Articoli

Finanza sostenibile: uno sviluppo alla portata di tutti

La finanza sostenibile si riferisce a tutte quelle pratiche di investimento e gestione finanziaria che tengono in considerazione non solo il ritorno economico ma anche gli impatti ambientali e sociali. Essa quindi orienta i capitali verso attività sostenibili, in grado di generare valore condiviso per tutti gli stakeholder.

La diffusione della finanza sostenibile è sostenuta da diversi fattori:

  1. L’aumento della consapevolezza globale su temi come cambiamenti climatici, diseguaglianze sociali ed economia circolare sta spingendo un numero crescente di investitori a considerare i criteri ESG.
  2. La disponibilità di fondi dedicati: stanno nascendo sempre più fondi comuni, obbligazioni e prodotti finanziari sostenibili, alimentati dagli stessi risparmiatori.
  3. Le strategie adottate dalle istituzioni: sia l’UE che i singoli governi stanno incentivando forme di finanza sostenibile, ad esempio legando gli stimoli post-Covid a obiettivi ambientali e sociali.
  4. La pressione dal basso: consumatori, comunità locali e società civile chiedono sempre più alle imprese di dimostrare una responsabilità sociale e ambientale.
  5. Gli incentivi fiscali: in molti paesi sono introdotti sgravi fiscali per investimenti orientati alla sostenibilità.

Complice la maggiore consapevolezza sui rischi sistemici, la finanza sostenibile sta passando da niche a mainstream, diventando una componente sempre più rilevante del sistema economico e finanziario globale.

Finanza sostenibile cos’è e quali sono i principi fondamentali

La finanza sostenibile orienta i capitali verso uno sviluppo rispettoso dell’ambiente e delle persone. Il concetto di finanza sostenibile si riferisce a quell’insieme di pratiche e investimenti finanziari che mirano a generare benefici sociali e ambientali, oltre che un ritorno economico.

I principi cardine sono tre: integrare nei processi decisionali e di allocazione delle risorse criteri ambientali, sociali e di buona governance (ESG); orientare i capitali verso attività sostenibili, in grado di coniugare crescita economica e sviluppo sostenibile; adottare un approccio a lungo termine, che tenga conto degli impatti nel tempo delle scelte di investimento.

La finanza sostenibile si applica a tutte le forme di investimentodebito, equity, progetti – e può abbracciare diversi settori: dalle energie rinnovabili al social housing, dalla mobilità sostenibile all’agricoltura biologica.

Molti fondi di finanza agevolata hanno l’obiettivo esplicito di promuovere la transizione verso un modello economico più sostenibile. Con la finanza sostenibile gli investitori diventano promotori di uno sviluppo equilibrato e durevole nel tempo, in grado di coniugare efficacemente le dimensioni economica, sociale e ambientale.

finanza sostenibile

Finanza sostenibile: quanto e perché è importante

La finanza sostenibile è importante per varie ragioni:

  1. Riduce i rischi sistemici a lungo termine. Orientando i capitali verso attività a basso impatto ambientale e ad alta sostenibilità sociale, si riducono i rischi legati a fenomeni come il cambiamento climatico e la scarsità di risorse, salvaguardando la stabilità del sistema economico nel lungo periodo.
  2. Genera valore condiviso. Gli investimenti sostenibili sono in grado di generare ritorni economici per gli investitori ma al contempo produrre impatti positivi per la società e l’ambiente, creando un valore condiviso.
  3. Sostiene uno sviluppo inclusivo. Incanalando capitali verso imprese, progetti e settori che generano occupazione di qualità e inclusione sociale, la finanza sostenibile stimola una crescita equa ed estesa.
  4. Migliora il benessere delle comunità. Gli investimenti sostenibili in sanità, istruzione, mobilità e altri settori di interesse collettivo, producono impatti significativi sulla qualità di vita delle persone e sul tessuto sociale.
  5. Favorisce l’innovazione. L’orientamento verso progetti sostenibili stimola lo sviluppo di tecnologie e modelli operativi innovativi, capaci di coniugare efficacia ed efficienza.

Quindi, la finanza sostenibile ha impatti positivi trasversali, riguardanti tutti gli stakeholder: da chi investe a chi riceve gli investimenti, fino alla società e all’ambiente. Per questo è uno strumento così importante ed efficace.

Patent box: cos’è e come funziona il regime opzionale

Il regime Patent Box si sta diffondendo sempre di più tra le imprese italiane che investono in innovazione e ricerca, grazie alla possibilità di abbattere in modo significativo il carico fiscale sui redditi generati da software, brevetti, marchi e disegni industriali. Questa crescente popolarità è confermata dai dati. Secondo un’analisi dell’Osservatorio sulla fiscalità di confronti internazionali, il numero di imprese che hanno beneficiato del Patent box è più che raddoppiato negli ultimi quattro anni, passando da 549 nel 2016 a 1.232 nel 2019.

In termini di gettito fiscale, l’agevolazione ha comportato minori entrate per l’erario di circa 330 milioni di euro nel 2019, più del doppio rispetto ai 150 milioni del 2016. La diffusione è trasversale, con PMI innovative e grandi gruppi che ricorrono sempre di più al Patent box. Ma i maggiori beneficiari sono le imprese dei settori ad alta intensità di ricerca e innovazione, come farmaceutico, chimico, meccanico, automobilistico ed elettronico.

Questi dati confermano come il regime Patent box stia diventando una misura strutturale apprezzata dalle imprese più dinamiche, che compensa almeno in parte gli alti costi sostenuti per ricerca e sviluppo. Tuttavia la sua effettiva diffusione è ancora inferiore rispetto ad altri paesi europei. Per questo il governo italiano sta valutando ulteriori interventi per semplificare l’accesso al Patent box, soprattutto per le PMI.

