Fatture Intra UE: rinvio al 2030, la situazione

La fatture intra UE, previste inizialmente per il 1° gennaio 2028, sono state rinviate al 1° luglio 2030. Questo cambiamento fa parte del pacchetto legislativo “VAT in the Digital Age” (VIDA), confermato durante l’Ecofin del 14 maggio 2024. Ecco cosa è successo e cosa significa per le imprese europee.

Cos’è il Pacchetto VIDA?

Il pacchetto VIDA è una serie di misure proposte dalla Commissione Europea l’8 dicembre 2022 per modernizzare e digitalizzare il sistema dell’IVA (Imposta sul Valore Aggiunto) in Europa. Queste misure includono:

  • Obbligo di fatturazione elettronica: le aziende dovranno emettere fatture elettroniche per tutte le transazioni intra-UE;
  • Rendicontazione digitale: i dati delle operazioni saranno inviati in tempo reale alle autorità fiscali;
  • Registrazione unica IVA (SVR): le aziende avranno una sola registrazione IVA valida in tutta l’UE.

Fatture intra UE: perché il rinvio?

L’implementazione di queste nuove regole richiede tempo e preparazione da parte degli Stati membri e delle imprese. Rinviare la scadenza al 1° luglio 2030 permette di armonizzare le normative nazionali agli standard europei e di garantire che tutte le parti coinvolte siano pronte. Inoltre, questo rinvio mira a:

  • Ridurre il VAT gap: utilizzando la digitalizzazione per combattere l’evasione fiscale;
  • Contrasto alle frodi: facilitare la raccolta e lo scambio di informazioni tra le autorità fiscali.

 

Fatture Intra EU rinvio al 2030, la situazione

Nuove scadenze e modifiche

  1. Fatturazione elettronica europea: l’obbligo di fatturazione elettronica per le operazioni intra-UE entrerà in vigore il 1° luglio 2030. Questo include l’obbligo di presentare report digitali in tempo reale;
  2. Registrazione unica IVA (SVR): l’introduzione della registrazione unica IVA è stata posticipata al 1° luglio 2027, rispetto alla data iniziale del 1° gennaio 2025;
  3. Norme per le piattaforme elettroniche: la disciplina sul fornitore presunto per i gestori di piattaforme elettroniche è stata differita al 1° gennaio 2026;
  4. Armonizzazione degli standard: le normative nazionali dovranno essere armonizzate agli standard europei UBL o CII entro il 1° gennaio 2035.

Cosa significa per le imprese?

Il rinvio offre alle imprese più tempo per adeguarsi alle nuove regole, permettendo una maggiore preparazione. Le aziende potranno aggiornare i propri sistemi di fatturazione e rendicontazione, migliorando la loro capacità di conformarsi alle nuove normative. Questo cambiamento faciliterà anche la riduzione delle frodi fiscali grazie alla digitalizzazione, che aumenterà la trasparenza e l’efficienza dei processi. Inoltre, l’armonizzazione normativa consentirà a tutti i Paesi membri di adottare standard uniformi, semplificando le operazioni commerciali intra-UE.

I suggerimenti d FatturaPRO.click

La nostra missione fin dall’inizio è stata non solo di cercare una soluzione per l’assolvimento dell’imminente obbligo, ma di creare uno strumento che potesse trasformarlo in un’opportunità, capire come avrebbe potuto essere utile, migliorando e alleggerendo la tua attività quotidiana.

FatturaPRO.click ha sviluppato un metodo che semplifica il processo di emissione del documento fiscale allo scopo di ottimizzare la gestione delle attività, introducendo strumenti davvero utili che automatizzano procedure, effettuano controlli, intercettano e limitano gli errori.

Se la tua attività prevede operazioni commerciali intra-UE, è cruciale essere pronti per la fatturazione elettronica europea, nonostante il rinvio dell’obbligo al 1° luglio 2030. Mentre oggi puoi cavartela con programmi base, quanti di questi sono realmente pronti per il futuro? FatturaPRO.click ti offre una soluzione già all’avanguardia, progettata per anticipare le esigenze future e rendere la tua gestione fiscale più efficiente e sicura già da oggi.

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È importante capire che la digitalizzazione non è solo un obbligo, ma un’opportunità per migliorare e innovare. Non ti serve un programma di contabilità complesso per ottenere questi risultati; ciò che serve è lo spirito giusto, un po’ di lungimiranza e uno strumento adeguato alle tue esigenze.

Registrazione fatture extra UE: normativa e adempimenti per le operazioni commerciali con l’estero   

La corretta gestione delle fatture extra UE richiede un rigoroso rispetto della normativa di riferimento in quanto eventuali inadempienze potrebbero comportare rilevanti sanzioni. A tal proposito, assume fondamentale importanza l’analisi della disciplina stabilita dal nostro ordinamento in merito alla registrazione delle fatture internazionali. Al riguardo, la norma primaria è rappresentata dal DPR 633/1972 che, all’art.21, prevede distinti obblighi di fatturazione a seconda della natura dell’operazione.

Ulteriori previsioni, come evidenziato, sono contenute nel Decreto Legislativo 146/2021 che ha introdotto per le cessioni e gli acquisti extra-UE l’obbligo di fatturazione elettronica attraverso la trasmissione dei dati all’Agenzia delle Entrate mediante i documenti TD17, TD18, TD19.

Assolvere puntualmente a tali incombenze di lex specialis risulta quindi essenziale ai fini contabili e fiscali. Il mancato rispetto della tempistica prevista per gli adempimenti con l’estero, ad esempio, espone a una specifica sanzione. Pertanto, allo scopo di operare correttamente e scongiurare il rischio di sanzioni, risulta indispensabile applicare in modo rigoroso la normativa con riferimento alla fattura elettronica forfettari e non solo.

Registrazione fatture extra UE: Normativa sulla registrazione delle fatture tra un’azienda italiana e clienti/fornitori extra UE

La fatturazione elettronica nelle operazioni passive con l’estero richiede l’utilizzo di specifici documenti come il TD17, il TD18 e il TD19 al fine di assolvere l’obbligo di invio dei dati relativi alle cessioni/acquisti intracomunitari all’Agenzia delle Entrate tramite il cosiddetto “nuovo esterometro” (abbiamo creato anche un articolo su tutto le novità dell’AdE su questa tematica “Novità AdE: fattura estero, versione 1.9“).

