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Aprire attività senza soldi: spirito d’iniziativa e propensione al risparmio

Nell’articolo precedente: “Attività da aprire a casa: quali e come” abbiamo visto che oggi esistono moltissime possibilità per sviluppare un’impresa online. Non è sempre necessario avere molti fondi a disposizione per realizzare il proprio business. È infatti possibile anche aprire attività senza soldi, o comunque senza ingenti capitali a disposizione. In alcune circostanze è necessario poter fare affidamento su partner e finanziatori e, senza dubbio, è impossibile rinunciare a un buon business plan per trovare la soluzione migliore all’attività da avviare.

Aprire attività senza soldi puntando alle risorse gratuite

Chi vuole iniziare a fare impresa, ma non possiede notevoli capitali, può (e deve) fare riferimento alle migliaia di risorse gratuite che può trovare online. Il web è ricco di opportunità gratuite da sfruttare. Ad esempio, molte grandi piattaforme permettono di vendere da subito i propri prodotti, potendo così risparmiare sulla realizzazione di un proprio e-commerce. In alternativa è possibile vendere beni, prodotti e servizi direttamente sui Social Media (come Instagram, Pinterest, oppure  TikTok).

Le risorse online gratuite esistono e sono a disposizione di chiunque sappia come sfruttarle. Per saperlo, però, è importante conoscere bene le esigenze del proprio business e stilare un elenco di tutte le reali necessità da soddisfare.

Come aprire un’attività senza soldi: gestione di entrate e uscite

L’onestà paga, anche e soprattutto quella con se stessi. All’inizio aprire un’attività senza soldi non è semplice e pone difronte a molte difficoltà. La differenza è data però dall’onestà di gestione di entrate e uscite. È opportuno essere onesti con se stessi e quantificare in modo corretto le uscite da sostenere. In secondo luogo bisogna calcolare esattamente quando le prime entrate andranno finalmente a coprire le spese iniziali. Solitamente una nuova attività, prima di “ingranare la marcia giusta” e realizzare un vero profitto dal proprio lavoro, impiega circa sei mesi di tempo.

Aprire attività senza soldi

 

Gestire le finanze in modo oculato significa anche saper (e dover) risparmiare. Quindi, anche l’apertura di un conto corrente aziendale deve essere fatto con cognizione di causa, conoscendo approfonditamente il suo costo reale.

Aprire attività commerciale senza soldi: cercare dei finanziatori

Per aprire un’attività senza soldi è importante cercare dei finanziatori disposti a investire sul progetto da realizzare. I primi a cui rivolgersi sono, solitamente, amici e familiari. Le persone più care e vicine al futuro imprenditore, sono anche quelle che, solitamente, sono più predisposte, rispetto agli altri, a partecipare alle idee da sviluppare.

Qualora poi i finanziamenti così ottenuti (o non ottenuti in alcuni casi), non fossero sufficienti per partire con l’attività, le piattaforme di crowdfunding rimangono sempre un’ottima alternativa. Questo sistema permette di coinvolgere molti utenti nella propria idea di business e di parteciparvi attivamente finanziando il progetto, la realizzazione e il commercio.

Rappresentano un’altra grande opportunità gli investitori privati. A differenza dei familiari, degli amici, o delle piattaforme di crowdfunding, chi decide d’investire privatamente in un progetto lo fa perché crede nell’idea proposta e il business plan presentano è solido e accurato. Solitamente investono il proprio denaro e sono loro stessi imprenditori, oppure ex-imprenditori.

Da ultimo, ma non per importanza, citiamo anche i classici istituti di credito ai quali è sempre possibile richiedere un finanziamento per piccole imprese. Per aprire un’attività, bastano, il più delle volte, poche risorse finanziari. 3000€ possono bastare per avviare un’attività senza doversi “indebitare” esageratamente e senza dover sottostare a interessi proibitivi.

Aprire un’attività in proprio senza soldi: conclusioni

Aprire un’attività senza soldi non è certo un’impresa facile, ma nemmeno impossibile. Non esiste un manuale che insegni a fare impresa e partire con una nuova attività. Ogni caso è a se stante e le situazioni cambiano e si evolvono in modo sempre diverso. L’importante è perseverare, andare sempre avanti e credere, fino in fondo, alle proprie idee.

Diventare imprenditore: vantaggi, svantaggi e possibilità

Diventare imprenditori e fare impresa comporta sempre alcuni rischi, ma i vantaggi non sono pochi. La strada per aprire una partita IVA e diventare imprenditore e quindi il capo di se stessi a volte presenta qualche difficoltà. Se affrontata con convinzione, professionalità, impegno e cognizione di causa, i risultati non tardano però ad arrivare. Di solito chi inizia una nuova attività possiede già una conoscenza di base nel settore. Non per tutti è così e chi non ha maturato alcuna esperienza, solitamente preferisce appoggiarsi a partner che ne abbiano. Gli investimenti da sostenere variano a seconda del settore. Un business presenta moltissime sfaccettature diverse che è sempre bene conoscere prima d’iniziare una nuova avventura imprenditoriale.

Diventare imprenditore: la spinosa questione della gestione del tempo

Una delle sfide principali che un neo imprenditore deve affrontare, riguarda la gestione del tempo in attività. A questa seguono contabilità e gestione del proprio business. Anche la strategia marketing richiede impegno e non è sempre una strada semplice da percorrere. Infine, un’altra spinosa questione, riguarda la dichiarazione dei redditi, che sempre più spesso, è affidata, per comodità, a dottori commercialisti professionisti del settore.

L’amministrazione del tempo rimane comunque un problema sentito da molti. Saper gestire correttamente il tempo messo a disposizione per un’attività imprenditoriale, non è affatto semplice, soprattutto per chi è alle prime armi. La maggior parte dei neo imprenditori, inizialmente, dedica meno tempo alla nuova attività perché la svolge contemporaneamente a un’altra. Di media occorrono da uno a due anni di lavoro affinché una nuova attività lavorativa imprenditoriale possa diventare davvero redditizia.

