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Circuito SWIFT: cos’è, come funziona ed eventuali alternative

Il circuito Swift è il sistema internazionale più conosciuto e usato al mondo per trasferire denaro. Swift è acronimo di Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication ed è nato nel 1977 come evoluzione del Telex. Prima dell’avvento di questo circuito, le banche che necessitavano inviare denaro all’estero, dovevano inviare intere descrizioni delle operazioni da effettuare. Il vecchio sistema era lento, poco sicuro, inaffidabile e, soprattutto, soggetto agli errori umani. Ma tutto iniziò a cambiare grazie allo Swift e ai protocolli innovativi introdotti per trasferimenti di soldi.

Circuito bancario SWIFT: dalle origini a oggi

La Società per la Telecomunicazione Finanziaria Interbancaria Mondiale ha sede legale a Bruxelles, in Belgio. È un intermediario finanziario esecutore delle transazioni finanziarie. Il circuito Swift è usato dalla quasi totalità di banche nel mondo. Permette il pagamento diretto anche quando debitore e creditore non hanno la stessa banca di appoggio. I pagamenti avvengono su scala internazionale.

La società fornisce anche una serie di software e servizi di varia natura alle istituzioni socie (per lo più banche), oppure ai clienti. Prima dell’avvento del circuito bancario Swift le conferme degli avvenuti pagamenti erano fatte via telegramma. Un sistema particolarmente lento, scomodo e soprattutto pericoloso perché soggetto, come non mai, agli errori umani.

Oggi lo Swift è una rete dinamica, veloce e sicura. Permette a oltre 10.000 istituti finanziari dislocati in oltre 212 diversi Paesi d’inviare e ricevere informazioni sulle varie transazioni finanziarie. Il sistema è prevalentemente formato da banche, ma al suo interno troviamo anche istituti di trading, broker, sistemi di compensazione ed enti di gestione d’investimenti. Per entrare a far parte del circuito

Circuito Swift: come funziona

Lo Swift si è differenziato dai precedenti metodi di trasferimento fondi grazie ai codici. Sono chiamati BIC, acronimo di Bank Identifier Code, servono a identificare le banche attraverso una serie di caratteri specifici e univoci. Con i codici ciascuna banca è identificata per una serie d’informazioni:

  1. paese di provenienza
  2. città in cui ha la sede la filiale dalla quale l’utente sta inviando o verso cui sta ricevendo il pagamento
  3. filiale di riferimento

Sapere come fare un bonifico internazionale significa anche essere a conoscenza del fatto che l’IBAN, che individua nello specifico un esatto conto corrente di una determinata banca, deve contenere anche il BIC. Nel corso del tempo il circuito ha conosciuto anche delle evoluzioni. Oggi esiste, ad esempio, il meccanismo di pagamento denominato SEPA (Single Euro Payments Area) che, tramite bonifico, permette di effettuare pagamenti all’interno di una vastissima area. Lo spazio che abbraccia e utilizza questo ingegnoso sistema comprende gli Stati membri dell’Unione Europea e i Paesi dello spazio Economico Europeo (come Islanda e Norvegia). Un sistema che prevede diverse agevolazioni per trasferire denaro da e verso l’estero.

Circuito SWIFT

Swift banca: trasferimento di denaro

Il pagamento in contanti è ormai sostituito, in modo preferenziale, dal bonifico, grazie anche all’avvento del circuito Swift. È però importante capire che con la rete Swift il denaro non concretamente trasferito. In pratica serve solo alle banche per riconoscersi tra di loro e capire da dove sta arrivando il denaro trasferito.

Il circuito ha, sin dagli albori, riscosso subito un grandissimo successo. Con il passare del tempo e grazie anche al diffondersi della tecnologia, lo Swift ha preso sempre più piede. Basti pensare che solo l’anno scorso, l’Europa, Medio Oriente e Africa hanno effettuato addirittura il 45% delle operazioni internazionali sfruttando questo meccanismo. L’America e Regno Unito lo hanno utilizzato per il 40% di tutte le operazioni, mentre nell’Asia Pacifico l’impiego è attestato attorno al 14,5%. Un grandissimo successo.

Il sistema è neutrale, ma spesso è usato come strumento geopolitico. Escludere uno stato dal circuito internazionale, significa non permettergli più di ricevere o inviare denaro verso moltissime parti nel mondo. Una situazione grave che causa non pochi problemi all’importazione e all’esportazione di beni e servizi.

Pagamento Swift e alternative

Nonostante il grandissimo successo del circuito Swift, non è l’unico strumento per il trasferimento internazionale di denaro. Ad esempio, Russia e Cina, nel corso degli anni, hanno sviluppato due alternative:

  1. CIPSCross-Border Interbank Payment System, è gestito dalla People’s Bank of China e basato sulla valuta cinese. È usato da oltre 1280 banche nel mondo (dislocate in Africa, Giappone e Russia).
  2. SPFSSystem for Transfer of Financial Messages, è invece il sistema russo usato, però, prevalentemente sul mercato interno. Nel 2021 ha rappresentato il 20% delle operazioni interne. Vi partecipano 400 banche e nel tempo hanno aderito anche banche straniere di Armenia, Bielorussia, Germania, Kazakistan, Kirghizistan e Svizzera.

Costo conto corrente: tariffe e prezzi medi nel 2022

Il costo conto corrente per un privato, o azienda, è un dato non trascurabile al giorno d’oggi. Il conto corrente, infatti, è uno strumento di assoluta importanza per chiunque abbia necessità di gestire i propri risparmi. Fino a qualche anno fa, i conti correnti remuneravano con alti tassi d’interesse. Una caratteristica passata ai conti deposito. Sono comunque validi strumenti di lavoro con i quali è possibile ricevere ed effettuare pagamenti, ricevere l’accredito di stipendi e pensioni, effettuare pagamenti MAV, RAV ed F24. Nella maggior parte dei casi, inoltre, comprendono anche carta di debito per eseguire transazioni, prelievi, pagamenti online e possono essere perfezionati con carte di credito. I conti più innovativi dispongono, infine, di piattaforme che consentono il trading online per investire anche in criptovalute e altri genere di asset.

