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Contributi inarcassa: tutte le novità del 2023

INARCASSA è la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza per gli Ingegneri e gli Architetti. È un ente previdenziale che offre coperture sociali ai professionisti iscritti all’albo professionale di ingegneri e architetti.

I professionisti iscritti ad INARCASSA sono tenuti al versamento di diverse tipologie di contributi previdenziali e assistenziali. In particolare, i contributi previdenziali e assistenziali a carico degli iscritti comprendono il contributo soggettivo, il contributivo facoltativo, il contributo integrativo, e il contributo di maternità/paternità.

Inarcassa Contributo

I contributi Inarcassa sono obbligatori per i professionisti iscritti all’Ordine degli Ingegneri, Architetti, e Agronomi, e sono versati all’ente previdenziale Inarcassa, il quale si occupa di garantire una copertura previdenziale completa a tutti i professionisti che ne fanno parte. I contributi sono suddivisi in diverse categorie e sono calcolati in base al reddito del professionista. In particolare, il calcolo si basa su un’aliquota percentuale che varia in base alla categoria di appartenenza e alla classe di reddito.

La categoria di appartenenza è determinata in base alla natura del lavoro svolto dal professionista e comprende diverse classi di attività, come ad esempio l’architettura, l’ingegneria civile, l’ingegneria elettronica, la pianificazione territoriale, e molte altre. La classe di reddito, invece, è stabilita in base al reddito annuo lordo del professionista, ovvero la somma di tutti i compensi percepiti nell’arco di un anno solare. In base alla categoria di appartenenza e alla classe di reddito, è applicata un’aliquota percentuale che rappresenta la percentuale del reddito che il professionista deve versare come contributo Inarcassa.

I contributi Inarcassa hanno lo scopo di garantire una copertura previdenziale completa ai professionisti iscritti. Questa comprende diverse prestazioni come la pensione, l’invalidità, l’infortunio sul lavoro, la malattia, e molte altre. In particolare, la pensione è erogata in base alla formula contributiva, ovvero in base alla somma dei contributi versati nel corso della carriera lavorativa del professionista. In questo modo, i professionisti iscritti a Inarcassa possono contare su una copertura previdenziale completa e affidabile, che li protegge in caso di eventuali imprevisti e garantisce loro un futuro tranquillo e sereno.

Contributi inarcassa

Inarcassa Contributi: tipologie di contributi

Il contributo soggettivo è il principale contributo previdenziale e assistenziale a carico degli iscritti INARCASSA. È calcolato in base al reddito professionale netto dichiarato ai fini I.R.P.E.F. e la percentuale di calcolo per il 2023 è pari al 14,5% sino a € 125.450 euro. Il contributo minimo comunque dovuto è pari a € 2.475, indipendentemente dal periodo di iscrizione.

Il contributivo facoltativo è calcolato invece in base a un’aliquota modulare applicata sul reddito professionale netto. Tale contributo è compreso tra l’1% e l’8,5% e si applica sul reddito dichiarato nell’anno precedente, da un minimo annuo e infrazionabile pari a euro 225,00 fino a un massimo di € 10.663,00.

Il contributo integrativo, obbligatorio per i professionisti iscritti all’albo professionale e titolari di partita IVA, anche se non iscritti a INARCASSA, e per le società di Ingegneria, è calcolato in misura percentuale sul volume di affari professionale dichiarato ai fini IVA. Per l’anno 2023, il contributo integrativo minimo è pari a € 745,00 e la soglia massima di volume d’affari Iva, oltre cui non è prevista la “retrocessione”, è pari a € 170.850,00.

Il contributo di maternità/paternità, obbligatorio per tutti gli iscritti INARCASSA, è pari per il 2022 a € 44,00.

Contributi Inarcassa: come effettuare i versamenti

Il versamento dei contributi Inarcassa può essere effettuato in un’unica soluzione oppure tramite versamenti multipli, entro il 31 dicembre dell’anno in corso. Il contributo facoltativo del 2023 deve essere versato entro il 31/12/2023.

