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Fattura elettronica Pubblica Amministrazione: come crearla, inviarla e conservarla

Nell’articolo precedente:Fattura elettronica a privato senza p iva: ecco come fare in pochi semplici mosse!Abbiamo visto come e quando è possibile emettere una fattura elettronica a un soggetto privato senza partita IVA. Abbiamo suddiviso le differenti casistiche per capire meglio i dati a inserire in fattura e specificato come fare a inviare e conservare correttamente i documenti inviati. Oggi invece vogliamo soffermarci sulle modalità da seguire per emettere fattura elettronica Pubblica Amministrazione (PA). In questo caso è di assoluta importanza conoscere alcuni concetti fondamentali, quali, ad esempio: codice univoco, CIG, CUP, Split Payment e decorrenza termini. Una terminologia specifica, per un “cliente” molto particolare, le PA.

Fattura elettronica alla Pubblica Amministrazione: un obbligo per tutti

Emettere Fattura elettronica alla Pubblica Amministrazione è obbligatorio per qualunque soggetto. Con l’entrata i vigore della digitalizzazione dei documenti commerciali, non esiste più la possibilità di emettere e consegnare alle PA fatture cartacee. La fatturazione elettronica verso la pubblica amministrazione, inoltre, richiede di indicare e usare una serie di dati del tutto assenti per le fatture verso i privati.

Tutti i documenti cartacei trasmessi alle PA non possono essere pagati, nemmeno parzialmente. A stabilirlo è stato proprio il Ministero dell’Economia e delle Finanze che ha deciso che Ministeri, Agenzie Fiscali ed Enti Nazionali di Previdenza e tutte le PA non possono più ricevere fatture cartacee.

Questo significa che anche i privati in regime forfettario devono emettere fattura elettronica alla Pubblica Amministrazione.

Fattura elettronica alla Pubblica Amministrazione

Fattura Elettronica verso PA: quali sono i dati obbligatori

In base al destinatario delle fatture elettroniche, i dati da riportare sui documenti e i campi da compilare, differiscono. Nelle fatture elettroniche verso PA, ad esempio, troviamo l’obbligo di compilare alcuni campi che invece non risultano presenti o importanti per i privati.

Partendo dal codice univoco, fino al CIG o CUP, i dati da segnalare e inserire sono molto specifici. Il codice univoco deve infatti corrispondere al numero seriale di 6 cifre che identifica in modo univoco l’ufficio pubblico. Già qui troviamo una differenza con le fatture ai privati, perché il codice univoco è di sette (numeri e lettere) cifre e non di sei (numeri e lettere).

Se il codice non è fornito direttamente è possibile recuperarlo direttamente dal portale IPA.

Altri due dati obbligatori da inserire nella fattura elettronica alla Pubblica Amministrazione sono i codici CIG e CUP.

  • CIG – Codice Identificativo di Gara – dieci caratteri alfanumerici che serve a indicare una gara d’appalto
  • CUP – Codice Unico di Progetto – 15 caratteri alfanumerici che identifica un progetto d’investimento pubblico.

Dati necessari a garantire la tracciabilità dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni. Mentre il CUP è da inserire solo se espressamente richiesto dall’Ente, il CIG invece deve essere sempre presente. Sono previsti solo alcuni sporadici casi in cui è prevista l’esclusività dall’obbligo della tracciabilità. Casi riportati dalla Legge n°136 del 13 agosto 2010.

Split Payment

Lo split payment è la scissione dei pagamenti, vale a dire un meccanismo secondo il quale le PA che acquistano, possono non corrispondere l’IVA presente in fattura al fornitore, ma direttamente all’erario.

Sul sito del Dipartimento delle Finanze è presente l’elenco completo di tutte le Amministrazioni Pubbliche e degli enti che applicano lo Split Payment. In generale chiunque emetta fattura elettronica alla Pubblica Amministrazione deve seguire la regola dello split payment. Esistono comunque delle eccezioni. Non sono costretti ad applicare split payment:

  • i professionisti con ritenuta alla fonte a titolo d’acconto o di imposta sul reddito
  • i Contribuenti Forfettari e i soggetti a regimi speciali IVA

Fattura elettronica alla Pubblica Amministrazione: cosa succede quando viene recapitata

Una volta compilata la fattura elettronica, queste deve essere inviata alla PA tramite il ben noto Sistema di Interscambio. Come tutti sanno, quando si procede all’invio di un’e-fattura, l’SDI risponde con una serie di messaggi che indicano lo stato di avanzamento dell’operazione compiuta. Anche in questo caso riscontriamo delle differenze rispetto all’invio delle fatture elettroniche verso privati.

Inviare fatture elettroniche alle PA può generare un numero maggiore di notifiche. Questo perché le PA possono rifiutare fatture elettroniche che invece sono state accettate dal Sistema di Interscambio.

Diversi i messaggi, tra cui:

  • Notifica di scarto
  • Notifica di mancata consegna
  • Attestazione di avvenuta trasmissione
  • Notifica di scarto esito
  • Ricevuta di consegna
  • Notifica di esito (accettata o rifiutata)
  • Notifica di decorrenza termini

A seconda del messaggio ricevuto è opportuno gestire la fattura in un modo, piuttosto che un altro.

 

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Fattura elettronica a privato senza partita IVA: ecco come fare in pochi semplici mosse!

Oggi può capitare (molto più spesso di quanto si pensi) di dover emettere Fattura elettronica a privato senza partita IVA. Sembra facile, soprattutto se ci si avvale di un software gestionale delle fatture elettroniche come FatturaPRO.click, ma in alcuni casi può sorgere qualche dubbio. Ad esempio, non tutti conoscono alla perfezione i campi obbligatori da compilare, o non sanno quali sono i dati che devono essere riportati, o ancora come fare a recapitargli il documento creato. Vediamo quindi di fugare ogni dubbio e cerchiamo di capire i passaggi fondamentali per una corretta compilazione, emissione e invio di una Fattura elettronica a privato senza p.IVA.

