Attività che non esistono in Italia: le differenze tra mercato del lavoro italiano e internazionale

Negli ultimi anni, la globalizzazione dei mercati e l’evoluzione di gusti e stili di vita hanno portato all’emergere di nuove professioni e tipologie di impresa in molti Paesi, mentre alcune di esse risultano ancora inadeguatamente rappresentate nel tessuto produttivo italiano. In sostanza sono molte le attività che non esistono in Italia! Secondo dati Istat, nel nostro Paese sono ancora pochissime ad esempio le aziende di videogiochi, pur essendo l’Italia tra i principali mercati a livello globale per l’industria dell’entertainment. Solo l’1,2% del fatturato internazionale del settore proviene da studio di sviluppo italiani (Fonte: AESVI).

Anche le professioni legate alla sharing economy, che dagli Stati Uniti si stanno diffondendo in tutto il mondo, sono poco diffuse in Italia. Gli addetti al car sharing e al bike sharing coprono solo lo 0,3% degli occupati nazionali secondo l’Istat, a fronte di quote ben più elevate in Germania (1,2%), Francia (0,9%) e UK (0,7%).

Analogamente, le figure del digital marketer e del social media manager, ormai basilari in molte imprese estere, sono ancora di nicchia nel nostro tessuto produttivo. L’Osservatorio JobPricing stima che tali profili professionali siano presenti in appena lo 0,05% delle aziende italiane. Questi dati dimostrano come alcune attività emergenti a livello internazionale siano da introdurre e incentivare anche nel nostro Paese per adattare l’economia alle trasformazioni in atto.

Attività che non esistono in Italia: le professioni non presenti nel mondo del lavoro italiano

Il panorama del mercato del lavoro italiano presenta alcune peculiarità rispetto ad altri contesti internazionali, evidenziando l’assenza di determinate figure professionali. Un esempio è rappresentato dai social media manager, che in Italia stanno iniziando a diffondersi solo di recente nonostante il ruolo strategico ricoperto nella promozione del brand aziendale tramite piattaforme digitali. Altra figura ancora poco sviluppata è quella del community manager, specializzato nella gestione e moderazione di comunità online.

Ugualmente sottodimensionata rispetto ad altri paesi risulta la figura del college counselor, ovvero il responsabile del counseling universitario che orienta e supporta gli studenti nella scelta dei percorsi formativi post-diploma. Tale ruolo ricopre un’importanza primaria in sistemi dove il passaggio al livello terziario dell’istruzione è molto più articolato.

Infine, sembrano mancare prospettive di impiego e idee imprenditoriali nell’ambito dello sviluppo di applicazioni per realtà aumentata e virtuale, nonostante le potenzialità di queste tecnologie siano ormai ampiamente riconosciute. Si tratta di alcuni esempi di come la struttura del mercato del lavoro italiano presenti ancora margini di sviluppo per l’inserimento di nuove professioni emergenti a livello internazionale, capaci di generare opportunità occupazionali altamente qualificate.

Attività che non esistono in Italia:

Attività commerciali straniere assenti sul territorio nazionale

Il tessuto commerciale e imprenditoriale italiano presenta ancora alcune significative differenze rispetto ad altri contesti internazionali, evidenziando l’assenza sul territorio nazionale di catene distributive estere particolarmente diffuse a livello globale.

Uno degli esempi più eclatanti è la bassa penetrazione dei grandi discount alimentari come Aldi e Lidl, in forte espansione in Germania, Francia e Spagna ma solo di recente approdati in Italia. Altro caso sono le librerie universitarie statunitensi Barnes & Noble, leader mondiale del settore, che non hanno mai aperto sedi nel nostro Paese.

Ugualmente carente risulta la presenza di fast food come Taco Bell e Wendy’s, popolarissimi negli Stati Uniti ma sconosciuti al pubblico italiano. A differenza di quanto avviene in altre grandi economie, risultano ancora poco diffuse catene specializzate nella vendita diretta di elettrodomestici ed elettronica come la tedesca Saturn.

Le ragioni di tali mancate penetrazioni vanno ricercate in barriere normative, culturali e dimensionali del mercato. Tuttavia, il consolidamento di alcune di queste insegne potrebbe generare nuove opportunità di reddito da lavoro autonomo come franchisee e favorire una concorrenza potenzialmente vantaggiosa per i consumatori.

Distributore automatico: classificazione delle merci e modalità di rilevazione dei dati

I distributori automatici, quali dispositivi di vendita automatica di beni e servizi come bevande, snack e alimentari in genere, possono essere correttamente considerati a tutti gli effetti delle vere e proprie attività commerciali. Come tali sono soggetti agli stessi adempimenti fiscali e contabili di qualsiasi altra impresa.

