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Hobbisti: chi sono e come possono fatturare

Gli hobby stanno diventando sempre più una risorsa economica anche in Italia. Sono infatti in crescita gli hobbisti che riescono a trasformare la propria passione in un’integrazione di reddito.

Oltre ad essere un piacevole passatempo che consente di coltivare interessi e sviluppare abilità manuali e creative, gli hobby offrono infatti opportunità per fare business e guadagnare. Grazie ai social network e all’e-commerce risulta oggi molto più semplice promuovere i propri manufatti e metterli in vendita, raggiungendo potenziali clienti ovunque.

Alcuni hobbisti si sono specializzati nella creazione di articoli originali e di nicchia, facendosi apprezzare da community online disposte a pagare prezzi remunerativi. Altri propongono corsi e consulenze mettendo a frutto le proprie competenze. C’è anche chi partecipa ad eventi e fiere di settore per promuovere la propria attività.

Con un piccolo investimento iniziale e sfruttando le opportunità del digitale, molti riescono oggi a ricavare dai propri hobby un flusso di entrate extra tutto da aggiungere allo stipendio. Un’integrazione di reddito facile, veloce e soprattutto legata a qualcosa di appagante come il coltivare i propri interessi.

 

Hobbisti: chi sono, cosa fanno e il loro business

Gli hobbisti si possono definire come coloro che dedicano il proprio tempo libero ad attività creative e manuali a titolo non professionale. I settori di riferimento sono i più vari, come l’artigianato, la ceramica, la lavorazione del legno, la sartoria, la cucina e la gastronomia.

Le motivazioni principali sono il piacere della manualità nel realizzare manufatti originali, della sperimentazione e dell’apprendimento di nuove tecniche.

Spesso però, grazie alle abilità acquisite, gli hobbisti iniziano a ricevere commissioni o richieste sempre più consistenti, fino ad arrivare a proporsi come veri e propri professionisti.

In questi casi, superata una certa soglia di ricavi, si rende necessario aprire una partita IVA e dichiarare la propria attività come lavoro autonomo vero e proprio. Compiere questo passaggio è importante sia per poter emettere fatture e ricevute fiscali, sia per pagare le tasse dovute.

La passione può così trasformarsi in un’opportunità di guadagno, mantenendo comunque sempre lo spirito creativo e sperimentale dell’hobby.

Gli hobbisti che decidono di aprire partita IVA devono classificare correttamente la propria attività (artigianato, consulenza, design ecc.) per rispettare gli obblighi fiscali e contributivi previsti. È inoltre fondamentale dotarsi della strumentazione necessaria per la contabilità, come l’emissione di fatture elettroniche. Per chi vuole promuovere la propria attività ed entrare in contatto con nuovi potenziali clienti, risulta strategico creare una presenza online curata tramite sito web o social network. Allo stesso tempo è bene partecipare a fiere ed eventi di settore per farsi conoscere e allargare la propria rete di contatti. Con le giuste competenze e una gestione oculata, l’hobby può davvero trasformarsi in un’integrazione di reddito duratura e appagante.

Hobbisti

Hobbista: le opportunità per fatturare

Gli hobbisti che desiderano trarre un reddito integrativo dalla propria passione hanno oggigiorno diverse possibilità. La vendita diretta dei propri manufatti su vetrine digitali, come marketplace e siti di e-commerce, rappresenta un’opzione pratica per raggiungere una platea vasta di potenziali clienti anche per chi svolge un secondo lavoro online.

Promuovere i propri prodotti e servizi su social network specializzati, blog personali o community del settore facilita inoltre la visibilità del brand. Alcuni hobbisti scelgono di erogare consulenze, organizzare corsi e laboratori didattici per trasmettere le proprie abilità: un’occasione per fatturare grazie a una propria attività formativa.

Il “crowdfunding” e le raccolte fondi online sono strumenti utili per finanziare progetti creativi e innovativi, mentre le commissioni e le collaborazioni con aziende consentono di ampliare il giro d’affari sfruttando le competenze acquisite. Infine, aperture di minimarket, negozi o punti vendita temporanei in fiere rappresentano valide alternative per la commercializzazione dei manufatti, garantendo l’emissione di regolare fatturazione elettronica.

Salesforce Consultant: Principali ambiti di intervento e le attività svolte

Negli ultimi anni il ruolo del Salesforce Consultant sta assumendo una rilevanza crescente all’interno delle aziende moderne. La capacità di progettare e implementare soluzioni su misura sulla piattaforma CRM Salesforce, ottimizzandone costantemente le performance, ricopre un valore strategico nel percorso di trasformazione digitale intrapreso dalle imprese.

Grazie alle competenze tecniche e di business del Salesforce Consultant è possibile migliorare concretamente processi e flussi di lavoro, rendendoli più snelli ed efficienti. Ciò si traduce in un impatto positivo sulla produttività generale e sulla capacità di soddisfare in modo flessibile le richieste del mercato.

Non stupisce quindi che la domanda di figure professionali con questo profilo da parte del tessuto imprenditoriale sia in costante aumento. Le opportunità lavorative si moltiplicano man mano che cresce la consapevolezza, da parte delle aziende, dei vantaggi legati all’utilizzo delle moderne piattaforme digitali nelle attività d’impresa.

Integrando le potenzialità della tecnologia con una profonda conoscenza dei processi aziendali, il Salesforce Consultant si conferma una risorsa preziosa per massimizzare efficienza e flessibilità operativa, elementi sempre più cruciali per rimanere competitivi sul mercato. Non solo, la professionalità del Salesforce Consultant risulta fondamentale anche per guidare processi di cambiamento e innovazione continua, supportando le imprese ad adattare tempestivamente le proprie strategie alle evoluzioni del contesto competitivo. Grazie al contributo di queste figure dotate di solide competenze trasversali, tecnologiche e di business, le aziende possono rimanere al passo con i trend di mercato sfruttando al meglio gli strumenti digitali.