Fattura elettronica a privato senza p iva: obbligo di legge

Emettere Fattura elettronica a privato senza p.IVA è obbligatorio. È la legge a stabilirlo. Ed è obbligatorio sin dal primo gennaio 2019 per effetto della Legge di Bilancio. Una regola che riguarda tutte le operazioni B2C che hanno per oggetto la cessione di beni mobili e immobili effettuate da un soggetto IVA verso un cliente o un consumatore finale. Nonostante questa specifica esistono come 4 eccezioni alla regola principale. In altre parole alcuni soggetti sono esonerati dall’obbligo di emettere fattura elettronica a privato senza p.IVA. È questo il caso, ad esempio, dei contribuenti che agiscono nel regime forfettario. È comunque sempre possibile adottarla come scelta libera.

Fattura elettronica a privato senza p.IVA, senza codice destinatario e senza PEC

I privati senza partita IVA non hanno alcun obbligo di dotarsi di PEC, oppure di codice destinatario, anche se devono ricevere una fattura elettronica. Resta il fatto che, in alcuni casi, un’azienda o un professionista debba emettere fattura elettronica a privato senza p.IVA. In questo caso, in fase di compilazione della e-fattura, deve:

  • inserire il codice convenzionale: “0000000” (7 zeri) nel campo “CodiceDestinatario
  • Lasciare vuoto senza compilazione il campo “IdFiscaleIVA” e specificare solo l’eventuale Codice Fiscale del destinatario
  • Lasciare vuoto il campo “PECDestinatario”.

Inoltre il Provvedimento 89757 del Direttore dell’Agenzia delle entrate ha stabilito che:

  • Il Sistema di Interscambio recapita la fattura elettronica al destinatario direttamente nell’area riservata del sito di AdE
  • È obbligatorio consegnare al cliente una copia cartacea o digitale e informarlo che l’originale si trova sul sito dell’Agenzia delle Entrate

Inoltre è importante sapere che alcuni software/piattaforme sono in grado di convertire il formato XML in uno leggibile in altri formati desiderati.

E-fattura a privato senza p.IVA, senza codice univoco, ma con PEC

Può capitare che qualche privato abbia la PEC, ma non per questo il codice univoco. In questi casi allora bisogna:

  • inserire il codice convenzionale: “0000000” (7 zeri) nel campo “CodiceDestinatario
  • Lasciare vuoto senza compilazione il campo “IdFiscaleIVA” e specificare solo l’eventuale Codice Fiscale del destinatario
  • compilare il campo “PECDestinatario”.

Il sistema di Interscambio (SdI), questa volta, recapiterà alla PEC del destinatario la fattura elettronica. SdI mette comunque a disposizione del destinatario una copia della fattura all’interno dell’area privata sul sito di Agenzia delle Entrate.

Fattura elettronica a privato senza p iva

Privato senza p.IVA, con codice univoco

Anche se si tratta di un caso davvero molto raro, è pur sempre probabile. In questo caso, in fase di compilazione della fattura elettronica bisogna:

  • inserire nel campo “CodiceDestinatario” il codice comunicato
  • Lasciare vuoto senza compilazione il campo “IdFiscaleIVA” e specificare solo l’eventuale Codice Fiscale del destinatario
  • Compilare o meno il campo “PECDestinatario”.

Per quanto riguarda l’invio invece SDI recapita la fattura elettronica all’indirizzo corrispondente al codice destinatario.

Privato senza partita IVA e cliente estero

L’emissione di una fattura a cliente estero sena partita IVA è un caso piuttosto frequente, che deve essere gestito come segue:

  • inserire il codice convenzionale: “XXXXXXX” (7 volte X) nel campo “CodiceDestinatario
  • indicare nel campo “CodiceFiscale” il codice fiscale del destinatario
  • Lasciare vuoto senza compilazione il campo “IdFiscaleIVA” e specificare solo l’eventuale Codice Fiscale del destinatario

In questo specifico caso però il Sistema di Interscambio non è in grado di recapitare la fattura elettronica al destinatario. Questo perché non la può recapitare all’estero, visto che il sistema di fatturazione elettronica esiste (al momento) solo in Italia. Questo significa che la fattura deve essere consegnata a mano al cliente. Il formato può essere cartaceo, oppure digitale nella forma che lui desidera.

Tutto un altro discorso la compilazione della fattura elettronica a un destinatario avente partita IVA, oppure se è una Pubblica amministrazione.

Software gestionale: ecco perché conviene averlo per la fatturazione elettronica

Chi ha partita IVA e si avvale della fatturazione elettronica sa già quanto possa essere essenziale avere un software gestionale. Pratico, comodo, veloce e funzionale, fa risparmiare tempo, soldi e risorse, risolvendo innumerevoli “grattacapi”. All’interno di una società com’è quella attuale, competitiva e soggetta a repentini cambiamenti, una gestione omogenea della propria azienda, può davvero fare la differenza. Quindi un software gestionale per le fatture elettroniche diventa uno strumento indispensabile e un valore aggiunto per tutte le imprese e i professionisti. Chi sceglie di mettersi in proprio e di aprire partita IVA la prima cosa che dovrebbe fare, è quella di pensare di munirsi di un software per la gestione delle fatture elettroniche. Vediamo quindi tutti i motivi per cui è vantaggioso abbonarsi a FatturaPRO.click, sia per chi è alle prime armi, come per chi sta pensando di cambiare gestionale.

Software gestionale fattura elettronica:

Le imprese che decidono di dotarsi di un software gestionale fatture elettroniche hanno una durata di vita superiore ai propri competitor. La maggior parte delle imprese italiane, infatti, “muore” entro soli 5 anni dall’apertura della partita IVA. E non si tratta solo di una questione di “peso fiscale”, ma anche e soprattutto di gestione e amministrazione interna. Una scorretta, manchevole, o addirittura mancante gestione delle fatture elettroniche e della propria azienda, porta a una catastrofica fine imprenditoriale.

