Esoneri Contributivi per Aggregazioni d’Impresa: Le Istruzioni INPS di Novembre 2025

Le aggregazioni d’impresa rappresentano una strategia sempre più rilevante per le aziende che intendono aumentare la propria competitività e stabilità nel mercato. In risposta a questa esigenza, il legislatore italiano ha introdotto una misura agevolativa specifica destinata a favorire i processi di fusione, cessione, conferimento e acquisizione di aziende o rami d’azienda. Con il Messaggio INPS n. 3344 del 6 novembre 2025, l’Istituto ha fornito le indicazioni operative per l’applicazione dell’incentivo contributivo previsto dall’articolo 4-ter del decreto-legge 18 gennaio 2024, n. 4, convertito dalla legge 15 marzo 2024, n. 28, una misura in via sperimentale per gli anni 2024 e 2025 che mira a favorire i processi di aggregazioni d’impresa e a tutelare l’occupazione mediante esoneri contributivi e programmi di formazione del personale.

Aggregazioni d’impresa: requisiti, modalità operative e verifiche 

L’incentivo è riservato alle nuove imprese costituite a seguito di fusioni, cessioni, conferimenti o acquisizioni di aziende o rami d’azienda che impieghino almeno 1.000 lavoratori complessivamente. Questa soglia minima di occupati rappresenta un elemento qualificante della misura, poiché l’obiettivo normativo è orientato verso le operazioni di integrazione di rilievo dimensionale, capaci di generare economie di scala e sinergie produttive significative.

Affinché l’agevolazione possa essere concessa, è necessario che le imprese beneficiarie stipulino un accordo in sede governativa con la partecipazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, del Ministero delle Imprese e del Made in Italy e delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative. L’accordo deve contenere un progetto industriale e di politica attiva che illustri le azioni di formazione o riqualificazione dei lavoratori, prevedendo almeno 200 ore complessive nel periodo di godimento del beneficio, nonché le strategie per la salvaguardia dei livelli occupazionali.

Struttura dell’esonero contributivo nelle aggregazioni d’impresa

Il beneficio consiste in un esonero del 100% dei contributi previdenziali e assistenziali a carico del datore di lavoro, con esclusione dei premi INAIL. L’agevolazione è articolata su due fasi temporali: nella prima fase, corrispondente ai primi 24 mesi, il massimale annuo è fissato in 3.500 euro per ciascun lavoratore (291,66 euro mensili); nella seconda fase, per ulteriori 12 mesi, il tetto annuo è pari a 2.000 euro per lavoratore (166,66 euro mensili).

L’esonero è concesso nei limiti delle risorse disponibili, previa verifica del Ministero del Lavoro. La decorrenza coincide con la data di trasferimento dei lavoratori individuata nell’accordo governativo. Le imprese beneficiarie ricevono dall’INPS un codice di autorizzazione “2L”, denominato “Azienda autorizzata all’esonero di cui al DL 4/2024 art. 4-ter”, che consente la corretta esposizione dell’incentivo nei flussi contributivi.

Obblighi e verifiche per l’accesso ai benefici

L’INPS effettua verifiche annuali sui flussi Uniemens e comunica al Ministero del Lavoro l’ammontare degli esoneri effettivamente fruiti. L’agevolazione è compatibile con altri incentivi occupazionali previsti dalla normativa vigente, purché non sia superata la contribuzione datoriale dovuta. Tra gli obblighi a carico del datore di lavoro rientra la tutela del perimetro occupazionale per 48 mesi dalla data dell’operazione societaria.

In caso di licenziamenti non consentiti, è prevista una sanzione pari al doppio dell’esonero fruito per ciascun lavoratore interessato. Analogamente, la mancata attuazione dei programmi formativi comporta la revoca del beneficio e il recupero delle somme indebitamente fruite, con le sanzioni civili previste dall’articolo 116, comma 8, lettera a), della legge 388/2000.

Modalità operative nei flussi Uniemens

Per esporre correttamente l’incentivo nei flussi contributivi, i datori di lavoro privati devono valorizzare in InfoAggCausaliContrib i seguenti elementi: il CodiceCausale “IN24” (Incentivo imprese nuova costituzione Art. 4-ter DL n. 4/2024), l’IdentMotivoUtilizzoCausale con valore “N”, l’AnnoMeseRif corrispondente al periodo del conguaglio e l’ImportoAnnoMeseRif con l’importo conguagliato.

I dati confluiscono nel DM2013 “virtuale” con i nuovi codici: L631 per il conguaglio incentivo imprese di nuova costituzione e L632 per gli arretrati dell’incentivo imprese di nuova costituzione. I conguagli per periodi pregressi sono ammessi esclusivamente nei flussi di dicembre 2025, gennaio 2026 e febbraio 2026.

Per la gestione pubblica, il codice di recupero è il 71, denominato “Incentivi per i processi di aggregazione delle imprese e tutela occupazionale – Art. 4-ter DL 4/2024”. Nel settore agricolo, i datori di lavoro devono utilizzare il codice 2L per i primi 24 mesi, il codice 3L per il terzo anno e il codice 4L per gli arretrati con competenza dicembre 2025.

Prospettive di sviluppo e rilevanza strategica

La misura rappresenta uno strumento di politica industriale particolarmente rilevante nel contesto attuale, dove le piccole e medie imprese italiane sono spinte verso processi di consolidamento dimensionale per affrontare le sfide della competitività internazionale. Le aggregazioni d’impresa incentivate favoriscono non solo la crescita economica ma anche la stabilizzazione dell’occupazione, rappresentando un equilibrio tra obiettivi di efficienza aziendale e protezione sociale dei lavoratori. La natura sperimentale della misura fino al 2025 suggerisce che, qualora dimostri efficacia, potrebbe essere estesa oltre l’attuale biennio di applicazione, consolidando così un framework normativo stabile per le operazioni di fusione e acquisizione nel contesto nazionale.

Fideiussione

Conservazione e Fatture Elettroniche: perché odiarla e perché no

Conservazione fatture elettroniche: perché è NORMALE odiare questo servizio (se ti adegui al pensiero medio)

 

La Conservazione delle Fatture Elettroniche è un servizio che cade esattamente nel mezzo tra obbligo e prevenzione.

Si tratta di quel servizio tecnologico che permette di creare dei veri e propri archivi legali di file.

A differenza di ciò che conservi su una chiavetta, o su un hard disk, ogni file che invii “alla Conservazione” non solo viene memorizzato su un servizio di storage, ma viene anche “timbrato”.

Viene, cioè, arricchito di dispositivi tecnico informatici come marcature temporali, metadati e firme elettroniche, il cui scopo è rendere quel contenuto non modificabile.

Quindi idoneo a costituire una prova legale in sede di controllo amministrativo, giudiziario o in tribunale.

Per questo motivo, insieme all’obbligo di emettere Fatture Elettroniche, sei anche obbligato ad avere un sistema di Conservazione.

