroga delle agevolazioni sull’acquisto prima casa da parte dei giovani under 36. Per accedere al bonus e usufruire delle agevolazioni, i requisiti da rispettare sono sempre gli stessi:

  1. non avere ancora compiuto i 36 anni di età nell’anno in cui l’atto di compravendita è rogitato
  2. avere un ISEE non superiore ai 40.000€ annui
  3. la compravendita deve riguardare solo l’acquisto della prima casa
  4. l’atto deve quindi rispettare quanto previsto nelle condizioni indicate dalla Nota II-bis all’articolo 1 della Tariffa, parte I, allegata al TUR, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131.

In alternativa all’esenzione è prevista un’agevolazione anche per gli atti soggetti a IVA. Questo vale al momento del rogito per il pagamento dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale.

Per essere più chiari, i soggetti hanno diritto a un credito d’imposta pari all’ammontare del tributo corrisposto in relazione all’acquisto. La circolare numero 3 del 4 febbraio 2022 specifica inoltre:

“Tale credito può essere portato in diminuzione dalle imposte di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni dovute per successivi atti e denunce ovvero dalle imposte sui redditi delle persone fisiche risultanti dalla dichiarazione presentata dopo il perfezionamento dell’acquisto oppure in compensazione tramite F24.”

È prevista anche l’esenzione dell’imposta sostitutiva ex articolo 18 del DPR numero 601 del 1973, per i finanziamenti erogati per l’acquisto, costruzione e ristrutturazione dell’immobile a uso abitativo. Per quanto riguarda i requisiti, si tratta sempre dei medesimi che devono essere rispettati.