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Come aprire una casa vacanze: gli aspetti burocratici, fiscali e di gestione dell’attività

È indubbio che molti si chiedono come aprire una casa vacanze, in particolare coloro che possiedono una seconda abitazione ma non la sfruttano pienamente. Questa opzione può effettivamente tramutarsi in una vera e propria proprietà di reddito passivo.

Mettere a reddito l’immobile per locazioni brevi, sia gestendolo direttamente come attività parallela, sia delegandone la gestione, comporta ovviamente degli oneri amministrativi iniziali. Tuttavia, una volta avviata correttamente l’attività recuperandone i costi, come aprire una casa vacanze può consentire di monetizzare un bene che altrimenti sarebbe sotto-utilizzato.

Soprattutto in località balneari o montane ad alta vocazione turistica, la richiesta di alloggi per brevi soggiorni è molto elevata durante l’anno, quindi con una buona promozione e gestione è possibile raggiungere un tasso di occupazione tale da generare un reddito passivo significativo, in grado potenzialmente di coprire le rate di mutuo o di integrarne le entrate familiari. Naturalmente i guadagni dipendono da varie variabili ma, se ben sfruttata a fini ricettivi, una seconda casa può trasformarsi in un investimento remunerativo nel lungo periodo.

Come aprire una casa vacanze: tutti gli Adempimenti amministrativi e gestionali

Aprire una casa vacanza richiede un’attenta pianificazione degli adempimenti amministrativi e gestionali da seguire. Come primo passo è necessario stabilire se si intende esercitare l’attività in forma di impresa individuale o societaria.

Nel primo caso è opportuno aprire partita IVA come locazione breve gestita in forma non imprenditoriale, che prevede una tassazione da cedolare secca del 21% dei ricavi. Tale regime agevolato può essere adottato solo se si ottengono ricavi annui non superiori a 5.000 euro e se l’unità immobiliare offre alloggio per un periodo non superiore a 30 giorni. Chi intende avviare l’attività come impresa individuale deve aprire una partita IVA presso l’Agenzia delle Entrate comunicando il codice ATECO 55.20.52 (attività di alloggi per brevi soggiorni).

Nel secondo caso, chi intende operare come società deve costituire una delle forme societarie previste dal codice civile (SRL, SPA ecc.) redigendo l’atto costitutivo, iscrivendo la società nel Registro delle Imprese e aprendo partita IVA con il codice ATECO di riferimento. Indipendentemente dalla forma giuridica prescelta, è necessario comunicare alla questura l’inizio dell’attività mediante la SCIA (Segnalazione Certificata Inizio Attività).

Sapere come aprire una casa vacanze significa anche conoscere il passo successivo da fare vale a dire l’iscrizione al registro delle strutture ricettive della regione, che rilascia il codice identificativo regionale (CIR). Infine, per esercitare è necessario richiedere le autorizzazioni previste dal regolamento edilizio comunale in materia di agibilità, conformemente alle normative nazionali e regionali in materia di sicurezza e antincendio. Tutte queste pratiche devono essere portate a termine prima di pubblicizzare e commercializzare l’immobile per periodi brevi.

Come aprire una casa vacanze

Come aprire una casa vacanza: come funzionano la fatturazione e dichiarazione dei redditi

Per gestire correttamente le scritture contabili di una casa vacanza è fondamentale conoscere le corrette procedure di fatturazione e di compilazione della dichiarazione dei redditi. Come aprire una casa vacanze, chi adotta la cedolare secca per le locazioni brevi dovrà semplicemente tenere una registrazione analitica delle entrate e delle spese, senza obbligo di emissione di fatture.

In caso di partita IVA, invece, sarà necessario emettere fattura o ricevuta fiscale per ogni transazione economica effettuata, sia in entrata che in uscita. Le scritture contabili obbligatorie da tenere sono il registro degli acquisti e il registro dei corrispettivi, dove annotare giornalmente gli incassi.

Per quanto riguarda la dichiarazione dei redditi, i titolari di partita IVA devono compilare il modello Redditi PF o lo specifico modello per società, indicando i ricavi lordi derivanti dalle locazioni brevi ed elencando le spese sostenute nell’anno solare. La dichiarazione deve essere trasmessa entro il 30 novembre di ciascun anno, salvo proroghe. Chi applica il regime forfettario presenta invece la dichiarazione semplificata. Il rispetto delle procedure contabili e di dichiarazione dei redditi è fondamentale per operare in regola dal punto di vista fiscale.

Codici tributo Agenzia Entrate: sistema di classificazione e modalità di utilizzo

Il sistema di codifica dei pagamenti fiscali attraverso i codici tributo agenzia entrate costituisce uno strumento consolidato di standardizzazione delle movimentazioni contabili con l’amministrazione finanziaria.

Tale schema alfanumerico, precisamente regolamentato dall’Agenzia delle Entrate, assicura un’identificazione univoca di ciascuna transazione tributaria, in ottemperanza ai principi di trasparenza e tracciabilità dei flussi finanziari con l’erario pubblico. Attraverso la compilazione obbligatoria del codice fiscale corrispondente al tipo di tassa, all’esercizio e talvolta alla specifica natura dell’importo, risulta infatti possibile registrare e archiviare in maniera inequivocabile qualsiasi versamento o adempimento periodico.

Si tratta di un metodo rigoroso e altamente funzionale, la cui complessità risulta bilanciata dai vantaggi di standardizzazione del flusso informativo con l’amministrazione. Proprio tale rigorosità strutturale rende indispensabile per operatori economici e professionisti dotarsi di una piattaforma gestionale all’avanguardia in grado di supportare l’applicazione completa delle regole contabili stabilite. Al riguardo, soluzioni digitali evolute come FatturaPRO.click consentono di disciplinare in modo sistematico scadenzari, versamenti, registri IVA attraverso il corretto utilizzo dei codici tributo agenzia entrate, fornendo agli utenti il pieno governo degli adempimenti amministrativo-fiscali di pertinenza.

Codici tributo agenzia entrate: Classificazione e struttura

I codici tributo dell’Agenzia delle Entrate e Riscossione consentono di identificare in modo univoco i versamenti e i movimenti contabili di natura fiscale. Essi rientrano nel sistema della classificazione della contabilità pubblica e costituiscono un elemento essenziale per la corretta imputazione dei pagamenti presso l’amministrazione finanziaria.

