Costi fissi e variabili: gestire al meglio la propria azienda

Valutare correttamente costi fissi e variabili di un’impresa, è alla base di una corretta gestione aziendale. Conoscere e saper gestire al meglio i costi risulta di fondamentale importanza in fase di pianificazione imprenditoriale. L’amministrazione delle uscite, se adeguata, po’ incrementare sensibilmente il fatturato. Sul rapporto tra uscite fisse e variabili è possibile studiare una strategia di business valida e redditizia. Quando si decide di aprire una partita IVA e fare impresa è quindi importante conoscere cosa sono, come si distinguono e come possono essere ottimizzati per massimizzare l’aumento di fatturato.

Costi fissi

Si tratta dei costi che non subiscono alterazioni al variare della produzione. In altre parole, un imprenditore deve sostenere un costo fisso anche quando il fatturato è pari a zero. I costi fissi rimangono quindi costanti al variare delle quantità prodotte o vendite (vale a dire in base al volume dell’attività). Rientrano in questa categoria le spese come: affitto di spazi commerciali, parcelle di commercialisti e avvocati, canone di software, costo conto corrente, ecc…

All’interno della macro categoria di costi fissi troviamo delle spese che presentano vincoli e rigidità diverse tra loro:

  • Costi fissi impegnati – fanno riferimento a tutti quei fattori produttivi necessari a garantire una minima produzione. I fattori produttivi, ricordiamo, sono elementi indispensabili alla produzione di beni e servizi. I fissi impegnati non possono, solitamente, essere ridotti in un breve lasso di tempo (come ad esempio in un anno di vita dell’attività). Rientrano in questa sotto categoria: ammortamento e leasing su macchinari, costo dello spazio produttivo, commercialista, ecc…
  • Costi fissi discrezionali – si tratta di spese variabili in base a scelte discrezionali per soddisfare diverse esigenze aziendali. Variano in base alle priorità, alla sostenibilità economica e al periodo finanziario. Non dipendendo dalle quantità prodotte o vendute, sono comunque considerati costi fissi. Ne sono un esempio: costi di marketing e comunicazione, costi di formazione e team building e progetti di ricerca & sviluppo.

Costi fissi e variabili

Costi variabili

Il totale complessivo dei variabili, muta in base alle quantità di beni e servizi prodotti o vendute. I costi variabili risultano a zero quando non c’è produzione e aumentano proporzionalmente ai volumi prodotti. Anche in questo caso la macro categoria di variabili trova una ripartizione in:

  • Lineari – si tratta di costi variabili unitari che rimangono costanti
  • Digressivi – diminuiscono all’aumentare delle quantità di beni e servizi prodotti. Tendono ad aumentare in maniera inversamente proporzionale al variare dei volumi prodotti.
  • Progressivi – aumentano quando le quantità di beni e servizi prodotti o venduti, crescono. Di conseguenza si tratta di costi che aumentano in modo direttamente proporzionale al variare dei volumi prodotti.

Costi fissi e variali = costo totale

Dalla somma dei costi fissi e variabili si ottiene il costo totale. Il totale varia di anno in anno, a causa dei costi variabili che aumentano all’aumentare delle quantità prodotte o vendute. L’analisi dei vari costi aziendali (fissi, variabili e totali) è imperativa per la gestione aziendale, la pianificazione amministrativa e la programmazione strategica di base.

Suddividere correttamente i costi permette analisi approfondite, come quella del calcolo del punto di atterraggio (Break-Even Point – quantità di ricavi necessari a coprire la totalità dei costi aziendali). Un controllo di gestione attento e strutturato, con business plan completi e soddisfacenti, aiuta a portare avanti al meglio la propria attività.

L’analisi di costi fissi e variabili è semplice e comprensibile a tutti gli imprenditori, anche quelli meno esperti in materia. È indispensabile anche per calcolare il margine di contribuzione (differenza tra il prezzo di vendita unitario e il costo variabile unitario) e la leva operativa (che misura il grado di rischio e le opportunità collegate alle variazioni dei ricavi di vendita).

Lavoratori autonomi: Italia vs Europa

Il numero dei lavoratori autonomi in Italia, è il più alto dell’intera comunità europea. Con 5 milioni 39 mila lavoratori autonomi, l’Italia è il Paese europeo con il più alto numero di occupati in proprio. All’interno dell’Europa costituisce, addirittura, il 15,3% del totale nel vecchio continente. Si tratta di un dato forte e importante che costituisce addirittura il 21,7% dell’occupazione in Italia. Professionisti, imprenditori, artigiani, ma anche consulenti e freelance, riders e nuovi lavori della gig economy sono un universo ampio ed eterogeneo che contribuisce alla prosperità del Bel Paese. Aprire una partita IVA, però, non è però un’operazione sempre facile e priva di ostacoli. Nove autonomi su 10 lamentano difficoltà talvolta insormontabili, per lo svolgimento della propria attività.

Chi sono i lavoratori autonomi

Volendo riportare qualche dato significativo, i lavoratori autonomi in Italia si distinguono tra:

  • 12,3% manager o titolari di aziende
  • 20,4% professionisti ad alta qualificazione
  • 17,1% figure tecniche
  • 18,3% addetti alle vendite
  • 16,7% piccoli artigiani e commercianti

I settori nei quali i lavoratori autonomi  operano maggiormente sono quelli legati ad attività di tipo professionale scientifico tecnico (pari al 58,8%) e nel settore immobiliare.

Alcuni recenti dati hanno inoltre stabilito che, in Italia, i lavoratori autonomi risultano essere mediamente più istruiti dei lavoratori dipendenti. Chi sceglie di svolgere un’attività autonoma raramente lo fa perché non trova altre opportunità di lavoro. I soggetti che hanno deciso di aprire partita IVA, l’hanno fatto perché si è presentata loro un’opportunità giusta, oppure per portare avanti un business famigliare già ben avviato.

