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Come guadagnare soldi extra: idee imprenditoriali da terzo millennio

Oggi apprendere come guadagnare soldi extra è una competenza importante e sempre più richiesta, date le pecche dell’attuale sistema economico e la crescente precarietà della forza lavoro. Secondo alcune stime, negli ultimi 5 anni il numero di italiani che ha incrementato i propri guadagni con un’attività complementare è aumentato del 35%, arrivando a coinvolgere oltre 10 milioni di persone.

Tra le categorie più interessate:

  • Lavoratori autonomi e freelance, che integrano i compensi irregolari.
  • Dipendenti con contratti precari o part-time.
  • Neo-laureati e giovani professionisti con redditi ancora bassi.

Le motivazioni principali che spingono verso fonti di reddito aggiuntive sono:

  • Incrementare i risparmi: per il 51% degli italiani che fanno soldi extra.
  • Maggiore libertà e flessibilità: per il 35% dei lavoratori complementari.
  • Realizzazione personale: per il 14%, guadagnare seguendo le proprie passioni.

Le possibilità per creare flussi di guadagno additivi sono numerose e in continua evoluzione, grazie anche alle opportunità offerte dall’economia digitale.

Oggigiorno apprendere come guadagnare soldi extra è competenza sempre più richiesta per diverse categorie di lavoratori. L’abilità di trasformare passioni e capacità in fonti redditizie secondarie è vista come un’assicurazione contro precarietà e insicurezza del reddito principale.

Come guadagnare soldi extra: idee imprenditoriali nuove e innovative

Sfruttando le nuove opportunità offerte dall’economia digitale è possibile generare flussi di guadagno aggiuntivi per imparare come guadagnare soldi extra e integrare i propri redditi. Una fonte extra di introiti può derivare dalla vendita di prodotti tramite il commercio elettronico di un e-commerce, creando un proprio negozio online oppure affidandosi a piattaforme collaborative tipo Amazon e eBay. Per le start-up innovative e digitali i costi iniziali sono ridotti e i canali di vendita numerosi.

Un’altra possibilità è l’affiliazione a programmi che consentono di guadagnare una commissione su prodotti venduti tramite il proprio link pubblicitario. L’affiliato non deve preoccuparsi di magazzino e gestione ordini, e può scalare facilmente il business.

Anche il dropshipping, ovvero la vendita di prodotti acquistati solo su ordine del cliente, è un modello di business interessante per guadagni “extra” senza particolari costi iniziali, sfruttando i canali social e le piattaforme e-commerce.

Come guadagnare soldi extra

Infine sono numerosi i modi per monetizzare passioni e competenze attraverso servizi online: dal digitare articoli a creare e vendere corsi su tematiche di proprio interesse, fino all’organizzazione di eventi virtuali o alla creazione di prodotti digitali come ebook o template.

Le moderne opportunità imprenditoriali dell’economia 3.0 consentono di attivare strategie generate da bassi costi iniziali, automazione e peculiarità personali. Richiedono però anche fantasia, attitudine digitale e costanza per essere opportunamente sfruttate come fonti di reddito complementari.

Come guadagnare qualche soldo extra: trasformare passioni e hobby in reddito

È possibile integrare i propri redditi sfruttando competenze e interessi personali attraverso nuove forme imprenditoriali abilitate dalla rete. Ad esempio una passione per la fotografia può trasformarsi in un’attività redditizia offrendo ritratti, servizi per eventi e matrimoni o corsi online per principianti. L’evoluzione tecnologica rende più accessibile e scalabile il business della fotografia. Anche chi ama scrivere può far diventare questa attività una fonte di guadagno extra creando un blog personale o specializzato, contenuti per aziende e SEO copy. I social network incrementano la visibilità e i canali distributivi.

Anche hobby tipicamente casalinghi come il cucito, l’uncinetto e il fai da te possono diventare attività complementari grazie all’e-commerce, con produzione personalizzata e vendita attraverso le piattaforme di social selling.

Le passioni e gli interessi personali possono costituire una base interessante su cui costruire strategie di guadagno additive se opportunamente strutturate in chiave imprenditoriale. Sfruttando le potenzialità del web e dei nuovi media, integrare i propri redditi diventa possibile anche solo part-time. Richiede però creatività, organizzazione e costanza nel far convogliare il proprio hobby verso un modello generatore di valore economico.

Come fare soldi senza lavorare è davvero possibile?

Oggi è certamente più fattibile rispetto al passato creare entrate finanziarie senza un lavoro dipendente, grazie alla vastità di risorse e opportunità online. Dal commercio elettronico all’affiliazione, dai social agli NFT, i modi per imparare come fare soldi senza lavorare sono aumentate esponenzialmente.

Ma ciò non significa che non sia richiesto impegno. Anzi, in alcuni casi è necessario ancora più lavoro, fatica mentale, tempo dedicato. Quando ci si affaccia al mondo del lavoro libero e indipendente ci si accorge subito che:

  • Essere i propri datori di lavoro è più difficile del previsto, con scadenze self-imposed e nessuno a ricordarle.
  • Tornare a casa dall’ufficio non significa “staccare”, anzi spesso le preoccupazioni aziendali non abbandonano mai.
  • Avere più libertà nell’organizzare il proprio orario di lavoro non corrisponde necessariamente a lavorare meno ore.
  • La mancanza di una stabilità salariale fissa può risultare ansiogena e stressante.

Imparare come guadagnare online dunque non è esente da drawback. Richiede costanza, disciplina, resilienza, oltre a tempo, risorse e fatica per acquisire know-how, avviare progetti, testare idee. La possibilità di creare entrate senza lavorare dipendente è certamente aumentata, ma non è detto che significhi davvero “non lavorare”, anzi spesso richiede un impegno differenziato ma altrettanto gravoso.

Fare soldi senza lavorare: il mito e la realtà

Il guadagno finanziario richiede sempre sforzo e costi, in un modo o nell’altro, anche se talvolta il “lavoro” può spostarsi da un’attività manuale a una mentale, da un’occupazione dipendente a un’attività autonoma.

