Lotteria degli scontrini: un venditore può rifiutare la partecipazione?

La lotteria degli scontrini è uno strumento con il quale Governo ed Agenzia delle Entrate vogliono combattere l’evasione fiscale. Insieme all’introduzione della fatturazione elettronica e ai corrispettivi telematici, la lotteria è stata creata appositamente affinché i negozianti emettano regolarmente scontrino fiscale. Nell’articolo: “Lotteria degli scontrini: che cos’è e come funziona” abbiamo visto cos’è nello specifico e quale meccanismo di funzionamento abbia. Volendolo riassumere in modo semplice e conciso, si può dire che la lotteria degli scontrini è una misura anti evasione, con il quale l’Esecutivo, spera di far rientrare, almeno in parte, il fenomeno dilagante dell’evasione fiscale. Qualunque soggetto maggiorenne e residente in Italia, che effettua acquisti di beni o servizi al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, arte o professione, può partecipare alla lotteria degli scontrini. E come ogni lotteria che si rispetti, anche quella statale mette in palio diversi premi in denaro attribuibili tramite estrazione mensile e annuale.

Lotteria degli scontrini: come si partecipa

La partecipazione alla lotteria è facoltativa. Per farlo è necessario recuperare dal Portale Lotteria un apposito codice lotteria. Questo deve poi essere comunicato all’esercente presso il quale è effettuato l’acquisto del bene/servizio. Il rivenditore deve comunicare ad Agenzia delle entrate ogni codice ricevuto. AdE infine fornirà all’Agenzia dei Monopoli tutte le informazioni raccolte per procedere alle varie estrazioni.

Gli acquisti con i quali concorrere alle varie estrazioni devono essere superiori ad 1€. Il codice rilasciato dal Portale Lotteria è alfanumerico a barre ed è generato partendo dal proprio codice fiscale. Il Portale Lotteria è strutturato con un’area pubblica, cui possono accedere tutti gli utenti interessati, e un’area riservata il cui accesso è consentito, attraverso lo SPID Livello 2, la Carta d’Identità Elettronica (CIE) o la Carta Nazionale dei Servizi (CNS).

Lotteria degli scontrini

Premi previsti per il 2021

I premi in palio nella lotteria degli scontrini sono diversi a seconda che il pagamento del bene/servizio, sia stato effettuato in contanti, piuttosto che con carta di credito.

I premi previsti per i pagamenti in contanti sono:

  • Estrazione annuale – 1.000.000 euro
  • Mensile – 30,000 euro (3 premi mensili)
  • Settimanale – 5000 euro (7 premi settimanali)

I premi previsti per i pagamenti con cashless sono:

  • Estrazione annuale – 5.000.000 euro
  • Mensile – 100,000 euro (10 premi mensili)
  • Settimanale – 25000 euro (15 premi settimanali)

Sono previsti premi anche per gli esercenti, ma solo per i pagamenti con carta. I premi prevedono:

  • Estrazione annuale – 1.000.000 euro
  • Mensile – 20,000 euro
  • Settimanale – 5000 euro (15 premi settimanali)

Lotteria degli scontrini: un esercente può rifiutarsi di partecipare?

Una domanda che in molti si pongono da quando è nata l’idea della lotteria degli scontrini, è quelle che prevede l’ipotesi nella quale un esercente si rifiuti di acquisire o trasmettere i codici lotteria e i dati della transazione.

Inizialmente il decreto legge che sanciva la lotteria, aveva previsto una serie di sanzioni amministrative, da 100 a 500€. I commercianti che avessero rifiutato di acquisire il codice fiscale del contribuente o non avessero trasmesso i dati della prestazione/cessione, avrebbero dovuto pagare una multa. Ma questo schema è stato definitivamente abbandonato, preferendo lo sviluppo di un processo che coinvolgesse direttamente i consumatori nella lotteria stessa.

In pratica adesso i venditori che si rifiutano di partecipare alla lotteria possono essere segnalati direttamente dai clienti. Le segnalazioni avvengono per via telematica alle autorità fiscali. Per segnalare un esercente che si rifiuti di partecipare alla lotteria è presente un’apposita sezione direttamente sul Portale Lotteria.

Questa strategia rischia di trasformarsi però in una vera e propria delazione fiscale, nella quale gli esercenti rischiano di essere segnalati come contribuenti fiscalmente a rischio. Questo perché le varie segnalazioni sono usate dal Fisco (Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza) per le analisi del rischio di evasione fiscale, così come disposto dal decreto legge n°201 del 2011. Questo significa che le varie segnalazioni dei contribuenti possono mettere in cattiva luce l’esercente che saranno esposti a maggiori controlli e vedranno abbassarsi il proprio rating fiscale.

Delazione fiscale e segnalazione esercenti

È chiaro quindi che un venditore “può” a tutti gli effetti rifiutare di partecipare alla lotteria degli scontrini, ma a proprio rischio e pericolo. Si tratta infatti di una situazione alquanto delicata. Basti pensare ad un esercente che non “possa” acquisire il codice fiscale e il codice lotteria di un contribuente, o che non possa trasmettere i dati ad AdE, a causa di un sovraffollamento nel negozio. In questo caso il malcapitato, potrebbe incappare in una segnalazione da parte di un contribuente a propria insaputa.