Inoltre, dal 1° gennaio 2023, il cedolino mensile della pensione e la Certificazione Unica dei redditi (CU) sono disponibili ai pensionati SOLO nell’area riservata di INARCASSA On Line (iOL). L’accesso è possibile, oltre che con codice Pin e password per chi ne è già in possesso, tramite lo “SPID” (Sistema Pubblico di identità Digitale), o la “CIE” (Carta di Identità Elettronica).

Scadenze fiscali: calendario 2023

Le scadenze fiscali rappresentano un impegno annuale per tutti i contribuenti e le imprese che operano sul territorio italiano. Nel corso del 2023, ci sono importanti appuntamenti fiscali che è bene conoscere e programmare in anticipo per evitare sanzioni e problemi con il Fisco. Esaminiamo quindi le scadenze fiscali del calendario 2023, suddividendo l’argomento in tre sezioni principali.

Scadenze fiscali per i contribuenti

Le scadenze fiscali per i contribuenti sono molteplici e coprono un’ampia gamma di tasse e imposte. Di seguito, elenchiamo le principali scadenze fiscali per il 2023:

  1. 16 giugno: scadenza per il pagamento del saldo dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) per i contribuenti che hanno presentato la dichiarazione dei redditi entro il 2 ottobre 2022, oppure entro il 30 novembre 2022 se presentata via telematica.
  2. 30 giugno: scadenza per il versamento della seconda rata dell’imposta municipale propria (IMU) e della tassa sui rifiuti (TARI) per le abitazioni principali e le relative pertinenze.
  3. 16 settembre: scadenza per il versamento della seconda rata dell’acconto IRPEF e delle addizionali regionali e comunali per i contribuenti che hanno optato per il pagamento in due rate.
  4. 30 novembre: scadenza per la presentazione della dichiarazione dei redditi per i contribuenti che hanno percepito redditi da lavoro autonomo o assimilati nel 2022.
  5. 16 dicembre: scadenza per il versamento del saldo dell’acconto IRPEF e delle addizionali regionali e comunali per i contribuenti che hanno optato per il pagamento in due rate.

Queste sono solo alcune delle scadenze fiscali più importanti per i contribuenti nel 2023. Per una lista completa, si può consultare il sito dell’Agenzia delle Entrate.

Scadenze fiscali

Scadenze fiscali annuali per le imprese

Anche le imprese hanno obblighi fiscali annuali da rispettare, che variano in base alla loro forma giuridica e alle loro attività. Di seguito, elenchiamo le principali scadenze fiscali annuali per le imprese nel 2023:

  1. 28 febbraio: scadenza per la presentazione del modello Redditi 2022 per le società di capitali (S.p.A., S.r.l., ecc.), dei relativi allegati e della dichiarazione IVA annuale.
  2. 30 aprile: scadenza per la presentazione del modello Unico 2023 per le società di persone (società semplice, società in nome collettivo, società in accomandita semplice), dei relativi allegati e della dichiarazione IVA annuale.
  3. 31 maggio: scadenza per la presentazione del modello IVA annuale per tutte le imprese che hanno effettuato operazioni soggette a IVA nel corso dell’anno precedente.
  4. 16 giugno: scadenza per il versamento del saldo dell’IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive) per le imprese che hanno optato per il pagamento in due rate.
  5. 30 giugno: scadenza per il versamento della seconda rata dell’IMU e della TARI per le attività produttive.
  6. 16 settembre: scadenza per il versamento della seconda rata dell’acconto IRPEF e delle addizionali regionali e comunali per le imprese che hanno optato per il pagamento in due rate.
  7. 30 settembre: scadenza per la presentazione della dichiarazione dei redditi delle persone giuridiche per l’anno 2022.

Anche in questo caso, si tratta solo delle scadenze fiscali annuali più importanti per le imprese nel 2023. Per una lista completa, si può consultare il sito dell’Agenzia delle Entrate.

