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WhatsApp account Business: cos’è, come funziona e perché conviene averlo

WhatsApp account business è uno strumento, al apri di un conto corrente aziendale, che aiuta sempre a migliorare e a far crescere il proprio lavoro e giro d’affari. Una piattaforma che aiuta le aziende a migliorarsi e a rispondere alle esigenze dei propri clienti in tempi brevi, con rapidità ed efficienza. WhatsApp è un’app di messaggistica istantanea nata nel 2009. Una delle più diffuse e utilizzate al mondo presente in oltre 180 paesi e in 60 lingue diverse.

Sono oltre 2 miliardi gli utenti mensili che la utilizzano mensilmente. Un “pacchetto clienti” immenso per tutte quelle piccole-medie imprese e proprietari di e-commerce che vogliono allargare e migliorare il proprio business. Che si tratti di vendere prodotti, servizi, fare lead generation, costruire la propria brand awareness, oppure aumentare le vendite, WhatsApp può essere sfruttata per guadagnare.

WhatsApp account Business: nascita e sviluppo

La possibilità di creare degli account business su WhatsApp è nata nel 2018. Lanciata come variante alla versione standard, la business è una piattaforma pensata per tutti gli imprenditori. Un canale di comunicazione sicuro e collaudato che permette alle attività di crescere velocemente.

Lo strumento aziendale è pensato esclusivamente per le imprese che necessitano e desiderano interagire direttamente con i propri clienti (attuali e futuri). Uno strumento che serve a creare un ponte di contatto con i propri utenti ai quali è così garantita: assistenza, aggiornamenti costanti e immediati, supporto per ogni e in ogni occasione e la possibilità, non trascurabile, di gestione dell’impresa direttamente dal proprio smartphone.

Per creare e utilizzare WhatsApp account Business è necessario possedere uno smartphone Android oppure iOS e un numero di cellulare attivo. Moltissimi imprenditori utilizzano una SIM dedicata all’azienda esclusivamente per lavoro e tengono un altro numero per la vita privata. WhatsApp infatti, consente di collegare un unico numero di cellulare all’account business. Quindi se il numero attuale fosse già collegato a un account WhatsApp, per registrarsi e utilizzare la versione business, ne occorre uno nuovo.

WhatsApp account Business

WhatsApp Business: le caratteristiche

WhatsApp Business è gratis. L’installazione e l’utilizzo non richiede nessun pagamento, né per l’acquisto, né a canone mensile e/o annuale. A differenza del passato, quando i messaggi erano a pagamenti, WhatsApp rivoluziona il modo di comunicare con il resto del mondo e lo slega da vincoli economici.

Inoltre, si tratta di una piattaforma che, a differenza della versione standard, può essere d’aiuto ai propri clienti per reperire maggiori informazioni sull’attività svolta. Durante la creazione del profilo è infatti possibile indicare nella descrizione dello stato: indirizzo, recapiti alternativi, sito internet, e-mail, orari di apertura e chiusura uffici/negozi, ecc…

La piattaforma mette anche a disposizione delle opzioni esclusive che non sono invece presenti con la versione standard:

  1. Risposte rapide – per essere sempre presenti e rispondere prontamente a qualunque richiesta e necessità.
  2. Messaggi di assenza – utili per comunicare alla clientela la propria assenza durante le ore di chiusura di uffici e negozi.
  3. Messaggio di benvenuto – per introdurre informazioni basilari ai nuovi clienti

Infine, l’account business di WhatsApp offre anche un efficiente sistema di statistiche di messaggistica. Si tratta di una funzione che fornisce le metriche  sul numero dei messaggi inviati, consegnati e letti in modo tale da poter, ad esempio, sistemare/variare i contenuti delle risposte rapide, oppure della propria strategia di marketing adottata.

Account WhatsApp Business: tutti i vantaggi

Utilizzare un account business su WhatsApp conta, quindi, molteplici vantaggi:

  • Relazioni amichevoli – WhatsApp aiuta gli imprenditori a stabilire delle forti e durevoli connessioni amichevoli con i propri clienti. Avvicina e lega le persone creando una community di fedeli utenti che aumenta la percezione di affidabilità dell’azienda.
  • Servizio clienti – il canale di messaggistica istantanea può essere sfruttato anche per far conoscere ai clienti, quasi in tempo reale, lo stato di spedizione della merce acquistata, per ricevere richieste di rimborso, per verificare le disponibilità dei prodotti, per effettuare prenotazioni e chiedere informazioni sui vari punti vendita.
  • Aggiornamenti e notizie – WhatsApp account Business è il mezzo perfetto per mantenere i clienti aggiornati su tutte le novità aziendali. Comunicazione di natura promozionale possono essere veicolate alla clientela con facilità e immediatezza.
  • Promozione prodotti e iniziative aziendali – tramite WhatsApp è possibile promuovere il proprio catalogo prodotti e informare la clientela su eventuali nuovi servizi e beni.

In conclusione, Avere un account business su WhatsApp permette di raccogliere feedback dagli utenti, di seguire l’andamento degli affari in tempo reale e promuovere la propria attività, rispondendo, al tempo stesso, a richieste ed esigenze dei clienti.

Limite pagamento contanti 2022

Con il Decreto Milleproroghe il Governo voleva abbassare il limite pagamento contanti 2022. L’anno scorso la soglia entro la quale accettare pagamenti in contanti, era fissata a 2000 €. L’Esecutivo ha però cambiato idea e preferisce rimandare l’abbassamento della soglia a 1000€ direttamente al 2023. Un rinvio momentaneo che non blocca comunque la crescita all’uso dei pagamenti elettronici, nonostante i pagamenti in contanti siano ancora il metodo preferito da molti.