Non voler partecipare alla lotteria degli scontrini non costituisce di fatto una vera e propria “evasione” visto che l’emissione dello scontrino è stata comunque regolarmente effettuata e, di conseguenza, il suo importo concorre al calcolo del volumi d’affari e dei ricavi ai fini IVA e di altre imposte.

In pratica i contribuenti potrebbero trovarsi nelle mani uno strumento alquanto pericoloso e ritorsivo nei confronti dei commercianti. Alcuni potrebbero infatti arrivare a segnalare un commerciante al quale non sia stato addirittura richiesta nemmeno la partecipazione alla lotteria. Difatti ad oggi ai contribuenti non è chiesto alcuna altra precisazione in merito alle eventuali segnalazioni. Basta collegarsi al Portale Lotteria, nella sezione riservata, e procedere alla segnalazione.

Si spera quindi in nuovi e più dettagliati provvedimenti che possano evitare situazioni incresciose che mettono in cattiva luce i negozianti e che potrebbero portare a controlli a tappeto da parte del Fisco.

Iscro: cassa integrazione per i lavoratori autonomi

I lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata INPS hanno ottenuto, grazie alla Legge di Bilancio 2021 una nuova agevolazione: l’ISCRO. Si tratta della cassa integrazione per i lavoratori autonomi per indennità straordinaria di continuità reddituale ed operativa che verrà sperimentata nel triennio 2021-2023. L’indennità è erogata direttamente dall’INPS ai lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata. Per poterne beneficiare occorre soddisfare alcuni precisi requisiti.

ISCRO: beneficiari e requisiti

I vantaggi della ISCRO sono riservati esclusivamente ai lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata INPS. Sono quindi esclusi i soggetti iscritti alla Gestione Commercianti e i professionisti iscritti alle casse previdenziali private (avvocati, medici, giornalisti, ecc…).

Per poterne beneficiare occorre rispondere a determinati requisiti. Infatti l’indennità straordinaria è erogata solo ai lavoratori autonomi che esercitano una professione abituale e sono iscritti alla gestione separata INPS. Quindi per poterne beneficiare occorre che i soggetti:

  • non siano titolari di altri trattamenti pensionistici
  • non siano assicurati anche con altre forme previdenziali obbligatorie
  • Il lavoro autonomo prodotto nell’anno precedente deve essere inferiore del 50% rispetto alla media dei medesimi redditi percepiti nei tre anni precedenti a quello sottoposto a valutazione affinché la domanda sia accettata
  • non devono percepire reddito di cittadinanza
  • Il reddito massimo comune non deve essere superiore ad 8145€
  • Devono essere in regola con il versamento dei contributi previdenziali obbligatori
  • Possedere partita IVA attiva da almeno 4 anni, con la stessa attività con la quale è stata fatta la registrazione alla Gestione separata INPS.

Il reddito prodotto deve essere presentato accompagnato da un’autocertificazione e l’Agenzia delle Entrate lo comparerà poi a quanto dichiarato. A questo punto spetta all’INPS calcolare il calo di fatturato e determinare l’importo spettante.

Iscro

Come presentare domanda

La domanda deve essere presentata ad INPS solo in forma telematica. Della ISCRO è possibile beneficiare solo una volta durante il triennio e la richiesta deve essere inviata entro e non oltre il 31 ottobre anno corrente.

Per non perdere il contributo è necessario seguire anche dei corsi professionali di formazione obbligatori, promossi dall’ANPAL e monitorate dallo stesso ente (Agenzia Nazionale per le Politiche attive). Le specifiche per presentare la domanda sono emesse attraverso il Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali entro il sessantesimo giorno dall’entrata in vigore della Legge di Bilancio. Quello che è noto finora è che, una volta acquisita la domanda, INPS comunicherà ad Agenzia delle Entrate i riferimenti anagrafici dell’interessato. Questo passaggio servirà ad AdE per effettuare controlli sul possesso dei requisiti minimi per accedere al bonus.

ISCRO: gli importi

La ISCRO è pari al 25% percepito l’anno precedente. Tale importo spetta dal giorno successivo alla presentazione della domanda. L’indennità vale sei mesi dall’approvazione e non comporta accreditamento di contribuzione figurativa. Gli importi minimi corrisposti sono di 250€, mentre i massimi sono di 800€. Le somme erogate come ISCRO non concorrono alla formazione del credito d’imposta.

I lavoratori autonomi con partita IVA, professionisti senza cassa, iscritti alla gestione separata dell’INPS dal 1° gennaio versano lo 0,26% in più dei contributi previdenziali. È con questo piccolo aumento che è finanziata la ISCRO. Un aumento previsto direttamente in Legge di bilancio 2021 che vuole aiutare tutti i professionisti senza cassa che hanno dovuto sostenere una diminuzione di reddito superiore al 50% a causa degli avvenimenti dell’ultimo anno.

