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Contributi inarcassa: tutte le novità del 2023

INARCASSA è la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza per gli Ingegneri e gli Architetti. È un ente previdenziale che offre coperture sociali ai professionisti iscritti all’albo professionale di ingegneri e architetti.

I professionisti iscritti ad INARCASSA sono tenuti al versamento di diverse tipologie di contributi previdenziali e assistenziali. In particolare, i contributi previdenziali e assistenziali a carico degli iscritti comprendono il contributo soggettivo, il contributivo facoltativo, il contributo integrativo, e il contributo di maternità/paternità.

Inarcassa Contributo

I contributi Inarcassa sono obbligatori per i professionisti iscritti all’Ordine degli Ingegneri, Architetti, e Agronomi, e sono versati all’ente previdenziale Inarcassa, il quale si occupa di garantire una copertura previdenziale completa a tutti i professionisti che ne fanno parte. I contributi sono suddivisi in diverse categorie e sono calcolati in base al reddito del professionista. In particolare, il calcolo si basa su un’aliquota percentuale che varia in base alla categoria di appartenenza e alla classe di reddito.

La categoria di appartenenza è determinata in base alla natura del lavoro svolto dal professionista e comprende diverse classi di attività, come ad esempio l’architettura, l’ingegneria civile, l’ingegneria elettronica, la pianificazione territoriale, e molte altre. La classe di reddito, invece, è stabilita in base al reddito annuo lordo del professionista, ovvero la somma di tutti i compensi percepiti nell’arco di un anno solare. In base alla categoria di appartenenza e alla classe di reddito, è applicata un’aliquota percentuale che rappresenta la percentuale del reddito che il professionista deve versare come contributo Inarcassa.

I contributi Inarcassa hanno lo scopo di garantire una copertura previdenziale completa ai professionisti iscritti. Questa comprende diverse prestazioni come la pensione, l’invalidità, l’infortunio sul lavoro, la malattia, e molte altre. In particolare, la pensione è erogata in base alla formula contributiva, ovvero in base alla somma dei contributi versati nel corso della carriera lavorativa del professionista. In questo modo, i professionisti iscritti a Inarcassa possono contare su una copertura previdenziale completa e affidabile, che li protegge in caso di eventuali imprevisti e garantisce loro un futuro tranquillo e sereno.

Contributi inarcassa

Inarcassa Contributi: tipologie di contributi

Il contributo soggettivo è il principale contributo previdenziale e assistenziale a carico degli iscritti INARCASSA. È calcolato in base al reddito professionale netto dichiarato ai fini I.R.P.E.F. e la percentuale di calcolo per il 2023 è pari al 14,5% sino a € 125.450 euro. Il contributo minimo comunque dovuto è pari a € 2.475, indipendentemente dal periodo di iscrizione.

Il contributivo facoltativo è calcolato invece in base a un’aliquota modulare applicata sul reddito professionale netto. Tale contributo è compreso tra l’1% e l’8,5% e si applica sul reddito dichiarato nell’anno precedente, da un minimo annuo e infrazionabile pari a euro 225,00 fino a un massimo di € 10.663,00.

Il contributo integrativo, obbligatorio per i professionisti iscritti all’albo professionale e titolari di partita IVA, anche se non iscritti a INARCASSA, e per le società di Ingegneria, è calcolato in misura percentuale sul volume di affari professionale dichiarato ai fini IVA. Per l’anno 2023, il contributo integrativo minimo è pari a € 745,00 e la soglia massima di volume d’affari Iva, oltre cui non è prevista la “retrocessione”, è pari a € 170.850,00.

Il contributo di maternità/paternità, obbligatorio per tutti gli iscritti INARCASSA, è pari per il 2022 a € 44,00.

Contributi Inarcassa: come effettuare i versamenti

Il versamento dei contributi Inarcassa può essere effettuato in un’unica soluzione oppure tramite versamenti multipli, entro il 31 dicembre dell’anno in corso. Il contributo facoltativo del 2023 deve essere versato entro il 31/12/2023.

Inoltre, dal 1° gennaio 2023, il cedolino mensile della pensione e la Certificazione Unica dei redditi (CU) sono disponibili ai pensionati SOLO nell’area riservata di INARCASSA On Line (iOL). L’accesso è possibile, oltre che con codice Pin e password per chi ne è già in possesso, tramite lo “SPID” (Sistema Pubblico di identità Digitale), o la “CIE” (Carta di Identità Elettronica).

Dichiarazione Irap: cosa è cambiato nel 2023

La dichiarazione Irap, acronimo di Imposta Regionale sulle Attività Produttive, è un adempimento fiscale che riguarda le imprese e gli enti che svolgono attività di produzione, commercio e servizi, con l’eccezione delle persone fisiche esercenti attività commerciali, arti e professioni a partire dal 2022. Questa imposta è calcolata sulla base del valore aggiunto prodotto dall’attività svolta ed è utilizzata dalle regioni per finanziare le spese per l’infrastruttura e i servizi pubblici locali. La dichiarazione Irap deve essere presentata annualmente entro i termini previsti. I soggetti tenuti al pagamento dell’imposta devono compilare un modello apposito indicando i dati relativi al periodo d’imposta e il valore della produzione netta.

Modello Irap: termini di presentazione 2023

In conformità con il decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze datato l’11 settembre 2008, la dichiarazione IRAP deve essere presentata (ai sensi del regolamento di cui al D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni) entro i seguenti termini:

  1. Per le società semplici, le società in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché per le società e associazioni a esse equiparate, il termine è fissato al 30 novembre dell’anno successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta;
  2. Per i soggetti all’imposta sul reddito delle società, nonché per le amministrazioni pubbliche il termine è fissato nell’ultimo giorno dell’undicesimo mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta.

Dichiarazione IRAP: esclusione delle Partite IVA

Si ricorda che, a partire dal 1 gennaio 2022, con una novità introdotta dalla legge di bilancio 2022, le persone fisiche esercenti attività commerciali, arti e professioni sono escluse dai soggetti obbligati al pagamento dell’IRAP.