Come fare soldi senza lavorare

Ciò che può cambiare è la flessibilità e la libertà. Anziché lavorare per un datore di lavoro, è possibile progettare il proprio tempo e la propria attività, pur dovendo fare i conti con impegni e scadenze. Inoltre alcune attività richiedono all’inizio un grande sforzo, per poi generare reddito in modo più “passivo” col tempo, ad esempio un:

  1. sito web o un canale YouTube costruiti pazientemente all’inizio
  2. libro o un ebook scritti “una volta sola”
  3. prodotto o servizio automatizzato e sistematizzato.

Tuttavia anche qui occorre all’inizio un notevole lavoro di progettazione, produzione e promozione, con costi vivi e rischi. Quindi in sintesi, chi desidera imparare come fare soldi  senza lavorare, può tranquillamente dimenticare l’idea di farlo senza dover impegnare tempo, risorse e fatica.

Per incrementare il proprio reddito in modo intelligente e libero, è importante concentrarsi su:

  • Progetti che creino rendite passive nel tempo (es. immobili, affitti, royalties).
  • Attività che possono essere automatizzate e sistematizzare riducendo il “lavoro manuale”.
  • Impiego del “lavoro mentale” in modo più flessibile e indipendente.

Come fare soldi senza lavorare: investire in progetti con rendimenti passivi

Investire per creare una fonte di reddito supplementare senza un impegno costante è un obiettivo ambizioso, ma raggiungibile. Ecco come fare e quali progetti considerare.

Innanzitutto è necessario accumulare un capitale iniziale. Questo è possibile, ad esempio:

  • Risparmiando una parte consistente del reddito.
  • Investendo nel tempo in progetti ad alta crescita (azioni, criptovalute).
  • Utilizzando un’eredità o bonus una tantum.

Poi è necessario scegliere il tipo di investimento, privilegiando progetti che:

  • Generino flussi di cassa periodici (affitti, dividendi, royalties).
  • Abbiano alta probabilità di rivalutazione nel medio-lungo periodo.
  • Non richiedano un coinvolgimento diretto.

Tra le opzioni possono esserci:

  1. Immobili di pregio da affittare breve o lungo termine.
  2. Fondi comuni che distribuiscono dividendi trimestralmente.
  3. Bond societari ad alto rendimento.
  4. Partecipazioni in startup con opzione di buyout.
  5. Marchi, brevetti, software con potenziale di royalty passive.

In conclusione, per ottenere delle rendite passive occorre:

  1. Identificare e accumulare il capitale iniziale.
  2. Scegliere investimenti che generino flussi di cassa periodici e abbiano chances di rivalutazione nel tempo.
  3. Diversificare tra asset class e settori per ridurre il rischio.

Si tratta di progetti a lungo termine che richiedono un’attenta pianificazione e un’ottica di accumulo patrimoniale, da affiancare ad altre fonti di reddito principali.

Come fare i soldi senza lavorare: automatizzare e sistematizzare un business

Automatizzare e ottimizzare i processi di un business può aiutare a ridurre l’impegno richiesto, ma richiede sforzi consistenti all’inizio. Ecco come procedere:

Innanzitutto, identificare i task più ripetitivi e noiosi, che occupano buona parte del proprio tempo. Ad esempio:

  • Rispondere a email generiche
  • Compilare moduli
  • Organizzare meeting
  • Gestire le attività social

Quindi creare sistemi per automatizzare queste attività:

  • Programmare risposte predefinite per alcune email.
  • Compilare moduli e template ricorrenti con software ad hoc.
  • Fissare promemoria e avvisi digitali per le scadenze.
  • Pianificare i post social con tool dedicati.

In secondo luogo, è necessario rendere le procedure più efficienti:

  • Semplificare i processi eliminando passaggi inutili.
  • Assegnare compiti e deleghe chiare al proprio team.
  • Sfruttare software gestionali per tracciare workflow e KPI.
  • Usare checklist e reporting per monitorare l’andamento.

Fare impresa, di qualunque natura sia, richiede tempo e impegno iniziali, ma crea le basi per:

  1. Avere un business più sistematico e scalabile, in grado di crescere anche senza la presenza costante del proprietario.
  2. Ridurre progressivamente le ore lavorative necessarie grazie ai sistemi di automazione e ottimizzazione.
  3. Avere più tempo libero e flessibilità, pur mantenendo o espandendo i guadagni.

Quindi, automatizzare e sistematizzare un business non avviene dall’oggi al domani. Richiede un duro lavoro iniziale per mappare e semplificare i processi aziendali, creare sistemi e istruire il personale. Ma i benefici a lungo termine, in termini di workload ridotto e worklife balance migliorato, possono essere davvero significativi.

Diventare imprenditore: vantaggi, svantaggi e possibilità

Diventare imprenditori e fare impresa comporta sempre alcuni rischi, ma i vantaggi non sono pochi. La strada per aprire una partita IVA e diventare imprenditore e quindi il capo di se stessi a volte presenta qualche difficoltà. Se affrontata con convinzione, professionalità, impegno e cognizione di causa, i risultati non tardano però ad arrivare. Di solito chi inizia una nuova attività possiede già una conoscenza di base nel settore. Non per tutti è così e chi non ha maturato alcuna esperienza, solitamente preferisce appoggiarsi a partner che ne abbiano. Gli investimenti da sostenere variano a seconda del settore. Un business presenta moltissime sfaccettature diverse che è sempre bene conoscere prima d’iniziare una nuova avventura imprenditoriale.

Diventare imprenditore: la spinosa questione della gestione del tempo

Una delle sfide principali che un neo imprenditore deve affrontare, riguarda la gestione del tempo in attività. A questa seguono contabilità e gestione del proprio business. Anche la strategia marketing richiede impegno e non è sempre una strada semplice da percorrere. Infine, un’altra spinosa questione, riguarda la dichiarazione dei redditi, che sempre più spesso, è affidata, per comodità, a dottori commercialisti professionisti del settore.