Come diventare imprenditori di successo sfruttando le nuove tecnologie digitali

Gli strumenti digitali rappresentano un punto chiave per il successo di un’impresa. Purtroppo, nonostante gli enormi passi avanti che la tecnologia ha fatto negli ultimi anni, sono ancora pochi gli imprenditori che la sfruttano per la propria attività. Alcuni soggetti, invece, hanno capito che l’integrazione della tecnologia e la digitalizzazione delle aziende consente la semplificazione dei processi con un conseguenziale risparmio economico.

Nelle attività imprenditoriali la tecnologia è sfruttata soprattutto per la fatturazione elettronica, le vendite (ad esempio, per processare gli ordini, tracciare i pagamenti e ottenere le rendicontazioni) e infine anche per il marketing.

Diventare imprenditori: ecco perché sono in molti a farlo

Aprire una propria attività presenta, senza dubbio, dei vantaggi e forti gratificazioni. Avere la propria impresa non è solo grattacapi, problemi e incertezze. Esiste anche un lato positivo. Le motivazioni che spingono sempre più persone ad aprire e gestire un’azienda sono molteplici. Tra queste ricordiamo:

  1. essere capi di se stessi
  2. crescita aziendale
  3. libertà organizzativa e di gestione del tempo
  4. libero sfogo alla propria creatività
  5. perseguimento dei propri obiettivi e della propria visione aziendale

Diventare imprenditore

Essere capi di se stessi

La possibilità di poter scegliere come, quando, dove e perché, è la gratificazione più alta e ambita per chi decide d’intraprendere una carriera da imprenditore.

Crescita aziendale

Anche veder crescere il proprio business è sicuramente un fattore che attrae e che spinge le persone a optare per la vita imprenditoriale. Un business, magari nato dal niente, che trova la propria strada e il modo giusto per aumentare ogni anno, appaga e ripaga degli sforzi compiuti.

Gestione del tempo

Al pari dell’essere a capo di se stessi, anche la gestione del tempo è un fattore cruciale che, nella maggior parte dei casi, fa oscillare l’ago della bilancia a favore dell’imprenditoria, rispetto a un lavoro dipendente. Il tempo è vita e poter disporre della propria a proprio piacimento è una delle ambizioni più alte dell’essere umano.

Dare sfogo alla creatività

Un’azienda può diventare espressione di se stessi. A chiunque venga data (o si prenda) la libertà di farlo, trova estrema soddisfazione nel manifestare il proprio “io” attraverso lavoro, impegno e creatività.

Perseguimento di obiettivi e visione aziendale

Portare a termine una visione personale di un lavoro, di un progetto e quindi una qualunque attività imprenditoriale, è estremamente appagante. Il perseguimento di un obiettivo e di una data visione aziendale, è un altro dei motivi per cui le persone decidono di mettersi in proprio e diventare imprenditore.

Vendere online senza partita iva: è possibile? Conviene?

Vendere online senza partita IVA è possibile, ma solo in determinate circostanze. Quando l’attività è svolta occasionalmente, allora è possibile anche senza aprire una partita IVA nuova. In presenza di attività svolta in modo sporadico e occasionale, non è necessario avere partita IVA per vendere beni e servizi. La vendita di prodotti usati, ad esempio (vestiti, mobili, oggettistica, ecc…) non è tassata perché non è riconosciuta come attività lavorativa che crea reddito d’impresa. Solo quando la vendita si ripete costantemente nel tempo e con maggiore assiduità, lo Stato pretende l’apertura di una partita IVA e il pagamento delle tasse.

Vendere online occasionale o abituale: le differenze

La vendita online senza partita IVA è possibile quando è svolta una tantum e non crea quindi reddito d’impresa. In presenza di attività che si protrae nel tempo in modo costante e con frequenza, allora è necessario aprire partita IVA perché per lo Stato e il Fisco significa fare impresa. Attività che può essere occasionale (è il caso, ad esempio, di chi frequenta mercatini dell’usato o per hobbisti una volta l’anno) oppure abituale. Per la prima non occorre partita IVA, per la seconda si. L’occasionale può trasformarsi anche in abituale e commerciale se chi la svolge si organizza al meglio per realizzarla compiutamente

La differenza tra abituale e occasionale non è imposta dal reddito percepito, bensì dalle modalità di svolgimento dell’attività. La costanza, trasforma un’attività occasionale in abituale. Per non dover aprire partita IVA l’attività deve essere:

  • sporadica
  • non organizzata
  • non continua

Inoltre, nessuna vendita senza partita IVA occasionale, può avere uno shop online. La Partita IVA per e-commerce è obbligatoria perché uno shop online è un’attività organizzata!

Vendere online senza partita iva

Vendere online senza partita IVA: l’occasionalità

Vendere online senza partita IVA non comporta alcun obbligo o adempimento fiscale e contabile. Non si tratta di attività professionale e non crea reddito d’impresa (come ad esempio il pagamento dell’IRPEF e dell’IRAP. Non è nemmeno necessario emettere fatture elettroniche e i prezzi applicati, molto spesso, sono davvero irrisori.

Le transazioni sono occasionali e sporadiche e i proventi percepiti sono considerati rientranti nella categoria dei redditi diversi. Quindi, un’attività di vendita occasionale per non avere partita IVA non può nemmeno avere un e-commerce. Un sito di vendita online, infatti, è considerato un’attività organizzata supportata da promozioni e pubblicità.Vendere prodotti online senza partita IVA sfruttando i Marketplace.

I marketplace sono delle piattaforme organizzate sulle quali è possibile vendere e acquistare online oggetti di varia natura. Contengono centinaia di categorie e attraggono ogni giorno migliaia di utenti che conoscono, riconoscono e si fidano del marchio, percepito come una sorta di autenticità e garanzia dei prodotti venduti.