Lavoro autonomo e lavoro dipendente

Nonostante l’Italia sia un paese di lavoratori autonomi, la propensione a mettersi in proprio, sta diminuendo. Tra il 2009 e il 2018 l’”esercito di lavoratori autonomi” si è notevolmente compresso, scendendo a -5,19%. Di contro, il lavoro dipendente è notevolmente cresciuto. Fare impresa in Italia, è davvero un’impresa (non impossibile, ma spesso molto difficoltosa).

Tra le varie difficoltà che un italiano deve affrontare quando decide di  mettersi in proprio, ci sono:

  1. carico burocratico – che pesa circa il 25,8% sul totale
  2. instabilità degli incarichi e dei committenti – pari al 21,6% contro il 12,3% della media europea. Gli italiani autonomi dichiarano di dover affrontare periodi di non lavoro, perché senza progetti o clienti
  3. ritardo dei pagamenti – il 20,2% degli italiani paga in ritardo, contro l’11,7% della media europea)
  4. difficoltà di accesso ai finanziamenti
  5. impossibilità d’incidere sui prezzi di servizi e prodotti
  6. mancanza di coperture in caso di malattia o infortunio
  7. riduzione demografica della popolazione giovanile
  8. maggiori difficoltà occupazionali di accesso al mercato.

Lavoratori autonomi

Il lavoro autonomo e i suoi vantaggi

Nonostante tutte le difficoltà, il lavoro autonomo presenta sempre e comunque notevoli vantaggi:

  • Organizzazione libera – un lavoratore autonomo ha sempre la possibilità di scegliere dove, quando, quanto e come lavorare. Il lavoro indipendente permette di scegliere solo i progetti ritenuti migliori, più redditizi e appaganti. Ogni attimo della giornata lavorativa può essere stabilito autonomamente. Il ritmo di lavoro è imposto solo dal soggetto stesso e può essere adattato alle proprie esigenze fisiche e mentali. È inoltre possibile definire il proprio carico di lavoro.
  • Un percorso professionale personalizzato – specializzazioni e qualificazioni possono essere apprese e stabilite autonomamente. Il proprio percorso professionale e istruttivo è deciso esclusivamente dal lavoratore autonomo.
  • Un buon reddito – un lavoratore autonomo che abbina ottime capacità professionali e grandi abilità commerciali, ha la possibilità di ottenere guadagni importanti.
  • Vita equilibrata – riuscire a combinare vita privata con vita lavorativa non è mai facile, soprattutto quando si è alle dipendenze di qualcun altro. Lavorare autonomamente, però, consente di fare le proprie scelte per trovare l’equilibrio migliore nella propria vita personale e lavorativa. Ritagliarsi il giusto spazio personale tenendo in considerazione le proprie esigenze senza sacrificare niente e nessuno, non ha davvero prezzo!

Software fattura elettronica: come scegliere il migliore

In commercio, oggi, esistono moltissimi software fattura elettronica per emettere, inviare e ricevere e-fatture e tenere sotto controllo il proprio business. Strumenti estremamente validi e necessari ad aziende e imprenditori. I software progettati a questo scopo si distinguono in base a funzionalità, abbonamenti, costi, implementazioni e compatibilità. Quando è necessario scegliere il migliore, è d’obbligo tenere in considerazione le proprie esigenze. Dai programmi gratuiti a quelli che aiutano a inviare la dichiarazione IVA, fino a quelli in grado di gestire i rapporti contabili. Non c’è che l’imbarazzo della scelta. Vediamo nel dettaglio cosa contraddistingue l’uno o l’altro sistema di fatturazione elettronica.

Software fattura elettronica: l’opzione gratuita

Tra i più richiesti e i più allettanti, sul web sono presenti una gran quantità di software per la fatturazione completamente gratuiti. Semplici e immediati, possono essere utilizzati da tutti, ma hanno dei limiti. Infatti, gratis è quasi sempre sinonimo di “limitato”. Molte delle funzioni più importanti potrebbero essere bloccate, o addirittura non presenti. Quindi, per commercianti o liberi professionisti, un programma di fatturazione gratuito potrebbe essere una soluzione auspicabile, ma quando è necessario qualcosa di maggiormente complesso, è meglio optare per altre scelte.

Programma di fatturazione elettronica: online o offline?

L’accessibilità online è, senza dubbio, un’altra caratteristica determinante nella scelta del miglior software di fatturazione. Alcune piattaforme, per poter essere utilizzate, richiedono l’installazione in locale (quindi sul proprio computer) di uno specifico programma. Altre, invece, permettono di essere eseguiti direttamente online con la possibilità di accedervi ovunque, da qualunque dispositivo e in qualsiasi istante. Altra caratteristica molto importante è l’accessibilità dei dati. I software online per la fatturazione elettronica, come FatturaPRO.click, consentono di salvare i propri dati sul cloud. Di conseguenza, è possibile recuperarli e accedervi sempre, anche durante i viaggi di lavoro.

I programmi offline, di contro, non salvano i dati sul cloud e quindi non ne permettono l’accesso da qualunque postazione. Fatture e documenti devono perciò essere salvati sempre sul proprio disco rigido. Anche se talvolta un programma offline può risultare comodo e semplice da usare, la praticità è solo apparente. Infatti, è sempre e comunque necessario scaricare la fattura per inviarla al destinatario.

Software fattura elettronica

I migliori programmi di fatturazione elettronica

Tra i migliori software di fatturazione elettronica troviamo quelli multi-dispositivo. Sono programmi che consentono di essere utilizzati con qualunque strumenti a disposizione: PC, Mac, iPad, Android oppure iPhone. L’importante è che sia sempre presente una connessione internet. La fatturazione multi-dispositivo permette di emettere fatture elettroniche da diversi dispositivi contemporaneamente. Accessi multipli, da differenti piattaforme e utenti diversi. Una caratteristica indispensabile a svolgere un lavoro versatile e flessibile, che aiuta il business a crescere sempre di più.