Risparmiare tempo e soldi

L’amministrazione e la contabilità di un’azienda richiedono tempo, risorse e soldi. Tre elementi assolutamente importantissimi per la sopravvivenza di un’azienda. Tre elementi che possono essere “risparmiati” e reimpiegati in modo migliore, semplicemente decidendo di dotarsi di un software gestionale per le fatture elettroniche.

Grazie a un software gestionale tutto quello che riguarda le fatture elettroniche è amministrato e svolto regolarmente e in maniera rapida e sicura (dalla creazione, all’invio, passando per la conservazione sostitutiva). È possibile “scrollarsi” di dosso l’onere di ricordare a memoria scadenze, pagamenti, incassi e cicli di fatturazione (attivi e passivi). Pensa a tutto il software e lo fa in maniera molto metodica, sistematica e più precisa di una persona. Lo scadenzario del programma lavora per e al posto degli imprenditori. Promemoria automatici, automatizzazioni di solleciti e pagamenti e invii dedicati e automatici. Tutto questo e molto di più a portata di click, sempre e ovunque e con un unico programma.

Software gestionale

Fatturato, conti e finanze sempre sotto controllo

Un software gestionale delle fatture elettroniche permette di tenere sempre sotto controllo le proprie finanze. È infatti la piattaforma a ricordarsi chi deve ancora pagare ed entro quando. Ed è sempre il sistema che ricorda ai propri clienti le varie scadenze e i saldi da dover rispettare. Tutto chiaro e alla luce del sole. Ogni dato è riportato, calcolato ed esposto in una bacheca chiara e precisa, che può essere controllata in qualunque momento anche dal cellulare. Un maggior controllo delle proprie finanze, significa avere tutto sotto controllo, conoscere meglio la propria attività e, di conseguenza, saperne sfruttare appieno i punti di forza (che tradotto poi significa fare semplicemente più fatturato).

Il software non sbaglia!

È vero, sbagliando si impara, ma è anche vero che sbagliando si perde un “sacco di tempo”. Emettere una fattura elettronica che non doveva essere emessa, inviare una nota di credito al cliente sbagliato, o dimenticarsi di registrare una fatturazione importante, fa perdere minuti, se non addirittura ore, di preziosissimo tempo/business. Quindi, perché rischiare di sbagliare facendo tutto da soli, quando invece è possibile affidarsi a un sistema funzionante al 100% e pressoché autonomo? Un software gestionale è la soluzione ideale per chi è alle prime armi e non sa ancora bene dove mettere le mani, ma è perfetto anche per chi non tempo da perdere e vuole pensare a fatturare piuttosto che perdersi dietro alla contabilità.

Miglior software gestionale: FatturaPro

Ed eccoci al punto! Quale software gestionale per la fatturazione elettronica scegliere? Qual è il migliore del 2021? Sulla piazza ce ne sono davvero tantissimi. Alcuni sono molto costosi, altri sono particolarmente difficili da usare e altri ancora non sono completi in tutte le loro funzioni. Per fortuna una soluzione c’è e si chiama FatturaPRO.

Un’unica piattaforma per la fatturazione elettronica, per i corrispettivi telematici (anche senza registratore di cassa) e con la Conservazione Digitale a norma AgID inclusa. Facile, veloce e tutto incluso. Prezzi vantaggiosi, abbonamenti pensati su misura e un’assistenza rapida e garantita che molte altre piattaforme del settore non hanno.

Fattura d’acconto: emissione, gestione ed incassi

Un acconto è il pagamento di una parte dell’importo totale, pagato prima che il bene sia consegnato, o il servizio prestato. In pratica, il pagamento di un acconto avviene in un momento diverso da quello in cui avviene la cessione di beni o la prestazione di servizi. Si tratta quindi di un pagamento anticipato e costituisce un caso particolare alla regola generale dell’emissione delle fatture elettroniche. Queste infatti devono essere emesse nel momento in cui il bene è consegnato (oppure spedito), nel momento in cui il contratto è siglato (come nel caso dei beni immobili), o nel momento in cui è pagato il corrispettivo per i servizi ricevuti. Quindi una fattura d’acconto segue delle regole leggermente diverse ed è emessa in un momento precedente rispetto a quelli previsti normalmente.

Fattura d’acconto: quando è necessario emetterla

Per “fatturare” è necessario capire quali sono le regole che disciplinano le operazioni rilevanti ai fini Infatti un’operazione diventa rilevante ai fini IVA, vale a dire che l’IVA diventa esigibile, quando si verificano tutti i presupposti richiesti dalla legge. Quindi, in quel preciso momento, decorrono i termini per adempimenti formali, come l’emissione della fattura elettronica e gli adempimenti sostanziali, cioè il versamento dell’IVA.

Regola vuole che una fattura elettronica sia emessa:

  • al momento della consegna dei beni
  • al pagamento dei corrispettivi per servizi ricevuti

Una deroga a questa regola generale si ha nel caso delle fatture d’acconto. Queste fatture devono essere emesse ogni volta che avviene un pagamento precedente ad uno di questi momenti. Importanti ai fini della maturazione degli obblighi d’IVA, la fattura d’acconto è emessa regolarmente per certificare il pagamento parziale. Un acconto non è comunque la stessa cosa di una fattura anticipata. Questa infatti è una vera e propria fattura emessa in una data precedente all’effettivo pagamento. A tale scopo non servono invece fatture proforma, o avvisi di parcella.

Articolo 21 del DPR n. 633/1972

Questo articolo prevede che la fattura sia emessa “nel momento dell’effettuazione dell’operazione”. Per individuare il momento per l’emissione delle fatture esistono regole diverse a seconda della tipologia di operazioni effettuate: cessione di beni o prestazioni di servizi.

