Azienda in liquidazione: cosa significa e quale procedura è prevista

Mettere un’azienda in liquidazione, non è mai una scelta facile da prendere. Decidere infine di liquidare un’impresa nella quale si sono profusi tempo, denaro, energie e speranze, è davvero difficile. Sembra però essere l’unico metodo utile per salvare il salvabile e rimettersi in gioco con una nuova attività. Anche se si tratta di una situazione dura da affrontare, è comunque una possibilità, per chi emette fatture elettroniche e non, e vive con la propria impresa, che deve prendere sempre in considerazione. Vediamo quindi di capire per bene di cosa si tratta.

Azienda in liquidazione: che cosa significa

Mettere un’azienda in liquidazione significa che i beni dell’attività sono messi in vendita (liquidati) e l’azienda viene chiusa. Si tratta di una decisione che spetta al CEO, oppure ai socie dell’azienda, o ancora al consiglio d’amministrazione se si tratta di un’azienda di grandi dimensioni. Un’azienda in liquidazione può anche essere messa in modo coatto (liquidazione coatta). A seguito di atti illeciti, o reati, la legge stabilisce di chiudere l’impresa e liquidarne i beni.

I beni sono quindi messi in vendita. Il ricavato è utilizzato per pagare i debiti e gli insoluti. Al termine della procedura, se rimane un patrimonio attivo, è allora diviso tra i vari soci. Appena dichiarata la liquidazione, vi è un periodo nel quale l’attività deve concludere tutti i lavori in pending e cercare di saldare tutti i debito. La liquidazione termina quando tutti i beni dell’impresa sono stati liquidati e la società cessa, di conseguenza, di esistere.

Nei casi in cui l’azienda non ha debiti, passivi, o attivi, può comunque decidere di chiudere definitivamente l’azienda, senza dover per forza passare attraverso la procedura della liquidazione.

Azienda in liquidazione: le diverse tipologie

Esistono diverse tipologie di liquidazione delle attività:

  • volontario o ordinaria – si tratta del caso più comune, quello nel quale i soci stessi decidono di porre fine alla vita dell’azienda e mettono i beni in liquidazione. I divide in tre fasi: causa di scioglimento, liquidazione, estinzione.
  • forzata o giudiziale – è il tribunale a stabilire la chiusura e la messa in liquidazione dell’azienda.
  • coatta o amministrativa – come specificato prima, è l’autorità amministrativa, a stabilire che l’azienda venga messa in liquidazione (per esempio a seguito di reati o illeciti).

Azienda in liquidazione

Le fasi della liquidazione

Che si tratti di volontaria, forzata o coatta, un’azienda in liquidazione deve passare tre diverse fasi:

  • decisione di mettere l’azienda in liquidazione (causa di scioglimento)
  • assemblea dei soci per decidere il numero dei liquidatori, la loro nomina e i criteri per il processo di liquidazione
  • nomina del liquidatore – la figura che deve gestire la liquidazione materiale dei beni dell’impresa. Si può trattare di un socio o di un commercialista, nel caso di liquidazione volontaria, oppure del tribunale stesso se si tratta di liquidazione coatta.
  • Fase di bilancio di chiusura – in questa fase il liquidatore si preoccupa di estinguere i debiti aziendali e riscuotere eventuali crediti. È così possibile chiudere il bilancio.
  • Estinzione – ultima fase nella quale l’azienda in liquidazione cessa definitivamente di esistere. La società è infine cancellata dal registro delle imprese.

Anche se spiegata così può sembrare relativamente semplice, si tratta invece di una procedura molto lunga e complicata. In alcuni casi, infatti, può durare anche diversi anni. Per questo motivo è stata creata una procedura di liquidazione semplificata.

Liquidazione semplificata: la procedura in poche parole

Quando un’azienda in liquidazione avvia la pratica che la porterà alla sua chiusura definitiva, è sempre necessaria la figura di un notaio. Sempre, a meno che non si tratti di una società a responsabilità limitata (SRL). In questo processo non è previsto nemmeno un termine perentorio ai fini della contestazione. In pratica una volta stabilito che la società deve essere messa in liquidazione, l’organo amministrativo accerta la causa di scioglimento, deposita la contestazione al Registro delle Imprese e convoca l’assemblea dei soci. Questi ultimi devono deliberare su:

  • numero dei liquidatori
  • nomina dei liquidatori
  • criteri per far svolgere la liquidazione

L’assemblea delibera con maggioranze qualificate e il verbale non è imposto. Quindi non è necessario che il verbale sia redatto e depositato da un notaio. Si tratta quindi di una procedura molto più semplice e snella, sicuramente molto meno onerosa. Si attiva solo ed esclusivamente difronte a specifiche casistiche previste dal n°1 al n° 5 dell’articolo 2484 del codice civile.

Abbuono: attivo, passivo e in contabilità

Abbuono è uno dei tanti termini utilizzati in contabilità. Conoscerne il significato aiuta a capire come poter utilizzare questo particolare strumento e soprattutto come e quando indicarlo nelle fatture elettroniche. Assieme a una vasta terminologia utilizzata da contabili, commercialisti, ragionieri, ecc… L’abbuono fa parte di un ricco dizionario che può tornare davvero molto utile a chi vuole aprire una partita IVA da zero, oppure per chi è già “navigato” nel mare delle microimprese e piccole e medie attività. Vediamo quindi di capire meglio la terminologia specifica del settore contabile e come applicarla in pratica, nella vita di tutti i giorni.

Abbuono: definizione

Partiamo dalle basi, vale a dire spieghiamo cos’è materialmente un abbuono. Si tratta di una riduzione concessa  sul pagamento di una prestazione, oppure sul prezzo pattuito con il cliente/committente.

Ci sono vari motivi che spingono un soggetto a concedere un abbuono. Ad esempio è molto comune quando, per errore, viene spedita della merce sbagliata.

Esistono poi due diverse tipologie di abbuono:

  • attivo
  • passivo

Vediamole nel dettaglio.