La struttura dei codici tributo è stabilita dall’Agenzia delle Entrate e Riscossione, organismo pubblico preposto alla riscossione dei tributi non autoliquidati e al controllo delle dichiarazioni dei redditi. Ciascun codice si compone di quattro cifre alfanumeriche attraverso cui è possibile riconoscere l’ente di destinazione, il tipo di tributo, l’anno di riferimento e l’eventuale categoria specifica.

Nel dettaglio, i primi due caratteri del codice individuano il beneficiario del versamento identificando l’amministrazione fiscale competente a riceverlo (08 per l’Agenzia delle Entrate). La terza cifra stabilisce la tipologia di tributo, possono per esempio distinguersi i codici per l’IRPEF, l’IRAP o l’IVA. Il quarto valore identifica l’esercizio cui si riferisce il pagamento. Alcuni codici, come quelli delle somme da riversare all’erario, contengono in aggiunta una quarta cifra per specificare ulteriormente la natura dell’importo.

 

I codici tributo dell’Agenzia delle Entrate e Riscossione consentono di rintracciare in modo univoco i versamenti fiscali effettuati dagli operatori economici o dai cittadini verso l’amministrazione finanziaria, assolvendo una funzione fondamentale di corretta imputazione contabile dei pagamenti. Essi costituiscono un elemento chiave del sistema tributario italiano.

Codici tributo agenzia entrate

Codice tributo agenzia entrate: l’utilizzo corretto per i versamenti e le dichiarazioni

L’utilizzo corretto dei codici tributo dell’Agenzia delle Entrate risulta fondamentale sia per l’esecuzione dei versamenti che per la trasmissione delle dichiarazioni periodiche.

Il sistema di codifica di tali elementi identificativi dei pagamenti fiscali, come sopra indicato, mira ad assicurare una precisa imputazione contabile di ogni transazione. Pertanto, il contribuente è tenuto ad applicare i codici tributo Agenzia Entrate in maniera puntuale rispettando la ben definita struttura alfanumerica degli stessi.

In particolare, l’inserimento del codice tributo corrispondente all’imposta da versare, all’esercizio e, laddove necessario, alla specifica tipologia di versante è condizione indispensabile per l’esecuzione della transazione fiscale secondo le direttive impartite dall’amministrazione. Eventuali errori o omissioni nella codifica del pagamento potrebbero infatti comprometterne la corretta imputazione contabile.

Lo stesso principio si applica alla trasmissione telematica delle liquidazioni periodiche IVA o delle dichiarazioni annuali ai fini delle imposte sui redditi. Anche in tali adempimenti, previsti con cadenza regolare o annuale, è essenziale che il contribuente indichi puntualmente i codici fiscali corrispondenti alle singole poste. Ciò risulta ancora più importante a seguito dell’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica 2024 che ha reso prevalentemente digitali gli scambi di dati con il fisco.

Il rispetto delle regole di compilazione e di valorizzazione dei codici tributo Agenzia Entrate nella loro articolata struttura normativa garantisce la corretta imputazione amministrativo-contabile di tutti gli adempimenti di natura fiscale.

Impresa agricola: asset e regole del settore primario

L’impresa agricola è soggetta a una normativa contabile e di fatturazione elettronica specifica, che è importante conoscere per una corretta gestione amministrativa e fiscale.

Dal punto di vista contabile, le imprese agricole di piccole dimensioni possono applicare, in alternativa alla contabilità ordinaria, la mera registrazione di incassi e pagamenti sui registri IVA semplificati o la revisione semestrale delle scritture. Tuttavia, è consigliabile valutare caso per caso la soluzione più adeguata alle proprie esigenze organizzative.

Relativamente alla fatturazione elettronica, dal 1° gennaio 2024 anche l’impresa agricola è tenuta all’invio telematico delle fatture attive e passive al Sistema di Interscambio. È necessario quindi dotarsi degli strumenti tecnologici idonei e acquisire familiarità con le procedure di compilazione e trasmissione dei documenti digitali, al fine di assolvere correttamente a tale obbligo.

Inoltre, l’impresa agricola svolge attività di autospedizione dei propri prodotti, emettendo autofatture. Pertanto, è importante conoscere le specifiche modalità di applicazione della fatturazione elettronica a tali documenti semplificati, al fine di evitare inconvenienti con il fisco.

La normativa contabile e di fatturazione elettronica riserva all’impresa agricola alcune regole peculiari, che è opportuno padroneggiare in modo da gestire in maniera ottimale gli adempimenti amministrativi e fiscali richiesti, scongiurando possibili sanzioni.

Impresa agricola: caratteristiche, settori di attività e normativa di riferimento

L’impresa agricola è un’unità operativa i cui scopi principali sono la produzione agricola e zootecnica. Essa gestisce un’attività economica riguardante la coltivazione del suolo, l’allevamento del bestiame e lo sfruttamento delle risorse naturali, con una organizzazione tecnica ed economica finalizzata alla produzione e vendita di beni agricoli.

Le aziende agricole si differenziano per dimensioni, per settori produttivi coinvolti, per tecniche adottate e per destinazione delle produzioni. In termini generali è possibile suddividere le imprese agricole tra quelle che operano nel settore della coltivazione, quelle orientate all’allevamento zootecnico e quelle attive sia nella coltivazione che nell’allevamento.

La normativa di riferimento per l’impresa agricola è costituita in primo luogo dal Regolamento (UE) n.1308/2013 che ha sostituito l’Organizzazione Comune dei Mercati Agricoli, disciplinando aspetti come produzione, commercializzazione e organizzazione della filiera agricola. Ulteriori disposizioni sono contenute nel D.Lgs. n.99/2004 che recepisce la direttiva comunitaria sulle norme relative alle organizzazioni comuni di mercato, nella normativa statale in materia civilistica e su questioni come la sicurezza e l’igiene alimentare.

