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Costi fissi e variabili: gestire al meglio la propria azienda

Valutare correttamente costi fissi e variabili di un’impresa, è alla base di una corretta gestione aziendale. Conoscere e saper gestire al meglio i costi risulta di fondamentale importanza in fase di pianificazione imprenditoriale. L’amministrazione delle uscite, se adeguata, po’ incrementare sensibilmente il fatturato. Sul rapporto tra uscite fisse e variabili è possibile studiare una strategia di business valida e redditizia. Quando si decide di aprire una partita IVA e fare impresa è quindi importante conoscere cosa sono, come si distinguono e come possono essere ottimizzati per massimizzare l’aumento di fatturato.

Costi fissi

Si tratta dei costi che non subiscono alterazioni al variare della produzione. In altre parole, un imprenditore deve sostenere un costo fisso anche quando il fatturato è pari a zero. I costi fissi rimangono quindi costanti al variare delle quantità prodotte o vendite (vale a dire in base al volume dell’attività). Rientrano in questa categoria le spese come: affitto di spazi commerciali, parcelle di commercialisti e avvocati, canone di software, costo conto corrente, ecc…

All’interno della macro categoria di costi fissi troviamo delle spese che presentano vincoli e rigidità diverse tra loro:

  • Costi fissi impegnati – fanno riferimento a tutti quei fattori produttivi necessari a garantire una minima produzione. I fattori produttivi, ricordiamo, sono elementi indispensabili alla produzione di beni e servizi. I fissi impegnati non possono, solitamente, essere ridotti in un breve lasso di tempo (come ad esempio in un anno di vita dell’attività). Rientrano in questa sotto categoria: ammortamento e leasing su macchinari, costo dello spazio produttivo, commercialista, ecc…
  • Costi fissi discrezionali – si tratta di spese variabili in base a scelte discrezionali per soddisfare diverse esigenze aziendali. Variano in base alle priorità, alla sostenibilità economica e al periodo finanziario. Non dipendendo dalle quantità prodotte o vendute, sono comunque considerati costi fissi. Ne sono un esempio: costi di marketing e comunicazione, costi di formazione e team building e progetti di ricerca & sviluppo.

Costi fissi e variabili

Costi variabili

Il totale complessivo dei variabili, muta in base alle quantità di beni e servizi prodotti o vendute. I costi variabili risultano a zero quando non c’è produzione e aumentano proporzionalmente ai volumi prodotti. Anche in questo caso la macro categoria di variabili trova una ripartizione in:

  • Lineari – si tratta di costi variabili unitari che rimangono costanti
  • Digressivi – diminuiscono all’aumentare delle quantità di beni e servizi prodotti. Tendono ad aumentare in maniera inversamente proporzionale al variare dei volumi prodotti.
  • Progressivi – aumentano quando le quantità di beni e servizi prodotti o venduti, crescono. Di conseguenza si tratta di costi che aumentano in modo direttamente proporzionale al variare dei volumi prodotti.

Costi fissi e variali = costo totale

Dalla somma dei costi fissi e variabili si ottiene il costo totale. Il totale varia di anno in anno, a causa dei costi variabili che aumentano all’aumentare delle quantità prodotte o vendute. L’analisi dei vari costi aziendali (fissi, variabili e totali) è imperativa per la gestione aziendale, la pianificazione amministrativa e la programmazione strategica di base.

Suddividere correttamente i costi permette analisi approfondite, come quella del calcolo del punto di atterraggio (Break-Even Point – quantità di ricavi necessari a coprire la totalità dei costi aziendali). Un controllo di gestione attento e strutturato, con business plan completi e soddisfacenti, aiuta a portare avanti al meglio la propria attività.

L’analisi di costi fissi e variabili è semplice e comprensibile a tutti gli imprenditori, anche quelli meno esperti in materia. È indispensabile anche per calcolare il margine di contribuzione (differenza tra il prezzo di vendita unitario e il costo variabile unitario) e la leva operativa (che misura il grado di rischio e le opportunità collegate alle variazioni dei ricavi di vendita).

Lavoratori autonomi: Italia vs Europa

Il numero dei lavoratori autonomi in Italia, è il più alto dell’intera comunità europea. Con 5 milioni 39 mila lavoratori autonomi, l’Italia è il Paese europeo con il più alto numero di occupati in proprio. All’interno dell’Europa costituisce, addirittura, il 15,3% del totale nel vecchio continente. Si tratta di un dato forte e importante che costituisce addirittura il 21,7% dell’occupazione in Italia. Professionisti, imprenditori, artigiani, ma anche consulenti e freelance, riders e nuovi lavori della gig economy sono un universo ampio ed eterogeneo che contribuisce alla prosperità del Bel Paese. Aprire una partita IVA, però, non è però un’operazione sempre facile e priva di ostacoli. Nove autonomi su 10 lamentano difficoltà talvolta insormontabili, per lo svolgimento della propria attività.

Chi sono i lavoratori autonomi

Volendo riportare qualche dato significativo, i lavoratori autonomi in Italia si distinguono tra:

  • 12,3% manager o titolari di aziende
  • 20,4% professionisti ad alta qualificazione
  • 17,1% figure tecniche
  • 18,3% addetti alle vendite
  • 16,7% piccoli artigiani e commercianti

I settori nei quali i lavoratori autonomi  operano maggiormente sono quelli legati ad attività di tipo professionale scientifico tecnico (pari al 58,8%) e nel settore immobiliare.

Alcuni recenti dati hanno inoltre stabilito che, in Italia, i lavoratori autonomi risultano essere mediamente più istruiti dei lavoratori dipendenti. Chi sceglie di svolgere un’attività autonoma raramente lo fa perché non trova altre opportunità di lavoro. I soggetti che hanno deciso di aprire partita IVA, l’hanno fatto perché si è presentata loro un’opportunità giusta, oppure per portare avanti un business famigliare già ben avviato.