A seguito di questa modifica legislativa, il modello per l’anno d’imposta 2022 ha subito delle modifiche. Ed è quindi stato eliminato il Quadro IQ.

Restano invece soggetti all’imposta regionale sulle attività produttive IRAP: gli studi professionali associati, le società di persone, le società di capitali, gli enti commerciali in generale e gli enti del terzo settore.

Dichiarazione Irap

Dichiarazioni IRAP: deduzioni per i dipendenti, istruzioni per la compilazione

A seguito delle novità introdotte dal DL Semplificazioni DL n. 73/2022, poi convertito in legge n. 122/2022, la struttura della sezione I del quadro IS nella quale devono essere indicate le deduzioni previste dall’art. 11 del DLgs. 446/97, ha subito delle modifiche.

In particolare, le modalità di deduzione dal valore della produzione dell’intero costo relativo al personale dipendente a tempo indeterminato, e la conseguente indicazione nella dichiarazione IRAP, è notevolmente semplificata.

Si evidenzia, nel nuovo Quadro IS, la presenza del rigo IS7 per le deduzioni del costo per il personale dipendente a tempo indeterminato.

Come specificato nelle istruzioni, nel rigo IS7:

  1. nella colonna 2 va indicato l’importo della deduzione del costo complessivo per il personale dipendente con contratto a tempo indeterminato prevista dal comma 4-octies, dell’articolo 11, come modificato dall’articolo 10, comma 1, del decreto legge 21 giugno 2022, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2022, n. 122
  2. nella colonna 1 del rigo IS7, invece, va indicata la quota della deduzione di cui all’articolo 11, comma 4-octies, fruita per i lavoratori stagionali già ricompresa nella colonna 2 del medesimo rigo.

La dichiarazione IRAP è importante poiché permette alle aziende di adempiere all’obbligo di versare l’Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP). Come abbiamo detto, questa imposta è calcolata in base alla somma degli elementi costitutivi del valore della produzione dell’azienda e, in alcuni casi, anche in base ai costi del personale dipendente. La dichiarazione è quindi un importante strumento di monitoraggio fiscale per le amministrazioni pubbliche e consente alle aziende di adempiere al proprio obbligo fiscale in modo corretto e tempestivo.

Chi non può aprire una partita iva: categorie e casistiche

L’apertura di una partita IVA rappresenta il primo passo per diventare imprenditore o professionista autonomo. Ma non tutti possono aprire una partita IVA. Ci sono categorie di persone che non possono farlo per diverse ragioni. In questo articolo, vedremo chi non può aprire partita IVA e le casistiche che ne derivano.

Chi non può aprire una partita iva: dipendenti pubblici

Una delle categorie di persone che non può aprire una partita IVA sono i dipendenti pubblici. Questi lavoratori, infatti, non possono aprire una partita IVA per le attività che svolgono all’interno della propria istituzione, a meno che non si tratti di attività accessorie e non concorrenti con il lavoro principale. In altre parole, un professore universitario non può aprire una partita IVA per insegnare nella propria università, ma può farlo per dare lezioni private. Lo stesso vale per un medico delle strutture pubbliche. Non può aprire una partita IVA per svolgere attività medica all’interno dell’ospedale, ma può farlo per esercitare la professione in studio privato.

È importante sottolineare che i dipendenti pubblici non possono aprire una partita IVA per svolgere attività che possono interferire con il loro lavoro principale o che potrebbero causare conflitti di interesse. Questo perché, come previsto dalla normativa, i dipendenti pubblici devono svolgere il proprio lavoro con imparzialità, neutralità e trasparenza.

In ogni caso, i dipendenti pubblici che desiderano avviare un’attività imprenditoriale o professionale possono farlo solo se ottemperano alle normative vigenti e ottenendo preventivamente l’autorizzazione del proprio datore di lavoro. In questo modo, è possibile evitare problemi di conflitto d’interesse e garantire il rispetto della legge.

Chi non può aprire una partita ivaRequisiti per aprire partita IVA: maggiorenni VS minori di 18 anni

Un altro aspetto importante da considerare riguarda i requisiti per aprire una partita IVA. In particolare, i minori di 18 anni non possono aprire una partita IVA in quanto non hanno la capacità giuridica necessaria per svolgere un’attività economica in proprio. In questo caso, il minore può comunque lavorare come dipendente o come collaboratore di un’impresa o di un professionista già registrato. Al contrario, i maggiorenni possono aprire una partita IVA, purché siano in possesso dei requisiti richiesti. Tra questi, vi è la necessità di avere la residenza o la sede legale in Italia, essere in possesso di un codice fiscale e non essere già titolari di una partita IVA attiva.

Sebbene i maggiorenni possano aprire una partita IVA, ci sono alcune limitazioni e obblighi da rispettare. Ad esempio, è necessario iscriversi alla Camera di Commercio competente per territorio e pagare il relativo diritto camerale. Bisogna poi scegliere la forma giuridica più adatta alle proprie esigenze, tra cui la ditta individuale, la società di persone o la società di capitali. Inoltre, è necessario avere una conoscenza approfondita delle norme fiscali e delle procedure amministrative che regolamentano l’apertura di una partita IVA. Da non sottovalutare, inoltre, sono le responsabilità fiscali e legali che si assumono nel momento in cui si decide di aprire una partita IVA. Infatti, i titolari di una partita IVA sono tenuti a gestire in modo autonomo la propria attività e a rispettare le normative fiscali e contabili in vigore. In caso di violazione di queste norme, si rischia di incorrere in sanzioni pecuniarie.

