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Product Lifecycle Management e il valore della consulenza specializzata

Il Product Lifecycle Management si sta diffondendo sempre più come figura professionale richiesta, anche nel panorama italiano.

Secondo i dati del report 2021 dell’Osservatorio Professioni Digitali di Anitec-Assinform, negli ultimi tre anni è aumentata del 37% la domanda di profili legati alla digitalizzazione dei processi produttivi e di filiera. Tra questi rientrano anche coloro che si occupano della gestione integrata del ciclo di vita del prodotto, ovvero i Product Lifecycle Managers.

Il loro ruolo risulta oggi strategico per guidare efficacemente la transizione al digitale intrapresa dalla maggior parte delle imprese manifatturiere e della supply chain. Ciò in virtù delle competenze specialistiche necessarie per la corretta implementazione di metodologie e piattaforme di Product Lifecycle Management, al fine di ottimizzare i processi e rispondere prontamente alle esigenze del mercato.

Anche un recente studio di Unioncamere e Anpal ha evidenziato come la figura del Product Lifecycle Manager sia tra quelle più ricercate dalle aziende nell’ambito della trasformazione digitale, della manutenzione predittiva e della progettazione assistita. La sempre maggiore complessità dei sistemi produttivi richiede infatti la capacità di gestirne il ciclo di vita in modo strategico e coordinato lungo l’intera filiera, garantendo qualità, efficienza e tracciabilità grazie alle moderne soluzioni di Product Lifecycle Management.

Un segnale ulteriore arriva dal crescente numero di corsi di formazione e master dedicati a formare i Product Lifecycle Manager, a riprova di come questo ruolo sia ormai a pieno titolo richiesto e riconosciuto anche nel tessuto industriale italiano, al pari di altre discipline digitali quali la fatturazione elettronica.

Product Lifecycle Management: concetto di PLM e la sua importanza fondamentale

Il Product Lifecycle Management rappresenta un concetto e una metodologia di fondamentale importanza per la crescita e l’ottimizzazione dei processi aziendali. Le organizzazioni moderne sono chiamate a gestire il ciclo di vita del prodotto in maniera strategica e integrata, al fine di rispondere in modo efficace ed efficiente alle pressanti sfide del mercato globale in continua evoluzione.

Il Product Lifecycle Management consente di digitalizzare e guidare in modo coordinato tutte le fasi di sviluppo del prodotto, dalla concezione iniziale al fine vita, attraverso l’utilizzo di piattaforme software dedicate. I team multidisciplinari coinvolti possono così collaborare e condividere dati e informazioni in tempo reale, qualunque sia la loro collocazione geografica. L’approccio integrato offerto permette di monitorare e tracciare il ciclo di vita del prodotto in una prospettiva strategica end-to-end, capitalizzando ogni attività e operazione.

Grazie alla modellazione e rappresentazione digitale del prodotto, il Product Lifecycle Management abilita processi decisionali sempre più efficaci, accelerando al contempo lo sviluppo e le attività di engineering. I costi diminuiscono, mentre i tempi di commercializzazione si riducono. La gestione risulta più funzionale, operativa e sostenibile, valorizzando al massimo investimenti aziendali. Il prodotto finale ne trae beneficio in termini di qualità, conformità e capacità di soddisfare al meglio le richieste del cliente.

L’obiettivo ultimo è sempre quello di potenziare l’innovazione e l’evoluzione dei processi aziendali tramite l’implementazione delle più moderne soluzioni di Product Lifecycle Management, al fine di rendere l’impresa maggiormente competitiva sul mercato.

Product Lifecycle Management

Lifecycle management: Il ruolo della consulenza nell’implementazione del PLM

Il ruolo della consulenza è determinante per una corretta implementazione delle metodologie di Product Lifecycle Management all’interno delle aziende.

La transizione verso un modello integrato di gestione del ciclo di vita del prodotto si configura come una sfida articolata che richiede una pianificazione attenta. È necessario definire nel dettaglio obiettivi, impatti organizzativi e requisiti tecnologici dell’intervento.

Diventa quindi indispensabile il supporto di realtà specialistiche in grado di affiancare le imprese lungo tutte le fasi del progetto: dall’analisi dell’attuale sistema di lavoro sino all’effettiva introduzione delle nuove soluzioni. Un ruolo chiave è svolto dalla consulenza nella fase iniziale, quando è essenziale comprendere appieno le peculiarità e le potenzialità del modello di Product Lifecycle Management. Solo un’approfondita analisi organizzativa consente infatti di tradurre correttamente gli obiettivi generali in requisiti funzionali specifici.

Parimenti cruciale è il supporto fornito nell’integrazione dei sistemi, per garantire l’interoperabilità delle nuove soluzioni con l’infrastruttura IT esistente. Altrettanto importante è il ruolo nella formazione del personale e nell’assistenza post-implementazione, utili ad accompagnare progressivamente l’azienda nello sfruttamento di tutte le funzionalità del nuovo modello.

Grazie a un approccio consulenziale globale e di lungo periodo è possibile ottimizzare i benefici derivanti dall’introduzione delle moderne metodologie di Product Lifecycle Management e supportare efficacemente i processi di digitalizzazione aziendale.

Budgeting: un concetto fondamentale per ogni impresa

Il budgeting riveste un ruolo strategico anche per le aziende tenute all’emissione di fatture elettroniche. Grazie a tale tecnica di pianificazione e controllo, è possibile programmare con accuratezza i flussi finanziari connessi alla gestione della fatturazione.

La corretta comprensione delle diverse fasi operative del budgeting risulta fondamentale per sviluppare previsioni affidabili in merito ai ricavi attesi, ai costi da sostenere per l’emissione e la trasmissione delle fatture elettroniche, nonché per la gestione dei relativi flussi di cassa in entrata.

Infatti, effettuare stime ragionevoli dei tempi e degli importi delle fatture da emettere, considerando anche eventuali ritardi nei pagamenti, risulta decisivo al fine di programmare con precisione le scadenze finanziarie aziendali.

