Pace contributiva: cos’è, come funziona e chi può beneficiarne

La pace contributiva, da poco introdotta grazie ad una nuova legge, è una misura che permette di andare in pensione prima della scadenza del periodo previsto. Uno strumento che può essere utilizzato dai lavoratori più giovani, per riscattare fino a 5 anni di contributi, scaricando il costo delle tasse. In alcuni casi è previsto anche che l’onere di riscatto sia sostenuto dal datore di lavoro. La pace contributiva può essere utilizzata per andare a coprire vari versamenti di contributi mancanti tra l’anno di iscrizione all’INPS e l’ultimo anno in cui sono stati versati gli ultimi contributi. Gli anni riscattabili però non possono essere già oggetto di obbligo contributivo o coperti da altra contribuzione versata altre forme di previdenza obbligatoria. Il riscatto è inoltre rateizzabile senza interessi.

Pace contributiva: gli anni riscattabili

Esistono dei casi particolari e delle eccezioni alla pace contributiva, ma in linea generale gli anni riscattabili per quasi la totalità dei lavoratori sono:

  • anni di lavoro all’estero
  • corsi di laurea
  • corsi per diplomi universitari, di specializzazione
  • dottorati di ricerca
  • periodi di aspettativa non retribuita per assistenza e cura dei disabili, sino a un massimo di 5 anni
  • congedo familiare per gravi motivi (massimo due anni)
  • congedo parentale al di fuori del rapporto di lavoro (massimo 5 anni)
  • sospensione o interruzione del rapporto lavorativo (massimo 3 anni)
  • formazione professionale
  • studio e ricerca ed inserimento nel mercato di lavoro
  • intervalli tra lavori saltuari e discontinui (come quelli stagionali o temporanei)
  • intervalli tra un part-time e l’altro
  • servizio civile universale (sempre se non coperto da contribuzione obbligatoria

Pace contributiva

Pace contributiva: le forme assicurative previste

Secondo il decreto ministeriale di riferimento è quindi possibile riscattare, in tutto o in parte, anni di mancati versamenti contributivi. Per farlo sono state creare delle formule assicurative particolari:

  • assicurazione generale obbligatoria (AGO), a sua volta suddivisa in:
  1. fondo speciale degli addetti ad attività commerciali, o gestione speciale Commercianti
  2. fondo della previdenza degli artigiani
  3. sistema dei coltivatori diretti/imprenditori agricoli professionali, coloni e mezzadri
  • fondi esonerativi dell’AGO:
  1. ad esaurimento degli spedizionieri doganali (confluita nell’Inps a seguito della soppressione operata nel 1997)
  2. speciale dei lavoratori delle miniere, cave e torbiere
  3. ad esaurimento del consorzio autonomo del porto di Genova e Trieste
  4. speciale dei lavoratori dipendenti di ex-enti creditizi
  • forme sostitutive ed esclusive dell’assicurazione generale obbligatoria (Inpdap, Enpals…)
  • gestione separata

come già specificato, i periodi riscattabili non devono essere soggetti a diverso obbligo contributivo, né coperti da altre forme previdenziali. È possibile riscattare al massimo 5 anni di contributi.

I soggetti beneficiari

La pace contributiva non è aperta a tutti i lavoratori. La possono infatti richiedere e sfruttare solamente i lavoratori:

  • iscritti all’assicurazione generale obbligatoria, oppure ad altre forme sostitutive ed esclusive, o alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, o, ancora, alla gestione separata
  • non sono già titolari di pensione
  • sono privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995

In altre parole tutti quei lavoratori che contano contributi versati alla data del 31/12/1995, non possono beneficiarne. Allo stesso modo non ne beneficiano i lavoratori iscritti ad una o più casse professionali, oppure che non risultano essere registrati a nessuna gestione amministrata dall’INPS.

Pace contributiva: il calcolo

Gli anni da riscattare con il sistema della pace contributiva sono calcolati con il sistema contributivo. Ci sono quindi alcune regole generali che valgono per tutti i calcoli e le situazioni possibili:

  • ad ogni anno da riscattare va applicata l’aliquota vigente nella gestione previdenziale a cui appartiene l’iscritto (33% per i dipendenti), per il reddito imponibile degli ultimi 12 mesi
  • (imponibile ultimi 12 mesi X aliquota contributiva X numero anni da riscattare)
  • L’imponibile è da rapportare a mese, o settimana qualora non risultino annualità intere
  • quando l’imponibile è inferiore al reddito minimale, o non sono stati percepiti redditi, l’aliquota si applica sul minimale annuo.

Come già anticipato, l’onere del riscatto è rateizzabile, senza interessi, per un massimo di 120 rati, vale a dire 10 anni. Il datore di lavoro volendo può pagare tutto o parte del riscatto, devolvendo i premi di produzione  del lavoratore a tale scopo. In questo caso il costo può essere dedotto dal reddito d’impresa. Per il dipendente questo costo, non è comunque considerato un reddito imponibile.

Il versamento può avvenire in un’unica rata, oppure rateizzato in massimo 120 rate (10 anni). In caso di rateizzazione, ogni rata non può essere inferiore a 30€. Il costo del riscatto, infine, è detraibile nella misura del 50% dall’IRPEF. Questo è ripartito in 5 diverse quote annuali, costanti e di egual importo per ogni anno successivo.

Diritto camerale: calcolo e pagamento alla Camera di Commercio

Il diritto camerale è una prestazione dovuta ogni anno alle varie Camere del Commercio da parte di tutte le imprese iscritte o annotate al Registro delle imprese. Si tratta di un diritto dovuto in base alla sede legale dell’impresa. Questo significa che l’impresa paga la Camera di Commercio (unità locali, sede secondarie o uffici di rappresentanza) della località dove ha sede legale. In caso le sedi si trasferiscano, allora il diritto va pagato alla Camera di Commercio in cui è ubicata la sede legale dal 1° gennaio dell’anno in corso.

