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Software fattura elettronica: come scegliere il migliore

In commercio, oggi, esistono moltissimi software fattura elettronica per emettere, inviare e ricevere e-fatture e tenere sotto controllo il proprio business. Strumenti estremamente validi e necessari ad aziende e imprenditori. I software progettati a questo scopo si distinguono in base a funzionalità, abbonamenti, costi, implementazioni e compatibilità. Quando è necessario scegliere il migliore, è d’obbligo tenere in considerazione le proprie esigenze. Dai programmi gratuiti a quelli che aiutano a inviare la dichiarazione IVA, fino a quelli in grado di gestire i rapporti contabili. Non c’è che l’imbarazzo della scelta. Vediamo nel dettaglio cosa contraddistingue l’uno o l’altro sistema di fatturazione elettronica.

Software fattura elettronica: l’opzione gratuita

Tra i più richiesti e i più allettanti, sul web sono presenti una gran quantità di software per la fatturazione completamente gratuiti. Semplici e immediati, possono essere utilizzati da tutti, ma hanno dei limiti. Infatti, gratis è quasi sempre sinonimo di “limitato”. Molte delle funzioni più importanti potrebbero essere bloccate, o addirittura non presenti. Quindi, per commercianti o liberi professionisti, un programma di fatturazione gratuito potrebbe essere una soluzione auspicabile, ma quando è necessario qualcosa di maggiormente complesso, è meglio optare per altre scelte.

Programma di fatturazione elettronica: online o offline?

L’accessibilità online è, senza dubbio, un’altra caratteristica determinante nella scelta del miglior software di fatturazione. Alcune piattaforme, per poter essere utilizzate, richiedono l’installazione in locale (quindi sul proprio computer) di uno specifico programma. Altre, invece, permettono di essere eseguiti direttamente online con la possibilità di accedervi ovunque, da qualunque dispositivo e in qualsiasi istante. Altra caratteristica molto importante è l’accessibilità dei dati. I software online per la fatturazione elettronica, come FatturaPRO.click, consentono di salvare i propri dati sul cloud. Di conseguenza, è possibile recuperarli e accedervi sempre, anche durante i viaggi di lavoro.

I programmi offline, di contro, non salvano i dati sul cloud e quindi non ne permettono l’accesso da qualunque postazione. Fatture e documenti devono perciò essere salvati sempre sul proprio disco rigido. Anche se talvolta un programma offline può risultare comodo e semplice da usare, la praticità è solo apparente. Infatti, è sempre e comunque necessario scaricare la fattura per inviarla al destinatario.

Software fattura elettronica

I migliori programmi di fatturazione elettronica

Tra i migliori software di fatturazione elettronica troviamo quelli multi-dispositivo. Sono programmi che consentono di essere utilizzati con qualunque strumenti a disposizione: PC, Mac, iPad, Android oppure iPhone. L’importante è che sia sempre presente una connessione internet. La fatturazione multi-dispositivo permette di emettere fatture elettroniche da diversi dispositivi contemporaneamente. Accessi multipli, da differenti piattaforme e utenti diversi. Una caratteristica indispensabile a svolgere un lavoro versatile e flessibile, che aiuta il business a crescere sempre di più.

Come inviare le fatture elettroniche al commercialista

Per l’inserimento in contabilità, il proprio commercialista deve disporre dell’intera mole di fatture emesse e ricevute da una data attività. Un’operazione, all’apparenza banale, ma che potrebbe nascondere delle difficoltà quando non si sceglie il software fattura elettronica corretto. È facile dimenticare alcuni documenti necessari alla contabilità e ancora più semplice è incappare in errori di tipo umano o di distrazione che possono creare non pochi problemi.

Per questo è meglio cercare un software fattura elettronica che consenta di far accedere il proprio commercialista al programma stesso. Su alcune piattaforme il commercialista può creare il proprio utente e la propria password, in altri, invece, è possibile condividere il proprio account con il professionista e permettergli di fargli visualizzare esclusivamente i dati desiderati.

Software fatturazione elettronica: nessuna limitazione

Alcuni software per la fatturazione elettronica non si limitano alla sola fatturazione. Sono in grado, ad esempio, di mantenere tutti i propri affari sotto controllo, come veri e propri software gestionali.