Soltanto grazie a un sistema di tracciabilità puntuale dei flussi finanziari in entrata e in uscita è possibile certificare che il distributore automatico, inteso come vera e propria attività commerciale a sé stante, operi nel rispetto della normativa fiscale e contabile.

Distributore automatico: categorie merceologiche e registri contabili di riferimento

I distributori automatici costituiscono una delle tante idee imprenditoriali che possono essere sviluppate anche con un capitale di partenza limitato.

Principalmente i distributori automatici coprono due macro-categorie merceologiche: quella alimentare e quella del cosiddetto “consumer packaging“.

Nel primo caso si distribuiscono snack, bevande analcoliche, cibi confezionati come panini e tramezzini; nel secondo si trovano i classici prodotti di largo consumo come detersivi per la casa, articoli per l’igiene personale, pile, ecc.

Per la gestione contabile di questo genere di attività, i principali registri di riferimento sono:

  1. Il registro IVA, per le operazioni soggette a tassazione;
  2. Il registro dei corrispettivi, dove annotare i dati relativi agli incassi;
  3. Il libro giornale per la gestione ordinaria delle scritture.

 

È inoltre fondamentale aprire la partita IVA al momento dell’avvio dell’impresa e adempiere a tutti gli obblighi fiscali e amministrativi del caso, per condurre l’attività nel pieno rispetto delle norme.

Distributore automatico

Come registrare in contabilità i corrispettivi dei distributori automatici

La corretta registrazione dei corrispettivi per le macchine distributrici è fondamentale per tracciare i flussi finanziari dell’attività. Generalmente i distributori automatici sono muniti di contatori meccanici o elettronici che totalizzano gli incassi giornalieri. Tali importi vanno riportati quotidianamente sul registro dei corrispettivi, specificando la data e individuando le ricevute con il numero progressivo.

Mensilmente si procede poi all’addebito sul conto corrente aziendale delle somme incassate, ricavate dalla differenza tra i contatori di inizio e fine periodo. L’addebito viene registrato in contabilità come voce da imputare nella parte economica del bilancio.

Eventuali resti di cassa vanno portati in detrazione alla prima incasso del mese successivo. È inoltre buona norma conservare i dati dei contatori, le ricevute dei prelievi e le distinte contabili dell’istituto di pagamento per i controlli fiscali. Con un sistema di tracciatura puntuale di entrate e uscite, i distributori automatizzati possono rivelarsi un business redditizio se gestito con attenzione ai flussi finanziari e agli adempimenti normativi.

È consigliabile inoltre digitalizzare tutta la documentazione relativa ai corrispettivi (scontrini, ricevute dei prelievi, ecc.) per archiviare in modo ordinato e sicuro i dati negli anni. Questo permette di rendere più agevole un’eventuale richiesta di verifica da parte dell’Agenzia delle Entrate, potendo fornire prontamente tutta la documentazione in formato digitale anziché dover ricercare e organizzare carte e scontrini cartacei. La digitalizzazione del flusso documentale garantisce quindi una migliore tracciabilità delle operazioni nel tempo.

L’informazione aggiunta riguarda un suggerimento pratico sulla digitalizzazione della documentazione, aspetto fondamentale per agevolare eventuali controlli futuri e permettere un archivio ordinato negli anni di tutte le carte legate ai corrispettivi dei distributori automatici.

Sondaggi retribuiti: ecco come guadagnare da casa in modo facile e veloce

I sondaggi retribuiti online sono diventati negli ultimi anni una modalità molto diffusa per ottenere un reddito integrativo. Secondo dati dell’Osservatorio di Porsch e Bwin su comportamenti e abitudini degli italiani, sono oltre 3 milioni le persone che nel nostro Paese ricorrono saltuariamente a questa attività.

Un recente rapporto Istat stima invece che il 3,4% della popolazione tra i 18 e i 74 anni, pari a circa 1,6 milioni di individui, abbia guadagnato soldi rispondendo a questionari nell’ultimo anno. Le entrate medie ricavate ammontano a 370 euro l’anno secondo l’Istat, ma per chi lo pratica assiduamente possono essere anche di importo maggiore.

Anche uno studio di Bva Doxa rileva una crescita del fenomeno, con il numero degli italiani coinvolti che negli ultimi 5 anni è più che raddoppiato, grazie alla diffusione di internet e allo sviluppo di piattaforme sempre più user friendly.

I dati mostrano chiaramente come i sondaggi retribuiti abbiano ormai raggiunto una diffusione trasversale, diventando per molti un’utile integrazione al budget familiare da poche centinaia di euro annui. Un trend destinato presumibilmente ad aumentare nei prossimi anni.