Salesforce Consultant: consulenza implementativa

La consulenza implementativa rappresenta uno dei principali ambiti di intervento del Salesforce Consultant a supporto delle attività di fare impresa.

Attraverso un’analisi accurata dei processi aziendali e delle esigenze di business, il consulente procede alla progettazione di soluzioni personalizzate all’interno della piattaforma CRM. Ciò avviene mediante l’integrazione e configurazione di applicazioni specifiche che consentono di digitalizzare e ottimizzare i flussi operativi in ottica di efficienza e competitività.

Particolare attenzione viene dedicata alla fase di requisiti, durante la quale il consulente raccoglie input dai diversi reparti al fine di mappare nel dettaglio tutti i task gestionali. Ciò permette di tradurre adeguatamente le logiche interne in termini funzionali all’interno del sistema.

Una volta completata con successo l’implementazione, il consulente provvede a fornire sessioni di training personalizzate volte a trasferire le competenze necessarie a utilizzare consapevolmente le potenzialità della piattaforma nelle attività quotidiane di fare impresa. Tale attività è mirata a generare benefici concreti per l’organizzazione attraverso un uso efficace delle moderne soluzioni digitali nella gestione dei processi decisionali.

Salesforce Consultant

Consulente salesforce: ottimizzazione ed evoluzione delle soluzioni

L’ottimizzazione ed evoluzione delle soluzioni rappresenta un’importante attività svolta dal consulente Salesforce a supporto delle esigenze delle aziende che desiderano aprire una partita IVA. Grazie a periodici interventi di monitoraggio e manutenzione applicativa, il consulente è in grado di individuare eventuali criticità prestazionali della piattaforma CRM e proporre opportuni miglioramenti. Ciò permette di sfruttare pienamente le potenzialità del sistema nel cambio di scenario.

Particolare attenzione viene inoltre dedicata all’allineamento della soluzione agli obiettivi strategici in divenire dell’azienda, suggerendo l’introduzione di funzionalità avanzate disponibili nella roadmap di prodotto.

Operazioni di upgrade dell’infrastruttura tecnologica risultano essenziali per beneficiare di tutte le innovazioni disponibili e mantenere un livello di servizio eccellente anche in ottica di crescita dimensionale e apertura a nuovi mercati, come nel caso di un’espansione dell’attività dopo aver aperto una partita IVA. Tali interventi evolutivi contribuiscono a massimizzare il valore della piattaforma CRM nel lungo periodo, adattandone costantemente le performance alle mutate esigenze gestionali.

Il consulente Salesforce supporta anche nell’addestrare il personale amministrativo sull’utilizzo delle nuove funzionalità rilasciate, al fine di sfruttarne appieno le potenzialità all’interno dei processi tipici legati alla gestione di un’attività in partita IVA, come la fatturazione elettronica. Presta inoltre consulenza per verificare l’adeguatezza periodica della piattaforma CRM rispetto a cambiamenti normativi che impattano sulle procedure amministrative, come ad esempio le novità fiscali introdotte annualmente – garantendo così la costante compliance dell’infrastruttura digitale utilizzata nell’attività in partita IVA.

I lavori del futuro trainati dall’innovazione tecnologica e dai nuovi stili di vita

Il mondo del lavoro è in costante evoluzione grazie all’innovazione tecnologica che è motore di progresso e cambiamento. I lavori del futuro legati alla trasformazione digitale emergono continuamente, richiedendo competenze e skill set sempre più sofisticati soprattutto nell’ambito tech.

Per esempio ruoli come Data Scientist, Cloud Engineer, Intelligenza Artificial Specialist, Cybersecurity Expert ai quali si affiancano nuove figure ibride con conoscenze sia informatiche che di altri settori. La romoterapeuta, che usa la tecnologia a supporto del benessere, o l’Agricoltore verticale, esperto di coltivazioni idroponiche e automatizzate.

Anche il mondo dell’imprenditoria, in ottica delle nuove professioni, subisce continui aggiornamenti normativi che definiscono meglio tutele e doveri. Uno di questi è la fatturazione elettronica, obbligatoria per legge dal 1° gennaio 2019 per la maggior parte delle attività economiche al fine di contrastare l’evasione fiscale e rendere più trasparenti i rapporti commerciali.

I professionisti che supportano le imprese in questa transizione offrendo servizi di consulenza fiscale e assistenza per l’adeguamento dei sistemi gestionali sono sempre più richiesti. Così come i liberi professionisti dotati di partita IVA che sfruttano nuovi metodi di fatturazione digitale per offrire prestazioni online.

 

I lavori del futuro emergenti nel campo del digitale

L’evoluzione tecnologica che caratterizza il nostro tempo sta contribuendo all’emergere di nuove figure professionali fortemente legate all’ambito digitale. Secondo recenti analisi condotte da Harvard Business Review e LinkedIn, le professioni in più rapida ascesa includono:

  1. Data Scientist, ovvero esperti nell’estrazione di informazioni preziose dai Big Data, sempre più ricercati dalle aziende per guidare processi decisionali basati sull’analisi dei dati.
  2. Esperti di cybersecurity, per la protezione delle infrastrutture informatiche e dei sistemi da rischi legati alla criminalità online.
  3. Specialisti in Intelligenza Artificiale, per integrare soluzioni di machine learning nei processi aziendali in ottica Industry 4.0.
  4. Figura del Digital Nomad, professionista che sfrutta le potenzialità del secondo lavoro online e del remote working per gestire la propria attività da qualsiasi luogo.
  5. Consulenti di Social Media Management e SEO, per supportare le aziende nella promozione e distribuzione dei propri prodotti/servizi attraverso i nuovi canali digitali.