Diritto camerale: soggetti obbligati e soggetti esonerati

Ci sono alcuni soggetti obbligati a pagare il diritto camerale ogni anno. Tra questi vanno ricordati:

  • Società a responsabilità Limitata (unipersonali)
  • Società per Azioni
  • Imprese individuali
  • Società in accomandita per azioni
  • Società di persone (in nome collettivo e in accomandita semplice)
  • Imprese agricole
  • Imprese non agricole
  • Cooperative
  • Consorzi
  • Enti economici pubblici
  • Enti economici privati
  • Aziende speciali e consorzi previsti dalla Legge n 267/00
  • Imprese estere con sedi locali in Italia
  • Società consortili a responsabilità limitata per azioni

Non tutte le imprese però sono assoggettate a questo obbligo. L’onere del pagamento, ad esempio, non grava su:

  • società per le quali è stato adottato un provvedimento fallimentare (salvo esercizio provvisorio di attività)
  • imprese per le quali è stata adottata una liquidazione amministrativa (salvo esercizio provvisorio di attività)
  • imprese individuali che hanno dichiarato e cessato l’attività al 31 dicembre dell’anno precedente e che hanno presentato la cancellazione al Registro delle Imprese entro e non oltre il 30 gennaio dell’anno corrente
  • società ed enti collettivi con bilancio finale di liquidazione già approvato e che hanno presentato domanda di cancellazione dal Registro Imprese sempre entro il 30 gennaio dell’anno in corso
  • Cooperative nei confronti delle quali le Autorità Giudiziarie, hanno adottato provvedimenti di scioglimento

Diritto camerale

Diritto Camerale per più unità locali

Le imprese che esercitano la propria attività in diverse unità locali dislocate in differenti zone del territorio, sono tenute a pagare il diritto camerale ad ogni Camera di Commercio nel cui territorio ha sede l’unità locale stessa. L’importo dovuto è pari al 20% di totale che corrisponde la sede centrale. Il pagamento è da eseguirsi utilizzando un modello F24 dove, ogni unità locale, deve occupare un singolo rigo per la quale dovranno essere indicati gli importi dovuti, la sigla della provincia di appartenenza, l’anno di riferimento e il codice tributo 3850.

Termine di pagamento e scadenze

Il termine di pagamento del diritto camerale coincide con la scadenza del primo acconto delle imposte sui redditi. Esistono delle eccezioni. Infatti per tutte quelle imprese che determinano l’importo dovuto per il diritto camerale, in base a precisi scaglioni di fatturato e le ditte che hanno approvato il bilancio entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio sociale, devono pagare entro:

  • 30 giugno – per il pagamento senza 0,40%
  • 30 luglio – per il pagamento con 0,40%

Inoltre le società che approvano il bilancio oltre i quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio, devono versare il diritto camerale entro il 16 del mese successivo a quello di approvazione.

Infine, i soggetti che non approvano proprio il bilancio entro i termini stabiliti da legge, devono pagare il diritto camerale entro il 30 del mese successivo a quello in cui avrebbero dovuto approvare il bilancio stesso.

Quando le scadenza non sono rispettate, i soggetti possono comunque pagare entro il trentesimo giorno successivo alla scadenza, versando una somma maggiorata dello 0,40%. Se anche questa nuova scadenza non dovesse essere rispettata, il soggetto potrà comunque provvedere al pagamento entro un anno, avvalendosi del ravvedimento operoso.

Diritto camerale: come pagarlo

Il diritto camerale si paga versandolo in un’unica soluzione. Si paga utilizzando un modello F24. Su questo va sempre indicato il codice tributo 3850 nella sezione IMU ed altri tributi locali.

Il diritto annuale deve essere versato con arrotondamento all’unità di euro secondo le modalità indicate dalla nota MISE 3.3.2009 n. 19230.

Cosa succede quando non si paga il diritto camerale

I soggetti che non pagano il diritto camerale non possono ottenere le certificazioni da parte dell’Ufficio del Registro delle Imprese. Questo significa che chi non ha provveduto a pagare il diritto camerale non può ottenere alcun certificato da parte del sistema informatico nazionale delle Camere di Commercio.

Le imprese che non pagano, non hanno versato un importo sufficiente, oppure versano in ritardo, si possono avvalere del ravvedimento operoso. In questo caso il pagamento è sempre effettuabile con modello F24, ma stavolta i codici tributo da riportare sono:

  • 3852 per la sanzione, dovuta al ritardo del pagamento
  • 3851 per gli interessi.

Bonus bancomat 2020: come funziona e quali acquisti sono validi

Nell’articolo precedente: “Cashback: cos’è e come funziona” abbiamo introdotto l’argomento del nuovo programma governativo per incentivare i pagamenti con bancomat e carte di credito. Il bonus bancomat, è un programma che vuole essere una nuova arma contro l’evasione fiscale, assieme ai corrispettivi telematici e alla fatturazione elettronica, nostre vecchie conoscenze.

Il 28 novembre 2020 il decreto attuativo del MEF (Ministero dell’economia e delle finanze) è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Pronto ormai anche il sito Cashless Italia, dove è possibile trovare tutte le informazioni relative al programma. Il piano Italia cashless prevede anche alcune novità sulla lotteria degli scontrini, alla quale ora è possibile partecipare solo con i pagamenti elettronici e non più con quelli in contanti.

Importante sottolineare subito che non sono validi ai fini del cashback, gli acquisti eseguiti online. Valgono solo e soltanto quelli fatti nei negozi fisici e pagati tramite bancomat o carta di credito, oppure app accreditate. I rimborsi ottenuti tramite cashback e i premi della lotteria degli scontrini, sono “esentasse”.

Bonus bancomat 2020:il programma dall’8 dicembre

Il programma sperimentale del bonus bancomat 2020 inizia dall’8 dicembre 2020. Il programma è ideato per contrastare l’evasione fiscale, incentivando l’uso dei pagamenti elettronici con carte di credito e bancomat. In questo modo il flusso dei soldi è maggiormente controllabile.

Ricapitoliamo velocemente come funziona:

  1. erogazione rimborso semestrale
  2. rimborso diretto in conto corrente
  3. pagamenti validi solo quelli con carte di credito e bancomat
  4. bonus pari al 10% degli importi spesi con mezzi tracciabili
  5. tetto massimo rimborsabile 3000€ annui
  6. soglia massima rimborsabile a semestre 1500€.