Come funziona partita IVA per i pensionati

Infine, vi è la casistica dei pensionati. In questo caso, i pensionati che ricevono una pensione di vecchiaia o di invalidità dall’INPS non possono aprire una partita IVA per la stessa attività per cui percepiscono la pensione. Tuttavia, possono aprire una partita IVA per un’altra attività, sempre che questa non confligga con la loro pensione e non superi determinati limiti di reddito. Possono comunque diventare collaboratori occasionali di un’azienda o di un professionista, senza aprire una partita IVA.

In generale, l’apertura di una partita IVA richiede l’attenta valutazione dei requisiti e delle casistiche che possono impedirne l’apertura. È necessario rispettare le normative in vigore per evitare problemi fiscali e legali. Chi desidera può rivolgersi a un commercialista o a un esperto del settore per avere maggior i informazioni e un supporto adeguato.

Conoscere le modalità e le scadenze per la presentazione delle dichiarazioni fiscali e per il pagamento delle tasse e dei contributi previdenziali è molto importante. Infatti, avere partita IVA comporta anche una serie di obblighi e responsabilità che devono essere rispettati per evitare sanzioni e problemi con l’amministrazione fiscale.

Scadenze fiscali: calendario 2023

Le scadenze fiscali rappresentano un impegno annuale per tutti i contribuenti e le imprese che operano sul territorio italiano. Nel corso del 2023, ci sono importanti appuntamenti fiscali che è bene conoscere e programmare in anticipo per evitare sanzioni e problemi con il Fisco. Esaminiamo quindi le scadenze fiscali del calendario 2023, suddividendo l’argomento in tre sezioni principali.

Scadenze fiscali per i contribuenti

Le scadenze fiscali per i contribuenti sono molteplici e coprono un’ampia gamma di tasse e imposte. Di seguito, elenchiamo le principali scadenze fiscali per il 2023:

  1. 16 giugno: scadenza per il pagamento del saldo dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) per i contribuenti che hanno presentato la dichiarazione dei redditi entro il 2 ottobre 2022, oppure entro il 30 novembre 2022 se presentata via telematica.
  2. 30 giugno: scadenza per il versamento della seconda rata dell’imposta municipale propria (IMU) e della tassa sui rifiuti (TARI) per le abitazioni principali e le relative pertinenze.
  3. 16 settembre: scadenza per il versamento della seconda rata dell’acconto IRPEF e delle addizionali regionali e comunali per i contribuenti che hanno optato per il pagamento in due rate.
  4. 30 novembre: scadenza per la presentazione della dichiarazione dei redditi per i contribuenti che hanno percepito redditi da lavoro autonomo o assimilati nel 2022.
  5. 16 dicembre: scadenza per il versamento del saldo dell’acconto IRPEF e delle addizionali regionali e comunali per i contribuenti che hanno optato per il pagamento in due rate.

Queste sono solo alcune delle scadenze fiscali più importanti per i contribuenti nel 2023. Per una lista completa, si può consultare il sito dell’Agenzia delle Entrate.

Scadenze fiscali

Scadenze fiscali annuali per le imprese

Anche le imprese hanno obblighi fiscali annuali da rispettare, che variano in base alla loro forma giuridica e alle loro attività. Di seguito, elenchiamo le principali scadenze fiscali annuali per le imprese nel 2023:

  1. 28 febbraio: scadenza per la presentazione del modello Redditi 2022 per le società di capitali (S.p.A., S.r.l., ecc.), dei relativi allegati e della dichiarazione IVA annuale.
  2. 30 aprile: scadenza per la presentazione del modello Unico 2023 per le società di persone (società semplice, società in nome collettivo, società in accomandita semplice), dei relativi allegati e della dichiarazione IVA annuale.
  3. 31 maggio: scadenza per la presentazione del modello IVA annuale per tutte le imprese che hanno effettuato operazioni soggette a IVA nel corso dell’anno precedente.
  4. 16 giugno: scadenza per il versamento del saldo dell’IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive) per le imprese che hanno optato per il pagamento in due rate.
  5. 30 giugno: scadenza per il versamento della seconda rata dell’IMU e della TARI per le attività produttive.
  6. 16 settembre: scadenza per il versamento della seconda rata dell’acconto IRPEF e delle addizionali regionali e comunali per le imprese che hanno optato per il pagamento in due rate.
  7. 30 settembre: scadenza per la presentazione della dichiarazione dei redditi delle persone giuridiche per l’anno 2022.

Anche in questo caso, si tratta solo delle scadenze fiscali annuali più importanti per le imprese nel 2023. Per una lista completa, si può consultare il sito dell’Agenzia delle Entrate.

Calendario fiscale: consigli per la pianificazione fiscale

Pianificare le scadenze fiscali può essere complicato, ma esistono alcuni consigli che possono aiutare a semplificare il processo:

  1. Utilizzare un calendario fiscale: scaricare un calendario fiscale dall’Agenzia delle Entrate o da un sito specializzato può essere utile per tenere traccia delle scadenze fiscali e programmare i versamenti in anticipo.
  2. Automatizzare i pagamenti: utilizzare servizi di home banking o di addebito diretto può semplificare i pagamenti delle tasse e ridurre il rischio di ricevere una cartella esattoriale e sanzioni per ritardi o omissioni.
  3. Conoscere le agevolazioni fiscali: informarsi sulle agevolazioni fiscali previste dalla normativa può consentire di ridurre l’imponibile e, di conseguenza, l’importo delle tasse da pagare.
  4. Affidarsi a un commercialista: in caso di dubbi o di complessità fiscale, è sempre consigliabile affidarsi a un commercialista o a un esperto fiscale che possa fornire assistenza e consulenza personalizzata.
  5. Controllare le fatture elettroniche e le spese: è importante tenere sotto controllo le fatture elettroniche e le spese per poter dedurre le spese e ottenere crediti d’imposta. Un’attenta gestione delle fatture e delle spese può consentire di ottenere una riduzione del reddito imponibile e, di conseguenza, una riduzione dell’imposta dovuta.
  6. Mantenere i documenti in ordine: tenere in ordine i documenti contabili e fiscali è fondamentale per non incorrere in sanzioni e per semplificare le operazioni di dichiarazione dei redditi e di versamento delle tasse. Utilizzare un software di contabilità può essere utile per tenere traccia delle entrate e delle uscite e per generare documenti contabili e fiscali in modo automatico.