Lavoro autonomo e lavoro dipendente

Nonostante l’Italia sia un paese di lavoratori autonomi, la propensione a mettersi in proprio, sta diminuendo. Tra il 2009 e il 2018 l’”esercito di lavoratori autonomi” si è notevolmente compresso, scendendo a -5,19%. Di contro, il lavoro dipendente è notevolmente cresciuto. Fare impresa in Italia, è davvero un’impresa (non impossibile, ma spesso molto difficoltosa).

Tra le varie difficoltà che un italiano deve affrontare quando decide di  mettersi in proprio, ci sono:

  1. carico burocratico – che pesa circa il 25,8% sul totale
  2. instabilità degli incarichi e dei committenti – pari al 21,6% contro il 12,3% della media europea. Gli italiani autonomi dichiarano di dover affrontare periodi di non lavoro, perché senza progetti o clienti
  3. ritardo dei pagamenti – il 20,2% degli italiani paga in ritardo, contro l’11,7% della media europea)
  4. difficoltà di accesso ai finanziamenti
  5. impossibilità d’incidere sui prezzi di servizi e prodotti
  6. mancanza di coperture in caso di malattia o infortunio
  7. riduzione demografica della popolazione giovanile
  8. maggiori difficoltà occupazionali di accesso al mercato.

Lavoratori autonomi

Il lavoro autonomo e i suoi vantaggi

Nonostante tutte le difficoltà, il lavoro autonomo presenta sempre e comunque notevoli vantaggi:

  • Organizzazione libera – un lavoratore autonomo ha sempre la possibilità di scegliere dove, quando, quanto e come lavorare. Il lavoro indipendente permette di scegliere solo i progetti ritenuti migliori, più redditizi e appaganti. Ogni attimo della giornata lavorativa può essere stabilito autonomamente. Il ritmo di lavoro è imposto solo dal soggetto stesso e può essere adattato alle proprie esigenze fisiche e mentali. È inoltre possibile definire il proprio carico di lavoro.
  • Un percorso professionale personalizzato – specializzazioni e qualificazioni possono essere apprese e stabilite autonomamente. Il proprio percorso professionale e istruttivo è deciso esclusivamente dal lavoratore autonomo.
  • Un buon reddito – un lavoratore autonomo che abbina ottime capacità professionali e grandi abilità commerciali, ha la possibilità di ottenere guadagni importanti.
  • Vita equilibrata – riuscire a combinare vita privata con vita lavorativa non è mai facile, soprattutto quando si è alle dipendenze di qualcun altro. Lavorare autonomamente, però, consente di fare le proprie scelte per trovare l’equilibrio migliore nella propria vita personale e lavorativa. Ritagliarsi il giusto spazio personale tenendo in considerazione le proprie esigenze senza sacrificare niente e nessuno, non ha davvero prezzo!

Incubatore Startup: cosa sono e quali sono i migliori in Italia

Un incubatore startup è un ente con lo scopo di supportare le startup innovative durante il processo di avvio in cambio di una partecipazione societaria. Avere un’idea innovativa non è sufficiente a far decollare una nuova startup. Ciò che serve è capacità e tecnica dei fondatori, ma soprattutto un iniziale concreto supporto finanziario e pratico. Gli incubatori, infatti, non mettono a disposizione solo il denaro per sviluppare le idee, ma anche mezzi, servizi, spazi e personale qualificato. Una vasta gamma di risorse fondamentali nelle prime fasi di sviluppo di una nuova attività.

Incubatore Startup: quando è nata l’idea

Si parla d’incubatore di startup per la prima volta negli USA nel lontano 1959. Tutto ha avuto inizio con la Batavia Industrial Center in Batavia, fondata da Joseph Mancuso. Da quel momento in poi l’idea si evolve e trova ampio accoglimento nella fiorente società capitalista americana.

Ed è proprio in America che gli incubatori riscuotono il maggior successo mondiale. Negli Stati Uniti si contano il maggior numero d’imprese incubate che hanno registrato, nel corso del tempo, successo senza precedenti. Gli USA segnano circa l’87% di startup incubate, ma anche l’Italia non è da meno. Anche se arrivato in ritardo, il fenomeno degli incubatori ha trovato terreno fertile in un paese dove sempre più persone decidono di aprire una partita IVA e iniziare subito a fare impresa. Oggi si contano circa 162 strutture con un fatturato di oltre 183 milioni di euro che fungono da incubatori di startup innovative.

Startup Incubatore: tutti i servizi offerti

La Commissione Europea ha definito gli incubatori nel documento “The smart guide of innovation”. Sono definiti come luoghi all’interno dei quali tutti i nuovi imprenditori possono trovare strutture, servizi e conoscenze necessarie per sviluppare le proprie idee di business, adatte ai loro bisogni e utili per la creazione di realtà sostenibili.

Gli incubatori però non sono dei Centri di Ricerca, né tanto meno dei Parchi Tecnologici. Le tre cose non vanno confuse tra loro perché parchi e centri non offrono alle startup alcuna tipologia di servizio alle loro idee.