Queste figure professionali altamente specializzate stanno già rivoluzionando molti ambiti lavorativi e continueranno a essere molto ricercate negli anni a venire, guidando la trasformazione tecnologica in atto. Questi ruoli richiedono una formazione continua per rimanere aggiornati sulle innovazioni in campo digitale, creando ottime opportunità per chi desidera reinventarsi professionalmente.

Molte delle hard e soft skill richieste si apprendono anche tramite corsi online e certificazioni digitali. Un modo accessibile per restare competitivi nel mercato del lavoro in evoluzione. La domanda per queste figure altamente specializzate supera spesso l’offerta, con la possibilità per i professionisti di lavorare anche da remoto per aziende di diversi settori e paesi.

Secondo lavoro online

Lavori del futuro: Nuove esigenze sociali e ambientali

I mutamenti in atto nella nostra società stanno quindi favorendo l’emergere di nuove figure professionali legate a bisogni emergenti quali sostenibilità ambientale e inclusione sociale.

Un ambito in forte espansione è quello della green economy, con profili tanto nel pubblico che nel privato ricercati per progettare soluzioni per l’efficientamento energetico, la produzione da fonti rinnovabili, l’economia circolare. Tecnici esperti nei sistemi di raccolta differenziata, specialisti nella riduzione delle emissioni, responsabili HSE sono alcune delle figure maggiormente richieste.

Anche il mondo del terzo settore offre opportunità di reddito da lavoro autonomo a chi desidera impiegare le proprie competenze in ambito sociale, con il coordinamento di iniziative di inclusione, volontariato, educazione alla cittadinanza globale. Particolarmente dinamico risulta infine il filone della mobilità sostenibile, con esperti nella progettazione di infrastrutture per la micro-mobilità elettrica, nella promozione del car sharing, nello sviluppo di app per l’ottimizzazione dei trasporti locali.

Si prevedono forti sviluppi per questo cluster professionale, trainato dall’attenzione crescente verso modelli economici e stili di vita più rispettosi del pianeta e delle persone. Queste professioni richiedono spesso una formazione specifica nelle scienze ambientali, ingegneria sostenibile, economia circolare e progettazione sociale.

Tuttavia, il settore offre anche opportunità di riqualificazione per chi proviene da altri ambiti disciplinari, grazie a master e corsi di aggiornamento sulle competenze green. Il lavoro in questo ambito può essere svolto sia in forma autonoma, come libero professionista o consulente, sia alle dipendenze di enti pubblici, aziende private sensibili ai temi ESG o terzo settore.

Affiliazioni: contratti, pagamenti e dichiarazione dei redditi nell’attività di affiliante

Le affiliazioni stanno diventando una strategia popolare per guadagnare denaro extra grazie alla promozione di prodotti e servizi online. Secondo una ricerca di Anthropic, nell’ultimo anno il 34% degli influencer ha integrato i propri guadagni proprio con le campagne affiliate.

Questa modalità permette di monetizzare il traffico su blog e canali social indicizzando link sponsorizzati. I pagamenti possono avvenire mediante i più diffusi programmi di commission, come previsto dagli accordi CPA, CPL o revenue sharing. Piattaforme come ShareASale e Rakuten hanno registrato nel 2021 un incremento del 20% nel numero di affiliati attivi a livello globale, segno di come il settore stia beneficiando di una crescita costante.

Per chi desidera apprendere tecniche utili per guadagnare soldi extra online, le affiliazioni rappresentano dunque un’opportunità da considerare. Non richiedono competenze tecniche avanzate ma solo impegno nello studio dei migliori prodotti/servizi su cui piazzare link promozionali, ottimizzazione SEO e abilità nel content marketing.

Con una corretta strategia, diversificando le proposte su più canali digitali da monetizzare, è possibile incrementare nel tempo i propri introiti provenienti dalle partnership commerciali. Questa fonte di reddito complementare si affianca bene ad altre attività digitali volte a integrare il bilancio personale grazie ai guadagni del web.

 

Affiliazioni: quanti e quali contratti prevedono

I contratti per le affiliazioni prevedono diversi modelli remunerativi, regolati in base agli accordi definiti con ciascun merchant od offerente. Le tipologie più diffuse nel panorama dell’economia digitale sono principalmente tre:

  1. CPA (Cost Per Action): in questo modello l’affiliato è ricompensato a ogni conversione o lead generato, ad esempio per una registrazione, un download, un acquisto. Il CPA può essere fisso o variabile in base a determinati parametri.
  2. CPL (Cost Per Lead): simile al CPA ma in questo caso il pagamento avviene per ogni contatto/Lead qualificato consegnato all’offerente.
  3. Revenue sharing: il corrispettivo per l’affiliato è calcolato in percentuale sulle effettive vendite o transazioni realizzate dai clienti acquisiti tramite il link sponsorizzato. La percentuale di revenue share è di solito più bassa rispetto ai modelli CPA/CPL.

Il network di affiliazione, che funge da tramite tra affiliati e marchi promossi, si occupa della liquidazione dei compensi sulla base degli accordi contrattuali siglati. Questi prevedono comunque sempre termini e policy rispetto i tempi di pagamento, esclusioni e penali per assicurare la tutela di entrambe le parti coinvolte nel programma di commission.

Fattura non pagata

Programma affiliazione: la gestione fiscale dei redditi da affiliazione

I redditi derivanti dalle attività di affiliazione rientrano nella categoria dei redditi diversi, assoggettati al regime della fatturazione elettronica e della partita IVA per importi superiori ai 5.000€ annui.