L’amministrazione del tempo rimane comunque un problema sentito da molti. Saper gestire correttamente il tempo messo a disposizione per un’attività imprenditoriale, non è affatto semplice, soprattutto per chi è alle prime armi. La maggior parte dei neo imprenditori, inizialmente, dedica meno tempo alla nuova attività perché la svolge contemporaneamente a un’altra. Di media occorrono da uno a due anni di lavoro affinché una nuova attività lavorativa imprenditoriale possa diventare davvero redditizia.

Come diventare imprenditori di successo sfruttando le nuove tecnologie digitali

Gli strumenti digitali rappresentano un punto chiave per il successo di un’impresa. Purtroppo, nonostante gli enormi passi avanti che la tecnologia ha fatto negli ultimi anni, sono ancora pochi gli imprenditori che la sfruttano per la propria attività. Alcuni soggetti, invece, hanno capito che l’integrazione della tecnologia e la digitalizzazione delle aziende consente la semplificazione dei processi con un conseguenziale risparmio economico.

Nelle attività imprenditoriali la tecnologia è sfruttata soprattutto per la fatturazione elettronica, le vendite (ad esempio, per processare gli ordini, tracciare i pagamenti e ottenere le rendicontazioni) e infine anche per il marketing.

Diventare imprenditori: ecco perché sono in molti a farlo

Aprire una propria attività presenta, senza dubbio, dei vantaggi e forti gratificazioni. Avere la propria impresa non è solo grattacapi, problemi e incertezze. Esiste anche un lato positivo. Le motivazioni che spingono sempre più persone ad aprire e gestire un’azienda sono molteplici. Tra queste ricordiamo:

  1. essere capi di se stessi
  2. crescita aziendale
  3. libertà organizzativa e di gestione del tempo
  4. libero sfogo alla propria creatività
  5. perseguimento dei propri obiettivi e della propria visione aziendale

Diventare imprenditore

Essere capi di se stessi

La possibilità di poter scegliere come, quando, dove e perché, è la gratificazione più alta e ambita per chi decide d’intraprendere una carriera da imprenditore.

Crescita aziendale

Anche veder crescere il proprio business è sicuramente un fattore che attrae e che spinge le persone a optare per la vita imprenditoriale. Un business, magari nato dal niente, che trova la propria strada e il modo giusto per aumentare ogni anno, appaga e ripaga degli sforzi compiuti.

Gestione del tempo

Al pari dell’essere a capo di se stessi, anche la gestione del tempo è un fattore cruciale che, nella maggior parte dei casi, fa oscillare l’ago della bilancia a favore dell’imprenditoria, rispetto a un lavoro dipendente. Il tempo è vita e poter disporre della propria a proprio piacimento è una delle ambizioni più alte dell’essere umano.

Dare sfogo alla creatività

Un’azienda può diventare espressione di se stessi. A chiunque venga data (o si prenda) la libertà di farlo, trova estrema soddisfazione nel manifestare il proprio “io” attraverso lavoro, impegno e creatività.

Perseguimento di obiettivi e visione aziendale

Portare a termine una visione personale di un lavoro, di un progetto e quindi una qualunque attività imprenditoriale, è estremamente appagante. Il perseguimento di un obiettivo e di una data visione aziendale, è un altro dei motivi per cui le persone decidono di mettersi in proprio e diventare imprenditore.

Lavoratori autonomi: Italia vs Europa

Il numero dei lavoratori autonomi in Italia, è il più alto dell’intera comunità europea. Con 5 milioni 39 mila lavoratori autonomi, l’Italia è il Paese europeo con il più alto numero di occupati in proprio. All’interno dell’Europa costituisce, addirittura, il 15,3% del totale nel vecchio continente. Si tratta di un dato forte e importante che costituisce addirittura il 21,7% dell’occupazione in Italia. Professionisti, imprenditori, artigiani, ma anche consulenti e freelance, riders e nuovi lavori della gig economy sono un universo ampio ed eterogeneo che contribuisce alla prosperità del Bel Paese. Aprire una partita IVA, però, non è però un’operazione sempre facile e priva di ostacoli. Nove autonomi su 10 lamentano difficoltà talvolta insormontabili, per lo svolgimento della propria attività.

Chi sono i lavoratori autonomi

Volendo riportare qualche dato significativo, i lavoratori autonomi in Italia si distinguono tra:

  • 12,3% manager o titolari di aziende
  • 20,4% professionisti ad alta qualificazione
  • 17,1% figure tecniche
  • 18,3% addetti alle vendite
  • 16,7% piccoli artigiani e commercianti

I settori nei quali i lavoratori autonomi  operano maggiormente sono quelli legati ad attività di tipo professionale scientifico tecnico (pari al 58,8%) e nel settore immobiliare.

Alcuni recenti dati hanno inoltre stabilito che, in Italia, i lavoratori autonomi risultano essere mediamente più istruiti dei lavoratori dipendenti. Chi sceglie di svolgere un’attività autonoma raramente lo fa perché non trova altre opportunità di lavoro. I soggetti che hanno deciso di aprire partita IVA, l’hanno fatto perché si è presentata loro un’opportunità giusta, oppure per portare avanti un business famigliare già ben avviato.

Lavoro autonomo e lavoro dipendente

Nonostante l’Italia sia un paese di lavoratori autonomi, la propensione a mettersi in proprio, sta diminuendo. Tra il 2009 e il 2018 l’”esercito di lavoratori autonomi” si è notevolmente compresso, scendendo a -5,19%. Di contro, il lavoro dipendente è notevolmente cresciuto. Fare impresa in Italia, è davvero un’impresa (non impossibile, ma spesso molto difficoltosa).

Tra le varie difficoltà che un italiano deve affrontare quando decide di  mettersi in proprio, ci sono:

  1. carico burocratico – che pesa circa il 25,8% sul totale
  2. instabilità degli incarichi e dei committenti – pari al 21,6% contro il 12,3% della media europea. Gli italiani autonomi dichiarano di dover affrontare periodi di non lavoro, perché senza progetti o clienti
  3. ritardo dei pagamenti – il 20,2% degli italiani paga in ritardo, contro l’11,7% della media europea)
  4. difficoltà di accesso ai finanziamenti
  5. impossibilità d’incidere sui prezzi di servizi e prodotti
  6. mancanza di coperture in caso di malattia o infortunio
  7. riduzione demografica della popolazione giovanile
  8. maggiori difficoltà occupazionali di accesso al mercato.