Fatture, preventivi, proforma, note di credito, ricevute, ecc… Sono prodotte velocemente e con pochi semplici click. Tra le tante funzioni a disposizione anche quella di stimare entrate e uscite e i costi di gestione e amministrazione, sono valori aggiuntivi da tenere presente. Infine, anche la capacità di convertire i documenti, ad esempio convertendo un preventivo in una vera e propria fattura, è una caratteristica lodevole da ricercare e apprezzare in un programma ben fatto e funzionante.

Parcella commercialista: quanto costa un professionista e come calcolarne l’onorario

Il commercialista è una figura molto importante nell’ambito della gestione di un’impresa, ma anche per un privato cittadino. I suoi servigi sono indispensabili a tenere in ordine la contabilità per effettuare i pagamenti dovuti entro i termini previsti e avere sempre tutto sotto controllo. La parcella commercialista è una voce che ogni imprenditore deve tenere ben presente nell’amministrazione della propria attività, perché è sempre presente, ogni anno, in ogni dichiarazione dei redditi.

Quanto costa un commercialista?

Il commercialista è un professionista indispensabili a chiunque abbia un’attività propria, ma non solo. Calcolare tasse e costi da detrarre non è semplice e non tutti ne sono in grado. Difronte a una dichiarazione dei redditi i dubbi possono essere davvero tanti e la paura di omettere o sbagliare qualcosa, paralizzante. Quindi, prima d’incorrere in sanzioni e ammende, è sempre meglio rivolgersi a un esperto professionista del settore.

Un professionista che richiede il pagamento di un preciso compenso per le proprie prestazioni offerte. La parcella commercialista però, varia in base ai servizi offerti e da soggetto a soggetto. È una buona idea chiedere prima un preventivo per capire bene i costi derivanti dall’attività svolta dal contabile.

Risulta quindi molto difficile riuscire a dare una risposta univoca alla domanda: “Quanto costa un commercialista?”. Un professionista della contabilità per calcolare la propria parcella tiene conto di una serie di variabili:

  • servizi offerti
  • frequenza d’interventi richiesti
  • tipologia di assistenza (in presenza, telefonica, per email, ecc…)
  • regime contabile dell’assistito

Parcella commercialista

Parcella commercialista secondo la legge

Esiste un orientamento di massima che i professionisti possono seguire per il calcolo parcella commercialista. Il DM 140/2012 stabilisce delle direttive di massima per dottori commercialisti ed esperti contabili, avvocati, notai, assistenti sociali, ecc… Anche le consulenze prevedono un onorario.

La scelta di affidarsi o meno a un commercialista è molto soggettiva. Ai titolari di aziende  e società è consigliato comunque rivolgersi a un professionista per essere seguiti attentamente nel difficile mondo della contabilità. I liberi professionisti potrebbero optare per compilare le dichiarazioni 730 autonomamente e poi chiederne la revisiona a un contabile, oppure al CAF.

Calcolo parcella commercialista: le prestazioni offerte

Le prestazioni offerte da un commercialista sono moltissime, tra queste ricordiamo, ad esempio:

  1. Consulenza
  2. Bilancio d’esercizio
  3. Bilancio infrannuale
  4. Dichiarazione IRAP
  5. Dichiarazione IVA
  6. Pratiche fiscali quali:
    1. operazioni d’inizio attività di una ditta (Registro Imprese, A.E., INPS ed eventualmente SUAP)
    2. pratiche di chiusura attività (Comunica, CCIAA, INAIL, INPS, AE, ecc.)
    3. operazioni di variazione ditta, predisposizione e invio comunicazione VIES, richiesta visura camerale
  7. Tenuta dei registri ammortizzabili
  8. Aggiornamento libri inventari

Il commercialista può decidere di farsi pagare annualmente, oppure mensilmente. A far variare l’ammontare della parcella commercialista è anche il numero delle fatture elettroniche emesse e il fatturato del proprio cliente.

Parcella commercialista esempio

Come detto, la parcella di un professionista contabile varia molto e in base a molti fattori differenti. Ad esempio, una dichiarazione IVA può avere un costo da 152 euro a 297 euro per un fatturato annuo fino a 75.000 euro; da 190 a 369 euro per un fatturato annuo compreso tra 75.001 e 150.000 euro.