Come inviare le fatture elettroniche al commercialista

Per l’inserimento in contabilità, il proprio commercialista deve disporre dell’intera mole di fatture emesse e ricevute da una data attività. Un’operazione, all’apparenza banale, ma che potrebbe nascondere delle difficoltà quando non si sceglie il software fattura elettronica corretto. È facile dimenticare alcuni documenti necessari alla contabilità e ancora più semplice è incappare in errori di tipo umano o di distrazione che possono creare non pochi problemi.

Per questo è meglio cercare un software fattura elettronica che consenta di far accedere il proprio commercialista al programma stesso. Su alcune piattaforme il commercialista può creare il proprio utente e la propria password, in altri, invece, è possibile condividere il proprio account con il professionista e permettergli di fargli visualizzare esclusivamente i dati desiderati.

Software fatturazione elettronica: nessuna limitazione

Alcuni software per la fatturazione elettronica non si limitano alla sola fatturazione. Sono in grado, ad esempio, di mantenere tutti i propri affari sotto controllo, come veri e propri software gestionali.

Fatture, preventivi, proforma, note di credito, ricevute, ecc… Sono prodotte velocemente e con pochi semplici click. Tra le tante funzioni a disposizione anche quella di stimare entrate e uscite e i costi di gestione e amministrazione, sono valori aggiuntivi da tenere presente. Infine, anche la capacità di convertire i documenti, ad esempio convertendo un preventivo in una vera e propria fattura, è una caratteristica lodevole da ricercare e apprezzare in un programma ben fatto e funzionante.

Modello delle 5 forze di Porter

Il Modello delle 5 forze di Porter è chiamato anche analisi della concorrenza allargata ed è utile alle aziende per capire meglio il contesto competitivo in cui operano. In altre parole serve a determinare i fattori che portano alla determinazione dei profitti nel mercato. Il modello rivela che la concorrenza tra all’interno di uno stesso mercato è data dalla somma di più elementi che contribuiscono alla. Rivalità tra i partecipanti. Per riuscire al meglio, quindi, sono necessarie delle vere e proprie strategie competitive.

Modello delle 5 forze di Porter: il vantaggio competitivo

Secondo questo modello la competitività sul mercato è data dalla somma di cinque diverse forze:

  • nuovi concorrenti diretti
  • il potere dei fornitori
  • il potere degli acquirenti
  • la minaccia di prodotti sostitutivi
  • potenziali concorrenti

Considerando tutti i fattori, le aziende per riuscire nella propria fetta di mercato, devono adottare, di conseguenza, delle strategie competitive. L’analisi delle cinque forze di Porter aiuta un’attività a capire meglio la struttura del proprio settore e la sua redditività nel medio-lungo termine. Lo studio fornisce anche un quadro più generale che permette alle aziende di anticipare le mosse della concorrenza e di andarne a influenzare, nel tempo, la profittabilità. Se le strategie competitive sono applicate correttamente, queste determinano un vantaggio competitivo duraturo ed efficace.

Analisi della concorrenza allargata: gli obiettivi

Quando si decide di aprire una partita IVA e iniziare a fare impresa è opportuno fare le giuste considerazioni, sfruttando schemi e ricerche già largamente testate. Una di queste è proprio il modello delle 5 forze di Porter che ha l’obiettivo di:

  1. Identificare le caratteristiche strutturali di un settore e la loro influenza sulla concorrenza e sulla redditività;
  2. spiegare perché alcuni settori sono più redditizi o c’è più concorrenza rispetto ad altri;
  3. prevedere i cambiamenti futuri riguardo a competitività e redditività;
  4. sviluppare strategie che influenzino la struttura del settore per aumentare la redditività;
  5. analizzare la concorrenza e i bisogni dei consumatori per identificare le opportunità di vantaggio competitivo nel settore

Analisi delle cinque forze di Porter: gli elementi

Nuovi concorrenti diretti

La prima forza da prendere in esame è la minaccia di nuovi concorrenti diretti. L’arrivo di nuovi concorrenti all’interno di un settore può determinare un limite alla propria redditività. Ogni concorrente adotta strategie competitive diverse a seconda dei differenti fattori in gioco:

  • concentrazione – quante imprese operano all’interno di un settore;
  • diversità della struttura – quanto più le imprese si assomigliano tra loro (per obiettivi e strategie) quanto più la concorrenza si basa sul prezzo;
  • capacità produttiva – la capacità produttiva in eccesso porta le aziende ad abbassare i prezzi per superare la concorrenza;
  • diversificazione dell’offerta – con prodotti simili, il cliente sceglierà in base al prezzo. Una situazione che porta le aziende ad abbassare ulteriormente i prezzi sperando di aumentare le vendite;
  • struttura del costo – relazione tra costi variabili e costi fissi.

Modello delle 5 forze di Porter

Potere dei clienti

Si riferisce all’influenza che i clienti possono avere sul prezzo imposto dalle aziende. Gli acquirenti infatti potrebbero chiedere un prezzo più basso o maggiori servizi. Una condizione che limita il prezzo con il quale uscire sul mercato e stabilisce un limite minimo per beni e servizi offerti.

Potere dei fornitori

Il potere dei fornitori fa riferimento alla contrattazione che può portare a costi più alti facendo diminuire il margine di guadagno delle aziende. I prezzi più alti dei fornitori possono influenzare le strutture aziendali, i costi e le competitività. I fornitori definiscono i prezzi in modo piuttosto libero e lo possono fare per diverse ragioni:

  1. sono organizzati in cartelli o patti per avere una maggiore forza contrattuale
  2. hanno una dimensione maggiore di quella dell’acquirente
  3. hanno il monopolio del bene che vendono
  4. i costi da sostenere per cambiare fornitore sono troppo alti

Minaccia di prodotti sostitutivi

La minaccia dell’introduzione sul mercato di beni o servizi simili oppure del tutto uguali a quelli venduti da un’azienda, può portare a perdere una parte del mercato stesso.

Potenziali concorrenti

Le aziende che potrebbero entrare sul settore di mercato, attratti da condizioni favorevoli e profitti alti, possono portare a una riduzione dei profitti.