Calendario fiscale: consigli per la pianificazione fiscale

Pianificare le scadenze fiscali può essere complicato, ma esistono alcuni consigli che possono aiutare a semplificare il processo:

  1. Utilizzare un calendario fiscale: scaricare un calendario fiscale dall’Agenzia delle Entrate o da un sito specializzato può essere utile per tenere traccia delle scadenze fiscali e programmare i versamenti in anticipo.
  2. Automatizzare i pagamenti: utilizzare servizi di home banking o di addebito diretto può semplificare i pagamenti delle tasse e ridurre il rischio di ricevere una cartella esattoriale e sanzioni per ritardi o omissioni.
  3. Conoscere le agevolazioni fiscali: informarsi sulle agevolazioni fiscali previste dalla normativa può consentire di ridurre l’imponibile e, di conseguenza, l’importo delle tasse da pagare.
  4. Affidarsi a un commercialista: in caso di dubbi o di complessità fiscale, è sempre consigliabile affidarsi a un commercialista o a un esperto fiscale che possa fornire assistenza e consulenza personalizzata.
  5. Controllare le fatture elettroniche e le spese: è importante tenere sotto controllo le fatture elettroniche e le spese per poter dedurre le spese e ottenere crediti d’imposta. Un’attenta gestione delle fatture e delle spese può consentire di ottenere una riduzione del reddito imponibile e, di conseguenza, una riduzione dell’imposta dovuta.
  6. Mantenere i documenti in ordine: tenere in ordine i documenti contabili e fiscali è fondamentale per non incorrere in sanzioni e per semplificare le operazioni di dichiarazione dei redditi e di versamento delle tasse. Utilizzare un software di contabilità può essere utile per tenere traccia delle entrate e delle uscite e per generare documenti contabili e fiscali in modo automatico.

In generale, una buona pianificazione fiscale richiede una conoscenza approfondita delle normative fiscali, una corretta gestione dei documenti e delle scadenze, e un’attenta valutazione delle possibili agevolazioni e delle deduzioni fiscali. Con un po’ di impegno e di organizzazione, è possibile evitare problemi con il Fisco e ottenere una maggiore tranquillità e sicurezza nella gestione delle finanze aziendali.

Differenza tra carta di credito e carta di debito: cosa sono e in cosa differiscono

Le carte di credito e di debito sono due strumenti di pagamento molto comuni nella vita quotidiana, ma spesso si fa confusione tra le due tipologie di carta. Entrambe presentano vantaggi e svantaggi e caratteristiche uniche. Cerchiamo quindi di capire, nel dettaglio, la differenza tra carta di credito e carta di debito, analizzando il funzionamento e le caratteristiche di entrambe le opzioni.

Funzionamento e caratteristiche delle carte di credito e di debito

Le carte di credito e di debito sono entrambe emesse da banche o istituti finanziari, ma funzionano in modo differente. La carta di debito è collegata al conto corrente bancario del titolare, e permette di prelevare denaro dal proprio conto o di effettuare pagamenti online o in negozio, finché si dispone di fondi sufficienti sulla propria carta. Al contrario, la carta di credito consente di effettuare acquisti a credito, ovvero di spendere denaro che non si ha immediatamente disponibile, e di restituire la somma spesa in un secondo momento, con l’aggiunta di eventuali interessi.

Inoltre, le carte di credito sono spesso associate ad un limite di credito, che rappresenta la somma massima di denaro che il titolare può spendere a credito. Questo limite è stabilito dalla banca o dall’istituto finanziario in base alla solvibilità del cliente, ovvero alla sua capacità di ripagare il debito accumulato. La carta di debito, invece, non ha un limite di spesa a credito, ma il titolare può effettuare acquisti solo fino al limite dei fondi disponibili sul conto corrente. È inoltre prevista una scadenza carta di credito e di debito, che segna la fine del periodo di validità di entrambe. Il periodo varia da carta a carta e dall’accordo con l’istituto che le emette.

Vantaggi e svantaggi delle carte di credito e di debito

Le carte di credito e di debito presentano vantaggi e svantaggi diversi, che dipendono dalle esigenze e dalle abitudini di ciascun titolare.

Tra i vantaggi della carta di credito, vi è la possibilità di effettuare acquisti anche quando non si dispone di denaro sufficiente sul proprio conto corrente, senza dover preoccuparsi di rimanere senza liquidità. Inoltre, molte carte di credito offrono vantaggi come sconti, cashback e punti fedeltà, che possono rappresentare un incentivo per il loro utilizzo. Infine, le carte di credito offrono maggiori protezioni contro le frodi rispetto alle carte di debito, poiché in caso di transazioni non autorizzate il cliente ha diritto a richiedere il rimborso.