Sondaggi retribuiti: cosa sono e come funzionano

I sondaggi retribuiti costituiscono una delle opzioni quando si cercano modi per guadagnare denaro senza prestazioni lavorative gravose. Questa attività si basa sul compilare questionari online per aziende e istituti di ricerca, al fine di raccogliere dati sulle abitudini e preferenze dei consumatori.

Nel dettaglio, i sondaggi retribuiti funzionano attraverso piattaforme che mettono in contatto chi effettua le indagini con un panel di rispondenti. Questi ultimi si registrano indicando le proprie caratteristiche socio-demografiche, per essere selezionati per questionari inerenti il proprio profilo. Di norma le retribuzioni sono modeste, dell’ordine di qualche centesimo di euro, ma svolgendo le attività nel tempo libero è possibile integrare il reddito senza stravolgere le proprie abitudini.

Naturalmente per guadagnare cifre significative è necessario dedicarvi quotidianamente una certa costanza, accettando un numero sempre maggiore di sondaggi proposti. Le piattaforme serie offrono diversi metodi per ricevere i compensi maturati, come bonifico bancario, ricariche per carte prepagate o sistemi di cash-out verso il proprio conto. Tuttavia, è bene accertarsi preventivamente che i pagamenti siano effettivamente erogati dopo un certo minimo soglia di punti accumulati o euro guadagnati. Alcune truffe promettono compensi che poi non vengono corrisposti. Meglio dunque leggere feedback e recensioni di altri utenti, o testare il servizio guadagnando piccole somme prima di investirci troppo tempo. Con gli accorgimenti del caso, questa resta comunque un’occasione di guadagno accessibile a molti. Rispetto ad altre idee per fare soldi senza lavorare, i sondaggi retribuiti non richiedono competenze specifiche o investimenti iniziali.

Sondaggi retribuiti

Sondaggi retribuiti online: opportunità di guadagno e tipologie disponibili

I sondaggi retribuiti online possono rivelarsi una concreta opportunità per guadagnare soldi extra, svolgendo un’attività di nicchia che ben si concilia con i ritmi della vita contemporanea. Le piattaforme di questo settore mettono a disposizione differenti tipologie di indagini retribuite. Ci sono i classici questionari socio-demografici, ma anche i test sensoriali per aziende alimentari e di cosmesi, le discussioni virtuali in tempo reale su vari temi e i divertenti giochi per guadagnare ricompense.

Alcune survey si completano in pochi minuti, mentre studi più complessi possono assorbire anche mezz’ora, pagando così cifre leggermente superiore. I compensi vanno da pochi centesimi a qualche euro, ma svolgendone sistematicamente diverse al giorno è possibile ricavare entrate extra mensili anche di entità rilevante.

Fattori chiave per incrementare i guadagni sono l’iscrizione a molte piattaforme diverse, la disponibilità a partecipare a diversi format e la costanza nell’accettare tutti i sondaggi proposti, nel rispetto dei tempi personali. Con un po’ di pratica e individuando le survey più remunerative per le proprie caratteristiche, i sondaggi online diventano quindi un’opzione da considerare per integrare il bilancio familiare.

Come fare soldi partendo da zero: ripartire da capo con il nuovo anno

È indubbio che all’inizio di ogni anno, quando comunemente si traccia il bilancio del precedente periodo e si sceglie quali obiettivi perseguire nei mesi a venire, siano in molti a porsi l’interrogativo su come fare soldi partendo da zero e intraprendere nuove strade lavorative per generare quell’autonomia economica che consenta maggior margine decisionale.

Soprattutto dopo i notevoli stravolgimenti degli ultimi anni, sono sempre più le persone desiderose di trovare il proprio spazio sul mercato del lavoro o di valorizzare talenti e competenze in maniera indipendente e redditizia. C’è voglia di partire da zero e costruire qualcosa di solido e duraturo.

Ecco allora che la ricerca di idee per fare soldi anche senza esperienza o capitale iniziale diventa un topic particolarmente sentito all’inizio di ogni anno, quando fresche di motivi di cambiamento e desiderio di autodeterminazione si annidano nelle menti di molti. Comprenderne le opportunità, anche solo come integrazione del reddito familiare, è quindi una tematica che interessa una platea ampia.

Come fare soldi partendo da zero: alcune idee molto promettenti

Come generare reddito partendo da zero sono possibili diverse idee promettenti che possono essere sviluppate anche con un basso capitale iniziale. Una di queste riguarda la creazione di reddito passivo attraverso la pubblicazione di ebook su store online. Scrivendo un contenuto di valore su un determinato argomento e promuovendolo attraverso i propri canali, è possibile monetizzare le vendite nel tempo senza un costante impegno attivo.