L’impresa agricola può assumere diverse forme giuridiche, prevalendo in Italia la forma di ditta individuale o società semplice. Caratteristica peculiare è l’autofattura agricola, ovvero la possibilità per le imprese agricole di emettere fatture semplificate senza ricorrere a intermediari. Tale forma consente di alleggerire gli adempimenti amministrativi e burocratici in capo alle aziende agricole.

L’impresa agricola svolge un ruolo fondamentale nel sistema economico e sociale del Paese, contribuendo in modo rilevante alla formazione del valore aggiunto nazionale e all’occupazione. Essa costituisce inoltre un presidio importante per il mantenimento del territorio e della biodiversità. Proprio per la sua importanza, il quadro normativo di riferimento è costantemente aggiornato al fine di sostenere la competitività e lo sviluppo sostenibile del settore agricolo.

Impresa agricola

Imprese agricole: Contabilità semplificata e tassazione dei redditi

Le imprese agricole godono di una disciplina contabile e fiscale semplificata rispetto alle altre attività economiche.

Dal punto di vista contabile, per le aziende agricole di piccole dimensioni è facoltativa la tenuta della contabilità ordinaria ed è ammessa la mera registrazione degli incassi e pagamenti mediante moduli prestabiliti, denominati registri IVA semplificati. Inoltre, queste imprese possono applicare il regime di revisione semestrale delle scritture contabili.

Per quanto riguarda la tassazione dei redditi, per l’impresa agricola opera un regime di determinazione del reddito imponibile basato su criteri forfettari, direttamente collegati alla produzione, anziché sulla determinazione analitica dei costi e ricavi. Tale regime semplificato trova applicazione per le aziende al di sotto di determinati limiti di ricavi.

Un’ulteriore agevolazione è rappresentata dalla cosiddetta “autofatturazione”, che consente alle imprese agricole di emettere fatture semplificate per i conferimenti di prodotti senza dover ricorrere a intermediari.

Da evidenziare che a partire dal 1° gennaio 2024, per effetto della riforma fiscale, anche le imprese agricole saranno soggette all’obbligo generalizzato di fatturazione elettronica 2024, allineandosi alla disciplina delle altre attività economiche. Tale novità semplificherà gli adempimenti amministrativi dell’impresa agricola, rendendo più celere lo scambio delle informazioni fiscali con l’Agenzia delle Entrate.

Pertanto, seppur nel rispetto dei principi generali di determinazione del reddito d’impresa, il quadro normativo riserva alle imprese agricole un regime contabile e fiscale semplificato, con l’obiettivo di alleviarne gli oneri amministrativi, riconoscendone il ruolo strategico per l’economia nazionale.

Fatturazione elettronica Europa: quante e quali differenze esistono e come superarle

La normativa in materia di fatturazione elettronica presenta differenze significative a seconda del paese europeo preso in esame. Nonostante ciò, è possibile rilevare alcuni tratti comuni che accomunano le legislazioni nazionali.

Considerando la Fatturazione elettronica Europa nel suo complesso, salta subito all’occhio l’assenza di regole armonizzate a livello continentale. Ciascuno Stato membro ha adottato proprie disposizioni in merito alle modalità di emissione e conservazione del documento fiscale in formato elettronico. Le scelte compiute sono state eterogenee, sia in termini di ambito di applicazione che di tempistiche di entrata in vigore degli obblighi.

Tuttavia, al di là delle divergenze, permangono alcuni tratti affini. In linea generale, la direttiva europea riconosce la fatturazione elettronica come opzione a disposizione delle parti in causa. Inoltre, tutti i paesi hanno reso obbligatorio l’utilizzo dell’e-fattura per le transazioni Business to Government. Infine, la gran parte delle legislature nazionali prevede funzionalità quali conservazione sostitutiva della fattura, possibilità di invio tramite SDI e formati standard come XML e PDF.

Pertanto, pur persistendo cospicue differenze, sussistono altresì elementi ricorrenti che denotano un incipiente processo di progressiva armonizzazione della fatturazione elettronica in Europa.

Fatturazione elettronica Europa: Le principali differenze nei diversi Paesi europei

La situazione della fatturazione elettronica nei diversi stati membri dell’Unione Europea presenta differenze normative rilevanti. In generale, la legislazione europea in termini di fatturazione elettronica doveva essere considerata un’opzione a disposizione di emittenti e riceventi, mentre l’unico obbligo riguardava gli appalti pubblici, per i quali tutti i paesi dovevano adeguarsi entro il 27 novembre 2018. Dopodiché ogni stato ha deciso diverse date per l’adeguamento totale della tecnologia.

Alcuni stati non hanno introdotto alcuna regolamentazione specifica in merito alla fatturazione elettronica. La maggior parte ha invece scelto di rendere obbligatoria tale modalità di emissione e trasmissione delle fatture nei rapporti Business to Government (B2G). Tra questi ultimi figura l’Italia, che per prima dal 6 giugno 2014 ha reso obbligatoria la fatturazione elettronica anche al di fuori del perimetro B2G.

Numerosi altri stati stanno anticipando e ampliando l’ambito di applicazione degli obblighi, grazie alle moderne tecnologie digitali che consentono una più tempestiva verifica e accertamento delle frodi IVA. Non sembra azzardato ipotizzare, dunque, che molti paesi europei si orienteranno progressivamente verso sistemi obbligatori di fatturazione elettronica implementabili attraverso autorizzazioni in deroga. In questo contesto la Fatturazione elettronica Europa rappresenta un tema centrale nel percorso di armonizzazione fiscale dell’Unione.

Fatturazione elettronica Europa

Fattura elettronica Europa: come deve essere gestita dalle aziende che operano in più Paesi europei

La gestione della fatturazione elettronica da parte di aziende operanti in più Paesi europei presenta diverse criticità legate alle differenze normative tra gli Stati membri.

Sebbene la legislazione europea preveda il 2024 come data di generale adeguamento agli standard comunitari in materia di fatturazione elettronica 2024, le disposizioni adottate singolarmente creano un mosaico normativo eterogeneo. Alcune nazioni hanno già introdotto obblighi in tal senso, prevedendo scadenze più ravvicinate, mentre altre non hanno fissato regole stringenti.