I marketplace sono mediatori di vendita che richiedono una determinata commissione per ciascuna transazione eseguita sulla loro piattaforma. La media della commissione si aggira attorno al 3,5 %. Sui Marketplace è possibile vendere online senza partita IVA. I marketplace (come ad esempio Ebay, oppure Facebook) consentono quindi la vendita online occasionale, non organizzata (dal soggetto privato), sporadica, a prezzi modici e non continuativa. Amazon non rientra in questa categoria. Per vendere su Amazon è necessario avere partita IVA.

Vendere prodotti online con un e-commerce

Vendere prodotti online con un e-commerce è quindi un’attività che produce reddito d’impresa e richiede l’apertura di partita IVA. Non solo. Per vendere con il proprio e-commerce è necessario: aprire partita IVA.

  1. Compilare una SICA
  2. Iscrivere l’attività al Registro delle Imprese
  3. Eseguire l’iscrizione all’INPS nella sezione gestione commercianti

È inoltre indispensabile scegliere il regime fiscale migliore per la propria attività. Una decisione molto importante che va a incidere sulla gestione aziendale. Nel caso non fosse possibile aderire al Regime Forfettario è necessario ricordare l’obbligo della registrazione contabile di ciascuna operazione legata all’attività stessa (attiva o passiva che sia).

WhatsApp account Business: cos’è, come funziona e perché conviene averlo

WhatsApp account business è uno strumento, al apri di un conto corrente aziendale, che aiuta sempre a migliorare e a far crescere il proprio lavoro e giro d’affari. Una piattaforma che aiuta le aziende a migliorarsi e a rispondere alle esigenze dei propri clienti in tempi brevi, con rapidità ed efficienza. WhatsApp è un’app di messaggistica istantanea nata nel 2009. Una delle più diffuse e utilizzate al mondo presente in oltre 180 paesi e in 60 lingue diverse.

Sono oltre 2 miliardi gli utenti mensili che la utilizzano mensilmente. Un “pacchetto clienti” immenso per tutte quelle piccole-medie imprese e proprietari di e-commerce che vogliono allargare e migliorare il proprio business. Che si tratti di vendere prodotti, servizi, fare lead generation, costruire la propria brand awareness, oppure aumentare le vendite, WhatsApp può essere sfruttata per guadagnare.

WhatsApp account Business: nascita e sviluppo

La possibilità di creare degli account business su WhatsApp è nata nel 2018. Lanciata come variante alla versione standard, la business è una piattaforma pensata per tutti gli imprenditori. Un canale di comunicazione sicuro e collaudato che permette alle attività di crescere velocemente.

Lo strumento aziendale è pensato esclusivamente per le imprese che necessitano e desiderano interagire direttamente con i propri clienti (attuali e futuri). Uno strumento che serve a creare un ponte di contatto con i propri utenti ai quali è così garantita: assistenza, aggiornamenti costanti e immediati, supporto per ogni e in ogni occasione e la possibilità, non trascurabile, di gestione dell’impresa direttamente dal proprio smartphone.

Per creare e utilizzare WhatsApp account Business è necessario possedere uno smartphone Android oppure iOS e un numero di cellulare attivo. Moltissimi imprenditori utilizzano una SIM dedicata all’azienda esclusivamente per lavoro e tengono un altro numero per la vita privata. WhatsApp infatti, consente di collegare un unico numero di cellulare all’account business. Quindi se il numero attuale fosse già collegato a un account WhatsApp, per registrarsi e utilizzare la versione business, ne occorre uno nuovo.

WhatsApp account Business

WhatsApp Business: le caratteristiche

WhatsApp Business è gratis. L’installazione e l’utilizzo non richiede nessun pagamento, né per l’acquisto, né a canone mensile e/o annuale. A differenza del passato, quando i messaggi erano a pagamenti, WhatsApp rivoluziona il modo di comunicare con il resto del mondo e lo slega da vincoli economici.

Inoltre, si tratta di una piattaforma che, a differenza della versione standard, può essere d’aiuto ai propri clienti per reperire maggiori informazioni sull’attività svolta. Durante la creazione del profilo è infatti possibile indicare nella descrizione dello stato: indirizzo, recapiti alternativi, sito internet, e-mail, orari di apertura e chiusura uffici/negozi, ecc…

La piattaforma mette anche a disposizione delle opzioni esclusive che non sono invece presenti con la versione standard:

  1. Risposte rapide – per essere sempre presenti e rispondere prontamente a qualunque richiesta e necessità.
  2. Messaggi di assenza – utili per comunicare alla clientela la propria assenza durante le ore di chiusura di uffici e negozi.
  3. Messaggio di benvenuto – per introdurre informazioni basilari ai nuovi clienti

Infine, l’account business di WhatsApp offre anche un efficiente sistema di statistiche di messaggistica. Si tratta di una funzione che fornisce le metriche  sul numero dei messaggi inviati, consegnati e letti in modo tale da poter, ad esempio, sistemare/variare i contenuti delle risposte rapide, oppure della propria strategia di marketing adottata.

Account WhatsApp Business: tutti i vantaggi

Utilizzare un account business su WhatsApp conta, quindi, molteplici vantaggi:

  • Relazioni amichevoli – WhatsApp aiuta gli imprenditori a stabilire delle forti e durevoli connessioni amichevoli con i propri clienti. Avvicina e lega le persone creando una community di fedeli utenti che aumenta la percezione di affidabilità dell’azienda.
  • Servizio clienti – il canale di messaggistica istantanea può essere sfruttato anche per far conoscere ai clienti, quasi in tempo reale, lo stato di spedizione della merce acquistata, per ricevere richieste di rimborso, per verificare le disponibilità dei prodotti, per effettuare prenotazioni e chiedere informazioni sui vari punti vendita.
  • Aggiornamenti e notizie – WhatsApp account Business è il mezzo perfetto per mantenere i clienti aggiornati su tutte le novità aziendali. Comunicazione di natura promozionale possono essere veicolate alla clientela con facilità e immediatezza.
  • Promozione prodotti e iniziative aziendali – tramite WhatsApp è possibile promuovere il proprio catalogo prodotti e informare la clientela su eventuali nuovi servizi e beni.