Un’altra opportunità è offrire servizi online come la creazione di siti web, consulenza digitale o corsi online su piattaforme come Udemy. Anche in questo caso, pianificando contenuti formativi di qualità è possibile generare un flusso di entrate ricorrente. Da considerare è anche l’home staging, ovvero il ristrutturare e allestire case altrui per renderle pronte alla vendita. Con una buona organizzazione e capacità di marketing, il giro d’affari può crescere rapidamente.

Altre vie praticabili riguardano il private blogging, il commercio online su Amazon o l’affiliazione per i prodotti altrui. Con costanza e ottimizzazione continua, queste idee possono dimostrarsi valide fonti di reddito aggiuntivo o principale.

Come fare soldi partendo da zero

Come fare soldi online partendo da zero: occhio alla fatturazione e alla corretta contabilità

Generare reddito online partendo da zero comporta alcune accortezze burocratiche da non sottovalutare come la fatturazione e la contabilità.

Se anche con idee creative come ebook, corsi digitali o affiliazione è possibile avviare un’attività senza capitale iniziale, superata una certa soglia di compensi è necessario aprire partita IVA e adempiere agli obblighi di monitoraggio fiscale.

Gestire la contabilità in modo chiaro sin da subito, così come emettere fatture elettroniche secondo lo standard previsto dalla normativa, risulta fondamentale per lavorare in piena regola ed evitare potenziali sanzioni.

Anche chi inizia da zero con piccole prestazioni occasionali dovrebbe informarsi per aprire attività senza soldi ne spese iniziali, ad esempio con il regime forfettario. Solo documentando correttamente entrate e uscite tramite i registri IVA si potrà dimostrare la liceità dell’impresa nel tempo, facendola eventualmente crescere fino a diventarne l’unica fonte di reddito. Attenzione alla fatturazione e alla contabilità appaiono dunque elementi chiave per trasformare un’idea imprenditoriale online in un lavoro duraturo e sicuro anche dal punto di vista amministrativo.

TD26 fattura elettronica: cos’è e quando è emessa

La TD26 fattura elettronica, prevista dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 89757/2018, trova applicazione nelle operazioni di cessione di beni ammortizzabili e per passaggi interni, come disposto dall’art. 36 del DPR 633/72.

Tale tipo di documento può essere generato sia in forma di Fattura che di Autofattura, a seconda che sia stata eseguita una cessione tra soggetti distinti ovvero si tratti di un trasferimento interno. Nel primo caso, il cedente emetterà una fattura inserendo nella TD01 i dati del cessionario e nella TD26 le informazioni relative al bene ceduto (dati identificativi, valore ecc.).

Nel secondo caso, il soggetto che riceve il bene potrà emettere un’autofattura compilando solo la TD01 con i propri dati e la TD26 con i dati del bene ricevuto, al fine di effettuare correttamente l’allineamento contabile.

In entrambe le ipotesi, come disposto dal menzionato art. 36, si procederà al passaggio del bene senza l’obbligo del documento di trasporto (DDT), assolvendo unicamente all’emissione del documento informatico secondo i dati minimi stabiliti dalla normativa in materia di fatturazione elettronica.

TD26 fattura elettronica

TD26 fattura elettronica: cessione di beni ammortizzabili e per passaggi interni

La cessione di beni ammortizzabili riveste una certa importanza nella gestione del parco cespiti aziendale. Tale operazione può verificarsi non solo verso terzi acquirenti, ma anche attraverso passaggi interni tra i soggetti che compongono lo stesso gruppo societario.

Nel caso di passaggi interni, ovvero cessioni di beni ammortizzabili tra società controllate/collegate, la cessione non configura una definitiva alienazione, ma un semplice trasferimento. Per questo motivo non è previsto l’obbligo del documento di trasporto, mentre è richiesta la fatturazione integrando l’operazione nella TD26 fattura elettronica.

La TD26 consente di indicare le informazioni necessarie come dati identificativi del bene e della società cedente/ceduta. Inoltre va riportato il valore del bene trasferito per poter effettuare il corretto allineamento contabile e fiscale. Successivamente il bene continuerà a essere ammortizzato dalla società che ne ha acquisito il possesso.

La cessione di beni ammortizzabili tra società correlate tramite fatturazione elettronica mediante TD26 assolve correttamente agli obblighi documentali e permette di gestire in modo formale e contabile il trasferimento non definitivo dei cespiti.