Le diverse fasi del ciclo di vita del prodotto determinano differenti profitti e questo significa che il numero dei concorrenti possono aumentare o diminuire a seconda della fase. Le barriere presenti per entrare sul mercato e i relativi investimenti possono essere disincentivi alle nuove imprese e possono, quindi, proteggere i profitti delle aziende già presenti sul mercato.

Incubatore Startup: cosa sono e quali sono i migliori in Italia

Un incubatore startup è un ente con lo scopo di supportare le startup innovative durante il processo di avvio in cambio di una partecipazione societaria. Avere un’idea innovativa non è sufficiente a far decollare una nuova startup. Ciò che serve è capacità e tecnica dei fondatori, ma soprattutto un iniziale concreto supporto finanziario e pratico. Gli incubatori, infatti, non mettono a disposizione solo il denaro per sviluppare le idee, ma anche mezzi, servizi, spazi e personale qualificato. Una vasta gamma di risorse fondamentali nelle prime fasi di sviluppo di una nuova attività.

Incubatore Startup: quando è nata l’idea

Si parla d’incubatore di startup per la prima volta negli USA nel lontano 1959. Tutto ha avuto inizio con la Batavia Industrial Center in Batavia, fondata da Joseph Mancuso. Da quel momento in poi l’idea si evolve e trova ampio accoglimento nella fiorente società capitalista americana.

Ed è proprio in America che gli incubatori riscuotono il maggior successo mondiale. Negli Stati Uniti si contano il maggior numero d’imprese incubate che hanno registrato, nel corso del tempo, successo senza precedenti. Gli USA segnano circa l’87% di startup incubate, ma anche l’Italia non è da meno. Anche se arrivato in ritardo, il fenomeno degli incubatori ha trovato terreno fertile in un paese dove sempre più persone decidono di aprire una partita IVA e iniziare subito a fare impresa. Oggi si contano circa 162 strutture con un fatturato di oltre 183 milioni di euro che fungono da incubatori di startup innovative.

Startup Incubatore: tutti i servizi offerti

La Commissione Europea ha definito gli incubatori nel documento “The smart guide of innovation”. Sono definiti come luoghi all’interno dei quali tutti i nuovi imprenditori possono trovare strutture, servizi e conoscenze necessarie per sviluppare le proprie idee di business, adatte ai loro bisogni e utili per la creazione di realtà sostenibili.

Gli incubatori però non sono dei Centri di Ricerca, né tanto meno dei Parchi Tecnologici. Le tre cose non vanno confuse tra loro perché parchi e centri non offrono alle startup alcuna tipologia di servizio alle loro idee.

Gli incubatori, invece, mettono a disposizione dei veri e propri spazi fisici, dove è possibile organizzare eventi e programmi di mentorship, a sostegno delle attività delle startup che avviano le proprie iniziative. Tra i molteplici servizi offerti ricordiamo:

  • attività di networking
  • attività di ricerca
  • servizi di marketing
  • disponibilità di rete internet con accesso riservato/pubblico veloce
  • servizi per la gestione contabile e finanziaria
  • accesso a prestiti bancari
  • fondi di garanzia per le PMI
  • accesso a bandi e incentivi di varia natura
  • supporto nella preparazione delle presentazioni pitch e di altri documenti
  • collegamenti con partner strategici
  • accesso a angel investor o venture capital;
  • consulenza mentor startup per ogni decisione da prendere
  • consulenza strategica (dalla redazione del business plan fino all’individuazione del team di lavoro)
  • aiuto per servizi legali e gestione di proprietà intellettuale

Incubatore Startup

Incubator accelerator startup: i vantaggi

Le startup che decidono di rivolgersi a un incubatore possono usufruire di moltissimi vantaggi:

  • assistenza costante e qualificata
  • disporre di spazi già attrezzati con tutti gli strumenti utili a svolgere la propria attività
  • essere messi in collegamento con tante altre realtà che possono aiutare a sviluppare e migliorare le proprie idee creative
  • ridurre tutti i costi di gestione, marketing, ricerca, sviluppo e segreteria
  • possibilità di entrare in contatto con nuovi potenziali clienti
  • ingrandire il proprio network di partners e investitori

Best startup incubators

In Italia ci sono circa 171 incubatori, di cui il 64,2% sono privati, il 13,9% pubblici e il restante 21% ibridi. Circa il 60% sono distribuiti nelle regioni del Nord Italia in particolare in Lombardia e in Toscana. Tra i più importanti e attivi ricordiamo:

  1. PoliHub – incubatore universitario del Politecnico di Milano gestito dalla Fondazione Politecnico di Milano.
  2. I3P – incubatore di startup del Politecnico di Torino.
  3. H-FARM – si tratta di uno dei migliori centri d’innovazione a livello europeo. Nato nel 2005 ha sede a Treviso.
  4. Impact Hub Milano – rivolto soprattutto a tutte quelle startup innovative che hanno come scopo l’impatto della società sull’ambiente.
  5. Nana Bianca – l’incubatore è nato nel 2012 per opera di Paolo Barberis. Ha sede a Firenze ed è una Startup Studio al centro della cultura digitale italiana.
  6. FabriQ – nato per le startup sociali del Comune di Milano è gestito da un’associazione temporanea d’impresa.
  7. Make a Cube – svolge lavoro di consulenza e mette a disposizione spazi di coworking, oltre a programmi di formazione per imprenditori.

Rappresentante fiscale: chi è, cosa fa e fatturazione

Il rappresentante fiscale è nominato per gestire la fatturazione e la contabilità di un’azienda estera che opera in Italia. Quindi, per aprire una partita IVA e iniziare subito a fare impresa serve anche nominare un rappresentate fiscale che possa rappresentare la società di fronte alle autorità, per l’ assolvimento degli obblighi fiscali.