I pagamenti da parte dei network sono solitamente erogati con cadenza mensile e gli importi corrisposti devono essere riportati nella Certificazione Unica che l’affiliato può scaricare dal proprio account.

Annualmente si procede alla dichiarazione dei redditi, includendo gli introiti da affiliazione nel Modello Redditi Persone Fisiche sotto la sezione dedicata ai redditi diversi. L’aliquota IRPEF applicata è del 26%. Eventuali ulteriori fonti di guadagno extra devono essere considerate nel calcolo del reddito complessivo, per non incorrere nel superamento delle soglie di compensi oltre le quali scatta l’obbligo di partita IVA.

Utilizzando il regime forfettario, l’affiliato può detrarre costi e spese sostenute per beneficiare di aliquote agevolate, purché non vengano superati gli 85.000€ annui. La corretta gestione fiscale, supportata da software contabili, come FatturaPRO.click, è fondamentale per la sostenibilità dell’attività di affiliazione nel lungo periodo.

È importante che l’affiliato conservi tutta la documentazione comprovante i pagamenti ricevuti e le spese sostenute, come fatture, scontrini e ricevute, così da poterle esibire in caso di controlli fiscali. Per importi annui di reddito da affiliazione inferiori a 5.000€ non è necessaria la partita IVA ma solo la presentazione di una dichiarazione dei redditi. Alcuni network di affiliazione forniscono ai propri affiliati dei servizi di consulenza fiscale per chiarire eventuali dubbi sulla corretta gestione della documentazione e sugli adempimenti previsti.

Secondo lavoro online: come avviarlo, quando è necessaria la partita IVA e come gestire la fatturazione elettronica

Oggigiorno avere un secondo lavoro online è senza dubbio più facile e fattibile che in passato. Grazie alla diffusione di Internet e dei social network, alle tante opportunità offerte dal digitale e all’abbattimento di molte barriere geografiche, chi possiede ingegno, motivazione e una adeguata preparazione ha concrete chances di incrementare il proprio reddito lavorando da remoto.

Basta saper individuare una propria nicchia di competenza e sviluppare un’idea vincente, sia essa la creazione di contenuti digitali, l’erogazione di corsi online, il commercio elettronico o altre attività web-based. Con impegno e costanza nel tempo si può costruire progressivamente una clientela sparsa in vari Paesi.

Anche chi ha un lavoro dipendente a tempo pieno può trovare spazi per avviare un business parallelo sfruttando il proprio talento e investendo tempo libero nella formazione. Gli strumenti tecnologici oggi permettono di lavorare da qualsiasi luogo, in autonomia e flessibilità di orario.

Per chi desidera e sa cogliere le potenzialità del lavoro agile e dei canali digitali, avere una seconda occupazione online è certamente realizzabile senza particolari ostacoli.

Secondo lavoro online: le categorie principali e come avviare un’attività in rete

Esistono diverse opportunità per incrementare il proprio reddito attraverso i cosiddetti “secondi lavori online“. Per sapere come guadagnare soldi extra basta usare un po’ di ingegno, ma non solo! Alcuni tra i più diffusi sono:

  1. Content creator: creazione e pubblicazione di contenuti su blog/YouTube legati a un topic specifico. Prevede una preliminare strategia di social media marketing per acquisire followers.
  2. Dropshipping: vendita di prodotti presenti su marketplace tramite l’apertura di un e-commerce gestito da terzi per l’inventario e le spedizioni. Necessita ottimizzazione SEO del sito e campagne promozionali.
  3. Social media manager: gestione di profili aziendali sui principali social network secondo obiettivi prefissati, reportistica e piani editoriali. Richiede competenze relative a Instagram, Facebook, Twitter e relativi strumenti pubblicitari.
  4. Tutoraggio online: erogazione di lezioni one-to-one in videoconferenza su diversi argomenti didattici. Predisposizione di programmi di apprendimento differenziati.

Secondo lavoro online

In ogni caso è buona norma aprire la Partita IVA per attività continuative e redditizie al fine di adempiere a tutti gli obblighi di natura fiscale e previdenziale. Per avviare con successo le attività sopracitate è consigliabile redigere un piano editoriale a supporto della propria presenza sui canali social, per assicurare la produzione e pubblicazione di contenuti in modo strutturato.

Alcune figure professionali emergenti includono il personal shopper digitale, che fornisce suggerimenti e consulenza agli utenti per gli acquisti online, e il content reviewer, ovvero chi produce resoconti e recensioni di prodotti e servizi. Prima di intraprendere queste attività è importante verificare la normativa di riferimento al fine di rispettare tutti gli adempimenti burocratici, amministrativi e fiscali richiesti per legge.

Secondo lavoro da casa: la normativa fiscale per le attività online, partita IVA e fatturazione elettronica

Gli aspetti fiscali assumono particolare rilevanza per le attività da aprire da casa attraverso Internet, in quanto determinano gli adempimenti cui è necessario ottemperare.

In linea generale, è richiesta l’apertura della partita IVA per qualsiasi attività commerciale, artistica o professionale che consenta di produrre proventi, anche se svolta online e prevalentemente da remoto. Non rientrano invece nel regime IVA i semplici hobby occasionali privi di finalità lucrative.

Una volta ottenuto il codice fiscale e la partita IVA tramite il portale dell’Agenzia delle Entrate (sempre consultabili gratuitamente come descritto nel nostro articolo “come trovare una partita IVA“), si deve procedere alla registrazione sul Sistema di Interscambio (SdI), abilitando i servizi di fatturazione elettronica. Quest’ultima prevede l’emissione, la trasmissione e la conservazione in formato XML delle fatture attraverso un software certificato.