In generale, una buona pianificazione fiscale richiede una conoscenza approfondita delle normative fiscali, una corretta gestione dei documenti e delle scadenze, e un’attenta valutazione delle possibili agevolazioni e delle deduzioni fiscali. Con un po’ di impegno e di organizzazione, è possibile evitare problemi con il Fisco e ottenere una maggiore tranquillità e sicurezza nella gestione delle finanze aziendali.

Cosa sono le imposte: dirette, indirette e differenze con le tasse

Sapere cosa sono le imposte è un’informazione fondamentale per chiunque, ma in particolare per tutti coloro che decidono di aprire una partita IVA. Le imposte sono una componente fondamentale dell’economia di qualsiasi paese. Queste rappresentano il mezzo principale attraverso cui lo Stato può raccogliere fondi per finanziare i propri programmi, investimenti e servizi pubblici. Vediamo quindi di capire meglio cosa sono le imposte, le differenze tra imposte dirette e indirette e le principali differenze tra imposte e tasse.

Imposte: cosa sono e a cosa servono

Le imposte sono prelievi fiscali obbligatori che lo Stato impone ai cittadini, alle imprese e alle organizzazioni. Sono utilizzate per finanziare le attività dello stato e per ridistribuire le risorse nella società in modo equo. Le imposte possono essere dirette o indirette, a seconda del modo in cui sono raccolte.

Cosa sono le imposte dirette?

Le imposte dirette sono quelle prelevate direttamente dal reddito o dalla proprietà di un individuo. Includono l’imposta sul reddito, l’imposta sul patrimonio, l’imposta sulle successioni e donazioni. Le imposte dirette sono considerate più giuste rispetto alle imposte indirette, poiché sono proporzionali alla capacità contributiva dell’individuo o dell’impresa.

Cosa sono le imposte

Imposte dirette e indirette: quali sono le differenze?

Le imposte indirette sono invece quelle prelevate su beni e servizi, ad esempio l’IVA, l’accisa sulle sigarette o l’imposta sul valore aggiunto sui beni di lusso. L’imposta indiretta è pagata dal consumatore finale del prodotto o del servizio, e non dal produttore o dal venditore. Questo significa che l’imposta è inclusa nel prezzo del prodotto o del servizio e aumenta il costo per il consumatore finale.

Le differenze tra imposte dirette e indirette sono molteplici. Le imposte dirette sono considerate più progressive, in quanto le persone con un reddito più alto pagano una percentuale più elevata rispetto alle persone con un reddito più basso. Le imposte indirette, d’altra parte, colpiscono tutti allo stesso modo, indipendentemente dal reddito. Le imposte dirette sono inoltre più difficili da evadere rispetto alle imposte indirette.

Imposte e tasse: quali sono le principali differenze?

Le tasse sono un altro tipo di prelievo fiscale, ma sono diverse dalle imposte. Le tasse sono generalmente prelevate per finanziare servizi specifici, come ad esempio le tasse universitarie o le tasse sull’utilizzo di una strada a pedaggio. Le tasse sono generalmente obbligatorie e non sono negoziabili anche se esistono diversi metodi per pagare meno tasse.

Le imposte, d’altra parte, sono prelevate per finanziare i programmi generali dello Stato, come ad esempio l’assistenza sanitaria pubblica o la difesa nazionale. Le imposte sono in genere negoziabili, e i contribuenti possono spesso scegliere come allocare i propri fondi, ad esempio tramite le donazioni a scopo fiscale.

Imposte indirette: cosa sono e come funzionano?

Quindi abbiamo visto che le imposte indirette sono imposte applicate sul consumo di beni e servizi. L’imposta è generalmente inclusa nel prezzo del bene o servizio acquistato ed è pagata dal consumatore finale. L’imposta indiretta è generalmente considerata una forma regressiva di tassazione, perché colpisce in modo più pesante le persone con redditi più bassi.

Un esempio comune di imposta indiretta è l’IVA (imposta sul valore aggiunto), applicata su tutti i beni e servizi venduti in un paese. L’IVA è generalmente applicata ad una determinata percentuale sul prezzo del bene o servizio e pagata dal consumatore finale.

Le imposte indirette possono essere utilizzate per influenzare il comportamento dei consumatori, ad esempio applicando un’aliquota più elevata su prodotti considerati dannosi per la salute, come il tabacco o l’alcol. In questo modo, lo Stato cerca di incentivare il consumo di prodotti più sani e di ridurre i costi sanitari correlati ai prodotti dannosi.

Inoltre, le imposte indirette possono essere utilizzate come strumento per proteggere l’industria nazionale, ad esempio attraverso l’applicazione di dazi doganali sulle importazioni di beni stranieri. In questo modo, le merci importate diventano meno competitive rispetto ai prodotti nazionali, favorendo l’industria nazionale.

Imposte e tasse: conclusioni

Abbiamo quindi cercato di dare una spiegazione dettagliato su cosa siano imposte, le differenze tra imposte dirette e indirette e le principali differenze tra imposte e tasse. Ricapitolando possiamo quindi dire che le imposte sono un mezzo fondamentale per finanziare i programmi pubblici e ridistribuire le risorse nella società. Le imposte dirette sono quelle prelevate direttamente dal reddito o dalla proprietà di un individuo, mentre le imposte indirette sono quelle prelevate sui beni e servizi. Le tasse, d’altra parte, sono prelevate per finanziare servizi specifici, come ad esempio le tasse universitarie. Le imposte indirette possono essere utilizzate per influenzare il comportamento dei consumatori e proteggere l’industria nazionale.

Quanto può fatturare una srls? Come funziona? Quando aprirne una?