In conclusione, Avere un account business su WhatsApp permette di raccogliere feedback dagli utenti, di seguire l’andamento degli affari in tempo reale e promuovere la propria attività, rispondendo, al tempo stesso, a richieste ed esigenze dei clienti.

Cash flow: cos’è, come si calcola e come gestire i flussi di cassa

Il cash flow è un aspetto finanziario molto importante e utile alle aziende per controllare correttamente la liquidità d’impresa. Si tratta di una voce che sintetizza la liquidità accumulata nel corso di un preciso lasso di tempo. L’intervallo temporale può essere mensile, trimestrale e annuale. In pratica serve a definire l’aumento o la diminuzione della liquidità aziendale in un determinato periodo di tempo. Il suo calcolo è dato dalla differenza tra entrate e uscite monetarie e corrisponde alla disponibilità monetaria delle aziende.

Cash flow definizione

Il cash flow è una risorsa molta importante per tutte le aziende. Aiuta le imprese a conoscere sempre la propria disponibilità di liquidità. È conosciuto anche come flusso primario dopo le imposte. Il valore di questo parametro è dato dalla differenza tra il totale delle entrate (cash inflow) e delle uscite (cash outflow). Il valore risultante è inserito anche nella contabilità generale e serve a determinare, all’interno del bilancio aziendale, gli scambi economici avvenuti con l’esterno (costi-ricavi).

Stabilito cos’è il cash flow, è necessario chiarire cosa non è. Non deve, infatti, essere confuso con il bilancio d’esercizio. Il bilancio è un documento che sintetizza tutti i dati quotidiani relativi a un’azienda a seguito della propria attività. Con il bilancio, però, non è possibile verificare l’andamento di un singolo prodotto, la sua redditività, oppure il costo delle materie prime e della distribuzione in generale. Il dettaglio dei singoli dati è tenuto sotto controllo solo grazie alla contabilità analitica, che parte proprio dal cash flow e si addentra nelle specifiche performance, linee produttive o singoli prodotti.

Cash flow

Calcolo cash flow

Il calcolo del cash flow parte dal rendiconto finanziario. Un documento aziendale di fondamentale importanza perché sintetizza i fattori d’incremento e diminuzione delle liquidità disponibili all’interno di un’impresa. In altre parole è un bilancio tra pagamenti effettuati e pagamenti ricevuti un determinato periodo di tempo. Non tiene conto delle spese da pagare e degli importi non ancora effettivi. È necessario, quindi, procedere con il calcolo del flusso di cassa.

Il documento tiene in considerazione anche:

  • proventi degli investimenti
  • passività da sostenere
  • interessi
  • dividendi
  • stipendi
  • tasse

Il cash flow è positivo quando la liquidità acquisita è maggiore di quella persa. Al contrario, è negativo quando la liquidità acquisita è inferiore a quella persa.

Cash flow: le varie tipologie

Esistono diverse tipologie di cash flow. Ciascuna è importante per controllare lo stato di liquidità a disposizione della propria azienda:

  • Flusso di cassa operativo – permette di calcolare la liquidità dovuto a seguito della gestione aziendale. Per calcolarlo occorre conoscere il reddito operativo che, a sua volta, deriva dall’utile aziendale al netto d’imposte e oneri finanziari.
  • Flusso di cassa per l’impresa – rappresenta la liquidità che gli investitori hanno a disposizione. È un parametro molto importante perché aiuta a stabilire la redditività precisa dell’azienda. Il risultato è dato dalla sottrazione delle spese sostenute in un determinato lasso di tempo che parte dal saldo tra attività e passività operative.
  • Flusso di cassa per gli azionisti – il parametro indica la somma da corrispondere agli azionisti che possiedono quote del capitale sociale.

Flussi di cassa: gestirli al meglio

Il cash flow è molto importante per una corretta gestione della propria attività. Serve a raggiungere una stabile e solida economia aziendale e a rispettare tutti gli impegni e gli obblighi prefissati. In combinazione a una corretta gestione dei rischi d’impresa, data dall’analisi della natura di vendite e investimenti, possono essere raggiunti dei risultati notevoli. È sempre molto importante monitorare le dilazioni di pagamento ed evitare che i flussi d’incasso vadano oltre una certa soglia.

Oggi esistono diversi software che permettono una gestione automatizzata e facilitata del proprio cash flow. Programmi che riescono a ridurre al minimo i rischi di cash outflow. Una sana gestione aziendale è composta da tante piccole accortezze che vanno dal corretto calcolo del cash flow a una corretta pianificazione del magazzino, dell’ammortamento e delle attrezzature, passando per previsioni di budget e analisi di ogni dato consuntivo.

Fundraising e innovazione sociale

Oggi, rispetto al passato, è molto più semplice richiedere un finanziamento. Non è sempre necessario ricorrere ai classici istituti bancari, con tassi d’interesse qualche volta, troppo alti. Oggi, esistono infatti delle serie e valide alternative per accedere al credito. Il Fundraising è l’innovazione in campo di finanziamenti e accesso al credito, che permette di raggiungere i propri obiettivi.

Fundraising: cos’è e cosa significa

Il Fundraising è una particolare procedura seguita per riuscire a concretizzare una causa imprenditoriale. Un sistema per mettere insieme capitali a sostegno di progetti aziendali, sociali, ambientali, ecc… Particolarmente utile, ad esempio, nel caso di startup, per le quali la presenza, a volte anche massiccia, di capitali, è sempre richiesta durante tutto il loro intero ciclo di vita.

Fundraising si traduce in italiano in: “raccolta fondi”: fund=fondo e raising=raccolta. In altre parole si tratta dell’insieme di tutte quelle attività, dal marketing alla comunicazione, che servono alle organizzazioni, per raggiungere i propri obiettivi. Sono l’insieme degli strumenti, delle competenze e delle attività, che servono a garantire la sostenibilità dei progetti sociali degli enti non profit, pubblici e privati.