Le imprese multinazionali si trovano di fronte a una complessità di adempimenti dovuti all’operare in Stati dalle normative non armonizzate. Debbono infatti garantire l’emissione e la ricezione di fatture elettroniche conformi alle leggi vigenti paese per paese, considerando tempistiche e modalità differenziate.

Per rispondere a queste esigenze, risulta necessario un sistema centralizzato di gestione della Fatturazione elettronica Europa in grado di interfacciarsi con i molteplici canali disposti a livello nazionale. Una piattaforma in cloud consente di inviare e ricevere e-fatture secondo i requisiti di ciascuna giurisdizione, semplificando un adempimento che altrimenti rischierebbe di risultare eccessivamente oneroso a causa della segmentazione normativa. Sarà compito dell’Unione Europea, entro il 2024, giungere ad una normativa unitaria che superi le attuali disomogeneità, a beneficio di imprese e operatori economici.

Come pagare con il telefono: la guida completa per pagare con lo smartphone

Nonostante la larga diffusione degli smartphone, molti si chiedono ancora come pagare con il telefono, sebbene possa sembrare un’operazione facile e immediata. Quando si tratta di pagamenti rilevanti, come quelli relativi alle fatture elettroniche, è bene adottare alcuni accorgimenti.

Per pagare tramite mobile è necessario scaricare su dispositivo una delle tante applicazioni dedicate, creare il proprio account e registrare i metodi di pagamento preferiti, come carte di credito/debito o conti bancari collegati. L’opzione “come pagare con il telefono” risulta molto comoda per importi di piccola entità, quando si effettua il pagamento in tempo reale avvicinando lo smartphone al POS.

Diverso è il caso delle fatture elettroniche, i cui importi sono solitamente rilevanti. In questi casi è consigliabile operare dall’interno dell’area riservata dell’applicazione, verificando con attenzione i dettagli della transazione, la corrispondenza con il documento fiscale digitale e impostando una data di scadenza per l’addebito.

Attenzione anche alla gestione delle notifiche push e alla protezione del dispositivo, così da autorizzare i pagamenti in modo sicuro e scongiurare addebiti non autorizzati. Con gli opportuni accorgimenti, pagare tramite cellulare si rivela un’alternativa semplice e comoda anche per importi ingenti.

Come pagare con il telefono: come funziona e quali garanzie offre

Negli ultimi anni, con lo sviluppo delle nuove tecnologie applicate ai sistemi di pagamento, è sempre più diffusa la possibilità di pagare con il proprio telefono cellulare anche grazie ai servizi di mobile payment. Questa modalità, denominata “Come pagare con il telefono”, semplifica gli acquisti per gli utenti e incrementa le opportunità di business per gli esercenti.

Il mobile payment prevede l’utilizzo del telefono come strumento di pagamento attraverso l’impiego della tecnologia NFC (Near Field Communication) che consente di avvicinare il dispositivo mobile al punto di pagamento contactless. In alternativa, alcune piattaforme richiedono di scansionare un codice QR visualizzato sul terminale o di inserire manualmente il numero della transazione. Le principali modalità di pagamento digitale con il telefono sono le carte di debito/credito salvate su wallet digitali, i portafogli elettronici ricaricabili e i sistemi basati sui conti bancari direttamente collegati allo smartphone.

Tutte queste soluzioni offrono elevati standard di sicurezza, tracciabilità e tutela per gli utenti. Le transazioni vengono infatti validate attraverso la biometria, i codici di sicurezza oppure le password personali. Inoltre, grazie alla tracciabilità pagamenti, gli esercenti possono mettere a disposizione scontrini digitali o ricevute di avvenuta transazione tramite app, garantendo piena trasparenza. Gli istituti finanziari e i gestori dei servizi rispondono per legge di eventuali addebiti non autorizzati, furti d’identità o altri illeciti, tutelando quindi il consumatore.

Man mano che la tecnologia migliora e le abitudini di pagamento si evolvono, è ragionevole credere che il mobile payment continuerà a crescere, diventando un’opzione sempre più diffusa e apprezzata sia nel commercio fisico sia in quello online, grazie alla praticità d’uso e ai livelli garantiti di sicurezza.

pagare con il telefono

Come si fa a pagare con il telefono in modo facile e veloce e quali vantaggi ci sono

Esistono differenti modalità per procedere al pagamento. Le più diffuse prevedono l’utilizzo di servizi di mobile wallet che salvano i metodi di pagamento scelti dall’utente, come carte di debito/credito o conti bancari collegati. Alcune soluzioni richiedono di avvicinare lo smartphone al POS tramite NFC oppure digitare un codice direttamente sul dispositivo.

I vantaggi principali del pagare con il telefono riguardano l’estrema praticità d’uso, in quanto tutto ciò che serve è lo smartphone, senza dover portare con sé contanti, carte o altri strumenti. Le transazioni sono completate in pochi secondi con un semplice tap. Inoltre, il commerciante ottiene il pagamento in modalità contactless, più veloce dei sistemi tradizionali.

Un ulteriore beneficio è legato alla sicurezza: l’identificazione biometrica o i codici temporanei limitano i rischi di frodi. Infine, alcuni wallet permettono di rateizzare gli acquisti, ottenere cashback e punti fedeltà. Queste funzionalità stanno alimentando l’adozione del mobile payment, sempre più conveniente nel quotidiano rispetto ai metodi tradizionali di pagamento.

Piano Transizione 5.0: PNRR, Green e Automazione

Il 26 febbraio 2024, il governo italiano ha annunciato il “Piano Transizione 5.0”, un’iniziativa rivoluzionaria che fa parte delle “Ulteriori disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza” (decreto PNRR) confermato il 2 marzo. Questo piano segna una pietra miliare nella politica italiana, come sottolineato dal ministro Adolfo Urso, per guidare le imprese italiane attraverso la duplice transizione digitale e green nei cruciali anni 2024 e 2025.

Chi può beneficiare del Piano Transizione 5.0?

Il piano è rivolto a tutte le imprese che operano sul territorio italiano, indipendentemente dalla loro dimensione, settore o forma giuridica, a eccezione di quelle in difficoltà finanziaria o soggette a sanzioni interdittive. 