Lavoratori autonomi

Il lavoro autonomo e i suoi vantaggi

Nonostante tutte le difficoltà, il lavoro autonomo presenta sempre e comunque notevoli vantaggi:

  • Organizzazione libera – un lavoratore autonomo ha sempre la possibilità di scegliere dove, quando, quanto e come lavorare. Il lavoro indipendente permette di scegliere solo i progetti ritenuti migliori, più redditizi e appaganti. Ogni attimo della giornata lavorativa può essere stabilito autonomamente. Il ritmo di lavoro è imposto solo dal soggetto stesso e può essere adattato alle proprie esigenze fisiche e mentali. È inoltre possibile definire il proprio carico di lavoro.
  • Un percorso professionale personalizzato – specializzazioni e qualificazioni possono essere apprese e stabilite autonomamente. Il proprio percorso professionale e istruttivo è deciso esclusivamente dal lavoratore autonomo.
  • Un buon reddito – un lavoratore autonomo che abbina ottime capacità professionali e grandi abilità commerciali, ha la possibilità di ottenere guadagni importanti.
  • Vita equilibrata – riuscire a combinare vita privata con vita lavorativa non è mai facile, soprattutto quando si è alle dipendenze di qualcun altro. Lavorare autonomamente, però, consente di fare le proprie scelte per trovare l’equilibrio migliore nella propria vita personale e lavorativa. Ritagliarsi il giusto spazio personale tenendo in considerazione le proprie esigenze senza sacrificare niente e nessuno, non ha davvero prezzo!

Come richiedere la NASPI

La NASPI è il sussidio di disoccupazione. La Legge di Bilancio 2022 ha modificato alcune regole molto importanti su come richiedere la NASPI, anche se le regole generali sono rimaste sempre le stesse. Oggi, infatti, i soggetti che possono farne richiesto sono molti di più (come, ad esempio, gli operai agricoli a tempo indeterminato dipendenti dalle cooperative agricole e loro consorzi, precedentemente esclusi). Inoltre, i vincoli relativi ai 30 giorni di lavoro effettivo nei 12 mesi precedenti e, in parallelo, sul calcolo dell’importo cambia il décalage del 3 per cento mensile, che si applicherà dal sesto o dall’ottavo mese di fruizione, in base all’età del beneficiario, sono decaduti. Cerchiamo, quindi, di capire meglio come richiedere la NASPI, quali documenti occorrono e dove e quando devono essere consegnati.

Come richiedere la NASPI: il modulo INPS

INPS ha predisposto uno specifico modulo NASPI da scaricare, stampare, compilare e rispedire. Il documento può essere inviato.

  • Tramite sito inps.it (è necessario possedere SPID, CIE O CNS)
  • Utilizzando l’app d’INPS (è necessario possedere SPID, CIE O CNS)
  • Attraverso il patronato
  • Grazie al supporto del call center Multicanale INPS INAIL

L’Istituto Nazionale Previdenza Sociale ha messo a disposizione sul proprio sito, una guida completa e dettagliata per compilare correttamente il pdf scaricabile.

NASPI: a chi spetta

Su questo punto la Legge di Bilancio 2022 ha introdotto delle novità. Oltre a tutti i soggetti precedentemente autorizzati a fare domanda NASPI, oggi possono inoltrare richiesta anche:

  1. apprendisti
  2. soci lavoratori di cooperative con rapporto di lavoro subordinato con le medesime cooperative
  3. personale artistico con rapporto di lavoro subordinato
  4. dipendenti a tempo determinato delle pubbliche amministrazioni

Requisiti NASPI

Anche i requisiti per l’inoltro della domanda NASPI sono cambiati grazie alla Legge di Bilancio 2022. I nuovi requisiti introdotti quest’anno sono:

  • stato di disoccupazione involontario
  • il requisito contributivo ovvero il lavoratore deve poter far valere, nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione, almeno tredici settimane di contribuzione.

Inoltre, i lavoratori disoccupati dal 1° gennaio 2022 non devono più rispettare il requisito che prevedeva 30 giornate di lavoro effettivo, effettuate meglio ultimi 12 mesi, per poter inoltrare domanda di sussidio.

Come richiedere la NASPI

Nuova NASPI: i soggetti esclusi

Tra le novità su come richiedere la NASPI troviamo anche l’elenco dei soggetti esclusi. Non ne possono beneficiare:

  • dipendenti a tempo indeterminato delle PA
  • operai agricoli a tempo determinato
  • operai agricoli a tempo indeterminato che non siano dipendenti di cooperative e loro consorzi che trasformano, manipolano e commercializzano prodotti agricoli e zootecnici
  • lavoratori extracomunitari con permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per i quali resta confermata la specifica normativa

Come richiedere la NASPI: lo stato di disoccupazione

I soggetti che desiderano sapere come richiedere la NASPI deve, prima di tutto, conoscere il modo in cui inoltrare domanda di disoccupazione. Per chiedere lo stato di disoccupazione è necessario rilasciare la DD, Dichiarazione d’Immediata Disponibilità e soddisfare i seguenti requisiti:

Lavorare, quindi, non significa dover per forza rinunciare allo stato di disoccupazione e, di conseguenza, non aver diritto alla NASPI. A fare la differenza è il reddito percepito. Il reddito varia in base alla soglia ed è previsto:

  • lavoro dipendente – soglia imposta a 8145 euro all’anno
  • lavoro autonomo – soglia imposta a 4800 euro annui

Lo stato di disoccupazione può essere richiesto direttamente presso i Centri per l’impiego presentando:

  • carta d’identità (o altro documento di riconoscimento valido)
  • copia contratto di lavoro
  • Permesso di soggiorno e indirizzo di residenza (per i disoccupati stranieri)

Lo stato di disoccupazione si mantiene presentandosi ogni anno per i Centri per l’impiego e aggiornare lo status attualmente in vigore.