Il grande successo di questa rivoluzionaria forma di accumulo di fondi, si constata anche dai dati ISTAT. L’Istituto, infatti, ha dichiarato che il Fundraising rappresenta, a oggi, un elemento chiave a sostegno delle oltre 300mila organizzazioni no profit italiane, ma anche della Pubblica Amministrazione. Le PA, infatti, sfruttano questo sistema per riuscire a portare a termini diversi in auge con cittadini e imprese. Gli ultimi dati parlano di oltre 540mila addetti che operano a favore di cinque milioni di beneficiari, generando un  valore della produzione che supera i dieci miliardi di euro.

Fundraising: strategie mirate e personalizzate

  1. A. Rosso e Associates in Achieving excellence in fundraising descrivono questa nuova pratica come:

“… La scienza della sostenibilità finanziaria di una causa sociale. Esso è un mezzo e non un fine. Pertanto, è una conseguenza degli obiettivi e dei benefici sociali che un’organizzazione intende raggiungere. Esso dipende anche dalla cultura filantropica e dalla donazione che accomuna un’organizzazione con l’ambiente nel quale opera”.

Rientrano, quindi, in questa descrizione:

  • acquisizione di denaro per un’organizzazione no profit
  • raccolta di denaro per persone bisognose
  • finanziamento di un progetto d’interesse comune

Fundraising

Si tratta di scopi e obiettivi comuni. Il Fundraising non è fatto per realizzare progetti privati, personali o di aziende orientate al profitto. Lo spirito filantropico è un aspetto cardine di questa particolare tipologia di finanziamento. L’organizzazione e i donatori devono quindi condividere la stessa etica, gli stessi valori sociali e morali.

Fundraising e crowdfunding non sono la stessa cosa. Nel crowdfunding la raccolta fondi è demandata a specifiche piattaforme online, come ad esempio Indiegogo, Kickstarter e Produzioni dal Basso. Mentre nel Fundraising diventa di assoluta importanza la figura del Fundraiser.

Fundraiser: chi è e cosa fa

Il Fundraiser, o fundraising manager è un soggetto incaricato di muoversi per sviluppare e attuare le strategie di marketing e comunicazione, atte alla raccolta dei fondi. Può essere un dipendente stipendiato direttamente dall’associazione no profit, oppure lavorare gratuitamente alla causa.

Tra i compiti che deve svolgere ci sono:

  • amministrazione delle attività di raccolta fondi
  • ricerca di nuovi donatori
  • archiviazione dei dati raccolti
  • proporre programmi per la raccolta fondi
  • preparazione di vere e proprie strategie d’azione
  • essere il portavoce e il coordinatore di tutti i volontari.

Una figura assolutamente fondamentale per l’ottima riuscita della raccolta fondi. Un ruolo che richiede competenze specifiche e il conseguimento di master dedicati e specializzanti. Spetta sempre al fundraising manager mantenere i rapporti tra enti e donatori, cercando di soddisfare ogni loro richiesta e necessità.

Affinché la raccolta fondi vada per il meglio, il Fundraiser deve rispettare e condividere alla perfezione la visione e la mission dell’organizzazione coinvolta. L’ideologia adottata per ottenere i finanziamenti deve seguire, quindi, i valori dell’organizzazione. Importante l’individuazione dei mercati di riferimento  ai quali rivolgersi per raccogliere i capitali. Infine, è fondamentale anche l’impiego del mezzo più adatto allo scopo per ottenere le donazioni desiderate. Anche l’amministrazione, vale a dire l’analisi dei costi e dei ricavi, rientra tra le competenze del Fundraiser.

Formazione aziendale: cos’è, come farla e perché è importante

La formazione aziendale serve ad aumentare le competenze del personale favorendone la crescita professionale per raggiungere più velocemente gli obiettivi di business. In un mercato dove la globalizzazione e la digitalizzazione sono in continua evoluzione, le aziende maggiormente competitive sono quelle che hanno capito l’importanza del team building e della formazione aziendale.

Formazione aziendale: cos’è e a cosa serve

La formazione aziendale è una forma d’investimento. Investimento rivolto alle persone e alle loro competenze. Il ritorno dell’investimento è quantificato dalla crescita professionale dei singoli, del gruppo, ma soprattutto dalla crescita del proprio business.

Le aziende che decidono di formare il proprio personale mettono a loro disposizione tutti gli strumenti più utili allo scopo. La formazione in azienda serve a:

  1. colmare lacune importanti
  2. affrontare tutti i cambiamenti legati all’innovazione tecnologica
  3. migliorare le soft skills, vale a dire competenze trasversali che influiscono sulla qualità del lavoro svolto e costituiscono il vero plus che differenzia un’attività da un’altra
  4. sviluppare capacità di problem solving
  5. incrementare la produttività
  6. aumentare la motivazione del personale
  7. incentivare lo spirito di squadra
  8. migliorare l’organizzazione aziendale
  9. migliorare le capacità comunicative dei singoli individui e dei gruppi di lavoro
  10. aiutare a gestire i cambiamenti e i conflitti
  11. aiutare a individuare le priorità

I piani di formazione aziendale rappresentano delle opportunità  di crescita che vanno a toccare tutti i livelli della scala gerarchica di un’attività. Riguarda ogni singolo aspetto tecnico, ma anche tutte le relazioni personali. L’investimento che un’impresa opera sulle proprie risorse umane è l’ago della bilancia che può far cambiare, in meglio o in peggio,  le sorti di un’azienda. Come sempre, anche la formazione aziendale è uno dei tasselli che dovrebbe sempre essere previsto all’interno di un buon piano aziendale strutturato.