Quanto costa aprire il conto

Di norma un conto corrente non costa nulla. L’apertura richiede una serie di documenti da presentare presso l’Istituto bancario di riferimento:

  • documento d’identità
  • il codice fiscale

Oggi sono previste molteplici offerte vantaggiose per aprire un conto corrente, accessibili semplicemente rispettando alcune richieste come, ad esempio, l’accredito di uno stipendio, oppure della pensione. Al titolare è richiesto di non avere fallimenti alle spalle, di non essere protestato e di avere più di diciotto anni di età. Il costo conto corrente comunque varia da banca a banca, o a seconda che si tratti delle Poste. Ogni anno i prezzi sono aggiornati in base alle richieste e all’andamento generale del mercato, oltre che alle condizioni richieste dall’Istituto bancario stesso.

Costo conto corrente: il canone mensile

Privati, professionisti e aziende devono tenere conto del costo del canone mensile di ciascun conto corrente. Se aprire un conto non costa di solito nulla, mantenerlo attivo invece richiede un pagamento. L’importo è chiamato canone e la maggior parte dei conti online è di solito indicato come a “zero spese”. È necessario tuttavia fare molta attenzione alle voci dei costi nascosti. Ad esempio, spesso, sono richiesti pagamenti per effettuare bonifici o ricevere denaro sotto una determinata soglia.

In generale i costi possono essere ordinari, oppure a pacchetto. Nel primo caso sono richiesti e addebitati ogni qualvolta è effettuata una certa operazione. Nel secondo caso, invece, l’importo del costo è addebitato una volta sola e metta a disposizione una serie limitata di operazioni comprese nel prezzo pagato.

Costo conto corrente

Indicatore Sintetico di Costo

ISC è l’acronimo dell’Indicatore Sintetico di Costo. Si tratta di un indice che serve a segnalare il costo conto corrente complessivo a seconda della categoria di utenti che utilizzano il servizio bancario. L’indice è obbligatoriamente indicato nel contratto del conto corrente perché la banca è tenuta per legge a farlo conoscere al sottoscrittore. È la Banca d’Italia a stabilire che l’ISC deve sempre essere comunicato, per una maggiore trasparenza delle comunicazioni ai consumatori.

L’Indicatore sintetico di costo è ottenuto dalla somma dei costi annuali, fissi e variabili, relativi al conto corrente. ISC varia in base alle categorie di utilizzo dei conti correnti. Banca d’Italia ne ha individuate sei:

  1. giovani
  2. famiglie con bassa, media ed elevata operatività (ovvero il numero di operazioni effettuate con il conto)
  3. pensionati, con bassa o media operatività.

L’indice è un mezzo utile ai correntisti per rendersi immediatamente conto di quanto costa un determinato conto corrente. Solo con questo dato è infatti possibile raffrontare i costi dei vari conti correnti senza dover per forza calcolare il costo di ogni singola operazione, dal prelievo al bonifico, dall’estratto conto cartaceo fino alla penale per lo smarrimento della carta di credito.

Costo conto corrente aziendale: qual è la soluzione migliore

Per le aziende il costo conto corrente è una voce particolarmente importante nell’amministrazione e nella gestione della propria attività. Molte imprese scelgono come soluzione definitiva, i conti correnti online perché:

  • così facendo possono tenere separata la gestione aziendale da quella personale con facilità e immediatezza;
  • l’online fa guadagnare tempo e permette di migliorare le prestazioni lavorative.

Per le aziende esistono soluzioni a “zero spese” e commissioni molto basse. I conti aziendali sono strutturati in modo tale da permettere di:

  • effettuare operazioni a nome dell’azienda
  • gestire incassi in modo facilitato – numerosi conti aziendali offrono la possibilità di accreditare gli incassi del POS direttamente sul conto corrente e si occupano anche della riscossione delle Ri.Ba
  • pagare stipendi e fornitori
  • accendere assicurazioni e/o finanziamenti in modo agevolato.

Infine, un conto corrente aziendale online permette di risparmiare una notevole quantità di tempo, visto che non è necessario recarsi personalmente presso gli sportelli della banca.

Esternalizzazione a fornitori di servizi cloud: le Guidelines EIOPA

L’EIOPA è l’ Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali. Si tratta di un organismo dell’Unione Europea che controlla e vigila sul sistema assicurativo europeo. È un’istituzione dotata di poteri statutari e di personalità giuridica. Nel luglio del 2021 ha avviato una pubblica consultazione sulla revisione delle bozze delle linee guida relative all’outsourcing ai fornitori di servizi di cloud-computing.

EIOPA: chi è, cosa fa e a cosa serve

Procediamo per gradi e cerchiamo, prima di tutto, di capire chi è e cosa fa l’EIOPA. Principalmente sostiene la stabilità del sistema finanziario, ma non solo, si occupa anche di:

  • garantire la trasparenza dei mercati
  • assicurare la trasparenza dei prodotti finanziari
  • tutelare i vari contraenti, membri e beneficiari dei sistemi pensionistici
  • individua e monitora rischi potenziali e vulnerabilità a livello micro-prudenziale, in situazioni transfrontaliere e intersettoriali.

Grazie all’operato di questo organo, la stabilità del sistema finanziario è garantita nel breve, medio e lungo termine. Un’operatività che porta giovamento a tutti i membri dell’Unione Europea.

L’EIOPA opera in vari settori:

  • banche
  • conglomerati finanziari
  • imprese d’investimento
  • istituti di pagamento
  • istituti di moneta elettronica

Gli obiettivi che si prefigge di raggiungere sono:

  1. tutela dei consumatori
  2. regolamentazione e vigilanza delle diverse istituzioni finanziarie
  3. coerenza di applicabilità delle regole per tutte le istituzioni finanziarie coinvolte
  4. sorveglianza dei gruppi transfrontalieri
  5. vigilanza coordinata sul territorio dell’Unione.

Esternalizzazione: cos’è e quali vantaggi offre

L’ Esternalizzazione, chiamata anche outsourcing, è un insieme di pratiche adottate per delegare, a imprese ed enti pubblici terzi, lo svolgimento di processi produttivi o fasi di processo di supporto.

L’esternalizzazione è un meccanismo che presenta notevoli vantaggi, tra cui:

  • aumento dell’efficienza
  • ottimizzazione della scalabilità
  • rapidità di reazione
  • miglioramento della qualità produttiva
  • risparmio dei costi

Cloud computing: cos’è e a cosa serve

Il cloud computing è una tecnologia che consente di utilizzare, tramite server remoto, risorse software e hardware (server, risorse di archiviazione, database, rete, analisi e intelligence, ecc…). Solitamente è un servizio offerto da un provider, di norma a pagamento. In altre parole, si tratta di un’offerta di servizi di calcolo tramite internet.

Esternalizzazione

Il cloud computing è una rivoluzione in ambito aziendale delle risorse IT. Scalabile, sicuro, prestante, veloce, produttivo e affidabile, è un servizio a tutto tondo che non delude mai e che è sempre più richiesto nel mondo imprenditoriale. Ne esistono vari tipi: privato, pubblico e ibrido, ciascuno caratterizzato da elementi particolari che consentono, in linea generale, di accedere a una moltitudine di risorse tramite specifici account.

Esternalizzazione cloud computing: le linee guida dell’EIOPA

A partire dal luglio del 2021, L’EIOPA ha stabilito una linea guida per l’esternalizzazione di servizi cloud computing. Si tratta di una guida che serve agli operatori del mercato ad applicare al meglio le disposizioni in materia di esternalizzazione contenute nella direttiva 2009/138/CE e nel regolamento delegato 2015/35 della Commissione.

Gli obiettivi della guida sono:

  • fornire chiarimenti sulla norma
  • offrire maggiore trasparenza all’interpretazione delle normative in materia di esternalizzazione
  • vigilare su tutti gli aspetti e i processi applicabili in materia di outsourcing del cloud computing.

Per questi motivi EIOPA ha stabilito:

  • i criteri necessari per distinguere quando e se i servizi cloud debbano essere considerati nell’ambito dell’outsourcing
  • regole e principi di governance dell’outsourcing del cloud
  • analisi pre-outsourcing
  • requisiti contrattuali
  • gestione dei diritti di accesso e di audit
  • sicurezza di dati e sistemi
  • sub-outsourcing, monitoraggio e supervisione dell’outsourcing del cloud e strategie di uscita
  • istruzioni per le Autorità di vigilanza nazionali

Riconoscendo il rischio di una normativa frammentaria, all’atto dello sviluppo della linea guida, l’EIOPA ha voluto prendere in considerazione anche le linee guida pubblicate dall’Autorità bancaria europea (EBA).

Superbonus 110 ultime notizie: quarta cessione del credito d’imposta

Se vi state chiedendo ancora una volta quali sono, in merito al Superbonus 110, ultime novità, iniziative, aggiornamenti e agevolazioni, sappiate che sono nuovamente cambiati i termini stabiliti per la cessione del credito. Di nuovo in discussione la legge del decreto n°17 del 1° marzo 2022, nella quale è inserita la possibilità di una quarta cessione del credito. Vediamo quindi come funziona, a oggi secondo le ultime novità, la cessione del credito, alla banca o alla posta, oppure lo sconto in fattura.

Superbonus 110 ultime notizie sulla cessione del credito

L’articolo 119 del Decreto Rilancio, ha stabilito che, per i bonus edili, come ad esempio il 100, è possibile richiedere la detrazione nella propria dichiarazione dei redditi, oppure lo sconto in fattura o la cessione del credito.

Lo sconto in fattura, così come spiega il termine stesso, permette di sfruttare uno sconto direttamente nella fattura del fornitore. La cessione del credito, invece, consiste nel cedere il proprio credito agli istituti bancari, istituti assicurativi, fornitori, o altri intermediari terzi. A questi è richiesto di anticipare gli importi per conto del committente.

Cessione del credito: l’onere della banca

Chi chiede di usufruire dell’agevolazione rappresentata dalla cessione del credito, deve essere consapevole che non si tratta di un’operazione a costo zero. Infatti, se da una parte gli istituti bancari concedono la liquidità necessaria al committente, dall’altra trattengono una parte del credito d’imposta. Quest’ultimo serve a coprire le spese sostenute dalle banche per la gestione delle pratiche  e l’erogazione dei soldi.

Il credito d’imposta è concesso se e solo se i pagamenti del finanziamento avvengono a SAL, vale a dire a stato avanzamento lavori, oppure alla fine delle opere, vale a dire a saldo. Il Decreto Sostegni ter ha introdotto la possibilità di cedere il credito d’imposta fino a un massimo di tre volte. La prima volta libera, le altre due subordinate a intermediari bancari e assicurativi autorizzati. Le cose cambiano invece con il Decreto Energia e la possibilità di accedere a una quarta cessione del credito, sulla quale è già stato detto che si tratta di:

“Un altro risultato è che è consentita nuovamente una cessione del credito ulteriore rispetto a oggi: questo è un fatto positivo, perché dà la possibilità a molte aziende di trovare più facilmente un compratore per il credito, e dunque di ricevere una boccata d’ossigeno”. 

Superbonus 110 ultime notizie

Superbonus 110 ultime notizie sulla quarta cessione del credito

Il Decreto Energia ha introdotto quindi la possibilità di optare per una quarta cessione del credito maturato. La legge stabilisce che banche e intermediari terzi, una volta soddisfatte le precedenti richieste, possano erogare una quarta cessione di credito. Inizialmente banche e istituti intermediari autorizzati erano considerati responsabili solidamente per il recupero dell’importo. Oggi, invece, qualcosa è cambiato e sembra che non debbano più essere considerate tali.

Antonio Federico, capogruppo del Movimento 5 stelle e relatore del Decreto Energia ha detto:

“L’emendamento al decreto Energia, a firma mia e del collega relatore Squeri, introduce la possibilità di una quarta cessione. Questo vale solo per i soltanto per i correntisti delle banche cessionarie. Un passo avanti significativo rispetto alla formulazione precedente del Governo che prevedeva la responsabilità solidale degli istituti di credito. L’interlocuzione con l’esecutivo ha prodotto una soluzione utile a sbloccare l’impasse in cui si trovano le imprese. Ora, infatti, potranno portare i crediti in compensazione alla quarta cessione”.

Tutte queste novità sono applicabili esclusivamente alle cessioni del credito comunicate all’Agenzia delle Entrate a partire dal 1° maggio 2022. Importanti novità anche per i titolari di partita IVA e soggetti IRES. L’articolo 29 TER infatti, stabilisce delle novità anche per  i soggetti IRES e titolari di partita IVA. Chi trasmette dichiarazione dei redditi entro il 30 novembre 2022, può inviare la comunicazione dell’esercizio delle opzioni relative allo sconto in fattura o della cessione del credito, anche oltre il 29 aprile, ma entro il 15 ottobre 2022.

Centrale Rischi: cos’è e come funziona la CdR della Banca d’Italia

La centrale rischi è uno strumento informatico creato dalla Banca d’Italia. Nel Bel Paese la maggior parte delle aziende ricorre al sistema bancario o al mondo finanziario, per ottenere credito, sotto qualunque forma. Per questo motivo le banche hanno bisogno di un sistema che consenta loro di effettuare molteplici accertamenti prima di concedere o meno credito alle attività. La centrale rischi, chiamata anche CR o CdR, permette loro di accedere a moltissime informazioni supplementari, rispetto a quelle che l’azienda fornisce al momento della richiesta dell’accesso al credito. Da questo sistema informatico è anche possibile capire se il soggetto richiedente è o no classificato come un cattivo pagatore. La decisione è completamente unilaterale da parte della banca che utilizza le informazioni della CR. Le stesse sono sempre più frequentemente utilizzate anche da clienti e creditori per effettuare controlli prima di entrare in affari con una controparte.

Centrale Rischi: cos’è

La centrale rischi è un sistema informatico che raccoglie informazioni sulla solvibilità degli utenti, sia persone fisiche che giuridiche. Queste informazioni sono poi fornite ai vari istituti di credito, oppure a clienti e fornitori che richiedono tale tipologia di controllo. I dati della CR sono gestiti o pubblicamente (quindi si parla di centrale rischi della Banca d’Italia), oppure privatamente (ad esempio Crif, ctc, ecc…).

Tutte le informazioni raccolte in questo sistema informatico sono importantissime sia a livello informativo, nella fasi di valutazione del credito (istruttoria e delibera), che per l’analisi e la gestione del credito stesso (monitoraggio). Tutte questi dati influenzano il rating finanziario di un’azienda.

CdR: a cosa serve

La CR ha un triplice scopo. Serve in primis a fornire una visione d’insieme dell’eventuale stato debitorio di soggetti singoli, imprese e famiglie. In secondo luogo serve ai clienti che possiedono un’ottima storia creditizia ad ottenere un finanziamento molto più velocemente e a condizioni agevolate. Infine è utile alle banche e alle società finanziarie per valutare la capacità dei clienti di restituire i finanziamenti concessi.

CR: come funziona

Nella centrale rischi sono raccolte tutte le informazioni che banche ed istituti finanziari comunicano a questo strumento. Affinché banche ed istituti possano lecitamente inviare questi dati al CR, devono essere regolarmente iscritti all’albo e/o all’elenco speciale previsto negli articoli 64 e 107 del TUB.

Le informazioni così convogliate all’interno del sistema informatico, sono accessibili in qualunque moneto da qualunque banca e/o istituti finanziario, per controllare la situazione creditizia reale di qualunque soggetto. Queste permette alle banche e agli istituti finanziari di tutelarsi dall’esposizione di eventuali rischi determinati dalla concessione di finanziamenti e fidi multipli.

Centrale Rischi

Soglie di registrazione

Un soggetto è inserito nella banca dati della centrale rischi con una soglia minima relativa alla propria posizione individuale di 30.000€. Questa è chiamata soglia di censimento. Invece per le soglie a sofferenza non c’è alcun limite minimo. Volendolo comunque identificare è molto basso e corrisponde alla somma di 250€.

La registrazione automatica all’interno della centrale rischi avviene quando un soggetto:

  • ottiene un finanziamento
  • risulta essere garantito dalla banca che concede un credito di firma e l’importo concesso supera la soglia di censimento
  • è garante del finanziamento di un altro soggetto (come ad esempio nel caso di una fideiussione, o di un mutuo prima casa, ecc.)

La Centrale rischi ogni mese riceve e raccoglie le informazioni da parte di ogni intermediario. Una volta raccolte ed elaborate, nonché aggiornate, tutte le informazioni, le restituisce agli stessi intermediari finanziari ed istituti bancari.

Centrale rischi e storia creditizia

La centrale rischi non è quindi solamente un mero elenco di cattivi pagatori. Raccoglie piuttosto l’intera storia creditizia dei soggetti iscritti. Contiene tutte le informazioni positive (regolarità di pagamento rate e chiusura rapporti finanziari), nonché quelle negative (difficoltà nel restituire il debito).

Questo vuol dire che se un soggetto non paga una rata non è inserito immediatamente e automaticamente nell’elenco della centrale rischi. Il creditore infatti, prima di segnalare il nominativo, valuta l’intera storia creditizia del soggetto, la complessità finanziaria della situazione e, alla luce di tutte le informazioni, decide se segnalare o meno il nominativo.

La centrale rischi gestita dalla Banca d’Italia ha quindi uno scopo pubblico, ma nel Bel Paese esistono anche altri archivi privatizzati, gestiti da diverse società che partecipano su base volontaria. Questi SIC, cioè sistemi di informazione creditizia, non sono assolutamente monitorati dalla Banca d’Italia. I meccanismi regolatori e di funzionamento sono disciplinati da precisi codici deontologici, consultabili direttamente sul sito del Garante per la protezione dei dati personali.

In questo caso per conoscere la propria posizione all’interno di queste banche dati è necessario contattare direttamente i SIC. La Banca d’Italia infatti non è assolutamente responsabile dei dati gestiti da organismi privati.

Indagini Patrimoniali: recupero credito e report patrimoniale persone fisiche e giuridiche

Le indagini patrimoniali sono uno strumento utile e fondamentale per l’attività di recupero crediti. In Italia circa il 50% delle transazioni avviene a credito. Questo significa che il pagamento è fatto a 30, 60, o 90 giorni dalla data della fattura. Il Belpaese detiene anche un altro spiacevole record. È in vetta alla classifica per i ritardi dei pagamenti, rispetto alla media europea. Alla fine lo scenario che si prospetta, nella maggior parte dei casi, vede i creditori costretti ad inseguire i debitori per farsi pagare o saldare le fatture già emesse.

Esistono diversi strumenti a servizio di professionisti ed imprese che possono aiutare a far recuperare quanto dovuto. Qualche volta, prima di passare alle vie legali vere e proprie, è sufficiente dimostrare semplicemente la determinazione al recupero del credito. Per farlo è necessario ricorrere ad uno strumento potente, quanto sconosciuto ai più: l’indagine patrimoniale. Questa serve per capire la capacità patrimoniale del debitore e scoprire se il debitore ha sostanze più o meno aggredibili. È utile anche quando è necessario ricorrere alle vie legali per avere un quadro chiaro della situazione e degli eventuali beni pignorabili.

Report e Indagini patrimoniali

Dalle indagini patrimoniali è possibile ottenere il report patrimoniale. Questo è recuperabile sia che si tratti di persona fisica, che di persona giuridica. Anche se nella maggior parte dei casi si ha a che fare con imprese, i due report non differiscono molto l’uno dall’altro. In pratica nel documento sono riportati gli effettivi e verificati dati di residenza del soggetto interessato, nel caso di persona fisica, oppure la sede legale, per le persone giuridiche. È un’informazione molto importante ai fini legali, perché ogni comunicazione inviata a un indirizzo sbagliato, non ha alcuna validità legale.

Oltre a questo il report elenca:

  1. reperibilità del soggetto (persona fisica)
  2. operatività dell’azienda (persona giuridica)
  3. presenza di atti pregiudizievoli
  4. probabilità di successo dell’eventuale azione di recupero
  5. stima del patrimonio aggredibile
  6. azione consigliata per raggiungere l’obiettivo
  7. indicazione dell’eventuale presenza di protesti, pregiudizievoli di conservatoria o procedure concorsuali già attive.

Indagini Patrimoniali

Il report è suddiviso in sezioni nella quali è analizzata la situazione del soggetto, da un punto di vista lavorativo, di referenze bancarie, possesso di beni immobili, partecipazioni e quote azionarie, Beni mobili/autoveicoli intestati, negatività, Dati legali aziende collegate, Dati legali, sedi e dati di bilancio.

Negatività

Nota di attenzione sulle negatività. In questa sezione del report patrimoniale sono indicati eventuali protesti, pregiudizievoli di conservatoria e procedure concorsuali attualmente in essere. Queste sono informazioni molto importanti per capire l’effettivo stato patrimoniale e la situazione economica del soggetto. Capire infatti se ci sono altri creditori nei suoi confronti, può aiutare a stilare meglio il quadro generale della situazione per capire la strategia da intraprendere. Ad esempio, è in questa specifica sezione che sono indicati eventuali pignoramenti da banche, finanziarie e/o agenzie di riscossione tributi. La raccolta di questi dati evita di dover richiedere un’ispezione ipocatastale (che poi sarebbe quella con la quale si dimostra la titolarità immobiliare di un soggetto, eventuali gravami come ipoteche, pignoramenti e note di cancellazione di ipoteche parziali o totali).

Beni immobili

Nel report patrimoniale alla sezione beni immobili sono riportati tutti gli immobili (case, fabbricati, terreni, ecc…) intestati al soggetto dell’indagine patrimoniale. La verifica e l’accertamento è fatto a livello nazionale e per ogni immobile identificato sono riportati nello specifico tutti i dati catastali.

È comunque sempre consigliata una successiva verifica ipocatastale prima di procedere con eventuali azioni esecutive.

Beni mobili e auto intestate

Sezione di particolare interesse nell’ambito di recupero crediti. Qui vi sono infatti riportati tutti i veicoli intestati al soggetto. Per ciascun veicolo è indicato targa, marca e modello, date di immatricolazione e intestazioni.

I veicoli sono beni pignorabili e, se sono beni strumentali all’attività del soggetto, si trasformano velocemente in un mezzo valido a risolvere il contenzioso.

Digital Tax: cos’è e quando si paga

La digital tax è l’imposta sui servizi digitali contenuta nel provvedimento dell’agenzia delle entrate del 15 gennaio 2021. La tassa sui servizi dell’economia digitale ha trovato ispirazione nella direttiva europea COM (2018) 148 final. Mentre l’Europa si prepara a far debuttare una web tax europea, l’Italia si porta avanti (almeno per una volta) dotandosi di una propria imposta sui servizi online.

È vero che si tratta di una nuova tassa, che si va a sommare al carico già abbastanza pesante che i contribuenti italiani devono sostenere ogni anno, ma, per fortuna, i soggetti passivi rientrano in una specifica categoria. Ne verranno colpiti infatti gli esercenti attività d’impresa, anche non residenti in Italia, che, nel corso dell’anno, hanno realizzato ovunque nel mondo (da solo o in gruppo) ricavi non inferiori a 750.000.000 di euro, di cui almeno 5.500.000 nel territorio dello Stato. I piccoli commercianti, artigiani e liberi professionisti possono quindi stare tranquilli, per questa volta.

Digital Tax: soggetti inclusi ed esclusi dal pagamento

La digital tax è l’imposta sui servizi digitali con aliquota imposta al 3%. La tassa è stata istituita dalla Legge di Bilancio 2019 e modificata in seguito dalla Manovra dell’anno successivo. La tassa è quindi applicata alla fornitura di servizi digitali. I soggetti che singolarmente, o a livello di gruppo, nell’anno solare precedente, hanno realizzato:

  • un ammontare complessivo di ricavi non inferiore a 750 milioni di euro;
  • un ammontare di ricavi derivanti da servizi digitali conseguiti nel territorio dello Stato non inferiore a 5,5 milioni di euro.

Sono considerati soggetti passivi. L’imposta è applicata sui rivani annuali, totalizzati in un anno solare. Non è calcolata o applicata trimestralmente. È probabile che il versamento debba essere effettuato entro il 16 febbraio dell’anno solare successivo a quello di riferimento. Le imprese interessate devono presentare una dichiarazione annuale contenente l’ammontare dei servizi tassabili, entro il 31 marzo dello stesso anno. Per quanto riguarda le società di gruppo, ne viene indicata una singola che debba far fronte agli obblighi derivanti dalle disposizioni relative all’imposta sui servizi digitali.

Web Tax Europea: tutto è iniziato da qui

La Commissione Europea, nel marzo del 2018, aveva proposto la Web Tax applicabile a:

  • ricavi da vendita di pubblicità
  • cessione dati
  • intermediazione tra utenti e business

Digital Tax

L’obiettivo della Commissione era quello di tassare i profitti dei grandi di Internet (come ad esempio Amazon). Inoltre l’UE desiderava che ogni Stato Membro potesse tassare i loro proventi generati sul proprio territorio, anche se le aziende in questione non avevano una presenza fisica nello stato.

Affinché una società possa essere riconosciuta come una “presenza digitale tassabile” devono essere rispettati tre diversi criteri:

  • deve superare i 7 milioni di euro di ricavi annuali in uno stato membro
  • contare avere oltre 100mila utenti registrati in uno stato
  • deve avere oltre 3000 contratti per servizi digitali ad utenti business.

Nonostante gli obiettivi della Commissione Europea siano piuttosto chiari, la situazione rimane comunque in stallo. Questo perché molti paesi, come ad esempio Irlanda, Danimarca, Svezia e Finlandia, si oppongono fermamente. Il motivo è da ricercare nella bassa imposizione fiscale e nel meccanismo che consente ai colossi del web di eludere il fisco nazionale spostando liberamente i propri ricavi da un paese all’altro.

In attesa di una soluzione univoca, alcuni stati membro, come appunto Italia, ma anche Francia, Spagna, Ungheria e Gran Bretagna, hanno deciso di adottare soluzioni “locali”.

Digital Tax: immediata esecuzione

La disciplina in questione è stata trattata e studiata ampiamente con la Legge di bilancio 2019 ed è entrata immediatamente in vigore. Non c’è infatti stato bisogno di richiedere un apposito decreto ministeriale affinché l’imposta diventasse esecutiva. Nella norma sono quindi riportate tutte le indicazioni per:

  • prevedere le modalità applicative del tributo circa i corrispettivi colpiti
  • dichiarazioni
  • periodicità del prelievo
  • individuazione di ipotesi di esclusione
  • inserito l’obbligo per i soggetti passivi non residenti di nominare un rappresentante fiscale.

Le esclusioni italiane

La digital tax italiana prevede l’esclusione dall’imposta digitale per fornitura diretta di beni e servizi, nell’ambito di un servizio di intermediazione digitale messa a disposizione di un’interfaccia digitale il cui scopo esclusivo o principale è quello della fornitura agli utenti dell’interfaccia, da parte del soggetto che gestisce l’interfaccia stessa, di contenuti digitali, servizi di comunicazione o servizi di pagamento”; la messa a disposizione di un’interfaccia digitale utilizzata per gestire diversi servizi bancari e finanziari

In altre parole sono esclusi dal pagamento della digital tax:

  1. banche
  2. siti aziendali
  3. soggetti finanziari già soggetti ad accise
  4. operatori telefonici
  5. fornitori di contenuti digitali, come TV e giornali.

Detrazione fiscale e deduzione: cosa sono e come funzionano

Se ne sente sempre un gran parlare, ma alla fine pochi sanno cosa sono, come funzionano e soprattutto qual è la differenza tra detrazione fiscale e deduzione. Vediamo di fare chiarezza, cercando di spiegarlo in modo semplice e conciso.

Detrazione fiscale: cos’è e differenze con deduzione

La detrazione fiscale è un importo che il contribuente ha il diritto di sottrarre all’imposta lorda, per ricavarne l’imposta dovuta. L’imposta lorda corrisponde al totale delle tasse sui redditi da corrispondere allo Stato.

La deduzione invece agisce in termini di diminuzione della base imponibile. In altre parole si calcola sull’ammontare complessivo dei redditi tassabili. Facciamo un esempio. I redditi dell’anno, vale a dire la base imponibile, sono pari a 100. Un’ipotetica deduzione del 30, porterebbe i redditi tassabili a scendere a 70. Se lo scaglione di reddito è tassabile al 25%, a seguito della deduzione, si avrebbe un’ipotetica tassa del 17,5 (cioè 70×25%). Sempre meglio che a regime pieno che vedrebbe il calcolo salire a 100X25%= 25.

Le deduzioni più comuni che si possano trovare sono quelle relative ai carichi familiari, alle addizioni applicate dagli enti locali, o quelle concesse a certe categorie.

Detrazioni fiscali: come vengono calcolate

Le detrazioni fiscali mirano a ridurre direttamente l’imposta lorda (anche quella calcolata a seguito di eventuali deduzioni). Riprendendo l’esempio di prima, per spiegare meglio il funzionamento delle detrazioni, eseguendo tutti i conteggi, l’imposta da pagare sarebbe quindi pari a 15 e la detrazione massima concessa è 5. Di conseguenza l’importo massimo da pagare, sempre nell’esempio precedente, è 10.
Quindi per ricapitolare e semplificare. Le detrazioni fiscali agiscono direttamente sull’imposta lorda, mentre le deduzioni fanno diminuire l’imponibile tassabile. L’una non esclude l’altra.

Detrazioni fiscali e dichiarazione dei redditi

Le detrazioni fiscali si ritrovano in dichiarazione dei redditi. Qui devono essere documentate e calcolate. Si riferiscono sempre a un preciso anno fiscale, chiamato “periodo d’imposta”. Le normative che regolano l’anno fiscale, sono soggette a continue variazioni e aggiornamenti.

Per quanto riguarda la dichiarazione dei redditi, va fatta poi un’altra grande suddivisione tra:

  1. lavoratori autonomi
  2. lavoratori dipendenti, o assimilati.

Le detrazioni sui redditi da lavoratore dipendente o assimilato, sono fatte direttamente dal datore di lavoro. Quelle che invece riguardano detrazioni per efficienza energetica e il risparmio energetico, è lo stesso contribuente (o un suo consulente) a dichiararle e giustificarle nella propria dichiarazione dei redditi.

Per quanto riguarda invece i lavoratori autonomi, imprese, aziende e liberi professionisti (per intendersi quindi, tutti i soggetti che emettono e ricevono fatture elettroniche) dotati di partita IVA devono presentare il Modello Unico persone fisiche (vera e propria dichiarazione dei redditi non semplificata). Nel Modello Unico devono quindi essere indicate tutte le eventuali detrazioni fiscali. Il Modello può essere presentato dal libero professionista stesso, da un suo consulente, oppure può essere preparato e inoltrato dai CAF, oltre che dai professionisti abilitati.

Dichiarazione dei redditi: cos’è e come funziona

La dichiarazione dei redditi è il modello con il quale i cittadini residenti in Italia, dichiarano i propri redditi percepiti durante l’anno fiscale e calcolano l’imposta dovuta. La dichiarazione dei comprendere tutti i redditi: da lavoro e pensione, derivanti da terreni e fabbricati, quelli di capitale (investimenti tassati), derivanti da lavoro autonomo e di impresa (per i titolari di partita IVA), e tutti quelli diversi e non classificati.

La dichiarazione dei redditi può essere presentata da persona fisica, o da persona giuridica. Nel caso di persona giuridica la dichiarazione dei redditi è presentata attraverso il Modello Unico, che indicavamo nel precedente paragrafo.

Detrazione fiscale

Esistono vari tipologie di Modello Unico, in base alla posizione fiscale e all’attività svolta.

Modello Unico SP, valido per:

Modello Unico SC, valido per:

  • società per azioni
  • società in accomandita per azioni
  • società a responsabilità limitata
  • società cooperative
  • società di mutua assicurazione
  • società europee
  • enti commerciali (pubblici e privati)
  • trust che operano come attività commerciale
  • società di gestione del risparmio
  • banche e assicurazioni

Modello Unico ENC, utilizzato per la dichiarazione da:

  • enti non commerciali (residenti e non nel territorio italiano)
  • ONLUS
  • società semplici e altre non reside

Decreto Liquidità: il sostegno del governo alle imprese

Nel precedente articolo: “Fattura Elettronica e Decreto Liquidità: slitta il pagamento del bollo” abbiamo parlato dello slittamento del pagamento dell’imposta di bollo, in base alle nuove disposizioni del Decreto Liquidità. Oggi vogliamo fare una breve digressione sul Decreto Liquidità, vista l’importanza e l’impatto che le sue disposizioni hanno (e avranno) sul futuro dell’impresa italiana.

In conferenza stampa Conte ha definito gli interventi adottati come:
““io non ricordo un intervento così poderoso nella storia della nostra Repubblica per il finanziamento alle imprese. È una cifra enorme, che andrà sia a beneficio del mercato interno ma anche dell’export”.