Perché questo, mediamente, non piace?

La realtà è che a noi imprenditori italiani, non piacciono né gli obblighi, né la prevenzione.

E la Conservazione è la sintesi delle due cose: obbligatorietà e prevenzione.

Non ci piacciono le regole e le norme che ci cadono in testa dall’alto.

Specie considerando che chi fa le leggi non vive la tua quotidianità, non fa il tuo mestiere.

E, tipicamente, chi fa le leggi non conosce i risvolti negativi e le difficoltà che si celano dietro alle decisioni che prende.

Ma in questo articolo prometto di darti degli spunti per pensare alla conservazione delle fatture in modo diverso dalla massa.

Voglio, infatti, provare a darti dei riferimenti utili a comprendere scenari che i tuoi competitor non sanno e non possono capire.

Ma prima cerchiamo di fare un breve viaggio introspettivo su “come funzionano le cose in Italia”.

Da dove nasce la cultura del “me la cavo da solo”, che è l’antitesi della Conservazione

Obblighi e prevenzione, dicevamo. All’italiano non piace sentirsi dire ciò che deve fare.

Non è un istinto così anormale, se consideriamo la nostra storia.

Siamo un popolo di persone abituate a cavarsela da sole, è sempre stato così.

Ecco perché se ci parlano di servizi di conservazione, e di affidare ad altri i nostri documenti e i nostri file, la cosa ci suona un tantino strana.

Prendiamo gli ultimi 90 anni.

Il periodo storico da cui deriva la nostra cultura attuale, e da cui derivano comportamenti, consuetudini e modi di pensare.

Dalla fase finale della Seconda guerra mondiale, fino ad oggi, l’italiano ha dovuto provvedere a sé stesso.

Per usare un eufemismo, chi ha governato nell’arco di questi decenni, ha messo frequentemente i cittadini nella condizione di doversi arrangiare.

Negli anni Trenta, quaranta e cinquanta, l’Italia ha dovuto fare i conti con le conseguenze dell’ingresso in guerra.

E del conseguente cambio di sponda, arrivato alla fine del secondo conflitto.

Prima ci hanno pensato gli alleati a scaricarci addosso tonnellate di bombe, poi i tedeschi.

Ecco perché la Conservazione, gli obblighi e la prevenzione, non ci aggradano: preferiamo tirarci su le maniche e aggiustare ciò che troviamo rotto nel cammino

Per gli italiani, ciò ha significato rimboccarsi le maniche e ricostruire, partendo dalle macerie dei bombardamenti.

E abbiamo da allora imparato l’arte del cavarcela da soli, o per il tramite di conoscenti diretti con cui scambiarsi favori.

Durante il trentennio della ricostruzione, gli italiani hanno rimesso in piedi una moltitudine di ruderi dalle macerie.

Chi sapeva fare impianti elettrici li faceva per sé, o per parenti e conoscenti che ne avevano bisogno.

In cambio, chi sapeva costruire finestre e infissi si prodigava affinché la gente del posto potesse tornare a proteggersi dal freddo, una volta sistemati i tetti e i muri.

E così via.

Fino ad arrivare ai giorni nostri.

Il ventennio di alternanza e guerriglia politica tra i governi Berlusconi e i governi di sinistra ha, di fatto, paralizzato ogni prospettiva di innovazione, evoluzione e ammodernamento del paese.

L’alternanza di vedute politiche, e l’instabilità dei governi ha avuto solo un effetto.

Ciò che veniva deciso e costruito da una maggioranza di governo, era cancellato e rimosso da quella dopo.

E in questa totale indecisione e stagnazione politica, con governi che duravano meno di una stagione del Grande Fratello, l’imprenditore italiano si è rimboccato le maniche, come sempre.

Ha fatto da solo, trovando i suoi equilibri e i suoi metodi per continuare a gestire le proprie attività e i propri interessi, nonostante tutto.

Il paese che inventò le magliette con disegnate le cinture di sicurezza

Non c’è quindi da stupirsi se questa è la nazione dove hanno inventato le magliette bianche con disegnate le cinture di sicurezza per ingannare le forze dell’ordine durante i controlli su strada.

Era la fine degli anni ’80, l’epoca delle prime leggi che rendevano obbligatorio l’uso della cintura di sicurezza, e qualcuno pensò a questa trovata per aggirare i controlli.

Altro che conservazione obbligatoria!

L’analogia c’è tutta.

Non c’è dubbio che la cintura di sicurezza sia un dispositivo che ti salva la vita.

Un sistema che, per altro, ha presentato negli anni dei perfezionamenti tecnologici per renderla sempre più sicura, e sempre più povera di effetti collaterali.

Basta pensare all’evoluzione dei pretensionatori, per ovviare ai numerosi casi di traumi e fratture registrate da utilizzatori di cinture durante incidenti stradali molto gravi.

Eppure, per un lunghissimo periodo di tempo, la norma fu contestata, proprio al punto da inventare i sistemi più ingegnosi per aggirare la norma, a discapito della sicurezza.

Ci sono voluti tanti anni affinché la maggioranza degli italiani si adeguasse a questo obbligo, arrivandone a comprendere l’utilità.

Non solo in termini di multe evitate, ma anche di protezione della propria incolumità, della propria salute e del proprio corpo, che è quanto di più importante abbiamo.

Anno 2019, arriva l’obbligo della Fattura Elettronica (e della Conservazione)

Già a partire dal novembre del 2018, un’ondata di proteste da parte di varie associazioni, salutò questa novità imminente, come nella migliore tradizione italiana.

Obbligo di fare Fatture Elettroniche e di inviarle in conservazione? Vade retro.

Anche qui, ci sono voluti diversi anni per maturare un apprezzabile livello di “digestione” della norma, da parte del popolo degli imprenditori.

Oggi, un po’ come avvenne con le cinture di sicurezza (e un’altra infinità di casi analoghi), il nostro tessuto imprenditoriale ha assorbito il cambiamento, e ha imparato ad apprezzarlo.

Niente più tempo perso per compilare i documenti fiscali.

Sembrano già lontani anni luce gli anni in cui prendevamo la macchina, insieme a due o tre ore del nostro tempo, per andare dal commercialista a portare valige di fatture da registrare e archiviare.

Al punto che, probabilmente, se adesso qualcuno proponesse di tornare al caro – vecchio – cartaceo, dubito fortemente che vedremmo i caroselli per strada, come dopo una vittoria dell’Italia ai mondiali o agli europei (esempio più che mai nostalgico).

Eppure, se parliamo della sola conservazione, scorporandola un attimo dal contesto della Fattura Elettronica a cui viene sempre associata, la cosa cambia.

Fattura Elettronica e Conservazione non sono legate a doppio filo

Il problema è che il servizio di Conservazione è sempre stato visto come “annegato” nel contesto della Fattura Elettronica.

Quindi viene percepito come qualcosa di cui non è necessario occuparsi e preoccuparsi.