Rappresentante fiscale in Italia

Un’azienda estera per poter operare in Italia deve obbligatoriamente avere un proprio rappresentante fiscale. Il procuratore deve aprire partita IVA come persona giuridica oppure come persona fisica. Solo così facendo, può gestire le operazioni rilevanti ai fini IVA. La partita IVA è obbligatoria a meno che l’azienda non venda bene e servizi a privati (non soggetti passivi IVA perché non titolari di partita IVA), a non residenti oppure tratti scambi intracomunitari per i quali non è esplicitamente richiesta la nomina di un rappresentate fiscale.

Le aziende estere per svolgere la propria attività nel Bel Paese, hanno due alternative:

  • creare un’azienda italiana su territorio italiano
  • nominare un rappresentante fiscale e registrarlo direttamente come titolare di partita Iva.

Sono entrambe valide alternative e la differenza risiede solo nella figura che è ritenuta responsabile verso le autorità degli obblighi IVA. Nel primo caso il rappresentante è co-responsabile degli obblighi connessi al pagamento dell’IVA. Nel secondo, invece, è solo l’azienda a rispondere come unica e responsabile perché nessun altro ente agisce in nome e per conto dell’azienda stessa.

Rappresentante fiscale: la nomina

Il rappresentante deve essere nominato prima che l’operazione soggetta IVA si verifichi. La nomina avviene solitamente con atto pubblico. È inoltre possibile consegnare la lettera di nomina direttamente all’ufficio di Agenzia delle Entrate operante nella zona alla quale il rappresentante è nominato.

Rappresentante fiscale

Azienda estera con rappresentante fiscale in Italia: i compiti e le funzioni

Tutti gli obblighi legati all’IVA sono di pertinenza del rappresentante fiscale (RF). In altre parole è a questa figura che spetta il compito di gestire fatturazione elettronica e contabilità dell’azienda. Tra i suoi doveri troviamo:

  1. contabilizzazione di fatture attive e passive
  2. contribuzione dell’IVA all’Erario entro i termini stabiliti
  3. liquidazione dell’IVA
  4. relative dichiarazioni.

Rappresentante fiscale fattura elettronica

Per quanto riguarda la contabilizzazione di fatture attive e passive il RF può agire in due diversi modi:

  • applica un’aliquota nazionale al cliente e riceve poi una relativa fattura per l’operazione dell’azienda estera;
  • l’azienda estera emette fattura al cliente senza applicare IVA, sfruttando il meccanismo del reverse charge. In quest’ultimo caso il cliente italiano deve integrare la fattura ricevuta con l’aliquota adeguata, registrando un’autofattura

Qualunque sia la strada preferita dal rappresentante e dall’azienda estera, i dati della società straniera e quelli del rappresentante, devono sempre essere presenti sulla fattura.

Va infine ricordato che esistono anche società straniere che svolgono solo operazioni non rilevanti ai fini IVA. In questo caso l’azienda può scegliere di nominare un rappresentante fiscale leggero a cui demanderà l’onere di provvedere alla compilazione esclusiva del modello Intrastat.

IVA MOSS

Le aziende straniere che vendono esclusivamente prodotti digitali operando con piattaforme e-commerce, possono registrarsi al regime IVA MOSS. Si tratta di un particolare sistema che consente di evitare alle società estere di adempiere agli obblighi IVA in ciascun Paese straniero.

Il regime IVA MOSS permette, quindi, alle società, di risultare responsabile degli obblighi fiscali, solo nel Paese dov’è concentrata l’attività svolta. La comunità europea ha voluto aiutare e agevolare questo sistema creando uno specifico portale intracomunitario dal quale è possibile richiedere facilmente un eventuale rimborso IVA e presentare le dichiarazioni IVA  a disposizione di ciascuno Stato.

Circuito SWIFT: cos’è, come funziona ed eventuali alternative

Il circuito Swift è il sistema internazionale più conosciuto e usato al mondo per trasferire denaro. Swift è acronimo di Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication ed è nato nel 1977 come evoluzione del Telex. Prima dell’avvento di questo circuito, le banche che necessitavano inviare denaro all’estero, dovevano inviare intere descrizioni delle operazioni da effettuare. Il vecchio sistema era lento, poco sicuro, inaffidabile e, soprattutto, soggetto agli errori umani. Ma tutto iniziò a cambiare grazie allo Swift e ai protocolli innovativi introdotti per trasferimenti di soldi.

Circuito bancario SWIFT: dalle origini a oggi

La Società per la Telecomunicazione Finanziaria Interbancaria Mondiale ha sede legale a Bruxelles, in Belgio. È un intermediario finanziario esecutore delle transazioni finanziarie. Il circuito Swift è usato dalla quasi totalità di banche nel mondo. Permette il pagamento diretto anche quando debitore e creditore non hanno la stessa banca di appoggio. I pagamenti avvengono su scala internazionale.

La società fornisce anche una serie di software e servizi di varia natura alle istituzioni socie (per lo più banche), oppure ai clienti. Prima dell’avvento del circuito bancario Swift le conferme degli avvenuti pagamenti erano fatte via telegramma. Un sistema particolarmente lento, scomodo e soprattutto pericoloso perché soggetto, come non mai, agli errori umani.

Oggi lo Swift è una rete dinamica, veloce e sicura. Permette a oltre 10.000 istituti finanziari dislocati in oltre 212 diversi Paesi d’inviare e ricevere informazioni sulle varie transazioni finanziarie. Il sistema è prevalentemente formato da banche, ma al suo interno troviamo anche istituti di trading, broker, sistemi di compensazione ed enti di gestione d’investimenti. Per entrare a far parte del circuito

Circuito Swift: come funziona

Lo Swift si è differenziato dai precedenti metodi di trasferimento fondi grazie ai codici. Sono chiamati BIC, acronimo di Bank Identifier Code, servono a identificare le banche attraverso una serie di caratteri specifici e univoci. Con i codici ciascuna banca è identificata per una serie d’informazioni:

  1. paese di provenienza
  2. città in cui ha la sede la filiale dalla quale l’utente sta inviando o verso cui sta ricevendo il pagamento
  3. filiale di riferimento

Sapere come fare un bonifico internazionale significa anche essere a conoscenza del fatto che l’IBAN, che individua nello specifico un esatto conto corrente di una determinata banca, deve contenere anche il BIC. Nel corso del tempo il circuito ha conosciuto anche delle evoluzioni. Oggi esiste, ad esempio, il meccanismo di pagamento denominato SEPA (Single Euro Payments Area) che, tramite bonifico, permette di effettuare pagamenti all’interno di una vastissima area. Lo spazio che abbraccia e utilizza questo ingegnoso sistema comprende gli Stati membri dell’Unione Europea e i Paesi dello spazio Economico Europeo (come Islanda e Norvegia). Un sistema che prevede diverse agevolazioni per trasferire denaro da e verso l’estero.