Incentivi e condizioni

Il cuore del Piano Transizione 5.0 è incentrato sul sostegno agli investimenti in beni strumentali materiali e immateriali, che devono essere interconnessi al sistema di gestione della produzione aziendale o alla rete di fornitura. Gli investimenti devono puntare a una riduzione dei consumi energetici di almeno il 3-5%, con possibilità di bonus maggiorati per risparmi superiori.

Il piano prevede un credito d’imposta scalare, a partire dal 35% per investimenti fino a 2,5 milioni di euro, con la possibilità di incrementi significativi, fino al 45%, per risparmi energetici notevoli.

Un aspetto innovativo del Piano Transizione 5.0 è il focus sugli impianti per l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili destinata all’autoconsumo, inclusi quelli per lo stoccaggio dell’energia. In particolare, per gli impianti fotovoltaici, è prevista una maggiorazione del credito d’imposta se i pannelli, prodotti negli Stati membri dell’UE, superano determinate soglie di efficienza.

 

Piano Transizione 5.0

Come accedere ai benefici?

Per accedere ai benefici del piano, le imprese devono presentare una certificazione ex ante e una comunicazione ex ante al Gestore dei Servizi Energetici (GSE), descrivendo il progetto di investimento e i costi associati. Il GSE, dopo aver verificato la completezza della documentazione, “prenota” l’importo del credito d’imposta per le imprese ammissibili. In termini più semplici tutto questo significa che per avere i benefici del Piano è necessario:

  1. Certificazione ex ante: si tratta di un documento che l’impresa deve presentare prima di iniziare l’investimento. “ex ante” è una locuzione latina che significa “prima del fatto”. Questa certificazione serve a dimostrare che il progetto di investimento previsto soddisfa determinati requisiti o standard, che possono essere legati alla sostenibilità, all’efficienza energetica, alla tecnologia impiegata, o ad altri criteri specificati dal piano;
  2. Comunicazione ex ante: oltre alla certificazione, l’impresa deve anche inviare una comunicazione preliminare che descrive in dettaglio il progetto di investimento e i costi associati. Questo serve per informare il Gestore dei Servizi Energetici (GSE) sulla natura dell’investimento, sulle attività previste, sui costi e su qualsiasi altra informazione rilevante;
  3. Gestore dei Servizi Energetici (GSE): il suo ruolo è quello di verificare che i progetti presentati dalle imprese siano in linea con le politiche e i criteri stabiliti dal piano di incentivi;
  4. Verifica della documentazione e prenotazione del credito d’imposta: una volta ricevuta la documentazione, il GSE verifica che sia completa e conforme ai requisiti del piano. Se tutto è in ordine, “prenota” l’importo del credito d’imposta per l’impresa. Questo significa che l’impresa ha l’assicurazione di ricevere un certo importo sotto forma di credito d’imposta, cioè una riduzione delle imposte da pagare, a fronte dell’investimento realizzato. La “prenotazione” è importante perché assicura all’impresa che i benefici saranno disponibili una volta che l’investimento sarà completato, a patto che tutto proceda come previsto.

Formazione e sviluppo delle competenze

Il piano incoraggia anche le spese per la formazione del personale, mirando all’acquisizione di competenze nelle tecnologie rilevanti per le transizioni digitale ed energetica, fino a un massimo di 300.000 euro, purché la formazione sia erogata da soggetti esterni qualificati.

Aspetti finanziari e documentali

Il credito d’imposta ottenuto può essere utilizzato esclusivamente in compensazione tramite F24 e deve essere fruibile entro il 31 dicembre 2025. È previsto anche un sistema di certificazioni e comunicazioni periodiche al GSE per monitorare l’avanzamento dei progetti.

Una promessa alla contabilità sostenibile

Il “Piano Transizione 5.0” del governo italiano rappresenta un’opportunità cruciale per promuovere l’innovazione e la sostenibilità nelle imprese italiane, incoraggiando investimenti in tecnologie verdi e digitali. 

In questo contesto, l’approccio di FatturaPRO.click, che mira all’automazione e alla digitalizzazione aziendale, si allinea perfettamente agli obiettivi del piano. Offrendo soluzioni che facilitano la transizione verso pratiche aziendali contabilmente sostenibili, FatturaPRO.click si pone come un catalizzatore per rendere le imprese italiane non solo più competitive a livello nazionale ma anche internazionale, dimostrando come l’innovazione tecnologica possa essere un pilastro fondamentale per la sostenibilità economica di ogni impresa.

Uscita dal regime forfettario cespiti: cauzioni generali e le specifiche implicazioni in caso di acquisto di beni strumentali

L’uscita dal regime forfettario a seguito del superamento delle soglie di compensi o ricavi, oppure per l’acquisto di beni strumentali oltre i limiti previsti, comporta l’obbligo di assoggettarsi al regime ordinario a partire dal periodo d’imposta successivo. Tale passaggio risulta vincolato al rispetto di alcune regole contabili e di calcolo degli indici di reddito.

In particolare, l’uscita dal regime forfettario cespiti impone di valutare i beni ammortizzabili ancora non interamente ripristinati facendo riferimento al loro costo non dedotto o dedotto in regime agevolato. Successivamente, si deve procedere all’iscrizione nel registro dei beni ammortizzabili previsto per gli operatori IVA e al calcolo delle relative quote di ammortamento.

Le rimanenze finali devono essere rivalutate sulla base del loro costo fiscalmente rilevante e iscritte nell’attivo circolante dello stato patrimoniale aperto con l’applicazione del regime ordinario. Infine, i compensi percepiti prima del cambio di regime devono essere ricondotti ai fini del calcolo dell’indice di redditività al nuovo anno iniziato con il regime operativo.

Il rispetto di queste procedure garantisce la corretta contabilizzazione degli elementi avviati in regime agevolato e il corretto calcolo della redditività aziendale. In caso di inosservanza potrebbero emergere profili di natura fiscale da sanare mediante ravvedimento operoso o voluntary disclosure.

Uscita dal regime forfettario cespiti: Casi di esclusione e uscita dal regime forfettario

Il regime forfettario prevede alcuni casi di esclusione e uscita obbligatoria dal suo campo di applicazione. Quando il contribuente supera determinati limiti di ricavi o compensi annui, oppure la natura dell’attività esercitata perde i requisiti richiesti per poter accedere al regime agevolato, scatta l’obbligo di uscita.