Bonus bancomat 2020

Dall’8 dicembre parte il periodo sperimentale. Gli utenti possono scaricare l’app IO e partecipare al programma. Basta cancellare l’app per smettere di parteciparvi. L’app permette di controllare i pagamenti effettuati per i quali è valido ricevere il rimborso del 10%. A dicembre bastano 10 pagamenti elettronici per sbloccare il cashback del 10%. Le transazioni validi sono quelle fino a un valore massimo di 150€ per singola operazione. Le transazioni di importo superiore a 150 euro concorrono fino all’importo di 150 euro, fino a una spesa massima di 1.500 euro.

Il rimborso spettante per il mese di dicembre 2020, è erogato a febbraio 2021. Possono partecipare al programma solo i maggiorenni residenti in Italia. Ogni componete di una famiglia può partecipare e i rimborsi possono essere cumulati.

Come pagare per partecipare

Per aver diritto al bonus bancomat 2020 i pagamenti validi sono quelli eseguiti con:

  1. carte di credito
  2. carte di debito
  3. prepagate (Amex, Bancomat, Diners, Maestro, Mastercard, PostePay, VISA, V-Pay)
  4. app per pagamento digitale (come ad esempio Satispay, Google Pay ed Apple Pay dal 2021).

Dal 2021 il numero minimo delle transazioni passa da 30 a 50. I periodi di riferimento sono:

  1. 1° gennaio 2021 – 30 giugno 2021;
  2. 1° luglio 2021- 31 dicembre 2021;
  3. 1° gennaio 2022 – 30 giugno 2022.

I rimborsi sono erogati luglio 2021, gennaio 2022 e luglio 2022.

Bonus bancomat 2020: spese incluse ed escluse

Gli acquisti online non sono compresi nelle spese per aver diritto al cashback. Gli acquisti quindi devono essere effettuati nei negozi fisici e pagati con carte di credito, prepagate, carte di debito o bancomat, oppure tramite app.

Sono escluse anche tutte quelle spese eseguite per svolgere attività imprenditoriali, artigianali e professionali. Escluse anche le operazioni tramite sportelli ATM, come ad esempio le ricariche telefoniche. Non sono inoltre compresi i bonifici SDD per addebiti diretti su conto corrente e le operazioni ricorrenti con addebito su carta di credito.

App IO, SPID e Carta di Identità Elettronica

Per partecipare al programma è necessario scaricare l’app Io della Pubblica Amministrazione. Per accedervi è poi necessario avere lo SPID o la Carta di Identità Elettronica.

Chi non è ancora in possesso di queste credenziali potrà comunque partecipare al cashback statale di Natale usando una di queste app:

  1. Satispay
  2. Hype
  3. Nexi Pay
  4. Yap

 

Codice dei contratti pubblici: la disciplina che regola gli appalti pubblici

Nell’articolo precedente abbiamo visto cos’è e come funziona una gara d’appalto. La materia in Italia è regolata dal Codice dei contratti pubblici. Si tratta di una fonte normativa che regola appalti pubblici di lavori, forniture, servizi e concessioni. Il codice fa riferimento al decreto legislativo 18 aprile 2016, n° 50, che ha abrogato le precedenti leggi in materia ed è stato successivamente aggiornato dalla legge n 55 del 14 giugno 2019, conosciuto con il nome di “decreto sblocca cantieri”.

In altre parole il codice dei contratti pubblici, o codice appalti, è un testo unico che regola i rapporti tra Pubblica Amministrazione e le società incaricate di svolgere le opere previste nei vari bandi di appalto.

Cosa contiene il Codice dei contratti pubblici

Il codice contiene la disciplina in materia di opere pubbliche. Con questo codice sono fissati diversi criteri:

  • aggiornamento dei programmi e degli elenchi annuali
  • definizione degli ordini di priorità
  • suddivisione in eventuali lotti funzionali
  • riconoscimento delle condizioni necessarie a modificare la programmazione e la realizzazione dei vari interventi
  • criteri e modalità per terminare le opere
  • livello di progettazione minimo richiesto a seconda delle tipologie e delle classi di importo
  • schemi tipo e informazioni minime che devono essere contenute nei bandi di gara
  • le modalità di raccordo con la pianificazione dell’attività dei soggetti aggregatori e delle centrali di committenza ai quali le stazioni appaltanti delegano la procedura di affidamento.

Il codice stabilisce che gli eventuali controlli amministrativi in materia di appalti e opere pubbliche sono affidati all’ANAC (Autorità nazionale anticorruzione). L’ANAC, di cui abbiamo già trattato nell’articolo: “CIG Smart come ottenerlo e come esserne esonerati” è un’autorità amministrativa indipendente italiana che si occupa di prevenzione della corruzione in ambito della pubblica amministrazione.

Codice dei contratti pubblici: procedure

Le fasi regolamentate dal codice sono:

  • programmazione
  • nomina del responsabile del procedimento
  • determina a contrarre

Per quanto riguarda la programmazione il Codice prevede che questa sia fatta biennale per gli acquisti e triennale per i lavori. Su questa programmazione sarà poi basata la procedura di affidamento dei singoli interventi. L’affidamento prevede a sua volta la stesura di uno studio di fattibilità ambientale prodromico per le opere urbanistiche.

Invece la nomina del responsabile del procedimento è necessaria al fine di coordinare le fasi e che risponda ai terzi nelle comunicazioni ai fini di legge.

La determina a contrarre invece è l’atto attraverso il quale la Pubblica Amministrazione individua gli elementi essenziali del contratto da affidare. Stabilisce inoltre i criteri di selezione degli operatori economici e delle offerte.

Codice dei contratti pubblici

Codice dei contratti pubblici: trasparenza, concorrenza e meritocrazia

Il codice degli appalti è utile a garantire il rispetto della trasparenza, della concorrenza e della meritocrazia tra concorrenti in materia di opere pubbliche. Le imprese appaltatrici sono scelte in base a diversi procedure:

  • aperte – vere e proprie gare d’appalto. Non vi è selezione preventiva e le imprese o le ATI (Associazioni temporanee di impresa) possono parteciparvi liberamente inviando la propria offerta. Chi ha indetto la gara d’appalto sceglierà poi in base ai vari requisiti tecnici ed economici.
  • Ristrette – prevede le fasi di invio, presentazione, valutazione delle candidature e assegnazione. Solo dopo che l’impresa è stata ammessa, può avanzare l’offerta.
  • Negoziate – è una condizione molto particolare, nella quale è la Pubblica Amministrazione stessa a scegliere diretta, ente i concorrenti da invitare.