Gli incubatori, invece, mettono a disposizione dei veri e propri spazi fisici, dove è possibile organizzare eventi e programmi di mentorship, a sostegno delle attività delle startup che avviano le proprie iniziative. Tra i molteplici servizi offerti ricordiamo:

  • attività di networking
  • attività di ricerca
  • servizi di marketing
  • disponibilità di rete internet con accesso riservato/pubblico veloce
  • servizi per la gestione contabile e finanziaria
  • accesso a prestiti bancari
  • fondi di garanzia per le PMI
  • accesso a bandi e incentivi di varia natura
  • supporto nella preparazione delle presentazioni pitch e di altri documenti
  • collegamenti con partner strategici
  • accesso a angel investor o venture capital;
  • consulenza mentor startup per ogni decisione da prendere
  • consulenza strategica (dalla redazione del business plan fino all’individuazione del team di lavoro)
  • aiuto per servizi legali e gestione di proprietà intellettuale

Incubatore Startup

Incubator accelerator startup: i vantaggi

Le startup che decidono di rivolgersi a un incubatore possono usufruire di moltissimi vantaggi:

  • assistenza costante e qualificata
  • disporre di spazi già attrezzati con tutti gli strumenti utili a svolgere la propria attività
  • essere messi in collegamento con tante altre realtà che possono aiutare a sviluppare e migliorare le proprie idee creative
  • ridurre tutti i costi di gestione, marketing, ricerca, sviluppo e segreteria
  • possibilità di entrare in contatto con nuovi potenziali clienti
  • ingrandire il proprio network di partners e investitori

Best startup incubators

In Italia ci sono circa 171 incubatori, di cui il 64,2% sono privati, il 13,9% pubblici e il restante 21% ibridi. Circa il 60% sono distribuiti nelle regioni del Nord Italia in particolare in Lombardia e in Toscana. Tra i più importanti e attivi ricordiamo:

  1. PoliHub – incubatore universitario del Politecnico di Milano gestito dalla Fondazione Politecnico di Milano.
  2. I3P – incubatore di startup del Politecnico di Torino.
  3. H-FARM – si tratta di uno dei migliori centri d’innovazione a livello europeo. Nato nel 2005 ha sede a Treviso.
  4. Impact Hub Milano – rivolto soprattutto a tutte quelle startup innovative che hanno come scopo l’impatto della società sull’ambiente.
  5. Nana Bianca – l’incubatore è nato nel 2012 per opera di Paolo Barberis. Ha sede a Firenze ed è una Startup Studio al centro della cultura digitale italiana.
  6. FabriQ – nato per le startup sociali del Comune di Milano è gestito da un’associazione temporanea d’impresa.
  7. Make a Cube – svolge lavoro di consulenza e mette a disposizione spazi di coworking, oltre a programmi di formazione per imprenditori.

Rappresentante fiscale: chi è, cosa fa e fatturazione

Il rappresentante fiscale è nominato per gestire la fatturazione e la contabilità di un’azienda estera che opera in Italia. Quindi, per aprire una partita IVA e iniziare subito a fare impresa serve anche nominare un rappresentate fiscale che possa rappresentare la società di fronte alle autorità, per l’ assolvimento degli obblighi fiscali.

Rappresentante fiscale in Italia

Un’azienda estera per poter operare in Italia deve obbligatoriamente avere un proprio rappresentante fiscale. Il procuratore deve aprire partita IVA come persona giuridica oppure come persona fisica. Solo così facendo, può gestire le operazioni rilevanti ai fini IVA. La partita IVA è obbligatoria a meno che l’azienda non venda bene e servizi a privati (non soggetti passivi IVA perché non titolari di partita IVA), a non residenti oppure tratti scambi intracomunitari per i quali non è esplicitamente richiesta la nomina di un rappresentate fiscale.

Le aziende estere per svolgere la propria attività nel Bel Paese, hanno due alternative:

  • creare un’azienda italiana su territorio italiano
  • nominare un rappresentante fiscale e registrarlo direttamente come titolare di partita Iva.

Sono entrambe valide alternative e la differenza risiede solo nella figura che è ritenuta responsabile verso le autorità degli obblighi IVA. Nel primo caso il rappresentante è co-responsabile degli obblighi connessi al pagamento dell’IVA. Nel secondo, invece, è solo l’azienda a rispondere come unica e responsabile perché nessun altro ente agisce in nome e per conto dell’azienda stessa.

Rappresentante fiscale: la nomina

Il rappresentante deve essere nominato prima che l’operazione soggetta IVA si verifichi. La nomina avviene solitamente con atto pubblico. È inoltre possibile consegnare la lettera di nomina direttamente all’ufficio di Agenzia delle Entrate operante nella zona alla quale il rappresentante è nominato.

Rappresentante fiscale

Azienda estera con rappresentante fiscale in Italia: i compiti e le funzioni

Tutti gli obblighi legati all’IVA sono di pertinenza del rappresentante fiscale (RF). In altre parole è a questa figura che spetta il compito di gestire fatturazione elettronica e contabilità dell’azienda. Tra i suoi doveri troviamo:

  1. contabilizzazione di fatture attive e passive
  2. contribuzione dell’IVA all’Erario entro i termini stabiliti
  3. liquidazione dell’IVA
  4. relative dichiarazioni.

Rappresentante fiscale fattura elettronica

Per quanto riguarda la contabilizzazione di fatture attive e passive il RF può agire in due diversi modi:

  • applica un’aliquota nazionale al cliente e riceve poi una relativa fattura per l’operazione dell’azienda estera;
  • l’azienda estera emette fattura al cliente senza applicare IVA, sfruttando il meccanismo del reverse charge. In quest’ultimo caso il cliente italiano deve integrare la fattura ricevuta con l’aliquota adeguata, registrando un’autofattura

Qualunque sia la strada preferita dal rappresentante e dall’azienda estera, i dati della società straniera e quelli del rappresentante, devono sempre essere presenti sulla fattura.

Va infine ricordato che esistono anche società straniere che svolgono solo operazioni non rilevanti ai fini IVA. In questo caso l’azienda può scegliere di nominare un rappresentante fiscale leggero a cui demanderà l’onere di provvedere alla compilazione esclusiva del modello Intrastat.