Abbuono attivo

Si tratta di un abbuono, vale a dire di una riduzione di prezzo, concessa dal fornitore, dopo che la fattura elettronica è già stata emessa. Una condizione piuttosto comune che si verifica quando, ad esempio, la prestazione o i prodotti venduti si rivelano essere inferiori (quantitativamente o qualitativamente) al prezzo pattuito.

Abbuono

Abbuono passivo

In questo caso è richiesto un pagamento inferiore al cliente/committente, rispetto a quanto previsto di solito.

Anche questa casistica si verifica quando, ad esempio, il servizio reso è inferiore alle aspettative pattuite in fase preliminare. Altro caso in cui si presenta la necessità di ricorrere a un abbuono passivo è quello in cui si tratta merce qualitativamente inferiore agli accordi presi. È prassi, in questi casi, prima di emettere la fattura elettronica, ricalcolare il pagamento dovuto, a favore del cliente.

Abbuono: clienti e venditori

Quando si parla di abbuono, si devono distinguere due diversi soggetti interessati dall’elemento in questione: i clienti e i venditori.

Si parla quindi di contabilità cliente e contabilità fornitore. Nella prima è prevista una variazione finanziaria attiva che deve essere registrata in DARE del conto Fornitori, o Debiti v/fornitori per l’importo dell’abbuono e dell’IVA. Si tratta quindi di una variazione economica negativa. Questa è pari all’importo dell’abbuono da rilevare in AVERE del conto Abbuoni attivi. Inoltre deve essere rivelata anche una variazione finanziaria passiva da registrare in AVERE del conto IVA ns/debito per l’importo dell’IVA relativa all’abbuono.

La contabilità fornitore invece è una variazione finanziaria passiva da registrare in AVERE del conto Clienti o Crediti v/clienti per l’importo dell’abbuono e dell’IVA. Questa corrisponde a una variazione economica positiva pari all’importo dell’abbuono da rilevare in DARE del conto Abbuoni passivi e una variazione finanziaria attiva da registrare in DARE del conto IVA ns/credito per l’importo dell’IVA relativa all’abbuono.

Conclusioni

In conclusione questo elemento rappresenta una riduzione. Tale riduzione è concessa al debitore direttamente sulla somma da pagare. In alcuni casi (più unici che rari!) può addirittura arrivare fino alla totale rinuncia della riscossione da parte del creditore. In alcuni casi, le due parti, cliente e venditore, possono prevedere un abbuono reciproco. Questo accade quando, ad esempio, sono rilevate e accertate una o più differenze, nella merce consegnato e/o promessa. In tal modo, è garantita la possibilità di una rettifica di fattura in favore dell’una o dell’altra parte contraente.

Merita una menzione particolare anche l’abbuono d’imposta. Si tratta di uno sgravio, totale o parziale, di un’imposta. È concesso di solito in via temporanea, in seguito a serie decurtazioni del reddito. Le decurtazioni possono avvenire in seguito, ad esempio, di gravi calamità, oppure qualora si paghi un’imposta straordinaria in un tempo minore del previsto.

È spesso utilizzato anche come sinonimo di sconto, reso o arrotondamento. In realtà, ciascuno di questi termini, indica una specifica condizione che si caratterizza in modo particolare rispetto alle altre. In linea generale comunque, può essere definito come una riduzione del prezzo pattuito, previsto per andare a compensare un disagio subito da parte del cliente. L’operazione è documentata da una nota di credito. Quest’ultima è emessa dalla ditta venditrice per l’importo  accordato e della relativa IVA. La scrittura in Partita Doppia viene effettuata al momento dell’emissione del documento.

Microimpresa: definizione, condizioni e opportunità

Le microimprese si trovano alla base dell’intero sistema economico del nostro (e di molti altri) paesi europei. Si definisce come microimpresa un’attività imprenditoriale che possiede specifici caratteri di fatturato e numero di dipendenti. Non sono le uniche realtà presenti in Italia. Affianco delle piccole, medie e grandi imprese, le microimprese concorrono e sostengono lo sviluppo di intere nazioni. Compresa la nostra. Le normative europee ne definiscono i requisiti per essere identificate come tali. Due le prerogative basilari: avere meno di dieci dipendenti e un fatturato annuo inferiore a due milioni di euro. Godono anche di molte agevolazioni fiscali e, in alcuni casi, risultano addirittura, esonerate dalla redazione del rendiconto finanziario, della nota integrativa e della relazione sulla gestione.

Tipologie d’impresa

La definizione d’impresa è dettata dall’Unione Europea che considera impresa ogni entità che, a prescindere dalla forma giuridica, eserciti un’attività economica. Quello le identifica come tali, è lo scopo di lucro. In questa definizione rientrano moltissime forme giuridiche: lavoratori autonomi, imprese familiari e cooperative sociali. Ne sono invece escluse associazioni e fondazioni senza scopo di lucro.

Un delle più importanti discriminanti tra imprese, è rappresentata dalle dimensioni. Sono le dimensioni che stabiliscono se si tratta di una microimpresa, piuttosto che di una media impresa. Per verificarne le dimensioni è necessario controllare:

  • fatturato (o totale attivo)
  • numero di occupati (effettivi)

Gli effettivi sono tutti coloro che hanno lavorato nell’impresa o per conto di essa a tempo pieno. Nel conteggio degli effettivi è necessario considerare anche i soci che svolgono regolare attività e i proprietari gestori (imprenditori individuali). Sono invece esclusi da questo conteggio:

  • dipendenti in congedo di maternità o parentale
  • contratti di apprendistato
  • contratti di stage
  • tirocini formativi

Microimpresa

Quindi gli effettivi sono calcolati in UNITA’ DI LAVORO ANNUO (ULA). Ogni persona vale un’unità. I lavoratori stagionali e i contratti part-time vengono invece conteggiati in frazioni di unità. Basandosi su questi riferimenti, troviamo quindi:

  1. microimprese
  2. piccole imprese
  3. medie imprese
  4. grandi imprese

Microimprese: definizione e caratteristiche

La categoria dimensionale delle microimprese è definita dalla raccomandazione 2003/361/CE del 6 maggio 2003 della Commissione europea. Le categorie sono utili ad individuare tutte le attività economiche che possono beneficiare di contributi e aiuti pubblici. Sono inoltre utili a capire quali attività possono accedere ai contributi relativi ai bandi di finanza agevolata. Un’altra caratteristica importante delle microimprese è quella di non emettere titoli sui mercati regolamentati.