Le SRLS (Società a Responsabilità Limitata Semplificata) sono una forma di società a responsabilità limitata che si caratterizzano per la semplicità e la flessibilità nella loro gestione. Sono state introdotte dalla Legge di Stabilità del 2014, con lo scopo di agevolare la creazione di nuove imprese e di favorire l’accesso al credito. Con questo articolo vogliamo fornire qualche utile informazione per capire cosa sono, come si costituiscono e quanto può fatturare una srls effettivamente, con limiti massimi e minimi da rispettare.

SRLS società a Responsabilità Limitata Semplificata

Le SRLS sono caratterizzate da una struttura semplificata rispetto alle altre società a responsabilità limitata, sia per quanto riguarda la loro costituzione che per la loro gestione.

Una SRLS può essere costituita da un minimo di uno a un massimo di cinquanta soci, che possono essere persone fisiche o giuridiche. Non è necessario redigere un atto costitutivo, né è richiesto il deposito di un capitale sociale minimo. I soci di una SRLS sono responsabili solo in misura proporzionale al loro conferimento, senza che vi sia il rischio di responsabilità personale.

Tassazione SRLS

Prima di arrivare a capire quanto può fatturare una srls, vediamo, nel dettaglio, la tassazione a cui sono soggette le società a responsabilità limitata semplificata. Si tratta di una tassazione ordinaria, come per le altre società a responsabilità limitata. Ciò significa che devono versare le seguenti imposte:

  • IRPEF (Imposta sul reddito delle persone fisiche) per i soci, in base alla quota di partecipazione al reddito della società.
  • IRES (Imposta sul reddito delle società) per la società, in base al reddito prodotto.
  • IVA (Imposta sul valore aggiunto) per le operazioni commerciali effettuate dalla società.

SRLS costi

Aprire una SRLS comporta dei costi che vanno considerati nella fase di pianificazione dell’impresa. I costi principali sono i seguenti:

  1. Costo della visura camerale, che varia in base alla regione in cui è richiesta.
  2. Iscrizione al Registro delle Imprese, che comprende il bollo e la tassa d’iscrizione.
  3. Costo per la redazione del libro soci, che può essere sostenuto presso un commercialista o un avvocato.

Inoltre, è necessario considerare i costi per la gestione della società, come ad esempio i compensi per il consiglio di amministrazione, il commercialista e l’eventuale contabile.

Quanto può fatturare una srls? Ecco i limiti di fatturato delle SRLS

Le SRLS non hanno limiti di fatturato. Ciò significa che una SRLS può generare un reddito illimitato, a patto che sia rispettata la normativa fiscale e commerciale in vigore.

Fatturazione elettronica SRLS

A partire dal 2019, le SRLS sono obbligate alla fatturazione elettronica per le operazioni commerciali con altre imprese e con la pubblica amministrazione. Ciò significa che le fatture emesse e ricevute devono essere trasmesse in formato elettronico, utilizzando il Sistema d’Interscambio (SdI) messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate.

La fatturazione elettronica permette di semplificare l’emissione e la gestione delle fatture, riducendo gli errori e i tempi di lavoro. Inoltre, consente di avere un maggiore controllo e tracciabilità delle operazioni commerciali.

Quanto può fatturare una srls

Aprire una SRLS

Per aprire una SRLS, è necessario soddisfare i seguenti requisiti:

  1. Avere la maggiore età.
  2. Non essere stati dichiarati falliti.
  3. Non essere sottoposti a procedure concorsuali.
  4. Inoltre, è necessario scegliere una denominazione per la società che rispetti le norme sulla registrazione dei marchi e sulla tutela della proprietà industriale.
  5. Scegliere la sede della società, che può essere l’abitazione del socio o un locale commerciale.
  6. Scegliere un legale rappresentante per la società, che può essere uno dei soci o un terzo.
  7. Comunicare l’avvio dell’attività all’ufficio del registro delle imprese e all’agenzia delle entrate.
  8. Redigere il libro soci, che contiene l’elenco dei soci, i conferimenti e le quote di partecipazione.

Srls vantaggi

Aprire una SRLS (Società a Responsabilità Limitata Semplificata) può comportare diversi vantaggi per chi desidera fare impresa:

  • Semplicità e velocità nella costituzione: le SRLS non richiedono un atto costitutivo né un capitale sociale minimo, il che le rende più semplici da aprire rispetto ad altre forme societarie. Inoltre, il processo di iscrizione al Registro delle Imprese è più rapido rispetto ad altre forme di società a responsabilità limitata.
  • Responsabilità limitata dei soci: i soci di una SRLS sono responsabili solo in misura proporzionale al loro conferimento, senza il rischio di responsabilità personale. Ciò significa che il patrimonio personale dei soci non può essere utilizzato per soddisfare i debiti della società.
  • Flessibilità nella gestione: le SRLS possono essere gestite in modo flessibile, senza l’obbligo di un consiglio di amministrazione o di un organo di controllo. Ciò le rende adatte sia a piccole imprese che a società di maggiori dimensioni.
  • Possibilità di ottenere finanziamenti: le SRLS possono accedere a finanziamenti e agevolazioni fiscali destinati alle nuove imprese, come ad esempio il credito d’imposta per l’acquisto di beni strumentali o il superammortamento.
  • Tassazione ordinaria: le SRLS sono soggette alla tassazione ordinaria, come le altre società a responsabilità limitata, con l’applicazione dell’IRPEF per i soci e dell’IRES e dell’Iva per la società. Ciò le rende più convenienti rispetto ad altre forme societarie, come ad esempio le società per azioni, che sono soggette a tassazione più elevata.