IVA MOSS

Le aziende straniere che vendono esclusivamente prodotti digitali operando con piattaforme e-commerce, possono registrarsi al regime IVA MOSS. Si tratta di un particolare sistema che consente di evitare alle società estere di adempiere agli obblighi IVA in ciascun Paese straniero.

Il regime IVA MOSS permette, quindi, alle società, di risultare responsabile degli obblighi fiscali, solo nel Paese dov’è concentrata l’attività svolta. La comunità europea ha voluto aiutare e agevolare questo sistema creando uno specifico portale intracomunitario dal quale è possibile richiedere facilmente un eventuale rimborso IVA e presentare le dichiarazioni IVA  a disposizione di ciascuno Stato.

Moneta elettronica: vantaggi per imprese, professionisti e cittadini

La moneta elettronica non corrisponde alle criptovalute. Si tratta infatti di una valuta che può essere archiviata elettronicamente su vari dispositivi, ma che, a differenza delle cripto, è supportata da una valuta Fiat. Inoltre è regolamentata dall’autorità centrale. Oggi, la moneta elettronica è una parte importante di ciascuna attività commerciale, che si tratti di un negozio fisico, piuttosto che di un e-commerce per la vendita di prodotti online.

Moneta elettronica: come funziona e cos’è

La moneta elettronica è una valuta archiviabile su:

  • smart card – carte di credito oppure carte di debito
  • sistemi informatici
  • smartphone

è una moneta largamente diffusa e utilizzata in tutto il mondo grazie agli accordi che banche, società finanziarie e processori di rete di monete elettroniche, hanno siglato nel corso del tempo. Oggi è praticamente quasi impossibile trovare un e-commerce che non accetti, come metodo di pagamento, la moneta elettronica per l’acquisto di beni e servizi.

La valuta ha un corso legale e il suo valore è stabilito dal governo che la emette ed è sempre supportata da una moneta fiat. Il denaro Fiat è una valuta a cui corrisponde un asset sottostante, come, ad esempio, l’oro, oppure l’argento. Vista l’ampia diffusione della moneta elettronica, piccole, medie e grandi imprese, la tengono seriamente in considerazione quando si tratta di scambi commerciali.

Tipi di moneta elettronica

Esistono due grandi categorie di monete elettroniche:

  1. Hard – è la valuta usata per transazioni irreversibili, cartolarizzate e di natura procedurale.
  2. Soft – è usata per transazioni reversibili e/o flessibili. Gli utenti possono gestire le proprie transazioni anche dopo aver effettuato il pagamento, richiedendone, ad esempio, l’annullamento o la modifica del prezzo pagato. Il periodo per effettuare eventuali modifiche è comunque limitato nel tempo. A questa categoria corrispondono le transazioni effettuate con i metodi più diffusi e conosciuti al mondo: PayPal, PayTM, Interac, carte di credito, ecc…

Moneta elettronica definizione e caratteristiche

Per essere definita tale, la moneta elettronica deve rispondere a determinate caratteristiche:

  • Riserva di valore – anche se elettronica è pur sempre una riserva di valore, archiviato elettronicamente fino al ritiro fisico vero e proprio.
  • Mezzo di scambio – serve per acquistare un bene o un servizio, vale a dire che è una forma di pagamento e quindi di scambio commerciale.
  • Misura il valore dei beni – come qualunque altra moneta anche quella elettronica serve a valutare il reale valore di un bene/servizio.
  • Pagamento differito – è usata per effettuare pagamenti differiti, cioè è usata come strumento di concessione di credito per rimborsare una fattura.

Moneta elettronica

La moneta elettronica e i suoi molteplici vantaggi

Da quando esiste, la moneta elettronica ha apportato una vasta gamma di benefici a livello globale. Che si tratti di aprire una nuova partita IVA e vendere prodotti online, piuttosto che fare impresa vecchio stile con un negozio fisico, il denaro elettronico ha regalato innumerevoli vantaggi a tutti:

  • Versatilità e praticità – è possibile effettuare pagamenti in qualunque parte del mondo e verso qualunque luogo nel mondo. Basta un click, è facile e veloce, un metodo pratico che non richiede alcuna abilità o conoscenza particolare per essere usato.
  • Tracciabilità e storicità – le transazioni effettuate con moneta elettronica lasciano il “segno”. Vale a dire che sono registrate digitalmente e possono essere seguite e ricontrollate anche a distanza di tempo.
  • Evita attività fraudolente – proprio grazie al fatto che risulta essere tracciabile e quindi per ogni operazione è possibile risalire a dati e informazioni relative, le transazioni sono più sicure e scongiurano i rischi di frodi e attività sospette.
  • Immediatezza – Le transazioni elettroniche sono rapide e immediate. Il denaro è trasferito istantaneamente da una parte all’altra, con una velocità mai sperimentata prima dall’economia globale.
  • Sicurezza – è un metodo di pagamento sicuro perché tracciabile e protetto da misure di sicurezza avanzate (autenticazione e tokenizzazione).

Istituto di moneta elettronico

Gli attori che prendono parte alla produzione e circolazione della moneta elettronica sono tre:

  1. istituzioni finanziarie (banche) – elaborano le transazioni
  2. società non bancarie – produttrici di software e hardware usati nelle e per le operazioni digitali
  3. portafogli digitali (wallet) – magazzini virtuali per la moneta che, attraverso la verifica delle credenziali dei vari utenti, permettono la gestione quotidiana del denaro elettronico.

Il denaro elettronico rappresenta quindi il futuro dei pagamenti e delle transazioni mondiali. I consumatori sono ormai abituati a usare i mezzi di pagamento elettronico e hanno accettato tranquillamente anche scontrini elettronici e fatture elettroniche. Il mondo cambia e punta alla digitalizzazione globale per semplificare e velocizzare al massimo il commercio mondiale.