Perché tanto la questione è in mano a chi fornisce i servizi di fatturazione elettronica.

Ma non è così.

Pensarla in questo modo, equivale a lasciare le chiavi di una tua cassaforte all’operaio che te l’ha montata.

Spesso scegli un servizio di Fattura Elettronica in base alla convenienza e alla velocità con cui ti permette di registrare le fatture.

Ma non pensi minimamente alle modalità con cui il gestore del servizio è in grado di restituirti i file “originali” in caso di controlli o contenziosi.

In questi casi, infatti, gli enti di controllo ti chiedono di visionare esattamente i file contenuti all’interno del tuo servizio di Conservazione.

Ecco perché il paragone con la cassaforte è del tutto sensato.

La conservazione è la tua cassaforte dei documenti fiscali, e devi assolutamente avere il pieno controllo su di essa.

Per FatturaPro.Click, la conservazione dei tuoi documenti fiscali, e la loro distribuzione agli organi di controllo, è una questione di vitale importanza

Ora, so benissimo che la prima reazione che potresti avere è quella che fa parte dell’istinto di tutti noi:

“Ci penserò quando succede qualcosa”.

“Mi tirerò su le maniche e aggiusterò la situazione, inutile pensarci adesso”.

Ma non voglio prestarmi al gioco di metterti terrore parlandoti delle multe, delle conseguenze e dei sensi di colpa in cui potresti incappare, nel caso preferissi snobbare il problema.

Voglio limitarmi a presentarti la situazione, sapendo che riuscirai a cogliere il paragone.

Così come non accetteresti mai di non avere accesso diretto al tuo conto corrente.

O di non avere la possibilità di controllare saldo e movimenti quando vuoi.

È importante che il tuo patrimonio di documenti fiscali sia sotto il tuo diretto controllo.

Un fattore che molti tuoi competitor, certamente, ignorano. A loro rischio e pericolo.

Non estrarre per tempo i file richiesti, in fase di controllo, comporta una serie di illeciti ma soprattutto induce una serie di stati d’animo negativi.

Oltre a costare una marea di tempo per risolvere il problema.

Magari mentre ti tocca ascoltare la musichetta di attesa del call center di turno, con la voce elettronica che ti ripete di stare tranquillo.

E che la tua chiamata verrà presa in carico il prima possibile.

Fai parte di quel numero di imprenditori che affida Fatture Elettroniche e Conservazione a servizi in cloud, guardando solo alla convenienza operativa ed economica?

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Qualche decina di minuti investiti bene, non per farti assillare da obblighi, rischi di sanzioni e anatemi vari.

Ma per parlare unicamente di accessibilità dei dati inviati in Conservazione, di facilità nel reperirli nel momento del bisogno e della tua tranquillità personale e imprenditoriale.

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Identità digitale: la Carta d’Identità Elettronica sostituisce lo SPID

Entro il 2026, l’Italia trasformerà completamente il proprio sistema di identità digitale: lo SPID lascerà gradualmente il posto alla Carta d’Identità Elettronica (CIE) come principale strumento di accesso ai servizi pubblici. Questo cambiamento rappresenta una modernizzazione cruciale verso la centralizzazione della gestione dell’identità digitale, con importanti implicazioni per milioni di cittadini e imprese italiane. Comprendere le scadenze, i requisiti tecnici e le azioni necessarie è essenziale per una transizione fluida verso il nuovo sistema.

Dal 3 agosto 2026: la Carta d’Identità Elettronica diventa obbligatoria

La sostituzione dello SPID avverrà secondo una transizione graduale, non improvvisa. La Carta d’Identità Elettronica rappresenta lo strumento di identità digitale più moderno, gestito direttamente dallo Stato. L’obiettivo è centralizzare completamente l’autenticazione dei cittadini in un unico sistema pubblico, riducendo la dipendenza dai provider privati e semplificando il panorama dell’identità digitale nazionale.

Dal 3 agosto 2026, la carta d’identità cartacea tradizionale non sarà più valida per l’espatrio e non potrà essere utilizzata per viaggiare all’estero, neppure all’interno dell’Unione Europea. È quindi fortemente consigliato che tutti i cittadini richiedano tempestivamente la propria Carta d’Identità Elettronica presso il Comune di residenza, senza attendere l’ultimo momento.

Requisiti tecnici per accedere alla Carta d’Identità Elettronica

Per utilizzare la CIE, è fondamentale disporre della giusta strumentazione. Se possiedi uno smartphone, il dispositivo deve essere dotato di tecnologia NFC (Near Field Communication), indispensabile per leggere il chip elettronico della carta. Per chi utilizza il computer, è necessario un lettore smart card compatibile oppure un lettore NFC esterno.

La richiesta della Carta d’Identità Elettronica avviene presso l’Ufficio Anagrafe del Comune di residenza. È possibile prenotare l’appuntamento online su www.cartaidentita.interno.gov.it , presentando fototessera e documento di identità attuale. Il costo varia tra 16,79 e 22 euro a seconda dei diritti comunali, e il documento viene recapitato entro sei giorni lavorativi. La validità è di tre anni per i bambini sotto i tre anni, e di cinque anni per i minori fino a 18 anni.

L’app IO e IT Wallet: il cuore della nuova identità digitale

L’IT Wallet, integrato nell’app IO, diventerà il centro nevralgico dell’identità digitale italiana dal 2026. Si tratta di un portafoglio digitale innovativo che consente di conservare sul proprio smartphone documenti ufficiali in formato digitale: patente di guida, tessera sanitaria, carta europea della disabilità, ISEE, titoli di studio, tessera elettorale e certificati di residenza. Questi documenti hanno pieno valore legale negli stessi contesti dei loro equivalenti fisici.

L’accesso all’IT Wallet avviene utilizzando le credenziali SPID o direttamente con la Carta d’Identità Elettronica. Un aspetto importante è che l’IT Wallet non elimina lo SPID o la CIE, ma li contiene al suo interno, semplificando l’esperienza utente. La versione pubblica è completamente gratuita, mentre le versioni private possono prevedere costi per funzionalità premium.

Azioni concrete da intraprendere immediatamente

Non rimandare è essenziale. Verifica se possiedi già una CIE valida: se la tua carta d’identità è ancora cartacea, prenota tempestivamente il rinnovo presso il Comune. Assicurati che il tuo smartphone sia dotato di tecnologia NFC o acquista un lettore smart card per il computer.

Scarica l’app CieID e attiva le tue credenziali Carta d’Identità Elettronica utilizzando il codice PUK ricevuto dal Comune. Inizia a familiarizzare con questo sistema utilizzando la CIE per accedere ai servizi della Pubblica Amministrazione anziché lo SPID. Mantieni l’app IO aggiornata e preparati per l’implementazione completa dell’IT Wallet, il cui lancio è previsto tra la fine del 2025 e l’inizio del 2026.