Patent box cos’è

Il regime Patent box, anche definito “patrimoniale“, è un regime opzionale previsto nell’ordinamento fiscale italiano che permette alle imprese di tassare i redditi derivanti dall’utilizzo di software protetto da copyright e di beni immateriali tutelati da brevetti, marchi d’impresa e disegni e modelli industriali. Questi redditi sono assoggettati a un’aliquota agevolata pari al 15%, anziché alla normale aliquota IRES/IRPEF che può arrivare fino al 24%.

In questo modo il Patent box consente un risparmio fiscale importante sui redditi connessi a beni immateriali, generati soprattutto da attività di ricerca e sviluppo. Il regime Patent box, come regime opzionale OSS, è facoltativo: spetta alle imprese decidere se aderirvi o meno, presentando un’apposita dichiarazione.

Per fruire dell’agevolazione è necessario però determinare la “base imponibile agevolata”, ossia la parte dei ricavi effettivamente riconducibile all’utilizzo di beni immateriali tutelati. Questo richiede un’attività documentale accurata e costi di adempimento amministrativo che vanno ponderati assieme al risparmio fiscale ottenibile.

Patent box

Patent box: a chi si applica e come funziona

Il regime Patent box si applica alle imprese residenti in Italia che sostengono spese per ricerca e sviluppo volte alla creazione di software protetto da copyright e beni immateriali tutelati da brevetti, marchi e disegni industriali. Non sono previsti limiti dimensionali o settoriali, quindi il regime Patent box può essere fruito sia da PMI innovative che da grandi imprese e in tutti i settori industriali e dei servizi.

Il regime funziona attraverso la determinazione di una “base imponibile agevolata“, che rappresenta la parte dei ricavi dell’impresa effettivamente riconducibile all’utilizzo economico di beni immateriali tutelati. Su questa base imponibile è poi applicata un’aliquota IRES/IRAP ridotta al 15%, anziché quella ordinaria. Questo meccanismo consente di ottenere un notevole risparmio fiscale sui redditi legati allo sviluppo e sfruttamento industriale e commerciale di tecnologie e asset immateriali.

Inizialmente il regime prevedeva una procedura di calcolo della base imponibile agevolata molto complessa. Successivamente sono state introdotte alcune semplificazioni, tra cui un regime semplificato, per agevolare l’accesso soprattutto alle PMI. Tuttavia la procedura rimane mediamente onerosa. Per questo spetta alle imprese valutare con attenzione se il risparmio fiscale ottenibile giustifica gli adempimenti richiesti per il regime.

Patent box 2023: vantaggi e limiti

I vantaggi principali del regime Patent box consistono nel notevole risparmio fiscale che è possibile ottenere tassando i redditi derivanti da beni immateriali con un’aliquota pari al 15%, anziché quella del regime ordinario che è molto più alta, arrivando anche al 24%.

Questo risparmio fiscale può tradursi in maggiori risorse per reinvestire nello sviluppo di nuove tecnologie e prodotti basati proprio sulla proprietà intellettuale tutelata. Tuttavia per accedere al regime è necessario determinare la “base imponibile agevolata”, vale a dire la parte dei ricavi effettivamente correlabili all’utilizzo di beni immateriali tutelati. Questo richiede un’attività documentale complessa, che comporta costi di gestione e adempimenti burocratici non trascurabili.

Bisogna infatti tracciare, analizzare e documentare in modo puntuale i ricavi connessi a brevetti, software, marchi e disegni industriali, discriminandoli da quelli delle attività ordinarie. Questi oneri amministrativi sotto forma di consulenze, certificazioni, analisi interne rappresentano un vero e proprio limite del regime Patent box, che le imprese devono ponderare attentamente confrontandoli coi potenziali risparmi fiscali.

Non a caso anche le semplificazioni introdotte hanno lasciato il regime complessivamente più complesso del regime ordinario. Sta quindi alle singole imprese valutare se l’accesso al Patent box si giustifica dati gli oneri richiesti.

Social selling: ecco cosa occorre per trovare nuovi clienti

Il social selling è la pratica di sfruttare i social media e le community online per trovare e interagire con potenziali clienti, sviluppando e chiudendo nuovi affari. Rappresenta un modello di business basato sull’economia digitale e sui social network.

Secondo una ricerca di Salesforce, gli acquirenti consultano fino a 10 fonti online prima di contattare un fornitore, e il 91% considera i social media come fonte di informazioni rilevanti. LinkedIn, il principale social network professionale con 774 milioni di utenti in tutto il mondo, è il canale privilegiato dai vendor: il 73% delle aziende ricorre a LinkedIn per attività di social selling.

Il 70% dei buyer oggi inizia il proprio processo decisionale d’acquisto attraverso i social media, secondo una ricerca Social Selling di Minneapolis. Le aziende che utilizzano il social selling hanno il 91% di possibilità in più di chiudere con successo una trattativa rispetto a chi non lo usa.

Social selling: costruire la propria reputazione online e Diventare parte delle conversazioni rilevanti

Avere profili completi e aggiornati sui principali social network professionali, come LinkedIn, è il primo passo per farsi trovare online da potenziali clienti. Oltre ai dati anagrafici e professionali standard, è importante aggiungere una foto professionale, una descrizione chiara del proprio ruolo e competenze, nonché tutte le esperienze lavorative pregresse. Tenere aggiornate queste informazioni nel tempo è altrettanto importante.

Condividere regolarmente contenuti di valore legati alla propria area di competenza è un ottimo modo per aumentare la propria visibilità e reputazione online. Si possono pubblicare analisi, statistiche, approfondimenti utili per il proprio target di riferimento. L’importante è focalizzarsi sul valore che tali contenuti portano agli utenti, più che su sé stessi.