La normativa di riferimento per la registrazione delle fatture tra un’azienda italiana e soggetti extra UE è contenuta nel Decreto Legislativo n. 146/2021, che ha introdotto il nuovo obbligo di fatturazione elettronica per la comunicazione dei dati all’Agenzia delle Entrate tramite l’esterometro. Nello specifico, ai sensi dell’articolo 1, commi 2 e 3 del decreto citato, tutti gli acquisti di beni e servizi da soggetti non residenti UE e extra-UE devono essere comunicati tramite i documenti TD17, TD18 o TD19.

Nel dettaglio, il TD17 deve essere utilizzato per l’acquisto di servizi da fornitore UE ed extra-UE, mentre il TD18 riguarda l’acquisto di beni da fornitore UE (o extra-UE identificato in altro paese UE). Infine, il TD19 si applica per l’acquisto di beni già presenti nel territorio nazionale da fornitore Ue e/o extra-UE.

Registrazione fatture extra UE

Per quanto concerne la registrazione delle fatture extra UE, assume rilevanza la modalità con cui il cliente/fornitore estero opera in Italia. Nel caso di stabile organizzazione, l’operazione è assimilabile a un acquisto/vendita interno. Qualora invece il soggetto extra UE agisca tramite identificazione diretta o rappresentante fiscale, il soggetto passivo italiano deve trasmettere il TD17, TD18 o TD19 con valore di autofattura o integrazione della fattura, indicando l’identificativo estero del cliente/fornitore. A tal fine, la fattura ricevuta va registrata in capo al soggetto extra UE, senza menzione del rappresentante fiscale. Pertanto, la registrazione delle fatture extra UE in capo al soggetto italiano avviene attraverso la fatturazione elettronica tramite i documenti TD17, TD18 e TD19, a seconda della casistica.

Registrazione fattura extra UE: Obblighi ed adempimenti per la gestione delle fatture internazionali

La normativa in merito alla registrazione delle fatture extra UE prevede specifici obblighi e adempimenti al fine di garantire una corretta gestione della documentazione fiscale internazionale. In particolare, il soggetto passivo italiano che intrattiene rapporti commerciali con operatori extra-UE ha l’obbligo di assolvere agli adempimenti introdotti dal D.L. 146/2021 in tema di “fatturazione elettronica“. Come già evidenziato, è infatti necessario utilizzare i documenti TD17, TD18 o TD19 per la comunicazione dei dati relativi alle cessioni/acquisti all’Agenzia delle Entrate mediante l’esterometro.

Oltre a ciò, sussiste l’obbligo di registrazione delle fatture ricevute come previsto dall’art.25 del DPR 633/72, che stabilisce le relative modalità contabili. A tal fine, assume rilevanza identificare correttamente la natura dell’operazione, verificando se il fornitore extra UE agisca con stabile organizzazione ovvero tramite identificazione diretta/rappresentante fiscale.

Nel secondo caso, il soggetto passivo italiano è tenuto a emettere autofattura o fattura d’integrazione entro i termini di liquidazione dell’IVAassolvendo agli obblighi di fatturazione e registrazione di cui agli articoli 21 e 22 del DPR 633/72. Gli obblighi principali riguardano la fatturazione elettronica e la tempestiva registrazione delle fatture extra UE, identificando correttamente la natura dell’operazione al fine di assolvere agli adempimenti IVA e contabili previsti.

Fatturazione elettronica Europa: quante e quali differenze esistono e come superarle

La normativa in materia di fatturazione elettronica presenta differenze significative a seconda del paese europeo preso in esame. Nonostante ciò, è possibile rilevare alcuni tratti comuni che accomunano le legislazioni nazionali.

Considerando la Fatturazione elettronica Europa nel suo complesso, salta subito all’occhio l’assenza di regole armonizzate a livello continentale. Ciascuno Stato membro ha adottato proprie disposizioni in merito alle modalità di emissione e conservazione del documento fiscale in formato elettronico. Le scelte compiute sono state eterogenee, sia in termini di ambito di applicazione che di tempistiche di entrata in vigore degli obblighi.

Tuttavia, al di là delle divergenze, permangono alcuni tratti affini. In linea generale, la direttiva europea riconosce la fatturazione elettronica come opzione a disposizione delle parti in causa. Inoltre, tutti i paesi hanno reso obbligatorio l’utilizzo dell’e-fattura per le transazioni Business to Government. Infine, la gran parte delle legislature nazionali prevede funzionalità quali conservazione sostitutiva della fattura, possibilità di invio tramite SDI e formati standard come XML e PDF.

Pertanto, pur persistendo cospicue differenze, sussistono altresì elementi ricorrenti che denotano un incipiente processo di progressiva armonizzazione della fatturazione elettronica in Europa.

Fatturazione elettronica Europa: Le principali differenze nei diversi Paesi europei

La situazione della fatturazione elettronica nei diversi stati membri dell’Unione Europea presenta differenze normative rilevanti. In generale, la legislazione europea in termini di fatturazione elettronica doveva essere considerata un’opzione a disposizione di emittenti e riceventi, mentre l’unico obbligo riguardava gli appalti pubblici, per i quali tutti i paesi dovevano adeguarsi entro il 27 novembre 2018. Dopodiché ogni stato ha deciso diverse date per l’adeguamento totale della tecnologia.

Alcuni stati non hanno introdotto alcuna regolamentazione specifica in merito alla fatturazione elettronica. La maggior parte ha invece scelto di rendere obbligatoria tale modalità di emissione e trasmissione delle fatture nei rapporti Business to Government (B2G). Tra questi ultimi figura l’Italia, che per prima dal 6 giugno 2014 ha reso obbligatoria la fatturazione elettronica anche al di fuori del perimetro B2G.

Numerosi altri stati stanno anticipando e ampliando l’ambito di applicazione degli obblighi, grazie alle moderne tecnologie digitali che consentono una più tempestiva verifica e accertamento delle frodi IVA. Non sembra azzardato ipotizzare, dunque, che molti paesi europei si orienteranno progressivamente verso sistemi obbligatori di fatturazione elettronica implementabili attraverso autorizzazioni in deroga. In questo contesto la Fatturazione elettronica Europa rappresenta un tema centrale nel percorso di armonizzazione fiscale dell’Unione.