Alla fine comunque, qualunque sia la procedura prevista dal codice dei contratti pubblici e attuata, l’operatore scelto può stipulare il contratto e occuparsi dell’esecuzione dei lavori.

ANAC e Codice dei contratti pubblici

Il codice dei contratti pubblici è chiamato anche Legge Merloni. All’articolo n°10 di questa legge è stabilito il ruolo dell’ANAC nelle opere pubbliche. Questa autorità può infatti effettuare dei controlli a campione in merito ai requisiti dichiarati da concorrenti. Svolge inoltre verifiche amministrative e può richiedere alle società appaltanti di inoltrare richiesta alle imprese appaltatrice di dimostrare entro 10 giorni, il possesso dei requisiti di capacità tecnica ed economica.

Se da questa eventuale verifica risultasse che le imprese non rispondono in tutto o in parte ai requisiti suddetti, le stazioni appaltanti possono procedere all’esclusione del concorrente dalla gara d’appalto.

Fatturazione elettronica e appalti pubblici

Nel 2019 Agenzia delle Entrate ha finalmente attuato la normativa europea in merito alla fatturazione elettronica negli appalti pubblici. La normativa entrata in vigore stabilisce le regole tecniche e le modalità applicative della fatturazione elettronica in ambito di opere pubbliche. In sintesi tale normativa stabilisce che i fornitori possono emettere fatture elettroniche secondo le regole stabilite dall’UE e dalla CIUS.

Il protocollo attuativo è il n° 99370 del 18 aprile 2019, con il quale il direttore di Agenzia delle Entrate ha siglato le nuove regole tecniche (CIUS – Core Invoice Usage Specification) e le modalità applicative per la fatturazione elettronica negli appalti pubblici in Italia.

In definitiva la regola stabilisce che i fornitori possono emettere fatture elettroniche, ma queste devono essere obbligatoriamente conformi a modelli semantici e regole sintattiche precise. Inoltre la Direttiva ha disposto che le stazioni appaltanti e gli Enti Aggiudicatori degli Stati membri non possono rifiutarle solo perché in formato elettronico.

Il protocollo ha quindi stabilito:

formato corretto che le fatture elettroniche devono avere verso le PA

  • Le regole di dialogo con il Sistema di Interscambio
  • Le linee guida per le Pubbliche Amministrazioni
  • le misure di supporto per gli utenti
  • la disciplina per l’uso degli intermediari.

Gara d’appalto: cos’è, come funziona e come potervi partecipare

La gara d’appalto è una procedura precisa alla quale la Pubblica Amministrazione (PA) ricorre quando deve realizzare delle opere pubbliche, o acquistare beni/servizi o forniture. Si tratta di un iter bene preciso di cui la PA si serve per assicurare il rispetto di trasparenza, concorrenza e meritocrazia nell’assegnazione delle opere.

Cos’è un appalto

L’appalto è un contratto, tra appaltatore e appaltante.

L’appaltatore è il soggetto che si incarica di realizzare l’opera, di fornire un bene/servizio, commissionato dal committente a seguito del pagamento di un corrispettivo in denaro.

L’appaltante di conseguenza, è il committente che necessita di far realizzare un’opera, o ricevere un servizio/fornitura.

Una gara d’appalto è quindi lo strumento attraverso il quale la Pubblica Amministrazione ricerca imprese singole o Associazioni Temporanee di imprese che possano realizzare le opere di cui necessità.

Gara d’appalto: come funziona

La gara d’appalto è formata da vari step. Il primo consiste nella pubblicazione del bando di gara. Nel bando è descritto nel dettaglio l’opera che deve essere realizzata. A questo annuncio risponderanno singole imprese, oppure ATI (Associazioni temporanee di impresa) che rispondo a tutti i requisiti richiesti dal bando stesso.

Vince il bando chi risponde in maniera più idonea e pertinente ai requisiti previsti dal bando in termini di prezzo, requisiti e qualità.

Esistono vari tipi di procedure di appalto:

  • aperta
  • ristretta
  • competitiva con negoziazione
  • negoziata senza pubblicazione di un bando
  • dialogo competitivo
  • partenariato per l’innovazione.

Il bando di gara è predisposto dalle Stazioni Appaltanti, dopo l’approvazione del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e dalle Categorie professionali interessate. Un bando di gara d’appalto può essere indetto da:

  1. Autorità locali
  2. Organismi di diritto pubblico
  3. Esecutivo
  4. Unione Europea
  5. Organizzazioni internazionali
  6. Aziende che operano in settori specifici

I requisiti di partecipazione

Il bando della gara d’appalto riporta l’elenco dei requisiti che un’impresa deve possedere. I requisiti si dividono in

  1. generali – affidabilità morale e professionale dell’impresa
  2. speciali – a loro volta suddivisi in:
  • requisiti di capacitàbilancio d’impresa, fatturato specifico, fatturato globale, ecc…
  • requisiti tecnici – possesso di attrezzature specifiche per realizzare l’opera, personale idoneo, ecc…

Gara d'appalto

Gara d’appalto: come partecipare

L’impresa o l’ATI che vuole partecipare alle gare d’appalto deve prima individuare le gare di suo interesse. Gli avvisi si trovano su:

  • Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea
  • Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana
  • sito web del MIT
  • sito web del Committente
  • quotidiani a rilevanza locale
  • quotidiani a rilevanza nazionale
  • Albo pretorio del Comune interessato dai lavori
  • Portale appalti sito ANAC (oggi ancora non realizzato)

Una volta valutati tutti i requisiti richiesti, la dove ciascuno di esso venga soddisfatto, l’appaltatore può presentare domanda per partecipare alla gara d’appalto.