Limite pagamento contanti 2022

Quindi il limite della soglia in contanti fissato a 1000 € è posticipato a inizio anno prossimo. Per tutto il 2022 per i pagamenti superiori a 2000 € è necessario ricorrere a metodi di pagamento tracciabili. Di conseguenza tutte le trasmissioni devono essere eseguite via:

  1. carte di credito
  2. assegni circolari
  3. carte di debito
  4. carte prepagate
  5. bonifici bancari
  6. bonifici postali
  7. portafogli virtuali che possano garantire l’identificazione esatta del contribuente

Chi possiede un’attività e/o un’impresa può accettare solo ed esclusivamente questo genere di transazioni per rispettare il limite dei pagamenti in contanti previsto da legge.

Pagamento in contanti limite 2022 e obbligo POS

Il metodo di pagamento maggiormente utilizzato oggi è quello delle carte di credito o delle carte prepagate. I commercianti devono essere forniti di un dispositivo in grado di scansionare e leggere i chip delle carte di credito, debito e prepagate.

I pagamenti tramite POS sono ormai diventati comuni, perché facili, sicuri e velocissimi. Da oggi sono anche obbligatori. Nonostante l’obbligo, purtroppo, ancora molti esercenti non sono dotati dell’attrezzatura minima indispensabile ad accettare transazioni elettroniche. Dal 30 giugno 2022 è diventato ufficialmente obbligatorio accettare i pagamenti con il POS per qualunque transazioni, di qualsiasi importo.

Il Governo, infatti, ha finalmente stabilito l’entità delle sanzioni da applicare qualora un negoziante  e professionisti non vogliano accettare i pagamenti elettronici. La multa da pagare è pari a 30 € a cui si aggiunge il 4% del valore del pagamento non consentito. Quindi, al crescere dell’importo non accettato, sale anche il valore della multa da corrispondere.

Limite pagamento contanti: gli incentivi per gli esercenti

Il Governo, oltre a stabilire le sanzioni, ha però anche messo a disposizione diversi incentivi per tutti coloro che devono ancora munirsi di POS. Le principali misure predisposte dall’Esecutivo per aiutare i commercianti e i liberi professionisti a sostenere i costi di acquisto e gestione di un POS, sono:

Limite pagamento contanti 2022

1.   Cashback

Si tratta di un incentivo indiretto, che può essere sfruttato solo dai consumatori e non dagli esercenti. Il Cashback consiste nel rimborso del 10% su acquisti di beni e servizi, fatti utilizzando come metodo il pagamento elettronico. Alla fine si è rivelato essere un sistema che ha incentivato il commercio e ha aumentato le opportunità di guadagno, soprattutto delle piccole imprese e degli artigiani locali.

2.   Lotteria degli scontrini

Alla lotteria degli scontrini partecipano clienti ed esercenti. In seguito a un pagamento digitale è emesso uno scontrino valido come biglietto per partecipare alle varie estrazioni. Ogni euro speso genera un ticket valido. Sono previste estrazioni e vincite settimanali, mensili e annuali. I premi sono corrisposti in denaro e la soglia più alta prevede un premio pari a 1.000.000 € per l’esercente. Fortunato sorteggiato. Ogni commerciante e professionista, per potervi partecipare, deve quindi possedere un POS e consentire ai propri clienti di effettuare i pagamenti tramite metodo elettronico.

Pagamento contanti: limite e credito d’imposta

Costi di gestione e commissioni sulle trasmissioni POS sono i due ostacoli principali che frenano gli  esercenti a voler utilizzare i POS. Per ovviare a questi problemi, l’Esecutivo ha previsto, da luglio 2020, un credito d’imposta pari al 30% sulle spese sostenute dagli esercenti. Una disposizione valido solo per tutti coloro che fatturano meno di 400.000 € l’anno. Fino al 30 giugno 2022 il limite è stato spostato addirittura al 100% per tutti coloro che hanno adottato un POS.

Il credito d’imposta è applicato per:

  • ogni commissione pagata dal commerciante/professionista sulle transazioni
  • costi fissi di locazione e gestione del terminale POS
  • spese sostenute dagli esercenti per tutti i pagamenti elettronici fatti dai clienti (eseguiti sia con carte di credito, debito, prepagate che con metodi alternativi quali, ad esempio, app e e-wallet).
  • Oneri per acquisto o noleggio POS sostenute dal 1° luglio 2021 al 30 giugno 2022 (valore massimo 160€)
  • Spese per acquisto o noleggio POS che consente anche la trasmissione telematica dei dati (valore massimo 320 €).

Il credito d’imposta è inserito nella dichiarazione dei redditi. È utilizzabile solo in compensazione alle tasse e imposte dovute. Vale solo dal mese successivo a quello della spesa sostenuta. La documentazione relativa deve essere conservata per i dieci anni successivi e deve rimanere a disposizione delle autorità in caso di richiesta di controlli fiscali.

Come fare un bonifico: ecco come funziona nel 2022

Come fare un bonifico non è più un problema al giorno d’oggi. Esistono tanti diversi modi per effettuarne uno con o senza conto corrente. Bancario, online, postale, o addirittura con PayPal. È un’operazione facile, sicura e veloce. Il trasferimento di denaro tra un conto corrente a un altro, appartenenti a soggetti diversi, non è mai stato così semplice. Effettuato per eseguire pagamenti, è uno dei metodi più vecchi che esistano come modalità di saldo e trasferimento risorse.

Bonifico: cos’è

Sembra scontato, ma è bene specificarlo: un bonifico è il trasferimento di denaro tra due diversi conti correnti appartenenti a due differenti titolari. Quando, invece, il denaro è spostato tra due conti correnti appartenenti allo stesso titolare, si tratta di giroconto. Esistono diverse tipologie di bonifico, che si distinguono in base all’istituto che ne prende il carico:

  1. bancario – il conto corrente di partenza è bancario, quello di arrivo può anche essere postale.
  2. postale – il conto corrente di partenza è postale, quello di arrivo può anche essere bancario.

Come fare un bonifico bancario

Il bonifico bancario è possibile effettuarlo presso lo sportello di una banca, oppure direttamente online. Online è necessario che il conto corrente di partenza abbia abilitata l’operatività denominata e-banking.