Essendo il budgeting strutturato in varie fasi quali la raccolta dei dati, l’elaborazione delle stime e il monitoraggio periodico dei risultati, esso permette di ricavare previsioni affidabili sull’andamento della fatturazione attiva e passiva, nonché sui relativi impatti in termini di workload, costi e tempistiche di incasso. Il possesso di competenze specifiche in budgeting risulta quindi essenziale per le aziende, al fine di organizzare e gestire con efficacia i processi connessi all’emissione e alla gestione del ciclo attivo e passivo delle fatture elettroniche.

 

Budgeting significato e importanza per le aziende

Il budgeting riveste un ruolo di fondamentale importanza per una corretta gestione aziendale e per il successo del fare impresa. Attraverso tale pratica, le aziende sono in grado di pianificare nel medio-lungo periodo i propri flussi finanziari, allocando nel modo più efficiente le risorse a disposizione.

Come riportato nel testo, l’accesso al credito bancario costituisce una risorsa preziosa per aziende di grandi e piccole dimensioni, in quanto permette di scongiurare potenziali crisi di liquidità. Tuttavia, per richiedere un finanziamento in banca è necessario dimostrare di possedere un’ottica proiettata al futuro, elaborando differenti scenari possibili sulle capacità dell’impresa di generare reddito e flussi di cassa. A tal fine, risulta fondamentale saper prevedere l’evoluzione aziendale nel medio-lungo periodo e dimostrare la propria capacità di ripagare i debiti contratti.

Il budgeting consente proprio di cogliere tali obiettivi. Attraverso la proiezione di ricavi, costi, investimenti e relativi fabbisogni finanziari, le imprese sono in grado di determinare con largo anticipo l’eventuale necessità di ricorrere a fondi esterni. Ciò permette di elaborare proposte coerenti per il sistema bancario, aumentando la probabilità di ottenere condizioni favorevoli. Risulta particolarmente importante per aziende a rischio di carenza di liquidità nella gestione ordinaria. Grazie al budget preventivo di cassa è possibile prendere decisioni consapevoli su come impiegare le risorse o richiedere tempestivamente finanziamenti.

Il budgeting costituisce quindi uno strumento indispensabile per il fare impresa in contesti sempre più complessi e dinamici, consentendo flessibilità nel processo decisionale. Permette infatti di allocare in modo ottimale le risorse aziendali e compiere scelte consapevoli circa una loro eventuale redistribuzione. Risulta tuttavia necessario disporre di adeguati sistemi informativi, da cui trarre le informazioni contabili e strategiche alla base della costruzione del budget. Grazie ai recenti sviluppi dell’intelligenza artificiale, la pianificazione e analisi finanziaria consente oggi di ricavare previsioni ancora più accurate, affinate dall’interpretazione sistematica della grande mole di dati prodotta dalle imprese. Questi strumenti risultano essere la chiave del futuro del fare impresa in termini di sviluppo e rafforzamento della propria presenza nel mercato di riferimento.

Budgeting

Budgeting: presupposti, fasi operative e utilizzo della tecnologia

Il budgeting è una tecnica di pianificazione e controllo fondamentale per le imprese, in quanto consente di programmare le attività future sulla base di ipotesi ragionevoli.

La corretta elaborazione di scenari economico-finanziari sul medio-lungo periodo risulta essere un presupposto indispensabile per accedere al credito bancario, mitigando così i rischi di crisi di liquidità. Le linee guida dell’EBA sottolineano proprio l’importanza per le aziende di avere un’ottica proiettata sul futuro.

Il budgeting si sviluppa attraverso diverse fasi. In primis, è necessario che i professionisti incaricati dispongano di adeguate informazioni contabili e strategiche, da raccogliere attraverso un flusso strutturato di dati lungo la gerarchia aziendale. Un punto di partenza è costituito dall’analisi dei ricavi, cui segue l’interpretazione dettagliata delle voci contabili che descrivono la vita aziendale.

Una volta raccolte le informazioni, si procede con l’elaborazione di previsioni economiche, patrimoniali e finanziarie riguardanti i ricavi, i costi, gli investimenti e i relativi fabbisogni di capitale. Questo consente di determinare con anticipo l’eventuale necessità di ricorrere al credito esterno, formulando proposte coerenti per diminuire il rischio d’impresa.

Il monitoraggio sistematico del budget e l’identificazione tempestiva di scostamenti rispetto agli obiettivi sono essenziali al fine di garantire flessibilità e reattività del processo. A tal fine, risulta fondamentale dotarsi di idonei strumenti informatici, come software gestionali che agevolino l’interpretazione e l’organizzazione dei dati aziendali in ottica preventiva.

 

Innovazioni come l’intelligenza artificiale stanno ulteriormente potenziando le capacità di budgeting, attraverso l’uso di sistemi di pianificazione e analisi finanziaria in grado di fornire previsioni sempre più accurate, valutando anche diversi scenari di rischio d’impresa e supportando così le decisioni direzionali finalizzate allo sviluppo aziendale.

Novità AdE: fattura estero, versione 1.9

La digitalizzazione dei processi amministrativi continua a essere un punto focale per le autorità fiscali e per le imprese che cercano di adattarsi alle nuove normative. Infatti dopo le nuova versione 1.8 della fatturazione elettronica, che trovate spiegata nell’articolo Fatturazione elettronica 2024, l’Agenzia delle Entrate in solo un mese ha già rilasciato la versione 1.9

Nella Guida in versione 1.9 sulla compilazione della fatturazione elettronica rilasciata il 13 marzo e dell’esterometro il 5 marzo, l’Agenzia delle Entrate ha introdotto una serie di novità che impattano direttamente su come le aziende gestiscono le loro pratiche di fatturazione.

Fattura estero: le principali novità della versione 1.9

Uno degli aspetti chiave evidenziati nella guida è l’indicazione della modalità di rettifica delle comunicazioni trasmesse attraverso il Sistema di Interscambio (SdI) per le diverse tipologie di documento. I tipi di documento interessati includono TD16, TD17, TD18, TD19, TD20, TD21, TD22, TD23, TD26 e TD28.