Rispondere tempestivamente e in modo pertinente alle domande e alle richieste ricevute sui social mostra esperienza e disponibilità, aumentando la fiducia nei potenziali clienti. Le risposte dovrebbero essere il più possibile complete e approfondite, facendo riferimento anche alla propria esperienza.

Social selling

Diventare parte delle conversazioni rilevanti

Individuare i gruppi e le community online legati al proprio settore è cruciale per entrare in contatto con potenziali clienti e condividerne gli interessi. I gruppi su LinkedIn, le community di settore su Facebook o le board di discussione possono essere un ottimo punto di partenza.

Partecipare attivamente a tali conversazioni con interventi pertinenti, tempestivi e di valore è il modo migliore per farsi notare come esperti. È importante commentare e condividere i contenuti degli altri membri, aggiungendo sempre il proprio punto di vista autorevole e mostrando di apprezzare idee e contributi altrui.

Creando e promuovendo propri contenuti originali e interessanti è possibile guadagnare visibilità come autorità di settore, aumentando le probabilità di entrare in contatto con i clienti ideali. Bisogna però focalizzarsi sempre sul reale valore apportato agli utenti della community, più che su sé stessi.

Social Selling Index: Stabilire contatti personali

Individuare i potenziali clienti più interessati nei social network è il primo passo per avviare i contatti giusti. Ciò implica monitorare continuamente i propri canali e le community di riferimento, identificando account interessati che condividono contenuti rilevanti, post ecc…

Inviare loro delle richieste di connessione personalizzate è un ottimo modo per attirare la loro attenzione. Nella richiesta è bene specificare brevemente da dove li si è trovati e perché potrebbe essere utile una connessione, facendo riferimento ad argomenti di interesse comune.

Una volta accettata la richiesta, interagire regolarmente con i contatti mostrando un autentico interesse verso di loro, può consolidare la relazione. Ciò può avvenire condividendo e commentando i loro post, rispondendo alle loro domande, mettendo “mi piace” ai loro contenuti. L’obiettivo è dimostrarli che si è interessati ad approfondire la conoscenza, prima ancora di parlare di business. Solo in un secondo momento, passando gradualmente da un rapporto informativo a uno più propositivo, si può iniziare a introdurre soluzioni e offerte potenzialmente interessanti per quei contatti. Naturalmente questo passaggio deve avvenire nel momento e nel modo giusto, quando si è costruita una base di fiducia e familiarità sufficiente.

È importante partire da una genuina volontà di conoscere e interagire con i potenziali clienti prima di passare a una fase propositiva, in modo da stabilite relazioni più autentiche e durature nel tempo.

Modello di business: cos’è, a cosa serve e quanti ne esistono

Il modello di business è la descrizione di come un’azienda crea, distribuisce e offre valore ai propri clienti e di come trasforma quel valore in reddito e profitti. Include elementi come:

  1. La proposta di valore offerta ai clienti
  2. I segmenti di mercato a cui ci si rivolge
  3. Le attività principali per creare quel valore
  4. Le risorse e competenze necessarie
  5. I canali di distribuzione.

Avere un modello di business ben definito e studiato presenta molti vantaggi per le imprese:

  • Aiuta a focalizzarsi sui clienti reali e soddisfare i loro bisogni
  • Permette di ottimizzare le risorse e le attività impiegate
  • Rende più facile prendere decisioni strategiche consapevoli
  • Migliora la competitività e le performance aziendali
  • Facilita l’accesso a finanziamenti per la crescita

De facto, le aziende che hanno un modello di business chiaro e coerente crescono più velocemente e hanno più probabilità di avere successo. Una ricerca Nielsen mostra che le imprese con un modello di business ben definito sono cresciute del 132% in più rispetto alle altre nell’arco di 5 anni.

Inoltre, le imprese che rivalutano e aggiornano regolarmente il proprio modello per adattarlo ai cambiamenti del mercato sono ancora più avvantaggiate. Definire e ottimizzare il modello di business è una pietra miliare fondamentale per la crescita e i profitti di un’impresa.

Modello di business: una definizione esaustiva

Abbia quindi visto che un modello di business definisce come un’azienda crea, distribuisce e offre valore ai propri clienti e come la trasforma in profitti. Il modello descrive le strategie e le relazioni con i partner che permettono all’azienda di operare.

Una corretta definizione del modello di business è fondamentale sia per le aziende tradizionali sia per quelle native digitali dell’economia digitale.

Un modello di business ben definito permette infatti di:

  • Identificare in modo preciso la proposta di valore e i clienti target
  • Pianificare efficacemente le attività, le risorse e i flussi economici per raggiungere gli obiettivi
  • Stabilire le metriche giuste per la misurazione delle performance
  • Definire le strategie più idonee per generare ricavi e redditività
  • Ottimizzare la pianificazione fiscale in base alle entrate e ai costi.

In particolare nell’economia digitale, dove i modelli di business sono più fluidi e frequentemente basati su abbonamenti e revenue streams digitali, definire chiaramente il modello operativo dell’azienda è fondamentale per gestirla efficacemente e trarne profitto.

Un modello di business ben definito è la base per prendere decisioni strategiche consapevoli e pianificare al meglio le attività dell’azienda, sia essa tradizionale o digitale.