Fatturazione elettronica Europa

Fattura elettronica Europa: come deve essere gestita dalle aziende che operano in più Paesi europei

La gestione della fatturazione elettronica da parte di aziende operanti in più Paesi europei presenta diverse criticità legate alle differenze normative tra gli Stati membri.

Sebbene la legislazione europea preveda il 2024 come data di generale adeguamento agli standard comunitari in materia di fatturazione elettronica 2024, le disposizioni adottate singolarmente creano un mosaico normativo eterogeneo. Alcune nazioni hanno già introdotto obblighi in tal senso, prevedendo scadenze più ravvicinate, mentre altre non hanno fissato regole stringenti.

Le imprese multinazionali si trovano di fronte a una complessità di adempimenti dovuti all’operare in Stati dalle normative non armonizzate. Debbono infatti garantire l’emissione e la ricezione di fatture elettroniche conformi alle leggi vigenti paese per paese, considerando tempistiche e modalità differenziate.

Per rispondere a queste esigenze, risulta necessario un sistema centralizzato di gestione della Fatturazione elettronica Europa in grado di interfacciarsi con i molteplici canali disposti a livello nazionale. Una piattaforma in cloud consente di inviare e ricevere e-fatture secondo i requisiti di ciascuna giurisdizione, semplificando un adempimento che altrimenti rischierebbe di risultare eccessivamente oneroso a causa della segmentazione normativa. Sarà compito dell’Unione Europea, entro il 2024, giungere ad una normativa unitaria che superi le attuali disomogeneità, a beneficio di imprese e operatori economici.

Fatturare in Italia con partita iva estera: guida agli adempimenti nel Bel Paese

La necessaria conoscenza del regime IVA italiano per i soggetti esteri che fatturano nel nostro Paese L’operatività transfrontaliera che prevede l’emissione di fatture in Italia da parte di soggetti non residenti titolari di partita IVA estera necessita di un’approfondita conoscenza del quadro normativo IVA nazionale.

Fatturare in Italia con partita IVA estera, infatti, comporta precisi obblighi dichiarativi e adempimenti contabili cui adeguarsi. La disciplina prevede complessi formati da rispettare per le fatture elettroniche emesse, scadenze cadenzate per gli invii al Sistema di Interscambio nonché termini per la presentazione della dichiarazione annuale.

La non conoscenza anche di un solo aspetto di tale articolata normativa potrebbe facilmente determinare errori sanzionabili, come l’omessa o tardiva trasmissione di fatture, la non corretta compilazione dei file XML o irregolarità nel versamento delle imposte dovute. Le conseguenze possono essere pesanti ammende, talvolta nell’ordine di diverse migliaia di euro. Diviene quindi imprescindibile per i soggetti esteri acquisire piena consapevolezza delle discipline IVA italiane, al fine di scongiurare inutili rischi di inadempienza.

Fatturare in Italia con partita iva estera: requisiti e adempimenti relativi

I soggetti non residenti che intendono emettere fatture per le cessioni di beni o prestazioni di servizi rese nel territorio italiano devono rispettare specifici requisiti.

In primis, è necessario identificarsi ad IVA in Italia tramite l’attribuzione di un codice identificativo da parte dell’Agenzia delle Entrate. Successivamente, per ogni operazione attiva soggetta a fatturazione elettronica, è d’obbligo utilizzare tale codice ai fini della compilazione del file XML.

Ulteriori vincoli riguardano la trasmissione delle fatture emesse mediante il Sistema di Interscambio, nonché il rispetto delle scadenze per l’assolvimento degli obblighi IVA, quali la liquidazione trimestrale dell’imposta. È altresì necessario conservare tutta la documentazione contabile e fiscale relativa alle operazioni effettuate, per eventuali controlli da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Il mancato adempimento di tali requisiti e obblighi comporta l’applicazione di sanzioni. Pertanto, i soggetti extra-UE che fatturano in Italia devono porre massima cura nella gestione dell’IVA al fine di scongiurare errori fattura elettronica.

Fattura estera con partita IVA italiana: Regime IVA e obblighi dichiarativi

I soggetti residenti all’estero che intendono emettere fatture in Italia tramite una partita IVA nostrana sono assoggettati al regime IVA italiano solo per le cessioni di beni e prestazioni di servizi rese nel territorio nazionale.

In particolare, è previsto che tali soggetti:

  • Emettano fatture elettroniche secondo il tracciato previsto ai fini della fatturazione elettronica;
  • Trasmettano periodicamente al Sistema di Interscambio le fatture emesse;
  • Presentino la dichiarazione IVA relativa alle operazioni attive nel nostro Paese con cadenza annuale, utilizzando il modello IVA 70;
  • Versino l’imposta dovuta mediante modello F24;
  • Conservino la documentazione a supporto delle operazioni intrattenute.

È fondamentale che i soggetti esteri con partita IVA in Italia conoscano appieno gli obblighi contabili a cui sono assoggettati, affinché non incorrano in condotte sanzionabili in materia di fatturazione elettronica e dichiarazione IVA.

La normativa in materia di fatturazione elettronica e di adempimenti IVA per i soggetti non residenti con partita IVA in Italia prevede obblighi molto specifici, la cui non conoscenza o il cui mancato rispetto possono comportare l’irrogazione di pesanti sanzioni. I soggetti esteri devono quindi acquisire piena consapevolezza circa i corretti formati dei file XML da trasmettere tramite SdI, le scadenze per la periodicità degli invii e quelle dichiarative. Particolare attenzione va posta alla compilazione dei campi identificativi dell’emittente/ricevente e del codice destinazione d’uso.

Eventuali irregolarità formali nelle fatture emesse/ricevute, errori nella presentazione del modello IVA 70 o nel versamento delle imposte possono comportare l’applicazione di ammende che, ai sensi di legge, variano fra il 90% e il 180% dell’importo non versato. Risulta quindi imprescindibile per i soggetti extra-UE adeguarsi pienamente ai complessi adempimenti contabili italiani al fine di evitare il rischio di sanzioni.