Normativa di riferimento

La gara d’appalto è regolata dal Decreto Legislativo n°50 del 18 aprile 2016, chiamato anche Codice dei Contratti Pubblici. Si tratta di un atto pubblico con il quale la Repubblica italiana attua le direttive europee n 2014/23UE, 2014/34/UE, 2014/25/UE.

Il Codice dei Contratti pubblici stabilisce materi a e adempimenti richiesti in tema di appalti pubblici per lavori e forniture di beni e servizi. In generale regola la materia delle opere pubbliche. Questo codice ha stabilito, tra le altre, le modalità di aggiornamento dei programmi e degli elenchi annuali, i criteri per la definizione degli ordini di priorità, la suddivisione in lotti funzionali, criteri e modalità per favorire la realizzazione delle opere e il livello di progettazione minimo richiesto per tipologia e classe di importo.

Nel codice sono inoltre stabiliti:

  • caratteristiche delle stazioni appaltanti e centrali di committenza
  • i requisiti che gli operatori economici, ovvero i soggetti privati o pubblici partecipanti alle gare d’appalto, devono necessariamente possedere;
  • le procedure competitive e non competitive che devono essere seguite per affidare contratti pubblici.

L’articolo 10 della Legge Merloni stabilisce che sia possibile effettuare dei controlli a campione in merito ai requisiti necessari dichiarati nella gara d’appalto. I controlli amministrativi sono svolti dall’Autorità nazionale anticorruzione. L’ANAC è un’autorità amministrativa indipendente italiana che ha l’onere di occuparsi della prevenzione della corruzione nell’ambito della Pubblica Amministrazione e che abbiamo già ritrovato nell’articolo: “CIG Smart: come ottenerlo e come esserne esonerati”. L’ANAC opera mediante il principio di trasparenza in tutti gli aspetti gestionali mediante attività di vigilanza in ambito di appalti pubblici e gare d’appalto.

Numero Rea: la banca dati di un’impresa

Aprire una nuova partita IVA significa doversi scontrare con un’intrigata burocrazia fiscale. Tra le tante cose di cui doversi occupare troviamo, ad esempio, la scelta della sede legale, l’iscrizione alla Camera di Commercio, l’iscrizione al Registro delle Imprese, l’apertura di un conto corrente bancario aziendale, ecc. La burocrazia italiana è poi ricca di termini e codici alquanto particolari e molto spesso misteriosi, soprattutto per chi non ha mai avuto a che fare con questo “demone”. Uno di questi è il Numero Rea, acronimo di Repertorio economico amministrativo.

Numero Rea: che cos’è e cosa rappresenta

Il numero Rea è il Repertorio economico amministrativo di un’impresa. In altre parole è una banca dati nella quale sono raccolte una serie di informazioni di tipo amministrativo ed economico delle aziende. Si tratta di una sorta di integrazione al Registro Imprese.

Il numero Rea è composto da sei numeri, più il codice della provincia/camera di commercio che lo ha assegnato. Il codice serve a identificare in modo univoco un’impresa all’interno del Repertorio Economico amministrativo. La REA è quindi un archivio integrativo e separato al Registro delle Imprese. Contiene ogni sorta di informazione e dato fiscale, economico, amministrativo e statistico raccolto dalle Camere di Commercio. I dati sono relativi a tutti i soggetti obbligati o meno a iscriversi al Registro delle Imprese (RI).

La REA registra tutti i dati relativi a:

  1. apertura attività
  2. modifica attività
  3. sospensione o cessazione di un’impresa
  4. apertura, modifica o cessazione di unità locali
  5. nomina e cessazione di responsabili tecnici
  6. indicazione delle attività prevalenti svolte
  7. variazioni di residenza di soci e amministratori
  8. ecc…

Numero Rea e Numero Registro Imprese

Non sono la stessa cosa. A un’attività iscritta al Registro delle Imprese è assegnato un numero registro imprese nazionale. Questo è quindi composto dal codice fiscale dell’impresa, che è a sua volta assegnato dalla Camera di Commercio del comune presso la quale ha sede legale l’attività. La stessa azienda però può ricevere più numeri REA, uno per ciascuna provincia in cui l’attività ha le sedi locali, più uno per quella dove si trova la sede legale.

Iscrivendosi al Registro delle Imprese, si ottiene automaticamente la registrazione al Repertorio Economico Amministrativo e il numero REA stesso.

Numero Rea

I soggetti che devono iscriversi al REA

Abbiamo detto che i soggetti che si iscrivono al Registro delle Imprese ottengono automaticamente la registrazione al REA e il relativo numero. Gli altri soggetti che devono iscriversi per ottenere il numero REA sono:

  • Associazione
  • Fondazioni
  • Comitati
  • Enti non societari che esercitano attività commerciale e/o agricola, non come attività principale
  • Imprese con sede principale all’estero e con unità locali in Italia.
  • Imprenditori individuali commerciali non piccoli
  • Tutte le società, tranne quelle semplici, anche se non svolgono attività commerciale
  • Enti pubblici che svolgono attività commerciali

Numero Rea e Visura camerale

Il numero REA è consultabile sulle visure camerali. La visura camerale è un documento che fornisce informazioni su qualunque impresa italiana, sia essa individuale, piuttosto che collettiva. Quindi qualunque impresa iscritta presso Camere di Commercio, dell’Industria, dell’Artigianato ed dell’agricoltura.

Le visure possono essere ordinarie, oppure storiche. Per verificare il numero REA basta richiedere una visura ordinaria, in questa sono presenti i seguenti dati aziendali:

  • Dati anagrafici
  • Partita IVA
  • Data di costituzione
  • Natura giuridica
  • Codice REA
  • E-mail certificata
  • Stato dell’attività
  • Capitale sociale
  • Numero di dipendenti
  • Partecipazioni in altre società
  • Amministratori
  • Soci e loro cariche

La visura camerale può essere pertanto richiesta registrandosi online sul sito del Registro delle Imprese, alla Camera di Commercio, oppure semplicemente rivolgendosi a un professionista accreditato che ha accesso ai dati camerali.

CIG Smart: come ottenerlo e come esserne esonerati

Nel precedente articolo: “Codice CIG e codice CUP cosa sono, a cosa servono e come si inseriscono nella fattura elettronica” abbiamo introdotto il concetto di codice CIG e codice CUP. Codici alfanumerici relativi alle gare d’appalto e agli investimenti pubblici. Identificativi importanti per la Pubblica Amministrazione (PA) e codici obbligatori da inserire nelle fatture elettroniche.

Vediamo adesso di approfondire il concetto di CIG smart, come strumento a disposizione dell’ANAC per tracciare i flussi finanziari relativi ai contratti pubblici. Lo scopo del CIG è quello di garantire che tutto avvenga secondo le regole e che sia tracciato e consultabile in qualunque momento. Uno strumento utilizzato in ambito di anticorruzione, per un’amministrazione trasparente e sicura.

CIG smart in breve

Il codice CIG smart è una sequenza di dieci numeri e lettere, rilasciate dal sistema informatico Simog dell’ANAC. L’ANAC è acronimo di Autorità nazionale anticorruzione, un’autorità amministrativa indipendente italiana. L’ANAC ha la funzione di prevenire la corruzione all’interno delle Pubbliche Amministrazioni italiane. Per svolgere le proprie funzioni, l’ANAC usa il principio della trasparenza in tutti gli aspetti gestionali e attua un’attenta attività di vigilanza nell’ambito dei contratti pubblici e dei vari incarichi delle PA.

Il CIG smart identifica i contratti sottoscritti con le PA in seguito ad appalto o affidamento. Il codice CIG smart deve essere riportato in tutti i documenti relativi a una gara d’appalto e nelle fatture elettroniche dello stesso ambito.

A cosa serve il CIG smart

Le varie funzioni del CIG smart sono indicate direttamente sul sito dell’ANAC:

  • comunica correttamente le informazioni utili agli organi che gestiscono la vigilanza nelle gare pubbliche
  • traccia i movimenti finanziari relativi all’affidamento dei lavori o delle forniture o di servizi
  • serve a rispettare gli obblighi contributivi dei privati e degli enti pubblici.

A conti fatti serve per garantire la massima trasparenza possibile nelle procedure di gare d’appalto.

CIG smart: tipologie

Esistono quattro diversi tipi di codice CIG:

  1. Cig smart (o semplificato)
  2. Master
  3. Cig padre e figlio

Ciascuno di essi svolge un ruolo diverso a seconda della differente tipologia di gara di appalto. Ognuno di essi è comunque sempre legato al compito di tracciabilità e alla corretta individuazione dei contratti pubblici.

Cig Master

Si ottiene tramite procedura semplificata. É un codice relativo alle gare d’appalto pubblico a importo contenuto:

  • Contratti di importo inferiore a 40,000 euro
  • Appalti aggiudicati a un’impresa collegata
  • Concorsi e contratti di progetti basati su regole internazionali
  • Contratti secretati – di qualunque valore economico

In altre parole è un codice ottenibile dalla stazione appaltante fornendo meno informazioni di quelle che servirebbero normalmente.

CIG Smart

Cig Master

É il codice Cig da indicare nei pagamenti “in nome” di tutti gli altri Cig assegnati a diversi lotti di una stessa gara. Una gara di appalto può comprendere vari lotti ed essere aggiudicata da un unico operatore. In questo caso, per semplificare la compilazione dei documenti di pagamento, come ad esempio le fatture elettroniche, è possibile indicare un unico Cig Master comprendente tutti gli altri. Nel contratto d’appalto di assegnazione invece devono essere riportati i singolo Cig per ciascun lotto di gara.

Cig padre e figlio

Il codice cig padre è richiesto in ambito di accordi e convenzioni quadro e individua tutti i passaggi per selezionare i contraenti.

Il codice cig figlio è utilizzato per individuare tutti i contratti sottoscritti in seguito ad accordi quadro con la Pubblica Amministrazione. É strettamente correlato al cig padre.

Cig smart ed esoneri

Il codice cig smart non è sempre obbligatorio. Non è l’importo della gara d’appalto ad determinare la possibilità di essere esonerati dall’inoltro della richiesta del Cig. Quando e se è possibile evitare di richiederlo, lo stabilisce esclusivamente l’ANAC. L’elenco completo è disponibile sul loro sito.

É possibile non richiederlo, ad esempio, per i contratti di lavoro a tempo, oppure per gli appalti che riguardano energia, acqua o carburante per fini energetici, o ancora in caso di amministrazione diretta o di affidamento diretto a società in house, ecc…

Cig Smart: come ottenerlo

É possibile richiederlo online. La richiesta deve essere presentata dal Responsabile del procedimento nei confronti dell’ANAC. La richiesta è da inoltrare prima che parta la gara d’appalto. Il Responsabile deve essere accreditato sul portale ANAC.

Una volta inoltrata la richiesta è necessario registrarsi sul portale Simog – Sistema informativo di monitoraggio delle gare. I codici saranno assegnati entro 90 giorni dall’acquisizione.

 

Codice CIG e codice CUP: cosa sono, a cosa servono e come si inseriscono nella fattura elettronica

Codice CIG e codice CUP: cosa sono, a cosa servono e come si inseriscono nella fattura elettronica

Il codice CIG e il codice CUP sono due particolare codici alfanumerici che devono essere inseriti nelle fatture elettroniche relative alla Pubblica Amministrazione (PA). Entrambi i codici identificano in modo univoco e assoluto una gara d’appalto, per quanto riguarda il CIG e gli investimento pubblici, per quanto concerne il CUP.

Nella fatturazione elettronica è possibile, oggi, inserire più codici CIG e CUP. Questo è possibile nelle note tecniche contenute nella rappresentazione tabellare della fattura elettronica. Vediamo prima di capire cosa sono questi codici, a cosa servono e come si inseriscono nelle e-fatture.

Codice CIG: cos’è e a cosa serve

Il codice CIG è il codice identificativo di gara. Si tratta di un codice alfanumerico utilizzato in Italia per identificare nello specifico i contratti pubblici stipulati in seguito a gara di appalto. Si tratta quindi di un codice che identifica i contratti pubblici o gli affidamenti tramite una delle modalità consentite dal codice dei contratti pubblici.