Circuito SWIFT

Swift banca: trasferimento di denaro

Il pagamento in contanti è ormai sostituito, in modo preferenziale, dal bonifico, grazie anche all’avvento del circuito Swift. È però importante capire che con la rete Swift il denaro non concretamente trasferito. In pratica serve solo alle banche per riconoscersi tra di loro e capire da dove sta arrivando il denaro trasferito.

Il circuito ha, sin dagli albori, riscosso subito un grandissimo successo. Con il passare del tempo e grazie anche al diffondersi della tecnologia, lo Swift ha preso sempre più piede. Basti pensare che solo l’anno scorso, l’Europa, Medio Oriente e Africa hanno effettuato addirittura il 45% delle operazioni internazionali sfruttando questo meccanismo. L’America e Regno Unito lo hanno utilizzato per il 40% di tutte le operazioni, mentre nell’Asia Pacifico l’impiego è attestato attorno al 14,5%. Un grandissimo successo.

Il sistema è neutrale, ma spesso è usato come strumento geopolitico. Escludere uno stato dal circuito internazionale, significa non permettergli più di ricevere o inviare denaro verso moltissime parti nel mondo. Una situazione grave che causa non pochi problemi all’importazione e all’esportazione di beni e servizi.

Pagamento Swift e alternative

Nonostante il grandissimo successo del circuito Swift, non è l’unico strumento per il trasferimento internazionale di denaro. Ad esempio, Russia e Cina, nel corso degli anni, hanno sviluppato due alternative:

  1. CIPSCross-Border Interbank Payment System, è gestito dalla People’s Bank of China e basato sulla valuta cinese. È usato da oltre 1280 banche nel mondo (dislocate in Africa, Giappone e Russia).
  2. SPFSSystem for Transfer of Financial Messages, è invece il sistema russo usato, però, prevalentemente sul mercato interno. Nel 2021 ha rappresentato il 20% delle operazioni interne. Vi partecipano 400 banche e nel tempo hanno aderito anche banche straniere di Armenia, Bielorussia, Germania, Kazakistan, Kirghizistan e Svizzera.

Contributo Conai: cos’è e come cambia nel 2022

Il contributo CONAI corrisponde a una voce in fattura che fa riferimento ai costi di riciclo e gestione degli imballaggi. È un costo ripartito tra chi produce imballaggi e chi li utilizza. Ogni produttore e ogni utilizzatore d’imballi deve registrarsi con un preciso codice di riferimento al Consorzio Nazionale Imballaggi (CONAI). L’ente è privato, nato nel 1998 e non ha scopo di lucro, semplicemente si è fatto carico della gestione degli imballaggi, argomento molto sentito soprattutto negli ultimi anni vista la crisi climatica a cui stiamo assistendo.

La voce, presente in fattura, rientra nell’imponibile IVA e può variare a seconda del materiale usato per realizzare l’imballo, dal quale è determinato un tipo di smaltimento diverso.

Contributo CONAI: chi deve pagare?

I produttori e gli utilizzatori d’imballaggi sono tenuti a versare il contributo CONAI. Tra i produttori obbligati al pagamento troviamo:

  • chi produce i propri imballi per vendere i propri articoli
  • coloro che importano i materiali necessari alla fabbricazione degli imballi
  • i produttori di semilavorati utilizzati per la realizzazione degli imballi
  • importatori di semilavorati
  • chi produce imballi vuoti
  • importatori e rivenditori d’imballi vuoti

Tra gli utilizzatori d’imballaggi soggetti all’obbligo di pagamento del CONAI, troviamo:

  • Chi compra e utilizza imballi vuoti
  • Coloro che importano merci imballate
  • Autoproduttori – vale a dire tutti i soggetti che realizzano da soli i prodotti e gli imballi per le spedizioni
  • commercianti

Il valore del contributo varia in base al materiale usato per l’imballo e, di conseguenza, ai metodi necessari per smaltirlo.

Contributo ambientale CONAI: il valore del materiale

Contributo ambientale CONAI è, quindi, una forma di finanziamento con la quale l’ente CONAI sostiene gli oneri da pagare per raccolta differenziata, per il riciclaggio e per il recupero dei rifiuti d’imballaggi. Il Decreto Legislativo n°152/06 stabilisce che il costo deve essere ripartito “in proporzione alla quantità totale, al peso e alla tipologia del materiale d’imballaggio immessi sul mercato nazionale”.

Contributo Conai

Il contributo cambia a seconda del materiale usato per l’imballaggio. La diversificazione contributiva per gli imballi in plastica è entrata in vigore dal 1° gennaio 2018, per quelli in carta, invece. È in vigore dal 1° gennaio 2019.