Modello di business

Modelli di business: i principali elementi che lo caratterizzano

I principali elementi che dovrebbero far parte della definizione di un modello di business aziendale sono:

  • La proposta di valore: definisce qual è il valore che l’azienda offre ai propri clienti in termini di prodotti, servizi o soluzioni. Risponde alla domanda: cosa offriamo ai clienti che valga il loro denaro?
  • Il segmento di mercato: identifica quali sono i clienti a cui ci si rivolge e quali bisogni specifici si vogliono soddisfare. Aiuta a segmentare il mercato e a focalizzarsi su una nicchia.
  • Le attività chiave: descrivono le attività principali che l’azienda svolge per creare e fornire la propria proposta di valore ai clienti. Sono la base del business.
  • Le risorse chiave: indicano le risorse e le competenze principali che l’azienda utilizza, come per esempio risorse finanziarie, umane, conoscenze tecniche, Know-how specifico.
  • Le relazioni con i partner: includono la descrizione di eventuali partnership chiave che l’azienda ha instaurato per migliorare le proprie attività o ampliare la propria offerta.
  • I canali di distribuzione: comprendono i modi con cui l’azienda comunica con i clienti e offre loro la propria proposta di valore, come la vendita diretta, i canali indiretti, il digitale, l’e-commerce ecc…
  • I flussi di entrate: mostrano le principali fonti di reddito del modello di business, come revenue streams basate su commissioni, vendite di prodotti, servizi, abbonamenti, pubblicità.

Un modello di business efficace è scalabile e redditizio, creando valore per i clienti e per l’azienda. Tuttavia è importante che i modelli di business abbiano un impatto positivo su persone e società, non solo su azionisti e profitti. Ridefinire i modelli di business per bilanciare meglio obiettivi economici con valori sociali e umani, grazie all’innovazione e alla tecnologia, è la chiave per la sostenibilità a lungo termine.

Economia digitale: come le tradizionali attività economiche sono state trasformate da Internet

L’economia digitale, o Internet economy, include tutte quelle attività economiche supportate da Internet e dalle tecnologie digitali. Il suo impatto sull’economia globale è enorme e in costante crescita. Secondo le stime, l’economia digitale ha generato un valore globale di circa 11,5 trilioni di dollari nel 2019, pari al 15% del PIL mondiale. Si prevede che possa raggiungere i 25 trilioni di dollari entro il 2025, con un tasso di crescita annuo del 10-15%.

L’avvento di Internet ha cambiato radicalmente il modo in cui operano la maggior parte dei settori economici, dal commercio al turismo, dai media alle telecomunicazioni.

Le principali tendenze includono:

  1. L’avvento dell’e-commerce, che ha rivoluzionato il retail e il mondo delle vendite;
  2. Il boom dello streaming, che ha trasformato i media e l’industria dell’intrattenimento;
  3. L’affermazione delle aziende native digitali (come i GAFA) che hanno creato nuovi modelli di business.

Questa rivoluzione digitale rappresenta un’enorme opportunità per aprire una partita IVA e fare impresa in settori in crescita e poco saturi, basati sul digitale. Chi vuole fare impresa in questo contesto può avvantaggiarsi di costi contenuti, barriere d’ingresso ridotte e un potenziale mercato globale.

Internet ha cambiato radicalmente il modo di fare economia e impresa, rendendo disponibili nuovi canali di vendita, nuovi modelli di business e nuove opportunità per chi vuole aprire partita IVA e lavorare sfruttando la digital transformation.

Economia digitale: Nuove modalità di vendita e distribuzione

L’avvento di Internet ha rivoluzionato in modo radicale il modo in cui i beni e i servizi sono venduti e distribuiti. Le principali innovazioni in questo senso sono:

  1. L’e-commerce, ovvero la vendita online. Attraverso i siti web e le app, i prodotti possono essere acquistati con pochi click in tutto il mondo, 24 ore su 24, 7 giorni su 7.
  2. Le aziende tradizionali hanno dovuto integrare questo canale digitale nel proprio modello di business per non perdere quote di mercato. Molti negozi fisici oggi hanno anche un e-commerce.
  3. Lo streaming, che permette la distribuzione di contenuti in modo diretto agli utenti attraverso Internet, come ad esempio la musica in streaming o le serie e i film in streaming.
  4. La sharing economy ha modificato il modo di offrire servizi, tramite piattaforme online che mettono in contatto chi offre temporaneamente un bene o servizio e chi ne ha bisogno.

Economia digitale

Internet ha costretto le aziende tradizionali ad adeguarsi e integrare nel proprio business le nuove modalità di vendita e distribuzione digitale, fondamentali per rimanere competitive sul mercato. Chi non l’ha fatto ha spesso perso terreno.

Economia e azienda digitale: Nuovi modelli di business e revenue streams

Internet ha permesso alle aziende di sviluppare nuovi modelli di business e di generare ricavi attraverso canali digitali.

I nuovi modelli di business si basano su:

  • Vendita di abbonamenti: invece della singola transazione, si offrono servizi in abbonamento mensile o annuale. È il caso per esempio di piattaforme di e-learning, servizi di streaming e software.
  • Freemium: si offre un servizio di base gratuito per attirare utenti, con funzionalità aggiuntive a pagamento. È diffuso in app e servizi digitali.
  • Marketplace: si crea una piattaforma digitale in cui mettere in contatto acquirenti e venditori, ad esempio siti di e-commerce o piattaforme per la sharing economy.

Le nuove revenue streams digitali includono:

  • Vendita di contenuti digitali: ebook, musica, corsi online, software.
  • Pubblicità online: le aziende possono vendere spazi pubblicitari sui propri siti web e app e guadagnare dal display advertising.
  • Affiliazioni: si guadagna una commissione per vendite realizzate da utenti acquisiti tramite il proprio link affiliato.

Questi nuovi modelli, diffusi grazie all’avvento di Internet, hanno ampliato le opportunità di business per le aziende non solo nelle modalità di vendita e distribuzione ma anche nei modelli di ricavo.

Silver economy: una nuova grande opportunità di business

La silver economy indica l’economia legata al consumo della popolazione over 65 e rappresenta un settore in forte crescita a livello globale. Sono sempre più le aziende che decidono di rivolgersi agli anziani, cogliendo le numerose opportunità di business in questo nuovo campo.