Tali indicazioni vanno a descrivere come gestire il caso di una autofattura emessa con errori oppure il caso in cui riceviamo una nota di credito da un fornitore estero e dobbiamo quindi stornare parzialmente o totalmente una autofattura e, più in generale, come ci dobbiamo comportare quando è richiesta l’emissione di una nota di credito.

Cosa comportano le novità?

Registrazione di una nota di credito estera

Nel caso in cui dovessimo ricevere da un fornitore estero una nota di credito per la quale abbiamo emesso regolare autofattura, viene richiesta l’emissione di una nuova autofattura della medesima tipologia ma con importi negativi, parliamo delle autofatture con i codici da TD16 a TD19, per cui non può essere utilizzata la classica nota di credito di tipologia TD04.

Registrazione di una rettifica

La stessa identica modalità deve essere utilizzata anche quando dobbiamo rettificare in diminuzione un documento di tipo TD20, TD21, TD22, TD23, TD26 e TD28. Anche in questo caso non può essere utilizzata una normale TD04, ma la stessa tipologia di documento che dobbiamo rettificare ma con segno meno

Campi aggiuntivi richiesti per le rettifiche

In tali casistiche, esattamente come deve essere fatto anche per le normali note di credito (TD04), nel documento emesso per rettificare un precedente documento, dovrà indicare nel campo 2.1.6 <DatiFattureCollegate> gli estremi del documento da rettificare, quando disponibile.

Interazione con il Sistema di Interscambio (SDI)

Le nuove normative specificano quali documenti sono ammessi per trasmettere le rettifiche tramite SDI evidenziate prima e sono: TD16, TD17, TD18, TD19 (per le fatture estere), TD20, TD21, TD22, TD23, TD26, TD28 (per le restanti tipologie). Questi, quando utilizzati per le correzioni, vengono considerati ai fini IVA come note di variazione, semplificando in questo modo la procedura di rettifica.

Le novità per le imprese agricole

La guida, inoltre, fornisce indicazioni specifiche per la compilazione della sezione “AltriDatiGestionali” da parte delle imprese agricole in regime speciale. Questo è un chiaro segnale dell’impegno dell’Agenzia delle Entrate nel garantire che le disposizioni normative siano adattate alle esigenze specifiche di settori particolari, come quello agricolo.

Campi aggiuntivi richiesti per le imprese agricole

Nella sezione “AltriDatiGestionali” della fattura il soggetto IVA ha la possibilità di inserire dettagli specifici sull’operazione commerciale.

Seguendo le istruzioni dettagliate fornite nella guida aggiornata, compilare questa sezione con accuratezza permette di rendere più precise le bozze preliminari della liquidazione dell’IVA e delle dichiarazioni IVA, contribuendo a un processo più fluido e senza errori nella gestione fiscale.

Al fine di agevolare la liquidazione dell’IVA, il produttore agricolo può indicare nella fattura

elettronica i dati utili per identificare e soprattutto distinguere le suddette operazioni attive non rientranti nel regime speciale:

  • Nel caso di cessioni prodotti agricoli diversi da quelli compresi nella Tabella A, parte prima, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, il cedente potrà valorizzare il blocco <AltriDatiGestionali> nel modo seguente: campo 2.2.1.16.1 <TipoDato> con la stringa “NO-COMP”.
  • Nel caso, invece, la fattura emessa sia riferita a operazioni occasionali rientranti nel regime di cui all’articolo 34-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, il C/P potrà valorizzare il blocco <AltriDatiGestionali> nel modo seguente: campo 2.2.1.16.1 <TipoDato> con la stringa “OCC34BIS”.

È fondamentale sottolineare l’importanza di seguire attentamente i suggerimenti forniti nella guida per la compilazione dei diversi tipi di documento. Ciò non solo assicura la conformità alle normative fiscali vigenti, ma contribuisce anche all’ottimizzazione dei processi di fatturazione, riducendo al minimo il rischio di errori e ritardi.

Lo scarico massivo di documenti

Un’altra importante aggiunta riguarda le istruzioni e le specifiche tecniche per i servizi massivi di trasmissione e scarico dei file. Infatti ora è possibile richiedere lo scarico massivo di fatture e corrispettivi per più partite IVA con una sola richiesta, dei registri IVA non protocollati mensilmente e delle bozze dei prospetti riepilogativi IVA mensili o trimestrali. Questi aggiornamenti riflettono l’impegno continuo nel migliorare l’efficienza e l’accessibilità dei servizi di fatturazione elettronica come FatturaPRO.click, che potranno così fornire servizi sempre più automatizzati.

Come può aiutarti FatturaPRO.click

Come stiamo già facendo per le normali note di credito (la famosa TD04) quando clicchi sul pulsante “Emetti Nota di Credito“, dove numeriamo automaticamente il documento e compiliamo sia la causale, sia la sezione “Documenti Correlati“ con i dati relativi alla fattura che stai annullando o rettificando, così stiamo facendo anche per l’emissione delle autofatture relative alle note di credito dei fornitori esteri e per l’emissione dei documenti di rettifica.

In questo modo, oltre a risparmiare tempo nella compilazione di quanto richiesto dall’attuale normativa, sarai certo di non aver omesso nulla.

Come verificare la partita IVA?

La Partita IVA è un codice fiscale univoco attribuito ai soggetti che svolgono un’attività commerciale o imprenditoriale. Questo identificativo è fondamentale per le transazioni commerciali e le relazioni fiscali sia a livello nazionale che internazionale. In questo articolo, esploreremo approfonditamente cos’è e come verificare la Partita IVA.

Cos’è la Partita IVA?

La Partita IVA è un codice identificativo fiscale composto da 11 cifre numeriche in Italia. Questo codice permette alle autorità fiscali e commerciali di identificare in modo univoco le imprese e gli individui che svolgono attività imprenditoriali. Oltre a essere necessaria per l’emissione di fatture e la gestione contabile, la Partita IVA è un requisito fondamentale per l’iscrizione al Registro delle Imprese e per l’esercizio di attività commerciali.