Uno dei casi più comuni è il superamento del tetto annuo di ricavi o compensi pari a 85.000 euro. Oltre tale soglia, a decorrere dal periodo d’imposta successivo, non è più possibile avvalersi della tassazione forfettaria. Un altro motivo che comporta l’esclusione dal regime è la perdita dei requisiti legati all’attività esercitata. Ad esempio, se un contribuente iscritto come gestore di negozio al dettaglio inizia a svolgere anche attività di ingrosso, decade l’agevolazione in quanto tale categoria è esclusa.

Un terzo caso di uscita dal regime forfettario cespiti è dato dall’eventuale acquisto di beni strumentali di valore superiore a 20.000 euro annui al netto dell’IVA. Tale soglia, da verificare per ciascun periodo d’imposta, comporta il passaggio all’ordinario regime IVA e delle imposte sui redditi. Dal 1° gennaio 2019, si è aggiunto l’obbligo di fatturazione elettronica anche per i contribuenti in regime agevolato. Pertanto, chi rientra in una delle cause di esclusione descritte, dovrà regolarizzare la propria posizione in accordo con i nuovi adempimenti fiscali.

Pertanto, l’uscita dal regime forfettario cespiti e l’obbligo di fattura elettronica forfettari costituiscono aspetti strettamente correlati che il professionista deve saper analizzare applicando la normativa vigente. È importante valutare attentamente i casi di decadenza agevolata per trasferire correttamente il contribuente verso il regime ordinario, adempiendo a tutti gli obblighi del caso (trovate tutte le specifiche sulle novità del regime forfettario nella nostra guida: “Regime Forfettario 2024“).

Uscita dal regime forfettario

Regime forfettario beni strumentali ammortamento: Gestione dell’uscita dal regime forfettario per cespiti

Nel regime forfettario, i beni strumentali acquistati dal contribuente con valore superiore a 516 euro sono registrati nel libro cespiti, ma non è consentita la loro deduzione o l’ammortamento fiscale. L’agevolazione prevede infatti che tutte le spese, incluso l’acquisto dei cespiti, siano stimate tramite il coefficiente di redditività legato alla specifica attività esercitata.

Uno dei casi di uscita obbligatoria dal regime forfettario è dato dall’acquisto nel periodo d’imposta di beni strumentali per un valore complessivo superiore a 20.000 euro al netto dell’IVA. In questa situazione, il contribuente deve passare al regime ordinario a partire dal periodo successivo. Ciò comporta anche l’obbligo di fatturazione elettronica a decorrere dalla nuova annualità fiscale.

L’ammortamento fiscale dei cespiti acquistati in regime forfettario e la loro deduzione è ammessa solo a partire dal primo periodo d’imposta in cui si applica il regime ordinario, attraverso un computo analitico sul quale calcolare annualmente la quota di ammortamento. Pertanto, la gestione dei beni strumentali nel passaggio al regime ordinario prevede specifiche regole contabili per la loro corretta imputazione ai fini delle imposte sui redditi.

La disciplina del regime forfettario beni strumentali ammortamento e l’uscita obbligatoria per superamento della soglia dei cespiti acquistati comporta, oltre all’applicazione delle normali regole civilistiche, anche l’assoggettamento all’obbligo di fatturazione elettronica. Il commercialista deve saper supportare il contribuente fornendo tutte le informazioni per garantire il rispetto degli adempimenti in caso di passaggio al regime ordinario.

Acquistare online beni e servizi intestati ai dipendenti: come gestire la fatturazione

Per qualsiasi impresa risulta indispensabile comprendere a fondo le dinamiche sottese agli acquisti effettuati online a nome dei propri dipendenti. Tali operazioni, infatti, comportano implicazioni in tema di corretta fatturazione e adempimento degli obblighi fiscali connessi all’IVA che, ove non adeguatamente governate, possono dar luogo a errori e potenziali sanzioni.

Solo attraverso una piena padronanza di tali aspetti tecnici è possibile per una impresa assicurare la correttezza della fatturazione elettronica e rispettare gli obblighi di parte in ogni processo di acquistare online.

Acquistare online: le categorie e gli obblighi fiscali associati

Gli acquisti effettuati tramite Internet rivestono un’importanza crescente sia per le aziende che per i privati. Tuttavia, dietro a questa facilità di approvvigionamento si celano complessità di natura fiscale che devono essere attentamente valutate, in particolare per quanto concerne l’Imposta sul valore aggiunto (IVA).

A fini IVA gli acquisti online possono essere classificati in quattro macro-categorie, rispetto alle quali scaturiscono obblighi diversi: acquisti di servizi elettronici, acquisti intracomunitari, acquisti di beni già presenti sul territorio nazionale e operazioni di importazione.

Nel caso degli acquisti di servizi elettronici, l’IVA è in genere assolta tramite il meccanismo del reverse charge, con l’acquirente italiano che diviene sostituto d’imposta. Per gli acquisti intracomunitari è necessario verificare il possesso da parte del fornitore di un valido numero di partita IVA europeo, controllabile nel sistema VIES. Se il bene è già sul territorio nazionale, occorre verificare l’emissione della fattura nei confronti dell’effettivo acquirente. Infine, le importazioni di beni da Paesi extra-UE comportano adempimenti doganali e bollettazioni.

Un fattore rilevante è l’identità del soggetto intestatario della fattura emessa: se questa riporta i dati del dipendente anziché dell’azienda, sorgono interrogativi circa l’effettivo acquirente al quale imputare gli obblighi fiscali.

Ad esempio, l’acquisto di un bene per uso personale del dipendente non grava l’impresa, ma se il bene è destinato all’attività aziendale questa deve assolvere i relativi adempimenti IVA, eventualmente emettendo apposite autofatture laddove la documentazione contabile non sia correttamente intestata.

Pertanto, l’acquistare online e la gestione degli obblighi di fatturazione e dichiarazione IVA richiedono un’attenta ponderazione delle circostanze al fine di garantire la piena conformità agli adempimenti fiscali previsti, adoperandosi per assicurare l’esatta imputazione delle operazioni all’effettivo soggetto acquirente.