L’obbligo IVA scatta al:

  • momento della spedizione/consegna di beni
  • stipula di un contratto (beni immobili)
  • emissione della fattura elettronica
  • momento del pagamento, totale o parziale, del corrispettivo previsto alla cessione dei beni
  • pagamento dei corrispettivo nelle prestazioni di servizi
  • Nel momento della fatturazione, nelle prestazioni di servizi, se anteriore al pagamento
  • Al prelievo materiale del bene

Fattura d’acconto

Pagamento parziale del corrispettivo

Il pagamento anticipato dei corrispettivi rappresenta una deroga alle regole generali, almeno per quanto riguarda la cessione di beni. Nelle prestazioni di servizi invece, il pagamento è il vero e proprio atto con il quale l’iva diventa esigibile. È importante capire quando i pagamenti anticipati sono versati come somme a titolo di acconto sul prezzo e quando invece sono anticipati ad altro titolo.

Quindi, nel caso di cessione di beni mobili in cui è versato un anticipo sulle somme totali, prima di ricevere la merce ordinata, è obbligatorio emettere fattura, limitatamente all’importo incassato. Le fatture d’acconto devono specificare se:

  • si trattano di operazioni imponibili IVA con aliquota al 4%, 10%, 22%
  • sono operazioni non imponibile IVA
  • se si tratta di operazioni esente IVA ai sensi dell’articolo 10 DPR n. 633/72

Prestazioni di servizi

Nel caso in cui sia effettuato un pagamento di acconto per prestazioni di servizi, deve essere emessa fattura d’acconto entro e non oltre la data in cui l’acconto è pagato. È obbligatorio emettere fattura elettronica anche per somme percepite a titolo di acconto o anticipo, visto che si tratta di una parte del prezzo complessivo pattuito.

Solo al momento della consegna/spedizione dei beni, oppure al verificarsi di altro evento scatenante obbligo di esigibilità IVA, si emetterà fattura completa. Da questa deve essere stornato l’importo già incassato con il pagamento anticipato e previsto nella fattura d’acconto.

Fa eccezione il pagamento della caparra confirmatoria. Questa è versata con lo scopo di garantire la conclusione del contratto e quindi il suo pagamento non può essere considerato come parziale pagamento anticipato del prezzo totale.

Fattura d’acconto: dati e caratteristiche

La fattura d’acconto deve riportare l’importo da corrispondere  e la descrizione della transazione e dei beni venduti. L’IVA è calcolata in base all’importo previsto. La cifra pagata come acconto, verrà poi sottratta al momento del saldo sulla relativa fattura a saldo.

Società benefit: un nuovo modo di fare business

Le società benefit cambieranno il mondo del business. Nel mondo delle società e del lavoro, con il tempo, sono stati distinti tre diversi settori: pubblico, privato e volontariato. Da gennaio di quest’anno però, è in corso una sorta di rivoluzione che ha portato all’aggiunta di un ultimo quarto settore: quello che racchiude appunto le società benefit. Si tratta di un modello alternativo alle Srl e alle Spa, una nuova forma giuridica modellata sul sistema delle B Corp.

Per meglio capire di cosa si tratta, si può dire che le società benefit sono una via di mezzo tra aziende vere e proprie che mirano alla fatturazione elettronica e a incrementare i propri incassi e delle fondazioni che ambiscono ad alti e più nobili obiettivi. Con la Legge di Bilancio l’Italia ha riconosciuto questa nuova forma giuridica che è disegnata sul modello Benefit Corporation americano (lo stesso utilizzato, ad esempio da grandi impresie quali Kickstarter, Etsy e Hootsuite). Questo nuovo modello è nato dall’esigenza di molti imprenditori di voler rimanere fedele alla propria mission e alla propria filosofia, indipendentemente  dalle pure esigenze finanziarie degli azionisti.

Società benefit: tutto nero su bianco

Quello che fa di una società benefit, una VERA società benefit è il contenuto del suo Statuto. In pratica, con questa nuova forma giuridica, le imprese che vogliono definirsi tali, devono obbligatoriamente inserire nel proprio statuto l’oggetto sociale/ambientale che intendono perseguire. La “ragione d’essere dell’impresa” deve quindi essere messa nero su bianco e blindata in termini di legge.

Una dichiarazione scritta che prevede un impegno a lungo termine. Questo perché, quando l’obiettivo sociale è inserito nello Statuto, obbliga anche tutti i futuri azionisti e manager, a doverlo rispettare. E questo vale sia come impatto sulla società, sull’ambiente e, di conseguenza, sugli obiettivi economici perseguiti. Lo società benefit mantengono comunque l’obbligo, assunto anche dalle normali B Corp, di dover misurare e riportare le proprie performance in base al protocollo B Impact Assessment.

Società contributive e Impatto positivo

Il mantra delle società benefit è impatto sociale, ambientale e infine profitti. Tre obiettivi che vogliono e devono essere perseguiti nel lungo termine e che trasformano le aziende, in società dall’impatto positivo sulle persone e sul mondo. Si tratta di un modo molto alternativo di fatturare e fare business. Un sistema che non si basa più solo sull’ottenere il più alto profitto possibile, ma che guarda e rispetta anche le persone che ne fanno parte, oltre che l’intero ambiente circostante.

Società benefit

B Corp e società benefit non si escludono a vicenda e non sono nemmeno la stessa identica cosa. In pratica, anche se le B corp hanno dichiarato i propri intenti benefici, questi sono perseguiti e misurabili solo in termini di impatto a distanza di un preciso lasso di tempo. Nelle società benefit invece, l’intento deve essere messo nero su bianco nello Statuto.

L’Italia, da questo punto di vista, è pioniera in Europa. È infatti è il primo paese dell’UE a essersi dotato di una normativa specifica sulla materia. Normativa la cui stesura e ideazione è iniziata addirittura nel 2016 e che solo grazie all’ultima Legge di Bilancio, è finalmente diventata ufficiale e definitiva. Questa legge ha riconosciuto finalmente il modello di società benefit che intendono perseguire e perpetuare i propri scopi nel lungo termine.