A oggi, 2022, i contributi richiesti sono:

Materiali/Fasce contributive                 Dal 1° gennaio 2022          Dal 1° luglio 2022

Acciaio                                                                 12,00 €/t                                           8,00 €/t

Alluminio                                                           10,00 €/t                                           7,00 €/t

Carta (suddivisa in 4 fasce)

1 (Base)                                                                 10,00 €/t                                           5,00 €/t

2 (CPL):                                                               30,00 €/t                                          25,00 €/t

3 (Compositi tipo C)                                         120,00 €/t                                         115,00 €/t

4 (Compositi tipo D)                                         250,00 €/t                                        245,00 €/t

Legno                                                                  9,00 € /t                                            9,00 €/t

Plastica (suddivisa in 4 fasce)

A1                                                                         104,00 €/t                                         60,00 €/t

A2                                                                         150,00 €/t                                        150,00 €/t

B1                                                                         149,00 €/t                                         20,00 €/t

B2                                                                         520,00 €/t                                        410,00 €/t

C                                                                           642,00 €/t                                        560,00 €/t

Plastica biodegradabile                           294,00 €/t                                       294,00 €/t

e compostabile

Vetro                                                                   33,00 €/t                                          29,00 €/t

 

Quindi peso e tipologia di materiale dell’imballo oggetto della prima cessione, sono i fattori che determinano il contributo da versare. In fattura, produttori e utilizzatori, devono, pertanto, indicare sempre la natura del materiale utilizzato e il peso complessivo degli imballi usati.

Addebito contributo CONAI in fattura

L’ente CONAI, quindi, fornisce sempre e solo il costo per tonnellata. Spetta a produttori e utilizzatori calcolarne la quantità e l’importo totale da dichiarare. In fattura devono essere presenti tutte le informazioni necessarie a stabilirne l’importo esatto. Non sempre e non tutte le unità possono però essere riconvertite facilmente in “tonnellate”. Quando accade è necessario indicare un secondo valore. Per farlo è possibile:

  • indicare le informazioni relativa al prodotto in questione in due righe separate
  • nella descrizione dei prodotti indicare il riferimento al contributo ambientale. Creare infine un’unica voce se il materiale è sempre lo stesso. Quando i materiali invece sono multipli, sulla medesima fattura è necessario creare voci separate per i singoli componenti.

Esiste poi il caso d’imballi compositi e imballaggi multimateriali. Per i primi il riferimento al contributo prende in considerazione il materiale presente in modo più preponderante rispetto agli altri. Per i secondi, invece, il contributo CONAI è calcolato in percentuale dei componenti stessi.

Moneta elettronica: vantaggi per imprese, professionisti e cittadini

La moneta elettronica non corrisponde alle criptovalute. Si tratta infatti di una valuta che può essere archiviata elettronicamente su vari dispositivi, ma che, a differenza delle cripto, è supportata da una valuta Fiat. Inoltre è regolamentata dall’autorità centrale. Oggi, la moneta elettronica è una parte importante di ciascuna attività commerciale, che si tratti di un negozio fisico, piuttosto che di un e-commerce per la vendita di prodotti online.

Moneta elettronica: come funziona e cos’è

La moneta elettronica è una valuta archiviabile su:

  • smart card – carte di credito oppure carte di debito
  • sistemi informatici
  • smartphone

è una moneta largamente diffusa e utilizzata in tutto il mondo grazie agli accordi che banche, società finanziarie e processori di rete di monete elettroniche, hanno siglato nel corso del tempo. Oggi è praticamente quasi impossibile trovare un e-commerce che non accetti, come metodo di pagamento, la moneta elettronica per l’acquisto di beni e servizi.

La valuta ha un corso legale e il suo valore è stabilito dal governo che la emette ed è sempre supportata da una moneta fiat. Il denaro Fiat è una valuta a cui corrisponde un asset sottostante, come, ad esempio, l’oro, oppure l’argento. Vista l’ampia diffusione della moneta elettronica, piccole, medie e grandi imprese, la tengono seriamente in considerazione quando si tratta di scambi commerciali.

Tipi di moneta elettronica

Esistono due grandi categorie di monete elettroniche:

  1. Hard – è la valuta usata per transazioni irreversibili, cartolarizzate e di natura procedurale.
  2. Soft – è usata per transazioni reversibili e/o flessibili. Gli utenti possono gestire le proprie transazioni anche dopo aver effettuato il pagamento, richiedendone, ad esempio, l’annullamento o la modifica del prezzo pagato. Il periodo per effettuare eventuali modifiche è comunque limitato nel tempo. A questa categoria corrispondono le transazioni effettuate con i metodi più diffusi e conosciuti al mondo: PayPal, PayTM, Interac, carte di credito, ecc…

Moneta elettronica definizione e caratteristiche

Per essere definita tale, la moneta elettronica deve rispondere a determinate caratteristiche:

  • Riserva di valore – anche se elettronica è pur sempre una riserva di valore, archiviato elettronicamente fino al ritiro fisico vero e proprio.
  • Mezzo di scambio – serve per acquistare un bene o un servizio, vale a dire che è una forma di pagamento e quindi di scambio commerciale.
  • Misura il valore dei beni – come qualunque altra moneta anche quella elettronica serve a valutare il reale valore di un bene/servizio.
  • Pagamento differito – è usata per effettuare pagamenti differiti, cioè è usata come strumento di concessione di credito per rimborsare una fattura.

Moneta elettronica

La moneta elettronica e i suoi molteplici vantaggi

Da quando esiste, la moneta elettronica ha apportato una vasta gamma di benefici a livello globale. Che si tratti di aprire una nuova partita IVA e vendere prodotti online, piuttosto che fare impresa vecchio stile con un negozio fisico, il denaro elettronico ha regalato innumerevoli vantaggi a tutti:

  • Versatilità e praticità – è possibile effettuare pagamenti in qualunque parte del mondo e verso qualunque luogo nel mondo. Basta un click, è facile e veloce, un metodo pratico che non richiede alcuna abilità o conoscenza particolare per essere usato.
  • Tracciabilità e storicità – le transazioni effettuate con moneta elettronica lasciano il “segno”. Vale a dire che sono registrate digitalmente e possono essere seguite e ricontrollate anche a distanza di tempo.
  • Evita attività fraudolente – proprio grazie al fatto che risulta essere tracciabile e quindi per ogni operazione è possibile risalire a dati e informazioni relative, le transazioni sono più sicure e scongiurano i rischi di frodi e attività sospette.
  • Immediatezza – Le transazioni elettroniche sono rapide e immediate. Il denaro è trasferito istantaneamente da una parte all’altra, con una velocità mai sperimentata prima dall’economia globale.
  • Sicurezza – è un metodo di pagamento sicuro perché tracciabile e protetto da misure di sicurezza avanzate (autenticazione e tokenizzazione).