Piani di formazione aziendale: struttura, tipologie e obiettivi

I piani di formazione aziendale possono essere organizzati e concepiti diversamente a seconda degli obiettivi da raggiungere:

  • corsi di apprendistato
  • nuove esperienze all’estero o all’interno di altre imprese
  • corsi di formazione interni oppure esterni
  • lezioni individuali
  • lezioni di gruppo

L’improvvisazione è nemica della formazione aziendale. Le attività di training devono quindi essere sempre organizzate seguendo regole precise e determinati step. La prima fase è quella dedicata alla ricerca e alla raccolta d’informazioni per arrivare a un’analisi approfondita dei fabbisogni. Quest’ultimi poi, possono essere suddivisi in tre differenti tipologie di bisogni:

  1. organizzativi
  2. professionali
  3. individuali

Formazione aziendale

L’analisi permette la formazione specifica e il raggiungimento degli obiettivi prefissati che determinato step successivi:

  • progettazione del corso di formazione in base a strumenti e metodi necessari a raggiungere il traguardo
  • svolgimento del corso formativo vero e proprio
  • misurazione dei risultati ottenuti e del grado di efficacia della formazione impartita

Formazione aziendale: metodo SMART

Il famoso metodo S.M.A.R.T. messo a punto dall’economista e saggista Peter Drucker nel suo libro “Le sfide del Management nel XXI Secolo” è quello universalmente usato per individuare i principi e gli obiettivi della formazione aziendale. SMART è acronimo di:

S = Specif (Specifico)

M = Misurable (Misurabile)

A = Achievable (Raggiungibile)

R = Relevant (Rilevante)

T = Time-Based (Temporizzato)

Un sistema che fornisce tutti i criteri per guidare nella definizione di scopi e obiettivi che servono a migliorare la produttività personale e aziendale. Inoltre, la formazione deve sempre essere coinvolgente. Il primo passo per rendere le attività di training interessanti è quello di avere sempre ben chiari gli obiettivi da raggiungere e fornire al personale tutte le nozioni veramente indispensabili. Inoltre sono preferibili attività interattive che stimolano la partecipazione e riducono i momenti di distrazione.

La formazione, di norma, si suddivide in tre fasi principali:

  1. acquisizione dei dati
  2. comprensione, organizzazione dei dati
  3. esposizione dei contenuti

Fasi da tenere sempre ben a mente quando è necessario organizzare in modo efficace e produttivo un corso di formazione aziendale.

La formazione aziendale è quindi una necessità per tutte quelle imprese che vogliono crescere e migliorare in modo efficace e produttivo. L’apprendimento stimola la condivisione e favorisce la creatività, caratteristiche indispensabili in qualunque genere d’impresa. Progressi e successi nel mondo del business vanno di pari passo al livello formativo del personale delle aziende che può guardare al futuro e alle sfide prossime venture con maggiore sicurezza e preparazione.

Piano aziendale: crearne uno efficace e chiaro

Un piano aziendale è necessario per fissare gli obiettivi di un’impresa e per avere chiaro le tappe per lo sviluppo dell’attività. Studiare una strategia aziendale consente alle imprese di raggiungere e superare la concorrenza, tenendo sempre ben presenti i risultati, a medio e lungo termine, da conseguire. Per essere efficace deve rispettare alcune regole fondamentali e deve tenere conto di molteplici valori e riferimenti.

Piano aziendale: la visione d’insieme del business

Affinché un piano aziendale risulti chiaro e sia efficace occorre, prima di tutto, avere una visione chiara e complessiva del business d’impresa. La cosa migliore in tal senso è quella di suddividere il business in specifiche aree di lavoro e, in ciascuna di esse, fissare degli obiettivi da perseguire.

Alle aree di lavoro devono essere associati progetti in essere o in fase di realizzazione, necessari al raggiungimento dei target aziendali. Target specifici per ogni obiettivo definito. Inoltre, è necessario stabilire indicatori economici e finanziari, solitamente di durata pluriannuale, che servono a calibrare e implementare il piano aziendale.

Piani strategici aziendali: la suddivisione in aree

Non esistono delle regole o degli schemi standard per redigere un efficiente piano strategico aziendale. Ci sono, però, delle indicazioni che è sempre bene seguire per riuscire al meglio nell’intento. Prima fra tutte quella relativa alla suddivisione in specifiche aree di lavoro a ciascuna delle quali devono essere associati degli obiettivi determinati.

Le aree di lavoro differiscono da azienda ad azienda: area produttiva, di comunicazione d’impresa e brand, amministrativa, gestionale, innovativa, ecc… Alcune aree si rivelano essere fondamentali per il perseguimento dei fini aziendali. Di norma, tutte quelle legate al rapporto con i clienti e/o con i fornitori, all’innovazione dei prodotti, alla stabilità a livello economico e finanziario dell’impresa e alla prospettiva di sviluppo sul mercato nel medio e lungo periodo, sono assolutamente basilari.

Piano aziendale

Sviluppo aziendale: come fissare gli obiettivi

A ogni area di lavoro definita all’interno di un piano aziendale, devono corrispondere specifici obiettivi. Risultati da raggiungere correlati da relative spiegazioni su programmi, tecniche, attività e metodologie da applicare per perseguirle. Inoltre devono essere previste delle strategie di miglioramento con tanto di deadline. La “linea della morte”, di solito, ha durata di un anno e coincide con la durata del bilancio di esercizio.

Analisi KPI: cosa sono e come fissarli in una strategia d’azienda

KPI è acronimo di Key Performance Indicator, vale a dire le chiavi di riferimento che indicano le performance per un determinato obiettivo. Le KPI devono sempre essere contemplate in un piano aziendale efficace. Si tratta di parametri con precisi valori tangibili, misurabili e, nella maggioranza dei casi, di tipo numerico. Sono indicatori che servono a capire quali e quanti sono i target da raggiungere.