La dichiarazione dei redditi invece può venire a costare da 236 euro a 475 euro per un fatturato annuo fino a 75.000 euro; da 426 a 640 euro per un fatturato annuo compreso tra 75.001 e 150.000 euro. Si tratta di costi applicati, in genere, alle persone fisiche titolari di partita IVA. Per le società di capitali si applicano altri prezzi, solitamente più alti.

I bilanci possono arrivare a costare da 284 euro a un massimo di 449 – 563 euro. Il prezzo calcolato tiene conto delle perdite e dei componenti positivi di reddito. Per la compilazione e l’invio del modello Intrastat il costo parte a oggi da circa 80€ ed è calcolato a ore.

La convenienza nel potersi rivolgere o meno a un commercialista, è molto soggettiva. Ogni soggetto deve valutare attentamente la propria posizione e se la situazione finanziaria dovesse risultare particolarmente complessa, è consigliato avvalersi di un professionista per evitare, nel futuro, di avere brutte sorprese con il Fisco.

Ritenuta d’acconto condominio: ecco come funziona in caso di detrazioni fiscali

In merito alla ritenuta d’acconto condominio sussistono sempre moltissimi dubbi e perplessità, soprattutto quando sono previste delle detrazioni fiscali. Le domande sorgono sulle modalità di emissione di una relativa fattura, oppure su quando e come è applicata la ritenuta. Un argomento complesso e delicato che vogliamo cercare di spiegare in maniera semplice e lineare.

Ritenuta d’acconto condominio: la regolarità delle fatture

Negli ultimi anni sono aumentati sempre di più i casi in cui, professionisti e imprese, emettono fatture nei confronti di condomini necessarie a ottenere delle detrazioni fiscali. Infatti, quando i professionisti o le imprese emettono fattura al condominio per lo svolgimento delle proprie attività, è necessario che stiano molto attenti alla regolarità dei dati inseriti. Una regola che vale sempre, ma in particolar modo quando la fattura deve essere utilizzata dal condominio per accedere e avere diritto a specifiche detrazioni fiscali.

Per garantire l’accesso alla detraibilità fiscale, il documento deve rispettare determinati criteri e riportare specifici dati. Infatti, il condominio, in qualità di sostituto d’imposta, deve versare una precisa ritenuta al momento del pagamento di tutte le fatture emesse. Che si tratti quindi di fatturazione da parte d’imprese o liberi professionali per lavori o prestazioni eseguite nei confronti di un condominio, le fatture devono essere emesse rispettando una determinata forma e sostanza.

Ritenuta d'acconto condominio

Condominio ritenuta d’acconto al 4% e 20%

L’attuale normativa vigente prevede l’applicazione di due differenti ritenute d’acconto per i condomini: al 4% e al 20%. L’art. 25-ter  D.p.r. 600/1973 stabilisce una ritenuta al 4% a titolo di acconto dell’imposta sul reddito, per prestazioni relative a contratti di appalto di opere o di servizi svolte da imprese. Per meglio identificare le prestazioni soggette a tale ritenuta, l’Agenzia delle Entrate ne ha chiarito la natura con la Circolare n°7/2007. A titolo esemplificativo, sono assoggettate a ritenuta del 4% le seguenti prestazioni:

  1. manutenzione o ristrutturazione di edificio condominiale
  2. manutenzione o ristrutturazione degli impianti elettrici o idraulici
  3. esecuzione di attività di pulizia e manutenzione di caldaie
  4. manutenzione ascensori
  5. manutenzione giardini
  6. esecuzione di attività di pulizia e manutenzione piscine
  7. pulizia e manutenzione di altre parti comuni dell’edificio

Sempre l’art. 25-ter  D.p.r. 600/1973 ha invece stabilito che è applicata una ritenuta pari al 20% a titolo di acconto dell’imposta sul reddito quando il condominio deve elargire compensi per lavoro autonomo. Ad esempio per:

  1. compensi all’Amministratore del condominio
  2. compensi al commercialista per l’attività fiscale svolta a favore del condominio
  3. ecc…

Fattura a condominio per detrazioni fiscali: la ritenuta corretta da applicare

Gli adempimenti fiscali non sono tutti uguali. Cambiano in base alle prestazioni di professionisti e imprese svolte a favore dei condomini. Infatti le spese che possono essere recuperate tramite detrazione fiscale sono diverse a seconda che si tratti di costi sostenuti per riqualificazione energetica, o per il recupero del patrimonio edilizio.