Secondo le stime, entro il 2050 la popolazione over 65 arriverà a toccare i 2 miliardi di persone, raddoppiando rispetto ai livelli attuali. Di conseguenza, i consumi legati alla terza età sono destinati ad aumentare in modo significativo. Attualmente, il valore della silver economy a livello mondiale è di circa 6 trilioni di dollari l’anno e si prevede possa raggiungere i 15-20 trilioni nel 2050. In Italia si stima che il valore economico della silver economy valga già 160 miliardi di euro l’anno, con una crescita prevista del 20% entro il 2025.

Le principali opportunità di business in questo settore riguardano la salute, l’assistenza, gli alimenti per la dieta, i servizi per la mobilità e il tempo libero e, in generale, tutti i prodotti e i servizi che rendano la vita degli anziani più confortevole e indipendente.

Per chi decidesse di aprire una partita IVA orientata alla silver economy potrebbe trattarsi di un business redditizio e in forte crescita, data la domanda sempre crescente da parte degli over 65.

Silver economy cos’è, come funziona e quante opportunità può avere

La silver economy è un fenomeno in costante crescita, guidato dall’aumento dell’aspettativa di vita e dall’invecchiamento demografico. Si stima che gli over 65 nel mondo raddoppieranno nei prossimi 40 anni, raggiungendo i 2 miliardi di persone. Tutto ciò comporta un’espansione dei consumi legati alla terza età, che si prevede possano toccare i 15 mila miliardi di dollari entro il 2050.

Questo è un mercato ricco di opportunità per tutte quelle aziende che vogliono fare impresa rivolgendosi al target degli anziani. Le esigenze di questa fascia di popolazione riguardano beni e servizi legati alla salute, ai trasporti, all’assistenza domiciliare ma anche al tempo libero e alla socializzazione.

Per cavalcare la tendenza della silver economy e aprire una partita IVA legata a questo mercato in crescita, è necessario studiare nel dettaglio le esigenze specifiche degli anziani e, di conseguenza, sviluppare prodotti e servizi dedicati per soddisfarle al meglio.

Silver economy

Silver economy: nuovi bisogni da soddisfare

Le persone anziane hanno esigenze specifiche che vanno dalle cure alla salute al food per finire ai servizi legati alla mobilità e al sociale. Le aziende possono sviluppare prodotti e servizi per soddisfare questi nuovi bisogni. Con i nuovi bisogni della silver economy, ci sono tante opportunità di business per le aziende che vogliono sviluppare prodotti e servizi dedicati agli anziani. I loro bisogni spaziano in diversi settori:

  1. Salute: c’è richiesta di servizi come la telemedicina, app per monitorare vari parametri, ausili per la vestibilità, la deambulazione e le attività domestiche.
  2. Alimentazione: alimenti per diete ipocaloriche e semplificate, cibi in pasti pronti per anziani che vivono soli.
  3. Trasporti: servizi di mobilità e taxi dedicati agli anziani, mezzi pubblici accessibili.
  4. Assistenza: si possono sviluppare servizi di assistenza domiciliare per la cura della persona e le faccende domestiche.
  5. Socializzazione: sviluppo di piattaforme e app per mantenere le relazioni sociali e stimolare le capacità cognitive.

Tutti questi esempi di prodotti e servizi connessi ai bisogni degli anziani rappresentano opportunità di business per le aziende che vogliono cogliere le potenzialità della silver economy.

Regime PEX: cos’è e chi può usufruirne

Il regime PEX è un particolare regime fiscale che prevede condizioni vantaggiose per la tassazione dei redditi derivanti dalla commercializzazione di proprietà industriale come brevetti, marchi e software protetti da copyright. In sostanza, chi trae profitti da tali asset ha la possibilità di fruire di un trattamento fiscaleagevolato“, con aliquote ridotte rispetto alla normale imposizione sui redditi.

Il regime PEX consente dunque un consistente risparmio di imposte per chi sfrutta i diritti generati dalla propria attività inventiva e creativa, come ad esempio inventori, imprese innovative e produttori di software. Le agevolazioni consistono principalmente in un’imposta sostitutiva al 15% sui redditi da commercializzazione di proprietà industriale, a fronte di aliquote molto più elevate applicabili alla normale tassazione dei redditi.

In questo modo lo Stato incentiva la diffusione e lo sfruttamento risultato della creatività e dell’innovazione made in Italy, favorendo al contempo chi investe in questi ambiti. Questo regime rappresenta quindi uno strumento di supporto per imprese e lavoratori che basano la propria attività sullo sfruttamento commerciale di diritti di proprietà industriale.

Regime PEX

Regime PEX: cos’è

Il regime PEX, conosciuto anche come Patent box o Patent Exchange, è un regime fiscale agevolato che consente di assoggettare i redditi derivanti dalla cessione di diritti della proprietà industriale a una tassazione sostitutiva del 15% anziché alla normale tassazione sui redditi d’impresa o di lavoro autonomo.

Nello specifico, il regime PEX si applica ai redditi derivanti dalla cessione di:

  • Brevetti industriali
  • Disegni e modelli
  • Software protetto da copyright

Tale regime consente di:

  • assoggettare tali redditi a un’imposta sostitutiva del 15% invece che all’aliquota IRES per le società (24%) o all’aliquota IRPEF per le persone fisiche (fino al 43%)
  • dedurre fiscalmente il valore della proprietà industriale ceduta dal reddito complessivo imponibile
  • non versare imposte sui redditi di capitale, come ad esempio la cedolare secca.

Complessivamente quindi il regime PEX offre un risparmio fiscale significativo sui redditi derivanti dalla commercializzazione di proprietà industriale. I beneficiari possono essere sia società di capitali che persone fisiche titolari di redditi derivanti dalla cessione dei diritti suddetti, mentre restano escluse le società di persone e gli enti non commerciali.