INPS con la circolare n°12 del 5 febbraio 2021 ha reso note le aliquote addizionali per l’anno in corso. Queste saranno così suddivise:

  • Aliquota contributiva per invalidità, vecchiaia e superstiti in misura pari al 25%
  • addizionale 0,72% destinata a finanziare le prestazioni di maternità, assegni nucleo familiare, degenza ospedaliera, malattia e congedo parentale
  • addizionale 0,26% prevista ex novo a finanziamento di ISCRO

In pratica per il 2021 l’aliquota INPS è pari al 25,98%. Mentre per gli anni successivi, 2022 e 2023, il contributo passerà dallo 0,26% e poi passerà allo 0,51% per ciascuna annualità.

Dichiarazione IVA: tutti i soggetti esonerati nel 2021

La dichiarazione IVA è presentata ogni anno da tutti quei contribuenti titolari di partita IVA che esercitano attività d’impresa o di lavoro autonomo. Attraverso la dichiarazione IVA i soggetti comunicano ad Agenzia delle Entrate (AdE) ogni operazione eseguita nel corso dell’anno che ha impatto ai fini IVA. Ci sono però molti soggetti esonerati da questo obbligo.

Dichiarazione IVA: soggetti obbligati

Tra i soggetti titolari di partita IVA obbligati a presentarla ogni anno, ricordiamo le attività:

  • d’impresa
  • artistiche o professionali
  • associazioni sportive dilettantistiche
  • associazioni culturali non riconosciute che non hanno scelto le disposizioni della legge n°398/1991
  • tutti i soggetti che hanno optato per l’applicazione IVA in regime ordinario
  • eredi
  • curatori fallimentari
  • società incorporanti
  • società beneficiarie in caso di scissione

La dichiarazione IVA è obbligatoria in ogni caso, anche quelli in cui, nel 2020, i soggetti precedenti:

  • non abbiano effettuato operazioni in regime IVA
  • non erano tenuti al versamento dell’imposta
  • hanno effettuato operazioni non imponibili
  • hanno eseguito operazioni non soggette
  • non hanno svolto alcuna attività

Dichiarazione IVA

Dichiarazione IVA: i soggetti esonerati nel 2021

Visti i soggetti obbligati alla presentazione della dichiarazione IVA, elenchiamo adesso tutti quelli che possono non presentarla:

  • Soggetti che durante il 2020 hanno eseguito operazioni esenti
  • Contribuenti in regime forfettario e contribuenti minimi
  • Contribuenti rientranti nel regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e i lavoratori in mobilità
  • Produttori agricoli con volume di affari inferiore a 7000€
  • Esercenti di attività di organizzazione di giochi
  • Imprese individuali che hanno dato in affitto l’unica azienda
  • Soggetti passivi d’imposta non residenti
  • Enti non commerciali, società sportive;
  • Soggetti domiciliati o residenti fuori dall’Unione europea
  • Raccoglitori occasionali di prodotti selvatici non legnosi di cui alla classe ATECO 30
  • raccoglitori occasionali di piante officinali spontanee, con volume d’affari dell’anno precedente inferiore a 7000€
  • Giornalai – tabaccai che hanno effettuato solo operazioni non rilevanti ai fini IVA

Soggetti che svolgono attività d’intrattenimento

Le attività d’intrattenimento che sono assoggettate ad imposte sugli intrattenimenti, che scontano l’IVA in modo forfettario sono:

  • Esecuzioni musicali di qualunque genere
  • Attività che impiegano biliardi, elettrogrammofoni, biliardini, apparecchio o congegno a gettone, moneta, o a scheda, da divertimento o trattenimento, anche se automatico o semiautomatico, installati sia nei luoghi pubblici o aperti al pubblico, sia nei circoli o associazioni di qualsiasi specie, gioco del bowling, noleggio di go-kart
  • Sale giochi o attività di scommesse
  • Esercizio del gioco nelle case da gioco

Regime forfettario, contribuenti minimi e dichiarazione IVA

Come detto nel paragrafo precedente, i soggetti in regime forfettario e contribuenti minimi non hanno l’obbligo di presentare dichiarazione IVA. Quindi sono esonerati agli effetti IVA:

  • Obbligo di fatturazione, registrazione e liquidazione d’imposta
  • Versamento imposta periodica ed annuale
  • Presentazione della dichiarazione IVA
  • Obbligo redazione e conservazione registri IVA

Dichiarazione IVA: termini e sanzioni

La dichiarazione IVA deve quindi essere presentata nel periodo compreso tra il 1° febbraio e il 30 aprile. Il riferimento deve essere fatto all’anno d’imposta precedente. Non è invece previsto un termine di consegna agli intermediari che devono trasmettere telematicamente ad AdE.

In caso di presentazione tardiva entro 90 giorni dalla scadenza, la dichiarazione IVA è comunque ritenuta valida, ma sono applicate delle sanzioni. Le sanzioni previste da legge, in questo caso, hanno un valore compreso tra i 250€ e i 2000€. Per evitare la sanzione, il contribuente assieme alla presentazione tardiva può presentare anche il ravvedimento operoso.

