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Shopify fatturazione elettronica e corrispettivi con FatturaPRO.click

FatturaPRO.click ha sviluppato con successo un’applicazione integrata per Shopify che risolve in modo definitivo la problematica della fatturazione elettronica per i merchants che utilizzano questa piattaforma di commercio digitale. Grazie all’app FatturaPRO, gli operatori del mondo Shopify oggi possono contare su uno strumento eccezionale che garantisce l’emissione automatica e diretta di fatture e corrispettivi a partire dagli ordini registrati nel backoffice del negozio online.

Tutto il processo risulta completamente snellito e gestibile con pochi click: basta collegare il proprio account Shopify all’app tramite le proprie credenziali e impostare solo una volta i dati aziendali per attivare il flusso documentale in modo completamente digitale e conforme alle normative fiscali.

Tra i principali vantaggi di questa soluzione spiccano l’assoluta semplicità d’uso e il risparmio notevole di tempo, grazie all’automazione end-to-end del ciclo di fatturazione. Inoltre, gli avanzati sistemi di sicurezza implementati da FatturaPRO.click tutelano i dati sensibili da possibili minacce. Grazie a questa app sviluppata ad hoc, FatturaPRO si dimostra ancora una volta il partner ideale per la gestione fiscale delle attività di commercio digitale su Shopify.

Fatture Shopify: come funziona la piattaforma e-commerce

Shopify è una piattaforma di e-commerce che permette di creare e gestire negozi online in modo semplice e flessibile. Secondo il sito ufficiale di Shopify, oltre 1 milione di attività in 175 paesi utilizzano la piattaforma. Stando al report annuale pubblicato da Shopify, nel 2021 il volume globale di vendite sulla piattaforma ha raggiunto i 175 miliardi di dollari. Per quanto riguarda il mercato italiano, l’Osservatorio eCommerce B2c della School of Management del Politecnico di Milano certifica che in Italia sono oltre 50.000 gli shop online gestiti tramite Shopify.

Shopify fatturazione elettronica

La soluzione offre tutti gli strumenti necessari per avviare un business digitale: dalla gestione del catalogo prodotti e ordini, alla configurazione del tema grafico e delle modalità di pagamento, fino alla creazione di campagne promozionali e di fidelizzazione della clientela. Inoltre, grazie all’integrazione con soluzioni di terze parti, Shopify consente di ottimizzare ulteriormente le funzioni del proprio negozio online.

Per quanto riguarda Shopify fatturazione elettronica, è possibile, attraverso un’app appositamente sviluppata da FatturaPRO.click, provevdere in modo facile e veloce alla fatturazione elettronica in modo automatico e completamente integrato con la piattaforma. Il merchant può configurare direttamente i propri dati fiscali e procedere alla generazione e all’invio delle fatture elettroniche, senza passaggi manuali. Una funzione che semplifica notevolmente la gestione amministrativo-fiscale per gli utenti. Shopify rappresenta una soluzione di successo per la vendita online, grazie alla sua completa gamma di strumenti per avviare con successo un’attività di e-commerce.

Shopify fatturazione elettronica con FatturaPRO.click

Shopify è quindi oggi uno dei principali software per la vendita online, utilizzato da centinaia di migliaia di attività commerciali a livello globale. Come accaduto in precedenza per WooCommerce, anche per questa piattaforma FatturaPRO.click ha sviluppato una soluzione integrata capace di semplificare notevolmente la gestione della fatturazione fiscale da negozio online.

L’app FatturaPRO per Shopify permette infatti di generare ed emettere fatture elettroniche e corrispettivi telematici in modo diretto e completamente automatizzato a partire dagli ordini registrati nel back-end del negozio. Il merchant non deve fare altro che collegare il proprio account Shopify all’app tramite le credenziali, impostare i dati aziendali una sola volta e da quel momento ogni ordine diventa immediatamente una fattura fiscale pronta per l’invio al Sistema di Interscambio.

Grazie a questa soluzione, i titolari di e-commerce basati su Shopify hanno finalmente la possibilità di digitalizzare del tutto il flusso documentale legato agli scambi commerciali, liberandosi da fastidiosi adempimenti burocratici e gestendo la parte amministrativo-contabile direttamente all’interno del proprio shop online, con assoluta tranquillità e semplicità.

Fattura elettronica forfettari: l’obbligo dal 1° gennaio 2024

A partire dal 1°gennaio 2024, la fatturazione elettronica diventerà obbligatoria per tutti i contribuenti aderenti al regime forfettario, senza alcuna distinzione legata ai volumi di ricavi e compensi.

Si tratta di un momento importante nel percorso di digitalizzazione intrapreso dal nostro Paese, che porterà a uniformare le modalità di fatturazione tra operatori economici. Gli oltre 1,7 milioni di forfettari saranno tenuti a emettere, ricevere e conservare le fatture unicamente in formato elettronico, gestendo i documenti fiscali attraverso un idoneo sistema informatico. La normativa pone quindi la necessità per ciascun operatore di dotarsi di una piattaforma telematica sicura, certificata e di semplice utilizzo, al fine di garantire l’invio delle fatture verso i clienti e la corretta archiviazione fiscale obbligatoria, proprio come FatturaPRO.click. La scelta deve ricadere su piattaforme professionali in grado di assolvere agli adempimenti in modo efficace e conforme alle disposizioni.

Fattura elettronica forfettari: i cambiamenti dal 1° gennaio 2024

Come previsto dalla normativa, dal 1 gennaio 2024 il sistema di fatturazione elettronica sarà esteso a tutti i soggetti aderenti al regime forfettario, senza alcuna distinzione legata ai volumi di ricavi e compensi conseguiti, com’era stato finora. In particolare, l’obbligo di fatturazione elettronica riguarderà:

  1. I contribuenti forfettari che applicano il regime agevolato di determinazione del reddito (di cui all’articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190);
  2. I soggetti aderenti al regime di vantaggio, caratterizzato dall’applicazione di un’aliquota IVA pari al 15% e di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF del 5% (di cui all’articolo 27, commi 1 e 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111);
  3. Le associazioni sportive dilettantistiche (ASD) iscritte nel registro CONI o nel registro parallelo CIP.