Il bonifico presso lo sportello, invece, consiste semplicemente nel recarsi presso l’istituto di credito ed esternare la volontà di eseguire un bonifico. È necessario compilare un modulo con le seguenti voci:

  • dati dell’ordinante – nome, cognome, codice fiscale
  • dati del beneficiario – nome e cognome
  • IBAN del conto corrente beneficiario
  • somma da trasferire
  • Paese di destinazione della somma, se in Italia o all’estero
  • firma

è l’impiegato a inviare la richiesta di bonifico. Al termine dell’operazione è rilasciata una ricevuta che ne attesta l’esecuzione. Il bonifico è solitamente accreditato nel giro di qualche giorno. Il pagamento presso lo sportello può essere saldato in contanti, con carta di credito o bancomat, oppure con PostePay. L’istituto di credito è solito richiedere il pagamento di un corrispettivo per l’esecuzione dell’operazione.

Come fare un bonifico postale

La procedura è del tutto simile a quella di come fare  un bonifico bancario. Il postale può essere eseguito online, presso lo sportello di un ufficio postale, oppure utilizzando un’applicazione mobile. Allo sportello è necessario seguire la medesima prassi del bonifico bancario e comunicare gli stessi dati. Al termine dell’operazione l’impiegato rilascia sempre una ricevuta e i soldi sono trasferiti nell’arco di qualche giorno (per i bonifici esteri, fuori Europa, occorrono più giorni).

Come fare un bonifico online

Il bonifico online, come visto, è possibile sia dal sito della propria banca, che da quello delle poste (se si possiede un conto alla Posta). In entrambi i casi basta eseguire la registrazione sul sito di riferimento, accedere con le proprie credenziali e selezionare l’opzione corrispondente dal menù di riferimento.

L’unica differenza consiste nella selezione del servizio in caso di bonifico dal sito delle Poste. Qualora fosse necessario trasferire denaro da un conto BancoPosta a un altro, è necessario selezionare la voce “Postagiro”, altrimenti per trasferimenti verso un conto corrente, selezionare “bonifico”.

Come fare un bonifico

L’istituto postale differenzia anche tra Bonifico SEPA, in caso di conto corrente beneficiario in Italia o Europa e Bonifico Estero, per destinatari Extraeuropei. Infine, bonifico SEPA per detrazioni Fiscali quando è necessario effettuare un pagamento per il quale sussista il diritto ad avere delle agevolazioni.

Come fare un bonifico dal bancomat

Oggi, è possibile effettuare un bonifico anche presso un semplice sportello bancomat. All’ATM, dove di solito i soldi sono prelevati, è possibile recarsi per trasferire contanti. Inserita la carta e digitato il PIN, basta accedere alla sezione  bonifico (o trasferimento denaro). I dati richiesti sono:

  1. IBAN
  2. intestatario del conto
  3. causale

Il terminale richiede la conferma dell’operazione e, su richiesta, rilascia una ricevuta cartacea.

Come fare un bonifico con PayPal

PayPal rappresenta oggi, uno dei più comuni e utilizzati metodi di pagamento, soprattutto per quanto riguarda gli acquisti online (e non solo). Per trasferire soldi con PayPal è necessario avere solo ed esclusivamente un dato: l’indirizzo di posta elettronica del beneficiario.

Il sistema distingue però due differenti modalità di trasferimento soldi:

  1. pagamento beni e/o servizi – nel caso di acquisti per i quali sono emesse regolarmente fatture elettroniche e ricevute.
  2. trasferimento denaro tra amici – nel caso il motivo del trasferimento non corrisponda all’acquisto di beni e servizi, ma semplicemente allo spostamento di soldi in qualità di regalo.

PayPal, in realtà, permette di effettuare pagamenti solo ed esclusivamente verso altri conti PayPal. Non è possibile effettuare un trasferimento di contanti verso un conto corrente.

Pagare con il telefono: facile, veloce e conveniente

Pagare con il telefono oggi è una realtà diffusa e affermata. Una modalità di pagamento semplice, veloce e sicura resa possibile da una tecnologia innovativa e testata in ogni paese d’Europa e del mondo.

Come pagare con il telefono

NFC acronimo di Near Field Communication è la tecnologia sfruttata per effettuare i pagamenti con il telefono. In italiano è tradotto come “Comunicazione di prossimità” e permette trasmissioni wireless dei dati. Si tratta della stessa tecnologia utilizzata per il pagamento contactless, usufruibile senza chip e molto spesso anche senza PIN (almeno per quanto riguarda le transazioni sotto i 25 euro).

Per utilizzare la tecnologia NFC e pagare con il cellulare, lo smartphone deve avere l’abilitazione NFC. Installata un’apposita app (come ad esempio Apple Pay oppure Google Pay) basta aggiungere la propria carta di credito/debito e il telefono si trasforma magicamente in un portafoglio.

Al momento del pagamento è sufficiente aprire l’applicazione di riferimento, selezionare la carta di pagamento che si desidera utilizzare e avvicinare il cellulare al terminal per la transazione. Anche la carta di credito/debito deve possedere l’abilitazione NFC (riscontrabile dalla presenza di un’icona raffigurante delle piccole onde bianche decrescenti).

Applicazione per pagare con il telefono

Esistono molte applicazioni per pagare con il telefono. È possibile scegliere in base al produttore del proprio smartphone. Apple Pay, ad esempio, è l’applicazione per effettuare pagamenti per chi possiede un iPhone. Invece Google Pay è usata dagli utenti titolari di un telefono Android. In entrambi i casi i passaggi da seguire per concludere una transazione sono davvero semplici.

Il cellulare va tenuto a una distanza di soli quattro centimetri dal terminale. Il pagamento è confermato sia sullo schermo del cellulare che su quello del terminal. In alcuni casi è presente anche un avviso sonoro. Basta seguire le indicazioni richieste sullo smartphone. Qualche volta è necessario inserire anche un Pin di sicurezza, oppure apporre l’impronta digitale, o una scansione facciale per un riconoscimento completo.