In caso invece di omesso versamento, la sanzione applicata è pari al 30% dell’imposta non versata.

Risulta quindi chiaro quanto sia importante capire e sapere quando è obbligatorio presentare dichiarazione IVA, per evitare di incappare in eventuali sanzioni.

Le dichiarazioni IVA presentate oltre 90 giorni dalla scadenza, sono considerate omesse. Nonostante questo però costituiscono ugualmente titolo per la riscossione dell’imposta. Oltre questa scadenza quindi sono previste altre sanzioni, nelle seguenti forme:

  1. Dal 120% al 240% dell’imposta dovuta, con un minimo di euro 250,00, in presenza di debito d’imposta
  2. Da 250,00 euro a 2.000,00 euro, se il soggetto effettua esclusivamente operazioni per le quali non è dovuta l’imposta

Bancarotta: il reato di sottrarsi alla pretese dei creditori

Il reato di bancarotta consiste nel sottrarre il patrimonio alle pretese dei creditori. Questo sussiste quando una società o un imprenditore dichiarati falliti dall’autorità giudiziaria, mettano in atto azioni con l’intento di voler sottrarre il proprio patrimonio personale o sociale alla rivalsa dei creditori. Questo reato è disciplinato dal RD n° 276/1942 art 217 e 217 della legge fallimentare. Esistono diverse tipologie di reati di bancarotta. Queste si differenziano in base alla condotta tenuta dal debitore. Non possono compiere reato di bancarotta le imprese non soggette al fallimento né al concordato preventivo.

Reato di Bancarotta: tipologie

Come abbiamo detto non esiste una definizione univoca di reato di bancarotta perché ne esistono diverse tipologie a seconda della condotta del debitore. Ricordiamo quindi che esiste la bancarotta fraudolenta:

  • patrimoniale (art. 216 co. 1 n. 1)
  • documentale (art. 216 co. 1 n. 2)
  • preferenziale (art. 216 co. 3)
  • Bancarotta semplice (art. 217)

Il minimo comune denominatore che accomuna ciascuna di queste tipologie è la dichiarazione giudiziale di fallimento dell’impresa o dell’imprenditore.

Bancarotta fraudolenta patrimoniale

L’articolo 216 comma 1 stabilisce che il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale:

“È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:

  1. ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;
  2. ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari”.

Per distruzione è inteso la rimozione definitiva del patrimonio. Per dissipazione invece lo sperpero del patrimonio effettuato con spese sproporzionate alle proprie finanze. La distrazione invece è l’utilizzo da parte del soggetto, dei propri beni, per attività e scopi estranei all’impresa. L’occultamento e la simulazione invece sono condotte attraverso le quali il soggetto cerca di nascondere i propri beni ai creditori. Infine l’esposizione e il riconoscimento di passività inesistenti si ha quando è rilevato uno stato patrimoniale passivo più consistente di quanto non è realmente.

BancarottaBancarotta fraudolenta documentale

In questo caso sono oggetto di sanzione le inadempienze relative alla tenuta della contabilità. Sono importanti quindi sia le scritture contabili obbligatorie, che quelle facoltative. La norma che regola questo processo prevede delle sanzioni in caso di sottrazione, distruzione, falsificazione e occultamento delle scritture contabili che renda difficile una reale ricostruzione del patrimonio.

Bancarotta fraudolenta preferenziale

La bancarotta fraudolenta preferenziale avviene quando il debitore esegue dei pagamenti di crediti in via preferenziale, o quando simula titoli di prelazione. Questa condotta può essere tenuta sia prima che durante la procedura fallimentare.

Bancarotta semplice

Anche in questo caso la bancarotta semplice può essere patrimoniale oppure documentale. Un soggetto risulta colpevole di bancarotta semplice se dichiarato fallito:

  • effettua spese personali o per la famiglia ritenute eccessive rispetto alla propria condizione economica
  • consuma in modo dissoluto buona parte del proprio patrimonio in operazioni legate alla sorte e alla fortuna
  • cerca di ritardare il fallimento con azioni molto imprudenti
  • non richiede la dichiarazione del proprio fallimento
  • non soddisfa le obbligazioni assunte precedentemente in un concordato preventivo o fallimentare

Mentre per lo stesso soggetto può essere dichiarato bancarotta semplice documentale quando:

  • Omette la tenuta delle scritture contabili prescritte dalla legge
  • Tiene una condotta irregolare dei documenti contabili (vale a dire non redige i documenti contabili rispettando i requisiti formali e sostanziali specificati dalla legge e/o dalla prassi commerciale)
  • Detiene scritture contabili intermittenti e lacunose

Bancarotta e sanzioni

Per la bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale è prevista la reclusione da 3 a 10 anni. Inoltre è prevista una pena accessoria che consiste nell’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa “fino a” 10 anni.

Per la bancarotta fraudolenta preferenziale invece è prevista la reclusione da 1 a 5 anni e la stessa pena accessoria delle precedenti. Infine per la bancarotta semplice il periodo di reclusione scende ad un lasso di tempo compreso tra i 6 mesi e i 2 anni. La pena accessoria in quest’ultimo caso è applicata solo per 2 anni.