Cosa sono le B Corp

Non sono società benefit, ma possono diventarlo. Al momento per essere certificate come B Corp occorre:

  • una valutazione online sul sito della Onlus B Lab attraverso la compilazione di un complesso questionario che serve a stabilire l’impatto aziendale dal punto di vista sociale e ambientale
  • raggiungere un punteggio di almeno 80 punti con il questionario, su una scala che va da 0 a 200 (0=società completamente estrattiva, 200=massima sostenibilità ed etica aziendale)
  • sottoporsi alla verifica da parte di un ente terzo, autonomo e indipendente, che certifica e conferma quanto dichiarato nel questionario.

Non è un questionario facile, né da compilare, né da superare. In Italia hanno provato oltre 70.000 aziende e di queste solamente 2800 hanno ottenuto la certificazione B Corp. Si tratta quindi di un processo lungo e molto difficile, ma che porta comunque notevoli vantaggi, anche in termini economici. Riuscire infatti a farsi riconoscere come B Corp significa anche attrarre nuovi clienti che condividono e sostengono gli stessi valori. Di conseguenza ne beneficiano gli interessi economici.

Conviene quindi essere B Corp, o meglio ancora società benefit, perché oltre ad avere un impatto sociale e ambientale positivo, il nuovo stato giuridico fa aumentare anche il numero di fatture elettroniche emesse ogni anno!

Sollecito di pagamento: quando come e perché inviarlo

Qualche volta capita che liberi professionisti e imprese si trovino a dover fare i conti con alcuni clienti che tardano a effettuare i pagamenti dovuti. Si rendono spesso irreperibili a telefono e non rispondono alle mail. In questi casi diventa necessario ricorrere a precise misure di recupero credito e lo strumento da utilizzare è proprio il sollecito di pagamento. Si tratta di un documento ufficiale che, se redatto in maniera opportuna, può addirittura avere valore legale.

Fattura elettronica: le caratteristiche fondamentali

Per capire quando è il momento opportuno per inviare una lettera di sollecito di pagamento, è necessario partire dalla fattura. È questo infatti il documento ufficiale dal quale è possibile ricavare tutti i dati necessari per capire importi dovuti ed eventuali scadenze di pagamento concordate.

I dati obbligatori affinché la fattura sia ritenuta valida sono:

  • dati relativi a debitore e creditore – ragione sociale, partita IVA, residenza o domicilio
  • descrizione dell’operazione effettuata o del bene/servizio ceduto
  • importo richiesto
  • termini di pagamento
  • modalità di pagamento

Se il soggetto che acquista non è il consumatore finale, la legge allora prevede che il pagamento possa avvenire nei termini di 30 giorni (in alcuni casi 60), da quando la fattura elettronica è consegnata, dal termine della prestazione o dalla consegna del bene. Alla scadenza di questi termini, il fornitore ha diritto a sollecitare le fatture insolute.

Fatture elettroniche scadute: fatture aperte e non pagate

Nel caso di fatture elettroniche aperte e non ancora pagate, il fornitore può ricorrere all’invio di una lettera di sollecito di pagamento. Nel documento il soggetto invita il debitore ad assolvere a quanto concordato in fattura, rispettando i termini previsti e le modalità di saldo. Quando il mancato pagamento è legato a una involontaria dimenticanza, o una momentanea impossibilità, è possibile risolvere la questione in modo amichevole e informale. Non è quindi necessario ricorrere al sollecito di pagamento. In caso contrario invece, la lettera di sollecito è sicuramente lo strumento migliore per agire.

Sollecito di pagamento: primo avviso

Quando una fattura elettronica risulta aperta e non pagata e i termini previsti per il saldo sono scaduti, il fornitore può inviare un primo avviso al debitore. La prima lettera di sollecito in realtà è un promemoria abbastanza amichevole con il quale sono puntualizzati e ricordati al debitore le somme dovute e i termini, già decorsi, per effettuare il pagamento. Su questo documento sono inseriti i dati principali come il numero della fattura di riferimento, gli importi dovuti e le modalità di pagamento. Se la fattura sollecitata prevede un importo superiore ai 77,47€ allora deve anche essere applicata una marca da bollo di 2€.

Sollecito di pagamento

Sollecito di pagamento: secondo avviso

In questo secondo documento il creditore rafforza la propria richiesta e la propria posizione. Rammenta ancora una volta, ma con tono più deciso, la pretesa sull’importo ancora non saldato. Volendo è già possibile fare presente al debitore il ricorso alle vie legali, in caso di continuo mancato pagamento.

In questo atto devono essere contenuti tutti i dati della fattura (come per il primo sollecito di pagamento) e il riferimento (numero e data) del primo avviso già inviato. La modalità di invio è indifferente, perché hanno tutti la stessa validità. Si può quindi scegliere l’invio cartaceo per posta normale, oppure ricorrere a una semplice email, o ancora preferire il recapito di una PEC, per essere ancora più sicuri che venga consegnata.

Sollecito di pagamento: terzo e ultimo avviso

Il terzo sollecito di pagamento è anche l’ultimo. Se l’importo dovuto non è ancora stato saldato, il credito può rivolgersi a uno studio legale per chiedere di inviare un nuovo sollecito e costituisca la messa in mora del creditore.

La costituzione in mora attiva particolari e precisi effetti in favore del creditore:

  1. inizia la decorrenza degli interessi moratori, nella misura degli interessi legali, salvo comunque diversi accordi
  2. interrompe il termine di prescrizione
  3. inizia l’obbligo per il debitore di risarcire eventuali danni causati dal mancato pagamento
  4. la perpetuatio obligationis, ossia il passaggio in capo al debitore del rischio che la prestazione divenga impossibile

L’ultima lettera di sollecito pagamento deve obbligatoriamente contenere le somme dovute e deve anche apporre la marca da bollo di 2€ da annullare con inchiostro indelebile. Ultimo sollecito e richiesta di costituzione in mora sono da inviare a mezzo raccomandata A/R, oppure PEC, direttamente allo studio legale incaricato.