Pertanto, a decorrere dal 1° gennaio 2024 tutte queste categorie di operatori economici saranno obbligate a emettere fattura in formato elettronico verso terzi, senza alcun vincolo legato al volume d’affari conseguito. Attualmente, l’obbligo di fatturazione elettronica per i forfettari era già in vigore dal 1°luglio 2022, ma limitatamente a coloro che nell’anno 2021 avevano registrato introiti superiori a 25.000 euro.

Tale limite soggettivo verrà meno dal nuovo anno, rendendo omogenea l’applicazione del nuovo sistema di fatturazione per tutti i contribuenti forfettari, come confermato anche dalla recente circolare n.26/E dell’Agenzia delle Entrate.

Secondo i dati statistici emersi dalle dichiarazioni dei redditi 2022, risultano aderire al regime forfettario oltre 1,7 milioni di soggetti, prevalentemente operanti nel settore dei servizi professionali, del commercio e sanitario. Il reddito medio imponibile dichiarato è pari a circa 15.601 euro, cifra che sale a 21.853 euro per il comparto immobiliare. Ciò dimostra come il regime forfettario risulti il più utilizzato e conveniente tra quelli agevolati. Quindi, dal prossimo 1°gennaio il sistematizzato passaggio all’emissione elettronica delle fatture interesserà in maniera capillare tutti i contribuenti aderenti al regime fiscale con imposta sostitutiva semplificata.

Fattura elettronica forfettari

Fatturazione elettronica forfettari: vantaggi e opportunità

L’estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica a tutti i soggetti in regime forfettario determinerà consistenti benefici e opportunità sia per gli operatori interessati che per l’amministrazione finanziaria.

  1. Maggiore semplicità ed efficienza nei rapporti commerciali. Grazie all’impiego uniforme della “fattura elettronica“, verrà superata la complessità legata alla gestione di diversi formati di fatturazione. Ciò consentirà tempi di scambio più rapidi e la tempestiva condivisione del documento fiscale con tutte le controparti.
  2. Riduzione dei costi di gestione e conservazione dei documenti. L’abolizione del supporto cartaceo e l’archiviazione in formato digitale della fattura elettronica porteranno a ingenti risparmi sui costi di stampa, spedizione e archiviazione delle fatture per operatori e aziende.
  3. Vantaggi fiscali per gli operatori IVA. Gli operatori IVA che emettono e ricevono solo fattura elettronica potranno beneficiare dell’eliminazione dell’obbligo contabile e della riduzione dei termini di accertamento fiscale, con alleggerimento degli adempimenti e maggiori garanzie. Per dirlo in altre parole, gli operatori IVA in regime di contabilità semplificata che emettono solo fatture elettroniche (cioè soggetti che effettuano solo cessioni di beni e prestazioni di servizi non soggette ad IVA) potranno beneficiare dell’esonero dagli obblighi contabili di registrazione delle operazioni attive e passive, come previsto dagli articoli 23 e 25 del D.P.R. 633/1972. Inoltre, gli stessi operatori IVA, ricevendo ed effettuando pagamenti tracciabili di importo superiore a 500 euro, godranno della riduzione di 2 anni dei termini di accertamento fiscale, passando da 5 a 3 anni sia per l’IVA che per le imposte dirette ai sensi degli articoli 57 del DPR 633/1972 e 43 del DPR 600/1973. Ciò comporterà un alleggerimento degli oneri amministrativi da sostenere e maggiori garanzie di definizione formale dei rapporti con il fisco, con benefici in termini fiscali per tutti gli operatori interessati dall’obbligo di fatturazione elettronica.
  4. Opportunità di digitalizzazione dei processi aziendali. L’adozione integrale della “fattura elettronica” consentirà l’ammodernamento digitale del ciclo passivo-attivo, con considerevoli benefici in termini di efficienza e tracciabilità delle informazioni fiscali.
  5. Uniformità delle disposizioni normative. L’estensione della normativa assicurerà uniformità di trattamento, semplificando gli obblighi per tutti i forfettari mediante una disciplina fiscale coerente e omogenea dal punto di vista tecnologico.

L’estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica a tutti i contribuenti forfettari determinerà una trasformazione digitale integrale dei processi fiscali che coinvolgeranno tali categorie di operatori economici. L’ammodernamento tecnologico imposto dalla normativa consentirà di velocizzare gli scambi commerciali, semplificare gli adempimenti contabili e razionalizzare la conservazione dei documenti amministrativi. Tali benefici si riverseranno positivamente anche sull’attività di analisi dei dati svolta dall’Amministrazione Finanziaria, che potrà contare su flussi informativi più completi e tempestivi. Pur con gli oneri di adeguamento iniziale che saranno sostenuti, soprattutto dalle realtà di minori dimensioni, nel medio-lungo periodo i vantaggi economici e le opportunità di efficientamento produrranno indubbi benefici per tutto il tessuto produttivo italiano composto prevalentemente da piccole e medie imprese.

Factoring pro solvendo: come funziona e come può aiutare le imprese

Secondo i dati dell’Associazione Italiana per il Factoring pro solvendo e pro soluto:

  • Nel 2021 il factoring pro solvendo in Italia ha registrato una crescita del 27% rispetto all’anno precedente, raggiungendo un giro d’affari di quasi 11 miliardi di euro.
  • La quota di mercato del factoring pro solvendo è salita al 30%, diventando una delle tipologie di factoring in più rapida ascesa.
  • Le imprese che nel 2021 hanno usato per la prima volta questo strumento sono aumentate del 19% rispetto al 2020.

Questa crescita è dovuta principalmente alle esigenze delle imprese di reperire liquidità di cassa, che sono aumentate durante la crisi pandemica.

I vantaggi del factoring pro solvendo rispetto ad altre forme di finanziamento sono:

  1. L’accesso immediato a risorse fresche, trasformando i crediti ancora da incassare in disponibilità liquida.
  2. L’esternalizzazione della riscossione dei crediti alla società di factoring, semplificando i processi aziendali.
  3. La maggiore flessibilità, dal momento che non sono necessarie garanzie reali o personali.

Le imprese stanno dunque ricorrendo sempre più spesso a questo strumento per soddisfare il fabbisogno di capitale circolante e finanziare la ripresa economica. I dati confermano come il factoring pro solvendo si sta imponendo come una soluzione concreta per le PMI in cerca di liquidità.