Da poco il termine “fallimento” è stato sostituito con “liquidazione giudiziale”. Questa semplice modifica comunque non può dare luogo a fenomeno di abrogazione.

Centrale Rischi: cos’è e come funziona la CdR della Banca d’Italia

La centrale rischi è uno strumento informatico creato dalla Banca d’Italia. Nel Bel Paese la maggior parte delle aziende ricorre al sistema bancario o al mondo finanziario, per ottenere credito, sotto qualunque forma. Per questo motivo le banche hanno bisogno di un sistema che consenta loro di effettuare molteplici accertamenti prima di concedere o meno credito alle attività. La centrale rischi, chiamata anche CR o CdR, permette loro di accedere a moltissime informazioni supplementari, rispetto a quelle che l’azienda fornisce al momento della richiesta dell’accesso al credito. Da questo sistema informatico è anche possibile capire se il soggetto richiedente è o no classificato come un cattivo pagatore. La decisione è completamente unilaterale da parte della banca che utilizza le informazioni della CR. Le stesse sono sempre più frequentemente utilizzate anche da clienti e creditori per effettuare controlli prima di entrare in affari con una controparte.

Centrale Rischi: cos’è

La centrale rischi è un sistema informatico che raccoglie informazioni sulla solvibilità degli utenti, sia persone fisiche che giuridiche. Queste informazioni sono poi fornite ai vari istituti di credito, oppure a clienti e fornitori che richiedono tale tipologia di controllo. I dati della CR sono gestiti o pubblicamente (quindi si parla di centrale rischi della Banca d’Italia), oppure privatamente (ad esempio Crif, ctc, ecc…).

Tutte le informazioni raccolte in questo sistema informatico sono importantissime sia a livello informativo, nella fasi di valutazione del credito (istruttoria e delibera), che per l’analisi e la gestione del credito stesso (monitoraggio). Tutte questi dati influenzano il rating finanziario di un’azienda.

CdR: a cosa serve

La CR ha un triplice scopo. Serve in primis a fornire una visione d’insieme dell’eventuale stato debitorio di soggetti singoli, imprese e famiglie. In secondo luogo serve ai clienti che possiedono un’ottima storia creditizia ad ottenere un finanziamento molto più velocemente e a condizioni agevolate. Infine è utile alle banche e alle società finanziarie per valutare la capacità dei clienti di restituire i finanziamenti concessi.

CR: come funziona

Nella centrale rischi sono raccolte tutte le informazioni che banche ed istituti finanziari comunicano a questo strumento. Affinché banche ed istituti possano lecitamente inviare questi dati al CR, devono essere regolarmente iscritti all’albo e/o all’elenco speciale previsto negli articoli 64 e 107 del TUB.

Le informazioni così convogliate all’interno del sistema informatico, sono accessibili in qualunque moneto da qualunque banca e/o istituti finanziario, per controllare la situazione creditizia reale di qualunque soggetto. Queste permette alle banche e agli istituti finanziari di tutelarsi dall’esposizione di eventuali rischi determinati dalla concessione di finanziamenti e fidi multipli.

Centrale Rischi

Soglie di registrazione

Un soggetto è inserito nella banca dati della centrale rischi con una soglia minima relativa alla propria posizione individuale di 30.000€. Questa è chiamata soglia di censimento. Invece per le soglie a sofferenza non c’è alcun limite minimo. Volendolo comunque identificare è molto basso e corrisponde alla somma di 250€.

La registrazione automatica all’interno della centrale rischi avviene quando un soggetto:

  • ottiene un finanziamento
  • risulta essere garantito dalla banca che concede un credito di firma e l’importo concesso supera la soglia di censimento
  • è garante del finanziamento di un altro soggetto (come ad esempio nel caso di una fideiussione, o di un mutuo prima casa, ecc.)

La Centrale rischi ogni mese riceve e raccoglie le informazioni da parte di ogni intermediario. Una volta raccolte ed elaborate, nonché aggiornate, tutte le informazioni, le restituisce agli stessi intermediari finanziari ed istituti bancari.

Centrale rischi e storia creditizia

La centrale rischi non è quindi solamente un mero elenco di cattivi pagatori. Raccoglie piuttosto l’intera storia creditizia dei soggetti iscritti. Contiene tutte le informazioni positive (regolarità di pagamento rate e chiusura rapporti finanziari), nonché quelle negative (difficoltà nel restituire il debito).

Questo vuol dire che se un soggetto non paga una rata non è inserito immediatamente e automaticamente nell’elenco della centrale rischi. Il creditore infatti, prima di segnalare il nominativo, valuta l’intera storia creditizia del soggetto, la complessità finanziaria della situazione e, alla luce di tutte le informazioni, decide se segnalare o meno il nominativo.

La centrale rischi gestita dalla Banca d’Italia ha quindi uno scopo pubblico, ma nel Bel Paese esistono anche altri archivi privatizzati, gestiti da diverse società che partecipano su base volontaria. Questi SIC, cioè sistemi di informazione creditizia, non sono assolutamente monitorati dalla Banca d’Italia. I meccanismi regolatori e di funzionamento sono disciplinati da precisi codici deontologici, consultabili direttamente sul sito del Garante per la protezione dei dati personali.