Una rivoluzione verso la semplificazione e la sicurezza digitale

La transizione alla Carta d’Identità Elettronica non è un semplice cambio amministrativo: è una rivoluzione che punta a semplificare e rendere più sicura la vita digitale dei cittadini. Con la CIE e l’IT Wallet, il 2026 segnerà l’inizio di una nuova era in cui l’identità digitale sarà veramente unica, centralizzata, sicura e interamente sotto il controllo dello Stato italiano, allineandosi ai moderni standard europei.

Shopify e Automazione Fiscale di FatturaPRO.click per le PMI italiane

App FatturaPRO.click in Shopify: il nostro contributo al “Checkout che converte di più al mondo”

 

Shopify è una delle piattaforme E-Commerce più apprezzate da chi vende online, e sempre più realtà ne sfruttano la semplicità di startup e configurazione per lanciarsi nel commercio online.

Una delle caratteristiche più note del sistema, è la possibilità di creare un “checkout” molto ergonomico, che facilita la finalizzazione degli ordini, riducendo il tasso di abbandono del carrello virtuale.

FatturaPRO.click, grazie alla sua specializzazione in Automazione Fiscale, ha sviluppato da tempo un’app “ufficiale”.

Grazie ad essa, puoi automatizzare la rendicontazione fiscale, rendendo ergonomico il sistema non solo per chi compra ma anche per chi vende.

Ora: queste prime righe potrebbero indurti a pensare che l’intero articolo sia pensato per chi utilizza Shopify per vendere online. Ma non è così.

Voglio approfittare, invece, di questo argomento per portarti ad una riflessione più ampia, che può risultare utile un po’ a tutti.

Il commercio entra nel momento più caldo dell’anno, e migliaia di aziende e professionisti nel mondo riscaldano i motori affidandosi a strumenti come Shopify

 

Partiamo da qui: perché ne parliamo? Perché trattare questo argomento proprio ora?

Mentre scrivo questo pezzo, siamo a fine ottobre e il commercio è in piena fibrillazione.

Blackfriday, festività natalizie, saldi di inizio anno: nei prossimi 3 mesi, molti esercenti si “giocano” una buona fetta del proprio fatturato, e il canale online diventa sempre più vitale col passare degli anni.

Shopify è la capostipite di un mondo fatto da piattaforme che permettono agli esercenti di essere presenti online.

E di entrare nella grande competizione delle vendite su internet, attraverso un investimento controllato e alleggerito di tante voci di investimento.

Creare un e-commerce da zero, infatti, può comportare spese di tutto rispetto.

Specie per le piccole realtà che non fatturano cifre milionarie, e che magari hanno delle finestre commerciali ampie solo in determinati momenti dell’anno.

Per queste attività, sviluppare un e-commerce da zero, e mantenerlo tutto l’anno a fronte – talvolta- di un’elevata stagionalità, non è particolarmente praticabile.

Che fare allora? Rinunciare? 

No. 

Ecco perché strumenti tipo Shopify, insieme ad altri, stanno riscontrando una diffusione esponenziale.

Perché sono piattaforme pensate sia “con gli occhi”  dei consumatori, sia “con gli occhi” dell’imprenditore. 

L’acquisto compulsivo viaggia su internet, e l’inverno è il suo carburante perfetto

 

A partire dal 2020, anno tristemente ricordato per la pandemia, un numero sempre maggiore di attività si è dovuta necessariamente affacciare al mondo di internet.

Ma pochissime di queste realtà avevano – e hanno – le risorse per mettere in piedi una vera e propria macchina di vendita online.

Per farlo, non serve soltanto avere disponibilità economiche tali da poter sviluppare un sito e-commerce da zero.

Perché quello sarebbe solo la punta dell’iceberg di un’avventura veramente complessa da gestire.

Dopo aver creato un ipotetico sito e-commerce da zero, questo andrebbe mantenuto.

Ma non solo.

Servirebbe poi uno staff dedicato al monitoraggio degli ordini e all’erogazione del delivery, e un altro gruppo di lavoro per la gestione degli scontrini o delle fatture.

Col passare degli anni, la consapevolezza sull’importanza di essere presenti su internet non è scemata, anzi.

Per quanto la pandemia abbia lasciato dietro di sé molti aspetti che in tanti vogliono dimenticare, l’evoluzione registrata a livello di consapevolezza imprenditoriale in ambito online, è aumentata.

E difficilmente potrà regredire.

Ciò non toglie, però, che per molte attività esista una stagionalità tale per cui avere un impianto di acquisizione clienti e vendita online, capace di vendere costantemente 365 giorni all’anno, è complicato.

Sono tante le realtà che, ad esempio, concentrano buona parte del fatturato proprio in questo momento dell’anno.

In Shopify hanno capito proprio questo, e sono stati tra coloro che meglio di altri hanno capito come mettere in piedi l’offerta perfetta:

  • Costi fissi e alla portata di qualsiasi attività commerciale nel mondo
  • Semplicità di avviamento e fine tuning
  • Automazioni facili da comprendere e da impostare, per aumentare le vendite e non rallentare le operazioni commerciali della piccola attività

Come entra FatturaPRO.click nel percorso di crescita di Shopify (soprattutto in Italia)?

 

Circa tre anni fa, abbiamo colto l’importanza che stava acquisendo Shopify nella vita di tanti imprenditori, dalla grande azienda all’esercizio “su strada”.

Da qui è nata l’idea di portare al progetto la nostra competenza sull’Automazione Fiscale.

Per estendere il grado di ergonomia che fa di Shopify un punto di riferimento nel settore dei Builder per E-Commerce anche al lato fiscale.

Del resto, se è vero ed è logico che molte imprese scelgano Shopify per la “tripletta” di benefici che abbiamo elencato sopra, è vero anche che siamo in Italia. 

E, soprattutto da noi, vendere online non è solo un “problema” di processi commerciali e organizzativi.

Da noi non basta mettere un prodotto online e attivare un sistema di pagamento con Paypal, Satispsy, Stripe o altri gateway per velocizzare gli incassi.

E non basta neppure automatizzare la comunicazione di benvenuto e di tracking, per consentire all’acquirente di seguire passo passo il processo di consegna.

Ed è qui che, a supporto dei processi di CheckOut di Shopify, abbiamo installato dei Plugin di Automazione Fiscale per semplificare, automatizzare e rendere persino “trasparenti” le attività di rendicontazione verso Agenzia delle Entrate.

Come funziona il processo l’Automazione Fiscale su Shopify?

 

Abbiamo studiato un processo di implementazione che fosse al passo con il livello di ergonomia che caratterizza l’intera esperienza d’uso che Shopify riserva da anni ai suoi utenti.

In sostanza, per attivare la nostra app di Automazione Fiscale, è sufficiente entrare nel marketplace delle estensioni di Shopify, dopo aver implementato la piattaforma e aver attivato il proprio negozio online.