Pagare con il telefono

Smartphone NFC

Per poter essere utilizzati come mezzo di pagamento, gli smartphone devono avere la tecnologia NFC integrata. Si tratta di un apposito chip che, di norma, oggi, è presente su quasi tutti i cellulari più famosi e commercializzati. Ad esempio, tutti i modelli d’iPhone a partire dalla versione sei in poi, possiedono  un chip NFC.

Per quanto riguarda invece i modelli Android, per scoprire se hanno l’abilitazione necessaria a effettuare pagamenti contactless, basta verificare dalle impostazioni di sistema se è presente o meno la voce: “NFC e pagamento”.

Pagare con il telefono è possibile quando il cellulare è acceso, la batteria carica e in presenza di connessione internet stabile.

Pagare con smartphone: i vantaggi

Pagare con smartphone conviene a clienti ed esercenti e presenta molti vantaggi:

  • Velocità – bastano davvero pochi secondi per effettuare un pagamento. In questo modo la transazione risulta più facile e fluida e si evitano code di attesa inutile e frustrante. Inoltre il cellulare è sempre a portata di mano e pronto per essere utilizzato, molto di più rispetto a contanti e portafoglio.
  • Igiene – il denaro contante è molto sporco. Monete e banconote sono portatori d’innumerevoli agenti patogeni. Passando di mano in mano trasmettono e veicolano germi e batteri ovunque. Invece, il sistema di pagamento con smartphone è molto più igienico e sicuro per la salute di tutti. Pagare con il telefono significa non toccare nulla che non ci appartenga, niente soldi, niente terminali, nessuno scambio di virus e batteri. È sicuramente uno dei metodi di pagamento più igienici che esista.
  • Facilità – pagare con il telefono è ormai diventata una pratica comune e abituale per la maggior parte delle persone (clienti ed esercenti). Sono in tanti gli utenti che si aspettano di poter pagare con questo sistema e non solamente i più giovani.

Pagare con il cellulare è sicuro!

Pagare con il telefono è molto sicuro. Il numero della carta di credito non è mai inviato e segnalato. I pagamento con smartphone sono più sicuri di quelli eseguiti direttamente con carta, proprio perché durante l’operazione i dati della carta non sono mai visualizzati, né inviati.

Anche in caso di furto o smarrimento del cellulare, i malintenzionati non possono usarlo per effettuare pagamenti. Non potranno, infatti, confermare le transazioni per mancanza del riconoscimento digitale, facciale o dell’inserimento del PIN di sicurezza. È comunque importante usare sempre il blocco dello schermo.

Pagamento contactless: cos’è e come ha cambiato l’economia

Il pagamento contactless è ormai entrato a far parte della vita quotidiana di molti consumatori. Poter effettuare acquisti semplicemente avvicinando la carta di credito o lo smartphone a un terminal, ha semplificato moltissimo le transazioni. Il commercio ne ha beneficiato grandemente e la realtà si diffonde sempre di più, ogni giorno che passa.

Pagamento contactless: cos’è e come funziona

I pagamenti contactless sono pagamenti effettuati attraverso un sistema che non necessita di contatto fisico tra i dispositivi impiegati a tale scopo: carte di credito/debito/bancomat o dispositivi mobili e i terminal autorizzati a ricevere i pagamenti (POS). Difatti, contactless significa, letteralmente: “senza contatto”

Oggi, più che mai, a seguito dell’obbligo POS entrato in vigore a partire dal 30 giugno 2022, il pagamento contactless è un vantaggio e un’agevolazione per tutti, esercenti e clienti. Avvicinando bancomat o carta al POS il terminal riconosce la tecnologia contactless e permette la transazione.

Affinché il sistema funzioni correttamente le carte devono essere dotate di tecnologia RFID, acronimo d’Identificazione a Radio Frequenza. Un’innovazione che consente di non inserire la carta all’interno del Pos per poter essere riconosciuta. Per quanto riguarda invece i cellulari, volendo utilizzare uno smartphone come strumento di pagamento, questo deve essere dotato di tecnologia NFC, acronimo di Near Field Communication. In pratica il cellulare si trasforma in un portafoglio virtuale.

Pagamento con carta contactless

Le carte contactless sono dotate di una targhetta elettronica che contiene tutte le informazioni necessarie affinché sia riconosciuta come tale dai terminal usati per effettuare i pagamenti. Avvicinando la carta al POS il pagamento si finalizza automaticamente, senza dover inserire fisicamente la carta all’interno del dispositivo o dover digitare codici di sicurezza.

Per riconoscere se una carta è contactless oppure no basta controllare se sulla superficie è presente un simbolo che rappresenta delle piccole onde bianche che aumentano di grandezza da sinistra verso destra. Sempre più commercianti espongono il simbolo per far capire ai propri clienti che in quel locale è possibile pagare anche tramite questa innovativa modalità di saldo. La maggior parte delle carte attualmente in circolazione possiede ormai questo simbolo e la relativa tecnologia. Si tratta sia di bancomat che carte di credito, debito o prepagate.

Pagamento contactless

Come funziona il pagamento contactless per i commercianti?

Molti commercianti sono intimoriti dai costi per l’acquisto o il noleggio di un POS contactless, o dalle relative commissioni richieste per l’uso di questa tecnologia. Solo due imprese su tre ne posseggono uno e solo il 53% dei POS dispone di questa tecnologia. Sono molti a pensare che adottare una tecnologia del genere per la propria impresa sia, oggi, ancora troppo oneroso.

Per questo motivo il Governo ha previsto una proposta di legge che prevede zero commissioni per le transazioni sotto i 25 euro. In ottica di digitalizzazione delle PMI l’incentivo proposto vuole spronare il settore terziario ad adottare il pagamento pos contactless. La strada da seguire è quindi quella di diminuire i costi dei servizi offerti, incentivando i commercianti ad adeguarsi alle nuove tecnologie.

Pagamento contactless e sicurezza

Per effettuare un pagamento contactless è sufficiente avvicinare la carta al terminal e la transazione è automaticamente eseguita. In molti casi non è nemmeno richiesto di digitare un pin. Il pagamento contactless è molto sicuro, nonostante molti siano ancora dubbiosi.

La sicurezza di questa modalità di pagamento è garantita anche da:

  1. la transazione è registrata solo una volta
  2. funziona solo se il POS è attivo e pronto a ricevere il pagamento
  3. per importi superiori a 25 euro è sempre richiesto un PIN di sicurezza
  4. le carte emesse da qualunque ente bancario o simile, tutela comunque il cliente.

Usare il pagamento contactless aumenta la fiducia nelle transazioni e riduce i tempi di operatività. Una tecnologia che presenta molteplici vantaggi per tutti, commercianti e clienti.

I dati parlano chiaro:

  • 35 milioni le carte contactless
  • 1 carta su 2 è contactless
  • Oltre un milione le transazioni effettuate nel 2018 con questo metodo di pagamento
  • Un servizio che registra il 150% di crescita di utilizzo

Usare un pagamento contactless migliora l’esperienza di acquisto, oltre a semplificarla e renderla molto più fluida e veloce rispetto ai vecchi sistemi di pagamento. Senza contare che oggi come oggi non necessario avere una carta o un bancomat per acquistare contactless. È sufficiente avere uno smartphone con tecnologia NFC e il cellulare si trasforma in carta/portafoglio.

Criptovalute crollo: cos’è successo e qual è la situazione

Nei mesi successivi al novembre del 2021 sui giornali era comune leggere: “criptovalute crollo del 70% del loro valore” , o titoloni simili. Infatti, dalla fine dell’anno scorso a oggi, le criptovalute hanno perso, complessivamente, oltre il 70% del loro valore e la stessa Bitcoin, criptovaluta originale di riferimento, è scesa sotto il 18.000 dollari USA. In molti si chiedono se questo non sia l’ennesimo crollo del mercato volatile delle criptovalute, oppure l’inizio della fine per la moneta digitale. Nonostante tutto, però, gli investitori vedono ancora un possibile futuro per la moneta digitale.

Criptovalute: un nuovo tipo di asset

Il Bitcoin è stato introdotto nel 2009 e ha rappresentato un innovativo asset. Nonostante un tiepido approccio iniziale, in poco tempo i Bitcoin sono arrivati a valere quasi 20.000 dollari alla fine del 2017. A dicembre 2017, i primi bitcoin futures su una borsa regolamentata sono stati quotati dal Chicago Board Options Exchange. Le opzioni su bitcoin sono seguite al Chicago Mercantile Exchange nel gennaio 2020. Nell’ottobre del 2020 è arrivato anche il primo bitcoin exchange-traded fund (ETF), facendo lievitare l’attenzione alle criptovalute.

All’inizio dell’era delle criptovalute, i Bitcoin erano piuttosto disconnessi dal circuito tradizionale dei mercati finanziari. Da quando, però, hanno iniziato a essere considerati come un altro semplice “asset”, hanno anche cominciato a risentire dei macrofattori che influenzano i mercati classici.

Criptovalute crollo, guerra in Ucraina, aumento dei prezzi del petrolio e aumento dei tassi d’interesse dello 0,75% a giugno 2022, sono tutti collegati tra loro. Tutti questi fattori hanno impattato violentemente sulle criptovalute, non solo sui Bitcoin.

Crollo criptovalute oggi: ecco la situazione

Oltre alla situazione generale mondiale, ci sono altri fattori che hanno decretato un drastico crollo delle criptovalute:

  1. Tra maggio e giugno del 2022 i valori delle stablecoin sono crollati;
  2. Binance (il principale exchange di criptovalute) ha sospeso i prelievi di Bitcoin a causa una “transazione bloccata”;
  3. la piattaforma di prestito Celsius Network ha bloccato prelievi e trasferimenti citando condizioni di mercato “estreme“.

Criptovalute crollo

Alla luce di tutto questo, gli utenti della piattaforma blockchian pubblica Solana ne hanno assunto il controllo temporaneo, per evitare che il proprietario dell’account mettesse in liquidazione le proprie posizioni e facesse scendere ulteriormente i prezzi. Solana è, infatti, la più grande piattaforma con circa 20 milioni di dollari USA. La situazione generale ha fatto diminuire notevolmente la fiducia degli investitori nel settore e nelle criptovalute.

Il Crypto Fear & Greed Index è quasi al minimo storico di 9/100, un dato che indica “paura estrema“. L’indice era a 75/100 quando Bitcoin ha raggiunto il suo massimo di novembre 2021.

Criptovalute crollo e prospettive per il futuro

Alla luce di questo drastico crollo, le prospettive future sono piuttosto nebbiose e molteplici. Il mondo della moneta digitale è estremo e volatile, soggetto anche a bruschi cambiamenti e influenzato da elementi insospettabili. Alcuni credono che sia il momento buono per “acquistare al ribasso”. Altri, invece, più pessimisti, pensano che ormai sia arrivata la fine delle criptovalute.

Alcuni bitcoiner più risoluti vedono questo periodo come un momento in cui la monta digitale inizierà un periodo di accumulo basato sulla storia passata. Sono in molti, comunque, a cercare segnali di riferimento più solidi e durevoli.

Molti altri sostengono che questa sia l’ennesima bolla di criptovalute. Una bolla che si inserisce in un tipico ciclo di mercato. Prevedono, quindi, un mercato che tenderà a rialzarsi e un settore che si riprenderà in modo soddisfacente per tutti.

Le bolle di mercato sono, da sempre, studiate con interesse dagli economisti. Studi e ricerche che hanno comunque messo in evidenza quanto gli asset colpiti da una bolla, non riescano mai a tornare ai massimi precedenti la bolla stessa. Lo stesso ex segretario al lavoro statunitense Robert Reich ha equiparato le criptovalute agli ormai (purtroppo) famosi schemi Ponzi. Non regolamentati seguono una strada che porta all’inevitabile crollo e alla fine definitiva.

Crollo delle criptovalute: conclusioni

Le criptovalute, oggi, devono anche affrontare altri problemi, legati all’energia, alla privacy e alla sicurezza (cyber security). Inoltre l’interesse della banca centrale per il mondo delle cripto, rischia di erodere ulteriormente l’interesse dei suoi principali investitori.

In conclusione criptovalute, crollo e investimenti sono elementi comuni della stessa storia, intrecciati tra loro come una trama per studiata a tavolino. Investire nelle criptovalute è sempre stato rischioso, ma oggi lo è ancora di più. È necessario, quindi, fare molta attenzione e non perdere mai di vista la situazione generale dei mercati, oltre che quella socio economica mondiale.

Obbligo pos: come funziona dal 30 giugno

Dal 30 giugno 2022 è scattato l’obbligo POS per negozianti e studi professionali. Gli esercenti sono tenuti ad accettare i pagamenti con bancomat e carte di credito. Non è più possibile rifiutare i pagamenti elettronici anche se le somme sono molto basse. Sono previste e pronte a scattare sanzioni amministrative a seguito di possibili segnalazioni da parte dei clienti.

Obbligo POS: i soggetti a cui sono applicate le nuove regole

Dal 30 giugno, negozianti e studi professionali devono essere muniti di POS e accettare sempre i pagamenti con bancomat (carta di credito o carta di debito), indipendentemente dall’importo. A imporre il nuovo obbligo POS è decreto legge 36/2022 (cosiddetto “decreto Pnrr 2”, articolo 18, commi 1, 2 e 3) che attua gli obiettivi fissati nel PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza).

L’obbligo doveva partire dal 1° gennaio del 2023, ma il decreto legge lo ha anticipato all’inizio della seconda metà del 2022. Sono quindi applicabili le sanzioni a tutti gli esercenti che rifiutano il pagamento con carta di credito e bancomat. L’obbligo POS deve essere rispettato da tutti coloro che vendono prodotti e/o prestazioni di servizio, anche professionali. È comunque possibile evitare di far pagare tramite POS, senza far scattare le eventuali sanzioni, quando i professionisti possano materialmente dimostrare “l’oggettiva impossibilità tecnica” relativa al suddetto pagamento.

Obbligo POS 2022: le conseguenza per chi non si adegua

I soggetti che dovessero negare la possibilità di pagare tramite POS (bancomat, carta di credito o debito) sono soggetti a sanzioni pecuniarie, un po’ come accade per le sanzioni scontrino elettronico. La sanzione amministrativa ammonta a 30 euro, aumentata del 4% del valore della transazione stessa, per la quale è rifiutato il pagamento con carta.

Ad esempio, se il cliente deve pagare 100€ con il POS e l’esercente non ne fosse provvisto, la cifra che il negoziante deve pagare come sanzione ammonta a 34 euro. Il calcolo è dato dalla base di 30 euro previsti come sanzione pecuniaria , più il 4% di 100 euro, che corrisponde a 4 euro.

Obbligo pos

Obbligo pagamento POS: I casi di oggettiva impossibilità tecnica

Alla regola esiste un’eccezione, o meglio, è previsto una casistica particolare. Il decreto legge 179/2012 articolo 15, stabilisce che i negozianti possono non accettare il pagamento con POS solo nei casi di oggettiva impossibilità tecnica. Qualora si dovessero verificare tali circostanze, le sanzioni amministrative applicate, sono quelle previste dalla legge 689/81, con riferimento alle procedure e ai termini (a eccezione dell’articolo 16, che disciplina il pagamento in forma ridotta).

L’oblazione amministrativa, vale a dire l’alternativa alla contestazione della sanzione di effettuare il pagamento in forma ridotta, non è più valida. L’oblazione consente, infatti, al soggetto contravventore di pagare una somma pari a un terzo del massimo della sanzione. In alternativa, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo, oltre alle spese del procedimento. Il pagamento è previsto entro 60 giorni dalla contestazione immediata, oppure se questa non dovesse sussistere, dalla notificazione degli estremi della contestazione.

I pagamenti con POS, essendo pagamenti elettronici, sono soggetti a eventuali errori e/o malfunzionamenti tecnici. Di conseguenza è possibile, per gli esercenti, evitare le sanzioni in caso di

  1. malfunzionamento del POS
  2. problemi a rilevare la carta
  3. problemi di connettività a internet che rendono impossibile la trasmissione del pagamento avvenuto
  4. guasti alla rete elettrica

Per evitare le sanzioni, però, è necessario che i negozianti comunichino i disservizi e siano in grado di dimostrarne l’effettività.

Obbligo POS professionisti

L’obbligo POS non vale solo per i commercianti, ma anche per tutti i professionisti che vendono beni e/o servizi. Come per gli esercenti, anche i professionisti potrebbero limitarsi ad accettare anche un unico circuito di pagamento e una sola tipologia di carta di debito e di credito, ma devono comunque accettare il pagamento elettronico.

Per andare incontro a tutti, il Governo ha comunque previsto anche un bonus POS che consiste in un aiuto per acquistare o noleggiare strumenti digitali dedicati alle transazioni B2C, legati a sistemi di pagamento elettronico. Nonostante il bonus, è importante sapere che, per accettare i pagamenti con POS e assolvere all’obbligo POS, basta installare un’app sul proprio smartphone.

Già in passato, i precedenti Governi (Conte e Monti) avevano provato a stabilire l’obbligo POS per i negozianti, ma senza successo. Il governo Conte II, con l’art. 23 del Decreto legge n.124, stabiliva dal 1° luglio 2020 una multa pecuniaria di 30 euro più il 4 % dell’importo rifiutato. Tuttavia, nel corso della conversione in Legge del DL n. 124/2019, l’art. 23 veniva abrogato. Il Governo Monti provò nel 2021 con il Decreto-legge 179/2012, articolo 15, comma 4, ma ugualmente senza risultati.

Firma elettronica qualificata: tutti i dispositivi revocati da inizio 2022

La firma elettronica qualificata è uno strumento che permette di scambiare documenti online con piena validità legale. La procedura che garantisce l’autenticità, l’integrità e la sicurezza dell’accettazione dei documenti informatici, è chiamata validazione. Tutte le persone fisiche hanno facoltà di dotarsi di FEQ (Firma elettronica qualificata). I prestatori di servizi fiduciari qualificati autorizzati da AgID (Agenzia per l’Italia Digitale) possono garantire l’identità dei soggetti che utilizzano la FEQ. Da quando esiste questo strumento, esiste anche un elenco per la certificazione dei dispositivi  per la firma elettronica qualificata. Quest’anno è uscita una nuova comunicazione che revoca l’utilizzo di due secure electronic signature creation devices (SSCD) e qualified electronic signature creation devices (QSCD) dall’elenco notificato alla Commissione europea.

Firma elettronica qualificata e ANSSI

L’ANSSI, acronimo di Agenzia nazionale per la sicurezza dei sistemi informativi, è un ente francese creato allo scopo di assistere il Primo ministro nell’esercizio delle sue responsabilità in materia di difesa e sicurezza nazionale. In altre parole deve assicurare, a livello internazionale, la sicurezza dei sistemi informativi. Svolge il compito di proporre ai vari Stati dell’UE, le regole da seguire e applicare per la tutela dei sistemi dello stato e di verificarne l’applicazione. Inoltre fornisce anche un servizio di monitoraggio, rilevamento, allerta e risposta ad attacchi informatici, in particolare sulle reti statali.

Scopi e poteri conferiti grazie al Regolamento eIDAS che ha disposto, in base all’articolo 30, c1, la certificazione dei dispositivi per la firma elettronica qualificata.

Firma elettronica qualificata: dispositivi revocati

L’ANSSI ha comunicato all’AgiD che a partire dal 2023 due dispositivi utilizzati per la certificazione dei dispositivi per la firma elettronica qualificata, non saranno più validi. Si tratta di:

  • smart card di tipo Applet ID One Classic v1.01.1 en configuration CNS, Classic ou CIE chargée sur Cosmo v7.0-n Large, Standard et Basic (modes dual ou contact) sur composants NXP T;
  • smart card TS-CNS con chip NXP ASEPCOS-CNS v1.84 in SSCD configuration with patch PL07 on NXP P60D080PVG dual interface microcontroller T.

La scelta della revoca di validità è dettata dalla longevità dei due dispositivi, che ormai risultavano essere datati. In Italia il 25% dei certificati qualificati di firma digitale attivi, sono archiviati su smart card o token appartenenti alle due tipologie revocate. La revoca comporta la non validità delle firme digitali opposte con tali dispositivi a partire dal 31 dicembre 2022. La revoca comporta infatti il venir meno  della catena trust eIDAS.

Firma elettronica qualificata

Firma digitale elettronica qualificata e AgID

A seguito della comunicazione dell’ANSSI, AgID ha inoltrato la direttiva di dismissione ai prestatori di servizi fiduciari qualificati. In questo modo le Amministrazioni, le aziende e i professionisti clienti che utilizzano i dispositivi revocati, possono provvedere alla loro sostituzione in tempi brevi. Gli strumenti da sostituire devono essere rimpiazzati con dispositivi alternativi certificati e con tecnologie più innovative e recenti.

L’alternativa è rappresentata dalla firma digitale da remoto e dall’identificazione e autenticazione elettroniche che rispettino le disposizioni vigenti in materia d’identificazione elettronica e servizi fiduciari qualificati in ambito eIDAS. Per firma digitale da remoto si intende quella ottenuta usando proprio specifici strumenti di autenticazione, solitamente rappresentati dalla formula: user id+ password +OTP o telefono cellulare. Si tratta di elementi che sono in grado di generare la firma del firmatario su un dispositivo HSM. Dispositivo custodito dal certificatore (in terminologia europea, prestatore del servizio fiduciario qualificato).

Cash flow: cos’è, come si calcola e come gestire i flussi di cassa

Il cash flow è un aspetto finanziario molto importante e utile alle aziende per controllare correttamente la liquidità d’impresa. Si tratta di una voce che sintetizza la liquidità accumulata nel corso di un preciso lasso di tempo. L’intervallo temporale può essere mensile, trimestrale e annuale. In pratica serve a definire l’aumento o la diminuzione della liquidità aziendale in un determinato periodo di tempo. Il suo calcolo è dato dalla differenza tra entrate e uscite monetarie e corrisponde alla disponibilità monetaria delle aziende.

Cash flow definizione

Il cash flow è una risorsa molta importante per tutte le aziende. Aiuta le imprese a conoscere sempre la propria disponibilità di liquidità. È conosciuto anche come flusso primario dopo le imposte. Il valore di questo parametro è dato dalla differenza tra il totale delle entrate (cash inflow) e delle uscite (cash outflow). Il valore risultante è inserito anche nella contabilità generale e serve a determinare, all’interno del bilancio aziendale, gli scambi economici avvenuti con l’esterno (costi-ricavi).

Stabilito cos’è il cash flow, è necessario chiarire cosa non è. Non deve, infatti, essere confuso con il bilancio d’esercizio. Il bilancio è un documento che sintetizza tutti i dati quotidiani relativi a un’azienda a seguito della propria attività. Con il bilancio, però, non è possibile verificare l’andamento di un singolo prodotto, la sua redditività, oppure il costo delle materie prime e della distribuzione in generale. Il dettaglio dei singoli dati è tenuto sotto controllo solo grazie alla contabilità analitica, che parte proprio dal cash flow e si addentra nelle specifiche performance, linee produttive o singoli prodotti.

Cash flow

Calcolo cash flow

Il calcolo del cash flow parte dal rendiconto finanziario. Un documento aziendale di fondamentale importanza perché sintetizza i fattori d’incremento e diminuzione delle liquidità disponibili all’interno di un’impresa. In altre parole è un bilancio tra pagamenti effettuati e pagamenti ricevuti un determinato periodo di tempo. Non tiene conto delle spese da pagare e degli importi non ancora effettivi. È necessario, quindi, procedere con il calcolo del flusso di cassa.

Il documento tiene in considerazione anche:

  • proventi degli investimenti
  • passività da sostenere
  • interessi
  • dividendi
  • stipendi
  • tasse

Il cash flow è positivo quando la liquidità acquisita è maggiore di quella persa. Al contrario, è negativo quando la liquidità acquisita è inferiore a quella persa.

Cash flow: le varie tipologie

Esistono diverse tipologie di cash flow. Ciascuna è importante per controllare lo stato di liquidità a disposizione della propria azienda:

  • Flusso di cassa operativo – permette di calcolare la liquidità dovuto a seguito della gestione aziendale. Per calcolarlo occorre conoscere il reddito operativo che, a sua volta, deriva dall’utile aziendale al netto d’imposte e oneri finanziari.
  • Flusso di cassa per l’impresa – rappresenta la liquidità che gli investitori hanno a disposizione. È un parametro molto importante perché aiuta a stabilire la redditività precisa dell’azienda. Il risultato è dato dalla sottrazione delle spese sostenute in un determinato lasso di tempo che parte dal saldo tra attività e passività operative.
  • Flusso di cassa per gli azionisti – il parametro indica la somma da corrispondere agli azionisti che possiedono quote del capitale sociale.

Flussi di cassa: gestirli al meglio

Il cash flow è molto importante per una corretta gestione della propria attività. Serve a raggiungere una stabile e solida economia aziendale e a rispettare tutti gli impegni e gli obblighi prefissati. In combinazione a una corretta gestione dei rischi d’impresa, data dall’analisi della natura di vendite e investimenti, possono essere raggiunti dei risultati notevoli. È sempre molto importante monitorare le dilazioni di pagamento ed evitare che i flussi d’incasso vadano oltre una certa soglia.

Oggi esistono diversi software che permettono una gestione automatizzata e facilitata del proprio cash flow. Programmi che riescono a ridurre al minimo i rischi di cash outflow. Una sana gestione aziendale è composta da tante piccole accortezze che vanno dal corretto calcolo del cash flow a una corretta pianificazione del magazzino, dell’ammortamento e delle attrezzature, passando per previsioni di budget e analisi di ogni dato consuntivo.

Dichiarazione annuale Iva: i soggetti esonerati nel 2022

La dichiarazione annuale IVA è un adempimento obbligatorio, in linea di massima, per tutti i contribuenti titolari di partita IVA. In pratica, chiunque eserciti un’attività d’impresa, arte o professione, è tenuto a presentarla. Nonostante l’obbligo sia imputato a tutti, il legislatore ha previsto comunque dei soggetti esonerati. Le categorie esentate da tale obbligo sono, di norma, regimi agevolati, come, ad esempio, quello dei forfettari o i contribuenti minimi. Ci sono comunque anche altre categorie che è bene ricordare in vista della dichiarazione annuale.

Dichiarazione annuale IVA: i soggetti esonerati nel 2022 (anno d’imposta 2021)

I soggetti che nell’anno d’imposta 2021 hanno registrato solo operazioni esenti (art. 10 Dpr 633/72) o hanno usufruito della dispensa dagli obblighi di fatturazione e di registrazione (art 36 bis) sono dispensati dall’obbligo di dichiarazione annuale IVA. L’esonero, però, non è applicabile nel caso in cui il contribuente.

  • Ha effettuato operazioni intracomunitarie
  • Deve eseguire rettifica della detrazione IVA (art. 19-bis2)
  • Ha acquistato prodotti per i quali l’imposta è dovuta da parte del cessionario (una regola che vale, ad esempio, per l’acquisto di oro, argento, rottami, ecc…)
  • Quando effettua operazioni non esenti riferite ad attività gestite con contabilità separata.

Dichiarazione annuale iva

Tra i vari soggetti esonerati dall’obbligo della dichiarazione annuale IVA ritroviamo anche:

  1. contribuenti che rientrano nel regime dei forfettari per le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti e professioni;
  2. contribuenti che hanno goduto dell’agevolazione fiscale per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità;
  3. produttori agricoli con volume d’affari annuale inferiore a 7000 euro (volume che deve essere costituito almeno per i due terzi da cessioni di prodotti agricoli e ittici compresi nella prima parte dell’allegata tabella A del Dpr 633/72);
  4. attività di organizzazione giochi e intrattenimenti
  5. altre attività indicate nella tariffa allegata al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640, esonerati dagli adempimenti IVA ai sensi dell’art. 74, sesto comma, che non hanno optato per l’applicazione dell’IVA nei modi ordinari.

Dichiarazione annuale Iva: l’elenco continua con…

I soggetti elencati finora rientrano nelle casistiche previste dal legislatore come esoneri dall’obbligo di dichiarazione annuale Iva. Non si tratta, però, degli unici casi. Infatti, l’elenco previsto per il 2022 prevede anche:

  1. imprese individuali che hanno dato in affitto l’unica azienda e non esercitano altre attività rilevanti ai fini IVA;
  2. soggetti passivi d’imposta non residenti (art. 44, comma 3, secondo periodo del decreto-legge n. 331 del 1993) – questo vale solo nel caso in cui tali soggetti non abbiamo effettuato durante il 2021 operazioni non imponibili, o comunque non soggette all’obbligo del pagamento dell’imposta;
  3. Enti non commerciali, società sportive che hanno esercitato l’opzione per l’applicazione delle disposizioni recate dalla legge 398/91;
  4. soggetti domiciliati o residenti fuori dall’UE – in questo caso si tratta di soggetti non identificati in ambito comunitario, ma identificati fini dell’IVA sul territorio dello Stato in base alle modalità previste dall’art. 74. In questa categoria rientrano, tra gli altri, l’assolvimento degli adempimenti relativi ai servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione ed elettronici resi a committenti, non soggetti passivi d’imposta, domiciliati o residenti in Italia o in altro Stato membro.
  5. raccoglitori occasionali di prodotti selvatici non legnosi – soggetti che rientrano nella categoria identificata con codice Ateco30;
  6. raccoglitori occasionali di piante officinali spontanee, come stabilito dall’art. 3 del decreto legislativo n°21 maggio 2018, n°75, che non abbiano superato un volume d’affari annuo di 7000 euro, nell’anno fiscale precedente.