In questo caso per conoscere la propria posizione all’interno di queste banche dati è necessario contattare direttamente i SIC. La Banca d’Italia infatti non è assolutamente responsabile dei dati gestiti da organismi privati.

ISA: Indici sintetici di Affidabilità e compliance del settore economico

ISA, acronimo di indici sintetici di affidabilità, sono strumenti atti a verificare che, i titolari di partita IVA, professionisti ed aziende, rispettino la compliance del proprio settore economico. In altre parole sono elementi che hanno sostituito i vecchi studi di settore. Anche se si tratta di uno strumento di auto verifica, sbagliando la loro redazione l’attività incorre in precise sanzioni. Gli indici sintetici di affidabilità servono quindi a capire la situazione reddituale del contribuente, attraverso un’ auto dichiarazione. Gli ISA sono state introdotte nel 2018 e sono definite come compliance fiscale. Lo scopo finale di questo strumento è quello di capire se la situazione reddituale e fiscale del soggetto che presenta l’auto dichiarazione, è in linea con gli standard ipotizzati. Sono quindi utili a capire se le direttive del fisco sono state violate oppure no. Gli sono strumenti utilizzabili da chiunque abbia una partita IVA, anche per chi presenta dichiarazione dei redditi online.

ISA: caratteristiche e premi previsti

Il sistema degli ISA nasce per due motivi:

La norma che ne stabilisce le caratteristiche è il Decreto Legislativo n°50/17. Nel DL è indicato il funzionamento degli ISA e i regimi premiali previsti. Gli Indici sintetici di affidabilità funzionano sulla base di calcoli statistici basati su periodi d’imposta. Ogni anno il contribuente è soggetto a valutazione della propria attività e il risultato è espresso con una votazione compresa tra 1 e 10. A seconda del punteggio ottenuto, il contribuente può ottenere varie agevolazioni.

I soggetti che ottengono un punteggio pari ad 8, ottengono:

  1. esonero dal visto di conformità per la compensazione dei crediti d’imposta
  2. riduzione per un anno dei termini di accertamento dei redditi d’impresa e di lavoro autonomo e dell’IVA.

I contribuenti che invece totalizzano un punteggio pari a 8,5, ottengono, oltre ai precedenti vantaggi, anche l’esclusione dagli accertamenti basati sulle presunzioni semplici.

Infine chi ottiene un punteggio compreso tra 9 e 10, ottiene:

  1. esclusione dall’applicazione della disciplina delle società non operative
  2. esclusione dalla determinazione sintetica del reddito complessivo

Gli ISA prevedono specifiche direttive che devono essere scrupolosamente seguite alla lettera. Qualora queste non venissero rispettate, sono previste sanzioni alquanto salate. È facile non ottenere la sufficienza perché basta veramente poco per sbagliare qualcosa della compliance. Ad esempio, le sanzioni sono applicate nel caso in cui:

  • qualche modulo è compilato in modo scorretto
  • sono effettuati pagamenti sbagliati
  • sono omessi del tutto i pagamenti
  • i moduli non sono presentati nella tempistica corretta

Per avere la certezza matematica che ogni documenti sia compilato correttamente e che non vi siano ritardi e/o imprecisioni, meglio rivolgersi ad esperti dottori commercialisti professionisti in materia.

ISA

ISA: soggetti inclusi ed esclusi

Gli ISA sono usati da imprese e liberi professionisti classificati e suddivisi in macro categorie: agricoltura, manifattura, commercio, ecc. Ogni macro categoria è poi suddivisa in tante piccole sottocategorie alle quali è assegnato un numero chiamato “indicatore”.

I soggetti esclusi sono davvero tanti, tra questi si ricordano, ad esempio:

  • contribuenti che hanno avviato la propria attività durante il periodo di imposta
  • soggetti che hanno chiuso la propria attività durante il medesimo periodo
  • chi eccede ai limiti di guadagno della propria categoria previsti dagli indicatori stessi
  • chi non svolge attività in maniera stabile e continuativa
  • i soggetti che rientrano sotto il regime forfettario
  • lavoratori in mobilità
  • i giovani imprenditori che rientrano sotto un regime agevolato
  • gruppo di volontariato
  • enti di promozione sociale (sempre a regime forfettario)
  • cooperative e consorzi che svolgono attività solo verso aziende socie

Nonostante quindi l’elenco dei soggetti esclusi dagli ISA sia molto lungo, che vi rientra e non rispetta le regole previste dagli indicatori, incorre in sanzioni.

ISA: soglia minima

Il voto minimo accettabile è il 6. Sopra questo valore il risultato è considerato positivo. Un risultato pari o inferiore a 6 invece può portare ad un accertamento da parte delle Agenzia delle Entrate. In questo caso il contribuente può accettare il punteggio inferiore al 6 ed esporsi ad eventuali accertamenti da parte dell’Agenzia delle Entrate, oppure adeguarsi al maggior reddito indicato nell’ISA, ottenendo così un punteggio superiore. In questo secondo caso il soggetto deve tassare e versare maggiore IVA su un importo di reddito presunto determinato dall’ISA. Così facendo è possibile evitare eventuali accertamenti.