Cosa vendere online per avere successo

Chi desidera aprire una partita iva e cimentarsi in un negozio online deve conoscere molto bene il mercato, domanda e offerta, attuale. Il settore online ha conosciuto, negli ultimi anni, un’impennata vertiginosa. Le previsioni sostengono che entro il 2040 ingloberà addirittura il 95% delle transazioni effettuate nel mondo. Oggi rappresenta circa il 14-18% delle vendite globali al dettaglio. Per avere successo è importante sapere cosa vendere online e puntare sui prodotti giusti, molto richiesti e poco costosi da acquistare, ma che abbiano un discreto margine di guadagno.

Cosa vendere online per guadagnare

Gli articoli vendibili online sono una moltitudine. La prima grande distinzione da fare è tra articoli fisici e quelli digitali. I primi hanno un valore percepito superiore rispetto ai secondi perché sono effettivamente prodotti fisicamente. Le materie prime, la produzione e la distribuzione hanno quindi un loro costo. Sono quindi una categoria che comporta un maggior costo perché richiedono anche un eventuale immagazzinamento e smercio.

I prodotti digitali invece richiedono meno risorse. L’articolo è prodotto solo una volta e rivenduto infinite volte. Per quanto sia più semplice vendere articoli digitali, perché la loro realizzazione non comporta alcuna catena di produzione e/o approvvigionamento, sono anche più facili e soggetti alla contraffazione.

Come vendere le cose online: domande e risposte

Per vendere online bisogna prima chiedersi per quale ragione gli utenti vorrebbero comprare un determinato prodotto. Ci sono diverse ragioni per le quali un utente dovrebbe decidere di acquistare un determinato prodotto su internet:

  • soddisfa un reale e quantificabile bisogno
  • soddisfa un’esigenza emotiva, non precisamente quantificabile
  • si tratta di un articolo che è “necessario avere” anche se non serve effettivamente a qualcosa

Alla fine, qualunque sia la motivazione che spinge un utente verso l’acquisto di un prodotto, l’importante è essere originali, offrire sempre prezzi giusti, vendere prodotti personalizzabili e riuscire a vendere oggetti collegabili tra loro.

Cosa vendere online per avere successo

Cosa fare per vendere online

Per fare impresa e vendere online la prima cosa da fare, oltre ad aprire una nuova partita IVA ad hoc, è quella di trovare una propria nicchia di riferimento. Individuare una nicchia significa localizzare una sorta di vuoto presente sul mercato, che è possibile quindi colmare vendendo i propri articoli. Per trovarla occorre eseguire un’accurata ricerca di mercato andando a individuare quello che piace e a chi piace. Aiuta molto spulciare le grandi piattaforme di vendita online, come Amazon, eBay o Reddit.

Individuata la nicchia si passa invece alla ricerca delle parole chiave che indicano precisamente e identificano il/i prodotto/i da vendere. È importante sapere come Google riesce a far trovare agli utenti quel determinato prodotto. In questo modo tutto il marketing, nonché la piattaforma di vendita vera e propria, saranno improntati a valorizzare i termini più comuni utilizzati dagli utenti quando effettuano le ricerche dei prodotti interessanti.

È inoltre molto importante conoscere le “criticità dei prodotti da vendere. Leggere commenti e opinioni che gli utenti lasciano su prodotti simili acquistati da competitor, aiuta a capire su quali fattori/elementi fare pressione, oppure evitare di spingere. Ad esempio, se la maggior parte degli acquirenti si lamenta che un tale prodotto risulta non impermeabile, nella descrizione della scheda dell’oggetto sul proprio portale, è furbo evidenziare quanto invece lo sia quello che si cerca di piazzare.

Cosa vendere online per avere successo

L’ultimo consiglio da seguire per trovare cosa vendere online e riuscire a guadagnare è quello di sfruttare le tendenze. Gli articoli di tendenza corrispondono agli ultimi usciti, quelli che attirano sempre una grandissima attenzione e che tutti cercano e vogliono. È fondamentale riuscire a individuare prima della concorrenza le ultime tendenze. Per farlo basta darsi un’occhiata in giro:

  • leggere e ascoltare i social media
  • utilizzare Google Trends
  • seguire Trend Hunter
  • usare Reddit come fonte d’informazioni
  • individuare gli articoli più venduti su grandi e famose piattaforme come Amazon oppure Etsy.

Importante non soffermarsi sulle tendenze lampo che nascono e muoiono nel giro di pochissimo tempo. Una tendenza vera è qualcosa che perdura nel tempo, o meglio, all’inizio esplode e con il tempo l’interesse scema ma non scompare del tutto, offrendo comunque buone opportunità di guadagno. Una tendenza soddisfa comunque delle esigenze e lo fa in modi diversi e sempre nuovi. In altre parole un articolo valido da vendere sul web per guadagnare è un prodotto che soddisfa un’esigenza dell’utente e che appaga le aspettative nel tempo presentandosi in modi sempre nuovi e diversi.

Rilevare un’ attività già avviata: conviene?

Rilevare un’attività già avviata non è uno scherzo. Si tratta di una decisione che deve essere ponderata sotto molti aspetti. Non è detto che per diventare imprenditori sia necessario partire obbligatoriamente da zero, ma se l’intenzione è quella di farsi carico di un’impresa già in essere, allora bisogna prestare la massima attenzione. Rilevare una precedente attività può valere per moltissime diverse tipologie d’imprese: bar, ristoranti, negozi e qualunque altra società e attività generica. I rischi sono sempre in agguato dietro l’angolo, quindi, prima d’intraprendere questa strada è giusto considerare tutti i pro e tutti i contro.