Emissione fattura a cliente estero senza partita iva

Per emettere fatture verso paesi esteri, è necessario seguire la procedura del Sistema di Interscambio (SDI), conformemente alle direttive fornite dall’Agenzia delle Entrate. È fondamentale acquisire tutte le informazioni rilevanti e seguire correttamente i passaggi per evitare eventuali errori durante il processo di fatturazione.

Per emettere fatture verso paesi esteri, sia con IVA che senza, è indispensabile utilizzare un software di fatturazione elettronica compatibile con il sistema SDI dell’Agenzia delle Entrate. Il codice destinatario da inserire nella fattura destinata all’estero è composto da sette “X” nel caso di partite IVA, mentre per le persone fisiche è necessario inserire sette zeri. Anche le attività in regime forfettario devono emettere fatture estere in formato elettronico.

Se il proprio business coinvolge attività di e-commerce o prevede relazioni commerciali con fornitori e clienti all’interno dell’Unione Europea o a livello internazionale, diventa essenziale comprendere il processo di fatturazione verso paesi esteri.

Può sorgere qualche dubbio dato che il Sistema di Interscambio dell’Agenzia delle Entrate è adottato solo a livello nazionale per le fatture elettroniche. Tuttavia, è necessario comunque aderire a tale sistema al fine di rispettare gli obblighi di fatturazione, seguendo le specifiche regole e compilando accuratamente tutti i campi richiesti. Inoltre, è importante inviare la fattura estera in formato PDF o cartaceo al cliente privato o con partita IVA. 

Emissione fattura a cliente estero

La fatturazione elettronica è obbligatoria solo per le operazioni commerciali interne in cui sono coinvolti soggetti passivi IVA residenti in Italia. Pertanto, le fatture emesse verso clienti esteri, sia all’interno dell’UE che al di fuori di essa, possono essere emesse in formato cartaceo senza l’obbligo di utilizzare il Sistema di Interscambio (Sdl) dell’Agenzia delle Entrate.

Tuttavia, le imprese italiane hanno la possibilità di adottare volontariamente la fatturazione elettronica anche per le transazioni con l’estero. Questa scelta non richiede alcuna opzione preventiva e può semplificare alcuni adempimenti. Infatti, coloro che utilizzano la fatturazione elettronica possono evitare di inviare l'”esterometro” trimestrale

Emissione fattura a cliente estero senza partita iva

Nel caso in cui si scelga di emettere una fattura elettronica per transazioni internazionali, è importante prestare attenzione ai dati inclusi nel file XML da inviare al Sdl. Ad esempio, nel campo del codice destinatario è necessario inserire il codice XXXXXXX, che identifica la controparte estera e indica un’operazione transfrontaliera.

Per quanto riguarda i dati anagrafici del cliente, sia all’interno che all’esterno dell’UE, possono sorgere alcune difficoltà legate al campo del CAP del Paese estero e al campo IDCodice del cliente, specialmente quando il cliente non è titolare di una partita IVA.

Emissione fattura a cliente estero senza partita IVA

Quali sono le procedure per emettere una fattura elettronica verso consumatori finali stranieri privi di identificativo fiscale italiano, considerando che è obbligatorio fornire il codice fiscale o la partita IVA?

Gli operatori IVA italiani possono scegliere di emettere una fattura elettronica verso clienti esteri, sia aziende che consumatori finali, comunitari o extracomunitari. In questo caso, non è necessario inviare i dati di tale fattura tramite l’esterometro. La fattura elettronica dovrà includere le seguenti informazioni:

  1. Nel campo 1.4.1.1.1 “IdPaese“, è necessario indicare il codice del Paese estero (diverso da IT), utilizzando lo standard ISO 3166-1 alpha-2 code.
  2. Nel campo 1.4.1.1.2 “IdCodice“, è richiesto un valore alfanumerico identificativo della controparte, con un massimo di 28 caratteri alfanumerici. Se il cliente è un consumatore finale estero, è sufficiente compilare solo il campo 1.4.1.1.2 “IdCodice“, lasciando vuoto il campo 1.4.1.2 “CodiceFiscale“.
  3. Infine, per indicare l’indirizzo estero del cliente sulla fattura, è necessario selezionare la nazione di appartenenza (senza compilare la Provincia) e inserire il valore generico “00000” nel campo CAP. L’indirizzo può essere utilizzato per indicare il CAP straniero.

Si tratta di procedure che possono diventare alquanto complicate, soprattutto per chi è alle prime “armi”. Quindi il consiglio rimane sempre lo stesso, affidarsi completamente a un software per la fatturazione elettronica, come FatturaPRO.click. Un sistema che semplifica, agevola e favorisce lo scambio di documenti con l’estero con la certezza di rispettare sempre tutte le norme fiscali del proprio paese e soddisfare i criteri d’invio dei documenti per l’estero.

Partita iva estera e lavoro in Italia: apertura e libertà di “stabilimento”

Molte persone sono affascinate dall’idea di trasferirsi all’estero aprire partita IVA estera e avviare una nuova attività professionale o imprenditoriale. È un cambiamento di vita che permette di selezionare un Paese adatto alle proprie esigenze e intraprendere un percorso che potrebbe finalmente portare ai risultati desiderati da tanto tempo.

Tuttavia, all’interno di questo scenario, molte persone ritengono impossibile chiudere completamente la propria attività in Italia. Ci sono diverse ragioni che spinge a pensarla in questo modo. Uno dei tanti potrebbe essere dovuto alla presenza di clienti storici che continuano a richiedere i servizi dell’attività avviata, oppure perché l’attività è sempre stata svolta in Italia e mantenere una presenza operativa anche dall’estero risulta indispensabile.

Le ragioni che spingono i professionisti a mantenere legami con l’Italia non sono sempre di natura finanziaria, ma spesso derivano dalla volontà di mantenere relazioni consolidate o da una necessità strategica di operare nel mercato italiano. Pertanto, trovare un equilibrio tra l’attività svolta all’estero e la presenza in Italia diventa un aspetto cruciale per molti imprenditori e professionisti che intraprendono questa sfida.