Cessione pro solvendo: che cos’è veramente

Questa soluzione si tratta quindi di una forma particolare di factoring che consente a un’azienda di cedere i propri crediti commerciali ancora da incassare a una società di factoring, ottenendo in cambio una liquidità immediata.

A differenza del factoring tradizionale, che riguarda crediti già scaduti e fatturati, con il factoring pro solvendo l’impresa cede crediti futuri verso i propri clienti, a fronte della emissione di fatture elettroniche ma non ancora incassati perché non scaduti.

Il processo di cessione del credito avviene mediante contratto con la società di factoring (o factotum): l’azienda cede, tramite appunto un processo che si chiama cessione di credito“, i propri crediti commerciali non ancora esigibili e la società di factoring corrisponde subito una somma pari a una percentuale degli stessi, solitamente compresa tra l’80% e il 90%.

factoring pro solvendo

Quando poi i crediti giungono a scadenza è la società di factoring a incassare direttamente le fatture dai clienti finali.

Quindi il factoring pro solvendo consente all’impresa di ottenere liquidità immediata trasformando in disponibilità finanziaria i crediti non ancora incassati, gestendo poi in outsourcing tutta l’attività di follow-up e rivendita dei crediti.

Factoring pro solvendo: tutti i vantaggi per le imprese

Il principale beneficio del factoring pro solvendo è la disponibilità immediata di liquidità, consentendo all’impresa di incassare in anticipo i crediti e di monetizzarli prima della loro naturale scadenza.

In questo modo l’azienda può ottenere le risorse finanziarie per:

  • Finanziare nuovi investimenti in campagne marketing, ricerca e sviluppo, rinnovo magazzino. I fondi derivanti dal factoring possono essere il volano per nuovi progetti di crescita.
  • Ottimizzare la gestione del capitale circolante, riequilibrando le poste attive e passive e migliorando l’efficienza.
  • Avere maggiore flessibilità operativa, potendo contare su risorse aggiuntive per il business senza ricorrere a prestiti o altre forme di indebitamento.

Un altro vantaggio è la semplificazione della gestione amministrativa dei crediti ceduti: la società di factoring esternalizza infatti tutte le complesse attività di recupero e incasso del credito.

Questo consente all’azienda di:

  • Ridurre i costi per le risorse umane dedicate alla riscossione crediti.
  • Eliminare i ritardi e le insolvenze, dal momento che la società di factoring opera ricorrendo anche a strumenti specialistici.

Il factoring, e in particolare il factoring pro solvendo, offre numerosi benefici in termini di liquidità, efficienza e capacità di finanziamento per la crescita del business.

Rivalsa INPS 4 fattura elettronica agenzia entrate: cos’è e come inserirla correttamente in fattura

La corretta indicazione della rivalsa INPS nelle fatture elettroniche riveste una notevole importanza sia per i fornitori che per l’Agenzia delle Entrate. Per i fornitori che emettono fattura elettronica, specificare tale voce è fondamentale per diversi motivi:

  1. Consente di addebitare correttamente ai clienti i costi del personale dipendente utilizzato per erogare la prestazione fatturata. Questo in base al principio contabile per cui tutti i costi devono essere imputati ai clienti finali.
  2. Garantisce la possibilità di riversare effettivamente all’INPS – attraverso il modello F24 – l’ammontare dovuto a titolo di rivalsa. In assenza di tale indicazione, l’INPS non avrebbe modo di calcolare la somma da versare.
  3. Permette di dimostrare, in caso di controlli, di aver addebitato ai clienti tutti i costi effettivamente sostenuti per poter ottenere i ricavi dichiarati.

Per l’Agenzia delle Entrate invece l’indicazione della rivalsa in fattura elettronica consente di:

  1. Verificare che i fornitori stiano addebitando ai clienti tutti i costi di competenza come previsto dalla legge, evitando distorsioni fiscali.
  2. Monitorare il corretto versamento di quanto dovuto all’INPS a titolo contributivo.

Quindi, la rivalsa INPS 4 fattura elettronica agenzia entrate può essere considerata un’informazione rilevante sia per una corretta fiscalità da parte dei fornitori che per le attività ispettive dell’Agenzia delle Entrate. Un suo omesso o errato utilizzo nelle fatture elettroniche potrebbe comportare sanzioni.

rivalsa INPS 4 fattura elettronica agenzia entrateRivalsa INPS 4 fattura elettronica: cos’è e qual è il suo scopo

La rivalsa INPS è un contributo aggiuntivo che i datori di lavoro devono versare all’INPS a titolo di recupero di una parte dei costi sostenuti per alcune prestazioni assistenziali e previdenziali erogate ai dipendenti.

In pratica sulle fatture emesse ai clienti i fornitori che applicano la fatturazione elettronica per Forfettari devono indicare questa voce di costo (rivalsa INPS) per poter poi riversare all’INPS quanto dovuto. Quando e perché deve essere inserita? La rivalsa INPS va sempre inserita nelle fatture elettroniche emesse, per ogni periodo di lavoro svolto dai dipendenti, per la quota parte di competenza del cliente.

 

Ad esempio se un dipendente ha lavorato il 50% del mese per un cliente, nella fattura emessa a quest’ultimo verrà addebitato anche il 50% dell’importo complessivo della rivalsa INPS dovuta per quel mese. L’importo è pari a circa il 24% dei contributi previdenziali INPS a carico dell’azienda (come TFR, malattia, maternità e ferie). Indicando correttamente la rivalsa INPS nelle fatture elettroniche si rende noto al cliente il costo del lavoro “nascosto” dietro la prestazione fatturata, permettendo poi all’azienda di assolvere l’obbligo di versamento all’INPS.

Rivalsa INPS 4 fattura elettronica agenzia entrate: come inserirla correttamente in fattura elettronica

È fondamentale inserire la rivalsa INPS nella fattura elettronica in modo corretto, seguendo le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate:

  1. La denominazione. La voce deve essere denominata “Rivalsa INPS” o “Rivalsa art. 2119 cc”, valorizzando obbligatoriamente il tipo di dato CNT336.
  2. Le voci di costo. La rivalsa rientra nella categoria “oneri accessori”, andando a incidere sul costo indiretto del personale dipendente utilizzato per fornire la prestazione.
  3. Collocazione in fattura. La rivalsa deve essere inserita in una riga separata, alla fine del dettaglio delle voci di costo, indicando anche l’aliquota di calcolo (solitamente 24%).

Esempio:

Descrizione Quantità Prezzo Unitario Aliquota IVA Importo IVA Importo Rig

Rivalsa INPS 1 500,00 esente 0,00 500,00

Altri aspetti. Non sono presenti limiti di importo ma è importante saper calcolare correttamente l’ammontare in base alle norme vigenti, poiché in occasione dei controlli l’Agenzia delle Entrate potrebbe contestare un importo irregolare. Quindi, indicando una corretta rivalsa INPS in fattura elettronica si evita il rischio di sanzioni ed è possibile riversare all’INPS effettivamente quanto dovuto a titolo di contributi.

Fatture false: come riconoscerle e come difendersi

Purtroppo le fatture false rappresentano un fenomeno in costante crescita, che causa danni enormi all’economia italiana e europea.

Secondo i dati dell’Agenzia delle Entrate, le fatture false scoperte in Italia solo nel 2019 sono state oltre 74mila, per un valore di 7 miliardi di euro. Numeri in progressivo aumento negli anni: nel 2017 le fatture false erano state 59mila per un valore di 5,4 miliardi. Anche l’Europol riporta dati allarmanti: le truffe con fatture false sono il tipo di frode fiscale più diffuso in Europa, con danni per oltre 60 miliardi di euro l’anno.

Il fenomeno è in crescita per diversi fattori:

  • La globalizzazione del commercio e l’e-commerce hanno moltiplicato le transazioni tra sconosciuti, aumentando i rischi.
  • La crisi economica spinge molte persone a ricorrere a espedienti fraudolenti per sopravvivere.
  • Le tecnologie digitali rendono facile e tracciabile la creazione e diffusione di finti documenti commerciali.

Questa crescente diffusione di fatture e documenti falsi rende sempre più importante per le imprese adottare accorgimenti e controlli per individuare eventuali tentativi di frode ed evitare danni economici ed eventuali responsabilità penali e civili. La sensibilizzazione e l’attenzione sono le prime difese per contrastare questo allarmante fenomeno.

Fatture false

Fatture false: come riconoscerle

Le fatture false hanno alcune caratteristiche ricorrenti che possono aiutare a riconoscerle.

  1. Dati anagrafici incompleti o generici del fornitore. Se i dati del fornitore indicati in fattura sono molto scarni e non compaiono partita IVA, indirizzo e altri riferimenti completi, è un primo campanello d’allarme.
  2. Numeri di partita IVA sospetti. Controllare il numero di partita IVA è sempre una buona regola: cifre ripetute o sequenze numeriche anomale possono indicare un dato inventato.
  3. Importi arrotondati o cifre ripetute nelle voci. Fatture con importi totali arrotondati o cifre che si ripetono spesso nelle voci possono essere state create ad arte.
  4. Siti web improbabili dei fornitori. Verificare l’esistenza di un sito web o di una pagina social del fornitore può far emergere eventuali anomalie.

A cosa serve la fattura? La fattura è un documento contabile e fiscale molto importante. Serve infatti per certificare l’avvenuta cessione di beni o prestazione di servizi, ai fini dell’IVA e della deduzione dei costi. Per questo è fondamentale verificarne l’autenticità per evitare truffe.

Falsa fatturazione: come difendersi da truffe e frodi

Per difendersi da frodi e truffe con fatture false è importante adottare alcuni accorgimenti:

  1. Verificare i dati del fornitore prima di accettare fatture. Effettuare sempre un controllo incrociato dei dati identificativi del fornitore (partita IVA, ragione sociale, indirizzo ecc…) prima di validare una fattura.
  2. Controllare periodicamente estratto conto e fatture ricevute. Tenere sotto controllo regolarmente i movimenti in entrata e uscita, confrontando fatture con estratto conto, è utile per individuare eventuali addebiti fraudolenti.
  3. Bloccare immediatamente i pagamenti non riconosciuti. Non appena si riscontra un pagamento sospetto è importante bloccarlo immediatamente, informando la banca e le autorità competenti.
  4. Denunciare prontamente alle autorità casi sospetti. Nei casi dubbi è sempre meglio denunciare tempestivamente l’accaduto alla Guardia di Finanza o all’Agenzia delle Entrate per attivare indagini ed evitare complicità.

È risaputo che, sapere Come fare la fattura elettronica esterna aiuta a ridurre il rischio di frode, essendo un processo controllato e tracciabile. L’invito quindi è quello di emettere fatture elettroniche verso indirizzi certificati.

Quanto costa aprire partita iva in Italia e all’estero

Se siete imprenditori o avete preso la decisione di realizzare le vostre idee imprenditoriali, è giunto il momento di intraprendere il percorso dell’autonomia lavorativa. Diventare lavoratori autonomi o professionisti indipendenti è un processo più accessibile di quanto possa sembrare.

Il primo passo fondamentale consiste nell’ aprire una partita IVA in Italia. Nel Bel Paese, infatti, i lavoratori autonomi devono aprire una Partita IVA per fini fiscali, come l’emissione di fatture elettroniche e il pagamento dei contributi dovuti alle autorità fiscali e previdenziali. Cerchiamo quindi di capire quanti e quali sono i costi associati alla Partita IVA, sia in Italia che all’estero.

Quanto costa aprire partita IVA in Italia?

Costi associati all’apertura della Partita IVA come ditta individuale variano tra 130 e 150 euro, includendo le spese di iscrizione al Registro delle Imprese, che comprendono diritti camerali, imposte di segreteria e imposte di bollo. La complessa procedura burocratica, specialmente nel caso delle ditte individuali, può essere intimidatoria, spingendo molte persone a rivolgersi a un professionista. Tuttavia, i costi per l’assistenza di un commercialista nell’apertura della Partita IVA possono essere significativi, aumentando considerevolmente l’importo iniziale.

Quanto costa aprire la partita IVA e mantenerla in Italia? Le imposte

La tassazione varia in base al regime fiscale adottato e riguarda le aliquote, le scadenze dei pagamenti, le possibili agevolazioni, le rateizzazioni, ecc. Queste regole si applicano a tutti i contribuenti, indipendentemente dall’attività svolta. Per i giovani e le nuove attività, il regime forfettario è spesso la soluzione migliore. Infatti offre una tassazione vantaggiosa e una gestione semplificata della contabilità e delle fatture. Nel regime forfettario, i costi della Partita IVA includono l’applicazione di un’imposta sostitutiva del 15% (5% per le nuove attività nei primi 5 anni) che si applica sul reddito imponibile e non sull’intero fatturato. È importante considerare anche le spese relative ai contributi.

Contributi previdenziali: a quanto ammontano?

I contributi dipendono dalla Cassa o dalla Gestione a cui ci si iscrive e ogni entità stabilisce le proprie aliquote, le scadenze dei versamenti e altri aspetti. Per i liberi professionisti iscritti alla Gestione Separata dell’INPS, i contributi sono calcolati in proporzione al volume d’affari effettivamente prodotto. Si basano sul reddito imponibile e sono soggetti a un’aliquota del 25,72%. Nel caso delle ditte individuali, la Cassa di riferimento è la Gestione Artigiani e Commercianti dell’INPS. In questo caso, è previsto un contributo fisso di circa 3.850 euro annui, da versare anche in caso di reddito zero. In aggiunta, vi è un contributo “extra” che si applica solo sulla parte eccedente il “reddito minimo INPS” (attualmente pari a 15.953 euro) con un’aliquota del 24% (o del 21,90% per i professionisti sotto i 21 anni). I contributi possono rappresentare un ostacolo, soprattutto per i giovani che intendono aprire una Partita IVA. Tuttavia, è importante sapere che alcune categorie di lavoratori autonomi possono beneficiare di agevolazioni legate all’età, e alcune Casse Previdenziali riservate ai professionisti offrono riduzioni di aliquote o richiedono il versamento di una percentuale ridotta dei contributi fissi. Queste agevolazioni consentono una riduzione dei costi della Partita IVA per i giovani professionisti.

Quanto costa aprire partita iva

Quanto costa aprire una partita IVA

Aprire una Partita IVA all’estero comporta costi e procedure specifiche che variano a seconda del paese di destinazione. Prima di intraprendere tale percorso, è fondamentale compiere una ricerca accurata e consultare esperti del settore per valutare attentamente i costi associati e i requisiti richiesti.

Innanzitutto, è necessario considerare i costi legati alla registrazione e all’iscrizione nel paese straniero. Questi costi possono variare notevolmente a seconda della nazione e delle sue normative fiscali. In alcuni paesi potrebbero essere richiesti diritti di registrazione, tasse amministrative e spese legali per avviare l’attività. È importante tenere conto di questi fattori nel budget di apertura della Partita IVA all’estero.

Occorre considerare gli oneri fiscali e le imposte annuali che saranno applicate nell’ambito dell’attività commerciale all’estero. Ogni paese ha il proprio sistema fiscale con regole e aliquote specifiche. È necessario comprendere come tali imposte saranno calcolate e come influiranno sui profitti dell’attività. Spesso, è necessario avvalersi di consulenti fiscali locali per garantire la conformità alle normative e per gestire correttamente le questioni fiscali.

Facciamo un esempio. L’apertura di una Partita IVA in Inghilterra comporta una serie di costi da considerare. Ad esempio, i costi iniziali per la registrazione e l’iscrizione nel Registro delle Imprese possono variare da circa £12 a £100, a seconda del tipo di servizio richiesto. È necessario prendere in considerazione le spese legali che possono ammontare a diverse centinaia di sterline, soprattutto se si richiede l’assistenza di un avvocato per la creazione di contratti o accordi commerciali. Altri costi da considerare sono le tasse annuali di iscrizione alla Camera di Commercio e le spese per la consulenza fiscale per garantire la conformità alle leggi fiscali britanniche. È importante tenere conto di queste voci di spesa al fine di pianificare in modo adeguato l’apertura di una Partita IVA in Inghilterra.

Iva ristoranti: tipologie e funzionamento

Aprire un’attività come un ristorante è un’impresa complessa, ben nota a coloro che hanno preso in considerazione questa possibilità. Tuttavia, la gestione dell’IVA nei ristoranti è ancora più intricata nonostante le semplificazioni legislative, suscitando ancora dubbi e incertezze.

L’applicazione dell’IVA nel settore della ristorazione differisce notevolmente da altri settori. Per un commerciante, la questione è semplice: acquista merce con un’aliquota del 22% e la rivende applicando la stessa aliquota. Per un ristoratore, invece, la situazione è diversa in quanto le materie prime acquistate sono soggette ad aliquote diverse, ma al momento della vendita è necessario applicare un’unica aliquota IVA prevista per la ristorazione. Vediamo quindi come orientarsi all’interno del complesso mondo dell’IVA nei ristoranti, evitando rischi con le autorità fiscali.

Iva ristorante: categorie e aliquote da applicare

Come precedentemente menzionato, il caso dei ristoranti presenta delle peculiarità, poiché il settore della ristorazione è uno dei pochi in cui si applica l’aliquota ridotta del 10%, indipendentemente dalle bevande e dai cibi serviti. Tuttavia, quando si procede all’acquisto delle materie prime, ci si trova ad affrontare diverse tipologie di aliquote.

Infatti, sull’acqua in bottiglia, sulle bevande alcoliche e sulle bibite, si dovrà pagare il 22% di IVA, mentre sulla carne, il pesce, le uova, i cereali e lo zucchero, solo per citarne alcuni, si applica l’aliquota del 10%. L’aliquota scende ulteriormente per la frutta, la verdura, il pane, la pasta, il pomodoro in conserva, l’olio e i latticini, poiché considerati beni di prima necessità, beneficiando dell’aliquota minima del 4%.

Pertanto, la gestione dell’IVA nei ristoranti risulta complessa e richiede una particolare attenzione, specialmente durante la registrazione delle fatture elettroniche d’acquisto, quando è necessario associare l’aliquota corretta a ciascun prodotto singolarmente.

Nel contesto dei ristoranti, l’aliquota IVA applicabile è quella ridotta al 10%, la medesima prevista per la fornitura di energia elettrica, gas e medicinali. Tale scelta è giustificata sia dal fatto che determinati beni sono considerati di rilevanza per i consumatori, sia dal fatto che il valore di tali beni non supera la metà del valore totale del servizio offerto.