Verificare la Partita IVA Nazionale

La verifica della Partita IVA nazionale richiede un approccio sistematico. In primo luogo, si calcola il cosiddetto “carattere di controllo” della Partita IVA, utilizzando una procedura che coinvolge la somma delle cifre e la verifica del risultato ottenuto. Questo processo aiuta a garantire l’integrità e la correttezza della Partita IVA fornita.

Calcolo del carattere di controllo

La Partita IVA è composta da quattro parti distinte:

  • Identificativo della Nazione: una sigla che indica il paese di appartenenza, come “IT” per l’Italia;
  • Numero di Matricola: le prime sette cifre, assegnate dall’ufficio provinciale competente e incrementali;
  • Codice dell’Ufficio Provinciale: le cifre dall’ottava alla decima, corrispondenti al codice ISTAT della provincia di appartenenza;
  • Carattere di Controllo: l’ultima cifra, utilizzata per verificare la correttezza delle prime dieci cifre.

La procedura di verifica della Partita IVA prevede i seguenti passaggi:

  • Somma delle Cifre Dispari: Si sommano le prime 5 cifre in posizione dispari e il carattere di controllo per ottenere il valore di A;
  • Somma dei Doppi delle Cifre Pari: Si calcola la somma dei doppi delle cifre in posizione pari. Se una cifra supera 9, si sottrae 9. Il risultato costituisce il valore di B.
  • Somma di A e B: Si sommano i valori di A e B.
  • Calcolo del Modulo 10: Si calcola il modulo 10 del risultato della somma dei valori A e B. Se il modulo è 0, la Partita IVA è considerata valida.

Come verificare la partita IVA - Partita IVA Intracomunitaria

Ricerca della Partita IVA Comunitaria

Le imprese che operano a livello comunitario devono possedere una Partita IVA comunitaria per effettuare transazioni intra-UE. La ricerca e la verifica della Partita IVA comunitaria possono essere effettuate tramite il sistema VIES (Vat Information Exchange System), gestito dall’Agenzia delle Entrate. Questo strumento consente di verificare la validità delle Partite IVA dei soggetti comunitari autorizzati.

Inoltre se si consce la ragione sociale o la denominazione dell’impresa (valido solo se italiana) è possibile trovare la partita IVA presente nel Registro delle Imprese nel sito della Camera di Commercio, in questo è possibile controllare se la partita IVA fornita corrisponde con quella registrata

Verificare la Partita IVA Extracomunitarie

Le imprese che intrattengono rapporti commerciali con paesi al di fuori dell’Unione Europea devono verificare la validità delle Partite IVA extracomunitarie. Questo processo può essere più complesso e richiedere l’utilizzo di strumenti specifici per verificare la conformità alle normative fiscali del paese di appartenenza. Uno strumento che è possibile utilizzare è il “Vat Search”, il quale fornisce dati sulle partite IVA di 29 Paesi al mondo.

Controllo della Partita IVA con FatturaPRO.click

FatturaPRO.click ti offre la possibilità di verificare la validità della Partita IVA durante l’emissione delle fatture, sia per le transazioni tra aziende (B2B) che per le fatture emesse alle Pubbliche Amministrazioni (B2G).

Per le fatture B2G, ovvero quelle destinate alle Pubbliche Amministrazioni, FatturaPRO.click ti consente di consultare direttamente l’elenco delle pubbliche amministrazioni. Questo permette di compilare automaticamente i dati certificati, rendendo il processo di compilazione più rapido ed efficiente.

Nel caso delle fatture B2B, il sistema di FatturaPRO.click eseguirà automaticamente la verifica della validità della fattura. Non sarà necessario effettuare calcoli o procedure complesse per inviare la fattura. Il sistema si occuperà di controllare la validità della Partita IVA e dei dati inseriti nella fattura, garantendo un processo di emissione più sicuro e affidabile.

In sostanza l’emissione delle fatture diventa più agevole e veloce, garantendo nel contempo la conformità alle normative fiscali e la correttezza dei dati inseriti. In altre parole una contabilità veramente sostenibile.

Vendita cannabis light online: come funziona la fatturazione e la disciplina fiscale

La vendita cannabis light online si sta imponendo come uno dei business più interessanti del commercio elettronico in questi anni. Diversi studi di settore confermano infatti la crescita esponenziale di questo mercato.

Stando a una ricerca condotta nel 2021 da Cross-Border Growth Capital, il giro d’affari legato alla vendita online di cannabis light in Europa ha raggiunto un volume di 880 milioni di euro nel corso del 2020. Un aumento del 220% rispetto all’anno precedente. Anche in Italia si registrano trend analoghi: secondo i dati forniti dall’Osservatorio sul mercato della canapa industriale di Luiss Business School, nel nostro Paese il mercato della Vendita cannabis light online valeva circa 50 milioni di euro nel 2019, con prospettive di raddoppio entro il 2024.

Tali cifre dimostrano come questo settore, legale e regolamentato, stia diventando una vera e propria industria in forte crescita. Proprio per tale motivo, risulta fondamentale per chi intende avviare un’attività in tale ambito conoscere a fondo la normativa fiscale applicabile. Solo un corretto inquadramento contabile e tributario può infatti consentire di massimizzare i profitti e gestire al meglio la propria impresa. Soprattutto nel commercio digitale, dove la concorrenza è ormai globale, risulta vitale adottare il regime fiscale migliore per posizionarsi strategicamente sul mercato.

Vendita cannabis light online: il giusto Regime IVA per la vendita online di prodotti derivati

La vendita online di cannabis light è quindi certamente un settore in evoluzione, soggetto a normative in fase di chiarimento.

Vendita cannabis light online è attualmente possibile in molti Paesi, sebbene alcuni prodotti derivati dalla canapa siano soggetti a regolamentazioni doganali e imposizione IVA. In Italia, la Legge n.242/2016 e i successivi chiarimenti ministeriali consentono la commercializzazione di infiorescenze e altri derivati della canapa sativa contenenti un tasso di THC inferiore allo 0,5%, esenti da obblighi in materia di sostanze stupefacenti.