Quindi non solo novità in relazione alla fattura elettronica, ma cambiamenti e novità per l’intero tessuto economico e finanziario nazionale.

Cosa ha detto il Premier Conte

Una lunga dichiarazione nella quale il premier ha voluto specificare:

È una potenza di fuoco” spiega il premier Conte, “io non ricordo un intervento così poderoso nella storia della nostra Repubblica per il finanziamento alle imprese. È una cifra enorme, che andrà sia a beneficio del mercato interno ma anche dell’export”.

Con il decreto di marzo “abbiamo varato alcune misure economiche, ora interveniamo con questo strumento per assicurare liquidità alle imprese. Stiamo lavorando a un intervento molto più corposo, da realizzare questo mese, con un approccio più sistemico per tutte le categorie in sofferenza. Questa epidemia non è solo un’emergenza sanitaria, anche economica e sociale”, ribadisce Conte.

Il decreto di aprile conterrà strumenti di protezione sociale, per sostenere famiglie, lavoratori, tutte le persone in difficoltà e più vulnerabili. “Non possiamo lavorare solo su un fronte e su una sola prospettiva, stiamo lavorando su provvedimenti più ampi perché vogliamo confidare che Pasqua possa diventare un momento in cui la curva epidemica sia sempre più sotto controllo, se non discendente, e ci consenta di programmare la fase successiva”.

Aiuti, Conte parla e sottolinea gli aiuti che questo Decreto porterà all’Italia, alle famiglie e alle imprese, per riuscire a ripartire il più velocemente possibile e più forti di prima.

Fondo centrale di garanzia

Il Fondo Centrale di Garanzia altro non è che una garanzia ai finanziamenti concessi dalle banche, società di leasing e intermediari finanziari. La copertura viene garantita da risorse nazionali ed europee.
Uno dei principali problemi delle PMI, è quello di fornire garanzie adeguate per i prestiti. Ecco perché è stato creato e stanziato il Fondo centrale di garanzia.

Conte, in conferenza, specifica infatti:

… prima di tutto vengono sospesi “vari pagamenti fiscali, contributivi e alcune ritenute” che cadevano tra aprile e maggio. Inoltre, vengono previsti nuovi finanziamenti alle imprese, che avverranno attraverso prestiti erogati nei normali canali finanziari, ma con la particolarità che lo Stato offrirà una garanzia affinché tutto avvenga in modo “celere, spedito, sicuro”.

Il citato fondo prevede uno stanziamento di 7 miliardi di euro e tassi pari allo zero. La parola d’ordine è celerità. Non basta lo stanziamento dei fondi ma anche e soprattutto la velocità di erogazione.
L’Esecutivo semplifica quindi le procedure, stanzia nuove risorse e amplia ‘importo medio del prestito. Addirittura in alcuni casi, certe banche, potranno dare l’ok all’erogazione dei finanziamenti senza nemmeno dover aspettare la conferma dal Fondo centrale di garanzia. Basteranno dei requisiti minimi comprovabili (quindi dimostrare di avere la P.IVA, mettere a disposizione l’ultima dichiarazione dei redditi e il pagamento delle imposte).

Fattura Elettronica

Come funziona il Fondo centrale di garanzia

È stato strutturata un’ossatura piuttosto facile ed elastica, che vogliamo riassumervi con il seguente schema:

  • garanzia al 100% su prestiti fino a 25mila euro, senza valutazione del merito di credito;
  • garanzia al 90% da 25mila a 800mila euro con valutazione del merito di credito, al 100% se intervengono anche i Confidi, il consorzio italiano che presta garanzie alle imprese proprio per facilitare l’accesso ai finanziamenti;
  • garanzia al 90% da 800mila a 5 milioni di euro, con valutazione del merito di credito.

SACE: Cassa Depositi e Prestiti

La Sace è una società quotata in borsa, che fa parte del gruppo italiano Cassa Depositi e Prestiti. L’azienda è specializzata nel settore assicurativo-finanziario ed è quella che è stata incaricata dal Governo per concedere le garanzie necessarie alla copertura dei finanziamenti concessi alle imprese di grandi dimensioni.
Le garanzie coprono dal 70% al 90% dell’importo finanziato, a seconda delle dimensioni dell’azienda a cui viene concesso.
Per ottenere finanziamento e relativa garanzia ci sono alcune condizioni che devono essere rispettate. Ad esempio l’impossibilità da parte dell’azienda di distribuire i dividendi per i dodici mesi successivi. É inoltre richiesto che il finanziamento sia destinato a sostenere attività produttive localizzate in Italia.
Per l’erogazione dei finanziamenti sono stati individuati due diverse categorie:

  1. Imprese con meno di 5000 dipendenti in Italia e un fatturato inferiore a 1,5 miliardi di euro
  2. PMI individuali o Partite IVA;

Alla prima categoria viene riconosciuta una copertura pari al 90% dell’importo finanziato ed è prevista una procedura semplificata (L’importo della garanzia non potrà superare il 25% del fatturato registrato nel 2019 o il doppio del costo del personale sostenuto dall’azienda).

Per la seconda categoria sono previsti stanziamenti di 30 miliardi di euro. Inoltre è concesso loro anche l’accesso alla garanzia Sace (escludendo l’accesso al Fondo centrale di garanzia).

Garanzie e sostegni per le imprese

Il DL Liquidità è stato quindi elaborato per dare sostegno a tutte le imprese italiane. Azienda che hanno subito un forte arresto durante questo periodo di crisi mondiale e che hanno bisogno di ripartire. Ideato per ripartire il più velocemente possibile e tornare a fatturare e guadagnare. Un sostegno alla linfa vitale italiana rappresentata dalla fitta rete aziendale del nostro paese.