A stabilirlo è il D.L. 78/2010 a decorrere dal 1° luglio 2010. Per spese sostenute a favore di ristrutturazione edilizia o risparmio energetico, gli istituti di credito o le Poste possono operare una ritenuta a titolo d’acconto all’atto dell’accreditamento della somma sul conto del beneficiario. La ritenuta relativa ha cambiato più volte l’importo, nel corso degli anni. Inizialmente prevista al 10% nel 2010, è passata poi al 4% dal 6 luglio 2011 per tornare all’8% dal primo gennaio 2015.

Di fronte all’emissione di una fattura per prestazione a favore di un condomini, si corre quindi il rischio di un doppio prelievo nel momento dei pagamenti. La prima ritenuta operata dal condominio (al 4% o al 20% a seconda della diversa prestazione) e una seconda operata dalla banca dell’8% all’atto di accredito della somma.

Fatture a condominio con ritenuta d’acconto

Il problema sollevato nel paragrafo precedente è risolto grazie alla Circolare n°40/2010. Per evitare il doppio prelievo, la circolare ha chiarito che deve essere applicata esclusivamente la ritenuta pari all’8%, così come stabilito anche dal Decreto Legislativo 78/2010.

Quindi, i condomini che pagano con bonifico bancario le prestazioni e gli interventi, non devono operare su tali somme la ritenuta ordinariamente prevista dal DPR 600/1973.

Prima nota: registro di entrate e uscite

La prima nota è un documento contabile. Si tratta di un registro delle entrate e delle uscite della cassa che non è obbligatorio redigere, ma è sempre molto consigliato. In un’azienda infatti è sempre molto importante avere sotto controllo entrate ed uscite. Lasciare quindi traccia dei movimenti di denaro e dovendoli poi inserire nel bilancio d’esercizio, un registro aiuta a segnare in modo ordinato le entrate e le spese effettuate con i contanti. Un registro che risulta indispensabile per i movimenti economici quotidiani. Non ha una forma determinata, basta che contenga, in ordine di data, i movimenti e le operazioni finanziarie dell’attività. Si tratta di un registro che serve anche a trovare traccia di ogni evento esterno che ha coinvolto l’utilizzo di denaro contante. Risulta particolarmente importante, sia per i liberi professionisti, che per le aziende, perché molto spesso o movimenti in denaro sfuggono al controllo. Inoltre, se redatta correttamente, la prima nota, è un aiuto valido per preparare le varie scritture contabili all’interno del libro giornale.

Prima nota: la normativa di riferimento

La Risoluzione del Ministero delle Finanze n. 9/101 del 09/08/1979 prevede che la prima nota acquista validità giuridica e fiscale quando è numerata regolarmente, bollata prima dell’utilizzo e, soprattutto, se contiene ogni operazione di gestione.

L’articolo 24 del DPR n. 633/1972, prevede inoltre che i commercianti al dettaglio esonerati dall’obbligo dei corrispettivi telematici, siano invece obbligati a redigere la prima nota. Sono inoltre obbligati a tenere correttamente un registro prima nota di cassa, quando il registro dei corrispettivi è conservato in un luogo diverso.

Un monitoraggio costante

Se la prima nota è tenuta correttamente, può rappresentare un valido riferimento per capire come sta andando l’azienda. Per redigerlo non esiste un modello standard, visto che non è obbligatorio. Esistono comunque delle regole di scrittura che ne assicurino una redazione precisa e puntuale.

Visto che si tratta di un registro giornaliero, che serve a tenere sotto controllo i movimenti dei contanti, deve riportare ogni singola operazione redatta e catalogata in ordine cronologico. Questo perché la prima nota riporta ogni transazione che deve poi essere trascritta nel libro giornale che raccoglie tutti gli eventi di gestione esterni.