Fattura elettronica TD26: regime del margine per beni usati

Il regime del margine per i beni usati costituisce un’opzione applicabile ai soggetti che vendono di frequente beni usati, quali concessionari d’auto e commercianti del settore. Tale regime consente di determinare il valore fiscalmente rilevante del bene usato non in base al costo di acquisto, ma come differenza tra prezzo di vendita e prezzo di acquisto (margine).

Nel caso in cui il soggetto venda a un privato, basterà inserire nel documento commerciale (fattura/documento equivalente) tutti i dati necessari per la liquidazione dell’IVA, come natura, qualità e quantità dei beni ceduti. Qualora invece la cessione avvenga nei confronti di un cessionario/committente non stabile nel territorio dello Stato, dovrà intervenire un rappresentante fiscale italiano a completare la fattura elettronica (TD01, Dati cessionario/committente) e a provvedere agli adempimenti IVA.

In ogni caso, grazie alla fatturazione elettronica tramite SDI sarà garantita piena tracciabilità delle cessioni di beni usati in regime di margine, assolvendo correttamente agli obblighi documentali e di versamento dell’imposta.

TD27 fattura elettronica: per quali operazioni è utilizzata?

La corretta conoscenza della sezione TD27 della fattura elettronica è importante per chiunque decida di aprire una partita IVA. Infatti, sebbene la TD27 trovi applicazione solo in specifici casi di operazioni non imponibili, è comunque fondamentale sapere come funziona e quando può essere utilizzata.

Capire le differenze di utilizzo tra le diverse TD (sezioni) della fattura elettronica, anch’essa obbligatoria dal 2019 per la generalità dei soggetti IVA, consente di gestire gli adempimenti in modo corretto ed efficace sin dal primo giorno di avvio dell’attività. Ad esempio, ci si può trovare a dover emettere una TD27 per movimenti interni o cessioni gratuite. Conoscere prima questa casistica è utile per non incorrere in errori o sanzioni.

Familiarizzare con i diversi casi d’uso previsti dallo standard di fatturazione elettronica, come appunto la TD27, risulta fondamentale per chi si approccia per la prima volta alla gestione della contabilità di un’impresa.

TD27 fattura elettronica per autoconsumo o per cessioni gratuite senza rivalsa

La TD27 è prevista dal provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n. 89757/2018 per le ipotesi di autoconsumo o cessioni gratuite di beni e servizi senza rivalsa dell’IVA. Tale sezione è utilizzata per documentare le operazioni non imponibili ai fini IVA, come previsto dall’articolo 10 del DPR 633/72, che esclude l’applicazione dell’imposta per le cessioni non effettuate nell’esercizio di impresa, arte o professione.

Nella prassi, la TD27 viene compilata per movimentazioni interne a fini amministrativi come trasferimento di beni da magazzino a reparto produzione. Oppure, la si utilizza per cessioni gratuite a determinati soggetti come enti no profit. Nel dettaglio, attraverso la fatturazione elettronica si inseriscono nella TD01 i dati identificativi del cessionario/committente e nella TD27 le informazioni relative a beni/servizi ceduti (natura, quantità, valore).

Il documento elettronico così prodotto assolve agli obblighi di documentazione della transazione non imponibile, garantendo completezza e tracciabilità dei dati nel pieno rispetto della normativa nazionale e comunitaria.

TD27 fattura elettronica

Fattura elettronica td27: quando utilizzarla

La sezione TD27 della fattura elettronica trova applicazione in precise ipotesi di operazioni non imponibili, come previsto dall’articolo 10 del DPR 633/72. Nello specifico, la TD27 viene utilizzata per documentare le cessioni di beni e prestazioni di servizi che esulano dall’esercizio di attività d’impresa, come le cessioni gratuite a determinati soggetti (ospedali, onlus, volontariato).

Un altro caso riguarda le movimentazioni interne a fini amministrativi, come il prelievo da magazzino per essere impiegati nel ciclo produttivo. La TD27 è impiegata anche per le cessioni di beni per i quali è stata esercitata l’opzione per il margine o per le vendite in leasing.

In tutte queste ipotesi, tramite la fatturazione elettronica è possibile emettere un documento utilizzando la sezione TD27, indicando i dati del cessionario/committente e specificando i dettagli delle merci/servizi non imponibili ceduti. Ciò consente di assolvere agli obblighi di tracciabilità e prova dell’operazione in maniera formale e digitale.

Cerchiamo anche di chiarire meglio quest’ultima affermazione. L’emissione del documento elettronico tramite il Sistema di Interscambio assolve agli obblighi di registrazione e trasmissione dei dati prescritti dalla normativa in materia di tracciabilità fiscale. Questo garantisce che le informazioni riguardanti le operazioni non imponibili documentate con la TD27 vengano rese disponibili alle autorità fiscali in modo automatico, standardizzato e non manipolabile, attraverso un sistemati di interscambio protetto.