Come fare la fattura elettronica nel 2023: tutte le novità

La fatturazione elettronica è un sistema di emissione, trasmissione e conservazione delle fatture in formato digitale che sta diventando sempre più diffuso a livello mondiale. Nel 2023 sono previste diverse novità in materia di fatturazione elettronica, sia a livello nazionale che internazionale. In questo articolo vogliamo quindi spiegare come fare la fattura elettronica nel 2023 tenendo conto di tutte le novità previste per quest’anno. In sintesi, nel 2023 sono previste diverse novità in materia di fatturazione elettronica, sia a livello nazionale che internazionale, che mirano a semplificare e velocizzare gli scambi commerciali e a facilitare l’adozione della fatturazione elettronica da parte delle piccole e medie imprese.

Come fare la fattura elettronica nel 2023: le novità previste dalla Legge di Bilancio

La Legge di Bilancio 2023 ha introdotto diverse novità in materia di fatturazione elettronica che riguardano sia le imprese che gli imprenditori. Ecco alcune delle principali novità previste dalla Legge di Bilancio 2023 in materia di fatturazione elettronica:

  1. L’Italia è autorizzata a continuare ad applicare lo split payment – resta in vigore fino al 30 giugno 2023 lo Split Payment per tutte le operazioni eseguite nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni e altri Enti e società. Regola confermata in base a quanto previsto dall’articolo 17-ter del Decreto del Presidente della Repubblica n°633/1972 e sull’istituzione della disciplina dell’imposta del valore aggiunto.
  2. Lancio della fatturazione elettronica cross-border – mantenuto ed esteso il sistema per scambiare fatture elettroniche tra paesi diversi utilizzando lo standard internazionale “PEPPOL” (Pan-European Public Procurement On-Line).
  3. Introduzione di nuovi strumenti e servizi per facilitare l’adozione della fatturazione elettronica da parte delle piccole e medie imprese. La Legge di Bilancio 2023 prevede l’introduzione di nuovi strumenti e servizi, come ad esempio software gratuiti o a basso costo, per facilitare l’adozione della fatturazione elettronica da parte delle piccole e medie imprese.

Fattura elettronica medici: proroga del divieto per le prestazioni sanitarie

Il Decreto Milleproroghe 2023, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 31 dicembre 2022, ha introdotto alcune novità in materia di fatturazione elettronica per le prestazioni sanitarie.

In particolare, il Decreto Milleproroghe 2023 ha prorogato l’esonero di emissione delle fatture elettroniche per le prestazioni sanitarie al 31 dicembre 2023. La proroga dell’esonero per le prestazioni sanitarie:

  1. i soggetti tenuti all’invio dei dati al Sistema TS con riferimento alle fatture i cui dati sono da inviare a detto Sistema
  2. soggetti che non sono tenuti all’invio dei dati al Sistema TS, con riferimento alle fatture relative a prestazioni sanitarie effettuate nei confronti di persone fisiche.

Come fare la fattura elettronica

 

Inoltre, il Decreto Milleproroghe 2023 ha previsto la possibilità per le strutture sanitarie pubbliche o private accreditate o convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale di utilizzare la fatturazione elettronica per le prestazioni sanitarie erogate nei confronti di soggetti privati a partire dal 1gennaio 2024, a condizione che le prestazioni siano pagate mediante carte di credito, bancomat o altri strumenti di pagamento elettronici.

Decreto Milleproroghe

Il Decreto Milleproroghe specifica infatti:

“Per i periodi d’imposta 2019, 2020, 2021 e 2022, i soggetti tenuti all’invio dei dati al Sistema tessera sanitaria, ai fini dell’elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata, ai sensi dell’articolo 3, commi 3 e 4, del decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175, e dei relativi decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, non possono emettere fatture elettroniche ai sensi delle disposizioni di cui all’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, con riferimento alle fatture i cui dati sono da inviare al Sistema tessera sanitaria”

Come fare la fattura elettronica: conclusioni

Le novità introdotte nel 2023 in materia di fatturazione elettronica hanno riguardato sia le imprese che gli imprenditori nei vari regimi fiscali. In particolare, a partire dal 1° gennaio 2023 è stato introdotto l’obbligo di fatturazione elettronica per le imprese che emettono fatture nei confronti della pubblica amministrazione, mentre a partire dal 1° luglio 2023 sarà possibile scambiare fatture elettroniche tra paesi diversi utilizzando lo standard internazionale “PEPPOL“.

Inoltre, la Legge di Bilancio 2023 ha previsto l’introduzione di nuovi strumenti e servizi per facilitare l’adozione della fatturazione elettronica da parte delle piccole e medie imprese.

In sintesi, le novità introdotte nel 2023 in materia di fatturazione elettronica hanno comportato l’estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica a nuove categorie di soggetti e l’introduzione di nuove opportunità per le imprese e gli imprenditori.

Prop trader: chi sono e quale regime fiscale scegliere

Un prop trader è un professionista che si occupa di prop trading. Si tratta di una professione nata recentemente grazie al web. Una figura molto particolare che lavora per conto delle Prop House. Non si tratta di comuni promotori finanziari o di gestori diretti del rischio. Trattandosi di una nuova forma di lavoro cerchiamo di capire meglio quale sia il regime fiscale migliore da adottare per svolgere questa attività.

Prop Trader: chi è e cosa fa

Il Prop Trader gestisce un portafogli d’investimento per conto delle Prop House che altro non è che una società finanziaria che gestisce vari portafogli finanziari d’investitori. La gestione di questi portafogli è affidata proprio ai Prop Trader. Il professionista ha a disposizione una data somma di denaro da gestire, ma non risponde di eventuali perdite subite dall’attività d’investimento.

Beneficia esclusivamente di parte dei proventi ottenuti dalle attività d’investimento. Infatti, la gestione dell’investimento riguarda solo il rapporto tra l’investitore e la Prop House. Il Prop Trader lavora per la Prop House. Questo significa che, in caso di eventuale perdita subita dal committente, il trader può decidere di recedere dal contratto e dalla collaborazione professionale con il singolo professionista.