Istituto di moneta elettronico

Gli attori che prendono parte alla produzione e circolazione della moneta elettronica sono tre:

  1. istituzioni finanziarie (banche) – elaborano le transazioni
  2. società non bancarie – produttrici di software e hardware usati nelle e per le operazioni digitali
  3. portafogli digitali (wallet) – magazzini virtuali per la moneta che, attraverso la verifica delle credenziali dei vari utenti, permettono la gestione quotidiana del denaro elettronico.

Il denaro elettronico rappresenta quindi il futuro dei pagamenti e delle transazioni mondiali. I consumatori sono ormai abituati a usare i mezzi di pagamento elettronico e hanno accettato tranquillamente anche scontrini elettronici e fatture elettroniche. Il mondo cambia e punta alla digitalizzazione globale per semplificare e velocizzare al massimo il commercio mondiale.

Cosa vendere online per avere successo

Chi desidera aprire una partita iva e cimentarsi in un negozio online deve conoscere molto bene il mercato, domanda e offerta, attuale. Il settore online ha conosciuto, negli ultimi anni, un’impennata vertiginosa. Le previsioni sostengono che entro il 2040 ingloberà addirittura il 95% delle transazioni effettuate nel mondo. Oggi rappresenta circa il 14-18% delle vendite globali al dettaglio. Per avere successo è importante sapere cosa vendere online e puntare sui prodotti giusti, molto richiesti e poco costosi da acquistare, ma che abbiano un discreto margine di guadagno.

Cosa vendere online per guadagnare

Gli articoli vendibili online sono una moltitudine. La prima grande distinzione da fare è tra articoli fisici e quelli digitali. I primi hanno un valore percepito superiore rispetto ai secondi perché sono effettivamente prodotti fisicamente. Le materie prime, la produzione e la distribuzione hanno quindi un loro costo. Sono quindi una categoria che comporta un maggior costo perché richiedono anche un eventuale immagazzinamento e smercio.

I prodotti digitali invece richiedono meno risorse. L’articolo è prodotto solo una volta e rivenduto infinite volte. Per quanto sia più semplice vendere articoli digitali, perché la loro realizzazione non comporta alcuna catena di produzione e/o approvvigionamento, sono anche più facili e soggetti alla contraffazione.

Come vendere le cose online: domande e risposte

Per vendere online bisogna prima chiedersi per quale ragione gli utenti vorrebbero comprare un determinato prodotto. Ci sono diverse ragioni per le quali un utente dovrebbe decidere di acquistare un determinato prodotto su internet:

  • soddisfa un reale e quantificabile bisogno
  • soddisfa un’esigenza emotiva, non precisamente quantificabile
  • si tratta di un articolo che è “necessario avere” anche se non serve effettivamente a qualcosa

Alla fine, qualunque sia la motivazione che spinge un utente verso l’acquisto di un prodotto, l’importante è essere originali, offrire sempre prezzi giusti, vendere prodotti personalizzabili e riuscire a vendere oggetti collegabili tra loro.

Cosa vendere online per avere successo

Cosa fare per vendere online

Per fare impresa e vendere online la prima cosa da fare, oltre ad aprire una nuova partita IVA ad hoc, è quella di trovare una propria nicchia di riferimento. Individuare una nicchia significa localizzare una sorta di vuoto presente sul mercato, che è possibile quindi colmare vendendo i propri articoli. Per trovarla occorre eseguire un’accurata ricerca di mercato andando a individuare quello che piace e a chi piace. Aiuta molto spulciare le grandi piattaforme di vendita online, come Amazon, eBay o Reddit.

Individuata la nicchia si passa invece alla ricerca delle parole chiave che indicano precisamente e identificano il/i prodotto/i da vendere. È importante sapere come Google riesce a far trovare agli utenti quel determinato prodotto. In questo modo tutto il marketing, nonché la piattaforma di vendita vera e propria, saranno improntati a valorizzare i termini più comuni utilizzati dagli utenti quando effettuano le ricerche dei prodotti interessanti.

È inoltre molto importante conoscere le “criticità dei prodotti da vendere. Leggere commenti e opinioni che gli utenti lasciano su prodotti simili acquistati da competitor, aiuta a capire su quali fattori/elementi fare pressione, oppure evitare di spingere. Ad esempio, se la maggior parte degli acquirenti si lamenta che un tale prodotto risulta non impermeabile, nella descrizione della scheda dell’oggetto sul proprio portale, è furbo evidenziare quanto invece lo sia quello che si cerca di piazzare.

Cosa vendere online per avere successo

L’ultimo consiglio da seguire per trovare cosa vendere online e riuscire a guadagnare è quello di sfruttare le tendenze. Gli articoli di tendenza corrispondono agli ultimi usciti, quelli che attirano sempre una grandissima attenzione e che tutti cercano e vogliono. È fondamentale riuscire a individuare prima della concorrenza le ultime tendenze. Per farlo basta darsi un’occhiata in giro:

  • leggere e ascoltare i social media
  • utilizzare Google Trends
  • seguire Trend Hunter
  • usare Reddit come fonte d’informazioni
  • individuare gli articoli più venduti su grandi e famose piattaforme come Amazon oppure Etsy.

Importante non soffermarsi sulle tendenze lampo che nascono e muoiono nel giro di pochissimo tempo. Una tendenza vera è qualcosa che perdura nel tempo, o meglio, all’inizio esplode e con il tempo l’interesse scema ma non scompare del tutto, offrendo comunque buone opportunità di guadagno. Una tendenza soddisfa comunque delle esigenze e lo fa in modi diversi e sempre nuovi. In altre parole un articolo valido da vendere sul web per guadagnare è un prodotto che soddisfa un’esigenza dell’utente e che appaga le aspettative nel tempo presentandosi in modi sempre nuovi e diversi.