La microimpresa inoltre, non deve aver superato, nel primo anno di esercizio e successivamente per due esercizi consecutivi, tre diversi limiti dimensionali:

  • Totale attivo stato patrimoniale: euro 175.000
  • Ricavi di vendite e prestazioni: euro 350.000
  • Media dipendenti occupati durante l’esercizio: 5

Leggermente diverse le caratteristiche per una piccola impresa. Questa, infatti, deve avere meno di 50 dipendenti. Il fatturato annuo, o il totale di bilancio (desunto dal prospetto dalle attività e delle passività della società) deve essere superiore ai dieci milioni di euro.

A scopo esemplificativo e comparativo con le micro imprese indichiamo anche le caratteristiche delle medie e grandi imprese.

Le medie imprese devono avere meno di 250 occupati e fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro oppure un totale attivo non superiore a 43 milioni di euro. Le grandi invece imprese hanno più di 250 occupati e fatturato superiore a 50 milioni di euro o totale attivo superiore a 43 milioni di euro.

Microimprese: autonome, associate e collegate

Un’ulteriore suddivisione tra imprese, le vede classificate come:

  1. autonome
  2. associate
  3. collegate

Autonome

Sono definite autonome, le imprese totalmente indipendenti, oppure che detengono partecipazioni inferiori al 25% del capitale, o dei diritti di volto in una o altre imprese. Per verificare se un’impresa autonoma è anche una microimpresa è necessario controllare sempre numero di occupati e dati finanziari.

Associate

Due imprese si definiscono reciprocamente associate se una detiene quote comprese tra il 25% e il 50% del capitale o dei diritti di voto dell’altra. Ai dati di ogni singola azienda vanno sommati quelli di tutte le altre imprese (effettivi e fatturato) in proporzione alle quote detenute. Quindi, per verificare se due imprese associate, fanno una micro impresa, è necessario verificare i dati di ciascuna impresa.

Collegate

Due o più imprese si definiscono collegate se costituiscono un gruppo e una esercita il controllo o un’influenza dominante sulla maggioranza dei diritti di voto di un’altra. Come per le imprese associate, anche nelle collegate è necessario considerare i dati di fatturato e gli effettivi di ciascuna impresa collegata. Solo così è possibile determinare se corrispondono ad una microimpresa.

Forma giuridica: cos’è, quante ne esistono e come sceglierla

Un forma giuridica è un’organizzazione creata da uno o più soggetti per fare business. Esistono diverse tipologie di forme giuridiche. Sceglierne una, piuttosto che un’altra, determina la struttura, l’organizzazione e la tassazione di un’azienda. Al momento in cui si decide di aprire partita IVA una delle prime cose da fare, prima ancora di iniziare a emettere fatture elettroniche, o prendere un software gestionale per la fatturazione elettronica, è quella di scegliere la forma giuridica. Si tratta di una scelta veramente importante perché da questa dipendono differenti conseguenze finanziarie, legali e una diversa esposizione al rischio in caso di contenziosi legali. Vediamo quindi di capire quante forme giuridiche esistono in Italia e quale scegliere per lo svolgimento della propria attività.

Forma giuridica: le diverse tipologie

Come abbiamo già detto, esistono molteplici forme giuridiche in Italia:

Per quanto la scelta possa essere varia, in Italia, la maggior parte delle piccole e medie imprese tende sempre a scegliere tra una s.n.c., piuttosto che una s.a.s., una s.r.l., o un’s.r.l.s. Scegliere una forma, oppure un’altra significa determinare a priori un diverso sistema di struttura interno e una diversa tassazione da parte dello Stato e del Fisco. Iniziamo quindi, in questo articolo, a vedere nel dettaglio ogni singola forma giuridica per capirne meglio le conseguenti implicazioni e la struttura organizzativa interna.

Ditta individuale

Si tratta della forma giuridica più semplice in assoluto. Titolare e gestore della ditta è un’unica persona. Per aprire partita iva come ditta individuale basta iscriversi alla Camera di Commercio della propria provincia. Molti liberi professionisti, Freelancer e consulenti scelgono questa forma giuridica per la propria attività.

La ditta individuale è facile da avviare, non richiede alcuna formalità aziendale (come ad esempio la sottoscrizione di un verbale. Di riunione o di uno Statuto) e permette di detrarre la maggior parte delle spese sulla dichiarazione dei redditi.

Forma giuridica

Società in Nome Collettivo (s.n.c.)

È molto simile alla ditta individuale, la differenza fondamentale è che al “timone” si trovano due o più soci (persone). In una s.n.c. ogni socio gestisce l’attività personalmente e condivide perdite e profitti. Anche questa forma giuridica è piuttosto facile da avviare, non vuole anch’essa nessuna formalità aziendale e le perdite aziendali sono sempre suddivise tra i vari soci.

Società in accomandita semplice (s.a.s.)

Anche in questa forma giuridica l’azienda è gestita e amministrata attivamente da più soci. A differenza della s.n.c. però, ci sono due diverse tipologie di soci:

  • Accomandatari – possiedono, gestiscono e si assumono la responsabilità per l’azienda
  • Accomandanti – agiscono solo come investitori.

In una s.a.s. è facile raccogliere fondi grazie ai soci accomandanti, mentre i soci accomandatari possono mantenere il controllo totale sull’attività svolta.

Società a responsabilità limitata (s.r.l.)