Quando si parla di target non si fa riferimento esclusivamente alle vendite di beni e servizi e di conseguenza al relativo fatturato. I target riguardano anche altri indicatori chiave per la crescita di un’impresa:

  1. tasso di automazione
  2. automatizzazione aziendale
  3. gradi di soddisfazione dei clienti
  4. grado di soddisfazione dei fornitori
  5. livello di qualità di beni e servizi offerti
  6. ecc…

In altre parole un Key Performance Indicator può essere una qualsiasi metrica che possa misurare il successo di un progetto. Per questo motivo è necessario che siano “misurabili”, vale a dire quantificabili con numeri e dati reali e tangibili.

Pianificazione aziendale

La pianificazione aziendale definisce anche le strategie da adottare per raggiungere gli obiettivi prefissi seguendo la mission dell’attività. Si tratta di un genere di pianificazione che si basa sulla responsabilità e sulle procedure di tutto il personale aziendale. Alla luce di quanto detto finora, quindi, il processo di pianificazione aziendale si basa su attività ben strutturate che, di norma, si possono riassumere come segue:

  • Dichiarazione di visione – definizione degli obiettivi che guidano il processo decisionale interno (analisi di mercato, dei competitors, sviluppi futuri, individuazione e analisi dei punti di forza e di criticità dell’azienda ecc…)
  • dichiarazione di missione – scopo ed essenza dell’azienda
  • Risorse e portata aziendale
  • Elenco degli obiettivi da perseguire – e relativo sviluppo di programmi e strategie per raggiungere gli obiettivi
  • Suddivisione in aree di lavoro a cui fa corrispondere degli obiettivi specifici
  • Individuazione dei KPI per monitorare lo stato di sviluppo aziendale attraverso parametri misurabili.

Startup innovative e agevolazioni IVA

Le Startup innovative, hanno la possibilità di sfruttare una serie di agevolazioni IVA. I vantaggi fiscali a loro riservati sono molteplici: deduzioni e detrazioni per le imposte dirette IRPEF e IRES e benefici a livello d’imposte indirette. Le regole che disciplinano la costituzione delle startup innovative sono contenute nell’ articolo 25 del D.L. n. 179/2012  e con la  Legge n. 221/2012. Per incentivarne lo sviluppo, il legislatore ha previsto una serie di agevolazioni, tra le quali ritroviamo, appunto, quelle relative all’IVA. Vediamo di cosa si tratta.

Startup innovative agevolazioni

Tra le agevolazioni previste per le Startup innovative, ci sono quelle relative ai rimborsi annuali e alla compensazione dell’imposta sul valore aggiunto. Quando in dichiarazione IVA risulta un saldo a credito del contribuente, si prospettano tre diverse possibilità:

  1. richiesta di rimborso totale o parziale – solo se l’ammontare è superiore a euro 2.582,28 e se deriva da una delle seguenti situazioni:
  • cessazione attività
  • se l’aliquota media sugli acquisti e importazioni supera quella media sulle operazioni attive, aumentata del 10%
  • in presenza di operazioni non imponibili per esportazioni
  • presenza di acquisti di beni ammortizzabili
  • rimborsi Iva spettanti ai rappresentanti fiscali in Italia di società non residenti
  • esportazioni e cessioni intracomunitarie di prodotti soggetti ad accisa
  1. riporto all’anno successivo del credito utilizzabile nelle liquidazioni periodiche
  2. compensazione

La decisione può essere manifestata all’interno della dichiarazione IVA stessa. Rimborso o compensazione, invece, possono anche essere scelte durante l’anno attraverso i rimborsi infrannuali.

Il rimborso può essere richiesto e spetta solo se risultano eccedenze d’IVA detraibile, dalle dichiarazioni dei due anni precedenti.

Rimborso IVA: come funziona

Il rimborso IVA deve essere effettuato entro tre mesi dalla dichiarazione annuale. Esistono diverse modalità di rimborso a seconda degli importi da versare:

  • rimborsi inferiori o uguali a euro 30.000,00 – basta la dichiarazione annuale
  • rimborsi superiori a euro 30.000,00 – erogabili senza garanzia, a meno che il soggetto non rientri in casistiche particolari (come, ad esempio, per i soggetti che esercitano attività d’impresa da meno di due anni, o soggetti che presentano la dichiarazione annuale IVA senza visto di conformità o di sottoscrizione alternativa.)

Per ottenere il rimborso IVA, il soggetto deve apporre alla dichiarazione annuale il visto di conformità o la sottoscrizione. In alcuni casi particolari è poi necessario allegare anche una dichiarazione sostitutiva che attesta le precise condizioni.

Startup innovative e agevolazioni IVA

Per le Startup innovative, il limite di 5.000 euro è aumentato a 50.000 euro annui. Questo vale per tutti il periodo d’iscrizione nella sezione speciale del Registro delle imprese. Lo stesso vale quando chiedono l’esonero dall’obbligo del visto di conformità, soprattutto quando è richiesta la compensazione dell’IVA.

Quindi, le Startup Innovative sono esonerate dall’obbligo di apposizione del visto di conformità per compensazione dei crediti IVA fino a 50.000 euro. Solo quando questa soglia viene superata, allora è dovuta l’apposizione del visto di conformità in dichiarazione IVA.

Startup innovative

Startup innovative agevolazioni

Vogliamo ricordare, brevemente anche tutte le altre agevolazioni di cui godono le Startup Innovative:

  • Costituzione digitale gratuita – possono quindi evitare la costituzione della società presso un notaio, grazie alla firma digitale.
  • Esonero da bollo e diritti – le Startup innovative devono iscriversi nella sezione speciale del registro delle imprese tenuto presso le Camere di Commercio. Questa registrazione consente loro di avere diritto all’esonero dall’applicazione dall’imposta di bollo.
  • Deroghe alla gestione ordinaria – con la formula giuridica di S.R.L., possono costituire categorie particolari di azioni.
  • Riporto delle perdite con disciplina derogatoria – nel caso si verificasse una diminuzione del capitale, di oltre un terzo, il tempo, entro il quale, devono provare che la perdita è diminuita è posticipato al secondo esercizio successivo.
  • Disciplina sulle società di comodo – alle start up innovative non può essere applicata la disciplina sulle società di comodo.
  • Disciplina del lavoro ad hoc – la costituzione dei contratti a tempo determinato, non può superare la soglia dei 36 mesi.
  • Strumenti di partecipazione al capitale – i collaboratori possono ricevere strumenti di partecipazione al capitale, quale forma di remunerazione. I fornitori esterni, invece, possono essere pagati attraverso work for equity.