Prima nota

I dati necessari e immancabili in una prima nota sono:

  • data
  • riferimenti specifici a documenti come ricevute, fatture, ecc…
  • importi singoli
  • importi totali
  • descrizione estesa ed esaustiva della natura della transazione eseguita
  • riferimento alla natura del documento contabile (fattura, ricevuta, ecc…)
  • partite fuori cassa (banca, o altro)

Prima nota di cassa e le operazioni da segnalare

Maggiore è la precisione con la quale la prima nota è redatta, maggiori saranno le informazioni da riportare poi più facilmente sul libro giornale. Tra le tante operazioni finanziarie che possono essere annotate nella prima nota ricordiamo:

Consegnare la documentazione al commercialista

La prima nota cassa è un documento da consegnare periodicamente al proprio commercialista. Il contabile infatti utilizza la prima nota integrandone le informazioni in essa contenute per predisporre i documenti di:

  • elenco fatture emesse e ricevute (ordinandole in base alla data di emissione)
  • elenchi ordinati di altra documentazione, come ad esempio, buste paghe, ricevute, quietanze di pagamento, estratti conto, ecc…

Di conseguenza è facile intuire come la redazione corretta della prima nota sia il primo passo da compiere per avere una contabilità attendibile e ordinata. Da questa poi, è possibile studiare l’andamento della propria attività, individuando e analizzando eventuali andamenti positivi e negativi relativi alla gestione stessa.

Da precisare comunque che, a differenza del libro giornale, la prima nota non è un documento fiscale. Nel libro giornale la registrazione è molto più rigida e dettagliata. La Risoluzione del Ministero delle Finanze n. 9/101 del 09/08/1979 specifica infatti:

“Diviene un vero e proprio libro giornale con validità giuridica e fiscale quando è regolarmente numerato e bollato prima dell’uso e contiene tutte le operazioni di gestione di un’impresa”.

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Scopri il nostro approfondimento: La prima nota secondo FatturaPRO.click

Responsabilità del commercialista: chi paga se sbaglia?

Il rapporto tra un dottore commercialista e un cliente, è uno dei più importanti e delicati che possano esistere nel mondo del business. I dottori commercialisti, così come gli esperti contabili, hanno delle responsabilità nei confronti dei propri clienti. Responsabilità che riguarda la consulenza prestata e le attività svolte in favore della propria clientela. In Italia questa materia è addirittura oggetto di normativa. La responsabilità del commercialista si configura quando il professionista, volontariamente o involontariamente non si attiene alla diligenza professionale.

L’attività del commercialista rientra nell’ambito delle professioni intellettuali. Il rapporto che si instaura tra commercialista e cliente è ritenuto un contratto d’opera intellettuale ed è disciplinato dagli articoli 2229 e seguenti del Codice Civile.

Alla base di questo rapporto non c’è l’obbligo da parte del commercialista di raggiungere l’obiettivo voluto dal cliente, c’è invece l’impegno a prestare diligentemente la propria opera. Questo significa che il commercialista deve adoperarsi al meglio per prestare la propria opera. Opera che assume un’obbligazione di mezzi e non di risultato.

Responsabilità del commercialista: art. 1176 comma 2 del Codice Civile

L’articolo 1176 comma 2 del Codice Civile cita:

 “…  Nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata”.

Questo significa che, quando il commercialista è chiamato ad esercitare la propria professione, deve farlo applicando e utilizzando una diligenza pari o superiore a quella ritenuta standard per l’adempimento delle sue mansioni. In caso contrario potrebbe essere ritenuto responsabile per negligenza e, di conseguenza, condannato all’eventuale risarcimento del danno causato.

Nello svolgere la propria attività il commercialista deve usare lealtà, correttezza e competenza. Deve inoltre rispettare la legge e il codice deontologico della propria categoria professionale. Non può e non deve accettare incarichi se le proprie competenze non sono all’altezza del compito da svolgere. È obbligato ad informare i propri clienti sulle varie difficoltà e i rischi che l’attività svolta comporta. Infine deve svolgere l’incarico con cura e perizia professionale.