Rilevare un’ attività già avviata: i vantaggi

Rilevare un’impresa preesistente conta dei vantaggi, commerciali, strategici ed economici:

  1. acquisire una clientela fidelizzata
  2. implementare un know-how consolidato
  3. tempi di ritorno sull’investimento sostenuto, molto ridotti
  4. beneficiare di una posizione sul mercato già esistente
  5. avere da subito ben chiara l’idea del proprio giro d’affari
  6. ridurre il rischio d’impresa
  7. ridurre i tempi di avviamento

Un’attività ceduta lascia, però, adito a pensare che dietro possano esserci problemi e magagne. Non sempre è così. Ci sono tantissimi motivi per cui un imprenditore potrebbe decidere di chiudere partita Iva e/o dedicarsi ad altro nella propria vita. Qualche volta. Capita che il business di una vita possa entrare in conflitto con altri aspetti della vita di una persona (familiari, affetti, passioni, ecc…). In altri casi, invece, alcune persone possono semplicemente decidere di cambiare mestiere, lasciando tutto quello che hanno sempre fatto nella vita e andando a vivere da un’altra parte facendo un altro lavoro.

L’importante è stare molto attenti e valutare approfonditamente la situazione economica e finanziaria di un’impresa ceduta.

Rilevare un’ attività già avviata

Rilevare un’attività commerciale: gli svantaggi

Nel momento in cui un’azienda è rilevata, si acquisiscono i suo prodotti/servizi e la sua clientela. Un’operazione molto spesso sottovalutata, ma che presenta anche notevoli rischi e svantaggi:

  1. rischi economici visibili unicamente in seconda analisi
  2. prodotti venduti incompatibili con la nuova filosofia imprenditoriale
  3. clientela legata eccessivamente alla precedente conduzione
  4. collaboratori e fornitori in disarmonia con la nuova impresa
  5. processi non funzionai a seguito della partenza della persona cedente
  6. immagine negativa
  7. grado di notorietà molto basso o comunque non altezza delle prospettive
  8. necessità d’investimenti cospicui per sostituire e/o modernizzare le infrastrutture rilevate riconosciuti solo dopo la fase iniziale di valutazione
  9. difficoltà da parte del personale/clienti ad accettare la nuova gestione, con un crescente malcontento che può portare a provocare problemi di accettazione diffusi.

Come rilevare un’attività già avviata: fattori da valutare

Prima d’intraprendere questa impresa, è necessario interrogarsi a fondo sul progetto da realizzare. I fattori da valutare sono:

  • Posizione – la collocazione dell’attività da rilevare è importante, soprattutto se esistono limiti spaziali da rispettare. In caso contrario è comunque giusto tener conto della posizione di un’attività in ottica di commercio e guadagni, se si trova vicino a papabili nuovi clienti, o se è circondata dalla concorrenza.
  • Dimensione – esiste una sostanziale differenza tra rilevare una “bottega” piuttosto che una “multinazionale”. Ognuno deve quindi fare i conti con le reali disponibilità e con quello che vuole diventi il proprio stile di vita e obiettivo di business.
  • Settore – in tutti i settori conta l’esperienza, quindi è logico pensare che rilevare un’attività già avviata sia più semplice se fatto all’interno di una categoria già conosciuta.
  • Stile di vita – anche in questo caso ognuno deve calcolare ciò che è disposto a fare, non fare oppure a sacrificare, prima di decidere in cosa “imbarcarsi”.

Come rilevare un’attività commerciale: fondi e finanziamenti

Ogni attività richiede un budget. Che si tratti di una nuova impresa, piuttosto che di una già avviata, il denaro è sempre necessario. Esistono diversi metodi per ottenere finanziamenti esterni:

  • Finanziamento bancario – il più classico dei metodi esistenti. Gli istituti bancari sono sempre ben disposti a finanziare attività già avviate, in buona salute e con tutte le garanzie richieste.
  • Seller financing (finanziamento da parte del venditore) – il venditore, qualche volta, accetta di un pagamento dilazionato della vendita dell’attività come forma d’investimento nella stessa.
  • Business Angel o Venture Capital – finanziatori esterni disposti a instaurare un rapporto di partnership. Loro mettono il capitale, mentre l’acquirente si occupa di farlo fruttare.

Oltre a tutto questo esistono anche diverse agevolazioni imprese stanziate dal Governo, come, ad esempio il Fondo Impresa Donna che possono essere determinanti per far funzionare al meglio un’attività rilevata.

Condominio e Fattura elettronica: le novità per amministratori e condomini

È davvero necessario emettere una fattura elettronica condominio o è sufficiente la fattura di cortesia? Nonostante siano passati diversi anni da quando la fattura elettronica è entrata in vigore, sono ancora necessarie alcune precisazioni, soprattutto per quanto riguarda la corretta gestione dell’amministrazione condominiale.

Condominio e Fattura elettronica: un soggetto giuridico privo di partita Iva

Dal 1° gennaio 2019 la fattura elettronica è diventata obbligatoria anche i soggetti privi di partita IVA. È quindi necessario emettere fattura elettronica per tutte le operazioni effettuate nei confronti di soggetti senza partita IVA, come, ad esempio: privati consumatori, enti non commerciali dotati di solo codice fiscale e condomini.