Per concludere, si ricorda che le Startup Innovative sono società che non rientrano nel reddito imponibile, ma sono soggette solamente alla tassazione sul capital gain.

Autoliquidazione: cos’è, calcolo e scadenze

Per legge, ogni azienda, con dipendenti, è obbligata a pagare un premio annuale all’INAIL per la copertura di eventuali infortuni sul lavoro. Il medesimo obbligo ce l’hanno gli artigiani che esercitano la propria attività, anche quando non collaborano con dei subordinati. L’autoliquidazione rappresenta, quindi, un adempimento basilare per datori di lavoro e artigiani.

Autoliquidazione: cos’è

Visto quanto detto poco sopra, è chiaro che l’autoliquidazione INAIL costituisce semplicemente l’obbligo di versamento dei contributi dovuti all’Istituto per la copertura obbligatoria di eventuali infortuni. Un onere a carico dei proprietari d’azienda e degli artigiani che esercitano la propria professione. Si tratta di un premio annuale calcolato in base a determinate variabili. Il calcolo è fatto autonomamente, oppure attraverso l’ausilio di specifici studio di commercialisti. Essendo un argomento alquanto complesso e delicato, la cosa migliore da fare è quella di rivolgersi sempre a dei professionisti del settore, onde evitare d’incappare in spiacevoli errori.

Calcolo autoliquidazione INAIL

L’autoliquidazione è calcolata in base a specifici parametri:

  • settore di competenza dell’attività (artigianato, industria, servizi o altre attività)
  • mansione e ruolo all’interno dell’azienda
  • numero d’infortuni avvenuti all’interno dell’impresa
  • maggiorazioni, o riduzioni, previste

Nel calcolo è preso in considerazione e applicato un tassodi rischio specifico. Quest’ultimo varia in base all’imponibile, vale a dire alla somma delle retribuzioni annue. Sul sito dell’INAIL è presente una sezione specifica dove, ciascuna azienda, ha la possibilità di trovare il proprio tasso di rischio specifico. Per accedere al proprio fascicolo aziendale ogni impresa deve essere in possesso di un determinato PIN che è rilasciato dall’ Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro.

Autoliquidazione

Scadenza autoliquidazione INAIL

Come ogni altro obbligo, anche l’autoliquidazione prevede delle specifiche scadenze. Prima di tutto è un obbligo annuale, quindi significa che l’imprenditore con dipendenti, o l’artigiano che esercita la professione, devono corrisponderlo ogni anno. È stato fissato un termine unico al 16 febbraio. Entro tale scadenza devono essere compiute precise operazioni:

  1. calcolo della rata del premio annuale – l’ammontare deve comprendere l’anno in corso e l’eventuale conguaglio relativo all’annualità precedente
  2. calcolo del premio di autoliquidazione – questa comprende la rata dell’anno corrente, più il conguaglio dell’anno precedente. La somma risultante è al netto delle eventuali riduzioni previste
  3. pagamento del relativo premio tramite modello F24 – il pagamento può essere fatto usando il modello F24, cioè il modello di pagamento unificato, oppure utilizzando l’F24 EP, vale a dire Modello di pagamento unificato enti pubblici.

Rateazione autoliquidazione INAIL

L’autoliquidazione può essere pagata a INAIL in un’unica soluzione alla scadenza del 16 febbraio, oppure può essere rateizzata. Quattro è il numero massimo di rate previste. La comunicazione della volontà di effettuare il pagamento rateale, deve avvenire tramite comunicazione telematica.

Le scadenze dei pagamenti rateizzati sono le seguenti:

  • Prima rata: 16 febbraio
  • Seconda rata: 16 maggio
  • Terza rata: 20 agosto
  • Quarta rata: 16 novembre

In caso di rateizzazione è applicato un tasso d’interesse pari allo 0,68%. Le quattro rate trimestrali corrispondono quindi al 25% del premio annuale. Il tasso d’interesse è calcolato sempre facendo riferimento al tasso medio d’interesse 2021 pubblicato sul sito www.dt.tesoro.it

Autoliquidazione INAIL 2022: aggiornamento scadenze

Il 29 dicembre 2021 INAIL ha pubblicato tutte le istruzioni operative sull’autoliquidazione 2021/2022. In particolare, nella guida, sono specificate le operatività circa le eventuali riduzioni contributive da applicare. Le istruzioni contengono un riepilogo accurato delle scadenze e delle modalità di adempimento a carico dei datori di lavoro.

Nello specifico ricordiamo l’ultimo aggiornamento in merito alle scadenze che prevede:

  • 16 febbraio 2022 – versamento del premio di autoliquidazione in unica soluzione o della prima rata in caso di pagamento rateale e contributi associativi  in unica soluzione
  • 28 febbraio 2022 – presentazione delle dichiarazioni delle retribuzioni effettivamente corrisposte nell’anno 2021

Nella guida sono indicate anche tutte le riduzioni che si applicano all’autoliquidazione 2021/2022. Tra le più significative ricordiamo:

  • Sgravio per il Registro Internazionale (PAN)
  • Incentivi per il sostegno della maternità e paternità e per la sostituzione di lavoratori in congedo (PAT)
  • Riduzione per le imprese artigiane (PAT)
  • Incentivi per assunzioni legge n. 92/2012, art. 4, commi 8-11 (PAT)
  • Riduzione per le cooperative agricole e i loro consorzi operanti in zone montane e svantaggiate (PAT)

Tutti i servizi relativi all’autoliquidazione sono presenti direttamente sul sito dell’INAIL.