I limiti della propria competenza

Una sentenza della Corte di Cassazione, per l’esattezza la n°13007 del 23 giugno 2016, ha stabilito un’importante caratteristica affinché un commercialista possa ritenersi e definirsi “diligente” e, di conseguenza, esente da responsabilità. La sentenza ha stabilito che il professionista deve sempre e comunque dichiarare al cliente la propria competenza tecnica. In altre parole la responsabilità del commercialista dipende anche dal riconoscimento delle proprie capacità. Se non si ritiene in grado di soddisfare una specifica richiesta di un cliente, deve comunicarglielo e consigliargli di rivolgersi ad altro professionista.

Nella sentenza della Corte di Cassazione n°11213 del 9 maggio del 2017, il tribunale stabilì:

“la responsabilità del prestatore di opera intellettuale, nei confronti del proprio cliente, per negligente svolgimento dell’attività professionale presuppone la prova, da parte di costui, del danno e del nesso causale tra la condotta del professionista ed il pregiudizio del cliente, formando oggetto di un accertamento che non è sindacabile in sede di legittimità, se correttamente motivato”.

Da parte sua invece il professionista, per uscire indenne dalla responsabilità, ha l’onere di provare di aver adempiuto ai propri obblighi rispettando gli standard di diligenza che la norma prevede ed impone.

Responsabilità del commercialista

Conclusioni

Tirando le somme è quindi possibile affermare che un dottore commercialista non è obbligato a ottenere il risultato richiesto dal cliente, è invece obbligato a svolgere la propria attività diligentemente secondo il proprio mandato. Successivamente all’esecuzione dello stesso è altresì obbligato a svolgere tutte le attività conseguenti e connesse affinché sia preservata l’utilità della prestazione svolta nell’interesse del cliente.

È inoltre obbligato a valutare oggettivamente le proprie competenze tecniche specifiche in funzione delle richieste inoltrate. Questo significa che è obbligato a consigliare il cliente a rivolgersi ad altro professionista nel caso non sia in grado di assolvere alle necessità richieste dal cliente.

Responsabilità del commercialista per la consulenza fiscale

Per quanto riguarda invece la responsabilità del commercialista in ambito di consulenza fiscale e ricorsi tributari, vanno distinti:

  1. danno risarcibile
  2. nesso causale tra condotta del professionista e danno subito.

Si tratta di materia delicata e di un settore piuttosto border line. Per danno risarcibile di norma si intendono i maggiori oneri che il cliente è costretto a sostenere. Oneri nei confronti dell’amministrazione finanziaria come conseguenza di uno o più errori commessi dal dottore commercialista. In altre parole il danno risarcibile è quantificabile nelle sanzioni e negli interessi dovuti sulle imposte non versate.

Per quanto riguarda invece il “nesso causale” per un’errata e/o mancata impugnazione di un accertamento fiscale, questa è stimabile solo a seguito di una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito favorevole del ricorso.

Aprire una partita IVA: procedura e costi da sostenere

L’apertura di una nuova attività prevede una serie di regole da rispettare e vari elementi da valutare. Aprire una partita IVA richiede impegno economico e un calcolo preciso di tutti i vantaggi e gli svantaggi a cui potrebbe portare. L’apertura in se per se non è molto difficile, ma richiede qualche passaggio che deve essere seguito alla lettera. Decidere di “mettersi in proprio” e non essere un dipendente a stipendio fisso mensile però, comporta delle responsabilità alle quali non è possibile sottrarsi. Obblighi previdenziali e regolari tasse da pagare. Vediamo quindi come fare per aprire una partita IVA, chi può farlo, quanto costa e quali sono le spese da sostenere.

Aprire una partita IVA: i passaggi da seguire

La partita IVA è una sequenza di 11 cifre che identifica, in modo inequivocabile, un soggetto che esercita un’attività. La partita IVA è importante ai fini dell’imposizione fiscale diretta (IVA). La partita IVA è composta da una sigla dello stato di appartenenza (nel caso dell’Italia corrisponde a IT), le prime 7 cifre indicano invece il contribuente, i 3 numeri seguenti indicano il Codice dell’Ufficio delle Entrate e, infine, l’ultimo numero ha carattere di controllo.

In Italia la partita IVA è rilasciata dall’Agenzia delle Entrate (AdE). Il numero assegnato rimane invariato per tutto il periodo in cui è svolta l’attività e vale sull’intero territorio nazionale.