Presentando le caratteristiche di accuratezza e tracciabilità dei dati, la fatturazione elettronica è ormai obbligatoria per legge per la generalità dei soggetti IVA al fine di garantire la trasparenza fiscale. È importante che il regime fiscale scelto per le attività online sia compatibile con il carico di lavoro previsto e con i redditi stimati, per evitare di incorrere in sanzioni in sede di dichiarazione dei redditi.

Tra gli adempimenti periodici rientrano anche la liquidazione dell’IVA con modello F24 e la presentazione della dichiarazione dei redditi, operazioni per le quali è possibile avvalersi del supporto di commercialisti ed esperti contabili. Alcune forme giuridiche, come la disciplina del lavoro autonomo occasionale, consentono di fatturare sotto determinate soglie di compenso annuo senza dover aprire la partita IVA, semplificando gli oneri amministrativi.

Diversificazione conglomerale: cos’è e quali sono i suoi principali modelli applicativi

La strategia di diversificazione conglomerale, se attuata con una visione strategica di lungo periodo, si è rivelata vincente per molte grandi aziende, consentendo loro di conseguire significativi tassi di sviluppo. Secondo un’analisi svolta dalla prestigiosa società di consulenza McKinsey, le grandi imprese che negli ultimi 20 anni hanno diversificato il proprio portafoglio di business attraverso acquisizioni in settori non correlati hanno registrato una crescita media dei ricavi del +26%.

Anche il rapporto annuale 2021 della società di revisione PwC evidenzia come i principali conglomerati mondiali, come General Electric e 3M, siano cresciuti a livello di fatturato aggregato di oltre il 60% proprio grazie alle opportunità di espansione in nuovi mercati rese possibili dalla diversificazione. Uno studio dell’OCSE ha inoltre osservato come le aziende diversificate abbiano retto meglio le crisi macroeconomiche, preservando margini e occupazione. Quindi, se gestita con competenza manageriale, la diversificazione può rappresentare una leva strategica per incrementare stabilmente il business delle grandi imprese su scala globale.

Diversificazione conglomerale: la diversificazione settoriale come strategia aziendale

La diversificazione conglomerale è una strategia adottata da molte grandi imprese per attenuare i rischi connessi alla volatilità della domanda nei singoli settori in cui operano. Entrando in nuovi mercati non correlati, un’azienda persegue l’obiettivo di stabilizzare i flussi finanziari grazie alla compensazione ciclica tra business diversi.

Gli strumenti per diversificarsi sono principalmente le acquisizioni di aziende operative in settori complementari o indipendenti rispetto all’attività originaria. L’ampliamento del portafoglio produttivo e commerciale consente quindi di ridurre la dipendenza da pochi clienti e la vulnerabilità a shock improvvisi che potrebbero colpire singoli comparti.

Altro obiettivo è sfruttare sinergie gestionali, come l’ottimizzazione di costi amministrativi e finanziari grazie a una struttura di “holding” che coordina le diverse divisioni secondo criteri di “fare impresa” professionalmente innovativi.

Diversificazione conglomerale

Uno studio condotto dall’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) nel quinquennio 2010-2015 ha evidenziato come le grandi imprese diversificate abbiano retto meglio le fasi negative del ciclo economico, preservando margini utili e occupazione. Tuttavia, rimane cruciale selezionare ingressi in business realmente sinergici e complementari. La diversificazione conglomerale rimane quindi una strategia adottata da grandi player internazionali per massimizzare resilienza e performance nel lungo termine, purché attuata con una visione manageriale integrata tra le varie divisioni aziendali.

Diversificazione conglomerale esempio e vantaggi e svantaggi

La diversificazione settoriale presenta aspetti positivi e negativi da valutare attentamente. Tra i vantaggi figura una maggiore stabilità dei flussi finanziari generati da business non correlati, che si compensano nei periodi di contrazione di alcuni mercati. Inoltre, la presenza in più settori permette di sfruttare economie di scala nelle attività di staff comuni.

Gli svantaggi principali sono rappresentati dalla complessità di gestione di realtà aziendali eterogenee, che richiede competenze trasversali non sempre presenti. Può inoltre verificarsi una perdita di efficienza dovuta a sinergie limitate tra attività sparse in segmenti distanti. Infine, rimane il rischio strategico di scelte non ottimali di diversificazione che allontanano l’impresa dai core business originari.

Un esempio di grande azienda diversificata è General Electric, opera da oltre un secolo in settori quali energia, aviation, oil&gas, healthcare grazie anche ad acquisizioni mirate. Le singole divisioni operano come business indipendenti ma sfruttano i vantaggi della “holding“, come l’accesso agevolato al credito e opportunità di aprire partita una iva in valore aggiunto comuni. Inoltre, la struttura di GE Holdings favorisce il riutilizzo di risorse quali personale altamente specializzato e know-how tecnologici avanzati. Grazie poi ad una governance orientata alla strategia di lungo periodo, General Electric ha potuto affrontare con successo le crisi economiche sfruttando la compensazione tra i cicli dei diversi settori. Infine, l’esperienza ultracentenaria dell’azienda dimostra come la diversificazione consenta di radicarsi stabilmente come player globale innovativo anche in nuovi mercati ad alto potenziale.

La diversificazione è una strategia ad alto tasso di complessità che richiede competenze manageriali specialistiche e un virtuoso trade-off tra costi e benefici nel lungo termine.

Fattura elettronica condominio: tutti i passaggi per una fatturazione corretta

La fattura elettronica condominio è un adempimento che richiede accurata professionalità e specifiche competenze. Infatti, il condominio presenta delle peculiari caratteristiche giuridico-amministrative che lo differenziano rispetto a una normale impresa o privato. Non avendo partita IVA, le regole per l’emissione della fattura elettronica necessitano di alcuni accorgimenti che vanno oltre le normali procedure.