Calcolo NASPI

La NASPI si calcola dividendo il totale delle retribuzioni imponibili ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni, per il numero di settimane contributive. Il risultato deve poi essere moltiplicato per il valore 4,33. Quando e se la retribuzione mensile fosse pari o inferiore a 1250,87 euro, la NASPI è calcolata nella percentuale del 75% della retribuzione stessa.

Quando e se superiore a tale soglia, invece, al 75% è aggiunto un importo pari al 25% del differenziale tra la retribuzione mensile e il precedente importo. INPS aiuta i disoccupati a calcolare correttamente l’importo spettante, grazie a un nuovo sistema di calcolo avanzato messo a disposizione sul proprio sito.

ISA: Indici sintetici di Affidabilità e compliance del settore economico

ISA, acronimo di indici sintetici di affidabilità, sono strumenti atti a verificare che, i titolari di partita IVA, professionisti ed aziende, rispettino la compliance del proprio settore economico. In altre parole sono elementi che hanno sostituito i vecchi studi di settore. Anche se si tratta di uno strumento di auto verifica, sbagliando la loro redazione l’attività incorre in precise sanzioni. Gli indici sintetici di affidabilità servono quindi a capire la situazione reddituale del contribuente, attraverso un’ auto dichiarazione. Gli ISA sono state introdotte nel 2018 e sono definite come compliance fiscale. Lo scopo finale di questo strumento è quello di capire se la situazione reddituale e fiscale del soggetto che presenta l’auto dichiarazione, è in linea con gli standard ipotizzati. Sono quindi utili a capire se le direttive del fisco sono state violate oppure no. Gli sono strumenti utilizzabili da chiunque abbia una partita IVA, anche per chi presenta dichiarazione dei redditi online.

ISA: caratteristiche e premi previsti

Il sistema degli ISA nasce per due motivi:

La norma che ne stabilisce le caratteristiche è il Decreto Legislativo n°50/17. Nel DL è indicato il funzionamento degli ISA e i regimi premiali previsti. Gli Indici sintetici di affidabilità funzionano sulla base di calcoli statistici basati su periodi d’imposta. Ogni anno il contribuente è soggetto a valutazione della propria attività e il risultato è espresso con una votazione compresa tra 1 e 10. A seconda del punteggio ottenuto, il contribuente può ottenere varie agevolazioni.

I soggetti che ottengono un punteggio pari ad 8, ottengono:

  1. esonero dal visto di conformità per la compensazione dei crediti d’imposta
  2. riduzione per un anno dei termini di accertamento dei redditi d’impresa e di lavoro autonomo e dell’IVA.

I contribuenti che invece totalizzano un punteggio pari a 8,5, ottengono, oltre ai precedenti vantaggi, anche l’esclusione dagli accertamenti basati sulle presunzioni semplici.

Infine chi ottiene un punteggio compreso tra 9 e 10, ottiene:

  1. esclusione dall’applicazione della disciplina delle società non operative
  2. esclusione dalla determinazione sintetica del reddito complessivo

Gli ISA prevedono specifiche direttive che devono essere scrupolosamente seguite alla lettera. Qualora queste non venissero rispettate, sono previste sanzioni alquanto salate. È facile non ottenere la sufficienza perché basta veramente poco per sbagliare qualcosa della compliance. Ad esempio, le sanzioni sono applicate nel caso in cui:

  • qualche modulo è compilato in modo scorretto
  • sono effettuati pagamenti sbagliati
  • sono omessi del tutto i pagamenti
  • i moduli non sono presentati nella tempistica corretta

Per avere la certezza matematica che ogni documenti sia compilato correttamente e che non vi siano ritardi e/o imprecisioni, meglio rivolgersi ad esperti dottori commercialisti professionisti in materia.

ISA

ISA: soggetti inclusi ed esclusi

Gli ISA sono usati da imprese e liberi professionisti classificati e suddivisi in macro categorie: agricoltura, manifattura, commercio, ecc. Ogni macro categoria è poi suddivisa in tante piccole sottocategorie alle quali è assegnato un numero chiamato “indicatore”.

I soggetti esclusi sono davvero tanti, tra questi si ricordano, ad esempio:

  • contribuenti che hanno avviato la propria attività durante il periodo di imposta
  • soggetti che hanno chiuso la propria attività durante il medesimo periodo
  • chi eccede ai limiti di guadagno della propria categoria previsti dagli indicatori stessi
  • chi non svolge attività in maniera stabile e continuativa
  • i soggetti che rientrano sotto il regime forfettario
  • lavoratori in mobilità
  • i giovani imprenditori che rientrano sotto un regime agevolato
  • gruppo di volontariato
  • enti di promozione sociale (sempre a regime forfettario)
  • cooperative e consorzi che svolgono attività solo verso aziende socie

Nonostante quindi l’elenco dei soggetti esclusi dagli ISA sia molto lungo, che vi rientra e non rispetta le regole previste dagli indicatori, incorre in sanzioni.

ISA: soglia minima

Il voto minimo accettabile è il 6. Sopra questo valore il risultato è considerato positivo. Un risultato pari o inferiore a 6 invece può portare ad un accertamento da parte delle Agenzia delle Entrate. In questo caso il contribuente può accettare il punteggio inferiore al 6 ed esporsi ad eventuali accertamenti da parte dell’Agenzia delle Entrate, oppure adeguarsi al maggior reddito indicato nell’ISA, ottenendo così un punteggio superiore. In questo secondo caso il soggetto deve tassare e versare maggiore IVA su un importo di reddito presunto determinato dall’ISA. Così facendo è possibile evitare eventuali accertamenti.

Sanzioni amministrative

L’articolo 8 comma 1 del DL 471/97 stabilisce le sanzioni applicate in caso di omissione della comunicazione dei dati relativi ai fini della costruzione o dell’applicazione degli indici. Queste risultano pari ad importi compresi tra 250 e 2000 euro.

Lo stesso decreto prevede anche la possibilità per il soggetto di sanare le violazioni di natura fiscale tramite il ravvedimento operoso. Modalità e termini sono indicati nella norma stessa.