La partita IVA si apre inoltrando richiesta telematica ad AdE, utilizzando due diversi modelli:

  1. modello AA9/11 per le ditte individuali
  2. modello AA7/10 per le società

Entrambi i modelli sono presenti e scaricabili sul sito di Agenzia delle Entrate. Il modello può essere presentato direttamente presso l’ufficio AdE territorialmente competente, oppure inviando una raccomandata con ricevuta di ritorno o, infine, per via telematica, utilizzando il software sul sito AdE.

La comunicazione ad AdE deve essere fatta entro 30 giorni dal primo giorno di inizio attività.

Codice ATECO, regime contabile ed INPS

Al momento in cui si decide di aprire una partita IVA, deve essere scelto il codice ATECO. Come abbiamo visto nell’articolo: “Codice Ateco cos’è a cosa serve e dove trovare quello di appartenenza”, il codice ATECO rappresenta la Classificazione delle attività economiche ed è una tipologia di classificazione adottata dall’Istituto Nazionale di Statistica italiano (ISTAT). Serve per le rivelazioni statistiche nazionali di carattere economico.

Inoltre l’apertura della partita IVA comporta anche la scelta del relativo regime contabile: regime forfettario, regime dei minimi o regime ordinario.

Come ultimo step al quale adempiere, non rimane che l’INPS. É necessario recarsi presso l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale per comunicare la propria posizione previdenziale. In alcuni casi, ad esempio per le ditte individuali la dove è richiesto, è necessario anche iscriversi alla Camera di commercio (dipende comunque dall’attività svolta) e comunicare al comune di appartenenza l’avvio dell’attività.

I soggetti che possono aprire partita IVA

In linea generale chiunque. Nello specifico diciamo che lavoratori autonomi, professionisti e titolari di società, sono tenuti ad aprire una partita IVA.

Quanto costa aprire una partita iva

Veniamo ai costi, la parte, forse, più importante. Aprire una partita IVA non costa nulla. Mantenerla invece si. Tutto dipende dal regime contabile scelto.
In regime di contabilità ordinaria, chi apre partita IVA e deve registrare l’attività presso la Camera di Commercio, deve pagare alla stessa circa € 80-100/annui. A questo costo dovrà essere aggiunto l’importo da corrispondere all’eventuale commercialista, nonché i contributi INPS. Infine sono da considerare anche il pagamento delle imposte IRPEF e IRAP, calcolate sul reddito e sul valore aggiunto.

Chi invece appartiene al regime forfettario, godrà di qualche agevolazione in più. Questo regime, come abbiamo già visto, prevede l’esenzione IVA e una tassazione ad aliquote molto ridotte per l’IRPEF (pari al 15% e al 5% per i primi cinque anni di attività). Da tenere comunque in considerazione che nel forfettario non è possibile portare in detrazione le spese sostenute (unica eccezione i contributi previdenziali obbligatori).

Il consiglio generale è di evitare di aprire una partita IVA con introiti annui al di sotto di € 5000.

Aprire una partita iva: la procedura da seguire e i costi da sostenere

Mantenere una partita IVA: i costi

Aprirla è gratis, ma mantenerla costa. Tutto dipende dal regime scelto e dal tipo di attività svolta. Quando si apre un’attività nel calcolo dei costi da sostenere per il suo mantenimento troviamo:

Obblighi fiscali

Chi apre una partita iva ricordiamo che dovrà anche adempiere a precisi obblighi fiscali, tra i quali:

Smart Working, firma digitale e rapporti lavorativi

La pandemia di Covid-19 ha modificato profondamente la gestione dei rapporti lavorativi. Attività come lo smart working, prima considerate secondarie, se non addirittura marginali, sono invece diventate indispensabili allo svolgimento delle normali attività lavorative. Allo stesso modo l’uso della firma digitale, già utilizzata e conosciuta dagli avvocati, si è imposto come strumento indispensabile a soggetti imprenditoriali o normali cittadini.
Questa è stata probabilmente una delle più grosse rivoluzioni tecnologiche, dall’avvento della fatturazione elettronica. Una rivoluzione più che mai necessaria a garantire la sopravvivenza sul mercato delle attività e della cura degli affari imprenditoriali.