In particolare, il prestatore o fornitore che emette fattura nei confronti del condominio deve avere piena padronanza delle normative civilistiche e fiscali che disciplinano la natura di questo particolare ente. Solo assimilando concetti come l’assetto organizzativo, la rappresentanza dell’amministratore, il codice fiscale dell’ente, è possibile comprendere appieno le specificità del destinatario della fattura elettronica.

Fondamentale è poi la conoscenza delle istruzioni operative emanate periodicamente dall’Agenzia delle Entrate, che riguardano aspetti come l’indicazione del codice destinatario, la conservazione dell’originale presso il Sistema di Interscambio, l’invio della copia di cortesia. Non meno importante è la padronanza delle corrette modalità di compilazione dei dati fiscali, quali natura, aliquota e assoggettabilità a ritenuta d’acconto dell’operazione, che possono variare per la specificità del destinatario.

Solo grazie a una elevata competenza “tecnica” e a una continua attività di aggiornamento normativo è possibile garantire la piena ottemperanza degli obblighi di fatturazione elettronica quando il cliente è un condominio, evitando errori nella procedura con potenziali conseguenze in termini di sanzioni.

Fattura elettronica condominio: Requisiti e adempimenti per l’emissione

L’emissione della fattura elettronica condominio deve avvenire obbligatoriamente mediante trasmissione dei dati al Sistema di Interscambio (SdI) gestito dall’Agenzia delle Entrate, salvo le previste eccezioni per i regimi agevolati. A tale proposito, è necessario che il soggetto emittente sia in possesso di una casella di posta elettronica certificata (PEC) abilitata ai servizi telematici, attraverso la quale effettuare l’invio al SdI appositamente compilando i dati identificativi del condominio.

Nel caso il condominio non sia abilitato al servizio di fatturazione elettronica presso un gestore telematico accreditato dall’Agenzia delle Entrate e quindi sprovvisto di codice destinatario, il campo “codice destinatario” della fattura dovrà essere compilato inserendo “0000000“. Contestualmente deve essere riportato nell’apposito campo il codice fiscale del condominio, individuabile dall’atto costitutivo depositato presso l’Agenzia del Territorio. Qualora invece il condominio abbia attivato tale servizio, l’amministratore comunicherà al fornitore/prestatore il codice SdI da riportare nell’apposito campo identificativo del destinatario della fattura elettronica. Al fine di consentirne la corretta ricezione e consultazione, è inoltre necessario inviare copia della fattura elettronica, in formato Pdf/A, all’amministratore di condominio tramite PEC.

Da non tralasciare è la verifica della natura dell’operazione per l’applicazione dell’aliquota IVA agevolata del 10% o ordinaria del 22%, nonché l’eventuale applicazione della ritenuta d’acconto nella misura del 4-20% prevista per talune prestazioni rese a favore di persone giuridiche.

Fattura elettronica condominio

Fattura elettronica a condominio: le fasi per una corretta gestione del processo

La procedura di emissione e gestione della fattura elettronica quando il destinatario è un condominio prevede diverse fasi che è importante rispettare per assolvere correttamente a tutti gli obblighi di natura fiscale e amministrativa.

In primo luogo, il soggetto emittente deve verificare preventivamente se il condominio risulti abilitato o meno al servizio di fatturazione elettronica presso un gestore telematico accreditato dall’Agenzia delle Entrate. Nel primo caso, come abbiamo visto, l’amministratore deve fornire il relativo codice SdI da inserire nel documento fiscale. In mancanza di tale codice, deve essere riportato “0000000“. Una volta predisposta e validata la fattura elettronica, questa deve essere trasmessa al Sistema di Interscambio mediante il Sistema di Interscambio. Parallelamente, ne va inviata copia in formato PDF/A all’amministratore di condominio via PEC, specificando che l’originale è a disposizione nel cassetto fiscale del destinatario presso il portale dell’Agenzia.

Qualora prevista, tale fase può comprendere l’applicazione dell’IVA agevolata al 10% o ordinaria al 22% in base alla destinazione del condominio, nonché la verifica dell’assoggettabilità a ritenuta d’acconto, da applicare al 4-20% in funzione del tipo di prestazione resa.

La conservazione del documento, per i successivi termini di decadenza, è assolta direttamente dal Sistema di Interscambio. L’emissione della fattura, pertanto, deve intendersi completata solo a ricevuta della conferma di regolare accettazione da parte dello stesso. L’amministratore, infine, può memorizzare la copia di cortesia per la conservazione nel fascicolo condominiale al fine di rendere disponibile la documentazione amministrativo-fiscale dell’ente.

Errori fattura elettronica: ecco come evitare quelli più comuni

Purtroppo gli errori fattura elettronica rimangono ancora un problema molto diffuso nonostante i miglioramenti introdotti nel tempo. Secondo l’analisi condotta dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili sul portale dell’Agenzia delle Entrate, il tasso di scarto delle fatture elettroniche inviate nel 2021 si attesta al 21,6%, in lieve calo rispetto al 23,3% del 2020 ma ancora molto lontano da uno standard accettabile.

I motivi degli errori sono i più disparati, da refusi nei codici identificativi a omissioni di dati obbligatori, da problemi tecnici relativi a una formattazione dei file errata. Anche l’Osservatorio Fattura Elettronica/e-Fattura B2B ha stimato circa 1 fattura su 5 non supera il controllo di conformità nel 2021, pari a circa 182 milioni di fatture scartate sul totale di 905 milioni inviate in Italia.

Questi numeri dimostrano come, nonostante l’esperienza ormai pluriennale, permangono ancora significative criticità nell’adeguamento agli standards richiesti, con ricadute negative su aziende e PA.