Stabile organizzazione in Italia: cos’è e come crearne una

La Stabile organizzazione in Italia è definita dall’articolo 162 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi:

“…una sede di affari per mezzo della quale l’impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività sul territorio dello Stato…”.

La presenza di una società straniera in Italia, può essere esercitata in diversi modi:

  • con consistenza fisica – presenza fisica dell’impresa straniera in Italia, con ufficio, magazzini, depositi, negozi, ecc…
  • senza consistenza fisica – attività svolte online con uno o più siti web che hanno server e utenti italiani
  • stabile organizzazione Personale – soggetto presente fisicamente in Italia che opera sul nostro territorio concludendo contratti per un’azienda estera.

Dal 2017 è stato anche specificato che è considerata stabile organizzazione in Italia: “… Una significativa e continuativa presenza economica nel territorio dello Stato costruita in modo tale da non fare risultare una sua consistenza fisica nel territorio dello stesso”.

Stabile organizzazione in Italia con consistenza fisica

In questo caso la stabile organizzazione in Italia di un’azienda estera, possiede una sede d’affari fisica su territorio nostrano. La sede deve essere fissa, vale a dire deve essere fisica e tangibile, oltre che durevole nel tempo. Per Sede d’affari invece si intende una sede nella quale sono esercitate attività commerciali in Italia.

Stabile organizzazione in Italia senza consistenza fisica

L’articolo 162 del DPR n 917/86 la definisce come:

“… Una significativa e continuativa presenza economica nel territorio dello Stato costruita in modo tale da non fare risultare una sua consistenza fisica nel territorio dello stesso”

Questa nuova definizione è stata creata in previsione di imporre imposte sulle transazioni digitali relative a prestazioni di servizi effettuate mediante mezzi elettronici. In altre parole: le aziende straniere che operano online su territorio italiano e che hanno come cliente utenti italiani, devono pagare le tasse anche in Italia. Il sito con il quale operano deve avere il server dislocato su territorio italiano.

Stabile organizzazione in Italia

Stabile organizzazione personale in Italia

La stabile organizzazione personale in Italia prende in considerazione tutte quelle aziende straniere che mandano a operare, nel nostro paese, un commissario. In pratica si tratta di un dipendente dell’azienda straniera che opera per conto loro in Italia. Si tratta quindi di un soggetto che svolge un ruolo determinante nella conclusione di un contratto. Il contratto in questione può essere chiuso sia a nome della società straniera, che a nome del commissario stesso.

Fatturazione elettronica e tassazione delle stabili organizzazioni in Italia

Una stabile organizzazione in Italia è tenuta a rispettare i doveri formali di fatturazione elettronica delle operazioni attive e la registrazione delle fatture passive. Inoltre è tenuta a presentare dichiarazione dei redditi annuale. A tutti gli effetti una stabile organizzazione è una vera e propria entità disgiunta e separata dalla casa madre. La sua identificazione serve solo a determinare il reddito d’impresa prodotto dallo Stato italiano.

Questo significa che questa tipologie di organizzazione deve presentare il modello redditi SC, che serve a determinare l’imposta da versare in Italia.

Cosa serve per aprire una stabile organizzazione in Italia

Basta qualche semplice step per poter procedere all’apertura di una stabile organizzazione.

  1. Verbale di istituzione della sede italiana
  2. Nomina del rappresentante in Italia
  3. Attivazione di una PEC
  4. Deposito del verbale e dello statuto presso un notaio (entro 45 giorni)
  5. Deposito presso il Registro delle Imprese
  6. Domanda di rilascio del codice fiscale e della partita IVA ad Agenzia delle Entrate
  7. Iscrizione INAIL in caso di dipendenti
  8. Iscrizione all’INPS

Il verbale costitutivo contiene sia la decisione dell’azienda estera di aprire una sede secondaria in Italia, sia la nomina del proprio rappresentante. L’atto deve essere registrato presso il Tribunale entro 45 giorni ad opera di un notaio con allegata relativa traduzione in lingua italiana. Inoltre entro 30 giorni, il notaio deve anche registrare l’atto presso il Registro delle Imprese. Infine, come specificato nell’elenco precedente, l’impresa deve anche attivare una casella PEC e dichiarare, agli enti competenti, l’acquisizione di relativo codice fiscale e partita IVA.

Commercio elettronico diretto o indiretto: caratteristiche, differenze e fatturazione

Quando si parla di eCommerce non si pensa mai al mondo che sta dietro al commercio elettronico. Non molti sanno infatti che prima di tutto bisogna distinguere tra commercio elettronico diretto e commercio elettronico indiretto:

  • Commercio elettronico diretto – in questa categoria rientra il commercio dei prodotti/servizi immateriali. Ai fini IVA sono considerati come “prestazioni di servizio
  • Commercio elettronico indiretto – si tratta del commercio di beni fisici acquistabili online e da consegnare materialmente all’utente acquirente.

A seconda che si tratti dell’una o dell’altra tipologia, si applicano regole differenti di fatturazione elettronica.

Commercio elettronico diretto e fatturazione elettronica

Tutti i beni immateriali che rientrano nella categoria delle prestazioni di servizio, sono soggetti all’obbligo della fatturazione elettronica. Questo vale quando il cliente ne richiede l’emissione. Quindi dal primo gennaio 2019, con l’entrata in vigore della fatturazione elettronica, anche gli e-commerce di beni immateriali, hanno l’obbligo di redigere, emettere e inviare al Sistema di Interscambio, la fattura elettronica. In ogni altro caso, i commercianti, devono tenere il registro dei corrispettivi.