Alla luce di un business così fiorente, sono in tanti a chiedersi quindi cosa vendere online per avere successo e se il commercio elettronico deve quindi comprendere anche la marijuana light. Una domanda cui non esiste una risposta univoca, poiché fattori come la competitività di mercato, la qualità dell’offerta e la capacità di fidelizzare i clienti sono determinanti. Nel caso specifico della cannabis light, alcuni produttori hanno ottenuto risultati commerciali lusinghieri proponendo infiorescenze, oli, resine, creme e altri articoli per uso wellness e rilassamento, grazie a una comunicazione trasparente e rispettosa delle normative.

Vendita cannabis light online

In merito alla corretta applicazione dell’IVA, va considerato che per i prodotti CANAPA SATIVA con THC inferiore allo 0,5% sussiste un regime IVA agevolato, equiparandoli a prodotti di erboristeria e benessere. L’aliquota IVA applicabile è quindi quella del 10% (art.74 DPR 633/72 e successive modifiche), in luogo di quella del 22% prevista per i prodotti di tabacchi e sigarette.

Tale orientamento è stato confermato dall’Agenzia delle Dogane che, con la circolare 14/E del 5 luglio 2019, ha chiarito la non riconducibilità dei derivati della canapa sativa L. contenenti THC inferiore allo 0,2% alla voce TARIC NC24039980Altri tabacchi lavorati” soggetti ad aliquota IVA del 22%.

Cannabis light online: obblighi fiscali e modalità di fatturazione per un e-commerce

Come abbiamo detto la vendita cannabis light online è consentita per prodotti contenenti THC inferiore allo 0,5%, ma ciò non esime dal rispetto delle normative contabili e tributarie.

Le imprese che vendono online devono prima di tutto aprire una partita IVA, in quanto l’attività svolta costituisce un’effettiva attività. Per un e-commerce di cannabis light, essendo i prodotti assimilabili a quelli di erboristeria, l’aliquota IVA applicabile è del 10%. L’Agenzia delle Entrate prevede poi l’emissione di fatture elettroniche per tutti gli operatori con volume d’affari superiore a 25.000 euro.

Un aspetto da non sottovalutare riguarda la corretta tenuta della contabilità. Per le vendite online è necessario emettere fattura immediatamente dopo il pagamento da parte del cliente, registrando correttamente incassi e ricavi. Fondamentale poi versare trimestralmente i contributi INPS come titolare di partita IVA. Questi obblighi possono sembrare gravosi, ma grazie all’automazione dei pagamenti, la gestione amministrativa di un e-commerce si rivela più semplice di quanto si possa pensare dando così vita a un vero e proprio secondo lavoro online redditizio.

Prodotti artigianali: disciplina fiscale per la vendita

L’attività di produzione e vendita di prodotti artigianali sta conoscendo in Italia una crescente diffusione, divenendo una scelta imprenditoriale intraprendente da un numero sempre più ampio di artigiani e creativi.

Secondo i dati pubblicati da Unioncamere e InfoCamere nell’ambito dell’Osservatorio dell’Artigianato, le imprese artigiane registrate in Italia sono aumentate del 3,2% tra il 2019 e il 2021, per un totale di oltre 1,3 milioni di attività. Nello specifico comparto della produzione di prodotti artigianali, la percentuale di aumento delle nuove imprese negli ultimi tre anni è risultata del 5,9%, una delle più alte in assoluto tra i settori artigiani monitorati.

Coerentemente, anche i dati Istat evidenziano come il fatturato generato dalla vendita di prodotti artigianali realizzati e commercializzati da imprese individuali e società artigiane sia cresciuto del 13% tra il 2020 e il 2021, attestandosi su un valore di oltre 6 miliardi di euro.

Questi trend positivi dimostrano come la scelta imprenditoriale della produzione e vendita di prodotti artigianali rappresenti oggi un settore dinamico e in grado di attirare un numero crescente di soggetti creativi e artigiani digitali. Si tratta infatti di attività ad alto contenuto di artigianalità e personalizzazione, permettendo flessibilità e identificazione nel proprio lavoro. Gli ultimi dati statistici certificano quindi come i prodotti artigianali costituiscano un business in forte crescita nel panorama economico italiano.

Prodotti artigianali: Regime IVA

Il regime IVA agevolato per la vendita di prodotti artigianali rappresenta uno strumento fondamentale per artigiani e piccoli produttori. Tale regime, previsto dalla normativa comunitaria e recepito nell’ordinamento italiano, consente in particolare agli operatori che realizzano e vendono prodotti artigianali di applicare un regime IVA semplificato rispetto a quello ordinario.

Nel dettaglio, ai sensi dell’art. 34 comma 1 DPR 633/72, il regime IVA agevolato presuppone che sia possibile applicare un’aliquota IVA ridotta pari al 10% anziché quella ordinaria per la vendita di prodotti artigianali realizzati direttamente dal produttore, a condizione che il volume d’affari annuo derivante da tali operazioni non superi i 25.000 euro. Gli operatori in regime agevolato sono inoltre esonerati dagli adempimenti contabili e di liquidazione periodica dell’IVA, potendo assolvere l’imposta dovuta con la mera emissione di fatture.

Per gli operatori con volumi d’affari superiori soggetti alla fatturazione elettronica, si applica invece il regime IVA ordinario che prevede l’obbligo di fatturazione, registrazione e liquidazione mensile dell’imposta. Anche in questo caso tuttavia sussiste la possibilità, in presenza di determinati requisiti, di applicare l’aliquota IVA ridotta del 10% in luogo di quella ordinaria nell’ipotesi di cessione di prodotti artigianali autoprodotti. Il ricorso al regime IVA agevolato rimane quindi uno strumento fondamentale per sostenere l’attività di realizzazione e commercializzazione di prodotti artigianali tradizionali.

Prodotti artigianali

Prodotto artigianale: Obblighi contabili per l’attività di produzione e vendita

L’attività di produzione e vendita di prodotti artigianali comporta l’osservanza di precisi obblighi contabili previsti dalla normativa civilistica e fiscale.