Il regime PEX: chi può usufruirne

Il regime PEX, come visto, consente di tassare i redditi da cessione di diritti di proprietà industriale a condizioni agevolate. Possono beneficiare di tale regime:

  1. Persone fisiche residenti in Italia che conseguono redditi attivi derivanti dalla cessione a titolo oneroso di brevetti industriali, certificati complementari di protezione, disegni e modelli e software protetti da copyright. Questi soggetti potranno assoggettare tali redditi a un’imposta sostitutiva del 15% anziché all’aliquota dell’IRPEF che varierà dal 23% al 43% in base al proprio scaglione di reddito.
  2. Società di capitali residenti in Italia che conseguono redditi attivi analoghi a quelli delle persone fisiche. Anche per le società l’imposta sostitutiva del 15% sarà più conveniente rispetto all’applicazione dell’IRES sugli utili al 24%.
  3. Stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti, a condizione che abbiano la disponibilità giuridica dei diritti di proprietà industriale ceduti e che siano soggetti a una tassazione analoga a quella prevista dall’ordinamento italiano.

Sono invece escluse dal regime PEX le società di persone e gli enti non commerciali, i quali restano assoggettati alla normale tassazione sui redditi. In sintesi, il regime agevolato è rivolto a persone fisiche, società di capitali e stabili organizzazioni in Italia di non residenti, con redditi attivi derivanti dalla cessione di particolari diritti di proprietà industriale.

Pex regime: come funziona e quali sono i benefici

Il regime PEX consente di ottenere consistenti vantaggi fiscali sui redditi derivanti dalla cessione di diritti di proprietà industriale, come brevetti e software. Nel dettaglio, grazie al regime Patent Exchange:

  • I redditi attivi da commercializzazione di brevetti e software sono assoggettati a un’imposta sostitutiva del 15% anziché alla normale tassazione sui redditi. Questo consente un risparmio fiscale notevole, visto che per le persone fisiche le aliquote Irpef arrivano fino al 43% mentre per le società l’aliquota IRES è del 24%.
  • È prevista la deduzione fiscale del valore dei diritti di proprietà industriale ceduti, che non concorre a formare il reddito complessivo dell’anno. Ciò riduce ulteriormente la base imponibile.
  • Non sono dovuti altri tributi sui redditi di capitale, ad esempio la cedolare secca sugli utili distribuiti.

Complessivamente quindi, grazie all’applicazione dell’imposta sostitutiva al 15% anziché alle usuali aliquote sui redditi, al sistema di deduzione fiscale e all’esenzione da altre imposte, il regime PEX consente di ottenere rilevanti vantaggi fiscali sia per le persone fisiche che per le società. In sostanza prevede un trattamento di favore, agevolato appunto, per i redditi derivanti dalla commercializzazione di proprietà industriale come brevetti e software.

Iva ristoranti: tipologie e funzionamento

Aprire un’attività come un ristorante è un’impresa complessa, ben nota a coloro che hanno preso in considerazione questa possibilità. Tuttavia, la gestione dell’IVA nei ristoranti è ancora più intricata nonostante le semplificazioni legislative, suscitando ancora dubbi e incertezze.

L’applicazione dell’IVA nel settore della ristorazione differisce notevolmente da altri settori. Per un commerciante, la questione è semplice: acquista merce con un’aliquota del 22% e la rivende applicando la stessa aliquota. Per un ristoratore, invece, la situazione è diversa in quanto le materie prime acquistate sono soggette ad aliquote diverse, ma al momento della vendita è necessario applicare un’unica aliquota IVA prevista per la ristorazione. Vediamo quindi come orientarsi all’interno del complesso mondo dell’IVA nei ristoranti, evitando rischi con le autorità fiscali.

Iva ristorante: categorie e aliquote da applicare

Come precedentemente menzionato, il caso dei ristoranti presenta delle peculiarità, poiché il settore della ristorazione è uno dei pochi in cui si applica l’aliquota ridotta del 10%, indipendentemente dalle bevande e dai cibi serviti. Tuttavia, quando si procede all’acquisto delle materie prime, ci si trova ad affrontare diverse tipologie di aliquote.

Infatti, sull’acqua in bottiglia, sulle bevande alcoliche e sulle bibite, si dovrà pagare il 22% di IVA, mentre sulla carne, il pesce, le uova, i cereali e lo zucchero, solo per citarne alcuni, si applica l’aliquota del 10%. L’aliquota scende ulteriormente per la frutta, la verdura, il pane, la pasta, il pomodoro in conserva, l’olio e i latticini, poiché considerati beni di prima necessità, beneficiando dell’aliquota minima del 4%.

Pertanto, la gestione dell’IVA nei ristoranti risulta complessa e richiede una particolare attenzione, specialmente durante la registrazione delle fatture elettroniche d’acquisto, quando è necessario associare l’aliquota corretta a ciascun prodotto singolarmente.

Nel contesto dei ristoranti, l’aliquota IVA applicabile è quella ridotta al 10%, la medesima prevista per la fornitura di energia elettrica, gas e medicinali. Tale scelta è giustificata sia dal fatto che determinati beni sono considerati di rilevanza per i consumatori, sia dal fatto che il valore di tali beni non supera la metà del valore totale del servizio offerto.

Iva ristoranti

Di fatto, come ristoratore, è possibile applicare l’aliquota ridotta poiché il costo delle materie prime rappresenta meno della metà dell’importo totale addebitato ai clienti.

Tuttavia, fino a poco tempo fa, i ristoranti con servizio da asporto e i servizi di consegna a domicilio, pur operando nello stesso settore dei ristoranti, non potevano beneficiare dell’applicazione dell’aliquota IVA ridotta.