Prop Trader: lavoro, partita iva e regime fiscale

Per svolgere l’attività di prop trader, se continuativa e abituale, è necessario aprire una partita IVA. La partita IVA è quindi sempre richiesta e non esiste una soglia minima sotto la quale è possibile operare in assenza di partita IVA. È obbligo inoltre dichiarare i proventi relativi all’attività svolta. Il professionista che vuole esercitare tale attività deve anche stabilire la gestione previdenziale e scegliere il codice ATECO corretto.

Agenzia delle Entrate, per il momento, non avendo discusso di questa professione, non ha stabilito un codice ATECO preciso. Quindi, è necessario scegliere un codice già esistente tra i tanti presenti nelle attività residuali. Durante la scelta è d’uopo tenere in considerazione anche la diversa tipologia di contratto che il professionista va a sottoscrivere con la società d’investimento committente.

Allo stesso modo, non esistono specifiche, almeno per adesso, sugli aspetti previdenziali di questa attività professionale. In linea generale, quindi, è possibile farla rientrare nei casi di gestione separata INPS che prevede un’aliquota variabile di anno in anno, da applicare sul valore del reddito prodotto su ogni annualità. Come per il codice, anche in questo caso, la situazione deve essere valutata caso per caso con un dottore commercialista tenendo conto anche del contratto sottoscritto con la Prop House.

Prop trader

Organismo OCF: iscrizione e aspetti amministrativi

L’organismo OCF è un ente che tutela e vigila l’Albo Unico dei Consulenti Finanziari. Per potersi iscrivere all’OCF occorre superare un esame specifico. Per quanto riguarda i prop trader, non essendoci chiarimenti ufficiali, non è chiaro se debbano o no iscriversi a questo organismo. Analizzando il loro operato sembra non essere necessaria l’iscrizione, essendo professionisti che operano al di fuori delle normative che regolano l’attività dei consulenti finanziari.

Prop trader lavoro e regime fiscale

I prop trader possono ricorrere al regime forfettario, fuori campo IVA. Così facendo hanno un’aliquota molto bassa del 5% (nei primi 5 anni) o del 15% e non si pagano IRPEF, IRAP o altre imposte addizionali. Per accedere al forfettario devono sempre essere rispettati determinati criteri:

  1. ricavi annui non superiori ai 65.000€
  2. redditi da lavoro dipendente o pensioni non superiori a 30.000€
  3. non superare i 20.000€ annui di spese per i dipendenti
  4. non possedere quote di partecipazione a società di persone o associazioni
  5. non possedere partecipazioni di controllo in SRL che svolgono attività analoghe

In alternativa al regime forfettario, è possibile, per il Prop Trader, aprire partita IVA individuale in contabilità semplificata, oppure aprire una SRL. Meglio, comunque, valutare ogni situazione caso per caso avvalendosi dell’ausilio di un commercialista esperto in materia.

Coltivatore diretto: chi è, cosa fa e su quali agevolazioni può contare

Il coltivatore diretto è un imprenditore agricolo con codice Ateco specifico, iscritto alla Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura dedito alla coltivazione di terreni. Si tratta di un’attività che non va confusa con l’imprenditore agricolo professionale che invece di svolgere solo attività manuale si occupa anche di dirigenza e organizzazione.

Coltivatore diretto: chi è

Per diventare un coltivatore diretto è necessario aprire una partita IVA e iscriversi alla Camera di commercio competente sul territorio di riferimento. L’attività principale svolta da questo imprenditore agricolo è manuale e riguarda la coltivazione dei terreni, oppure l’allevamento di bestiame. Il lavoro può essere svolto in autonomia, oppure con il supporto della propria famiglia. Ci sono alcuni specifici requisiti da rispettare affinché la legge riconosca il ruolo di coltivatore diretto e per poter usufruire del regime previdenziale INPS. I requisiti sono oggettivi e soggettivi:

  • Il soggetto deve dedicarsi direttamente alla coltivazione del terreno, o all’allevamento del bestiame.
  • Il lavoro svolto dal coltivatore e dalla sua famiglia deve corrispondere almeno a un terzo del lavoro complessivo necessario a condurre l’attività.
  • Deve svolgere tale attività per almeno 104 giorni l’anno.
  • L’attività agricola deve essere continuativa e prevalente.
  • Il lavoro principale del coltivatore deve essere dato dall’agricoltura e dall’allevamento, dal quale deve anche poter ricavare la maggior parte del proprio reddito.
  • Svolgendo molteplici attività, deve essere individuata quella prevalente.

Iscrizione a INPS e INAIL è obbligatoria. Invece quella al Registro delle Imprese prevede l’esonero per tutti coloro che hanno realizzato un fatturato inferiore a 7.000€ annui. Chi fattura di più deve invece procedere all’iscrizione.

Come diventare coltivatore diretto

Per diventare coltivatore diretto è necessario aprire una partita IVA con relativo codice Ateco specifico, iscriversi alla Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura, all’INPS e all’INAIL. Il coltivatore diretto deve occuparsi della coltivazione diretta del terreno o dell’allevamento di bestiame. Può occuparsi dei terreni in qualità di:

  1. proprietario
  2. affittuario
  3. usufruttuario
  4. enfiteuta

Deve perciò possedere un diritto reale sul terreno in cui svolge la propria attività. È il comune di appartenenza che rilascia uno specifico certificato, della durata di un anno, nel quale è specificato il ruolo, la qualifica e il rispetto di tutti i requisiti di coltivatore diretto.

Coltivatore diretto

Coltivatori diretti e diritto di prelazione

Il coltivatore diretto ha il diritto di prelazione sul terreno dove lavora, nel caso di compravendita. In questo modo ha la possibilità di diventare, se già non lo fosse, il proprietario del terreno dove fare impresa. I soggetti che lavorano un terreno in affitto da almeno due anni, hanno quindi la possibilità di entrarne in possesso sfruttando il diritto di prelazione. Lo stesso vale nel caso in cui il soggetto operasse tramite società agricola (solo, però, se la metà dei soci è formata da coltivatori diretti). Invece, in caso di vendita forzata, permuta, fallimento, espropriazione, il diritto di prelazione non si applica.