Iva ristoranti

Di fatto, come ristoratore, è possibile applicare l’aliquota ridotta poiché il costo delle materie prime rappresenta meno della metà dell’importo totale addebitato ai clienti.

Tuttavia, fino a poco tempo fa, i ristoranti con servizio da asporto e i servizi di consegna a domicilio, pur operando nello stesso settore dei ristoranti, non potevano beneficiare dell’applicazione dell’aliquota IVA ridotta.

Iva ristorazione: come funziona per asporto e delivery

Fino al 2021, l’aliquota IVA applicata nei ristoranti variava a seconda della loro tipologia. Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 26/10/1972 forniva una chiara enumerazione di beni e servizi soggetti all’aliquota del 10%, tra cui rientrava anche la ristorazione.

Tuttavia, all’interno della normativa si trovava un breve paragrafo che specificava che per somministrazione di alimenti e bevande al pubblico si intendeva esclusivamente la vendita sul posto, cioè il consumo immediato in locali appositamente attrezzati.

Di conseguenza, l’aliquota IVA del 10% si applicava a ristoranti, pub, pizzerie, osterie, trattorie, sushi bar e così via, ma non alle attività che si occupavano di servizio delivery o asporto, per le quali, fino al 2021, si applicava l’aliquota del 22%. Cosa è cambiato?

Nonostante nel corso del tempo le associazioni di categoria avessero sollecitato il legislatore a consentire l’applicazione dell’IVA al 10% anche per i ristoranti con servizio da asporto, tali richieste erano rimaste inascoltate. Tuttavia, a seguito delle gravi conseguenze della pandemia che ha colpito duramente il settore della ristorazione, il governo ha cambiato posizione. Pertanto, anche se i clienti non consumano più i pasti all’interno dei locali, è possibile applicare l’aliquota più bassa.

Tuttavia, è importante sottolineare che questa concessione è da considerare come una misura transitoria adottata per contrastare gli effetti dell’emergenza COVID-19 e si applica solo agli alimenti cotti e pronti per il consumo. Di conseguenza, per le bevande e per i cibi non preparati, considerati beni e non alimenti, che sono consumati al di fuori del locale, si dovrà applicare l’aliquota del 22%.

 

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Cosa sono le criptovalute e come gestire le fatture per i pagamenti in cripto

Cosa sono le criptovalute? Nonostante siano in circolazione da anni, sono ancora in molti a chiederselo. Le criptovalute sono una forma di valuta digitale decentralizzata che utilizza la crittografia per garantire la sicurezza delle transazioni e la creazione di nuove unità di valuta. Al contrario delle valute tradizionali, come il dollaro o l’euro, le criptovalute non sono emesse da una banca centrale o da un’autorità governativa, ma sono basate su un sistema distribuito chiamato blockchain. Questo sistema registra tutte le transazioni di criptovalute in modo sicuro e immutabile, rendendole trasparenti e accessibili a tutti.

Le criptovalute hanno avuto una crescita esponenziale negli ultimi anni, grazie alla loro natura decentralizzata e alla loro capacità di bypassare le restrizioni imposte dai governi e dalle istituzioni finanziarie tradizionali. Ci sono molte criptovalute diverse, con Bitcoin che è la più famosa e la più grande per capitalizzazione di mercato. Tuttavia, molte altre criptovalute sono state sviluppate con l’obiettivo di risolvere specifici problemi nel settore finanziario o di fornire servizi decentralizzati su blockchain. Nonostante le loro potenzialità, le criptovalute rimangono un argomento controverso, poiché molte persone sono preoccupate per la loro volatilità e per il loro potenziale utilizzo per attività illegali come il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo.

Cosa sono le criptovalute

Ma quindi, cosa sono le criptovalute realmente e quale potenziale hanno? Le criptovalute sono una forma di valuta digitale che utilizza la crittografia per garantire la sicurezza delle transazioni e la creazione di nuove unità di valuta. Ci sono molte criptovalute diverse, con Bitcoin che è la più famosa e la più grande per capitalizzazione di mercato. Bitcoin è stata creata nel 2009 da un programmatore anonimo con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto. Bitcoin è stato il primo esempio di criptovaluta e ha aperto la strada per lo sviluppo di molte altre. Oltre a Bitcoin, alcune delle criptovalute più famose includono Ethereum, Ripple, Bitcoin Cash, Litecoin, Binance Coin e Tether. Ognuna di queste criptovalute ha la propria comunità di sostenitori e la propria filosofia di utilizzo. Ethereum, ad esempio, è stata creata nel 2015 da un programmatore canadese chiamato Vitalik Buterin ed è stata progettata per supportare la creazione di applicazioni decentralizzate su blockchain. Ripple, invece, è stata creata nel 2012 da una società chiamata Ripple Labs ed è stata progettata per semplificare le transazioni finanziarie tra banche e altre istituzioni finanziarie.

Tuttavia, oltre alle criptovalute più famose, esistono anche molte altre criptovalute più piccole e meno conosciute. Alcune di queste criptovalute sono nate per risolvere problemi specifici, come ad esempio Monero, che è stata progettata per garantire la privacy delle transazioni, o Dogecoin, che è stata creata come una sorta di scherzo ma ha acquisito una notevole popolarità. Altre criptovalute, tuttavia, sono state create semplicemente per capitalizzare l’interesse generale per le criptovalute e non hanno alcuna utilità pratica. L’ecosistema delle criptovalute è in continua evoluzione, con nuove criptovalute create ogni giorno e molte altre esistenti che scompaiono con il tempo, senza tenere conto poi del famoso crollo delle criptovalute che è avvenuto non più tardi di un anno fa. Ciò rende difficile mantenere il passo con tutte quelle esistenti e capire quali sono quelle che hanno un reale valore e utilità.

Criptovalute come funzionano

Le criptovalute funzionano attraverso un sistema decentralizzato di registro contabile, noto come blockchain, che permette di mantenere la sicurezza e la trasparenza delle transazioni senza l’intervento di intermediari come le banche. Ogni transazione è registrata in un blocco, che è poi collegato in modo immutabile a quello successivo. Questo sistema crea una catena di blocchi, o blockchain, che rappresenta la storia completa di tutte le transazioni effettuate sulla rete. La blockchain è mantenuta da una rete distribuita di nodi, o computer, che collaborano tra loro per validare e confermare le transazioni.