Partita IVA estera: apertura e libertà di “stabilimento”

Aprire una Partita IVA all’estero è un’opzione che offre diverse opportunità per gli imprenditori. All’interno dell’Unione Europea, il principio di libertà di stabilimento consente ai residenti UE di avviare un’attività imprenditoriale nel Paese di loro scelta, senza ostacoli discriminatori. Tuttavia, per i Paesi Extra UE, è necessario valutare i requisiti specifici di ciascun Stato per l’apertura di un’attività, come abbiamo già spiegato nell’articolo precedente: “quanto costa aprire partita IVA in Italia e all’estero?” In generale, il processo di avvio di un’attività all’estero è relativamente agevole.

Partita iva estera

A seconda degli obiettivi imprenditoriali, è possibile considerare diverse opzioni. Ad esempio, se l’obiettivo è ridurre l’imposizione fiscale, potrebbe essere vantaggioso avviare l’attività in Paesi con una tassazione più favorevole, come la Bulgaria o la Moldavia. La Bulgaria, ad esempio, applica una tassazione diretta proporzionale del 10% sulle Partite IVA. D’altro canto, se l’obiettivo principale è semplificare la burocrazia, l’apertura di una Partita IVA nel Regno Unito potrebbe essere una scelta interessante, magari nella forma più semplice di “sole trader“. Tuttavia, è fondamentale ricordare che in tutti questi casi l’imprenditore deve trasferire anche la sua residenza fiscale personale all’estero, non limitandosi solo alla registrazione dell’attività nel Paese straniero.

Partite IVA estere e lavoro in Italia: tutti i rischi

Lavorare in Italia con una Partita IVA estera comporta alcune implicazioni fiscali che è importante comprendere. In linea generale, non esiste un divieto assoluto di operare in Italia con un numero di Partita IVA straniero. Tuttavia, è fondamentale tenere presente che quando si lavora in Italia con una Partita IVA estera, sia necessario pagare le imposte sia in Italia che all’estero. Questo perché, nella maggior parte dei casi, l’attività svolta in Italia con una Partita IVA estera è considerata come una stabile organizzazione. Tuttavia, le specifiche variano a seconda che si tratti di un professionista o un’impresa.

Nel caso di un professionista non residente che svolge un’attività professionale in Italia (che può anche essere un cittadino italiano residente in un Paese straniero, regolarmente iscritto all’AIRE), devono essere affrontate le seguenti problematiche:

  1. Effetti dell’articolo 23 del DPR n. 917/86: occorre verificare se esiste una convenzione contro le doppie imposizioni tra l’Italia e il Paese di residenza del professionista. In caso affermativo, il professionista estero è soggetto a tassazione in Italia, in quanto la prestazione è svolta qui. La tassazione avviene mediante una ritenuta fiscale del 30%, in conformità con l’articolo 25 del DPR n. 600/1973.
  2. Configurazione della base fissa: qualora sia specificato nella convenzione contro le doppie imposizioni, il professionista è tassato in Italia solo se ha una base fissa (ad esempio, un ufficio) nel paese. Anche in questo caso, si applica una ritenuta del 30%, ma il professionista deve essere in grado di documentare la percentuale dei suoi redditi derivante dalla base fissa italiana.

Da queste regole possiamo dedurre che se l’attività professionale di un professionista estero è svolta solo occasionalmente in Italia, la tassazione avverrà solo nel Paese di residenza del professionista. In tutti gli altri casi, la prestazione del professionista estero in Italia è soggetta a tassazione italiana.

Imposta sul valore aggiunto: l’Iva in Italia e all’estero

In Italia come in molti altri paesi del mondo, l’imposta sul valore aggiunto rappresenta una fonte fondamentale di entrate per il Governo. Si tratta di un’imposta indiretta che grava sulle vendite di beni e servizi effettuate dalle imprese, ma è pagata dai consumatori finali. L’IVA in Italia è applicata con aliquote differenti a seconda della tipologia di prodotto o servizio, e rappresenta una delle principali fonti di finanziamento per le spese pubbliche, come la sanità, l’istruzione e l’assistenza sociale. Grazie all’IVA, lo Stato è in grado di raccogliere consistenti somme di denaro, che contribuiscono alla copertura delle spese e al sostegno dell’economia del Paese.

Imposta sul valore aggiunto: cos’è e come funziona l’IVA in Italia

L’imposta sul valore aggiunto (IVA) è un’imposta indiretta applicata alla vendita di beni e servizi. In Italia, l’IVA è regolamentata dal Decreto Legislativo n. 7 del 31 marzo 1993. Questa imposta è un’importante fonte di entrate per il governo, poiché è applicata a tutte le fasi del processo di produzione e distribuzione, a partire dal produttore fino al consumatore finale. L’IVA è un’imposta sul valore aggiunto perché calcolata sulla differenza tra il prezzo di acquisto di un bene o servizio e il prezzo di vendita finale. È applicata in modo proporzionale in base alla percentuale stabilita dalla legge, che varia a seconda della tipologia di prodotto o servizio.

In Italia, il regime IVA prevede l’applicazione di tre aliquote differenti: l’aliquota ordinaria al 22%, l’aliquota ridotta al 10% e l’aliquota super ridotta al 4%. L’aliquota ordinaria si applica alla maggior parte dei prodotti e servizi, mentre l’aliquota ridotta è applicata a prodotti specifici come alimentari, medicinali, giornali, servizi di ristorazione, ecc. L’aliquota super ridotta è invece applicata a prodotti di prima necessità come il pane, la frutta e la verdura. Alcune attività economiche possono essere esenti dall’IVA, come ad esempio le prestazioni sanitarie e le attività didattiche. L’IVA è versata al fisco dalle imprese che la applicano, ma è pagata dai consumatori finali attraverso il prezzo dei beni e servizi acquistati. In caso di acquisti all’estero, l’IVA applicata dipende dal paese di provenienza del prodotto o servizio, e può essere recuperata dai consumatori che soddisfano determinati requisiti.

Imposta valore aggiunto: come funziona l’IVA nei paesi europei

L’imposta sul valore aggiunto (IVA) è un’imposta indiretta applicata in tutti i paesi dell’Unione Europea (UE) e segue le direttive dell’UE. I paesi membri dell’UE hanno stabilito delle aliquote IVA minime e massime, ma hanno anche la possibilità di applicare aliquote ridotte o esenzioni in determinati settori. Le aliquote IVA variano a seconda del paese, ma di solito vanno dal 17% al 27%. L’IVA è pagata dai consumatori finali, ma versata dalle imprese che la applicano al fisco nazionale. Inoltre, i paesi dell’UE si scambiano informazioni sull’IVA al fine di prevenire frodi fiscali transfrontaliere.