Tra gli svantaggi della carta di credito, invece, vi è il rischio di accumulare debiti e di pagare interessi elevati in caso di ritardato pagamento. Inoltre, l’utilizzo della carta di credito può comportare costi aggiuntivi, come le commissioni sui prelievi in contanti o le spese per l’emissione e la gestione della carta. Infine, il limite di credito associato alla carta di credito può rappresentare un’ulteriore fonte di preoccupazione per i titolari, che devono monitorare costantemente i propri acquisti per evitare di superare il limite e accumulare debiti e interessi eccessivi.

Differenza tra carta di credito e carta di debito

Vantaggi carta di debito

Tra i vantaggi della carta di debito, vi è la possibilità di utilizzare il proprio denaro senza dover pagare interessi o eventuali debiti successivi. Inoltre, le carte di debito offrono un controllo maggiore sulle proprie finanze, poiché il titolare può effettuare solo acquisti fino al limite dei fondi disponibili sul proprio conto corrente. L’utilizzo della carta di debito è generalmente meno costoso rispetto alla carta di credito, poiché non comporta l’addebito di interessi o di altre spese aggiuntive.

Tra gli svantaggi della carta di debito, invece, vi è la possibilità di rimanere senza fondi in caso di acquisti imprevisti o di prelievi di denaro in contanti. Inoltre, queste carte offrono meno protezioni contro le frodi rispetto alle carte di credito, poiché in caso di transazioni non autorizzate il cliente potrebbe dover affrontare procedure più complesse per ottenere il rimborso.

Utilizzo e diffusione delle carte di credito e di debito nel mondo

Visto quali sono le principali differenza tra carta di credito e carta di debito, cerchiamo adesso di capire quanto e come sono diffuse le une e le altre nel mondo. Entrambe sono metodi di pagamento molto diffusi in tutto il mondo, ma la loro diffusione varia notevolmente da paese a paese. Ad esempio, negli Stati Uniti e in molti paesi europei, le carte di credito sono molto più diffuse rispetto alle carte di debito, mentre in paesi come l’Italia e la Germania le carte di debito sono ancora molto utilizzate.

Inoltre, l’utilizzo delle carte di credito e di debito è in continua evoluzione, grazie all’innovazione tecnologica e all’introduzione di nuove soluzioni di pagamento digitali. Ad esempio, molte carte di credito e di debito sono oggi dotate di tecnologia contactless, che consente di effettuare pagamenti senza contatto fisico con il terminale di pagamento. Inoltre, sono sempre più diffuse soluzioni di pagamento tramite smartphone e wearable, che permettono di effettuare pagamenti in modo rapido e sicuro utilizzando dispositivi mobili.

Scadenza carta di credito: quanto dura una carta e a cosa serve la scadenza

La carta di credito è, oggi, uno dei metodi di pagamento più comuni e utilizzati al mondo. Ogni carta di credito ha una scadenza unica che può variare a seconda dell’istituto finanziario emettitore e del tipo di carta stessa. È importante conoscere la scadenza carta di credito per diversi motivi. Innanzitutto, la scadenza segna il momento in cui la carta diventa obsoleta e non può più essere utilizzata per effettuare acquisti. In secondo luogo, la scadenza della carta può influire sul tasso di interesse applicato sui saldi non pagati o sui nuovi acquisti. Conoscere la scadenza della propria carta di credito consente di gestire al meglio la propria situazione finanziaria e di evitare problemi legati all’utilizzo della carta stessa. 

Carta di credito scadenza: quanto dura una carta di credito

La durata di una carta di credito è un fattore importante da considerare. Questo infatti influisce sulla sua validità e sulle opzioni disponibili per il titolare della carta. La durata media di una carta di credito è di 2-3 anni, ma questo periodo può variare a seconda del tipo di carta e dell’istituto finanziario che l’ha emessa. Ad esempio, alcune carte di credito premium possono avere una durata più lunga di 3 anni, mentre alcune carte di credito a basso costo possono avere una durata più breve di 2 anni.