Il condominio è infatti considerato un soggetto giuridico senza partita IVA. È titolare solo del codice fiscale ed è quindi destinato a ricevere fattura elettronica. Questo significa che i fornitori titolari di partita IVA che emettono fattura nei confronti di un condominio, sono tenuti a seguire le regole generali relative alla fatturazione elettronica. In altre parole chi emette fattura nei confronti di un condominio, deve:

  1. compilare la e-fattura in formato XML
  2. inviare il documento al Sistema di Interscambio
  3. inserire il codice fiscale condominiale nel relativo campo
  4. inserire “0000000” (7 volte zero) nel campo “codice destinatario” (in alternativa usare il recapito specifico del condominio)
  5. è facoltativo inviare copia analogica della fattura al condominio
  6. avvisare l’Amministratore condominiale che la copia analogica è solamente un duplicato di cortesia, mentre l’originale si trova, sotto forma digitale, nell’area riservata del contribuente all’interno del portale dell’Agenzia delle Entrate.

Condominio e Fattura elettronica

Condominio e Fattura elettronica: la copia di cortesia

La stessa Agenzia delle Entrate ha specificato, nel provvedimento n. 89757 del 30/04/2018, che il fornitore deve rilasciare al cliente finale:

“copia informatica o analogica della fattura elettronica, comunicando contestualmente che il documento è messo a sua disposizione dal Sistema di Interscambio nell’area riservata del sito web dell’Agenzia delle entrate”. 

Il fornitore deve quindi inviare e/o consegnare tramite i canali tradizionali, copia analogica di cortesia al condominio. Nonostante questa specifica, l’unica fattura valida ai fini fiscali è la fattura elettronica redatta in formato XML. Proprio per questo motivo, la copia analogica deve, obbligatoriamente, riportare la dicitura: “copia analogica di fattura elettronica inviata allo SdI”.

Vista la normativa e l’attuale situazione, sono in tanti a chiedersi l’utilità della copia di cortesia. Il condominio è semplicemente un privato consumatore, visto che non possiede partita IVA. In quanto tale, quindi l’amministratore deve semplicemente limitarsi a ricevere copia di cortesia della fattura e verificare invece, per i fini fiscali, la fattura elettronica sul proprio cassetto.

Fattura elettronica e condominio: la validità della copia di cortesia

Ai fini fiscali l’unica fattura valida è quella elettronica. La copia analogica serve solo a effettuare un controllo documentale. Quando e se si dovessero verificare una discordanza di dati tra la copia analogica e quella digitale, sono ritenuti validi quelli riportati sulla copia elettronica. Alla luce di quanto affermato finora, sembra davvero superfluo per un condominio dover ricevere per forza copia cartacea di cortesia.

Anche l’accertamento dei dati della copia analogica senza insensato, visto che gli unici dati validi sono quelli riportati sulla fattura elettronica. Nonostante questo è necessario e doveroso che l’Amministratore condominiale verifichi la correttezza dei dati sulla copia cartacea e si accerti che la copia inviata all’SdI sia compilata correttamente.

Runts terzo settore: cos’è e da quando è operativo

Il Runts terzo settore è il Registro Nazionale del Terzo Settore. Un registro unico, operativo dal 23 novembre 2021 che permette a tutti gli iscritti di fregiarsi della qualifica di Ente del terzo settore. Gli iscritti possono godere di molte agevolazioni previste proprio per il terzo settore.

Registro unico nazionale del terzo settore

Il RUNTS terzo settore è un registro, e strumento fondamentale, agli enti no profit, per farsi conoscere e riconoscere come tali e godere di diverse agevolazioni previste da legge. Nel registro sono riportate diverse informazioni di base di ciascun ente. Le informazioni registrate digitalmente sono:

  1. denominazione
  2. forma giuridica
  3. sede legale e le eventuali sedi secondarie
  4. data di costituzione
  5. oggetto dell‘attività d’interesse generale
  6. codice fiscale o la partita iva
  7. possesso della personalità giuridica e il patrimonio minimo
  8. generalità dei rappresentanti legali
  9. generalità dei soggetti che ricoprono cariche sociali
  10. modifiche agli atti fondamentali
  11. rendiconti
  12. bilanci d’esercizio
  13. bilancio sociale

Runts terzo settore

Runts terzo settore: la struttura

Il Registro unico nazionale del terzo settore è suddiviso in sette sezioni:

  • Organizzazioni di volontariato
  • Associazioni di promozione sociale
  • Enti filantropici
  • Imprese sociali, incluse le cooperative sociali
  • Reti associative
  • Società di mutuo soccorso
  • Altri enti del Terzo settore

Un ente non può essere iscritto contemporaneamente in due o più sezioni. Fanno eccezione gli enti che rientrano nella sezione reti associative.

Iscrizione RUNTS: come funziona

L’iscrizione al RUNTS è disciplinata dal Decreto Ministeriale n°106 del 2020. La registrazione prevede che la domanda d’iscrizione sia presentata dal rappresentante legale dell’ente o dalla sua rete associativa, insieme a:

  • deposito di atto costitutivo
  • statuto
  • altri documenti e informazioni richieste dal decreto menzionato

Il deposito deve avvenire presso l’ufficio competente che può essere:

  • l’ufficio regionale o provinciale competente
  • l’ufficio statale per l’iscrizione nella sezione delle reti associative

In particolari circostanze, al momento della registrazione, l’ufficio competente acquisisce anche la documentazione antimafia. I casi queste informazioni sono richieste sono:

  • l’ente ha superato per due esercizi consecutivi 1.100.000 euro di totale attivo dello stato patrimoniale
  • ricavi, rendite, proventi, entrate comunque denominate, superano i 2.200.000 euro sempre per due esercizi consecutivi
  • dipendenti occupati in media durante l’esercizio sono oltre 12 unità.

Gli uffici competenti verificano la sussistenza dei requisiti minimi necessari all’iscrizione al RUNTS terzo settore, entro 60 giorni dalla presentazione della domanda. In questo lasso di tempo l’ufficio può infine decidere se iscrivere o meno l’ente che ha inoltrato domanda, o invitarlo a completare e integrare la richiesta con ulteriore documentazione. Vige il silenzio assenso, secondo il quale, oltre i 60 giorni, la domanda è considerata automaticamente accolta.