Imposta sul valore aggiunto

L’IVA in Europa funziona attraverso il sistema di reverse charge, che consente alle imprese di non pagare l’IVA sulle transazioni intracomunitarie. In questo caso, l’IVA è invece pagata dal destinatario della merce o del servizio. Ciò evita il doppio pagamento dell’imposta e riduce il rischio di evasione fiscale. Inoltre, l’UE ha stabilito un sistema di rimborso dell’IVA per le imprese che operano in paesi diversi dal proprio. In questo modo, le imprese possono richiedere il rimborso dell’IVA pagata all’estero e ridurre i costi delle loro attività commerciali. Sempre l’UE ha anche stabilito regole per l’IVA sul commercio elettronico, al fine di garantire la concorrenza leale tra le imprese e ridurre le frodi fiscali. Le imprese che vendono prodotti online sono tenute a registrarsi per l’IVA nei paesi in cui superano una certa soglia di vendite, e a raccogliere e versare l’IVA corrispondente.

Imposta sul valore aggiunto IVA: come funziona l’IVA in America

L’imposta sul valore aggiunto (IVA) negli Stati Uniti non esiste a livello federale, ma alcuni stati hanno stabilito delle imposte sulle vendite al dettaglio, che funzionano in modo simile all’IVA europea. Le aliquote variano a seconda dello Stato e, in alcuni casi, anche a seconda della regione o della città. Gli esercizi commerciali sono tenuti a riscuotere l’imposta dalle vendite effettuate ai consumatori finali e a versarla alle autorità fiscali statali. Tuttavia, non esiste un sistema di reverse charge come in Europa, quindi le imprese che operano in più stati possono dover gestire diverse aliquote IVA e procedure fiscali. Inoltre, a differenza dell’UE, non esiste un sistema di rimborso dell’IVA per le imprese che operano in stati diversi dal proprio.

Nel continente sudamericano, l’IVA è molto diffusa e applicata in quasi tutti i paesi. Le aliquote variano a seconda del paese e possono arrivare anche al 27%, ma molte nazioni hanno imposte più basse, soprattutto per i prodotti di prima necessità. Anche in Sud America, l’IVA è un’imposta indiretta, pagata dai consumatori finali e riscossa dalle imprese che la applicano. Tuttavia, in alcuni paesi, le aziende sono tenute a registrarsi per l’IVA solo se superano una certa soglia di fatturato annuo, al fine di semplificare la procedura fiscale per le piccole imprese. In alcuni paesi sudamericani, come l’Argentina, l’IVA è considerata una fonte importante di entrate fiscali e utilizzata per finanziare progetti pubblici e sociali, come l’assistenza sanitaria e l’istruzione.

 

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Scopri il nostro approfondimento: L’Imposta sul Valore Aggiunto

Quanti numeri ha la partita iva in Italia e nel resto d’Europa

Quanti numeri ha la partita iva? La composizione e la struttura della partita IVA possono variare da Stato a Stato. Infatti, ogni Paese dell’Unione Europea ha un proprio sistema di identificazione fiscale, che prevede una diversa combinazione di numeri e lettere. La ragione per cui le partite IVA dei vari Paesi hanno una diversa struttura è legata alle differenti normative fiscali e alle differenti esigenze dei singoli Stati. Tuttavia, le partite IVA hanno comunque una validità internazionale, che consente di identificare le imprese e di tracciare le transazioni commerciali a livello internazionale.

Tutto questo è reso possibile grazie alla creazione del sistema VIES (VAT Information Exchange System), che permette di verificare la validità della partita IVA di un’impresa all’interno dell’Unione Europea. In questo modo, è possibile effettuare transazioni commerciali tra imprese di paesi diversi, senza incorrere in problemi di doppia tassazione o di mancato pagamento dell’IVA.

Quanti numeri ha la partita IVA: struttura in Italia e nell’Unione Europea

La partita IVA è un codice identificativo assegnato a tutte le imprese che operano in Italia e nell’Unione Europea. Permette alle autorità fiscali di identificare l’attività economica svolta dall’impresa stessa. La struttura della partita IVA varia a seconda del paese in cui è emessa: in Italia, ad esempio, è composta da 11 cifre, mentre in altri paesi europei può essere più lunga o più corta.

In Italia, il primo carattere della partita IVA indica la tipologia di contribuente, ad esempio se si tratta di un’impresa individuale o di una società di capitali. I successivi sette caratteri rappresentano un numero progressivo che identifica l’impresa all’interno del registro delle imprese. Gli ultimi tre caratteri, infine, sono un codice di controllo che serve a verificare la correttezza della partita IVA stessa.

Quanti numeri ha la partita iva

Quanti numeri ha la partita iva in Europa

In altri paesi europei, la struttura della partita IVA può essere diversa. Di seguito riportiamo un breve elenco degli Stati dell’Unione Europea, la denominazione della relativa partita iva e la sua composizione:

  1. Austria: UID (Umsatzsteuer-Identifikationsnummer), composta da nove cifre.
  2. Belgio: BTW (Belasting over de Toegevoegde Waarde) o TVA (Taxe sur la Valeur Ajoutée), composta da 10 cifre.
  3. Bulgaria: ДДС (Danak na dobavenata stoynost), composta da nove cifre.
  4. Cipro: ΦΠΑ (FPA, Foros Prostithemenis Axias), composta da nove cifre.
  5. Croazia: PDV (Porez na dodanu vrijednost), composta da 11 cifre.
  6. Danimarca: CVR (Copenhagen Central Business Register), composta da otto cifre.
  7. Estonia: KMKR (Käibemaksukohustuslase registreerimisnumber), composta da nove cifre.
  8. Finlandia: ALV-tunniste (Arvonlisäverotunniste), composta da nove cifre.
  9. Francia: TVA (Taxe sur la Valeur Ajoutée), composta da 13 cifre.
  10. Germania: USt-IdNr. (Umsatzsteuer-Identifikationsnummer), composta da 11 cifre.
  11. Grecia: ΑΦΜ (Arithmos Forologikou Mitroou), composta da nove cifre.
  12. Irlanda: VAT (Value Added Tax), composta da otto cifre.
  13. Italia: Partita IVA (Partita Identificativa IVA), composta da undici cifre.
  14. Lettonia: PVN (Pievienotās vērtības nodokļa reģistrācijas numurs), composta da undici cifre.
  15. Lituania: PVM (Pridėtinės vertės mokesčio mokėtojo kodas), composta da 12 cifre.
  16. Lussemburgo: TVA (Taxe sur la Valeur Ajoutée), composta da otto cifre.
  17. Malta: VAT (Value Added Tax), composta da otto cifre.
  18. Paesi Bassi: BTW (Belasting over de Toegevoegde Waarde), composta da 14 cifre.
  19. Polonia: NIP (Numer Identyfikacji Podatkowej), composta da dieci cifre.
  20. Portogallo: NIF (Número de Identificação Fiscal), composta da nove cifre.
  21. Repubblica Ceca: DIČ (Daňové identifikační číslo), composta da otto cifre.
  22. Romania: CIF (Codul de Identificare Fiscală), composta da nove cifre.
  23. Slovacchia: DIČ (Daňové identifikačné číslo), composta da 10 cifre.
  24. Slovenia: DDV (Davčna številka), composta da o nove cifre.
  25. Spagna: NIF (Número de Identificación fiscal), composta da nove cifre.

La partita IVA è utilizzata per identificare le imprese ai fini fiscali, ma anche per tracciare le transazioni commerciali all’interno dell’Unione Europea e per effettuare transazioni commerciali internazionali.

P.IVA quanti numeri: l’utilizzo da parte delle imprese

La partita IVA è utilizzata dalle imprese per diverse finalità. In primo luogo, serve ad adempiere agli obblighi fiscali, in quanto ogni impresa deve dichiarare i propri guadagni e pagare le tasse dovute. Viene usata per fatturare i propri clienti e per ricevere pagamenti, sia da clienti italiani che esteri. È necessaria per partecipare a gare d’appalto e per avere accesso a finanziamenti pubblici e agevolazioni fiscali. È impiegata per accedere a servizi bancari e finanziari, come l’apertura di un conto corrente o l’ottenimento di un finanziamento.

Quindi è uno strumento fondamentale per tutte le imprese, in quanto consente di identificare e tracciare le transazioni commerciali e di adempiere agli obblighi fiscali.

Codice partita IVA e critiche generali

Tuttavia, la partita IVA ha suscitato anche alcune critiche, legate soprattutto alla sua complessità e alla sua vulnerabilità a frodi ed evasione fiscale.

In particolare, la struttura della partita IVA può risultare difficile da comprendere per le imprese, soprattutto per quelle più piccole o meno strutturate. È oggetto di numerose frodi ed evasione fiscale, soprattutto in passato, quando era più facile creare una partita IVA fittizia o utilizzarla per fini illeciti. Per questo motivo, negli ultimi anni sono state adottate diverse misure per migliorare la sicurezza e la trasparenza della partita IVA. In Italia, ad esempio, è stato introdotto il Registro delle Imprese, che consente di verificare la correttezza delle informazioni fornite dalle imprese, compresa la partita IVA.

Inoltre, l’Unione Europea ha adottato diverse normative per prevenire le frodi fiscali e le evasioni, che prevedono, ad esempio, l’obbligo di indicare la partita IVA del fornitore o del cliente in fattura e la creazione di un sistema di scambio automatico di informazioni tra gli stati membri.

Esternalizzazione a fornitori di servizi cloud: le Guidelines EIOPA

L’EIOPA è l’ Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali. Si tratta di un organismo dell’Unione Europea che controlla e vigila sul sistema assicurativo europeo. È un’istituzione dotata di poteri statutari e di personalità giuridica. Nel luglio del 2021 ha avviato una pubblica consultazione sulla revisione delle bozze delle linee guida relative all’outsourcing ai fornitori di servizi di cloud-computing.

EIOPA: chi è, cosa fa e a cosa serve

Procediamo per gradi e cerchiamo, prima di tutto, di capire chi è e cosa fa l’EIOPA. Principalmente sostiene la stabilità del sistema finanziario, ma non solo, si occupa anche di:

  • garantire la trasparenza dei mercati
  • assicurare la trasparenza dei prodotti finanziari
  • tutelare i vari contraenti, membri e beneficiari dei sistemi pensionistici
  • individua e monitora rischi potenziali e vulnerabilità a livello micro-prudenziale, in situazioni transfrontaliere e intersettoriali.

Grazie all’operato di questo organo, la stabilità del sistema finanziario è garantita nel breve, medio e lungo termine. Un’operatività che porta giovamento a tutti i membri dell’Unione Europea.

L’EIOPA opera in vari settori:

  • banche
  • conglomerati finanziari
  • imprese d’investimento
  • istituti di pagamento
  • istituti di moneta elettronica

Gli obiettivi che si prefigge di raggiungere sono:

  1. tutela dei consumatori
  2. regolamentazione e vigilanza delle diverse istituzioni finanziarie
  3. coerenza di applicabilità delle regole per tutte le istituzioni finanziarie coinvolte
  4. sorveglianza dei gruppi transfrontalieri
  5. vigilanza coordinata sul territorio dell’Unione.

Esternalizzazione: cos’è e quali vantaggi offre

L’ Esternalizzazione, chiamata anche outsourcing, è un insieme di pratiche adottate per delegare, a imprese ed enti pubblici terzi, lo svolgimento di processi produttivi o fasi di processo di supporto.

L’esternalizzazione è un meccanismo che presenta notevoli vantaggi, tra cui:

  • aumento dell’efficienza
  • ottimizzazione della scalabilità
  • rapidità di reazione
  • miglioramento della qualità produttiva
  • risparmio dei costi

Cloud computing: cos’è e a cosa serve

Il cloud computing è una tecnologia che consente di utilizzare, tramite server remoto, risorse software e hardware (server, risorse di archiviazione, database, rete, analisi e intelligence, ecc…). Solitamente è un servizio offerto da un provider, di norma a pagamento. In altre parole, si tratta di un’offerta di servizi di calcolo tramite internet.