Come dice il nome stesso, una società a responsabilità limitata offre il vantaggio di una responsabilità limitata a ogni socio in base al proprio capitale sociale. Avviarla richiede qualche formalità legale in più, ma i titolari non hanno alcuna responsabilità  personale per gli eventuali debiti dell’azienda. Questo vuol dire che se qualcosa andasse storto, i debiti dovrebbero essere saldati esclusivamente con il patrimonio aziendale. Il patrimonio personale di ciascun socio, rimarrebbe quindi integro e salvo.

Forma Giuridica: Scegliere in modo oculato

La scelta della forma giuridica è davvero molto importante. L’organizzazione scelta infatti, può influenzare la percezione dell’attività stessa da parte delle persone che ne prendono parte. Senza contare che è una scelta che determina precise conseguenza legali e fiscali. Il trattamento fiscale di ciascuna forma giuridica è, difatti, ben diverso l’uno dall’altro. Inoltre, per alcune di esse, è richiesto anche un cospicuo investimento iniziale, mentre per altre non è necessario disporre di grandi somme di denaro per avviarle. Anche dal punto di vista amministrativo possono esserci delle sostanziali differenze. Si parla in termini di fattura elettronica, dichiarazione dei redditi e pagamento di determinate imposte.

Nei prossimi articoli continueremo l’approfondimento sulle ultime forme restanti (Società per azioni – S.p.A.- , Società in accomandita per azioni – S.a.p.A. – e la Cooperativa) e cercheremo di capire come scegliere quella più adatta alla propria attività, in base anche al trattamento fiscale previsto per ciascuna forma giuridica.

Lavoro freelance: cosa significa e come funziona in Italia

Il lavoro freelance non è una passeggiata. Ci vuole impegno, passione, dedizione e buone conoscenze per lavorare da freelance in Italia. Chi decide per questo genere di “carriera” deve, prima di tutto, informarsi bene, su pro, contro e ogni altro aspetto contabile e fiscale che riguarda questa sfera di competenza specifica. Iniziamo comunque spiegando che un freelance altro non è che un lavoratore indipendente che offre il suo operato a società, organizzazioni e privati.

Si tratta di una figura che, negli ultimi anni, si è andata sempre più diffondendo anche nel nostro paese. Incentivata da agevolazioni fiscali e regimi semplificati, questa forma lavorativa è sempre più richiesta. Le aziende, ad esempio, si avvalgono di freelance quando all’interno del loro organico non hanno dipendenti qualificati su una precisa materia. O ancora, le imprese si rivolgono ai lavoratori freelance anche quando hanno bisogno di lavoro/consulenza spot. I privati invece preferiscono il lavoratore indipendente perché fornisce un lavoro più accurato e soprattutto veloce. Insomma, il lavoro freelance sta davvero andando alla grande. Ma non è tutto oro quel che luccica. Ci sono anche dei risvolti negativi per chi sceglie questa strada. Vediamo di capire meglio.

Lavoro freelance in Italia: numeri e ragioni

In Italia il lavoro freelance va davvero alla grande. Siamo il primo paese della zona europea in quanto a percentuale più alta di lavoratori autonomi. Cifre da capogiro, visto che contiamo oltre 5 milioni di lavoratori autonomi. Siamo primi assoluti da molti anni ormai, in cima alla classifica prima di Germania, Francia e Regno Unito.

Tante le motivazioni che hanno portato ‘Italia a vantarsi di questo primato:

  • evoluzione della tecnologia
  • miglioramento dal punto di vista fiscale e burocratico
  • entrata in vigore del Job Act

La tecnologia è complice del nostro successo. Oggi molti giovani scelgono la strada del lavoro freelance perché sanno di poter essere supportati da strumenti e mezzi innovativi che semplificano molte le varie attività operative e pratiche. Inoltre ci sono stati sostanziali miglioramenti dal punto di vista fiscale e burocratico. È più facile oggi, rispetto al passato, aprire Partita IVA, meno dispendioso e macchinoso. Esistono poi vari regimi agevolati, come ad esempio il regime forfettario (e prima ancora il regime dei minimi), che hanno reso possibile attivare con tranquillità un’attività da freelance. Il Job Act, infine ha posto le basi per una maggiore tutela di tutti quei lavoratori indipendenti e titolari di Partita IVA senza albo di riferimento.

Lavoro freelance: pro e contro

Tanti pro, ma tanti anche i contro che possiamo riscontrare nel lavoro freelance. Tra i pro vanno sicuramente annoverati:

  • Libertà Di Orari – essere liberi di scegliere quando iniziare e quando finire l’orario di lavoro, è una delle soddisfazioni più grandi che possa esserci. La routine quotidiano si semplifica e spesso si spezza pure.
  • Libertà Di Lavorare Dove Si Preferisce – Niente più code interminabili per arrivare sul posto di lavoro in orario, niente sveglie all’alba, o rientri ad orari improponibili. Chi lavora da casa poi, ha vinto il jackpot!
  • Minori Spese Quotidiane Da Sostenere – non avendo orari e sedi, si affrontano e si sostengono davvero molte meno spese.

Lavoro freelance

  • Ferie E Permessi Autogestiti – essere il capo di noi stessi significa che è possibile decidere quando andare in ferie senza dover aspettare l’approvazione (spesso tardiva) di un piano ferie aziendali. Non è necessario rendere conto a nessuno, se non a noi stessi.
  • Guadagni Più Alti (Potenzialmente Parlando) – maggiori rischi, maggiori guadagni. Se tutto va per il verso giusto, lo stipendio aumenta sicuro.
  • Crescita Personale E Professionale Assicurata – investire sulla propria attività, significa investire su se stessi. Di conseguenza vuol dire anche una crescita e un miglioramento personale, oltre che professionale.