Cosa sono le criptovalute

Per generare nuove unità di valuta, le criptovalute utilizzano un processo noto come mining, che richiede la risoluzione di complessi problemi matematici attraverso l’uso di potenza di calcolo computazionale. Questo processo richiede un notevole consumo energetico e ha un impatto significativo sull’ambiente. Una volta che un blocco di transazioni è confermato e aggiunto alla blockchain, è assegnata una ricompensa in criptovaluta al miner che ha risolto il problema matematico. La creazione di nuove unità di valuta è limitata nel tempo e in quantità, in modo da garantire la stabilità del valore della valuta.

Le criptovalute sono progettate per essere sicure e resistenti alla frode. La sicurezza è garantita attraverso l’utilizzo di algoritmi di crittografia avanzati, che proteggono la privacy delle transazioni e la sicurezza dei fondi. Le chiavi private sono utilizzate per confermare e autorizzare le transazioni, e la blockchain pubblica garantisce la trasparenza e la tracciabilità delle transazioni. Inoltre, le criptovalute sono resistenti alla falsificazione grazie alla blockchain immutabile, che rende impossibile modificare o cancellare le transazioni passate. Tuttavia, come in ogni sistema, esistono ancora alcune vulnerabilità e rischi di sicurezza, come gli attacchi informatici ai wallet e alle piattaforme di scambio.

Fattura elettronica e criptovalute la nuova era digitale

La fattura elettronica e le criptovalute rappresentano un’innovazione tecnologica nella gestione dei pagamenti elettronici. L’integrazione di queste due tecnologie può semplificare notevolmente i processi di fatturazione e pagamento, offrendo un’alternativa più efficiente e sicura ai metodi di pagamento tradizionali. Le fatture elettroniche consentono di inviare, ricevere e archiviare le fatture in formato digitale, eliminando la necessità di carta e riducendo i tempi di elaborazione e le possibilità di errore. L’utilizzo delle cripto come metodo di pagamento, invece, offre una maggiore sicurezza e privacy per le transazioni, grazie all’utilizzo della crittografia avanzata e della blockchain.

Per gestire le fatture elettroniche per i pagamenti in cripto, è necessario utilizzare un sistema di pagamento elettronico integrato con la blockchain. I fornitori di servizi di pagamento elettronico devono offrire soluzioni di pagamento in cripto che consentano alle aziende di accettare pagamenti in modo rapido e sicuro. È importante che questi sistemi siano conformi alle normative in vigore per prevenire il riciclaggio di denaro e l’evasione fiscale. Inoltre, le aziende devono essere in grado di integrare facilmente i dati delle transazioni criptovalute nella loro contabilità aziendale, in modo da poter monitorare e gestire i loro flussi di cassa in modo accurato e trasparente. La fattura elettronica e questa nuove forme di valuta digitale offrono un nuovo modo di gestire le transazioni commerciali, riducendo la complessità e i costi del processo di pagamento e offrendo maggiori garanzie di sicurezza e privacy.

Fattura emessa da rappresentante fiscale in Italia con iva

Il rappresentante fiscale è una figura fondamentale per le imprese estere che operano in Italia, in quanto offre un supporto essenziale nell’adempimento degli obblighi fiscali e nell’emissione delle fatture. In particolare, ha il compito di gestire l’intero processo di emissione delle fatture elettroniche, fornendo un servizio completo che va dalla compilazione alla trasmissione telematica alla conservazione digitale dei documenti fiscali. Grazie all’esperienza e alla competenza del rappresentante fiscale, le aziende estere possono garantire il rispetto delle normative fiscali italiane e semplificare il processo di fatturazione, migliorando così la loro efficienza operativa e riducendo i rischi di errori fiscali. Una fattura emessa da rappresentante fiscale in Italia con IVA è sicuramente un documento compilato correttamente che rispetta la normativa fiscale italiana. Una garanzia per le società estere che operano in Italia.

Fattura emessa da rappresentante fiscale in Italia con IVA: impatto sulla conformità delle aziende straniere in Italia

L’emissione di fatture da parte di rappresentanti fiscali può avere un impatto significativo sulla conformità fiscale delle aziende straniere che operano in Italia. I rappresentanti fiscali sono soggetti autorizzati ad agire a nome delle società straniere in Italia e ad adempiere agli obblighi fiscali, tra cui l’emissione di fatture elettroniche con IVA. Le società straniere non possono delegare completamente la propria responsabilità fiscale ai rappresentanti fiscali. Infatti, anche se i rappresentanti fiscali sono responsabili dell’emissione delle fatture e dell’adempimento degli obblighi fiscali in Italia, le società straniere rimangono comunque responsabili della corretta compilazione delle fatture e del rispetto delle normative fiscali italiane. Pertanto, le aziende straniere devono assicurarsi di scegliere rappresentanti fiscali affidabili e competenti e di monitorare attentamente l’adempimento degli obblighi fiscali.

L’emissione di fatture da parte di rappresentanti fiscali può anche avere un impatto sulla competitività delle aziende straniere in Italia. Ad esempio, le società che operano in settori altamente competitivi potrebbero essere svantaggiate se i loro concorrenti italiani sono in grado di emettere fatture direttamente, evitando così i costi aggiuntivi associati all’uso di un rappresentante. Inoltre, se i rappresentanti fiscali non riescono a rispettare gli obblighi fiscali, ad esempio non compilando correttamente le fatture o non effettuando i pagamenti dell’IVA, le aziende straniere potrebbero subire conseguenze negative sulla loro reputazione e potrebbero essere soggette a multe o sanzioni fiscali. Per questo motivo, le società straniere dovrebbero valutare attentamente l’opzione di utilizzare un rappresentante fiscale e assicurarsi di monitorare costantemente l’adempimento degli obblighi fiscali.

Fattura emessa da rappresentante fiscale in Italia con IVA VS fatturazione diretta

La fatturazione diretta e la fatturazione tramite rappresentante fiscale sono due modalità diverse che le aziende straniere possono utilizzare per emettere fatture in Italia. La fatturazione diretta prevede che l’azienda estera si registri per l’IVA in Italia e emetta le fatture direttamente ai propri clienti, adempiendo quindi direttamente agli obblighi fiscali italiani. Questo tipo di fatturazione può essere utile per le aziende che hanno una presenza significativa in Italia o che intendono espandersi in futuro.