Inoltre, ogni fattura elettronica viene firmata digitalmente dal soggetto emittente, assicurando requisiti di autenticità, integrità dei dati, leggibilità e conservabilità nel tempo. Queste caratteristiche consentono di fornire prova legale delle cessioni/prestazioni non imponibili in modo completo, sicuro e non alterabile rispetto alla tradizionale documentazione cartacea. Pertanto, anche l’uso della TD27 sfrutta a pieno i vantaggi giuridici ed economici della fatturazione elettronica.

 

Libri sociali: tutela dei soci attraverso un’amministrazione trasparente

I libri sociali rivestono un ruolo fondamentale per chi avvia un’attività d’impresa fondata su una delle tipologie societarie previste dalla normativa italiana, come la S.r.l o la S.a.s. Tenere una corretta documentazione dei libri sociali obbligatori, come quello dei soci, delle assemblee e delle delibere, non è semplicemente un adempimento burocratico, bensì garantisce sicurezza e tutela a tutti coloro i quali decidono di investire nella società come soci.

I libri sociali, infatti, consentono di tracciare in modo trasparente tutte le decisioni assunte nel corso della vita dell’impresa, preservando la corretta governance societaria. Ciò permette ai soci di monitorare l’operato degli amministratori ed evitare potenziali irregolarità nella gestione. Inoltre, i libri sociali possono essere esibiti in qualsiasi momento per far valere i propri diritti, ad esempio in caso di controversie o richieste di risarcimento. Infine, in caso di cessione di quote, i libri sociali forniscono tutte le informazioni per valutare nel modo più consapevole l’investimento.

Per questi motivi, prestare massima attenzione nella tenuta formale e sostanziale dei libri sociali è fondamentale per garantire sicurezza ai soci e tutelare l’integrità della governance societaria nel tempo.

 

Libri sociali: le principali tipologie previste per la normativa italiana

I libri sociali rappresentano uno strumento fondamentale previsto dalla normativa italiana per assicurare la trasparenza nella gestione di ogni tipologia di società. Il Codice Civile stabilisce che le società di capitali (S.p.A., S.r.l., S.a.p.a.) sono obbligate alla tenuta del libro soci, del libro delle delibere e del libro dei verbali assembleari. Per le srl è altresì previsto il libro dell’inventario e dei bilanci.

Le società cooperative invece devono custodire il libro dei soci, il libro delle delibere del consiglio di amministrazione e dell’assemblea dei soci. Le società a responsabilità limitata semplificata sono soggette solo al libro dei soci e delle delibere.

Tutti i libri devono essere conservati per 10 anni e approvati dall’organo di controllo o dal revisore legale, ed sono soggetti a visione in ogni momento da parte dei soci e dei terzi a ciò legittimati.

La corretta tenuta ed archiviazione dei libri sociali riveste un ruolo di primaria importanza per assicurare la massima trasparenza nella gestione aziendale, tutelando la responsabilità sociale d’impresa verso gli stakeholder, nonché permettendo gli opportuni controlli sull’operato degli amministratori.

Libri sociali

Libri sociali obbligatori: obblighi di tenuta, conservazione e accesso

I libri sociali obbligatori rivestono grande importanza giuridica ed economica: essi servono infatti ad assicurare piena trasparenza circa il modello di business adottato dalla società e le decisioni assunte nel corso della sua attività.

La normativa stabilisce precisi obblighi di tenuta e conservazione dei libri. Essi devono essere custoditi presso la sede legale e aggiornati correttamente in modo cronologico. La tenuta può essere affidata anche a terzi, garantendo comunque l’immediata esibizione.

Per quanto concerne la conservazione, i libri sono soggetti a specifici vincoli temporali: 10 anni per quelli di bilancio, registri IVA e fatture. Il formato di conservazione è indifferente, quindi è ammessa sia la forma cartacea che quella informatica. Grande importanza riveste il diritto di accesso ai libri: esso spetta ai soci, Sindaci, organi di controllo nonché all’Amministrazione Finanziaria per specifici motivi. L’esercizio del diritto di accesso deve avvenire nei luoghi di lavoro durante l’orario d’ufficio, nel rispetto della normativa sulla privacy.

Pertanto, la puntuale osservanza degli obblighi di tenuta, conservazione e accesso dei libri sociali è fondamentale per assicurare la piena trasparenza societaria. È prevista la possibilità di ricorrere alla dematerializzazione dei libri sociali tramite l’uso della firma digitale, che ne assicura l’autenticità e integrità ai sensi del Codice dell’Amministrazione Digitale.