Contro

Come abbiamo detto, però, non è tutto oro quel che luccica. Quindi il lavoro freelance presenta anche qualche difficoltà:

  • È difficile staccare la spina – l’attività di freelance non si ferma mai. Un lavoratore indipendente ha sempre la mente fissa al proprio lavoro: alle fatture elettroniche, alle scadenze da rispettare, ai corrispettivi telematici, ai pagamenti da dover sostenere, ecc…
  • Ci sono molte più responsabilità – Tutte le responsabilità ricadono sulle proprie spalle e non possono essere condivise con altri dipendenti dell’azienda
  • Nessuno sicurezza di uno stipendio fisso – le cose possono anche andare bene, ma possono anche andare male. Una cosa è certa, lo stipendio fisso non è un’opzione del lavoro freelance. I soldi arrivano quando e se si lavora.
  • È richiesto un investimento iniziale – Ogni attività, per essere avviata, richiede un primo investimento. Che si tratti di una piccola cifra, o di una ragguardevole partecipazione, bisogna spendere prima di guadagnare.
  • Bisogna pensare autonomamente alla contabilità e all’amministrazione dell’attività – Nota dolente per molti. Nel lavoro freelance ciascuno è amministratore e contabile di sé stesso.

Software gestionale: ecco perché conviene averlo per la fatturazione elettronica

Chi ha partita IVA e si avvale della fatturazione elettronica sa già quanto possa essere essenziale avere un software gestionale. Pratico, comodo, veloce e funzionale, fa risparmiare tempo, soldi e risorse, risolvendo innumerevoli “grattacapi”. All’interno di una società com’è quella attuale, competitiva e soggetta a repentini cambiamenti, una gestione omogenea della propria azienda, può davvero fare la differenza. Quindi un software gestionale per le fatture elettroniche diventa uno strumento indispensabile e un valore aggiunto per tutte le imprese e i professionisti. Chi sceglie di mettersi in proprio e di aprire partita IVA la prima cosa che dovrebbe fare, è quella di pensare di munirsi di un software per la gestione delle fatture elettroniche. Vediamo quindi tutti i motivi per cui è vantaggioso abbonarsi a FatturaPRO.click, sia per chi è alle prime armi, come per chi sta pensando di cambiare gestionale.

Software gestionale fattura elettronica:

Le imprese che decidono di dotarsi di un software gestionale fatture elettroniche hanno una durata di vita superiore ai propri competitor. La maggior parte delle imprese italiane, infatti, “muore” entro soli 5 anni dall’apertura della partita IVA. E non si tratta solo di una questione di “peso fiscale”, ma anche e soprattutto di gestione e amministrazione interna. Una scorretta, manchevole, o addirittura mancante gestione delle fatture elettroniche e della propria azienda, porta a una catastrofica fine imprenditoriale.

Risparmiare tempo e soldi

L’amministrazione e la contabilità di un’azienda richiedono tempo, risorse e soldi. Tre elementi assolutamente importantissimi per la sopravvivenza di un’azienda. Tre elementi che possono essere “risparmiati” e reimpiegati in modo migliore, semplicemente decidendo di dotarsi di un software gestionale per le fatture elettroniche.

Grazie a un software gestionale tutto quello che riguarda le fatture elettroniche è amministrato e svolto regolarmente e in maniera rapida e sicura (dalla creazione, all’invio, passando per la conservazione sostitutiva). È possibile “scrollarsi” di dosso l’onere di ricordare a memoria scadenze, pagamenti, incassi e cicli di fatturazione (attivi e passivi). Pensa a tutto il software e lo fa in maniera molto metodica, sistematica e più precisa di una persona. Lo scadenzario del programma lavora per e al posto degli imprenditori. Promemoria automatici, automatizzazioni di solleciti e pagamenti e invii dedicati e automatici. Tutto questo e molto di più a portata di click, sempre e ovunque e con un unico programma.

Software gestionale

Fatturato, conti e finanze sempre sotto controllo

Un software gestionale delle fatture elettroniche permette di tenere sempre sotto controllo le proprie finanze. È infatti la piattaforma a ricordarsi chi deve ancora pagare ed entro quando. Ed è sempre il sistema che ricorda ai propri clienti le varie scadenze e i saldi da dover rispettare. Tutto chiaro e alla luce del sole. Ogni dato è riportato, calcolato ed esposto in una bacheca chiara e precisa, che può essere controllata in qualunque momento anche dal cellulare. Un maggior controllo delle proprie finanze, significa avere tutto sotto controllo, conoscere meglio la propria attività e, di conseguenza, saperne sfruttare appieno i punti di forza (che tradotto poi significa fare semplicemente più fatturato).

Il software non sbaglia!

È vero, sbagliando si impara, ma è anche vero che sbagliando si perde un “sacco di tempo”. Emettere una fattura elettronica che non doveva essere emessa, inviare una nota di credito al cliente sbagliato, o dimenticarsi di registrare una fatturazione importante, fa perdere minuti, se non addirittura ore, di preziosissimo tempo/business. Quindi, perché rischiare di sbagliare facendo tutto da soli, quando invece è possibile affidarsi a un sistema funzionante al 100% e pressoché autonomo? Un software gestionale è la soluzione ideale per chi è alle prime armi e non sa ancora bene dove mettere le mani, ma è perfetto anche per chi non tempo da perdere e vuole pensare a fatturare piuttosto che perdersi dietro alla contabilità.

Miglior software gestionale: FatturaPro

Ed eccoci al punto! Quale software gestionale per la fatturazione elettronica scegliere? Qual è il migliore del 2021? Sulla piazza ce ne sono davvero tantissimi. Alcuni sono molto costosi, altri sono particolarmente difficili da usare e altri ancora non sono completi in tutte le loro funzioni. Per fortuna una soluzione c’è e si chiama FatturaPRO.

Un’unica piattaforma per la fatturazione elettronica, per i corrispettivi telematici (anche senza registratore di cassa) e con la Conservazione Digitale a norma AgID inclusa. Facile, veloce e tutto incluso. Prezzi vantaggiosi, abbonamenti pensati su misura e un’assistenza rapida e garantita che molte altre piattaforme del settore non hanno.