In ogni caso, è fondamentale leggere sempre attentamente i termini e le condizioni della carta di credito al momento dell’emissione per conoscere la durata esatta della carta e le opzioni disponibili per il titolare. Ad esempio, alcune carte di credito possono offrire opzioni di proroga della scadenza o di rinnovo automatico della carta, mentre altre possono richiedere una richiesta di rinnovo da parte del titolare della carta.

Da tenere presente che la durata della carta di credito può influire sulle opportunità di utilizzo della carta, come ad esempio la disponibilità di offerte speciali o di programmi di premi. Conoscere la durata della propria carta di credito consente di pianificare in modo efficace l’utilizzo della carta e di evitare situazioni in cui la questa diventa obsoleta prima che il titolare abbia avuto modo di utilizzarla.

Scadenza carta di credito

Scadenza carta di credito: a cosa serve

La scadenza carta di credito è un fattore importante per la sicurezza del sistema bancario e dei consumatori. Garantendo che la carta sia utilizzabile solo da coloro che sono autorizzati e che hanno le informazioni corrette, la scadenza aiuta a prevenire frodi e truffe. Inoltre, serve anche a mantenere l’integrità del credito del titolare della carta, assicurando che non ci siano problemi di solvibilità che possano impedirgli di utilizzarla.

La scadenza della carta di credito non influisce sulla validità delle transazioni effettuate con la carta prima della scadenza stessa. Tuttavia, una volta che la carta è scaduta, il titolare deve richiederne una nuova o un’estensione della validità di quella corrente. La scadenza della carta di credito può avere un impatto significativo sul credito disponibile e sui tassi di interesse applicati alla carta. In alcuni casi, la banca o l’istituto finanziario potrebbero decidere di ridurre la disponibilità di credito per la carta se la scadenza è imminente. Può altresì prevederlo se il titolare della carta ha recentemente utilizzato la carta in modo insolito o ha accumulato un elevato debito. Inoltre, i tassi d’interesse applicati alla carta possono aumentare all’avvicinarsi della scadenza, soprattutto se il titolare della carta non ha dimostrato di essere affidabile nell’utilizzo della carta. Pertanto, è importante che i titolari di carte di credito monitorino la scadenza e si assicurino di mantenere una buona situazione finanziaria e un uso responsabile della carta per evitare costi elevati e limitazioni di credito.

Scadenze carte di credito: e dopo?

Una volta che la scadenza della carta di credito è trascorsa, il titolare ha due opzioni:

  1. Richiedere una nuova carta – Chi sceglie di richiedere una nuova carta, deve fornire nuovamente tutte le informazioni personali e l’istituto di credito che la emette sottoporrà il richiedente a una nuova verifica della situazione finanziaria attuale.
  2. Continuare a utilizzare la vecchia carta richiedendo una proroga della scadenza – per molte carte di credito in scadenza, i titolari hanno la possibilità di richiedere la proroga della stessa. Questo significa che la banca o l’istituto finanziario emittente la carta può estendere la data di scadenza per un periodo di tempo determinato. In questo modo, i titolari possono continuare a utilizzare la propria carta senza doverne richiedere una nuova. La proroga della carta di credito può essere richiesta in diversi modi, come ad esempio tramite telefono, online o presso una filiale della banca. La proroga potrebbe essere soggetta a specifiche condizioni e potrebbe essere richiesto un deposito cauzionale o un ulteriore controllo delle informazioni sul titolare della carta.

Le carte di credito si sono ormai sostituite, quasi del tutto, al pagamento in contanti. Questo perché presentano molteplici vantaggi, tra cui la possibilità di, per alcune carte, di richiederne una nuova anche prima della scadenza stessa. Questo può avvenire se il titolare della carta non ha utilizzato la carta per un certo periodo di tempo. Oppure può avvenire anche se ci sono stati problemi con il suo utilizzo. In questi casi, la banca o l’istituto finanziario emettitore della carta può richiedere una nuova tessera. Solo in questo modo può garantire che il titolare sia ancora in grado di utilizzarla carta in modo sicuro e affidabile.

Come fatturare senza partita iva

Vediamo nel dettaglio come fatturare senza avere una partita IVA. