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BERS: cos’è e quali opportunità offre la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo

BERS è l’acronimo utilizzato per indicare la Banca Europea per la Ricostruzione e lo sviluppo, un’istituzione finanziaria internazionale che è stata fondata nel 1991  e che utilizza gli investimenti come strumento per costruire economia di mercato. In origine questo ente era focalizzato sui paesi dell’ex blocco orientale, salvo poi espandersi e svilupparsi per aiutare più di 30 paesi in tutto il Mondo muovendosi dall’Europa all’Asia centrale. Ciò che si cerca di favorire è il processo di internazionalizzazione, ma cos’è la BERS e come agisce?

BERS: cos’è

La Bers è la Banca Europea per la Ricostruzione e lo sviluppo, da non confondere con la BEI Banca Europea degli investimenti. Così come succede per molte banche multilaterali la BERS ha membri che provengono da tutto il mondo, ma il maggior azionista sono gli Stati Uniti. La sede della banca è a Londra da cui opera in imprese private insieme a partner commerciali. Si tratta di una banca che investendo cerca di trovare nuova economia di mercato.

Un po’ di storia

Come accennato in apertura la BERS nasce nel 1991 quando ci fu lo scioglimento dell’Unione Sovietica. Si tratta della prima banca multilaterale di sviluppo ad avere un mandato ambientale esplicito nello statuto tanto che non ha mai finanziato l’estrazione del carbone termico e la produzione di elettricità da esso, per via del suo notevole impatto ambientale.

La Bers si assunse l’impegno di dedicare oltre il 40% dei suoi investimenti al green e tale somma doveva essere stanziata entro il 2020, anche se tutto ciò fu raggiunto in soli 2 anni dal 2015 al 2017. La mission alla base della sua fondazione era quella di sostenere i paesi dell’ex blocco orientale offrendo project financing e lavorando con le società di proprietà pubblica per sostenerne la privatizzazione.

La BERS ha previsto nel suo statuto di poter collaborare solo con paesi democratici e che promuovano progetti per lo sviluppo sostenibile e rispettoso dell’ambiente.

BERS

Le operazioni messe in atto dalla BERS

La BERS è il più grande investitore nelle zone di attività dove è in grado di mobilitare ingenti investimenti esteri diretti. Insomma la Banca è in grado di finanziare molti progetti. Questo grazie anche all’appoggio di partner commerciali. Preferisce comunque dedicare la maggior parte delle sue attenzioni al settore privato come le banche e le industrie.

Questo non vuol dire che non lavora con società di proprietà pubblica e ne sostiene la privatizzazione e la ristrutturazione di società di proprietà statali per il miglioramento dei servizi municipali. Solo nel 2016 la BERS ha finanziato ben 378 progetti per una somma complessiva poco al di sotto dei 10 miliardi di euro sostenendo micro, piccole e medie imprese.

BERS e l’Europa

La BERS con il tempo si è rivelata per l’Europa un partner strategico veramente fondamentale. Un partner per il sostegno dato alle politiche e agli obiettivi prefissati in materia di crescita ed occupazione.

È possibile affermare che l’Unione Europea è il principale fornitore in materia di fondi. Sovvenzioni per l’assistenza tecnica e il cofinanziamento degli investimenti da parte proprio della BERS. Fin dagli albori dell’attività di questa banca è stata proprio l’Europa a fornire ben il 36% delle sovvenzioni che ancora vengono accordate alle imprese

Ma con il tempo i finanziamenti dell’UE sono stati sempre più incanalati attraverso le strutture a carattere regionale. Queste vennero create per combinare le sovvenzioni dell’UE con i finanziamenti BERS.

BERSLe possibilità di finanziamento da parte dell’UE

Ad oggi l’economia ha sicuramente bisogno di un grande slancio, dopo l’avvento della fatturazione elettronica e dello scontrino elettronico che ha totalmente cambiato il modo di lavorare introducendo piccole e grandi aziende alla digitalizzazione del lavoro. Non è certo un processo facile. Non mancano le possibilità che ancora oggi l’Unione Europea fornisce ai suoi stati membri e a tutte quelle aziende che richiedono una maggiore liquidità per rialzarsi e crescere.

I fondi stanziati dall’UE sono per le opere di sviluppo urbano e regionale, per l’aumento dell’occupazione e l’inclusione sociale. Non mancano mai fondi destinati all’agricoltura e lo sviluppo rurale, le politiche marittime e della pesca, ricerca e innovazione, aiuti umanitari.

Tutti progetti perfettamente in linea con quelli che sono i diktat statutari della BERS.

Digital Transformation: cos’è e come attuarla nelle aziende

Siamo in un mondo digitale e le aziende non potevano certe restare nelle retrovie a riguarda, ecco per quale motivo si parla sempre più spesso di Digital Transformation, partita con la fatturazione elettronica, primo passo verso una vera e propria rivoluzione che punta a modificare l’intero sistema lavorativo e renderlo semplice e snello.

Con il passare del tempo, da innovazione la digital transformation sta diventando la nuova normalità, ovvio che è servito del tempo per abituarcisi e ancora ne servirà con l’ingresso dello scontrino elettronico e di molto altro. Ma a cosa ci si riferisce quando si parla di trasformazione digitale delle imprese e in cosa consiste questo processo inevitabile?

Digital Transformation: cos’è

La presenza della tecnologia nella vita quotidiana è sempre più una costante e non poteva essere diversamente in ambito lavorativo. Sarebbe assurdo pensare che l’azienda potesse restare in dietro per quel che riguarda la digitalizzazione.

Quella che si sta affrontando è un’evoluzione dinamica che coinvolge l’azienda in ogni suo aspetto, tanto organizzativo quanto strategico. Tutto questo permette allo stesso professionista di sfruttare tutte le possibilità che le tecnologie offrono nei nuovissimi sistemi organizzativi che spianano la strada a numerosi cambiamenti futuri. In tale processo ciò di cui si tiene conto non è solo il mercato e i cambiamenti attuali, ma anche quelli futuri che al momento sono solo previsioni.

Digital Transformation

In che misura si tratta di un cambiamento essenziale

La digitalizzazione per le aziende è divenuta indispensabile a prescindere dalle dimensioni della stessa. Questo avviene perché solo procedendo in questa direzione si sarà in grado di soddisfare le attese sempre crescenti dei clienti. La trasformazione permette di migliorare la propria produttività a fronte di una spesa a livello di risorse per creare quello che viene definito vantaggio competitivo. Ciò che viene definita Digital Transformation non solo coinvolge tutti gli aspetti dell’azienda, ma anche a tutte le tipologie di attività che si tratti di un negozio fisico oppure un e-commerce o qualunque altra tipologia.

I vantaggi

Questi cambiamenti digitali, tanto voluti quanto temuti sono fonte di numerosi vantaggi:

  • una maggiore efficienza delle aziende
  • prodotto di qualità maggiore
  • facilità del coordinamento di squadra
  • tempi ristretti e puntualità nella consegna del prodotto
  • clienti fidelizzati
  • prodotti nuovi
  • qualità più alta

Le aziende che decidono di non conformarsi alla Digital Transformation non sono non riusciranno a ottenere i suddetti vantaggi, ma resteranno a un livello inferiore rispetto ai loro competitors. Un elemento di successo? Sicuramente si.

Digital Transformation e i suoi limiti

Diciamolo pure chiaramente, nessun cambiamento a livello storico è stato indolore oppure semplice o immediato e ci sono alcuni limiti della Digital Transformation che in alcune occasioni hanno impedito ai manager di conformarsi e di trarre vantaggio da tali modifiche.

I limiti e gli ostacoli che generalmente vengono riscontrati sono:

  • competenze limitate in ambito digitale
  • mancanza di sperimentazione per i nuovi sistemi
  • basso budget a disposizione
  • poca propensione al rischio di impresa
  • difficoltà nell’affrontare i problemi di sicurezza informatica.

Tutti limiti dovuti all’abitudine dell’agire nella maniera tradizionale, nonostante il suo essere molto meno semplice ed immediata.

Digitalizzazione: cos’è e perchè è importante per le aziende

È sempre più intensa la corsa alla digitalizzazione che le aziende di oggi stanno compiendo, una corsa, una rivoluzione, che porta alle aziende innumerevoli benefici. Grazie alla digitalizzazione infatti le aziende hanno la possibilità di semplificare e velocizzare molte delle loro attività quotidiane. Inoltre possono diventare sempre più performanti e produttive, così da riuscire a restare sempre concorrenziali. E oggi come oggi essere concorrenziali è importante, l’unico modo per farsi notare nella massa, l’unico modo per continuare la propria scalata verso il successo.

Digitalizzazione: scontrini e fatture elettroniche

Un primo importante passo verso la rivoluzione digitale è stato compiuto dalle aziende quando è entrato in vigore l’obbligo degli scontrini e della fatturazione elettronica. Sono disponibili gli strumenti per la fatturazione elettronica anche direttamente sul sito dell’Agenzia delle Entrate, strumenti macchinosi che non rendono affatto la fattura semplice da redigere e da inviare. Diverso invece il discorso per le piattaforme dedicate a questo servizio, piattaforme che le aziende di oggi scelgono così da rendere la fatturazione più semplice e veloce.

Digitalizzazione

 

Queste piattaforme infatti consentono di automatizzare molte operazioni relative alla fatturazione, come ad esempio la numerazione e la firma del documento. Basta quindi inserire pochi dettagli e il gioco è fatto! Inoltre gli strumenti dedicati alla fatturazione elettronica oggi disponibili consentono di redigere una fattura, trasmetterla al Sistema di Interscambio nel giusto formato, Sistema di Interscambio che, dopo aver effettuato i dovuti controlli, invia la fattura al destinatario ma anche direttamente all’Agenzia delle Entrate. Non solo, questi strumenti consentono anche la conservazione delle fatture così come previsto dalla legge attualmente vigente e una loro consultazione semplice e veloce. Alcuni consentono la conservazione delle fatture anche per ben 10 anni.

Lo stesso vale per lo scontrino elettronico. Esistono infatti delle piattaforme online che permettono di evitare l’acquisto di un dispositivo fiscale e che rendono semplice l’emissione di uno scontrino elettronico e la stampa del documento, piattaforme che spesso offrono la possibilità di effettuare tutto questo anche in mobilità, anche quindi dal proprio smartphone e tablet. La stampa in questo caso viene effettuata tramite una piccola stampante bluetooth.

Corsa alla digitalizzazione

Fatturazione elettronica e scontrino elettronico sono senza alcun dubbio un primo importante passo verso la digitalizzazione, un passo che le aziende hanno dovuto compiere obbligatoriamente. Ci sono molti altri passi che le aziende hanno invece deciso di compiere in totale autonomia, senza quindi che vi sia stato alcun obbligo da parte dello stato, passi che fanno parte della strategia di innovation management e che consentono alle aziende di restare sempre sulla cresta dell’onda.

Pensiamo ad esempio alla scelta dei software per la gestione dei dipendenti o delle attività aziendali. I software gestionali sino a qualche anno fa prevedevano la necessità di un’installazione sul computer. Oggi invece sono software in cloud, accessibili quindi da ogni dispositivo, accessibili spesso tramite app anche da tablet oppure da smartphone, che favoriscono quindi anche il lavoro da remoto. Inoltre molti progetti sono portati avanti dalle aziende sfruttando suite di software online, con editor che consentono a più utenti di lavorare su uno stesso documento in modo davvero molto semplice. Niente progetti su carta, niente stampe su stampe, niente revisioni che rischiano di essere perse, una digitalizzazione questa che ha semplicemente dell’incredibile.

Automazione dei processi e non solo

Per molte aziende poi la corsa alla digitalizzazione ha visto scendere in campo l’automazione di molti processi. Sono stati scelti quindi macchinari e robot che hanno permesso di rendere automatiche alcune operazioni quotidiane, senza che vi sia bisogno dell’intervento umano. In questo modo è stato possibile rendere queste operazioni precise, eliminando alla radice la possibilità di incorrere in un errore umano, veloci, performanti. L’azienda quindi ha avuto modo di diventare più produttiva, capace di rispondere al meglio alla richiesta del mercato.

Le aziende sono poi, oggi come oggi, solite:

  • registrare tutti i dati che arrivano dalle operazioni
  • creare report direttamente online
  • gestire i documenti relativi alla propria attività in cloud e non più in cartaceo

Tutte operazioni che sono oggi quotidiane e che diamo per scontato, ma che sono in realtà processi di digitalizzazione, innovazione e tecnologia, processi che portano le aziende verso un progresso sempre più inteso, costante nel corso del tempo.

Baratto finanziario: compensazione multilaterale di crediti e debiti

Il baratto finanziario è uno strumento introdotto quest’anno dalla Legge di Bilancio. In pratica consiste nella compensazione multilaterale di crediti e debiti commerciali che provengono da fatture elettroniche. Il baratto è una delle forme commerciali più antiche che esistano al mondo. Ci sono due diverse tipologie di baratto: semplice e multiplo. Il primo, chiamato anche baratto diretto, consiste nello scambio di un singolo bene/servizio con un altro bene/servizio, preventivamente concordato tra le parti. Nel secondo, che prende anche il nome di baratto indiretto, il soggetto che cede il bene/servizio, non riceve in cambio quanto vuole a causa di una differenza di valore e/o reperibilità. Nel corso del tempo, sia in Italia, che nel resto del mondo, sono nate anche altre forme di baratto: amministrativo, finanziario e online. Quello introdotto dalla nuova legge di Bilancio è appunto il baratto finanziario, definito 4.0 che dovrebbe permettere alle imprese di compensare le proprie posizioni creditizie e debitorie, senza nemmeno dover passare dalla moneta.

Baratto finanziario: un sistema complementare a quello bancario

Si tratta di una vera e propria rivoluzione, al pari di quella protratta dall’introduzione della fatturazione elettronica e dei corrispettivi telematici. Il baratto finanziario è un vero e proprio sistema complementare a quello bancario.

La proposta di questa nuova formula compensatoria, nasce dall’ Associazione italiana dei Commercialisti e di Confimi industria (Confederazione dell’industria manifatturiera italiana). L’idea è nata dalla volontà di andare incontro e in aiuto alle imprese che presentano difficoltà finanziarie. In pratica, se venisse concretizzata, le fatture elettroniche verrebbero utilizzate come moneta di scambio (al posto della vera e propria moneta). Un’impresa non da poco, che presenta però moltissimi vantaggi, tra i quali, sicuramente, quello di dare respiro alle aziende in crisi di liquidità.

Si tratta quindi di un sistema sicuro e controllato che vuole incentivare la circolazione di beni e servizi tra le imprese. Un meccanismo che sfrutta appieno il sistema e i vantaggi della fatturazione elettronica.

Baratto Finanziario: i soggetti che possono sfruttare la compensazione

La compensazioni promossa dalle associazioni sopra citate avverrebbe su base volontaria attraverso una piattaforma telematica di Agenzia delle Entrate. Le imprese che aderirebbero potrebbero così chiedere la compensazione di crediti e debiti con altre aziende aderenti. Se entrambe le parti accettano la compensazioni, il sistema aggiorna la situazione e gli importi di crediti e debiti relativi. Le operazioni portate in compensazione comportano l’estinzione dell’obbligazione ex art. 1241 del codice civile.

Al baratto finanziario possono accedere tutte le imprese residenti o stabilite in Italia. Non possono invece sfruttare questo meccanismo le imprese:

  • soggette a procedure concorsuali
  • che hanno aderito a operazioni di ristrutturazione del debito
  • che hanno accettato e hanno in corso piani di risanamento iscritti al Registro delle Imprese.

Baratto Finanziario: tutti i vantaggi

I vantaggi per chi aderisce al baratto finanziario sono davvero molteplici. Le aziende infatti potrebbero, in questo modo, riuscire a ridurre:

  • il ricorso ai finanziamenti bancari
  • i rischi di crisi di liquidità
  • le perdite su crediti
  • il ricorso allo sconto su fatture elettroniche

Baratto Finanziario

Ma non solo. Il sistema del baratto finanziario funzionerebbe infatti su una piattaforma telematica controllata da Agenzia delle Entrate e farebbe affidamento su operazioni testimoniate e garantite dalla presenza delle fatture elettroniche. Questo significa che ci sarebbero molte meno possibilità di pressione sulle imprese da parte di organizzazioni mafiose, con una sensibile riduzione del rischio di usura.

Alla fine, riuscire a trasformare le fatture elettroniche in una vera e propria moneta digitale equivarrebbe a un grandissimo vantaggio competitivo per il paese. L’Italia oggi è l’unico paese in occidentale ad aver introdotto la fatturazione elettronica obbligatoria. Vale a dire un sistema controllato direttamente da Agenzia delle Entrate che sfrutta il Sistema di Interscambio (SdI) per emettere, controllare e recapitare le fatture elettroniche. Riuscire a sfruttare il SdI anche per compensare debiti e crediti delle imprese darebbe un ulteriore nuovo impulso al rinnovamento finanziario italiano. I rischi delle imprese verrebbero ridotti e molti dei fallimenti sistematici che incombono su diversi settori, verrebbero scongiurati per sempre.

Baratto Finanziario: a quali casi è applicato

Spiegato cos’è il baratto finanziario cerchiamo adesso di capire a quali casi potrebbe essere applicato questo sistema.

A questo scopo riportiamo due esempio:

Caso 1

L’impresa A emette fattura all’impresa B per un valore di 100€. Al tempo stesso l’impresa B emette fattura all’impresa A del valore di 70€. Saldato il debito, l’impresa A rimane creditrice nei confronti dell’impresa B di soli 30€

Caso 2

A fattura a B 100€. B fattura a C 200€ e C deve 100€ ad A. Compensando le varie fatture rimane solo un debito pari a 100€ dell’impresa B verso C

Questi sono due semplici esempio ai quali il sistema del baratto finanziario 4.0 potrebbe essere applicato con efficacia.

Bolletta doganale: cos’è e come funziona

La bolletta doganale è un documento che attesta e conferma il pagamento delle tasse doganali. Inoltre è una sorta di certificato che dichiara la conformità ad ogni altra formalità previste dalla dogana. Tutto ha inizio al momento della spedizione. In questa prima fase, il mittente, compila e firma la bolletta doganale che servirà ad accompagnare la merce fino alla frontiera. Questo documento assolve, contemporaneamente, a due importanti compiti: individuare il paese di destinazione merce e calcolare le relative tasse doganali. Il documento si trasforma in una vera e propria bolletta doganale, chiamata anche DAU (Documento Amministrativo Unico) o DAE (Documento Accompagnamento Esportazione), quando le tasse doganali risultano pagate e la dogana assegna al modulo una data e un numero identificativo. La bolletta doganale è unica e vale sia per importazioni che per le esportazioni.

Bolletta doganale: tipologie, modelli e caratteristiche

A seconda dei casi la bolletta doganale può assumere denominazioni diverse:

  • di accompagnamento – questo termine indica una bolletta doganale che serve solo ad accompagnare la merce da una dogana all’altra. Solo nell’ultima dogana verranno pagate le tasse.
  • di importazione – utilizzata per trasportare la merce dalla dogana alla destinazione finale
  • di esportazione o temporanea importazione – in questo caso la merce transita solo temporaneamente da una dogana, quindi sulla bolla è scritto la data entro la quale la merce deve essere definitivamente spostata
  • introduzione in deposito – si tratta dei documenti che accompagnano le merci depositate in appositi locali messi a disposizione dalle dogane.

Al momento in cui è fatto un acquisto di merce proveniente da un Paese Extra UE, assieme alla bolla doganale, l’acquirente riceve anche:

  • fattura emessa dal venditore straniero
  • fattura del trasportatore

quando un’azienda riceve quindi della merce proveniente da un paese Extra UE deve registrare la bolla doganale, la fattura del venditore e la fattura dello spedizioniere. Quando le bolle doganali e le corredate fatture devono essere registrate è necessario fare tre diverse distinte.

Dazi doganali: cosa sono e come sono calcolati

Da oltre 2000 anni le civiltà impongono dei dazi sulle merci che venivano scambiate con le popolazioni vicine. Oggi il dazio doganale è definito come: “imposta indiretta applicata sul valore di tutti i prodotti importati ed esportati dal Paese che l’impone”. In Europa, è applicato un dazio doganale per tutti quei prodotti che provenienti, o diretti in Paesi che non fanno parte della CEE (Comunità Economica Europea).

In Italia l’importo da pagare alla dogana varia a seconda della merce. Ci sono però alcuni fattori da considerare sempre:

  • valore del prodotto importato
  • tipologia di prodotto importato

Bolletta doganale

Dazi doganali: come sono calcolati

I dazi doganali sono calcolati quindi tenendo conto del valore stesso della merce importata/esportata. È applicata una relativa percentuale che varia in base appunto alla merce. Esiste una tabella specifica che serve ad identificare e classificare ogni diversa tipologia di merce importata. Online è inoltre disponibile il TARIC, un servizio telematico che consente di recuperare tutte le informazioni necessarie ad identificare la tipologia di merce che passa per le dogane.

Volendo trarre una formula generica per spiegare la composizione di un dazio doganale, è possibile affermare che questo è composto da:

valore della merce + nolo Extra UE (nolo=spesa di trasporto)

Infine l’IVA, imposta sul valore aggiunto, è calcolata su valore del bene + nolo Extra UE + dazi doganali. In altre parole l’IVA è calcolata e fatta pagare anche sugli stessi dazi doganali! Quando la bolletta doganale non è espressa in Euro, la conversione va fatta tenendo conto del tasso di cambio alla data riportata sulla bolletta stessa.

Bolletta doganale: sezioni e caselle

La bolletta doganale è suddivisa in una serie di caselle, codici e sezioni, ciascuna delle quali indica uno specifico elemento. Le caselle più importanti sono:

  • 1 – Dichiarazione Contiene la scritta IM (importazione)
  • 8 – Destinatario Il tuo indirizzo
  • 12 – Elementi di trasporto Spese di trasporto UE e extra UE
  • 20 – Termini Le condizioni contrattuali di spedizione
  • 22 – Valuta La valuta usata per l’acquisto
  • 23 – Tasso di cambio tasso di cambio fissato dalla dogana
  • 33 – Codice merci Codice identificativo delle merci
  • 42 – Prezzo Costo della merce al tasso di cambio
  • 44 – Speciali Eventuali autorizzazioni, certificati
  • 47 – Imposte IVA e dazi doganali

Spesometro

Lo spesometro è una particolare comunicazione che i titolari di partita IVA devono redigere e presentare ad Agenzia delle Entrate. Non sono tenuti alla compilazione di questa documentazione i contribuenti che rientrano nel regime forfettario, commercianti al dettaglio per operazioni inferiori ai 3.000 € e le agenzie di viaggio per importi inferiori a 3.600 €.

Lo spesometro contiene solo operazioni certificate da scontrino elettronico o ricevuta fiscale, nonché tutte quelle fatturate con fatturazione elettronica. Dal 2017 lo spesometro è stato poi collegato anche alla comunicazione IVA e alla liquidazione IVA periodica.

Le spese sostenute per importazioni Extra UE NON vanno riportate nello spesometro. Quando la merce transita in Italia, occorre semplicemente  emettere bolla doganale e, con quella, il Fisco è già consapevole del trasporto.

Iva per cassa: il sistema alternativo al regime IVA ordinario

IVA per cassa è un regime alternativo a quello IVA ordinario o per competenza. È conosciuto e chiamato anche con il nome di cash accounting ed è entrato in vigore a partire dal 1° dicembre 2012. È stato l’articolo 32 bis del Decreto Legislativo n°83/2012 che ha introdotto questo nuovo regime e che permette ai contribuenti che esercitano attività d’impresa o professionale di differire il versamento dell’IVA sulle fatture emesse, al momento dell’incasso della fattura elettronica. Di conseguenza permette anche di detrarre l’IVA sulle fatture elettroniche di acquisto al momento del relativo pagamento.

Articolo 32 bis del Decreto Legislativo n°83/2012

L’articolo 32 bis, comma 1 del D.L. 83/2012 stabilisce che:

“In esecuzione della facoltà accordata dalla direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010, per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi effettuate da soggetti passivi con volume d’affari non superiore a 2 milioni di euro, nei confronti di cessionari o di committenti che agiscono nell’esercizio di impresa, arte o professione, l’imposta sul valore aggiunto diviene esigibile al momento del pagamento dei relativi corrispettivi. Per i medesimi soggetti l’esercizio del diritto alla detrazione dell’imposta relativa agli acquisti dei beni o dei servizi sorge al momento del pagamento dei relativi corrispettivi. In ogni caso, il diritto alla detrazione dell’imposta in capo al cessionario o al committente sorge al momento di effettuazione dell’operazione, ancorché’ il corrispettivo non sia stato ancora pagato.

Le disposizioni del presente comma non si applicano alle operazioni effettuate dai soggetti che si avvalgono di regimi speciali di applicazione dell’imposta, ne’ a quelle poste in essere nei confronti di cessionari o di committenti che assolvono l’imposta mediante l’applicazione dell’inversione contabile. L’imposta diviene, comunque, esigibile dopo il decorso del termine di un anno dal momento di effettuazione dell’operazione. Il limite annuale non si applica nel caso in cui il cessionario o il committente, prima del decorso del termine, sia stato assoggettato a procedure concorsuali”.

In pratica chi adotta questo regime può calcolare l’ammontare periodica dell’IVA da versare considerando solo le operazioni per le quali l’incasso o l’esborso di denaro, è già avvenuto. Per le vendite quindi valgono solo le transazioni per le quali siano già stato riscosso quanto dovuto dalla fattura emessa. Per gli acquisti valgono solo le fatture già pagate ai fornitori.

IVA per cassa: come funziona il nuovo regime

Questo nuovo regime è stato creato ed è entrato in vigore, allo scopo di tutelare i professionisti e i piccoli imprenditori. In effetti, tutti quei soggetti che possono incontrare delle difficoltà nel farsi pagare. Ne sono un esempio tutte quelle piccole-medie imprese che lavorano con e per conto delle Pubbliche Amministrazioni. Le PA hanno tempi di pagamento davvero lunghissimi!

La liquidazione periodica dell’IVA, in questo regime, tiene conto del momento stesso di pagamento del corrispettivo per individuare il mese, o il trimestre di riferimento. Invece se il pagamento avviene con modalità diverse dal contante (bonifico, carta di credito, ricevute bancarie, ecc…), allora sono di riferimento i documenti contabili prodotti che attestino l’avvenuto accredito dei corrispettivi, su fattura elettronica emessa.

Fattura elettronica: come registrarle in regime Iva per cassa

Le fatture elettroniche emesse in questo regime devono obbligatoriamente riportare la seguente dicitura:

“Operazione con IVA per cassa, come previsto dell’art. 32 bis del D.L. 83/2012, convertito in Legge 134/2012”

Iva per cassa

 

Venendo a mancare questa semplice dicitura, l’imposta deve essere considerata esigibile secondo disposizioni del regime ordinario. Dal punto di vista del cliente che riceve una fattura elettronica con questa dicitura, vede già la possibilità di detrarre l’IVA, dell’acquisto effettuato, nel momento stesso dell’operazione (questo vale anche nel caso in cui non abbia ancora pagato la fattura stessa).

La fatturazione elettronica prevede una specifica sezione nel file XML “DatiAnagraficiCedenteType” il rigo RF17 IVA per cassa (art. 32-bis, D.L. 83/2012).

IVA per cassa: i requisiti per aderirvi

Il primo requisito per aderire al regime IVA per cassa è quello di non avere un fatturato annuo superiore ai 2 milioni di euro. È possibile passare dal regime IVA ordinario a quello IVA per cassa soddisfacendo alcuni requisiti base:

  • Non bisogna aver superato il fatturato di 2 milioni di euro nel precedente periodo di imposta
  • Il regime è sottoscrivibile sia ai privati, che soggetti esercitanti attività d’impresa, arte e professioni
  • Non è possibile aderire al regime IVA per cassa se già è presente l’adesione ad altro regime IVA agevolato (come ad esempio quello del margine)

Per adottare il cash accounting non occorre alcuna comunicazione preventiva. Infatti ha validità il “comportamento concludente” durante la liquidazione periodica dell’imposta sul valore aggiunto. Formalmente la comunicazione avviene tramite la dichiarazione IVA annuale. Vale dal 1° gennaio dell’anno in cui è stata manifestata l’adesione, o da quando è iniziata l’attività. L’adesione al regime d’IVA per cassa ha vincolo triennale. Al termine dei tre anni, la validità deve essere rinnovata annualmente, salvo revoca.

Transazioni incluse ed escluse dal regime

Non tutte le operazioni attive e passive possono rientrare in questo regime. Le operazioni attive escluse sono:

  • operazioni che rientrano nei regimi speciali IVA
  • attività svolte nei confronti di soggetti che non esercitano impresa, arte o professioni
  • operazioni eseguite nei confronti di soggetti che applicano il reverse charge (inversione contabile)
  • le operazioni soggette ordinariamente a esigibilità differita, senza limite annuale
  • le cessioni intracomunitarie, le cessioni all’esportazione e le operazioni assimilate, i servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali, per i quali il cedente o prestatore nazionale non indica l’IVA in fattura e non è debitore della relativa imposta

Le operazioni passive escluse, sono:

  • beni o servizi ai quali è applicato il metodo dell’inversione contabile
  • gli acquisti intracomunitari di beni
  • le importazioni di beni
  • le estrazioni di beni dai depositi IVA

Internazionalizzazione d’impresa: un futuro possibile e sempre più vicino

L’internazionalizzazione è un processo di penetrazione in nuovi mercati esteri da parte delle aziende nostrane. Le società si aprono sempre più frequentemente ai mercati esteri. I motivi di questa scelta sono svariati. Alcuni ad esempio lo fanno perché i mercati sui quali stanno già operando stagnano e non progrediscono (o addirittura retrocedono), in altri casi invece si prospettano semplicemente delle nuove opportunità di guadagno. Qualunque sia la motivazione di questa scelta è opportuno ponderarla e munirsi degli strumenti amministrativi e gestionali adatti a dirigere i vari aspetti economici e fiscali, per far fronte alle eventuali necessità (ne è un esempio il connubio “valuta estera e fatturazione elettronica”).

Internazionalizzazione: un nuovo modo di fare impresa

L’internazionalizzazione è evoluzione del tradizionale “fare impresa”. Si tratta infatti dell’apertura delle società locali ai mercati esteri, con i quali sono instaurati rapporti atti a vendere, e/o scambiare merce e servizi, produrre, acquistare materie prime e trovare, perché no, nuove fonti di finanziamento.

In questo processo le aziende presenti su un certo territorio entrano in contatto con aziende ed enti esteri, consumatori ed istituzioni operanti su diversi territori stranieri.

Molto spesso le società italiane decidono di ricorrere all’internazionalizzazione  perché:

  • il mercato locale è saturo
  • la concorrenza dei competitors è troppo alta e agguerrita
  • mancano stimoli al consumo
  • è presente un’eccessiva burocratizzazione che rallenta la produttività
  • le società sono oppresse da un elevato carico fiscale

I mercati stranieri allettano le imprese italiane per la presenza di una burocrazia snella  e una tassazione semplificata. Il processo di internazionalizzazione non è comunque privo di ostacoli. Per avvicinarsi ad un dato mercato estero è importante prima conoscere l’ambiente politico, sociale, economico e fiscale del paese con il quale si intende intrattenere rapporti commerciali.

In cosa consiste l’internazionalizzazione

In buona sostanza un’azienda sta compiendo il processo di internazionalizzazione quando svolge una delle seguenti attività:

  • produzione all’estero
  • esportazione all’estero dei propri prodotti
  • vendita all’estero dei propri prodotti
  • alleanze e coalizioni con partner stranieri
  • apporti di capitali di azionisti stranieri
  • creazione nei paesi stranieri di unità produttive locali

si tratta di un’ottima occasione di fare business all’estero.

Obiettivi dell’internazionalizzazione

Un’impresa italiana si interessa ai vari processi di internazionalizzazione per:

  • aumentare i propri ricavi
  • ridurre i costi di produzione
  • affacciarsi a nuovi sbocchi commerciali
  • delocalizzazione aziendale
  • ottimizzazione e/o riduzione del carico fiscale e del cuneo fiscale
  • trovare nuovi acquirenti

Internazionalizzazione

è possibile aspirare all’internazionalizzazione della propria azienda quando:

  • è ideato è ideato un nuovo prodotto adatto al mercato estero sul quale si vuole operare
  • esistono particolari opportunità di business
  • si hanno contatti e/o clienti all’estero
  • si hanno partner o contatti con papabili partner per la produzione all’estero
  • è possibile attirare eventuali investitori stranieri grazie a particolari prodotti e/o metodologie di produzione/lavoro
  • necessità di approvvigionamento presso fornitori esteri
  • è necessario ridurre i costi e trovare delle migliori condizioni economiche e fiscali all’estero

Internazionalizzazione: i requisiti

Non è possibile prendere in considerazione un processo di internazionalizzazione se prima non si valuta lo stato di “salute” della propria ditta. Non esistono regole precise da seguire, ma indubbiamente volersi affacciare ai mercati esteri è possibile quando la società ha una discreta solidità economica-finanziaria alle spalle, produce prodotti di qualità e adatti al target straniero, vanta prezzi competitivi sui mercati di destinazione, dispone di un sistema d’informazione affidabile e dispone infine di risorse temporali, economiche e umane per investire su un’altra piazza.

Immancabili dovrebbero essere anche interlocutori e controparti estere affidabili. Infatti poter fare affidamento su uno o più partner già presenti sul mercato straniero, significa riuscire a far fronte ad eventuali problematiche legate alla logistica, agli investimenti, ai pagamenti, ecc.

La migliore strategia

L’internalizzazione è sicuramente una buona carta da giocare per un’impresa che voglia avere maggiori opportunità di business. Affrontarla nel modo giusto però, significa fare affidamento ed essere affiancati durante il processo da professionisti in grado di stilare e strutturare un’adeguata strategia. Il tutto infatti deve essere realizzato tenendo conto delle caratteristiche intrinseche dell’azienda e degli specifici mercati d’interesse. Per questi obiettivi sono erogati anche diversi contributi a fondo perduto pubblici  nonché finanziamenti agevolati.

Dichiarazione IVA precompilata 2021: cos’è e come funziona

Dal primo gennaio 2021 è partita, in via sperimentale, l’iniziativa promossa da Agenzia delle Entrate(AdE) sulla dichiarazione IVA precompilata. Il sistema è stato ideato con lo scopo di semplificare al massimo le procedure a vantaggio dei contribuenti. È previsto che siano utilizzate tutte le informazioni utili ricavabili dalle fatture elettroniche, dalle operazioni transfrontaliere e dai corrispettivi telematici. Con tutti questi dati raccolti, in automatico, il sistema predisporrà le bozze dei Registri delle fatture emesse e ricevute.

La dichiarazione è precompilata e predisposta da AdE. Per tutte le operazioni IVA 2021 è messa a disposizione anche la bozza della dichiarazione annuale dell’IVA. Si tratta comunque di semplici “bozze”, che richiederanno la conferma da parte del contribuente (un po’ come già avviene per il modello 730 precompilato).

Dichiarazione IVA precompilata: le categorie dei soggetti interessati

Nell’articolo “Riduzione degli adempimenti amministrativi e contabili per specifiche categorie di soggetti” previsto nella legge di bilancio del 2019, sono individuati i soggetti che possono usufruire della semplificazione fiscale attraverso la dichiarazione IVA precompilata. L’articolo prevede che tali soggetti siano individuati direttamente con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze.

In categoria rientrano imprese e società di piccole dimensioni, come artigiani, commercianti, professionisti e imprenditori individuali. Sono inoltre compresi anche chi svolgi attività d’impresa, arte o professione anche se solo per il periodo in cui l’attività stessa è iniziata, o per due anni successivi.

Il materiale messo a disposizione dall’Agenzia delle entrate

Agenzia delle Entrate mette a disposizione una serie di bozze e documenti, tra cui:

  • Lipe – liquidazione IVA periodica (mensile o trimestrale) con determinazione del saldo a debito o a credito per il periodo
  • Registri obbligatori – vale a dire registro fatture e registro acquisti. Questi saranno precompilati partendo dai dati rilevati dalle fatture elettroniche emesse e ricevute tramite SdI.
  • Dichiarazione IVA annuale – dichiarazione con cui è effettuato il calcolo IVA annuale (tenendo conto di ogni variabile: reverse charge, split payment, immediata o differita, ecc…).
  • Modelli F24 – questi servono per il versamento a saldo a debito o a credito della dichiarazione IVA.

Dichiarazione IVA

Dichiarazione IVA precompilata 2021: obiettivi

Lo scopo della dichiarazione IVA precompilata è quella di semplificare al massimo il rapporto tra contribuente e fisco. In questo modo si vuole ridurre al minimo il rischio di evasione fiscale  ed elusione fiscale, puntando sull’aumento del tasso di adempimento spontaneo.