Qui è sufficiente cercare FatturaPro nella barra di ricerca.

Poi, è possibile seguire una procedura guidata per installare l’app, e il gioco è già fatto.

Come nella pubblicità della Pick Indolor degli anni ’80.

Già fatto.

Da quel momento in poi, con pochissimi accorgimenti e un Fine Tuning veramente basico, anche un utente del tutto privo di un background tecnologico può cominciare a produrre corrispettivi e fatture da inviare al Sistema di Interscambio, senza fare fatica.

Coerentemente con l’intero progetto Shopify, tutto ciò comporta la possibilità di erogare ordini acquisiti online, senza l’obbligo di dover assumere personale a presidio dei vari ambiti che supportano le operazioni commerciali di un’azienda.

Nel nostro caso, non serve una addetta amministrativa al controllo degli ordini online, né serve personale di collegamento tra azienda e studio commercialista, che può ricevere tutta la documentazione utile ai fini della contabilità fiscale, anche qui senza alcuna fatica.

Il potere della focalizzazione

 

Anche questo excursus sul percorso di collaborazione tra FatturaPRO.click, e una realtà mondiale come Shopify, costituisce una traccia di un principio fondamentale: quello della focalizzazione.

FatturaPRO.click, essenzialmente, è un team di sviluppo, che però ha maturato in 10 anni competenze di elevata profondità in ambito digitale/fiscale.

Avremmo potuto, e potremmo, sviluppare software di tutti i tipi, perché oltre a conoscere intimamente la materia fiscale, conosciamo perfettamente anche i processi delle aziende.

Potremmo sviluppare gestionali, app e sistemi di tutti i tipi.

Ma rimaniamo ancorati sul tema fiscale, non solo perché in Italia è complesso. Ma perché conosciamo perfettamente il tessuto imprenditoriale italiano.

Quali sono i suoi bisogni? Qual è il grado di semplificazione che dobbiamo raggiungere, per essere davvero utili allo sviluppo di una Piccola Media Impresa, che costituisce il 90% e oltre dell’intero mondo imprenditoriale?

Il modo in cui abbiamo focalizzato un problema – quello della vendita online e della produzione di documenti fiscali – e lo abbiamo ridotto ai minimi termini, è un esempio che vale nel caso dell’esperienza con Shopify, ma ormai può valere in qualsiasi ambito.

Se hai un’azienda, che sia online o basata su punti di vendita fisici (o magari entrambe le cose), e hai bisogno di azzerare ogni complessità e ogni rallentamento, eliminando dai processi gli ostacoli fisiologici della gestione fiscale, puoi sempre partire da  una certezza.

Il nostro servizio clienti, che può analizzare il tuo caso e trovare la via corretta per integrare il nostro know how di automazione fiscale ai tuoi gestionali, ai tuoi processi e alle tue procedure.

Forzatura di emissione documento fiscale da e-commerce? Non è mai stata più facile di così!

Come ribadito nell’articolo della scorsa settimana, l’e-commerce è stata una manna dal cielo per molti imprenditori del Bel Paese. Ma se la gestione delle aliquote iva è uno dei tasti dolenti della gestione dell’e-commerce, la gestione dei documenti fiscali non è da meno. La soluzione a questo tedioso problema è sicuramente la gestione della forzatura di emissione documento disponibile su FatturaPRO.click. 

A differenza dello scorso articolo, un pò lungo visto che abbiamo analizzato insieme come modificare le aliquote per i vari prodotti in tutti gli e-commerce, questo sarà più breve, perchè, chi ci conosce lo sa già, noi di FatturaPRO.click amiamo la semplificazione dei processi.

Cosa si intende per forzatura di emissione documento e quando sono utili? 

 

Quando si parla di forzatura di emissione ci riferiamo a un comando che forza l’emissione di un tipo di documento rispetto a quello che l’e-commerce emetterebbe in base ai dati presenti nel checkout dell’ordine. 

Si potrebbe pensare : “ perchè forzare un tipo di documento se il cliente ne ha chiesto un’altro?” 

La risposta è semplice e di natura gestionale per la maggior parte dei casi. Ma vediamo insieme le casistiche. 

Abbiamo vari tipi di forzature in FatturaPRO.click tra cui le più rilevanti sono : 

 

    1. Emetti sempre un corrispettivo: questa funzione permette di forzare l’emissione di un corrispettivo, indipendentemente dai dati presenti nel checkout. Questa forzatura è da utilizzare soltanto per ordini provenienti da UE ( o in qualche caso per il resto del mondo)  in quanto in italia il cliente ha il diritto di poter ricevere una fattura se inserisce i propri dati fiscali
    2. Emetti sempre una fattura: questa funzione permette di forzare l’emissione di una fattura. Anche questa è molto utile quando si parla di vendite estere, soprattutto quelle che si trovano fuori dall’UE, che necessitano di un documento di accompagnamento per i controlli doganali. 
    3. Compila il registro OSS: la compilazione del registro OSS viene utilizzata da molti clienti che superano una certa soglia di vendita in UE o extra UE, definita dalle normative vigenti.

Come impostare la forzatura di emissione documento su FatturaPRO.click? 

 

Come per la forzatura delle aliquote iva, anche quella dell’emissione documento è molto semplice da impostare. 

Bisognerà andare al menù account- siti e-commerce e cliccare su modifica a destra del proprio dominio. 

Una volta entrati in modifica bisognerà andare nella sezione Forza emissione e scegliere le forzature a seconda delle aree e salvare le nuove impostazioni. 

Speriamo che questa guida vi sia stata utile, come sempre noi restiamo a disposizione per ogni possibile dubbio. 

 

Il team di supporto

 

CAD

Tassazione criptoattività 2026: novità dalla legge di bilancio

La tassazione criptoattività rappresenta uno degli aspetti più rilevanti della legge di bilancio 2026, che introduce un trattamento fiscale differenziato per le operazioni su asset digitali. Mentre l’aliquota generale del 33% sulle plusvalenze da cripto-attività viene confermata dal 1° gennaio 2026, come già previsto dalla manovra dell’anno precedente, il legislatore introduce un’importante eccezione per i token di moneta elettronica denominati in euro, comunemente noti come stablecoin euro.​

Tassazione criptoattività agevolata per stablecoin in euro

L’articolo 13 della bozza del disegno di legge di bilancio 2026 prevede l’applicazione di un’aliquota ridotta al 26% per i redditi derivanti da operazioni di detenzione, cessione o impiego di token di moneta elettronica ancorati all’euro, in luogo dell’aliquota ordinaria del 33%. Questa misura si applica esclusivamente ai token conformi alla definizione prevista dall’articolo 3, paragrafo 1, numero 7 del Regolamento europeo MiCAR (UE) 2023/1114.​