Acquistare online beni

Comprare online: La gestione dell’IVA negli acquisti intestati ai dipendenti

La corretta gestione dell’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA) costituisce un aspetto di primaria importanza per qualsiasi attività che effettui acquisti tramite e-commerce, specialmente laddove la fatturazione risulti intestata ai dipendenti anziché all’azienda.

L’intestazione della documentazione fiscale è infatti elemento cardine per l’individuazione del soggetto chiamato a assolvere gli obblighi connessi all’IVA. Ove un bene acquistato online sia destinato all’uso personale del lavoratore, non emergono problematiche; diversamente, laddove esso sia volto alle finalità aziendali, la società deve provvedere alla corretta gestione della relativa imposizione.

A tal fine, occorre in primo luogo classificare attentamente l’operazione in base alle quattro categorie fiscali di acquistare online (servizi digitali, transazioni intra-UE, beni presenti in Italia, importazioni), al fine di identificarne gli specifici adempimenti IVA.

Ove la fatturazione risulti emessa a nome del dipendente, anche negli small business deve essere valutata puntualmente la natura della transazione per appurare l’effettivo acquirente, provvedendo – ove applicabile – all’emissione di apposite autofatture necessarie alla regolarizzazione contabile e al rispetto degli obblighi di monitoraggio e dichiarazione imposti dalla normativa.

Requisito imprescindibile è dunque la scrupolosa ponderazione delle circostanze al fine di asseverare la piena ottemperanza ai profili fiscali connessi all’e-commerce, assicurando che gli adempimenti IVA gravino correttamente sul soggetto tenuto a soddisfarli.

Novità AdE: fattura estero, versione 1.9

La digitalizzazione dei processi amministrativi continua a essere un punto focale per le autorità fiscali e per le imprese che cercano di adattarsi alle nuove normative. Infatti dopo le nuova versione 1.8 della fatturazione elettronica, che trovate spiegata nell’articolo Fatturazione elettronica 2024, l’Agenzia delle Entrate in solo un mese ha già rilasciato la versione 1.9

Nella Guida in versione 1.9 sulla compilazione della fatturazione elettronica rilasciata il 13 marzo e dell’esterometro il 5 marzo, l’Agenzia delle Entrate ha introdotto una serie di novità che impattano direttamente su come le aziende gestiscono le loro pratiche di fatturazione.

Fattura estero: le principali novità della versione 1.9

Uno degli aspetti chiave evidenziati nella guida è l’indicazione della modalità di rettifica delle comunicazioni trasmesse attraverso il Sistema di Interscambio (SdI) per le diverse tipologie di documento. I tipi di documento interessati includono TD16, TD17, TD18, TD19, TD20, TD21, TD22, TD23, TD26 e TD28.

Tali indicazioni vanno a descrivere come gestire il caso di una autofattura emessa con errori oppure il caso in cui riceviamo una nota di credito da un fornitore estero e dobbiamo quindi stornare parzialmente o totalmente una autofattura e, più in generale, come ci dobbiamo comportare quando è richiesta l’emissione di una nota di credito.

Cosa comportano le novità?

Registrazione di una nota di credito estera

Nel caso in cui dovessimo ricevere da un fornitore estero una nota di credito per la quale abbiamo emesso regolare autofattura, viene richiesta l’emissione di una nuova autofattura della medesima tipologia ma con importi negativi, parliamo delle autofatture con i codici da TD16 a TD19, per cui non può essere utilizzata la classica nota di credito di tipologia TD04.

Registrazione di una rettifica

La stessa identica modalità deve essere utilizzata anche quando dobbiamo rettificare in diminuzione un documento di tipo TD20, TD21, TD22, TD23, TD26 e TD28. Anche in questo caso non può essere utilizzata una normale TD04, ma la stessa tipologia di documento che dobbiamo rettificare ma con segno meno

Campi aggiuntivi richiesti per le rettifiche

In tali casistiche, esattamente come deve essere fatto anche per le normali note di credito (TD04), nel documento emesso per rettificare un precedente documento, dovrà indicare nel campo 2.1.6 <DatiFattureCollegate> gli estremi del documento da rettificare, quando disponibile.

Interazione con il Sistema di Interscambio (SDI)

Le nuove normative specificano quali documenti sono ammessi per trasmettere le rettifiche tramite SDI evidenziate prima e sono: TD16, TD17, TD18, TD19 (per le fatture estere), TD20, TD21, TD22, TD23, TD26, TD28 (per le restanti tipologie). Questi, quando utilizzati per le correzioni, vengono considerati ai fini IVA come note di variazione, semplificando in questo modo la procedura di rettifica.

Le novità per le imprese agricole

La guida, inoltre, fornisce indicazioni specifiche per la compilazione della sezione “AltriDatiGestionali” da parte delle imprese agricole in regime speciale. Questo è un chiaro segnale dell’impegno dell’Agenzia delle Entrate nel garantire che le disposizioni normative siano adattate alle esigenze specifiche di settori particolari, come quello agricolo.

Campi aggiuntivi richiesti per le imprese agricole

Nella sezione “AltriDatiGestionali” della fattura il soggetto IVA ha la possibilità di inserire dettagli specifici sull’operazione commerciale.

Seguendo le istruzioni dettagliate fornite nella guida aggiornata, compilare questa sezione con accuratezza permette di rendere più precise le bozze preliminari della liquidazione dell’IVA e delle dichiarazioni IVA, contribuendo a un processo più fluido e senza errori nella gestione fiscale.

Al fine di agevolare la liquidazione dell’IVA, il produttore agricolo può indicare nella fattura

elettronica i dati utili per identificare e soprattutto distinguere le suddette operazioni attive non rientranti nel regime speciale:

  • Nel caso di cessioni prodotti agricoli diversi da quelli compresi nella Tabella A, parte prima, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, il cedente potrà valorizzare il blocco <AltriDatiGestionali> nel modo seguente: campo 2.2.1.16.1 <TipoDato> con la stringa “NO-COMP”.
  • Nel caso, invece, la fattura emessa sia riferita a operazioni occasionali rientranti nel regime di cui all’articolo 34-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, il C/P potrà valorizzare il blocco <AltriDatiGestionali> nel modo seguente: campo 2.2.1.16.1 <TipoDato> con la stringa “OCC34BIS”.