Questa iniziativa non è che l’ultima in casa del fisco italiano, adottata per le ragioni sopra citate. Insieme alla fatturazione elettronica, allo scontrino elettronico, alle semplificazioni previste per il calcolo degli acconti IRES, IRAP e IRPEF, nonché il modello 730 precompilato introdotto già  a partire dal 2015, il sistema si sta muovendo verso una digitalizzazione totale e una semplificazione di massa di ogni processo fiscale.

Fatture elettroniche e nuovi codici

A inizio 2021 sono entrati in vigori come obbligatori, alcuni nuovi codici relativi all’emissione e alla trasmissione delle fatture elettroniche. Questi codici sono stati introdotti da Agenzia delle Entrate per semplificare il processo di raccolta dati necessari ad AdE per creare le bozze delle dichiarazioni IVA precompilate. I codici infatti semplificano i procedimenti nei casi di reverse charge, fatture di vendita e note di credito.

Per quanto riguarda la fattura attiva (vendita) è obbligatoria la fatturazione e ciclo attivo. Per la fattura passiva invece diventerà obbligatorio il ciclo passivo da gennaio 2022. Di conseguenza le integrazioni ai documenti esteri in caso di integrazione e auto fatturazione sono facoltative per il 2021. Le novità introdotte porteranno all’eliminazione dell’esterometro a partire dal 20222. Per quanto riguarda invece il reverse charge estero, i nuovi codici permettono una gestione digitale del procedimento e non più solo cartacea. Infatti i codici TD17, TD18 e TD19 si possono usare adesso per il reverse charge relativo ai servizi acquistati da soggetti stranieri, sugli acquisti comunitari, e su acquisti di beni da soggetti stranieri.

Tornando all’IVA invece i nuovi codici introdotti danno la possibilità di gestire in modo più ampio le casistiche IVA. In questo modo è possibile precompilare la famosa dichiarazione IVA di cui parlavamo, in modo molto più completo e dettagliato. La nuova struttura del formato XML permette ad AdE di produrre automaticamente i registri IVA, le comunicazioni e la dichiarazione annuale IVA.

Integrazione e convalida registri IVA

Nel corso del mese successivo a quello di riferimento, dal quinto al quindicesimo giorno, il contribuente può:

  • Integrare il registro IVA – aggiungere tutti i dati eventualmente non presenti come, ad esempio, bollette doganali, operazioni con l’estero, fatture per prestazioni sanitarie, e le fatture cartacee, ecc.
  • Convalidare il registro IVA – il contribuente ha tempo per controllare e approvare i documenti prodotti da AdE rispettando le scadenze previste per la liquidazione periodica dell’IVA.

Campioni gratuiti: fatturazione elettronica e adempimenti fiscali

Nell’articolo precedente: “Fattura elettronica omaggi: cos’è e come funziona” abbiamo visto come comportarsi in materia di omaggi ai propri clienti. Tra questi abbiamo distinto una categoria identificata come: “campioni gratuiti di modico valore”. Si tratta di una particolare tipologia di cessione di beni, che rientrano a far parte del più ampio argomento relativo alla cessione dei beni gratuiti e che prevedono specifici adempimenti fiscali.

Campioni omaggio: cosa sono e quando vengono usati

I campioni gratuiti sono solitamente beni e prodotti che rientrano a far parte dell’attività stessa dell’impresa. Questo significa che sono beni prodotti e/o venduti dall’azienda. Solitamente sono impiegati per fini propagandistici. Servono cioè a promuovere e pubblicizzare l’attività, oppure sono impiegati per controllare la qualità del prodotto stesso, o ancora per testarne la resa e l’apprezzamento sul mercato (indagini di mercato).

Di solito presentano le stesse caratteristiche qualitative dei beni prodotti e venduti normalmente dall’attività. Stessa qualità, ma non stessa dimensione e/o quantità. Le ridotte dimensioni, o la minore quantità distribuita, rende questi beni NON VENDIBILI SEPARATAMENTE-SINGOLARMENTE.

In base a quanto stabilito dalla legge i campioni gratuiti sono esclusi dal campo di applicazione IVA. Art. 2, comma 3, lett. D) del D.P.R. 633/1972: “cessioni di campioni gratuiti di modico valore appositamente contrassegnati”.

Campioni gratuiti: requisiti

Affinché questi beni siano considerati a tutti gli effetti campioni gratuiti di modico valore, devono rispondere ad alcune caratteristiche specificate dalla norma.

Distribuzione gratuita

La cessione deve avvenire a titolo completamente gratuito. Non deve quindi essere versato alcun corrispettivo a seguito dell’omaggio. E per qualunque corrispettivo si intende di qualunque natura, soldi, o altri beni in cambio. Devono essere beni prodotti dall’attività con lo scopo di promuovere l’azienda produttrice stessa. Questa propaganda deve essere protratta a fini pubblicitari, per far conoscere al pubblico il prodotto e favorirne la vendita.

Campioni gratuiti

Marchiatura chiara ed indelebile

È il secondo requisito fondamentale. Ogni campione omaggio deve essere contrassegnato in modo indelebile sulla propria superficie con la dicitura: “campione gratuito”. La dicitura può essere stampata, lacerata, punzonata, perforata, marcata, ecc… Qualunque sia la tecnica utilizzata per marchiare il campione, l’importante è che sia ben evidente, leggibile e comprensibile a tutti. La tecnica inoltre non deve inficiare sul funzionamento e la qualità del prodotto ceduto.

È stata Agenzia delle Entrate stessa a precisare quanto sopra, riportando i criteri di marchiatura dei campioni nella Risoluzione 83/E/2003. La marchiatura serve per evitare che il prodotto venga commercializzato, ma anche a evitare che l’eventuale concorrenza possa intervenire modificandone il contenuto.

Nella Risoluzione n. 381445/1980 è specificato che la marchiatura dei campioni gratuiti può avvenire anche mediante apposizione, in un angolo della busta, del disco a mezzo di un timbro a perforazione, ovvero sull’involucro in plastica a mezzo di un timbro di inchiostro indelebile.

Modico Valore

Terza ed ultima caratteristica. Per capire cosa si intende per “modico valore” è necessario leggere quanto riportato nella Risoluzione n°430288/1991 di AdE:

“nella pratica applicazione, si deve farsi riferimento agli usi commerciali, restando in ogni caso esclusi dall’agevolazione i beni di valore significativo”.

Non è necessario che i beni siano di valore o dimensioni inferiori a quelli prodotti e commercializzati dall’azienda, possono anche essere singoli esemplari di suddetti beni. La Risoluzione n° 360021/1980 considera campioni gratuiti anche i libri sulla cui copertina è riportata la seguente dicitura: “il presente volume è destinato signori insegnati in esame per eventuale adozione, quale campione gratuito”.

Se tutti questi requisiti sono rispettati, allora il bene può essere considerato come campione gratuito ed ogni operazione relativa è considerata fuori campo IVA. Ne consegue che l’attività non è obbligata a emettere fattura elettronica, o altro documento che ne attesti la cessione.

È anche vero che, per superare la presunzione di cessione, al momento della consegna del bene sarebbe opportuno emettere un documento che ne attesti la natura di omaggio. Tutto questo solo per confermare la natura dei beni ed evitare eventuali contestazioni da parte dell’amministrazione finanziaria. Non volendo però ricorrere all’emissione di tale documento, è possibile, in alternativa, redigere uno specifico registro degli omaggi.

Fattura elettronica omaggi: cos’è e come funziona

In occasione di feste, ricorrenze, eventi e cerimonie, molto spesso, commercianti, artigiani, aziende e liberi professionisti, sono soliti omaggiare i propri clienti con piccoli regali e pensieri. Si tratta di beni che devono essere registrati e fatturati, nonostante siano regali. In tutti questi casi si ricorre allora alla fattura elettronica omaggi, che presenta una fiscalità ben diversa da tutte le altre fatture elettroniche e per questo ne deve rimanere separata.

Questi documenti non variano a seconda del prodotto regalato. Inizia nel dire che esistono tre diverse tipologie di omaggi. La prima è quella che prevede un prodotto legato all’attività svolta. La seconda invece prende in considerazione regali che non hanno niente a che vedere con l’attività dell’impresa. Infine, nella terza casistica, si considerano tutti i campioni omaggi gratuiti, regalati alla propria clientela.

Prodotti e beni legati all’attività d’impresa

In questa tipologia rientrano tutti quei beni che normalmente sono prodotti e/o venduti dall’impresa. In questo caso i beni omaggiati devono essere corredati dall’emissione di una fattura elettronica omaggi. Si tratta di prodotti soggetti ad IVA, in quanto parte dell’attività stessa svolta dalla società. Di conseguenza è obbligatoria la fattura elettronica.

La fattura emessa avrà imponibile stornato. All’impresa spetta la scelta di far pagare, o meno, l’IVA al cliente. I beni in questo caso possono essere donati come:

  • cessione gratuita
  • omaggio gratuito
  • omaggio da internet

In questi casi, quindi, l’azienda ha la possibilità di scegliere se:

  • Addebitare l’IVA
  • Non addebitare l’IVA
  • Emettere fattura elettronica singola per ogni omaggio
  • Emettere fattura unica mensile riassuntiva
  • Registrare gli omaggi separati per aliquota IVA in un supporto separato.

Fattura elettronica omaggi senza rivalsa – IVA non addebitata al cliente

Quando viene emessa una fattura elettronica omaggi senza addebitare l’Iva al cliente, allora si dice che quel documento è senza rivalsa Iva. Si tratta di una condizione piuttosto comune, che si verifica, quasi sempre, in caso di omaggi alla propria clientela. In questo caso il cliente non paga assolutamente nulla, nemmeno l’IVA.

L’azienda emette quindi fattura elettronica per il pagamento dell’Iva dovuta. Su questa fattura deve essere presente la dicitura: “cessione gratuita art.2 DPR 633/72 senza obbligo di rivalsa art.18 DPR 633/72”. Nel caso invece si tratti di fattura elettronica omaggi, allora la dicitura dovrà essere: “esenzione N2”.

Fattura elettronica omaggi con rivalsa – IVA addebitata al cliente

Caso opposto al precedente. L’azienda omaggia il cliente di uno o più beni, ma chiede il pagamento dell’IVA. In questo caso in fattura dovrà essere presente la scritta: “cessione gratuita art.2 DPR 633/72 con obbligo di rivalsa art.18 DPR 633/72”.

L’imponibile sarà stornato, mentre rimarrà presente l’importo Iva da pagare a carico del cliente. Si tratta di casi piuttosto particolari e non così comuni. Quando un’impresa decide infatti di regalare qualcosa ai propri clienti, lo fa, normalmente, senza che questi debbano pagare alcunché.

Prodotti e beni non legati all’attività d’impresa

Un’azienda può decidere di cedere gratuitamente uno o più beni ai propri clienti, senza che i prodotti siano strettamente legati all’attività svolta. Un caso che prevede alcune distinzioni:

  • Valore dell’oggetto ceduto, comprensivo d’IVA, minore di 50€ – non è quindi imponibile Iva e, di conseguenza non va emessa fattura elettronica omaggi.
  • Se il valore del bene ceduto, comprensivo d’Iva, è superiore a 50€, invece, sarà imponibile d’Iva e di conseguenza andrà emessa fattura
  • Terzo ed ultimo caso, quando il valore del bene ceduto, comprensivo d’Iva è superiore a 50€ € ma non è imponibile ai fini d’IVA perché al momento dell’acquisto l’iva non è stata detratta, allora non necessario emettere fattura omaggio.

Fattura elettronica omaggi

In tutti e tre i casi precedenti, l’azienda potrà sempre scegliere se:

  1. addebitare o meno l’iva al cliente
  2. emettere fattura omaggio
  3. emettere autofattura.

Campioni gratuiti

I campioni gratuiti sono, a tutti gli effetti, oggetti prodotti e/o venduti, inerenti all’attività stessa. Sono solitamente distribuiti a scopo promozionale. Sono identificati con la dicitura: “campioni gratuiti di modico valore”. Se questi oggetti rispettano le seguenti regole:

  • campioni distribuiti gratis
  • sono appositamente contrassegnati
  • hanno modico valore

allora ci troviamo di fronte a beni ed operazioni escluse dal campo di applicazione IVA. Di conseguenza non è obbligatorio emettere fattura, o qualunque altro documento attestante la cessione di tale bene.