Innanzitutto, tutti i soggetti che esercitano un’attività di impresa artigiana, compresa la realizzazione e commercializzazione di prodotti artigianali, sono tenuti alla tenuta di una contabilità che rispetti i principi di accuratezza, completezza e tempestività dell’art. 2214 c.c. È inoltre necessario provvedere alla registrazione delle operazioni commerciali nel registro IVA per i soggetti a tale imposta.

I produttori artigianali con ricavi/compensi annui inferiori a 25.000 euro possono avvalersi del regime IVA agevolato e sono esonerati dagli adempimenti periodici e dalla fatturazione se vendono direttamente al pubblico e fatturano solo le cessioni. Tuttavia, anche in questo caso è obbligatoria la tenuta della contabilità semplificata.

Per chi vende online senza partita IVA, l’obbligo contabile viene meno solo per ricavi al di sotto dei 5.000 euro annui. Tra 5.000 e 30.000 euro annuali invece è richiesta una mera registrazione delle operazioni senza obbligo di fatturazione. Pertanto, anche in ipotesi di vendita senza partita IVA su internet, la corretta tenuta della contabilità è comunque sempre fondamentale.

Small business: definizione del modello e guida pratica

Gli small business rappresentano sempre più una componente importante nel panorama economico globale. Secondo gli ultimi dati rilasciati dall’OCSE, il numero di imprese che possono essere classificate come small business, vale a dire con un numero di dipendenti inferiori a 50 unità, è in costante crescita negli ultimi dieci anni in tutti i paesi membri. In particolare, in Italia si stima che le imprese cosiddette small business corrispondano a circa il 95% del tessuto imprenditoriale nazionale e diano lavoro a oltre il 65% degli addetti del settore privato.

Questa tendenza è confermata anche dagli Stati Uniti, paese dove tradizionalmente il modello dello small business ha da sempre rivestito un ruolo primario nella dinamica economica. Secondo gli ultimi dati pubblicati dallo U.S. Small Business Administration Office of Advocacy, nel 2021 le piccole e medie imprese con meno di 500 dipendenti rappresentavano circa il 99,9% di tutte le imprese statunitensi, e nello stesso anno impiegavano 47,1% della forza lavoro privata.

Il modello dello small business risulta inoltre determinante anche a livello di contributo al prodotto interno lordo: in Germania, ad esempio, le piccole e medie imprese contribuiscono per circa il 50% al PIL nazionale secondo quanto riportato dal KfW Bankengruppe.

In sintesi, l’analisi comparata di dati certi e ufficiali raccolti da istituzioni come l’OCSE e l’Eurostat dimostra come gli small business rappresentino ormai un fattore imprescindibile per le economie dei principali paesi sviluppati in termini di occupazione, tessuto sociale e contributo alla ricchezza nazionale.

Small business: Cos’è uno small e quali caratteristiche lo contraddistinguono

Con la locuzione small business, in italiano tradotta come “piccola impresa”, ci si riferisce a un particolare modello imprenditoriale caratterizzato da dimensioni organizzative contenute e da specifiche modalità di gestione.

La categoria degli small business include tutte quelle realtà aziendali che impiegano un numero esiguo di dipendenti, solitamente non superiore a 10 unità, e che presentano un fatturato medio-basso se parametrato a quello delle grandi imprese. Caratteristica distintiva è proprio la dimensione snella della compagine societaria, composta tipicamente dai soci fondatori o da un pool ristretto di collaboratori. Ciò consente flessibilità decisionale e rapidità di esecuzione nelle scelte manageriali.

Gli small business sono diffusi in molti settori, dal commercio ai servizi, e giocano un ruolo determinante nell’economia locale grazie alla capacità di creare nuovi posti di lavoro. Rispetto alle grandi aziende presentano alcuni svantaggi, come minori economie di scala, tuttavia sfruttano al meglio la fatturazione elettronica e le potenzialità del digitale per massimizzare efficienza ed essere competitivi anche a livello sovralocale.

Small business

Come avviare uno small business: Tutorial per avviare con successo uno small business

Avviare con successo uno small business richiede l’adozione di una metodologia strutturata. Ecco i principali step da seguire per impostare correttamente il modello di business:

  1. Analisi di mercato: ricercare le opportunità analizzando i trend di domanda e i possibili canali di vendita/erogazione del servizio. Ciò consente di validare l’idea imprenditoriale.
  2. Piano strategico e operativo: definire obiettivi, strategie commerciali e relative azioni. Necessario prevedere una scalabilità del modello per consentire la crescita progressiva del fatturato.
  3. Studio economico-finanziario: preventivare con accuratezza i costi e i ricavi, programmando le fonti di finanziamento iniziali. Importante dimostrare la sostenibilità del business plan.
  4. Scelta della forma giuridica: valutare se operare come ditta individuale o società (SRL, SRLS) considerando la normativa fiscale e contabile di riferimento.
  5. Gestione fatturazione elettronica: affrontare gli aspetti amministrativi e la corretta emissione/ricezione delle fatture digitali al fine di assolvere agli obblighi di legge.
  6. Marketing e promozione: definire le strategie di promozione e le tecniche pubblicitarie più idonee in base al target, anche attraverso l’uso dei social media.

Applicando con metodo queste linee guida è possibile intraprendere l’attività di small business in modo strutturato e avere maggiori chance di successo nel medio-lungo periodo. Un business pianificato e gestito in maniera oculata riuscirà ad affrontare meglio le inevitabili difficoltà imprenditoriali, adattandosi con flessibilità ai cambiamenti di mercato. Inoltre, grazie a una visione di lungo termine e a obiettivi chiari e misurabili sarà più facile raggiungere la sostenibilità economica ed espandere progressivamente il proprio business.

Rischio d’Impresa: tipologie e fattori determinanti

I soggetti che intendono aprire una partita IVA per esercitare in forma autonoma un’attività economica devono aver piena consapevolezza della componente di Rischio d’Impresa implicita in tale decisione. Quando si decide di fare impresa, infatti, ci si espone a rischi di natura gestionale, finanziaria e industriale connessi all’incertezza dell’iniziativa.