Per beneficiare della tassazione criptoattività agevolata, i token devono soddisfare requisiti specifici: il valore deve essere stabilmente ancorato all’euro e i fondi di riserva devono essere detenuti integralmente in attività denominate in euro presso soggetti autorizzati nell’Unione europea. La norma chiarisce inoltre che non costituisce evento fiscalmente rilevante la mera conversione tra euro e token di moneta elettronica denominati in euro, né il rimborso in euro del relativo valore nominale. Questo significa che l’utilizzo delle stablecoin in euro come strumento di pagamento o custodia non comporta tassazione, che si applica solo in presenza di un effettivo guadagno economico.​

Tassazione criptoattività: il Tavolo permanente di vigilanza

Contestualmente alle modifiche fiscali sulla tassazione criptoattività, la legge di bilancio 2026 prevede l’istituzione di un Tavolo permanente di controllo e vigilanza sulle cripto-attività e la finanza innovativa, da costituire entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge tramite decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Il Tavolo sarà composto da rappresentanti del MEF, della Guardia di Finanza, della CONSOB, della Banca d’Italia, dell’Unità di informazione finanziaria, dell’Agenzia delle Entrate, nonché delle associazioni più rappresentative del settore ed esperti accademici.​

I compiti principali dell’organismo includono il monitoraggio costante dei rischi connessi al settore, l’elaborazione di indirizzi strategici nazionali in materia di prevenzione di frodi e abusi, la predisposizione di un protocollo di legalità tra istituzioni e operatori per contrastare il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo, la redazione di rapporti periodici sull’evoluzione tecnologica e finanziaria del comparto e la promozione di iniziative per l’educazione finanziaria dei consumatori. È importante sottolineare che ai componenti del Tavolo non spettano compensi, gettoni di presenza o altri emolumenti.​

Tassazione criptoattività: il contesto normativo europeo

La scelta di riservare un trattamento fiscale agevolato alle stablecoin denominate in euro si inserisce nel più ampio contesto della regolamentazione europea MiCAR, entrata in vigore in modo progressivo nel corso del 2024. Il regolamento distingue tra token di moneta elettronica (EMT), che mantengono un valore stabile ancorato a una singola valuta ufficiale, e token collegati ad attività (ART), che fanno riferimento a panieri di asset diversi. Le norme relative a EMT e ART sono entrate in vigore il 30 giugno 2024, mentre l’intero impianto normativo sarà pienamente applicabile dal 30 dicembre 2024.​

Questa distinzione ha conseguenze fiscali rilevanti: mentre le conversioni verso EMT denominati in euro beneficiano dell’aliquota ridotta al 26%, le operazioni che coinvolgono stablecoin ancorate ad altre valute, come il dollaro statunitense, restano soggette all’aliquota ordinaria del 33%. L’Italia si pone così su una linea di equilibrio tra innovazione e certezza fiscale, evitando di scoraggiare l’adozione delle stablecoin regolamentate europee e garantendo al contempo un gettito coerente e trasparente.​

Gestione aliquote IVA e-commerce: non farti trovare impreparato!

Se dovessimo descrivere in poche parole la gestione aliquote IVA in un e-commerce potremmo definirle, senza ombra di dubbio, come il tasto dolente dell’imprenditore digitale.

Negli ultimi anni, l’e-commerce in Italia ha registrato una crescita costante, diventando una leva strategica anche per le micro e piccole imprese. Un numero sempre maggiore di imprenditori decide, infatti, di lanciarsi nella vendita e-commerce nella speranza di estendere il proprio giro di clienti e far conoscere a più persone possibili i propri prodotti o servizi.

Secondo i dati più recenti di Netcomm e ISTAT, oggi sono oltre 82.000 le imprese italiane che vendono online tramite un proprio sito o marketplace. Un dato significativo, soprattutto se confrontato con le circa 50.000 attive nel 2019.

In termini percentuali, circa il 18% delle aziende italiane utilizza canali e-commerce per la vendita dei propri prodotti o servizi. Anche se il dato è in crescita, resta inferiore alla media europea, che si attesta intorno al 23%. L’adozione è particolarmente diffusa tra le grandi imprese (41%), mentre cala al 22% nelle medie e scende ulteriormente nelle microimprese, dove si ferma tra l’8% e il 10%

Sebbene l’apertura di un e-commerce rappresenti una grande opportunità di business c’è sempre una nota dolente dietro l’angolo. Una di queste, forse la più problematica in fase di predisposizione del marketplace, è la gestione delle aliquote iva dei prodotti. 

Con l’articolo di oggi vogliamo provare a chiarire i vari step da seguire per la gestione delle aliquote IVA dei prodotti dei nostri e-commerce, basandoci sui tre più utilizzati e integrati perfettamente a FatturaPRO.click tramite plugin/app: Shopify, Woocommerce e Prestashop. 

 

Gestione aliquote IVA su Shopify

 

Shopify è una delle piattaforme di e-commerce più usate in italia, grazie alla facilità d’uso, al design moderno e alle funzionalità integrate.

I passaggi per la corretta applicazione dell’aliquota IVA/esenzione in Shopify sono i seguenti:

 

1. Accedi al tuo pannello di controllo Shopify

  • Vai su https://www.shopify.com/login
  • Inserisci email e password associate al tuo store

 2. Vai nella sezione “Prodotti”

  • Dal menù laterale clicca su “Prodotti”
  • Seleziona il prodotto su cui vuoi configurare l’IVA (o clicca “Aggiungi prodotto” per crearne uno nuovo)

3. Scorri fino alla sezione “Prezzi”

  • Nella scheda del prodotto, individua la sezione “Prezzo”
  • Qui troverai:
    • Prezzo: inserisci l’importo lordo o netto (a seconda delle tue impostazioni fiscali)
    • “Addebita le imposte su questo prodotto”: assicurati che la casella sia selezionata

NB: Spuntare questa opzione permette a Shopify di applicare l’IVA automaticamente secondo le regole fiscali configurate per il tuo store.

 

 4. Configura le aliquote IVA per il tuo Paese (es. Italia)

Questo passaggio è cruciale per impostare la corretta aliquota IVA (es. 22%, 10%, 4%) da applicare ai prodotti.

Vai su:

Impostazioni > Tasse e dazi (Taxes and duties)

Seleziona la regione fiscale (es. Italia)

  • Clicca su “Europa”, poi su “Italia”
  • Shopify calcolerà in automatico l’IVA standard (22%), ma puoi modificare o aggiungere aliquote personalizzate

Per aggiungere un’aliquota personalizzata:

  • Vai su “Override delle imposte”
  • Clicca su “Aggiungi override”
  • Scegli una collezione di prodotti o una categoria a cui applicare una diversa aliquota (es. 4% per libri, 10% per alimenti)
  • Inserisci la nuova aliquota IVA e salva

 5. Salva il prodotto

  • Dopo aver spuntato “Addebita le imposte su questo prodotto” e verificato le aliquote, clicca su “Salva” in alto a destra

 

Gestione aliquote IVA su Woocommerce

 

Woocommerce resta, al momento, la piattaforma di e-commerce più utilizzata non solo in Italia ma nel mondo intero. I suoi punti di forza sono la sua natura open source e la flessibilità che consente di avere a chiunque sia pratico nella programmazione.