Tale facoltà, introdotta alcuni anni fa, rappresenta un vantaggio per le società in quanto semplifica gli adempimenti burocratici e abbassa i costi di archiviazione, conservando tuttavia piena validità legale ai dati registrati.

Scritture contabili obbligatorie: ecco come avere sempre i conti in regola con il Fisco

Aprire una partita IVA e iniziare un’attività d’impresa è sicuramente un passo importante, che però richiede anche una buona dose di consapevolezza sulle incombenze burocratiche e sugli adempimenti fiscali da rispettare.

Tra gli aspetti più rilevanti ci sono le scritture contabili obbligatorie che l’Agenzia delle Entrate impone a tutte le attività economiche. Tenere registri come il libro giornale, i registri IVA, le fatture emesse e ricevute secondo le scadenze corrette è fondamentale per tracciare in modo trasparente i flussi economici in entrata e uscita.

Tuttavia, capire e rispettare tutte le regole non è sempre semplice, soprattutto per chi non ha dimestichezza con la contabilità e gli adempimenti fiscali. Proprio per questo, la cosa migliore quando si apre un’attività è rivolgersi sin da subito a un commercialista o consulente del lavoro qualificato.

Affidandosi a un professionista esperto e in regola con i corsi di aggiornamento, si avrà la certezza che i libri contabili e gli altri registri vengano tenuti correttamente e rispettando tutte le scadenze. In questo modo si eviteranno spiacevoli sorprese in caso di controllo e si potrà gestire la propria impresa con serenità, focalizzandosi sulla crescita del business.

 

Scritture contabili obbligatorie: i registri richiesti per legge

Le scritture contabili obbligatorie previste per legge costituiscono un adempimento di fondamentale importanza per ogni attività economica. I registri che devono essere compilati correttamente sono stabiliti dal Codice Civile, Codice Penale e decreto fiscale.

In particolare, l’imprenditore commerciale è tenuto alla tenuta del Registro IVA, delle Fatture Emesse e Ricevute con relativa Numerazione, del Giornale e della scrittura IVA, eventualmente anche del Registro bene ammortizzabili. Tali documenti contabili sono progettati per tracciare in modo analitico e indiscutibile il quantum delle operazioni effettivamente poste in essere, al fine di una corretta liquidazione dell’IVA e redazione delle dichiarazioni periodiche.

Il Registro IVA consente di rilevare e riportare in modo dettagliato e differenziato gli acquisti e le vendite effettuati distintamente per aliquota, in modo da poter calcolare i relativi debiti/crediti trimestralmente. Le fatture, sia passive che attive, devono essere annotate con univoca numerazione progressiva su appositi Registri, allegando anche la relativa documentazione contabile. Il Giornale deve contenere l’annotazione giornaliera degli eventi aziendali, utilizzando partite doppie che esprimono il principio di causalità.

Tali documenti devono essere conservati per 10 anni dal termine dell’annualità a cui si riferiscono o dalla data di presentazione della dichiarazione, in modo da poter essere esibiti in caso di verifiche. Pertanto, l’imprenditore commerciale è tenuto a dotarsi di tale strumentazione contabile per assolvere correttamente agli obblighi di tracciabilità imposti dalla normativa. Solo attraverso il puntuale rispetto di tali scritture obbligatorie sarà in grado di documentare in ogni momento la propria posizione fiscale.

Scritture contabili obbligatorie

Libri contabili obbligatori: le scadenze e gli adempimenti fiscali correlati

I libri contabili obbligatori devono essere redatti secondo precisi obblighi fiscali cui è soggetto l’imprenditore.

Le scritture contabili, come regole generali, devono essere tenute entro il mese successivo a quello cui si riferiscono. Fatta eccezione per il Registro acquisti che può essere compilato entro il 15° giorno successivo al mese di effettuazione delle operazioni.

Verso lo Stato sono poi previsti adempimenti periodici quali liquidazione dell’IVA con modello F24 entro il 16 del mese successivo a quello cui si riferisce; presentazione della dichiarazione IVA annuale entro il 30 novembre dell’anno successivo a quello cui si riferisce il periodo d’imposta.

I dati contabili obbligatori devono essere conservati per 10 anni con originale o copia autenticata, fatta eccezione per fatture elettroniche che possono beneficiare della sola conservazione digitale.

Tali scadenze e modalità di conservazione sono stabilite chiaramente dalla normativa vigente al fine di assicurare la corrispondenza tra contabilità e dichiarazione, nonché di consentire gli accertamenti da parte dell’Amministrazione Finanziaria. Pertanto, gli operatori economici sono tenuti a monitorare con attenzione le scadenze previste e le corrette modalità di archiviazione dei dati.