Istruzioni certificazione unica: modello, informazioni e aggiornamenti 2021

Il 15 gennaio 2021 Agenzia delle Entrate(AdE) ha emesso un nuovo provvedimento con il quale ha pubblicato il nuovo modello CU definitivo per l’anno in corso. Allegato al modello sono state inserite le relative istruzioni certificazione unica per una corretta compilazione. Molteplici le novità inserite da AdE, sia per quanto riguarda le voci aggiuntive (come ad esempio il nuovo bonus IRPEF 2021, o le voci relative all’emergenza Covid-19), che la nuova scadenza prevista per il 16 marzo per la trasmissione ad Agenzia delle Entrate. Rimane invece invariata la data del 31 ottobre 2021 il termine ultimo per la trasmissione della CU contenente i redditi esenti o non dichiarabili tramite certificazione unica precompilata.

Istruzioni certificazione unica: modello e novità

I sostituti d’imposta usano la CU per dichiarare i redditi di lavoro dipendente e assimilati, redditi di lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi. In CU inoltre sono inseriti anche tutti i redditi derivanti dai contratti di locazione brevi relativi al periodo di imposta 2020.

Il 15 gennaio Agenzia delle Entrate ha emanato il provvedimento “dichiarazioni fiscali 2021 modelli definitivi 730, CU, IVA e 770″. Provvedimento con il quale è stato quindi messo finalmente a disposizione il modello definitivo della CU con le relative istruzioni certificazione unica. Il modello è quindi quello che deve essere obbligatoriamente utilizzato da:

  • tutti i soggetti che durante il 2020 hanno ricevuto denaro o valori soggetti a ritenute alla fonte
  • coloro che hanno corrisposto contributi previdenziali e assistenziali e/o premi assicurativi dovuti all’INAIL
  • tutti i coloro che sono assoggettati alla contribuzione INPS, anche se hanno corrisposto somme e valori per i quali non è prevista l’applicazione delle ritenute alla fonte
  • titolari posizione assicurativa INAIL
  • Amministrazioni che operano come sostituto d’imposta

CU: le novità sulle informazioni contenute nel documento

Il provvedimento  di AdE ha introdotto una serie di novità sui contenuti della CU. Ogni certificazione unica infatti, deve contenere:

  • frontespizio – dove sono riportate le informazioni relative alla tipologia di comunicazione, ai dati del soggetto che inoltra la CU, i dati del rappresentante firmatario della comunicazione stessa, firma e impegno alla comunicazione telematica
  • quadro CT – in questa sezione sono da riportare tutte le informazioni relative alla comunicazione telematica dei dati relativi ai modelli 730 – 4 resi disponibili dall’Agenzia delle Entrate
  • certificazione unica 2020 – sezione principale del modulo che deve contenere: dati fiscali, dati previdenziali, assistenza fiscale, certificazione lavoro autonomo, provvigioni, redditi diversi e i dati fiscali relativi alle certificazioni dei redditi relativi alle locazioni brevi.

Istruzioni certificazione unica

Certificazione Unica 2021: scadenze

Altra grande novità introdotta da Agenzia delle Entrate con il medesimo provvedimento del 15 gennaio, è quella relativa al calendario scadenze. Infatti il Decreto Fiscale 2020 e il Decreto Legislativo numero 9 del 2020 hanno stabilito un nuovo scadenzaria per far fronte anche all’attuale situazione pandemica dovuta alla diffusione del Covid-19. Entra quindi in ballo la scadenza unica datata 16 marzo (Consegna della Certificazione Unica ai lavoratori e Consegna dei dati CU all’Agenzia delle Entrate). Invariata invece la data del 31 ottobre 2021 pre presentare la CU relativa ai redditi esenti o non dichiarabili con CU precompilata.

La trasmissione della CU deve avvenire in forma telematica. Questa può essere fatta direttamente dal soggetto obbligato alla comunicazione, oppure tramite un intermediario abilitato.

Inoltre Agenzia delle Entrate specifica:

“Il flusso si considera presentato nel giorno in cui è conclusa la ricezione dei dati da parte dell’Agenzia delle Entrate. La prova della presentazione del flusso è data dalla comunicazione attestante l’avvenuto ricevimento dei dati, rilasciata per via telematica”.

Istruzioni certificazione unica 2021: modelli e novità fiscali

Quest’anno sono stati messi a disposizione due diversi modelli CU definitivi:

Assieme a questi sul sito di AdE sono presenti anche il Modello CU 2021 – Istruzioni dell’Agenzia delle Entrate  e la Certificazione Unica 2021 – Specifiche tecniche.

Molte le novità fiscali previste vista l’attuale situazione:

  • trattamento integrativo
  • detrazione redditi di lavoro dipendente e assimilati
  • clausola di salvaguardia per l’attribuzione del sostituto del bonus IRPEF
  • clausola di salvaguardia per l’attribuzione del trattamento integrativo in presenza di ammortizzatori sociali
  • attribuzione premio ai lavoratori dipendenti nel mese di marzo

Note spese: cosa sono e come e quando compilarle

Le note spese sono degli specifici documenti che i dipendenti compilano per chiedere il rimborso di alcune spese sostenute durante trasferte, o anticipate per conto dell’azienda. I rimborsi spesa prevedono la compilazione e la conservazione di apposite note, vale a dire giustificativi di spesa.

Il rimborso delle spese, nel nostro ordinamento, è previsto in tre diversi casi:

  • rimborso analitico o a piè di lista
  • forfettario
  • misto

Si può sempre scegliere quello che si preferisce. La scelta però deve fare riferimento a quanto previsto nel contratto collettivo applicato alla trasferta. Nel caso poi la trasferta preveda più giorni, il metodo applicato deve essere obbligatoriamente uno e uno soltanto. Questo significa che non è possibile utilizzare diversi metodi di rimborso, per la stessa trasferta di più giorni.

Il rimborso spese analitico (o a piè di pagina) prevede la compilazione e la presentazione all’azienda delle note spese. Queste sono quindi un elenco dettagliato delle spese sostenute (come ad esempio vitto, alloggio, viaggio, trasporto, ecc…) e dettagli specifici della trasferta stessa. Note di spesa e giustificativi devono essere compilati e conservati secondo determinate regole.

Note spese e rimborso analitico

In questo caso il datore di lavoro non è obbligato a rilasciare autorizzazione alla trasferta. Al contrario il dipendente deve obbligatoriamente presentare note spese compilate correttamente. Nella nota il dipendente deve riportare ogni spesa sostenuta in trasferta, dettagliandola analiticamente. Agenzia delle Entrate definisce la nota spese come un documento rappresentativo la società e valido ai fini fiscali.

I giustificativi allegati alle note spese non devono essere per forza intestati alla società, piuttosto che al dipendente. L’importante  che la società li conservi ordinatamente, allegando a ogni nota spesa tutti i documenti di supporto. È necessario che su questi documenti sia palesato chiaramente la natura del costo sostenuto, al fine di poterne provare l’inerenza all’attività aziendale svolta.

Note spese: lavoratore autonomo a servizio di un’azienda

Nel caso in cui la trasferta sia effettuata non da un dipendente interno all’impresa, ma piuttosto da un lavoratore autonomo, si distinguono due casistiche.

Nella prima le spese sono sostenute dal professionista che, solo successivamente le riaddebiterà all’azienda. Il secondo caso invece è quello nel quale le spese sono sostenute direttamente dal committente.

Note spese

Nel primo caso servirà quindi fattura elettronica del professionista, dalla quale si possa evincere anche la natura e il costo delle spese sostenute per l’azienda. Nel secondo caso invece i documenti di spesa saranno intestati direttamente alla società e trattati come qualunque altra fattura elettronica.

Note Spese: conservazione

L’impresa deve conservare la documentazione originale. Deve farlo in maniera ordinata allegando tutti i giustificativi che comprovano le spese sostenute. E come abbiamo detto questo ha lo scopo di poter rilevare e capire l’inerenza della spesa sostenuta con l’attività aziendale.

Le tempistiche di conservazione sono le seguenti:

  • 10 anni dalla data di ultima registrazione per la sede civile
  • Ai fini fiscali invece ogni documento deve essere correttamente conservato almeno fino a quando non termina il periodo previsto per i relativi accertamenti per i corrispondenti periodi di imposta. Questo significa che bisogna far riferimento alla regolare normativa adottata in materia di accertamenti fiscali (da presentare entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione).

Conservazione sostitutiva

Note spese e giustificativi possono essere conservati digitalmente, secondo quanto previsto dalla regolamentazione di Agenzia delle Entrate. L’importante è che i documenti conservati siano immodificabili, integri e autentici, come richiesto dalla normativa vigente. In altre parole i documenti devono rispettare le caratteristiche richieste dalla normativa di riferimento (autenticità, integrità, fruibilità e immodificabilità) affinché possano essere conservati digitalmente, come per le fatture elettroniche.

Invece i giustificativi annessi alle note spese sono “documenti analogici originali non unici”, secondo quanto dice Agenzia delle Entrate: “possibile risalire al loro contenuto attraverso altre scritture o documenti di cui sia obbligatoria la conservazione, anche se in possesso di terzi”.

Risoluzione consensuale: dimissioni e termine del rapporto di lavoro

In un rapporto di lavoro figurano due parti: un committente e un prestatore d’opera e servizi. Il termine del rapporto di lavoro può avvenire in due modi. Il primo per volere del committente, tramite l’esercizio del licenziamento. Il secondo invece per volere del prestatore, usando la formula del licenziamento. Esiste però una terza via, anche se meno comune, che è quella che prevede la risoluzione consensuale. Quest’ultima si verifica quando entrambe le parti decidono, di comune accordo, di porre fine al rapporto di lavoro. La normativa di riferimento è racchiusa nell’articolo 1372 del Codice Civile.

Fino a qualche anno fa e più esattamente al 12 marzo del 2016, datore di lavoro e dipendente che volevano ricorrere alla risoluzione consensuale, non dovevano adempiere a particolari obblighi. Da quella data in poi però si è reso necessario compilare degli appositi moduli messi a disposizione dal Ministero del Lavoro, da inviare esclusivamente per via telematica. Una volta compilata, tale documentazione deve essere trasmessa al datore di lavoro e all’Ispettorato Territoriale del lavoro. Sono comunque previsti casi particolari per:

  • lavoratrici in stato di gravidanza
  • lavoratrici collaboratore nei primi 3 anni di vita del bambino o nei primi 3 anni di accoglienza del minore adottato o concesso in affidamento

In questi due casi, la risoluzione consensuale è valida solo a seguito della conferma ricevuta dal servizio ispettivo svolto dall’ufficio del Ministero del Lavoro, competente sul territorio.

Risoluzione consensuale

Risoluzione consensuale: cosa prevede

L’accordo di risoluzione consensuale può riportare qualunque aspetto stabiliscano datore e lavoratore. Uno di questi è sicuramente la data di decorrenza del termine di lavoro. In caso di termine immediato, la cessazione parte al momento della sottoscrizione stessa. Se l’attività invece dovesse perdurare, le due parti devono concordare che l’attività lavorativa debba continuare fino alla data indicata.

A discrezione del datore di lavoro, può essere aggiunto alla risoluzione consensuale, una somma di denaro aggiuntiva, a favore del dipendente. Si tratta di una somma supplementare a quando il committente deve al lavoratore. Questa somma prende il nome di “incentivo all’esodo”. Quello che caratterizza questa cifra è che, sia il datore che il dipendente, su tale somma non dovranno pagare i contributi INPS. È invece applicata la tassazione separata, con la stessa aliquota prevista per il trattamento di fine rapporto.

Il lavoratore ha a disposizione sette giorni di tempo, che partono dalla data di trasmissione, per evocare la propria dichiarazione di risoluzione consensuale del contratto.

Risoluzione consensuale VS Licenziamento

La risoluzione consensuale è quindi stabilita di comune accordo tra le parti. Il licenziamento invece è stabilito unilateralmente da parte del datore di lavoro, o da parte del dipendente di lavoro, in caso di dimissioni. Licenziamento e dimissioni valgono sempre, anche se una delle due parti non è d’accordo. Invece la risoluzione consensuale vale solo se c’è accordo da entrambi le parti.