La gestione delle aliquote in Woocommerce risulta leggermente più semplice che in Shopify. Vediamo insieme come fare. 

 

1. Accedi alla dashboard di WordPress

  • Vai su tuosito.it/wp-admin
  • Inserisci le credenziali del tuo amministratore WordPress

 2. Vai su WooCommerce > Impostazioni > Imposte

Se la sezione “Imposte” non è visibile, attivala qui:
WooCommerce > Impostazioni > Generale > Abilita le imposte e i calcoli fiscali

 

3. Configura le aliquote IVA

  • Clicca su “Imposte”, poi su “Aliquote standard”
  • Inserisci una nuova riga con:

 

    • Paese: IT
    • Codice postale, città, provincia: lascia * o specifica
    • Aliquota: es. 22, 10, 4
    • Nome tassa: IVA 22%
    • Priorità: 1
    • Composta: no
    • Spedizione tassata: sì

 Ripeti per le altre aliquote (10%, 4%)

 

 4. Imposta l’IVA sul prodotto

 

  • Vai su Prodotti > Tutti i prodotti
  • Seleziona o crea un prodotto
  • Nella scheda prodotto, vai su:
    • Dati prodotto > Generale
    • Campo Prezzo normale
    • Spunta: Prezzo comprensivo di IVA? (impostazione generale)
    • Campo Classe tassa: scegli tra Standard, IVA ridotta (10%), IVA super ridotta (4%) o Esente

 

 5. Salva il prodotto

Clicca su “Aggiorna” o “Pubblica” per confermare.

 

Gestione aliquote IVA su Prestashop

 

Ultimo, ma non per importanza, Prestashop. Questa piattaforma è una delle più longeve in Europa, utilizzata soprattutto dalle PMI.  Come si impostano le aliquote IVA in Prestashop? 

1. Accedi al back office di PrestaShop

  • Vai su tuosito.it/admin (personalizzato)
  • Login con utente e password amministratore

2. Configura le tasse

  • Vai su International > Tasse
  • Clicca su “Aggiungi nuova tassa”
    • Nome: IVA 22%
    • Aliquota: 22
    • Stato: attivo

 Ripeti per 10% e 4%

 

 3. Crea o assegna una regola fiscale

 

  • Vai su International > Regole fiscali
  • Clicca su “Aggiungi nuova regola fiscale”
    • Nome: Italia – IVA Standard
    • Paese: Italia
    • Imposta: IVA 22%
    • Comportamento: Applica solo questa tassa

 Puoi creare regole per ogni aliquota da associare a diversi prodotti

 

 4. Assegna l’IVA al prodotto

 

  • Vai su Catalogo > Prodotti
  • Modifica o aggiungi un prodotto
  • Scheda Prezzi
    • Campo: Prezzo tasse escluse
    • Campo: Regola fiscale → seleziona la regola con l’IVA desiderata (es. Italia – IVA 22%)

  5. Salva

  Clicca su “Salva” in alto a destra

Gestione aliquote IVA su FatturaPRO.click 

 

Pochi lo sanno ma, tramite FatturaPRO.click e il suo collegamento all’e-commerce via Api Key, è possibile stabilire una forzatura delle aliquote in due modalità diverse: in base alle singole nazioni o alle aree geografiche. 

NB: Questa opzione è praticabile solo se tutti i prodotti hanno una sola aliquota IVA. Per chi vende in Italia con aliquote iva diverse l’unica soluzione è procedere come descritto sopra a seconda dell’e-commerce con cui si lavora. 

Gestione aliquote IVA per singola nazione

 

Andando alla voce Tabelle dal menù di sinistra della piattaforma è possibile trovare la sezione Nazioni

Tutto quello che bisognerà fare è cliccare sul tasto aggiungi e procedere inserendo la nazione e la rispettiva aliquota iva da applicare. A quel punto si potrà cliccare su salva e nuovo per aggiungere una nuova nazione o su salva e ritorna al completamento dell’operazione.

Dopo aver inserito le varie nazioni, tutti i prodotti venduti per quel Paese verranno importati in piattaforma scorporando automaticamente l’IVA in base alle impostazioni salvate, per poi procedere all’emissione del documento fiscale.

 

Gestione aliquote IVA per aree geografiche

 

Qualora si preferisse operare per aree geografiche più estese, il percorso da fare è leggermente diverso ma altrettanto semplice. 

Alla voce account del menù di sinistra bisognerà selezionare Siti e-commerce. A quel punto troveremo il nostro dominio con Api Key associata e, in fondo, il tasto modifica

Andando in modifica bisognerà spostarsi nella sezione Forza aliquota. Lì sarà possibile impostare un’aliquota unica per le vendite provenienti da Italia, UE o resto del mondo

 

 

Come già detto in precedenza, le forzature messe a disposizione da FatturaPRO.click vanno a sovrascrivere i dati presenti negli e-commerce, aggiungendo un IVA da scorporare durante l’emissione dei documenti fiscali. Queste forzature sono, però, applicate a tutti i prodotti. È quindi importante ricordare che le forzature presenti in piattaforma sono da utilizzare qualora si applicasse solo una determinata aliquota iva cumulativa per tutti i prodotti. 

 

Speriamo che questa piccola guida vi sia stata utile e restiamo comunque a disposizione per maggiori informazioni e/o chiarimenti a riguardo. 

 

Il team di supporto.

POS di nuova generazione: il gancio tra negozio offline e online

POS: Porta aperta tra due mondi, Online e Offline. 

Solo pochi anni fa, il POS era visto come il male assoluto. Qualcosa di dolorosamente necessario, da osteggiare il più possibile.

Negli ultimi 5 anni, tuttavia, Banca d’Italia ha registrato un incremento di terminali pari a oltre mezzo milione di unità.

In parte, sicuramente, lo si deve al fatto che molti esercenti si sono rivolti a sistemi di pagamento alternativi, con formule più convenienti a seconda delle transazioni.

Ma non è certamente solo questo il motivo, anche perché proprio in funzione di una diversificazione dell’offerta, molti terminali dei circuiti tradizionali sono stati dismessi.

Cos’è cambiato? Cosa è veramente successo? E perché questo trend è incredibilmente importante per te?

Entriamo subito nel vivo per scoprirlo.

Il tessuto imprenditoriale italiano e il concetto di costo-beneficio

Non è la prima volta che, in questa rubrica, affrontiamo l’argomento del POS nelle sue nuove declinazioni e funzionalità.

Sappiamo bene che, anzitutto, l’oggetto “terminale” è proprio cambiato, in una evoluzione generazionale che l’ha visto passare da semplice terminale digitale-analogico, a “punto di contatto intelligente” con la clientela, anche grazie alla rivoluzione in essere sui registratori di cassa.