Errori fattura elettronica: mancanza di dati obbligatori e refusi nei codici identificativi

Tra i principali motivi di errore nella emissione di fatture elettroniche rientrano sicuramente la mancanza di dati obbligatori previsti dal tracciato e i refusi nei codici identificativi. La normativa sulla fattura elettronica sbagliata prevede infatti l’obbligo di indicare chiaramente nel documento XML generato una serie di elementi informativi quali partita IVA e codice fiscale di clienti e fornitori, natura, qualità e quantità dei beni ceduti, tipologia di pagamento applicata, eventuali sconti praticati.

Tralasciare anche solo uno di questi campi obbliga il Sistema di Interscambio a scartare la fattura, generando criticità nel processo contabile. Altro motivo frequente di errore sono i refusi accidentali nei codici identificativi, come la partita IVA indicata con un solo numero diverso da quello corretto o l’inserimento di un carattere non valido nel codice CUP.

Errori fattura elettronica

I refusi nei codici identificativi inseriti all’interno della fattura elettronica sono spesso causati da banali distrazioni durante la digitazione da parte dell’operatore.

Tra le cause principali ci sono:

  1. Ripetizione errata di un solo numero/lettera del codice, che altera però la corretta identificazione di anagrafica e operazione;
  2. Scambio involontario della posizione di due caratteri adiacenti durante la battitura;
  3. Mancanza di una verifica incrociata del codice riportato dopo l’inserimento, che causa refusi non intercettati;
  4. Distrazione momentanea dovuta a fattori esterni, come telefonate o rumori ambientali, nel momento della digitazione;
  5. Stanchezza o affaticamento visivo dopo aver inserito molti codici di seguito, specialmente se lunghi/complessi.

L’attenzione umana risulta essere il fattore più vulnerabile, pertanto processi strutturati e tools digitali di supporto sono elementi determinanti per prevenire questo tipo di errore. Anche in questi casi la fattura è scartata e l’utenza deve procedere con una nuova emissione correggendo l’anomalia.

Errori formali fattura elettronica: come prevenirli e correggerli

Per prevenire errori formali nella fattura elettronica che possano portare allo scarto del file da parte del Sistema di Interscambio è fondamentale adottare alcune accortezze. Innanzitutto è possibile effettuare dei controlli preventivi sulla Fattura elettronica scartata mediante i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate, che verificano la correttezza sintattica e semantica del documento in bozza. Eventuali anomalie sono evidenziate e l’impresa può correggerle prima dell’invio definitivo.

Ulteriori verifiche andrebbero condotte sui dati identificativi inseriti, come Partita IVA/Codice Fiscale mittente/destinatario, mediante un riscontro incrociato su banche dati ministeriali.

Qualora nonostante i controlli la fattura sia respinta, è necessario emetterne una nuova correttiva. Ove possibile, è consigliabile inviare una Nota di Variazione, modificando i soli dati errati senza re-emissione del documento originario. Procedure strutturate ed eventuale supporto di software gestionali consentono una drastica riduzione degli errori formali, garantendo la piena operatività del processo di fatturazione elettronica.

Spese di spedizione: chi le deve pagare? E come devono essere fatturate?

È vero, sul tema delle spese di spedizione applicate alle transazioni di e-commerce c’è ancora un certo grado di confusione, sia tra gli operatori del settore che tra i consumatori. Da un lato la normativa non è sempre chiarissima nel definire in modo univoco quali costi debbano essere sostenuti dal venditore e quali invece vadano addebitati al cliente.

Dall’altro anche le prassi adottate dai diversi operatori non sono pienamente uniformi, con alcuni che offrono la spedizione gratuita e altri che la fatturano separatamente. Questa incertezza risulta poco trasparente per l’acquirente, che non sempre è in grado di conoscere preventivamente a quali spese aggiuntive va incontro per ricevere il prodotto acquistato online.

È quindi auspicabile un chiarimento normativo che fissi principi comuni, indicando con chiarezza quali costi accessori siano da intendersi di pertinenza del venditore e quali invece siano legittimamente addebitabili al cliente finale. Solo maggiore trasparenza e certezza delle regole possono favorire lo sviluppo dell’e-commerce.

Spese di spedizione: Modalità di pagamento “Franco destino” e clausole di reso

Quando si effettua una transazione commerciale tramite un’attività di e-commerce con Partita IVA, è necessario definire chiaramente a quale soggetto competono le spese di spedizione.

Uno dei criteri più utilizzati è la formula del “Franco destino“, in base alla quale tutti i costi e i rischi relativi al trasporto sono a carico del venditore fino alla consegna presso il cliente. Pertanto, con questa clausola il compratore paga soltanto il prezzo del bene, mentre spese come assicurazione, imballaggio e trasporto rimangono di competenza dell’impresa con Partita IVA che commercializza tramite internet.

Altro aspetto da normare è quello della gestione di eventuali resi, indicando a quale soggetto competano gli oneri di riconsegna della merce qualora il cliente decida di restituirla. In genere, per commodity e per rispettare le norme a tutela dei consumatori, è previsto che siano a carico del venditore anche i costi di restituzione dal cliente al magazzino in caso di recesso o sostituzione di prodotti difettosi.

Spese di spedizione

È buona norma, però, che siano sempre indicati termini esatti ed esaustivi:

  1. Le clausole di reso dovrebbero sempre specificare entro quali termini il cliente può restituire la merce e se sono ammessi resi parziali;
  2. Nel caso di sconti o promozioni con spese di spedizione azzerate, vanno chiarite le condizioni per usufruirne (es. importo minimo dell’ordine);
  3. Quando si tratta di spedizioni verso l’estero è importante verificare eventuali limitazioni o costi aggiuntivi doganali da comunicare al cliente;
  4. Per i beni deperibili può prevedersi un termine massimo di giacenza in magazzino per il reso, oltre il quale non è più accettato;
  5. È buona norma indicare i tempi standard di consegna per le diverse zone e modalità di trasporto (postale, corriere), con dicitura “salvo imprevisti”.