Agevolazione PPC

Tra le tante agevolazioni che hanno i coltivatori diretti troviamo anche quella di comprare terreni con imposte agevolate:

  • Imposta catastale all’1% sul prezzo totale;
  • Imposta di registro – 200 euro fissi;
  • Bollo: esente;
  • Imposta ipotecaria – 200 euro fissi.

Le agevolazioni PPC valgono per qualunque tipo di terreno, indipendentemente dalle dimensioni e dall’ubicazione. L’unica regola da rispettare, affinché si possano applicare le agevolazioni sulle imposte, è che il terreno in questione deve essere classificato come agricolo.

Imprenditore agricolo professionale VS coltivatore diretto

Queste due figure non sono la stessa cosa. L’imprenditore agricolo professionale differisce dal coltivatore diretto in:

  • l’imprenditore deve impiegare solo il 50% del proprio tempo nell’attività agricola;
  • dal proprio lavoro, l’imprenditore agricolo professionale, deve ricavare almeno il 50% del proprio reddito complessivo;
  • l’imprenditore non svolge solo un lavoro manuale, ma anche e soprattutto di gestione e organizzazione;
  • può avere manodopera stipendiata alle proprie dipendenze;
  • non ha diritto di prelazione sull’eventuale acquisto del terreno che lavora

Si tratta, quindi, di due distinte figure professionali che, come le differenze tra impresa e azienda, sono distinte tra loro anche se spesso confuse nell’attività svolta e nei ruoli ricoperti.

Vendita porta a porta: come funziona il regime fiscale delle vendite a domicilio

Così come aprire un blog e iniziare a fatturare correttamente richiede degli adempimenti fiscali, amministrativi e contributivi, anche la vendita porta a porta ha le proprie regole da dover rispettare. Si tratta di una particolare vendita al dettaglio di beni e servizi  direttamente presso il domicilio del cliente finale. È un’attività svolta da un incaricato alle vendite che opera, solitamente, senza alcun vincolo di subordinazione nei confronti dell’impresa mandante e al di fuori dell’inquadramento di agente di commercio.

Vendita porta a porta: il regime fiscale

La disciplina fiscale relativa alla vendita porta a porta, stabilisce le imposte sui redditi e sull’attività occasionale e professionale del venditore, con relative conseguenze sull’imposta sul valore aggiunto (IVA).

I venditori a domicilio sono agenti e rappresentanti di commercio. I guadagni derivanti dalle vendite di beni e servizi si chiamano provvigioni. Quest’ultime sono soggette all’applicazione di una ritenuta a titolo d’imposta del 23%. La ritenuta è applicata sul totale delle provvigioni ridotte del 22% a titolo di deduzione forfettaria delle spese legate alla produzione del reddito.

Il valore delle provvigioni nette è determinato dalla seguente formula:

provvigioni nette = provvigioni premi e incentivi lordi X 78%

Il valore delle provvigioni nette è la base imponibile per l’applicazione della ritenuta a titolo d’imposta del 23%. I venditori a domicilio non devono presentare dichiarazione dei redditi a meno che non percepiscano altri redditi al di fuori delle provvigioni derivanti dalla vendita porta a porta. Inoltre sono altresì esonerati dall’applicazione dell’IRAP.

Venditore a domicilio e sostituto d’imposta

La società mandante del venditore a domicilio è obbligata a versare, entro il 16 del mese successivo a quello del pagamento delle provvigioni, le ritenute. Il pagamento è eseguito tramite modello F24 con codice contributivo 1038 nella sezione erario.

Ciascuna ritenuta e i compensi annuali devono essere riepilogati nella venditore a domicilio Certificazione Unica. Infine la società committente è tenuta a segnalare con il modello 770, all’Amministrazione Finanziaria, il totale delle provvigioni per la base imponibile e il calcolo delle ritenute operate.

Vendita porta a porta

Venditore Porta A Porta: professionale od occasionale

La vendita porta a porta può essere effettuata in modo occasionale, oppure professionale. Si tratta di vendita occasionale quando il reddito annuo derivante da tale attività non supera i 5000€. I venditori porta a porta occasionali non sono tenuti ad avere scritture contabili ai fini delle imposte sui redditi. Inoltre sono esonerati dal presentare la dichiarazione dei redditi, a meno che non percepiscano altri redditi derivanti da attività diverse.

I venditori a domicilio occasionali non sono, pertanto, tenuti ad aprire una partita IVA  e non devono applicare l’IVA sui compensi percepiti. Devono solamente rilasciare una ricevuta alla società mandante per ricevere le provvigioni stabilite.

Si tratta invece di vendita porta a porta professionale quando le provvigioni annue superano i 6426,10€. In questo caso il venditore deve obbligatoriamente aprire una partita IVA entro 30 giorni. Il codice attività per aprire partita IVA è il 46.19.02, “Procacciatori di affari di vari prodotti senza prevalenza di alcuno”. È inoltre obbligato ad assoggettare a IVA tutti i compensi che eccedono il limite indicato. In questo caso i venditori non possono accedere al regime forfettario in quanto per loro esiste già un apposito regime agevolato.

Venditori Porta A Porta e INPS

Gli addetti alla vendita porta a porta sono obbligati a iscriversi alla Gestione Separata dell’INPS quando il reddito annuo supera i 5000€. L’iscrizione può essere fatta online sul sito messo a disposizione da INPS, dove è anche possibile versare i contributi relativi.

I contributi da versare sono composti da:

  1. 1/3 a carico del contribuente/venditore
  2. 2/3 a carico dell’azienda mandante

I contributi devono essere versati entro il 16 del mese successivo al pagamento delle provvigioni. Il venditore a domicilio deve indicare in fattura elettronica la trattenuta INPS per la Gestione Separata. I venditori non sono comunque tenuti a iscriversi anche all’INAIL.