Società di fatto: cosa sono e come funzionano

In Italia esistono molteplici forme societarie: B Corp, società benefit, SRL, SPA, società tra imprenditori, ecc… Ne esiste anche un’altra categoria che, sebbene la giurisprudenza non ne dia una definizione precisa, queste prendono la denominazione di società di fatto. Per spiegarla in modo semplice, una società di fatto è quella che nasce dall’intesa verbale o da un comportamento concludente, dal quale emerge la volontà delle parti di costituire un rapporto sociale. Fare impresa e aprire partita IVA nel nostro paese, richiede delle regole precise. Anche per questa formula societaria esistono quindi dei presupposti specifici affinché un rapporto possa definirsi tale. Infatti l’elemento soggettivo non è l’unico necessario perché possa costituirsi società di fatto. Deve anche esserci la volontà tra i soci di conferire beni e servizi e la conseguente formazione di un fondo comune. Quindi è necessario che sia presente uno scopo di lucro e la volontà di essere soci.

Società di fatto: copertura disciplinare

Anche se non esiste una disciplina giuridica specifica che regola le società di fatto, queste ricadono comunque sotto le normative delle società semplici. Allo stesso modo, valgono anche le regole delle società in nome collettivo irregolari, che esercitino o meno un’attività commerciale.

In base a questa puntualizzazione è quindi possibile affermare che le società di fatto sono in realtà società di persone che non si costituiscono sulla base di un contratto. Infatti queste nascono dalla volontà dei soci di costituire società e dai comportamenti reciproci finalizzati a un unico obiettivo.

Ne esistono comunque varie tipologie. Per quanto queste possano essere accomunate a società irregolari, non sono esattamente la stessa cosa. In altre parole, una società di fatto è una società irregolare, ma non tutte le società irregolari sono anche società di fatto. Nelle società irregolari manca l’iscrizione nel registro delle imprese e, di conseguenza, non c’è alcuna pubblicità dichiarativa. Mentre nelle società di fatto manca l’atto costitutivo, documento necessario per poter procedere alla pubblicità.

Personalità giuridica e soggettività giuridica

Tutte le forme societarie sono dotate di soggettività giuridica. Di conseguenza significa che le società sono titolari di posizioni giuridiche attive e passive, di crediti e debiti, diritti e obblighi. In più, hanno anche la possibilità di avere un patrimonio distinto da quello dei soci. In questo modo si determina una situazione di autonomia patrimoniale. Invece le società di fatto non hanno una personalità giuridica. Questa è riservata alle società di capitali e alle cooperative, che acquistano al momento dell’iscrizione nel registro delle imprese. Questa responsabilità consente ai soci di beneficiare della limitazione della. Responsabilità per le obbligazioni sociali.

società di fatto

Fallimento

Queste società che esercitano attività commerciale possono fallire. Con il fallimento danno luogo, di conseguenza, al fallimento anche di tutti i soci e pertanto sono soggette alla legge fallimentare. Vanno quindi incontro a eventuali procedure giudiziarie fallimentari.

Società di fatto e società occulte

In molti possono pensare che siano la stessa cosa. In realtà non è esattamente così. Il vincolo sociale occulto è quello che si instaura tra diversi soci che esprimono la volontà di costituirne uno. Una volontà che si manifesta all’esterno e che rimane occultato ai terzi. Tutti i rapporti instaurati da una società occulta sono posti in essere per conto della società stessa, ma non in suo nome. In una società occulta può effettivamente esserci latto costitutivo. Documento invece mancante nelle società di fatto. Atto che i soci possono deliberatamente aver scelto di mantenere segreto a terzi.

Società di fatto e società apparente

Anche in questo caso si parla di due diverse forme societarie, che non devono essere confuse tra loro. In pratica le società apparenti si creano quando i terzi, in seguito a comportamenti di due o più soci, credano di trovarsi di fronte a un’impresa collettiva. Questo però avviene tutto in assenza di un atto costitutivo e, soprattutto, in mancanza di una vera e propria volontà da parte degli apparenti soci in questione. Le società apparenti sono comunque soggette a fallimento.

In conclusione, le società di fatto sono il risultato di fatti e comportamenti da parte dei soci, che non formalizzano l’accordo con un atto costitutivo. Non sono iscritte al Registro delle imprese, ma sono comunque soggette alle procedure giudiziarie fallimentari.

Società benefit: un nuovo modo di fare business

Le società benefit cambieranno il mondo del business. Nel mondo delle società e del lavoro, con il tempo, sono stati distinti tre diversi settori: pubblico, privato e volontariato. Da gennaio di quest’anno però, è in corso una sorta di rivoluzione che ha portato all’aggiunta di un ultimo quarto settore: quello che racchiude appunto le società benefit. Si tratta di un modello alternativo alle Srl e alle Spa, una nuova forma giuridica modellata sul sistema delle B Corp.

Per meglio capire di cosa si tratta, si può dire che le società benefit sono una via di mezzo tra aziende vere e proprie che mirano alla fatturazione elettronica e a incrementare i propri incassi e delle fondazioni che ambiscono ad alti e più nobili obiettivi. Con la Legge di Bilancio l’Italia ha riconosciuto questa nuova forma giuridica che è disegnata sul modello Benefit Corporation americano (lo stesso utilizzato, ad esempio da grandi impresie quali Kickstarter, Etsy e Hootsuite). Questo nuovo modello è nato dall’esigenza di molti imprenditori di voler rimanere fedele alla propria mission e alla propria filosofia, indipendentemente  dalle pure esigenze finanziarie degli azionisti.

Società benefit: tutto nero su bianco

Quello che fa di una società benefit, una VERA società benefit è il contenuto del suo Statuto. In pratica, con questa nuova forma giuridica, le imprese che vogliono definirsi tali, devono obbligatoriamente inserire nel proprio statuto l’oggetto sociale/ambientale che intendono perseguire. La “ragione d’essere dell’impresa” deve quindi essere messa nero su bianco e blindata in termini di legge.

Una dichiarazione scritta che prevede un impegno a lungo termine. Questo perché, quando l’obiettivo sociale è inserito nello Statuto, obbliga anche tutti i futuri azionisti e manager, a doverlo rispettare. E questo vale sia come impatto sulla società, sull’ambiente e, di conseguenza, sugli obiettivi economici perseguiti. Lo società benefit mantengono comunque l’obbligo, assunto anche dalle normali B Corp, di dover misurare e riportare le proprie performance in base al protocollo B Impact Assessment.