Iscrizione RUNTS: l’eccezione dei 30 giorni

Esiste un’eccezione all’accettazione nei 60 giorni standard previsti da legge. Quando l’atto costitutivo e lo statuto dell’ente del Terzo settore sono redatti in conformità a modelli standard tipizzati, predisposti da reti associative e approvati con decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, l’iscrizione avviene entro soli 30 giorni dalla presentazione della domanda.

Se la domanda dovesse essere respinta, l’ente può fare ricorso al tribunale amministrativo competente sul territorio.

RUNTS entrata in vigore in scopo

Il RUNTS terzo settore è operativo dal 23 novembre 2021. I soggetti iscritti nel registro possono fregiarsi del titolo di Ente del Terzo Settore. Diversi gli scopi della registrazione:

  1. acquisizione della qualifica di Ente di Terzo Settore (ETS)
  2. acquisizione della denominazione di Organizzazione di Volontariato (ODV)
  3. assegnazione della qualifica di Ente Filantropico o Rete Associativa
  4. acquisizione della qualifica Associazione di Promozione sociale (APS)
  5. accedere ad agevolazioni fiscali (accedere al 5 per mille)
  6. accedere a contributi pubblici o stipulare convenzioni con le pubbliche amministrazioni
  7. acquisire personalità giuridica

Il RUNTS è pubblico e può essere consultato da tutti telematicamente. È gestito dall’Ufficio Statale, dagli Uffici Regionali e dagli Uffici Provinciali RUNTS. Ciascun ufficio è istituito presso il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, presso ciascuna Regione e le Province autonome di Trento e Bolzano.

Fatturazione elettronica per Forfettari: si parte dal 1° luglio

La situazione odierna dei forfettari

Professionisti ed aziende cosiddetti forfettari non addebitano al cliente il pagamento dell’IVA dovuta per la transazione da parte del committente (in rivalsa). Questo tipo di contribuente viene inoltre esonerato non solo dagli obblighi di liquidazione e versamento dell’imposta ma anche da tutti gli obblighi contabili e dichiarativi previsti dal D.P.R. n. 633/1972 (registrazione delle fatture, dichiarazione IVA annuale, etc.). Far parte di questo regime fa sì che la fatturazione elettronica verso i privati non sia obbligatoria, tuttavia, a partire dal 1° luglio la fatturazione elettronica per forfettari cambierà.

Fatturazione elettronica per Forfettari: quando entrerà in vigore?

Come menzionato nel nostro ultimo articolo Fatturazione elettronica per Forfettari: obblighi e novità dal 2022. Grazie alla decisione presa dal Consiglio Europeo (decisione n. 2021/2251 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale UE del 17 dicembre 2021) e quella dello scorso 13 aprile dal Governo, ci saranno dei cambiamenti importanti nel nostro paese. In quest’ultima il Governo ha approvato un nuovo decreto urgente, dove si stipulano finalmente le tempistiche della e-fattura per i forfettari. L’obbligo inizierà dal 1° luglio di quest’anno.

E-fattura per Forfettari: le tempistiche

Fino a ora l’accesso al regime forfettario determinava l’esonero dall’obbligo di fatturazione elettronica verso i privati (come da articolo 1, comma 3 del decreto legislativo n. 127/2015). Si è provato, nel 2015, a incentivare all’utilizzo della fatturazione elettronica, con la legge di Stabilità, che stipulava che per i forfettari che utilizzano esclusivamente fatture elettroniche, l’accertamento per il termine di decadenza si sarebbe ridotto di un anno.

Nonostante ciò, a partire dal primo giorno del mese di luglio scatterà l’obbligo della fatturazione elettronica anche per il regime forfettario. Tuttavia, ci sono delle tempistiche da precisare. Secondo la bozza rilasciata negli ultimi giorni, il primo trimestre sarà strettamente transitorio. Questo significa che dall’inizio di luglio fino alla fine di settembre non scatteranno sanzioni. Inoltre per i sogetti con fatturato inferiore a 25 mila euro (soglia ancora in fase di definizione), la fatturazione elettronica non sarà ancora obbligatoria. 

Questo trimestre avrà lo scopo di dare l’opportunità alle persone e alle piccole imprese di adeguarsi ai cambiamenti.

 

Fatturazione elettronica per forfettari

Fatturazione elettronica per Forfettari: perché è necessaria?

L’obbligo di emissione, esclusivamente di fatture elettroniche per le partite IVA di regime forfettario, è espressamente richiesto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze per provare a evitare in misura maggiore l’evasione fiscale. Questo permetterebbe di avere una migliore tracciabilità dei documenti, a differenza di quelli cartacei. Occorre però evidenziare che il passaggio all’utilizzo delle fatture elettroniche non ha avuto un impatto significativo sui costi a carico dei soggetti titolari di partita IVA, ma al contrario, ha permesso di automatizzare molti processi che oggi sono eseguiti in automatico, permettendo alle piccole aziende di alleggerire il peso della burocrazia sul personale e quindi un’ottimizzazione del lavoro dello stesso.

I suggerimenti di Fatturapro.click

La nostra missione fin dall’inizio è stata non solo di cercare una soluzione per l’assolvimento dell’imminente obbligo, ma di creare uno strumento che potesse trasformarlo in un’opportunità, capire come avrebbe potuto essere utile, migliorando e alleggerendo la vostra attività quotidiana.

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Sappi che non ti serve un programma di contabilità complesso per ottenere questi risultati. Serve, prima di tutto, lo spirito giusto, un po’ di lungimiranza e lo strumento adeguato per le tue esigenze: a quel punto risulterà una scelta naturale.