La disciplina che regola il commercio elettronico diretto sono state modificate dal primo luglio 2021. La Commissione UE, ha stabilito, relativamente ai rapporti B2C, diverse nuove regole:

  • Non è più applicata la disciplina delle vendite a distanza. Da questo mese infatti vale il criterio generale secondo il quale, le operazioni di commercio elettronico indiretto sono territorialmente rilevanti nel Paese UE di destinazione (quindi nel paese dove risiede l’acquirente)
  • Eliminate tutte le soglie di protezione e stabilita un’unica soglia pari a 10.000€ comune a tutti gli stati membri. Al disotto di questa soglia le operazioni risultano rilevanti ai fini IVA nel paese del cedente
  • se la soglia comune è superata nel corso dell’anno, si applica, a partire da quel momento, il criterio generale
  • è possibile usare la procedura semplificata MOSS, rinominata in OSS

Commercio elettronico

Commercio elettronico indiretto e fatturazione elettronica

Vendere bene fisici tramite e-commerce non prevede l’obbligo di emissione di fatture elettroniche. L’emissione dell’e-fattura è comunque richiedibile da parte dell’acquirente e in questo caso il venditore, deve emetterla tramite il proprio gestionale.

Da un punto di vista IVA, il commercio elettronico indiretto è considerato come la vecchia vendita per corrispondenza. Pertanto sono applicate tutte le norme, direttive e regole comunitarie e internazionali. Le operazioni degli e-commerce indiretti, ai fini IVA sono rilevanti nel paese del committente. Questo vale che si tratti di un privato, piuttosto che di un operatore economico.

Il DPR n. 633/72 disciplina le operazioni di commercio elettronico indiretto tra soggetti residenti in Italia. Quando il cliente è un privato consumatore, si applica la disciplina delle vendite per corrispondenza. Questo significa che, secondo Agenzia delle Entrate, queste operazioni non sono soggette:

  • obbligo emissione di fattura elettronica, a meno che questa non sia richiesta direttamente dall’acquirente
  • obbligo di certificazioni dei corrispettivi mediante rilascio di scontrino o della ricevuta fiscale (esonero previsto dall’articolo 2, del DPR n. 696/1996)

Nonostante l’esonero da emissione di scontrino elettronico, i corrispettivi giornalieri delle vendite devono essere annotati nell’apposito registro. L’annotazione deve avvenire entro il giorno non festivo successivo a quello di effettuazione dell’operazione e con riferimento al giorno di effettuazione. Inoltre, durante la liquidazione IVA, lo scorporo deve essere eseguito secondo il metodo matematico.

E-commerce indiretto come dropshipping

Il dropshipping è un sistema di vendita di prodotti online, senza magazzino fisico. Si tratta di una modalità di vendita relativamente nuova che, negli ultimi anni, si è largamente diffusa. In pratica il venditore spedisce solo il prodotto all’acquirente, fornendo garanzia e supporto. Sarà invece il fornitore ad avere e curare il magazzino. La modalità di fatturazione delle operazioni nel dropshipping avviene con le stesse modalità di un negozio di E-commerce.

Questo significa che il dropshipper emette fattura per i beni venduti dall’azienda eCommerce. La fattura al cliente è registrata dal sistema interno dell’eCommerce e, contestualmente, è emessa fattura di acquisto per il bene acquistato dal fornitore stesso. Se consumatore e produttore si trovano in Italia, il regime IVA applicato è quello italiano. Se il consumatore si trova all’estero, mentre il produttore si trova in Italia, allora la fattura elettronica emessa dal venditore riporterà l’IVA del paese di residenza del consumatore. Presenterà poi all’Agenzia delle Entrate IVA trimestrale distinguendo i corrispettivi e l’IVA a seconda del Paese UE di riferimento.

Infine versa l’IVA così applicata all’Agenzia delle Entrate italiana, la quale provvede a rigirarla ai Paesi di spettanza.

BERS: cos’è e quali opportunità offre la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo

BERS è l’acronimo utilizzato per indicare la Banca Europea per la Ricostruzione e lo sviluppo, un’istituzione finanziaria internazionale che è stata fondata nel 1991  e che utilizza gli investimenti come strumento per costruire economia di mercato. In origine questo ente era focalizzato sui paesi dell’ex blocco orientale, salvo poi espandersi e svilupparsi per aiutare più di 30 paesi in tutto il Mondo muovendosi dall’Europa all’Asia centrale. Ciò che si cerca di favorire è il processo di internazionalizzazione, ma cos’è la BERS e come agisce?

BERS: cos’è

La Bers è la Banca Europea per la Ricostruzione e lo sviluppo, da non confondere con la BEI Banca Europea degli investimenti. Così come succede per molte banche multilaterali la BERS ha membri che provengono da tutto il mondo, ma il maggior azionista sono gli Stati Uniti. La sede della banca è a Londra da cui opera in imprese private insieme a partner commerciali. Si tratta di una banca che investendo cerca di trovare nuova economia di mercato.

Un po’ di storia

Come accennato in apertura la BERS nasce nel 1991 quando ci fu lo scioglimento dell’Unione Sovietica. Si tratta della prima banca multilaterale di sviluppo ad avere un mandato ambientale esplicito nello statuto tanto che non ha mai finanziato l’estrazione del carbone termico e la produzione di elettricità da esso, per via del suo notevole impatto ambientale.

La Bers si assunse l’impegno di dedicare oltre il 40% dei suoi investimenti al green e tale somma doveva essere stanziata entro il 2020, anche se tutto ciò fu raggiunto in soli 2 anni dal 2015 al 2017. La mission alla base della sua fondazione era quella di sostenere i paesi dell’ex blocco orientale offrendo project financing e lavorando con le società di proprietà pubblica per sostenerne la privatizzazione.

La BERS ha previsto nel suo statuto di poter collaborare solo con paesi democratici e che promuovano progetti per lo sviluppo sostenibile e rispettoso dell’ambiente.