Principalmente i rischi riguardano la sostenibilità economica dell’attività nel tempo, l’evoluzione del contesto competitivo e normativo di riferimento, gli squilibri eventuali nella gestione amministrativa e contabile. Potrebbero altresì emergere problematiche legate al reperimento della clientela, alla volatilità dei prezzi delle materie prime e all’insorgere di concorrenti aggressivi sul mercato.

Per ridurre il grado di aleatorietà connesso all’apertura della partita IVA e alla gestione dell’impresa, risulta fondamentale un’attenta valutazione preventiva di fattibilità, conoscenza approfondita del settore e predisposizione di un business plan realistico, oltreché il ricorso a forme di tutela assicurativa. Solo così sarà possibile intraprendere con successo il percorso imprenditoriale riducendo al minimo i potenziali rischi.

Rischio di impresa: le diverse tipologie

Quando si avvia un’attività imprenditoriale è fondamentale considerare accuratamente il concetto di rischio di impresa, che può presentarsi sotto diverse forme. Rischio da mercato, rischio finanziario, rischio operativo, rischio strategico: tutte queste componenti influenzano l’andamento dell’azienda e vanno gestite adeguatamente.

Il rischio di mercato è connesso ad esempio alle fluttuazioni della domanda, all’insorgere di nuovi concorrenti, all’evoluzione delle preferenze dei consumatori. Il rischio finanziario interessa invece l’esposizione ai tassi d’interesse e la liquidità aziendale.

Ancora, il rischio operativo è legato alla possibilità di insuccessi produttivi o di interruzioni della catena di fornitura, mentre quello strategico concerne scelte manageriali che possono rivelarsi errate, come nuovi investimenti, ampliamento della gamma offerta, modifiche organizzative.

È importante che l’imprenditore sia consapevole di tutte le tipologie di rischio insite nell’attività e le tenga in considerazione nella gestione aziendale, adottando se necessarie tecniche di copertura come la diversificazione, le assicurazioni, le clausole nei contratti. Solo mitigando in modo scientifico il rischio al proprio interno è possibile massimizzare le probabilità di successo e sviluppo nel lungo termine.

Rischio d’Impresa

Rischio d’Impresa: tutti i fattori industriali, finanziari e gestionali alla sua base

Avviare un’impresa implica una sana valutazione del Rischio d’Impresa, influenzato da molteplici fattori. I rischi industriali dipendono dalle caratteristiche del settore di attività e dalla sua ciclicità. Un contesto maturo e saturato presenta maggiori insidie rispetto ad un mercato in forte espansione.

I fattori finanziari rivestono un ruolo di primaria importanza per la valutazione del rischio connesso all’avvio di un’impresa. In particolare, la disponibilità iniziale di capitale proprio è fondamentale per affrontare la fase di start-up, sostenendo i costi di avviamento e primo funzionamento in attesa che l’attività decolli.

Anche la struttura dei flussi di cassa prevista, con la tempistica di incasso delle vendite e di pagamento dei fornitori, incide significativamente: squilibri di cassa potrebbero portare a problemi di liquidità.

Rilevante risulta altresì la modalità di finanziamento prescelta, ad esempio attraverso ricorso ad investitori esterni o al sistema bancario: in tal caso, andrà valutato attentamente il grado di indebitamento risultante e la sostenibilità degli oneri finanziari.

Una buona strutturazione di questi elementi fondanti è fondamentale per ridurre l’aleatorietà dell’iniziativa imprenditoriale e assicurarne la tenuta economico-finanziaria nel medio-lungo termine. Una dotazione patrimoniale solida e l’apertura di una partita IVA costituiscono presupposti più favorevoli per superare le eventuali crisi di liquidità.

Rilevanti infine i profili gestionali: competenze ed esperienza imprenditoriale, capacità manageriale, organizzazione aziendale e qualità del business plan. Scelte strategiche errate o sottovalutazione dei rischi possono minare la solidità di una startup.

Mitigare tali componenti di rischio richiede approfondita analisi preventiva e costante monitoraggio nel tempo, adottando ove necessario tecniche di copertura per ridurre al minimo il grado di incertezza connaturato ad ogni attività d’impresa.

Attività che non esistono in Italia: le differenze tra mercato del lavoro italiano e internazionale

Negli ultimi anni, la globalizzazione dei mercati e l’evoluzione di gusti e stili di vita hanno portato all’emergere di nuove professioni e tipologie di impresa in molti Paesi, mentre alcune di esse risultano ancora inadeguatamente rappresentate nel tessuto produttivo italiano. In sostanza sono molte le attività che non esistono in Italia! Secondo dati Istat, nel nostro Paese sono ancora pochissime ad esempio le aziende di videogiochi, pur essendo l’Italia tra i principali mercati a livello globale per l’industria dell’entertainment. Solo l’1,2% del fatturato internazionale del settore proviene da studio di sviluppo italiani (Fonte: AESVI).

Anche le professioni legate alla sharing economy, che dagli Stati Uniti si stanno diffondendo in tutto il mondo, sono poco diffuse in Italia. Gli addetti al car sharing e al bike sharing coprono solo lo 0,3% degli occupati nazionali secondo l’Istat, a fronte di quote ben più elevate in Germania (1,2%), Francia (0,9%) e UK (0,7%).

Analogamente, le figure del digital marketer e del social media manager, ormai basilari in molte imprese estere, sono ancora di nicchia nel nostro tessuto produttivo. L’Osservatorio JobPricing stima che tali profili professionali siano presenti in appena lo 0,05% delle aziende italiane. Questi dati dimostrano come alcune attività emergenti a livello internazionale siano da introdurre e incentivare anche nel nostro Paese per adattare l’economia alle trasformazioni in atto.

Attività che non esistono in Italia: le professioni non presenti nel mondo del lavoro italiano

Il panorama del mercato del lavoro italiano presenta alcune peculiarità rispetto ad altri contesti internazionali, evidenziando l’assenza di determinate figure professionali. Un esempio è rappresentato dai social media manager, che in Italia stanno iniziando a diffondersi solo di recente nonostante il ruolo strategico ricoperto nella promozione del brand aziendale tramite piattaforme digitali. Altra figura ancora poco sviluppata è quella del community manager, specializzato nella gestione e moderazione di comunità online.