É una sequenza di 10 caratteri alfanumerici e serve a tracciare i pagamenti relativi ai contratti pubblici. É inoltre un identificativo molto importante per comunicare le informazioni agli enti preposti al controllo delle gare d’appalto, dei lotti e dei contratti. Infine serve anche per assolvere in modo lineare e semplificato agli obblighi contributivi.

codice CIG

É obbligatorio quindi che il codice CIG sia inserito nei contratti lavorativi e nelle fatture elettroniche quando queste sono rivolte alle PA. Questo codice esiste dal 2010, quando venne introdotto dalla legge n°13 di agosto, relativa alla tracciabilità dei pagamenti effettuati dalla pubblica amministrazione italiana.

Prima dell’inizio della gara d’appalto è richiesto direttamente online dal responsabile del procedimento ANAC. Il codice CIG deve essere trascritto nel contratto e nei bonifici di pagamento. In caso di mancata trascrizione sono applicate delle sanzioni amministrative. Queste possono arrivare fino al 10% dell’importo della transazione stessa. I casi in cui il codice CIG non è necessario e la sua trascrizione non è obbligatoria, sono indicati direttamente dall’ANAC.

Codice CUP: cos’è e a cosa serve

Altro codice alfanumerico relativo alla Pubblica amministrazione da riportare in fatturazione elettronica. Il codice CUP rappresenta il codice Unico Progetto ed è composto da 15 caratteri alfanumerici che identificano, per l’appunto, un progetto di investimento pubblico.

Il codice CUP è utilizzato per garantire la trasparenza e la tracciabilità dei flussi finanziari, ma serve anche a evitare che infiltrazioni criminali siano introdotte negli affari degli investimenti pubblici. Inoltre serve per il monitoraggio da parte del MIP, Monitoraggio Finanziario delle Grandi Opere.

Come per il codice CIG, il CUP è obbligatorio inserirlo in diversi documenti ufficiali come, ad esempio:

  1. documenti relativi ai bandi
  2. documentazione concernente le richieste di investimento
  3. flussi finanziari
  4. diverse tipologie di documenti contabili.

Fatturazione elettronica e codice CIG e CUP

Con documenti contabili si intendono anche le fatture elettroniche. Il codice CIG e il codice CUP devono quindi essere obbligatoriamente presenti nelle fatture elettroniche relative alla Pubblica Amministrazione. É possibile inoltre inserirne più di uno per ciascuna e-fattura.

Questa possibilità è specificata nelle note tecniche contenute nella rappresentazione tabellare della fattura elettronica. Infatti il blocco 2.1.2, “DatiOrdineAcquisto” può essere ripetuto N volte. La sigla 0.N significa infatti che il blocco in questione è facoltativo e che può essere ripetuto per N volte che si desideri.

In particolare il codice CIG è identificato dal blocco 2.1.2.6, mentre il codice CUP lo si trova sotto il blocco 2.1.2.7. L’importante è che vi sia un unico codice alfanumerico per ciascuna riga. Quindi a ogni riga un solo codice CIG e codice CUP.

Credito di imposta: cos’è e come utilizzarlo

Il credito di imposta è un argomento molto attuale, vista la realtà che la diffusione del Coronavirus ha creato in Italia e nel mondo. Il Decreto Rilancio , approvato dall’Esecutivo lo scorso 13 maggio, ha rinforzato ulteriormente il concetto di credito di imposta. Per spiegarlo in modo semplice, basta dire che il credito di imposta altro non è che un credito di natura tributaria che un qualunque soggetto, vanta nei confronti dello Stato.

Nello specifico il contribuente è titolare di una situazione giuridica soggettiva attiva nei confronti dell’ente impositore. In altre parole il contribuente ha un credito, di una certa somma, da riscuotere, da parte dell’Erario.

Credito di imposta: quando i contribuenti vantano una somma nei confronti dello stato

Esistono tre diversi casi nei quali è previsto che il contribuente possa esigere un credito di imposta dall’Erario.

Il primo caso si verifica quando sono stati prelevati e/o versati importi superiori al reale debito fiscale. Questo avviene ad esempio quando sono versati acconti IRPEF superiori al debito fiscale risultante dal 730. In questo caso la dichiarazione dei redditi chiuderà con un credito di imposta “rimborsabile” da parte dell’utente.

Il secondo caso invece si presenta in automatico all’operare di determinati meccanismi tributari indispensabili affinché specifiche imposte, possano funzionare. É il caso questo del meccanismo della rivalsa e detrazione dell’IVA (Imposta Valore Aggiunto).

Il terzo e ultimo caso si verifica quando sono previste determinate agevolazioni, erogabili appunto sotto forma di credito di imposta.

Credito di imposta

Come si concretizza il credito di imposta

Si concretizza in due modi diversi:

  1. rimborso
  2. compensazione

Nel rimborso il credito di imposta è scomputato direttamente in dichiarazione dei redditi, sottraendo al debito annuale il relativo credito.

Nella compensazione invece il credito si concretizza bilanciando la differenza. Questa avviene a favore di tutti i contribuenti che hanno la possibilità di compensare i tributi a debito con il suddetto credito d’imposta.

Credito d’imposta e modello F24

L’ultima casistica precedente, quella che prevede la compensazione, trova forma grazie all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997 n°24. I soggetti che possono avvalersi della compensazione sono:

  • persone fisiche titolari di partita IVA
  • persone fisiche non titolari di partita IVA
  • società di persone
  • società di capitali

In questi casi la compensazione avviene utilizzando il modello F24. Quest’ultimo è un documento utilizzato in Italia per pagare gran parte delle imposte, delle tasse e dei contributi previsti. Per ciascun tributo, esiste uno specifico modello F24 (IRAP, IMU, TASI, TARI, diritti camerali, Imposte sostitutive delle imposte sui redditi e dell’Iva, Contributi e premi INPS, INAIL, ENPALS, INPDAI, INPDAP, ecc…)

Per quando riguarda nello specifico il credito di imposta, questo è indicato nella colonna degli “importi a credito”. É indicato quindi l’ammontare che lo Stato deve al contribuente, oltre al periodo e al codice tributo al quale si riferisce.