Questi aspetti contribuiscono a rendere l’offerta più trasparente e le condizioni di acquisto definitivamente chiare al consumatore.

Costi di spedizione: obblighi fiscali e fatturazione delle spese accessorie

Quando un’azienda opera nell’ambito dell'”economia digitale“, deve prestare attenzione agli obblighi fiscali connessi alle spese di spedizione.

Qualora siano fatturate separatamente, è necessario emettere una fattura elettronica  dedicata alle sole spese accessorie di trasporto, imballaggio e simili. Tali costi dovranno essere adeguatamente documentati attraverso i corrispettivi rilasciati dal vettore.

L’IVA calcolata sul valore delle spese di consegna deve essere dedotta dall’impresa qualora ricorrano i requisiti per l’operazione intracomunitaria, come nel caso di spedizioni Cross Border verso acquirenti di altri Paesi UE. In sede di dichiarazione annuale, tutti i costi connessi al ciclo produttivo e distributivo sostenuti dall’operatore digitale potranno essere portati in detrazione, deducendo l’imposta sul valore aggiunto relativa. È quindi fondamentale garantire la piena tracciabilità fiscale di tutte le voci di spesa accessorie per non incorrere in errori o omissioni.

Proposta di valore: come dovrebbe essere fatta

Saper redigere una proposta di valore efficace è diventata una competenza fondamentale per il successo di un’impresa. Dati recenti confermano come le aziende che presentano correttamente la propria offerta commerciale tramite questo strumento abbiano statisticamente maggiori possibilità di finalizzare con successo affari e collaborazioni.

Uno studio della Harvard Business Review ha riscontrato che le startup che includono una proposta di valore ben strutturata nella fase iniziale di pitching agli investitori riescono ad attrarre capitale privato con una probabilità superiore del 27%.

Anche nell’ambito B2B, ricerche condotte da importanti centri statistici confermano che oltre l’80% dei processi di vendita che prevedono la stesura di un documento esplicativo dell’offerta da parte del vendor vanno a buon fine, contro percentuali che non raggiungono il 60% quando manca tale presentazione formale.

Quindi, saper estrarre e comunicare i difetti di mercato ai quali si intende porre rimedio, illustrando soluzioni, vantaggi competitivi e added value in maniera organica e persuasiva, aumenta in maniera oggettiva e dimostrabile le chance di crescita e successo di un’attività imprenditoriale.

Proposta di valore: cos’è, cosa deve contenere

Una proposta di valore è uno strumento fondamentale per qualsiasi impresa, soprattutto nella fase iniziale in cui è necessario “aprire una partita IVA” per avviare la propria attività.

Questa rappresenta un documento di marketing tramite il quale un’azienda presenta in modo organico e persuasivo la soluzione proposta per soddisfare i bisogni di un particolare segmento di clienti target. Oltre a contestualizzare il mercato di riferimento e le necessità insoddisfatte dei potenziali clienti, una proposta di valore efficace deve chiaramente illustrare:

  1. Le caratteristiche tecniche del prodotto/servizio offerto;
  2. I benefici concreti che esso è in grado di generare per il destinatario, in un’ottica di risoluzione di problemi e massimizzazione del valore;
  3. Gli elementi distintivi e le competenze chiave dell’impresa che consentono di erogare la specifica soluzione.

Proposta di valore

Solo comprendendo nel modo più accurato possibile questi aspetti, il lettore è in grado di valutare appieno l’utilità e la rispondenza dell’offerta rispetto alle proprie esigenze. Una proposta di valore ben strutturata e completa permette di fugare eventuali dubbi sul servizio proposto e di comprendere appieno in cosa esso possa tradursi in un valore aggiunto. Inoltre, evidenziare con chiarezza i benefici attesi agevola il lettore nel validare se l’offerta sia effettivamente in linea con le sue necessità e aspettative.

Proposte di valore: come deve essere strutturata e best practice per la stesura

La proposta di valore rappresenta uno strumento chiave per chi intende “fare impresa“, sia che si tratti di startup sia di attività già avviate. Questa dovrebbe presentare una struttura lineare ma incisiva, dividendo idealmente il contenuto in quattro sezioni.

Nell’introduzione è opportuno delineare il contesto di riferimento, ovvero il mercato e il settore in cui opera l’azienda, descrivendo sinteticamente dimensioni, trend e dinamiche principali. Particolare attenzione va dedicata poi a evidenziare i fattori, interni ed esterni, che hanno motivato la necessità di effettuare l’analisi e predisporre la proposta di valore.

La seconda parte si focalizza sul customer profiling attraverso una descrizione dettagliata del segmento di clienti target in termini di caratteristiche socio-demografiche, esigenze, problemi, priorità e processi decisionali. Conoscere nel profondo i reali bisogni del target di riferimento è cruciale per strutturare un’offerta effettivamente rispondente.

Il cuore della proposta è la presentazione della soluzione, illustrandone le principali caratteristiche distintive sia sotto il profilo qualitativo che tecnologico/funzionale e spiegandone il meccanismo di funzionamento. Particolare attenzione va posta nel mettere in evidenza i concreti benefici che la soluzione è in grado di apportare al destinatario. Infine, nel paragrafo di chiusura è bene sintetizzare il posizionamento competitivo raggiunto rispetto agli eventuali competitor presenti sul mercato, evidenziando i punti di forza esclusivi rispetto alle alternative disponibili.

Applicando tali “best practicestrutturali e adottando un linguaggio semplice ma specifico, tempestivo nei concetti chiave e armonico nell’impaginazione, è possibile massimizzare l’efficacia persuasiva del documento.