Ma noi italiani non siamo così attratti da questo genere di innovazione. E, al tempo stesso, siamo molto avversi alle imposizioni dello Stato.

In questa riflessione mi ci metto anche io, sia chiaro.

Specie quando abbiamo la sensazione di dover pagare noi, di tasca nostra, il costo del cambiamento.

Eppure, già con la Fatturazione Elettronica è successo qualcosa di simile: da legge ostile e contestatissima, siamo arrivati a 6 anni di distanza dalla sua entrata in vigore senza che nessuno si sia smaterializzato. 

Nel caso del POS, ciò che ha permesso al cambiamento – ancora in corso – di prendere vita, è qualcosa di ulteriormente diverso.

Il tessuto di esercenti e piccoli imprenditori italiani ha capito il principio di costo- beneficio.

Il POS è una rottura. Costa in commissioni, costa in canoni e costa in manutenzione, per quanto i prezzi si siano calmierati, proprio in funzione dell’arrivo di diversi player alternativi.

Però, oltre ad essere comodo per il cliente pagante, ha un altro risvolto che lo ha reso via via sempre più accettabile e accettato.

Il POS è diventato un dispositivo intelligente, che può trasmettere dati e dare vita a dei piccoli processi che possono ripagare tutti i fastidi che comporta.

POS: Automazione fiscale… e non solo

Grazie alla nuova generazione di terminali, è possibile gestire la contabilità fiscale con livelli di automazione che diventeranno sempre più profondi, con la graduale adozione dei registratori di cassa.

Gli esercenti stanno iniziando a capire che, per quanto il mantenimento di un POS sia costoso, e per quanto possa ridurre i margini di escapologia che qualche esercente ha continuato a mantenere in voga, nonostante i tempi non siano favorevoli per queste cose, il ritorno è troppo importante.

Un ritorno fatto di scontrini che vengono gestiti in automatico, di una contabilità fiscale che non richiede più ore di gestione, di chiusure di cassa, di verifica per via dei conti che non tornano.

E questi benefici piacciono. 

Arrivano a piacere persino di più rispetto ai fastidi e alle abitudini da cambiare che l’evoluzione dei POS si porta dietro.

Quindi, se consideriamo che:

  • Con i nuovi POS è aumentata la concorrenza tra player, e i canoni hanno registrato una significativa flessione (in alcuni casi anche le commissioni)
  • Ci sono meno cose da fare, perché è sempre più facile che questa nuova generazione di POS introducano automatismi fiscali graditissimi
  • Sono in molti casi anche facili da implementare, perché possono collegarsi senza fili e non richiedere più linee ISDN antiquate (e anch’esse costose),

Appare chiaro perché questi nuovi terminali risultano molto più accettati dagli esercenti e dai “piccoli imprenditori” italiani rispetto al passato.

Ad un livello che, probabilmente, non avremmo mai immaginato prima e non avremmo potuto prevedere.

Ma il POS introduce anche un ulteriore livello di automazione (e innovazione)

Proprio in virtù della sua caratteristica di “dispositivo intelligente”, il POS è anche – ormai – un pozzo di dati, che possono essere sfruttati per sviluppare l’attività in modo del tutto etico.

Questi dispositivi sono, infatti, destinati a diventare dei “touchpoint”, come si dice in gergo “tecnico” nel settore retail.

Dei punti di contatto tra l’attività e il cliente stesso.

Degli strumenti che possono condividere, in modo protetto e sicuro, informazioni preziose.

Che oltre a essere indirizzate ad Agenzia delle Entrate, possono essere condivise anche con le aree interne della tua stessa attività o piccola impresa.

In particolare con il Servizio Clienti.

So già cosa stai per pensare.

Ancora una volta, il tuo istinto italiano produce i suoi riflessi. 

Non si tratta di spiare il cliente, o di passare le sue informazioni sulle abitudini di acquisto e di pagamento a qualche entità sottobanco, per aprire chissà quale mercato di informazioni occulte.

Niente affatto! 

Possiamo, invece, reinserire queste informazioni all’interno di piccoli ecosistemi digitali che possono aiutare il cliente a vivere un’esperienza “post acquisto” migliore.

Il miglior antidoto contro il “buyer remorse”

Offrire al cliente una meravigliosa esperienza post acquisto, aiuta a calmare quel senso di rimorso che ognuno prova quando acquista qualcosa.

Far sentire il cliente coccolato e immerso in un rapporto che, senza risultare invadente e fuori luogo, è ciò che lo accompagna nei momenti successivi all’acquisto.

Ovviamente questo funziona se fatto bene e con uso di tecniche comunicative, di marketing e vendita professionali, valorizza l’acquisto senza disturbare.

Di sicuro succede anche a te di trovarti bene a contatto con il servizio di un’azienda, e ti ritrovi periodicamente a riacquistare determinati prodotti, o servizi, dalla stessa impresa, soprattutto quando questi acquisti sono associati a una sensazione di benessere.

Mettere in piedi dei sistemi che fanno proseguire questo piacere nel tempo, nei giorni successivi, mantiene il consumatore collegato alla sua fonte di benessere. Lo fa fantasticare e desiderare il giorno in cui tornerà a godersi quell’esperienza ancora e ancora.

Senza che qualche concorrente possa distrarlo e portarlo via.

OK, il POS avrà sempre più un ruolo importante in tutto questo. Perché trasmettendo i dati al Servizio Clienti, può diventare quel “touchpoint”, quel dispositivo intelligente che innesta processi automatici di marketing, di comunicazione e di offerte mirate che tengono il cliente legato.

Collegato e informato.

Senza essere né fastidiosi, né pesanti.

POS: il Ponte tra Online e Offline, dicevamo

Ma non è tutto, perché – come se fosse poco ciò che abbiamo detto – il POS diventa anche il punto di congiunzione tra il mondo fisico e il mondo online.

Tra negozio fisico e e-commerce.

Mentre leggi questa riflessione, infatti, sempre più esercenti si stanno munendo di strumenti per poter vendere online, H24 e raggiungendo clienti in tutto il mondo.

Il POS può diventare quel dispositivo capace di “agganciare”, ad esempio, un cliente occasionale, che entra in un esercizio commerciale lontano da casa, e che può innescare dei processi di marketing utili affinché questa persona lontana possa essere invogliata a comprare ancora.

Grazie all’online, per l’appunto.

Ecco perché il POS non è più un terminale di pagamento,  ma un dispositivo che proietta esercizi ed imprese verso il commercio del futuro, fatto di punti vendita fisici e e-commerce.

Vuoi ricevere una nostra consulenza per capire come puoi, anche tu, progettare il tuo ponte di connessione tra offline e online, anche se non hai un e-commerce e il tuo POS non fa (ancora) le cose mirabolanti che abbiamo raccontato qui?

Prendi contatto subito con il nostro Servizio Clienti.