Ugualmente sottodimensionata rispetto ad altri paesi risulta la figura del college counselor, ovvero il responsabile del counseling universitario che orienta e supporta gli studenti nella scelta dei percorsi formativi post-diploma. Tale ruolo ricopre un’importanza primaria in sistemi dove il passaggio al livello terziario dell’istruzione è molto più articolato.

Infine, sembrano mancare prospettive di impiego e idee imprenditoriali nell’ambito dello sviluppo di applicazioni per realtà aumentata e virtuale, nonostante le potenzialità di queste tecnologie siano ormai ampiamente riconosciute. Si tratta di alcuni esempi di come la struttura del mercato del lavoro italiano presenti ancora margini di sviluppo per l’inserimento di nuove professioni emergenti a livello internazionale, capaci di generare opportunità occupazionali altamente qualificate.

Attività che non esistono in Italia:

Attività commerciali straniere assenti sul territorio nazionale

Il tessuto commerciale e imprenditoriale italiano presenta ancora alcune significative differenze rispetto ad altri contesti internazionali, evidenziando l’assenza sul territorio nazionale di catene distributive estere particolarmente diffuse a livello globale.

Uno degli esempi più eclatanti è la bassa penetrazione dei grandi discount alimentari come Aldi e Lidl, in forte espansione in Germania, Francia e Spagna ma solo di recente approdati in Italia. Altro caso sono le librerie universitarie statunitensi Barnes & Noble, leader mondiale del settore, che non hanno mai aperto sedi nel nostro Paese.

Ugualmente carente risulta la presenza di fast food come Taco Bell e Wendy’s, popolarissimi negli Stati Uniti ma sconosciuti al pubblico italiano. A differenza di quanto avviene in altre grandi economie, risultano ancora poco diffuse catene specializzate nella vendita diretta di elettrodomestici ed elettronica come la tedesca Saturn.

Le ragioni di tali mancate penetrazioni vanno ricercate in barriere normative, culturali e dimensionali del mercato. Tuttavia, il consolidamento di alcune di queste insegne potrebbe generare nuove opportunità di reddito da lavoro autonomo come franchisee e favorire una concorrenza potenzialmente vantaggiosa per i consumatori.

Distributore automatico: classificazione delle merci e modalità di rilevazione dei dati

I distributori automatici, quali dispositivi di vendita automatica di beni e servizi come bevande, snack e alimentari in genere, possono essere correttamente considerati a tutti gli effetti delle vere e proprie attività commerciali. Come tali sono soggetti agli stessi adempimenti fiscali e contabili di qualsiasi altra impresa.

Soltanto grazie a un sistema di tracciabilità puntuale dei flussi finanziari in entrata e in uscita è possibile certificare che il distributore automatico, inteso come vera e propria attività commerciale a sé stante, operi nel rispetto della normativa fiscale e contabile.

Distributore automatico: categorie merceologiche e registri contabili di riferimento

I distributori automatici costituiscono una delle tante idee imprenditoriali che possono essere sviluppate anche con un capitale di partenza limitato.

Principalmente i distributori automatici coprono due macro-categorie merceologiche: quella alimentare e quella del cosiddetto “consumer packaging“.

Nel primo caso si distribuiscono snack, bevande analcoliche, cibi confezionati come panini e tramezzini; nel secondo si trovano i classici prodotti di largo consumo come detersivi per la casa, articoli per l’igiene personale, pile, ecc.

Per la gestione contabile di questo genere di attività, i principali registri di riferimento sono:

  1. Il registro IVA, per le operazioni soggette a tassazione;
  2. Il registro dei corrispettivi, dove annotare i dati relativi agli incassi;
  3. Il libro giornale per la gestione ordinaria delle scritture.

 

È inoltre fondamentale aprire la partita IVA al momento dell’avvio dell’impresa e adempiere a tutti gli obblighi fiscali e amministrativi del caso, per condurre l’attività nel pieno rispetto delle norme.

Distributore automatico

Come registrare in contabilità i corrispettivi dei distributori automatici

La corretta registrazione dei corrispettivi per le macchine distributrici è fondamentale per tracciare i flussi finanziari dell’attività. Generalmente i distributori automatici sono muniti di contatori meccanici o elettronici che totalizzano gli incassi giornalieri. Tali importi vanno riportati quotidianamente sul registro dei corrispettivi, specificando la data e individuando le ricevute con il numero progressivo.

Mensilmente si procede poi all’addebito sul conto corrente aziendale delle somme incassate, ricavate dalla differenza tra i contatori di inizio e fine periodo. L’addebito viene registrato in contabilità come voce da imputare nella parte economica del bilancio.

Eventuali resti di cassa vanno portati in detrazione alla prima incasso del mese successivo. È inoltre buona norma conservare i dati dei contatori, le ricevute dei prelievi e le distinte contabili dell’istituto di pagamento per i controlli fiscali. Con un sistema di tracciatura puntuale di entrate e uscite, i distributori automatizzati possono rivelarsi un business redditizio se gestito con attenzione ai flussi finanziari e agli adempimenti normativi.

È consigliabile inoltre digitalizzare tutta la documentazione relativa ai corrispettivi (scontrini, ricevute dei prelievi, ecc.) per archiviare in modo ordinato e sicuro i dati negli anni. Questo permette di rendere più agevole un’eventuale richiesta di verifica da parte dell’Agenzia delle Entrate, potendo fornire prontamente tutta la documentazione in formato digitale anziché dover ricercare e organizzare carte e scontrini cartacei. La digitalizzazione del flusso documentale garantisce quindi una migliore tracciabilità delle operazioni nel tempo.

L’informazione aggiunta riguarda un suggerimento pratico sulla digitalizzazione della documentazione, aspetto fondamentale per agevolare eventuali controlli futuri e permettere un archivio ordinato negli anni di tutte le carte legate ai corrispettivi dei distributori automatici.