È fondamentale sottolineare l’importanza di seguire attentamente i suggerimenti forniti nella guida per la compilazione dei diversi tipi di documento. Ciò non solo assicura la conformità alle normative fiscali vigenti, ma contribuisce anche all’ottimizzazione dei processi di fatturazione, riducendo al minimo il rischio di errori e ritardi.

Lo scarico massivo di documenti

Un’altra importante aggiunta riguarda le istruzioni e le specifiche tecniche per i servizi massivi di trasmissione e scarico dei file. Infatti ora è possibile richiedere lo scarico massivo di fatture e corrispettivi per più partite IVA con una sola richiesta, dei registri IVA non protocollati mensilmente e delle bozze dei prospetti riepilogativi IVA mensili o trimestrali. Questi aggiornamenti riflettono l’impegno continuo nel migliorare l’efficienza e l’accessibilità dei servizi di fatturazione elettronica come FatturaPRO.click, che potranno così fornire servizi sempre più automatizzati.

Come può aiutarti FatturaPRO.click

Come stiamo già facendo per le normali note di credito (la famosa TD04) quando clicchi sul pulsante “Emetti Nota di Credito“, dove numeriamo automaticamente il documento e compiliamo sia la causale, sia la sezione “Documenti Correlati“ con i dati relativi alla fattura che stai annullando o rettificando, così stiamo facendo anche per l’emissione delle autofatture relative alle note di credito dei fornitori esteri e per l’emissione dei documenti di rettifica.

In questo modo, oltre a risparmiare tempo nella compilazione di quanto richiesto dall’attuale normativa, sarai certo di non aver omesso nulla.

Fatture messe a disposizione: diritti dei soggetti passivi e obblighi di verifica

Risulta di fondamentale importanza per tutti gli operatori economici che emettono fatture elettroniche avere piena consapevolezza del significato e delle implicazioni della casistica delle “fatture messe a disposizione”.

Risulta quindi imprescindibile per ogni operatore fiscale che emette fatture elettroniche conoscere nel dettaglio le caratteristiche e le conseguenze delle “fatture messe a disposizione“, al fine di assolvere correttamente ai rispettivi obblighi informativi e di verifica e non incorrere in sanzioni amministrative. Soltanto attraverso una piena consapevolezza di questa casistica è possibile instaurare un rapporto di collaborazione virtuoso con gli uffici dell’Amministrazione Finanziaria.

Fatture messe a disposizione: cosa sono e quando si verifica il mancato recapito

Le fatture messe a disposizione, anche note come fatture collocate nel cassetto fiscale fatture elettroniche, rappresentano un’importante casistica di mancato recapito delle fatture elettroniche che può comportare gravi conseguenze sull’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA.

Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello n. 435 del 2023, le fatture messe a disposizione si riferiscono a documenti elettronici il cui recapito non è avvenuto a causa di problemi tecnici non imputabili al Sistema di Interscambio (SdI), come ad esempio caselle PEC piene o non attive ovvero canali telematici non operativi. In tali circostanze, le fatture vengono collocate nell’area riservata del sito web dell’Agenzia, precisamente nel cassetto fiscale fatture elettroniche del portale “Fatture e Corrispettivi”.

A differenza delle normali fatture elettroniche consegnate tramite Sistema di Interscambio, le fatture messe a disposizione sono soggette al rischio di mancata presa visione da parte del destinatario, con conseguente impossibilità di esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA. Come chiarito dalla circolare n. 1/E del 2018, tale diritto sorge al verificarsi congiunto del requisito sostanziale dell’avvenuta esigibilità dell’imposta e del requisito formale del possesso del documento comprovante l’operazione. Nel caso delle fatture messe a disposizione, la prova di ricezione è rappresentata dalla data di presa visione nel cassetto fiscale fatture elettroniche.

Pertanto, la data di effettiva detraibilità dell’IVA non corrisponde a quella di emissione, bensì a quella di visualizzazione del documento nell’area riservata, a condizione che quest’ultima avvenga entro il termine di presentazione della dichiarazione IVA dell’anno cui si riferisce il diritto. Decorso tale termine, anche in presenza di copia di cortesia, il recupero dell’IVA non è più possibile. Risulta quindi fondamentale verificare periodicamente il cassetto fiscale fatture elettroniche al fine di non perdere importanti diritti fiscali.

Fatture messe a disposizione

Diritti e obblighi relativi alle fatture messe a disposizione

In primo luogo, va definito che per fatture messe a disposizione, ai sensi della risposta n. 435/2023 dell’Agenzia delle Entrate, si intendono quei documenti elettronici il cui recapito non è avvenuto tramite Sistema di Interscambio a causa di problematiche tecniche, come caselle PEC piene o inattive. In tali casi, le fatture vengono collocate nell’area riservata del sito web dell’Agenzia delle Entrate, ovvero nel cassetto fiscale fatture elettroniche.

Emergono quindi diritti e obblighi connessi al corretto utilizzo di tale strumento. In primis, il destinatario detiene il diritto di detrazione dell’IVA a partire dalla data di presa visione del documento nell’area riservata e non già da quella di emissione, a condizione che tale adempimento formale avvenga entro i termini di presentazione della dichiarazione IVA.

Il cedente/prestatore, dal canto suo, è tenuto a informare tempestivamente il destinatario del mancato recapito, indirizzandolo a verificare la presenza delle fatture nel cassetto fiscale fatture elettroniche. Quest’ultimo, a sua volta, ha l’obbligo di attivarsi con sollecitudine al fine sia di non perdere importanti diritti fiscali, sia di non essere reputato artefice di un’arbitraria procrastinazione della presa visione.

Risulta pertanto determinante, ai fini dell’esercizio corretto dei diritti e degli obblighi connessi alle fatture messe a disposizione nell’area telematica dell’Agenzia delle Entrate, verificare periodicamente la presenza di tali documenti nel cassetto fiscale fatture elettroniche entro i termini di legge.