Esternalizzazione

Il cloud computing è una rivoluzione in ambito aziendale delle risorse IT. Scalabile, sicuro, prestante, veloce, produttivo e affidabile, è un servizio a tutto tondo che non delude mai e che è sempre più richiesto nel mondo imprenditoriale. Ne esistono vari tipi: privato, pubblico e ibrido, ciascuno caratterizzato da elementi particolari che consentono, in linea generale, di accedere a una moltitudine di risorse tramite specifici account.

Esternalizzazione cloud computing: le linee guida dell’EIOPA

A partire dal luglio del 2021, L’EIOPA ha stabilito una linea guida per l’esternalizzazione di servizi cloud computing. Si tratta di una guida che serve agli operatori del mercato ad applicare al meglio le disposizioni in materia di esternalizzazione contenute nella direttiva 2009/138/CE e nel regolamento delegato 2015/35 della Commissione.

Gli obiettivi della guida sono:

  • fornire chiarimenti sulla norma
  • offrire maggiore trasparenza all’interpretazione delle normative in materia di esternalizzazione
  • vigilare su tutti gli aspetti e i processi applicabili in materia di outsourcing del cloud computing.

Per questi motivi EIOPA ha stabilito:

  • i criteri necessari per distinguere quando e se i servizi cloud debbano essere considerati nell’ambito dell’outsourcing
  • regole e principi di governance dell’outsourcing del cloud
  • analisi pre-outsourcing
  • requisiti contrattuali
  • gestione dei diritti di accesso e di audit
  • sicurezza di dati e sistemi
  • sub-outsourcing, monitoraggio e supervisione dell’outsourcing del cloud e strategie di uscita
  • istruzioni per le Autorità di vigilanza nazionali

Riconoscendo il rischio di una normativa frammentaria, all’atto dello sviluppo della linea guida, l’EIOPA ha voluto prendere in considerazione anche le linee guida pubblicate dall’Autorità bancaria europea (EBA).

Fatturazione Elettronica San Marino: si avvicina l’obbligo

Con il passare del tempo sta diventando ogni volta più usuale, sia per convenienza che per legge, l’utilizzo della fatturazione elettronica. Quest’anno sembra che stia marcando un nuovo punto nella storia della e-fattura. Partendo dall’obbligo anche per i forfettari, come ne abbiamo già parlato in uno dei nostri ultimi articoli “Fatturazione elettronica per Forfettari: si parte dal 1° luglio”, fino all’introduzione graduale in tutta l’Unione Europa. Infatti la Spagna e la Francia non sembrano molto lontane dalla situazione della nostra penisola. Nonostante il processo dell’internazionalizzazione della fatturazione elettronica richieda del tempo, ci sono dei paesi che stanno già aderendo a questa pratica. In effetti oggi parliamo della situazione di uno dei nostri vicini, o in altre parole, la fatturazione elettronica San Marino.

Le date da segnare

Le nuove norme definite sia dal decreto del 21 giugno 2021 che dal Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 5 agosto 2021, danno inizio al regime transitorio. Dal prossimo 1° luglio lo scambio di fatture tra l’Italia e San Marino sarà unicamente telematico. Tuttavia dal 1° ottobre del 2021 fino al 1° luglio del 2022, ci sarà ancora l’opzione di effettuare fatture cartacee, rendendo quelle elettroniche strettamente facoltative.

Il decreto entrato in vigore il 1° ottobre 2021 è composta da 23 articoli, suddivisi in 7 titoli, dalle disposizioni generali fino alla cessione dei beni.

In ragione di ciò, abbiamo visionato e decomposto tutta l’informazione fondamentale, per portarla a voi nel modo più sintetico, chiaro e semplice possibile.

Fatturazione delle cessioni di beni verso San Marino

Dal 1° luglio 2022, tutte le fatture di cessioni di beni verso San Marino, dei soggetti passivi d’imposta nel territorio italiano, non potranno più essere emesse in formato cartaceo.

Il codice destinatario confermato da inserire in queste fatture è 2R4GTO8.

Fatturazione delle cessioni di beni da San Marino verso l’Italia

Da San Marino verso l’Italia il percorso sarà completamente opposto. Questo significa che le fatture elettroniche emesse saranno trasmesse dall’Ufficio Tributario sammarinese al Sistema di Interscambio(SdI) italiano. Gestito dal Sdl con un canale ad hoc.

Infine, anche se San Marino non sia uno stato integrante dell’Unione Europea, per gli acquisti di beni provenienti da San Marino non viene applicata la normativa prevista per le importazioni.

 

Fatturazione Elettronica San Marino: si avvicina l’obbligo

I controlli

Per la spedizione e ricezione delle fatture, fin dalla loro nascita sono state contraddistinte della loro sicurezza, dovuta in parte alla quantità di controlli (in maggior parte automatici) dei sistemi. E per quelle trasmesse da San Marino versi l’Italia e viceversa non si sono fatte eccezione. La procedura di revisione funziona in questo modo:

  1. Trasmissione del numero identificativo dal SdI all’Ufficio tributario di San Marino;
  2. Verifica dell’assolvimento dell’imposta sull’importazione e delle validità della fattura;
  3. Comunicazione all’ufficio apposito dell’Agenzia delle Entrate.

L’operatore italiano può verificare il risultato della procedura sopra elencata attraverso i servizi specializzati dell’Agenzia delle Entrate. Se dopo quattro mesi dall’emissione della fattura, l’ufficio di San Marino non ha ancora approvato la procedura, l’operatore italiano deve emettere una nota di variazione in aumento entro 30 giorni. Non si subiranno né sanzioni o né interessi per questa procedura. Queste regole hanno la stessa validità in caso dovesse essere effettuata la fatturazione in formato cartaceo.

Fattura Cartacea

Fino al 1° luglio 2022 sarà possibile emettere facoltativamente le fatture in formato cartaceo tra le due repubbliche (anche in modalità semplificata).

Se le condizioni per la detrazione di imposta si dovessero presentare, sarebbe possibile effettuarla anche sotto questa tipologia di fattura.

Modalità d’acquisto con o senza imposta

Esistono due modalità d’acquisto quelle con o senza imposta. Nel primo scenario è già stata versata l’IVA dal soggetto cedente sammarinese, invece nel secondo caso attraverso il meccanismo del “Reverse Charge” (inversione contabile) e la ricezione della fattura viene assolto al cessionario l’imposta sul valore aggiunto.

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