Sanzioni amministrative

L’articolo 8 comma 1 del DL 471/97 stabilisce le sanzioni applicate in caso di omissione della comunicazione dei dati relativi ai fini della costruzione o dell’applicazione degli indici. Queste risultano pari ad importi compresi tra 250 e 2000 euro.

Lo stesso decreto prevede anche la possibilità per il soggetto di sanare le violazioni di natura fiscale tramite il ravvedimento operoso. Modalità e termini sono indicati nella norma stessa.

Diritto camerale: calcolo e pagamento alla Camera di Commercio

Il diritto camerale è una prestazione dovuta ogni anno alle varie Camere del Commercio da parte di tutte le imprese iscritte o annotate al Registro delle imprese. Si tratta di un diritto dovuto in base alla sede legale dell’impresa. Questo significa che l’impresa paga la Camera di Commercio (unità locali, sede secondarie o uffici di rappresentanza) della località dove ha sede legale. In caso le sedi si trasferiscano, allora il diritto va pagato alla Camera di Commercio in cui è ubicata la sede legale dal 1° gennaio dell’anno in corso.

Diritto camerale: soggetti obbligati e soggetti esonerati

Ci sono alcuni soggetti obbligati a pagare il diritto camerale ogni anno. Tra questi vanno ricordati:

  • Società a responsabilità Limitata (unipersonali)
  • Società per Azioni
  • Imprese individuali
  • Società in accomandita per azioni
  • Società di persone (in nome collettivo e in accomandita semplice)
  • Imprese agricole
  • Imprese non agricole
  • Cooperative
  • Consorzi
  • Enti economici pubblici
  • Enti economici privati
  • Aziende speciali e consorzi previsti dalla Legge n 267/00
  • Imprese estere con sedi locali in Italia
  • Società consortili a responsabilità limitata per azioni

Non tutte le imprese però sono assoggettate a questo obbligo. L’onere del pagamento, ad esempio, non grava su:

  • società per le quali è stato adottato un provvedimento fallimentare (salvo esercizio provvisorio di attività)
  • imprese per le quali è stata adottata una liquidazione amministrativa (salvo esercizio provvisorio di attività)
  • imprese individuali che hanno dichiarato e cessato l’attività al 31 dicembre dell’anno precedente e che hanno presentato la cancellazione al Registro delle Imprese entro e non oltre il 30 gennaio dell’anno corrente
  • società ed enti collettivi con bilancio finale di liquidazione già approvato e che hanno presentato domanda di cancellazione dal Registro Imprese sempre entro il 30 gennaio dell’anno in corso
  • Cooperative nei confronti delle quali le Autorità Giudiziarie, hanno adottato provvedimenti di scioglimento

Diritto camerale

Diritto Camerale per più unità locali

Le imprese che esercitano la propria attività in diverse unità locali dislocate in differenti zone del territorio, sono tenute a pagare il diritto camerale ad ogni Camera di Commercio nel cui territorio ha sede l’unità locale stessa. L’importo dovuto è pari al 20% di totale che corrisponde la sede centrale. Il pagamento è da eseguirsi utilizzando un modello F24 dove, ogni unità locale, deve occupare un singolo rigo per la quale dovranno essere indicati gli importi dovuti, la sigla della provincia di appartenenza, l’anno di riferimento e il codice tributo 3850.

Termine di pagamento e scadenze

Il termine di pagamento del diritto camerale coincide con la scadenza del primo acconto delle imposte sui redditi. Esistono delle eccezioni. Infatti per tutte quelle imprese che determinano l’importo dovuto per il diritto camerale, in base a precisi scaglioni di fatturato e le ditte che hanno approvato il bilancio entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio sociale, devono pagare entro:

  • 30 giugno – per il pagamento senza 0,40%
  • 30 luglio – per il pagamento con 0,40%

Inoltre le società che approvano il bilancio oltre i quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio, devono versare il diritto camerale entro il 16 del mese successivo a quello di approvazione.

Infine, i soggetti che non approvano proprio il bilancio entro i termini stabiliti da legge, devono pagare il diritto camerale entro il 30 del mese successivo a quello in cui avrebbero dovuto approvare il bilancio stesso.

Quando le scadenza non sono rispettate, i soggetti possono comunque pagare entro il trentesimo giorno successivo alla scadenza, versando una somma maggiorata dello 0,40%. Se anche questa nuova scadenza non dovesse essere rispettata, il soggetto potrà comunque provvedere al pagamento entro un anno, avvalendosi del ravvedimento operoso.

Diritto camerale: come pagarlo

Il diritto camerale si paga versandolo in un’unica soluzione. Si paga utilizzando un modello F24. Su questo va sempre indicato il codice tributo 3850 nella sezione IMU ed altri tributi locali.