Iva ristorazione: come funziona per asporto e delivery

Fino al 2021, l’aliquota IVA applicata nei ristoranti variava a seconda della loro tipologia. Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 26/10/1972 forniva una chiara enumerazione di beni e servizi soggetti all’aliquota del 10%, tra cui rientrava anche la ristorazione.

Tuttavia, all’interno della normativa si trovava un breve paragrafo che specificava che per somministrazione di alimenti e bevande al pubblico si intendeva esclusivamente la vendita sul posto, cioè il consumo immediato in locali appositamente attrezzati.

Di conseguenza, l’aliquota IVA del 10% si applicava a ristoranti, pub, pizzerie, osterie, trattorie, sushi bar e così via, ma non alle attività che si occupavano di servizio delivery o asporto, per le quali, fino al 2021, si applicava l’aliquota del 22%. Cosa è cambiato?

Nonostante nel corso del tempo le associazioni di categoria avessero sollecitato il legislatore a consentire l’applicazione dell’IVA al 10% anche per i ristoranti con servizio da asporto, tali richieste erano rimaste inascoltate. Tuttavia, a seguito delle gravi conseguenze della pandemia che ha colpito duramente il settore della ristorazione, il governo ha cambiato posizione. Pertanto, anche se i clienti non consumano più i pasti all’interno dei locali, è possibile applicare l’aliquota più bassa.

Tuttavia, è importante sottolineare che questa concessione è da considerare come una misura transitoria adottata per contrastare gli effetti dell’emergenza COVID-19 e si applica solo agli alimenti cotti e pronti per il consumo. Di conseguenza, per le bevande e per i cibi non preparati, considerati beni e non alimenti, che sono consumati al di fuori del locale, si dovrà applicare l’aliquota del 22%.

 

DIVENTA UN ESPERTO DELL’IVA

Scopri il nostro approfondimento: L’Imposta sul Valore Aggiunto

Come investire soldi per guadagnare: esistono trucchi o scorciatoie?

Oggi, grazie alle opportunità offerte dal mondo digitale, è possibile imparare come investire soldi per guadagnare in modo accessibile e conveniente. Ci sono numerosi corsi online, guide e piattaforme di investimento che offrono agli investitori le informazioni necessarie per prendere decisioni oculate e ben informate. Grazie alla tecnologia, è possibile accedere a strumenti di analisi e valutazione del mercato finanziario, rendendo l’investimento più efficiente e preciso. In un contesto così ampio è però necessario prestare attenzione alla scelta delle fonti di informazione e delle piattaforme di investimento, per evitare truffe o investimenti rischiosi. In ogni caso, imparare come investire soldi per guadagnare può rappresentare una grande opportunità per aumentare la propria ricchezza e garantire un futuro finanziario stabile.

Come investire soldi per guadagnare: tecniche sicure e legali

Investire soldi per guadagnare è una pratica sempre più diffusa, ma è importante sapere che esistono tecniche sicure e legali per farlo. Una delle prime cose da fare è quella di informarsi sui vari strumenti finanziari, come azioni, obbligazioni, fondi comuni di investimento, ETF e molto altro ancora. Bisogna capire quali sono i rischi e le opportunità di ciascuno di questi strumenti, così da poter scegliere quello più adatto alle proprie esigenze. Tenere sempre sotto controllo il portafoglio di investimenti e adeguarlo periodicamente alle proprie necessità e obiettivi.

Un altro aspetto fondamentale è quello di scegliere un intermediario finanziario affidabile e regolamentato. Ci sono molte società che offrono servizi di investimento, ma non tutte sono uguali. Prima di scegliere un intermediario, è importante verificare la sua reputazione, la sua esperienza e i servizi che offre. Bisogna fare attenzione alle truffe online e ai falsi investimenti, che possono sembrare allettanti ma in realtà nascondono rischi molto elevati. In generale, investire soldi per guadagnare richiede conoscenze e attenzione, ma se fatto in modo corretto può essere una buona opportunità per far crescere il proprio patrimonio.

Come investire soldi per guadagnare senza rischiare: esistono trucchi o scorciatoie?

Investire soldi per guadagnare senza rischiare sembra un’impresa difficile, ma ci sono alcune tecniche che possono aiutare a minimizzare i rischi. La prima cosa da fare è diversificare il portafoglio di investimenti, ovvero investire in più strumenti finanziari e in settori diversi. In questo modo, anche se un investimento dovesse andare male, gli altri potrebbero compensare le perdite. Bisogna scegliere strumenti finanziari a basso rischio, come i titoli di Stato o i fondi comuni di investimento obbligazionari, che garantiscono un reddito fisso senza esporre a rischi eccessivi.

Come investire soldi per guadagnare

Altri trucchi per investire soldi senza rischiare includono la scelta di intermediari finanziari affidabili e regolamentati, l’attenta valutazione dei costi e delle commissioni, l’analisi dei dati storici e delle tendenze del mercato e la formazione continua sull’argomento. È  importante ricordare che non esistono scorciatoie o trucchi magici per guadagnare in modo facile e veloce. Investire soldi richiede tempo, pazienza e conoscenza, ma se fatto in modo corretto può portare a risultati soddisfacenti nel lungo periodo.

Come investire soldi: le possibilità per le imprese

Le imprese hanno numerose possibilità di investire i propri soldi, ma è importante valutare attentamente le opportunità e i rischi di ciascuna opzione. Uno dei modi più comuni per le imprese di investire è l’acquisto di beni strumentali, come macchinari, attrezzature e tecnologie. Questi investimenti possono migliorare l’efficienza produttiva e ridurre i costi a lungo termine. Gli investimenti in beni strumentali richiedono capitali elevati e possono avere un ritorno sull’investimento a lungo termine.