Fattura emessa da rappresentante fiscale in Italia con iva

D’altra parte, la fatturazione tramite rappresentante fiscale prevede che un soggetto italiano, chiamato rappresentante fiscale, agisca a nome dell’azienda estera e si occupi di emettere le fatture e adempiere agli obblighi fiscali in Italia. Questa modalità può essere conveniente per le aziende straniere che non hanno una presenza significativa in Italia o che desiderano evitare la complessità della registrazione per l’IVA in Italia.

Tuttavia, esistono alcune differenze tra le due modalità. In particolare, le aziende che scelgono di emettere fatture direttamente sono responsabili della corretta compilazione delle fatture e del rispetto delle normative fiscali italiane. D’altra parte, se è utilizzato un rappresentante fiscale, sarà lui l’unico soggetto responsabile dell’emissione delle fatture e dell’adempimento degli obblighi fiscali in Italia. Inoltre, l’uso di un rappresentante comporta costi aggiuntivi che possono variare in base al rappresentante scelto e alla tipologia di servizio richiesto.

Emissione fattura a cliente estero con rappresentante fiscale in Italia da parte del rappresentante fiscale

Il rappresentante fiscale gioca un ruolo cruciale nell’emissione di fatture e nell’adempimento degli obblighi fiscali per le aziende straniere che operano in Italia. In particolare, si occupa dell’interazione con l’Agenzia delle Entrate italiana, della compilazione e dell’emissione delle fatture, dell’archiviazione dei documenti fiscali e della presentazione delle dichiarazioni fiscali. Inoltre, deve garantire il rispetto delle normative fiscali italiane e l’adempimento degli obblighi fiscali dell’azienda estera.

Il rapporto tra l’azienda estera e il rappresentante fiscale è disciplinato da un contratto di rappresentanza fiscale. Tale contratto deve definire le modalità di interazione tra le parti, le responsabilità del rappresentante fiscale, i costi del servizio e il termine del contratto. Il rappresentante deve avere una conoscenza approfondita delle normative fiscali italiane e deve essere in grado di offrire una consulenza adeguata all’azienda estera. In questo modo, può aiutare l’impresa straniera a evitare eventuali problemi fiscali e a rispettare le normative italiane.

Quanto fatturato si deve avere per la partita iva: limiti e obblighi

Aprire una partita IVA è un passo importante per coloro che intendono avviare un’attività autonoma o lavorare come professionisti. Tuttavia, per poter aprire una partita IVA, è necessario soddisfare alcuni requisiti, tra cui il limite di fatturato annuo previsto dalla legge. In questo articolo, vediamo quindi di capire quanto fatturato si deve avere per la partita IVA, il limite di reddito annuo previsto, nonché gli obblighi fiscali e contabili che i titolari devono rispettare e cosa succede quando si supera il limite di fatturato previsto.

Quanto fatturato si deve avere per la partita IVA: limite del reddito annuo

Per aprire una partita IVA, il primo requisito da soddisfare è il limite di reddito annuo previsto dalla legge. Attualmente, il limite di fatturato annuo per l’apertura di una partita IVA varia a seconda della categoria di appartenenza.

Nello specifico, per l’anno fiscale 2023, i limiti di fatturato per le diverse categorie di partite IVA sono i seguenti:

  1. Regime forfettario: il limite di fatturato annuo previsto per questa categoria è di €85.000,00;
  2. Regime ordinario: per le attività commerciali e artigianali, il limite di fatturato annuo è di € 700.000,00, mentre per le attività professionali il limite è di € 300.000,00;
  3. Regime semplificato: il limite di fatturato annuo per questa categoria è di € 30.000,00.

Il limite di fatturato è relativo al reddito dell’anno precedente e quelli previsti possono essere soggetti a variazioni e aggiornamenti. Pertanto è sempre opportuno informarsi sulla normativa vigente al momento dell’apertura della partita IVA. Non ci sono invece limiti minimi di fatturato per aprire una partita IVA. Infatti, anche chi possiede un’attività che genera un reddito molto basso o nullo, è comunque possibile aprire una partita IVA per poter emettere fatture e dedurre le spese sostenute nell’ambito dell’attività svolta. L’apertura di un’attività comporta comunque degli obblighi fiscali e contabili, come la dichiarazione dei redditi e la tenuta dei registri contabili, che devono essere rispettati anche in caso di fatturato basso o nullo.

Quanto fatturato si deve avere per la partita iva

Apertura p IVA: obblighi fiscali e contabili

Fare impresa non significa solo avere la possibilità di emettere fatture elettroniche e ricevere pagamenti, ma comporta anche una serie di obblighi fiscali e contabili.

Tra gli obblighi fiscali, il titolare di partita IVA è tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi annuale, ovvero il modello UNICO, entro i termini previsti dalla legge. Inoltre, in caso di superamento del limite di fatturato annuo previsto, è necessario pagare le imposte e le tasse dovute.

I titolari di partita IVA sono tenuti alla tenuta della contabilità, ovvero l’organizzazione e la registrazione dei documenti contabili (fatture, ricevute, bollette, ecc…). La contabilità deve essere tenuta in modo preciso e sistematico, in modo da permettere una corretta compilazione del modello UNICO.

Aprire p.IVA: il superamento dei limiti di fatturato

In caso di superamento del limite di fatturato previsto per la propria categoria, il titolare di partita IVA deve adeguarsi al regime fiscale previsto per la nuova soglia di fatturato. Ad esempio, se un professionista che opera nel regime forfettario supera il limite di €85.000,00 di fatturato annuo previsto, deve passare al regime ordinario.

Con il superamento dei limiti di fatturato previsti, il titolare deve anche pagare le tasse e le imposte dovute per l’anno in corso. In caso di mancato pagamento delle imposte e delle tasse, potrebbe incorrere in sanzioni e multe da parte dell’Agenzia delle Entrate.

È importante anche tenere presente che il superamento del limite di fatturato previsto comporta anche l’obbligo di emissione della fattura elettronica, indipendentemente dal regime fiscale in cui si opera. La fattura elettronica è un documento fiscale obbligatorio per tutte le transazioni commerciali effettuate da titolari di partita IVA e deve essere emessa attraverso il Sistema di Interscambio (SdI) dell’Agenzia delle Entrate.