L’era del commercio digitale e della fatturazione elettronica

La pandemia del Coronavirus ha avuto effetti impattanti per aziende, imprese, liberi professioni e qualunque altro soggetto emittente fatturazione elettronica. Il virus ha richiesto misure straordinarie per riorganizzare il lavoro a distanza, stabilendo nuove regole nei rapporti interni ed esterni.
La risposta più immediata da parte del mondo del lavoro è stata quella della vendita online. Gli e-commerce sono esplosi e sempre più attività si sono convertite al web, garantendo così la continuità aziendale. Chi già aveva un sito web, ha pensato bene di convertirlo in e-commerce. Mentre chi non ne possedeva ancora uno, ha provveduto quanto prima a farlo realizzare.
A questo incremento del commercio informatico, ne è conseguito un altro altrettanto consistente del ciclo di fatturazione digitale.
Come un’ondata di alta marea, i software house di fatturazione elettronica, sono stati travolti da una maroso di fatture elettroniche. Solo i più stabili, sicuri e dotati di funzionalità avanzate ed impostazioni personali, hanno retto il colpo, riuscendo a garantire la costante creazione di documenti precompilati automaticamente, in pochissimi click. FatturaPRO.click ha permesso a migliaia di utenti di poter continuare a lavorare grazie al proprio sofisticato sistema di funzionamento:

  • Fatturazione Elettronica B2B e B2C
  • Ordini Telematici NSO e PEPPOL
  • Ciclo passivo automatizzato
  • Connessione con il Commercialista (per rimanere in contatto con il proprio referente, anche in un periodo di lontananza sociale come questo)

fattura elettronica

Inoltre, FatturaPRO.click, ha implementato una nuova funzionalità che permette di emettere documento commerciale on-line senza un registratore di cassa. Con FatturaPRO.click è possibile ricevere il Documento Commerciale direttamente Online, dall’Agenzia delle Entrate. Niente più soldi spesi inutilmente nei registratori di cassa, nemmeno quando le attività commerciali potranno rialzare la saracinesca reale della propria attività.

Attivazione Smart Working e conseguenze lavorative

Non solo e-commerce, ma anche “il lavoro da casa”, ha rappresentato una nuova alternativa nella nostra società.
L’attivazione dello smart working è l’esempio più emblematico della rivoluzione tecnologica alla quale abbiamo assistito, dopo quella della fatturazione elettronica. In risposta al distanziamento sociale e alle restrizioni sulla mobilità, ha rappresentato l’unica vera soluzione al mantenimento della piena operatività per azienda e professionisti in generale.
In passato, o meglio, prima della pandemia, lo smart working era sempre stato l’eccezione e non la regola. Il Covid-19 ha ribaltato la situazione e cambiato le priorità. Le aziende si sono trovate di conseguenza a dover riorganizzare velocemente la routine lavorativa, mettendo tutti i dipendenti nella condizione di poter lavorare a pieno regine da casa.

La firma digitale per attestare la paternità dei documenti

Il terzo grande cambiamento che la maggior parte dei contribuenti ha dovuto affrontare in questo periodo di crisi, è stata quella della firma digitale. L’attestazione digitale della paternità dei documenti, era già ben nota e utilizzata dagli avvocati. Tra i primi a usufruire di questo strumento, non hanno accusato più di tanto, il ricorso alla firma elettronica. A differenza di molte altre categorie che si sono trovate a scontrarsi per la prima volta con questo innovativo strumento di lavoro.
I contratti che prevedono e accettano la firma digitale sono regolamentati dal Codice del Consumo (D.lgs. 206/2005 e successive modiche) e dal Codice del commercio elettronico (D.lgs 70/2003 e successive modifiche).
L’impatto è stato forte. Piano piano, tutti (o quasi) hanno saputo adattarsi alle nuove regole del commercio imposte dalla pandemia.

Verso la completa digitalizzazione

Dalla fatturazione elettronica, alla firma digitale, dallo smart working, all’avvento del commercio elettronico, tutto parla la lingua dell’informatica. Ormai i modelli di business del passato sono stati stravolti. Bene o male, siamo tutti chiamati ad adattarci alle nuove direttive.

Da tempi bui e burrascosi come quelli attuali, nascono sempre idee importanti per il futuro.