Un’altra opzione di investimento per le imprese è quella di acquistare quote di altre società o di fondi comuni di investimento. Questi investimenti possono offrire un ritorno più rapido rispetto agli investimenti in beni strumentali, ma comportano anche rischi maggiori. Le imprese possono investire in ricerca e sviluppo, in modo da creare nuovi prodotti o servizi e migliorare la propria competitività sul mercato. Infine, l’investimento in formazione e sviluppo del personale può essere un’opzione valida per migliorare le competenze dei dipendenti e l’efficienza dell’azienda.

In ogni caso, è importante che le imprese investano in modo oculato e valutino attentamente le opportunità e i rischi di ciascuna opzione. Le attività possono beneficiare dell’utilizzo di strumenti digitali, come la fatturazione elettronica, per gestire in modo più efficiente le operazioni e i flussi di cassa, migliorando così la gestione finanziaria e la redditività dell’azienda.

Conservazione fatture elettroniche clienti esteri: come, quando ed esclusioni

La conservazione delle fatture elettroniche consiste nella conservazione di copie digitali delle fatture emesse e ricevute da un’impresa. Questa pratica è prevista dalla normativa fiscale italiana e dalla Direttiva Europea sulla fatturazione elettronica, che prevede l’utilizzo di fatture elettroniche in sostituzione di quelle cartacee. La conservazione delle fatture elettroniche è obbligatoria a partire dal 31 marzo 2015 per le aziende che emettono fatture verso la pubblica amministrazione e a partire dal 31 dicembre 2018 per tutte le altre aziende.

La corretta conservazione a norma di legge è fondamentale per garantire la tracciabilità e la trasparenza delle transazioni commerciali e per poter fornire prove valide in caso di verifiche fiscali. Inoltre, una corretta conservazione permette di avere sempre a disposizione i dati delle fatture, rendendo più agevole la gestione amministrativa e contabile.

Conservazione fatture elettroniche clienti esteri: metodi, strumenti e sicurezza dei dati.

La conservazione delle fatture elettroniche dei clienti esteri può avvenire tramite sistemi digitali sicuri. Gli strumenti più comuni sono la conservazione sostitutiva e l’adesione alla conservazione elettronica presso l’Agenzia delle Entrate. La conservazione sostitutiva consiste nel mantenere una copia digitale delle fatture al posto di quelle cartacee. L’adesione alla conservazione elettronica presso l’Agenzia delle Entrate invece, implica l’invio delle fatture elettroniche a un sistema gestito dall’Agenzia stessa. In entrambi i casi, è importante che i sistemi di conservazione siano sicuri e garantiscano la protezione dei dati.

Inoltre, è necessario che gli strumenti utilizzati siano conformi ai requisiti tecnologici previsti dalla normativa fiscale per garantire la validità giuridica delle fatture elettroniche conservate. Per esempio, le fatture elettroniche devono essere conservate in formato elettronico non modificabile e accessibile in qualsiasi momento per un periodo di tempo minimo di dieci anni.

Per garantire la sicurezza dei dati, è consigliabile affidarsi a soluzioni tecnologiche affidabili e certificate. I sistemi di conservazione devono essere protetti da sistemi di autenticazione robusti e da firewall adeguati per prevenire accessi non autorizzati.

Le fatture elettroniche devono inoltre essere correttamente archiviate e catalogate per garantirne la consultazione facile e veloce in caso di bisogno. Per questo motivo, è consigliabile utilizzare software di gestione documentale che permettano di organizzare le fatture in modo semplice e intuitivo.

Conservazione fatture elettroniche

Conservazione sostitutiva fatture elettroniche: quando è obbligatoria?

La conservazione delle fatture elettroniche dei clienti esteri è regolamentata dalla normativa fiscale italiana e da quella del paese in cui il cliente ha sede. Ad esempio, in Italia, l’obbligo di conservazione delle fatture elettroniche è previsto dal Decreto Legislativo n. 127 del 2015 e dal successivo Regolamento dell’Agenzia delle Entrate n. 8 del 2016. Queste norme stabiliscono la durata minima obbligatoria di conservazione delle fatture, che generalmente è di dieci anni.

È importante che le aziende adempiano a questo obbligo per evitare eventuali sanzioni fiscali. La conservazione corretta delle fatture elettroniche garantisce la tracciabilità e la verificabilità delle operazioni commerciali effettuate con i clienti esteri. Inoltre, rappresenta anche una forma di tutela per l’impresa, che potrà eventualmente farvi riferimento in caso di controlli fiscali o in caso di controversie con i clienti. Pertanto, una corretta conservazione delle fatture elettroniche dei clienti esteri rappresenta un elemento fondamentale per la regolarità e la sicurezza delle attività aziendali.

Conservazione fatture: Esclusioni dall’obbligo per clienti esteri, casi particolari, esenzioni e sanzioni.

Ci sono alcuni casi particolari in cui l’obbligo di conservazione delle fatture elettroniche dei clienti esteri non sussiste. Ad esempio, le fatture per importi inferiori a una soglia stabilita dalla legislazione fiscale possono essere escluse dall’obbligo di conservazione.

Inoltre, possono essere esenti dall’obbligo di conservazione anche i fornitori che svolgono attività esenti da imposta o che rientrano in specifiche categorie fiscali. È importante fare attenzione alle esclusioni previste dalla legislazione fiscale in quanto l’omissione della conservazione delle fatture può comportare sanzioni fiscali severe. La mancata conservazione delle fatture può anche causare problemi nella verifica della corretta applicazione delle imposte e nella eventuale verifica fiscale. Pertanto, è importante fare riferimento alla normativa fiscale per verificare se l’obbligo di conservazione dei clienti esteri sussista o meno, e seguire le procedure corrette per evitare sanzioni e problemi fiscali.

 

DIVENTA UN ESPERTO DELLA CONSERVAZIONE SOSTITUTIVA

Scopri il nostro approfondimento: La conservazione