BERS

Le operazioni messe in atto dalla BERS

La BERS è il più grande investitore nelle zone di attività dove è in grado di mobilitare ingenti investimenti esteri diretti. Insomma la Banca è in grado di finanziare molti progetti. Questo grazie anche all’appoggio di partner commerciali. Preferisce comunque dedicare la maggior parte delle sue attenzioni al settore privato come le banche e le industrie.

Questo non vuol dire che non lavora con società di proprietà pubblica e ne sostiene la privatizzazione e la ristrutturazione di società di proprietà statali per il miglioramento dei servizi municipali. Solo nel 2016 la BERS ha finanziato ben 378 progetti per una somma complessiva poco al di sotto dei 10 miliardi di euro sostenendo micro, piccole e medie imprese.

BERS e l’Europa

La BERS con il tempo si è rivelata per l’Europa un partner strategico veramente fondamentale. Un partner per il sostegno dato alle politiche e agli obiettivi prefissati in materia di crescita ed occupazione.

È possibile affermare che l’Unione Europea è il principale fornitore in materia di fondi. Sovvenzioni per l’assistenza tecnica e il cofinanziamento degli investimenti da parte proprio della BERS. Fin dagli albori dell’attività di questa banca è stata proprio l’Europa a fornire ben il 36% delle sovvenzioni che ancora vengono accordate alle imprese

Ma con il tempo i finanziamenti dell’UE sono stati sempre più incanalati attraverso le strutture a carattere regionale. Queste vennero create per combinare le sovvenzioni dell’UE con i finanziamenti BERS.

BERSLe possibilità di finanziamento da parte dell’UE

Ad oggi l’economia ha sicuramente bisogno di un grande slancio, dopo l’avvento della fatturazione elettronica e dello scontrino elettronico che ha totalmente cambiato il modo di lavorare introducendo piccole e grandi aziende alla digitalizzazione del lavoro. Non è certo un processo facile. Non mancano le possibilità che ancora oggi l’Unione Europea fornisce ai suoi stati membri e a tutte quelle aziende che richiedono una maggiore liquidità per rialzarsi e crescere.

I fondi stanziati dall’UE sono per le opere di sviluppo urbano e regionale, per l’aumento dell’occupazione e l’inclusione sociale. Non mancano mai fondi destinati all’agricoltura e lo sviluppo rurale, le politiche marittime e della pesca, ricerca e innovazione, aiuti umanitari.

Tutti progetti perfettamente in linea con quelli che sono i diktat statutari della BERS.

Digital Transformation: cos’è e come attuarla nelle aziende

Siamo in un mondo digitale e le aziende non potevano certe restare nelle retrovie a riguarda, ecco per quale motivo si parla sempre più spesso di Digital Transformation, partita con la fatturazione elettronica, primo passo verso una vera e propria rivoluzione che punta a modificare l’intero sistema lavorativo e renderlo semplice e snello.

Con il passare del tempo, da innovazione la digital transformation sta diventando la nuova normalità, ovvio che è servito del tempo per abituarcisi e ancora ne servirà con l’ingresso dello scontrino elettronico e di molto altro. Ma a cosa ci si riferisce quando si parla di trasformazione digitale delle imprese e in cosa consiste questo processo inevitabile?

Digital Transformation: cos’è

La presenza della tecnologia nella vita quotidiana è sempre più una costante e non poteva essere diversamente in ambito lavorativo. Sarebbe assurdo pensare che l’azienda potesse restare in dietro per quel che riguarda la digitalizzazione.

Quella che si sta affrontando è un’evoluzione dinamica che coinvolge l’azienda in ogni suo aspetto, tanto organizzativo quanto strategico. Tutto questo permette allo stesso professionista di sfruttare tutte le possibilità che le tecnologie offrono nei nuovissimi sistemi organizzativi che spianano la strada a numerosi cambiamenti futuri. In tale processo ciò di cui si tiene conto non è solo il mercato e i cambiamenti attuali, ma anche quelli futuri che al momento sono solo previsioni.

Digital Transformation

In che misura si tratta di un cambiamento essenziale

La digitalizzazione per le aziende è divenuta indispensabile a prescindere dalle dimensioni della stessa. Questo avviene perché solo procedendo in questa direzione si sarà in grado di soddisfare le attese sempre crescenti dei clienti. La trasformazione permette di migliorare la propria produttività a fronte di una spesa a livello di risorse per creare quello che viene definito vantaggio competitivo. Ciò che viene definita Digital Transformation non solo coinvolge tutti gli aspetti dell’azienda, ma anche a tutte le tipologie di attività che si tratti di un negozio fisico oppure un e-commerce o qualunque altra tipologia.

I vantaggi

Questi cambiamenti digitali, tanto voluti quanto temuti sono fonte di numerosi vantaggi:

  • una maggiore efficienza delle aziende
  • prodotto di qualità maggiore
  • facilità del coordinamento di squadra
  • tempi ristretti e puntualità nella consegna del prodotto
  • clienti fidelizzati
  • prodotti nuovi
  • qualità più alta

Le aziende che decidono di non conformarsi alla Digital Transformation non sono non riusciranno a ottenere i suddetti vantaggi, ma resteranno a un livello inferiore rispetto ai loro competitors. Un elemento di successo? Sicuramente si.

Digital Transformation e i suoi limiti

Diciamolo pure chiaramente, nessun cambiamento a livello storico è stato indolore oppure semplice o immediato e ci sono alcuni limiti della Digital Transformation che in alcune occasioni hanno impedito ai manager di conformarsi e di trarre vantaggio da tali modifiche.

I limiti e gli ostacoli che generalmente vengono riscontrati sono:

  • competenze limitate in ambito digitale
  • mancanza di sperimentazione per i nuovi sistemi
  • basso budget a disposizione
  • poca propensione al rischio di impresa
  • difficoltà nell’affrontare i problemi di sicurezza informatica.

Tutti limiti dovuti all’abitudine dell’agire nella maniera tradizionale, nonostante il suo essere molto meno semplice ed immediata.