Società contributive e Impatto positivo

Il mantra delle società benefit è impatto sociale, ambientale e infine profitti. Tre obiettivi che vogliono e devono essere perseguiti nel lungo termine e che trasformano le aziende, in società dall’impatto positivo sulle persone e sul mondo. Si tratta di un modo molto alternativo di fatturare e fare business. Un sistema che non si basa più solo sull’ottenere il più alto profitto possibile, ma che guarda e rispetta anche le persone che ne fanno parte, oltre che l’intero ambiente circostante.

Società benefit

B Corp e società benefit non si escludono a vicenda e non sono nemmeno la stessa identica cosa. In pratica, anche se le B corp hanno dichiarato i propri intenti benefici, questi sono perseguiti e misurabili solo in termini di impatto a distanza di un preciso lasso di tempo. Nelle società benefit invece, l’intento deve essere messo nero su bianco nello Statuto.

L’Italia, da questo punto di vista, è pioniera in Europa. È infatti è il primo paese dell’UE a essersi dotato di una normativa specifica sulla materia. Normativa la cui stesura e ideazione è iniziata addirittura nel 2016 e che solo grazie all’ultima Legge di Bilancio, è finalmente diventata ufficiale e definitiva. Questa legge ha riconosciuto finalmente il modello di società benefit che intendono perseguire e perpetuare i propri scopi nel lungo termine.

Cosa sono le B Corp

Non sono società benefit, ma possono diventarlo. Al momento per essere certificate come B Corp occorre:

  • una valutazione online sul sito della Onlus B Lab attraverso la compilazione di un complesso questionario che serve a stabilire l’impatto aziendale dal punto di vista sociale e ambientale
  • raggiungere un punteggio di almeno 80 punti con il questionario, su una scala che va da 0 a 200 (0=società completamente estrattiva, 200=massima sostenibilità ed etica aziendale)
  • sottoporsi alla verifica da parte di un ente terzo, autonomo e indipendente, che certifica e conferma quanto dichiarato nel questionario.

Non è un questionario facile, né da compilare, né da superare. In Italia hanno provato oltre 70.000 aziende e di queste solamente 2800 hanno ottenuto la certificazione B Corp. Si tratta quindi di un processo lungo e molto difficile, ma che porta comunque notevoli vantaggi, anche in termini economici. Riuscire infatti a farsi riconoscere come B Corp significa anche attrarre nuovi clienti che condividono e sostengono gli stessi valori. Di conseguenza ne beneficiano gli interessi economici.

Conviene quindi essere B Corp, o meglio ancora società benefit, perché oltre ad avere un impatto sociale e ambientale positivo, il nuovo stato giuridico fa aumentare anche il numero di fatture elettroniche emesse ogni anno!

Sollecito di pagamento: quando come e perché inviarlo

Qualche volta capita che liberi professionisti e imprese si trovino a dover fare i conti con alcuni clienti che tardano a effettuare i pagamenti dovuti. Si rendono spesso irreperibili a telefono e non rispondono alle mail. In questi casi diventa necessario ricorrere a precise misure di recupero credito e lo strumento da utilizzare è proprio il sollecito di pagamento. Si tratta di un documento ufficiale che, se redatto in maniera opportuna, può addirittura avere valore legale.

Fattura elettronica: le caratteristiche fondamentali

Per capire quando è il momento opportuno per inviare una lettera di sollecito di pagamento, è necessario partire dalla fattura. È questo infatti il documento ufficiale dal quale è possibile ricavare tutti i dati necessari per capire importi dovuti ed eventuali scadenze di pagamento concordate.

I dati obbligatori affinché la fattura sia ritenuta valida sono:

  • dati relativi a debitore e creditore – ragione sociale, partita IVA, residenza o domicilio
  • descrizione dell’operazione effettuata o del bene/servizio ceduto
  • importo richiesto
  • termini di pagamento
  • modalità di pagamento

Se il soggetto che acquista non è il consumatore finale, la legge allora prevede che il pagamento possa avvenire nei termini di 30 giorni (in alcuni casi 60), da quando la fattura elettronica è consegnata, dal termine della prestazione o dalla consegna del bene. Alla scadenza di questi termini, il fornitore ha diritto a sollecitare le fatture insolute.

Fatture elettroniche scadute: fatture aperte e non pagate

Nel caso di fatture elettroniche aperte e non ancora pagate, il fornitore può ricorrere all’invio di una lettera di sollecito di pagamento. Nel documento il soggetto invita il debitore ad assolvere a quanto concordato in fattura, rispettando i termini previsti e le modalità di saldo. Quando il mancato pagamento è legato a una involontaria dimenticanza, o una momentanea impossibilità, è possibile risolvere la questione in modo amichevole e informale. Non è quindi necessario ricorrere al sollecito di pagamento. In caso contrario invece, la lettera di sollecito è sicuramente lo strumento migliore per agire.

Sollecito di pagamento: primo avviso

Quando una fattura elettronica risulta aperta e non pagata e i termini previsti per il saldo sono scaduti, il fornitore può inviare un primo avviso al debitore. La prima lettera di sollecito in realtà è un promemoria abbastanza amichevole con il quale sono puntualizzati e ricordati al debitore le somme dovute e i termini, già decorsi, per effettuare il pagamento. Su questo documento sono inseriti i dati principali come il numero della fattura di riferimento, gli importi dovuti e le modalità di pagamento. Se la fattura sollecitata prevede un importo superiore ai 77,47€ allora deve anche essere applicata una marca da bollo di 2€.

Sollecito di pagamento

Sollecito di pagamento: secondo avviso

In questo secondo documento il creditore rafforza la propria richiesta e la propria posizione. Rammenta ancora una volta, ma con tono più deciso, la pretesa sull’importo ancora non saldato. Volendo è già possibile fare presente al debitore il ricorso alle vie legali, in caso di continuo mancato pagamento.