La risoluzione consensuale, rispetto al licenziamento o alle dimissioni, offre maggiori vantaggi a entrambi le parti. Vantaggi che si concretizzano in maggiore libertà di azione per i soggetti coinvolti. Da una parte il datore di lavoro può evitare di sottostare alle restrizioni e alle limitazioni previste nel contratto di lavoro, o nell’atto del licenziamento stesso. Dall’altra parte il lavoratore può ottenere una riduzione del giorno effettivo di licenziamento, oppure può concordare una liquidazione maggiore.

Con la risoluzione consensuale il datore di lavoro ha il vantaggio di:

  • non pagare nessun ticket licenziamento – nessun contributo aziendale di recesso (esclusi i casi NASPI)
  • evitare i processi formali di licenziamento
  • anticipare la data di cessazione rapporto.

Il lavoratore invece ha il vantaggio di:

  • beneficiare di tempistiche anticipate
  • ottenere una libera uscita – in alcuni casi supplementare la TFR
  • avere diretto a una maggiore personalizzazione andando a inserire nell’accordo, particolari condizioni vantaggiose, che normalmente non sarebbero presenti per legge.

Risoluzione Consensuale online

Un fenomeno particolarmente diffuso fino al 2016, era quello che prendeva il nome di “dimissioni in bianco”. Al fine di scongiurare dimissioni-ricatto, dal 2016 sono state stabilite alcune regole per presentare e richiedere la risoluzione consensuale. Una di queste prevede che la documentazione obbligatoria sia inviata esclusivamente in maniera telematica. Il dipendente deve infatti inviare via PEC i moduli al datore di lavoro e all’Ispettorato Territoriale del Lavoro.

La risoluzione consensuale è irrevocabile. Il dipendente ha tempo di revocarla entro 7 giorni dalla data di presentazione, poi diventa irrevocabile.

Lavoro dipendente e partita Iva: è possibile contemporaneamente?

Molti si sono chiesti e si continuano a domandare se sia possibile svolgere contemporaneamente un lavoro dipendente di una società e avere una partita IVA attiva. Per rispondere in modo esaustivo a questa domanda è importante conoscere bene e a fondo le regole che disciplinano i due diversi rapporti di lavoro, gli aspetti giuridici, quelli fiscali e previdenziali coinvolti.

La prima distinzione da fare è tra dipendenti pubblici e privati, in quanto le regole che disciplinano queste realtà sono assai diverse. Di ogni aspetto è importante conoscere ogni aspetto giuridico, fiscale e previdenziale.

Lavoro dipendente privato e partita IVA

I lavoratori dipendenti nel settore privato possono tranquillamente avere una partita IVA ed esercitare liberamente un’attività professionale propria o d’impresa. L’importante è che non vi sia concorrenza tra le due attività svolte.

A regolare l’aspetto giuridico in questa situazione ci pensa l’articolo 2105 del codice civile, che cita:

“prestatore di lavoro non deve trattare affari per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio”

Si tratta dell’obbligo di fedeltà che, quando e se viene a mancare, rende possibile per il datore di lavoro licenziare per giusta causa il dipendente.

Il dipendente non è comunque obbligato ad avvisare della propria partita IVA, il proprio datore di lavoro. È comunque consigliato farlo.

Lavoro dipendente pubblico e partita IVA

Chi è dipendente pubblico è obbligato per legge a prestare servizio in esclusiva all’Amministrazione da cui dipende. Questa è la regola generale a cui però sono applicate delle eccezioni. Esistono infatti alcuni regimi speciali che possono fare sia l’uno che l’altro. Ne sono un esempio i docenti che possono tranquillamente svolgere la loro professione. Altra eccezione è costituita dai dipendenti pubblici part time a orario di lavoro inferiore al 50%.

I dipendenti pubblici full time che vogliono avere una propria partita IVA rischiano il licenziamento, o la decadenza dall’impiego. In alcuni casi la Pubblica Amministrazione (PA) può richiedere ai propri dipendenti full time di svolgere funzioni e incarichi di diversa natura. In questo caso però è richiesto solo al verificarsi di determinate condizioni:

  1. temporaneità d’incarico
  2. occasionalità di lavoro
  3. assenza di conflitto di interessi
  4. compatibilità con l’impiego principale svolto per la PA.

Lavoro dipendente

 

I part time al 50% possono essere contemporaneamente dipendenti PA e svolgere una propria attività con partita IVA. Basta che l’attività non sia in contrasto con la PA e che non venga svolta con alta Pubblica amministrazione.

I dipendenti pubblici di PA con orario inferiore al 50% e iscritti ad albi professionali, non possono lavorare con e per conto di altre PA.

Lavoro dipendente e partita IVA

Fiscalmente non sussiste alcun problema alla coesistenza di redditi da lavoratore dipendente e redditi d’impresa o di lavoro autonomo. In tutti i casi quello che importa è dichiarare sempre e comunque ogni reddito percepito.

I lavoratori dipendenti possono presentare dichiarazione dei redditi usando gli appositi modelli 730. Chi invece svolge entrambe le attività dovrà presentare l’Unico.

Chi volesse accedere al regime forfettario non possono farlo chi nell’anno precedente ha percepito un reddito superiore a 30.000€ derivante da lavoro dipendente e non.

Contributi e pensione

Per quanto riguarda invece il punto di vista previdenziale, occorre fare distinzione tra attività d’impresa o lavoro autonomo.

Nel primo caso infatti il contribuente deve iscriversi alla gestione IVS (artigiani e commercianti). Questo però se e solo se l’attività come dipendente non costituisca l’attività prevalente (tempo e reddito), perché in questo caso non è necessaria l’iscrizione e il relativo versamento dei contributi.

Nel secondo caso invece, quello che prevede lo svolgimento di lavoro autonomo, è necessaria l’iscrizione alla Gestione separata INPS e il versamento dei relativi contributi, con applicazione di aliquote ridotte. I lavoratori autonomi iscritti a un albo professionale possono non iscriversi alla relativa cassa.