Attività che non conoscono crisi: settori e professioni che garantiscono occupazione in ogni congiuntura   

Le fluttuazioni congiunturali sono variazioni cicliche dell’andamento dell’economia, che attraversa normalmente fasi alternate di espansione e contrazione dell’attività produttiva e dei consumi. Studi e ricercano hanno dimostrato che esistono alcune attività che non conoscono crisi in quanto anticicliche e quindi non soggette alle fluttuazioni congiunturali

Nello specifico, i cicli congiunturali si caratterizzano per:

  • Periodi di crescita economica (fase espansiva), con incremento della produzione industriale e terziaria, lievitazione degli investimenti privati e pubblici, aumento dei livelli occupazionali e di reddito.
  • Fasi recessionali, quando si registra invece un calo generalizzato della domanda aggregata che impatta negativamente su PIL, occupazione e redditi reali.

Tali alti e bassi congiunturali influenzano in modo diseguale settori e professioni. Ad esempio:

  1. Comparti legati a beni durevoli (auto, elettronica etc.) risentono maggiormente delle crisi, essendo i consumi in quei prodotti più sensibili.
  2. Alimentare e servizi sanitari, legati a bisogni essenziali, sono meno volatili.
  3. Figure dipendenti da investimenti infrastrutturali o esportazioni sono più esposte alle recessioni.
  4. Ruoli tecnici e ICT, rispondenti a esigenze di ammodernamento e digitalizzazione aziendale, risultano oggi più anticiclici.
  5. Professioni ad alta specializzazione nella consulenza strategica e di efficienza aziendale sono spesso preservate anche in periodi di crisi.

Attività che non conoscono crisi: Settori e attività imprenditoriali anticicliche

Uno dei principali obiettivi di un’impresa è quello di sviluppare un business model in grado di resistere alle fluttuazioni del ciclo economico. Analizzando i dati pubblicati dall’Istat e dall’OCSE sugli andamenti settoriali in periodi di contrazione e di crescita, emergono alcuni comparti che storicamente hanno dimostrato maggiore elasticità alla variazione della domanda aggregata.

Attività che non conoscono crisi

Tra questi, il settore alimentare rientra di diritto tra quelli definiti “anticiclici“. Grazie alla natura di bene primario dei prodotti alimentari, la spesa delle famiglie in quest’ambito risulta poco sensibile alle fasi congiunturali. Idee imprenditoriali particolarmente interessanti potrebbero coinvolgere la produzione e distribuzione di generi alimentari base a marchio proprio, specialmente per una clientela attenta alla qualità e al territorio.

Un altro comparto anticiclico è quello dei servizi di cura alla persona come parrucchieri, estetiste e centri benessere. A dispetto delle flessioni occupazionali tipiche delle recessioni, la domanda di tali prestazioni appare stabilmente ancorata a fattori socioculturali più resilienti rispetto agli andamenti dell’economia nel suo complesso.

Le attività che non conoscono crisi: figure professionali e competenze sempre richieste

Analizzando i trend occupazionali degli ultimi decenni attraverso report quali quelli diffusi dall’Istat e da Unioncamere, è possibile identificare alcune figure professionali e competenze che storicamente appaiono stabili nei diversi momenti del ciclo economico.

In particolare, il settore sanitario garantisce una costante richiesta di alcune figure chiave come medici, infermieri, operatori socio-sanitari e professionisti affini. Ciò in virtù della natura di bene essenziale dei servizi medici e dell’invecchiamento progressivo della popolazione, fattori non correlati alle fluttuazioni congiunturali. Analogamente, ruoli tecnici e di manutenzione negli ambiti idraulico, elettrico ed elettronico risultano pressoché inelastici (vale a dire insensibile al variare del prezzo o del reddito) rispetto alle fasi cicliche, grazie alla necessità di garantire il costante funzionamento di impianti e macchinari.

Anche competenze trasversali come quelle digitali, contabili, amministrative e nella sicurezza sul lavoro appaiono strutturalmente ricercate indipendentemente dal trend economico generale. Infatti rispondono a esigenze di adeguamento normativo e di efficientamento dei processi aziendali che prescindono dal ciclo. Uno studio della società di consulenza McKinsey conferma inoltre come ruoli focalizzati sull’analytics, il cloud computing e la cybersecurity godranno di ottime prospettive occupazionali anche negli anni a venire. Investimenti aziendali mirati in queste aree potrebbero quindi rivelarsi lungimiranti.