Il credito d’imposta si utilizza fino a quando non si esaurisce il dovuto. Il credito eccedente è utilizzato per i successivi versamenti (nulla va perduto o arrotondato). La compensazione tramite F24 presentata tramite intermediario abilitato, oppure tramite cassetto fiscale.

Tipologie e caratteristiche

Con il DL Cura Italia e il DL Rilancio, sono stati introdotte molte nuove tipologie di credito d’imposta e ne sono state modificate altrettante. Ad esempio sono stati introdotti i nuovi crediti d’imposta per:

  • spese di sanificazione (pari al 60% delle spese di sanificazione per un massimale di 60,000€)
  • per botteghe e negozi (60% del canone di locazione per i mesi di marzo, aprile, maggio e giugno 2020)
  • adeguamento degli ambienti di lavoro (60% sugli interventi necessari all’adeguamento degli ambienti di lavoro)
  • per bonus vacanze (massimo 500€ a nucleo familiare con reddito ISEE non superiore a 40,000€)
  • per investimenti pubblicitari (50% degli investimenti per stampa quotidiana e periodica, online emittenti televisive e radiofoniche)
  • servizi digitali
  • attività di ricerca e sviluppo nelle aree del Mezzogiorno
  • aumenti di capitale (pari al 20% per chi sottoscrive aumento di capitale sociale a seguito di perdite derivanti dall’emergenza epidemiologica COVID-19)
  • sugli investimenti (introdotti dalla legge Bilancio)
  • Ace (introdotti dalla Legge di Bilancio)

INPS iscrizione gestione separata: cos’è, come funziona e quando iscriversi

La Gestione Separata è un fondo pensionistico dell’INPS, finanziato con i contributi previdenziali obbligatori dei lavoratori. Il sistema pensionistico ha visto la nascita dell’iscrizione gestione separata nel 1995, grazie alla legge 335. La riforma è stata prevista per garantire ed erogare le assicurazioni sociali obbligatorie per i lavoratori atipici. In passato infatti esistevano delle categorie escluse dal piano pensionistico nazionale. Solo dopo la riforma del sistema pensionistico pubblico Dini, i lavoratori atipici, autonomi con partita IVA o parasubordinati, hanno avuto garanzia di pensione. Queste categorie infatti erano state escluse fino a quel momento, ma grazie a un intervento, articolato su tre diversi fronti, hanno avuto anche loro una certa garanzia pensionistica.

INPS iscrizione gestione separata: cos’è e come è stata resa possibile

L’iscrizione gestione separata è quindi un fondo pensionistico previsto per tutte quelle categorie escluse fino al 1995/96. Categorie alle quali è stata assicurata una previdenza assistenziale derivante dalla raccolta di tutti i contributi previdenziali dei liberi professionisti.

Tra i tanti vantaggi introdotti dalla riforma degli anni ‘90, ai lavoratori è stata assicurata l’assistenza per invalidità, la pensione anticipata e supplementare, la pensione di vecchiaia e la pensione indiretta.

INPS iscrizione gestione separata

La riforma ha agito in tre diverse modi:

  • ha disposto la costituzione di nuovi fondi previdenziali (grazie al Decreto Legislativo n°103 del 10/02/1996);
  • sono aggregate diverse categorie di lavoratori e professionisti a casse previdenziali già esistenti;
  • È costituita l’iscrizione alla Gestione Separata (art.2 comma 26) (tutti i liberi professionisti, la quasi totalità delle forme di collaborazione coordinata e continuativa, la categoria dei venditori a domicilio, ecc…).

INPS iscrizione gestione separata: i soggetti obbligati

Esistono casi in cui l’iscrizione alla gestione separata risulta essere obbligatoria. Questa può avvenire anche in via telematica oggi, accedendo, ad esempio, al sito ufficiale dell’INPS, oppure telefonicamente, chiamando l’istituto.

L’iscrizione è obbligatoria per:

  1. Freelance senza una specifica cassa previdenziale
  2. lavoratori autonomi occasionali
  3. collaboratori coordinati e continuativi
  4. beneficiari di borse di studio a sostegno della mobilità internazionale degli studenti
  5. beneficiari di degli assegni per attività di tutorato, didattico-integrative, propedeutiche e di recupero
  6. assegnisti di ricerca
  7. associati in partecipazione
  8. amministratori locali
  9. spedizionieri doganali non dipendenti
  10. medici che si stanno formando (formazione specialistica)
  11. i Volontari del Servizio Civile Nazionale (avviati dal 2006 al 2008)

I soggetti che devono versare i contributi

In alcuni casi i contributi previdenziali destinati ad alimentare la gestione separata, devono essere versati dagli stessi lavoratori autonomi e in altri casi dai committenti. I liberi professionisti che emettono fattura elettronica devono provvedere al versamento dei contributi autonomamente. Il versamento avviene attraverso modello f24.

I collaboratori oggi rientrano nella categoria dei lavoratori dipendenti. Di conseguenza questo significa che il pagamento dei contributi avviene per 1/3 a carico del collaboratore e per i restanti 2/3 a carico del committente del lavoro stesso. Il calcolo è fatto in base alla percentuale delle somme e ai valori percepiti a qualunque titolo dagli assicurati (anche sotto forma di erogazioni liberali).

Infine, per i lavoratori occasionali, è il datore di lavoro che versa le somme all’INPS.

INPS iscrizione gestione separata: come avviene la registrazione

L’iscrizione avviene sempre e comunque in concomitanza del primo rapporto di lavoro, senza bisogno che si ripeta per tutti quelli successivi. Quindi è possibile iscriversi:

  • via web attraverso i servizi telematici (è necessario in questo caso un PIN dispositivo rilasciato dallo stesso sistema INPS);
  • attraverso contact center (quindi chiamando semplicemente l’Istituto di previdenza sociale);
  • Interpellando i vari patronati.

A cosa da diritto la Gestione Separata

Questa garantisce ai propri iscritti:

  • Pensioni (calcolate con il sistema contributivo);
  • Indennità di disoccupazione DIS-COLL;
  • Assegno per il nucleo familiare;
  • Indennità di malattia per degenza ospedaliera;
  • malattia;
  • maternità.