In questo atto devono essere contenuti tutti i dati della fattura (come per il primo sollecito di pagamento) e il riferimento (numero e data) del primo avviso già inviato. La modalità di invio è indifferente, perché hanno tutti la stessa validità. Si può quindi scegliere l’invio cartaceo per posta normale, oppure ricorrere a una semplice email, o ancora preferire il recapito di una PEC, per essere ancora più sicuri che venga consegnata.

Sollecito di pagamento: terzo e ultimo avviso

Il terzo sollecito di pagamento è anche l’ultimo. Se l’importo dovuto non è ancora stato saldato, il credito può rivolgersi a uno studio legale per chiedere di inviare un nuovo sollecito e costituisca la messa in mora del creditore.

La costituzione in mora attiva particolari e precisi effetti in favore del creditore:

  1. inizia la decorrenza degli interessi moratori, nella misura degli interessi legali, salvo comunque diversi accordi
  2. interrompe il termine di prescrizione
  3. inizia l’obbligo per il debitore di risarcire eventuali danni causati dal mancato pagamento
  4. la perpetuatio obligationis, ossia il passaggio in capo al debitore del rischio che la prestazione divenga impossibile

L’ultima lettera di sollecito pagamento deve obbligatoriamente contenere le somme dovute e deve anche apporre la marca da bollo di 2€ da annullare con inchiostro indelebile. Ultimo sollecito e richiesta di costituzione in mora sono da inviare a mezzo raccomandata A/R, oppure PEC, direttamente allo studio legale incaricato.

Fare impresa: cosa significa aprire partita IVA nel 2021

Fare impresa nel 2021 vuol dire avere sicuramente grande coraggio visto il periodo delicato che sta attraversando l’economia, ma vuol dire anche gettarsi in un mercato che sta subendo una grande trasformazione a livello digitale. Fatturazione elettronica e scontrino elettronico sono solo 2 dei pilastri di un’impresa completamente nuova che sta cercando di trovare la sua dimensione. Ma cerchiamo di comprendere quali sono i passi per fare impresa nel 2021 e soprattutto quanto costa farlo.

Fare impresa: quando si apre una partita IVA

Fare impresa non vuol dire altro se non fare il grande passo ed entrare nel mondo della partita IVA, la cui apertura è indispensabile per tutti coloro che superano i 5.000 euro annui di reddito svolgendo un’attività da libero professionista o da imprenditore. Quando si parla di Partita IVA ci si riferisce a un codice numerico di 11 cifre che rilascia l’Agenzia delle Entrate e che identifica una certa impresa sul mercato o appunto un libero professionista. Niente di complicato vero? Se non fosse per tutta una serie di obblighi a cui si deve far fronte dal momento in cui si apre partita IVA.

Come si apre Partita IVA

 

La prima cosa che ti occorre per poter ottenere il tuo numero di Partita IVA è un indirizzo di posta elettronica certificata (la classica PEC per intenderci) che verrà utilizzata per ricevere e inviare tutte le comunicazioni ufficiali. Il proprio numero di partita IVA verrà poi richiesto all’Agenzia delle Entrate o affidandosi a un professionista in grado di svolgere tutte le pratiche al nostro posto oppure in completa autonomia compilando un apposito modulo di richiesta in cui dovrà essere inserito il codice ATECO della propria attività.

Un percorso piuttosto semplice questo, riservato però ai liberi professionisti. Per gli imprenditori invece si procederà all’iscrizione tramite la Camera di Commercio, la comunicazione di inizio attività al Comune in cui quest’ultima ha sede legale (SCIA) e contestualmente avverrà anche l’iscrizione alla gestione INPS per Commercianti e artigiani. Se tutto ciò in precedenza avveniva con la consegna manuale di alcuni moduli, a oggi il tutto avviene per via telematica, accedendo al sito della Camera di Commercio e del Comune, nella sezione Impresa in un giorno.

Se tale procedimento viene portato a termine in maniera autonoma, l’apertura della partita IVA non prevede alcun costo, se ci si affida a un professionista, allora se ne pagherà la parcella.

Fare impresa: a cosa serve la partita IVA

Quindi per poter dire che si sta facendo impresa occorre aprire la partita IVA, ma a cosa serve questo codice numerico? La partita IVA permette:

  • di verificare che il soggetto abbia i requisiti richiesti per l’esercizio della professione. Questo succede soprattutto in tutte quelle professioni in cui è richiesto l’iscrizione all’Albo;
  • permette di assolvere l’obbligo di iscrizione alla posizione previdenziale INPS per il pagamento dei contributi dovuti e all’INAIL per eventuali infortuni sul lavoro;
  • determina la forma giuridica dell’attività e il relativo regime fiscale.

Per dirla in poche parole la partita IVA è quell’elemento che permette all’azienda o al libero professionista di effettuare compravendite di beni e servizi ed emissione di fattura o scontrino fiscale.

Fare impresa

Regime forfettario vs regime ordinario

Come anticipato poco fa l’apertura della Partita IVA permette di determinare anche il tipe di regime a cui si aderisce. In genere la scelta avviene tra il regime forfettario e quello ordinario. A livello generico è possibile affermare che al di sotto dei 85.000 euro annui di ricavo è possibile aderire al regime forfettario a meno che non ci siano anche altri requisiti minimi non soddisfatti.

Al di sopra dei 85.000 euro di ricavi occorre procedere ad adesione al regime ordinario. Questo prevede l’aliquota fissa al 22% sul reddito imponibile. L’aliquota può variare a seconda dell’attività svolta fino a un minimo del 4% applicato alle attività che producono beni di prima necessità.

Con il regime forfettario invece si gode di non poche agevolazioni. Tra queste l’aliquota unica del 15% su una base imponibile calcolata in maniera forfettaria. Il calcolo è stabilito anche in base al proprio codice ATECO. Inoltre per tutti coloro che avviano una nuova attività per i primi 5 anni, l’imposta dovuta si riduce al 5%. Successivamente passa al 15%.