Il diritto annuale deve essere versato con arrotondamento all’unità di euro secondo le modalità indicate dalla nota MISE 3.3.2009 n. 19230.

Cosa succede quando non si paga il diritto camerale

I soggetti che non pagano il diritto camerale non possono ottenere le certificazioni da parte dell’Ufficio del Registro delle Imprese. Questo significa che chi non ha provveduto a pagare il diritto camerale non può ottenere alcun certificato da parte del sistema informatico nazionale delle Camere di Commercio.

Le imprese che non pagano, non hanno versato un importo sufficiente, oppure versano in ritardo, si possono avvalere del ravvedimento operoso. In questo caso il pagamento è sempre effettuabile con modello F24, ma stavolta i codici tributo da riportare sono:

  • 3852 per la sanzione, dovuta al ritardo del pagamento
  • 3851 per gli interessi.

Prima nota: registro di entrate e uscite

La prima nota è un documento contabile. Si tratta di un registro delle entrate e delle uscite della cassa che non è obbligatorio redigere, ma è sempre molto consigliato. In un’azienda infatti è sempre molto importante avere sotto controllo entrate ed uscite. Lasciare quindi traccia dei movimenti di denaro e dovendoli poi inserire nel bilancio d’esercizio, un registro aiuta a segnare in modo ordinato le entrate e le spese effettuate con i contanti. Un registro che risulta indispensabile per i movimenti economici quotidiani. Non ha una forma determinata, basta che contenga, in ordine di data, i movimenti e le operazioni finanziarie dell’attività. Si tratta di un registro che serve anche a trovare traccia di ogni evento esterno che ha coinvolto l’utilizzo di denaro contante. Risulta particolarmente importante, sia per i liberi professionisti, che per le aziende, perché molto spesso o movimenti in denaro sfuggono al controllo. Inoltre, se redatta correttamente, la prima nota, è un aiuto valido per preparare le varie scritture contabili all’interno del libro giornale.

Prima nota: la normativa di riferimento

La Risoluzione del Ministero delle Finanze n. 9/101 del 09/08/1979 prevede che la prima nota acquista validità giuridica e fiscale quando è numerata regolarmente, bollata prima dell’utilizzo e, soprattutto, se contiene ogni operazione di gestione.

L’articolo 24 del DPR n. 633/1972, prevede inoltre che i commercianti al dettaglio esonerati dall’obbligo dei corrispettivi telematici, siano invece obbligati a redigere la prima nota. Sono inoltre obbligati a tenere correttamente un registro prima nota di cassa, quando il registro dei corrispettivi è conservato in un luogo diverso.

Un monitoraggio costante

Se la prima nota è tenuta correttamente, può rappresentare un valido riferimento per capire come sta andando l’azienda. Per redigerlo non esiste un modello standard, visto che non è obbligatorio. Esistono comunque delle regole di scrittura che ne assicurino una redazione precisa e puntuale.

Visto che si tratta di un registro giornaliero, che serve a tenere sotto controllo i movimenti dei contanti, deve riportare ogni singola operazione redatta e catalogata in ordine cronologico. Questo perché la prima nota riporta ogni transazione che deve poi essere trascritta nel libro giornale che raccoglie tutti gli eventi di gestione esterni.

Prima nota

I dati necessari e immancabili in una prima nota sono:

  • data
  • riferimenti specifici a documenti come ricevute, fatture, ecc…
  • importi singoli
  • importi totali
  • descrizione estesa ed esaustiva della natura della transazione eseguita
  • riferimento alla natura del documento contabile (fattura, ricevuta, ecc…)
  • partite fuori cassa (banca, o altro)

Prima nota di cassa e le operazioni da segnalare

Maggiore è la precisione con la quale la prima nota è redatta, maggiori saranno le informazioni da riportare poi più facilmente sul libro giornale. Tra le tante operazioni finanziarie che possono essere annotate nella prima nota ricordiamo:

Consegnare la documentazione al commercialista

La prima nota cassa è un documento da consegnare periodicamente al proprio commercialista. Il contabile infatti utilizza la prima nota integrandone le informazioni in essa contenute per predisporre i documenti di:

  • elenco fatture emesse e ricevute (ordinandole in base alla data di emissione)
  • elenchi ordinati di altra documentazione, come ad esempio, buste paghe, ricevute, quietanze di pagamento, estratti conto, ecc…

Di conseguenza è facile intuire come la redazione corretta della prima nota sia il primo passo da compiere per avere una contabilità attendibile e ordinata. Da questa poi, è possibile studiare l’andamento della propria attività, individuando e analizzando eventuali andamenti positivi e negativi relativi alla gestione stessa.

Da precisare comunque che, a differenza del libro giornale, la prima nota non è un documento fiscale. Nel libro giornale la registrazione è molto più rigida e dettagliata. La Risoluzione del Ministero delle Finanze n. 9/101 del 09/08/1979 specifica infatti:

“Diviene un vero e proprio libro giornale con validità giuridica e fiscale quando è regolarmente numerato e bollato prima dell’uso e contiene tutte le operazioni di gestione di un’impresa”.

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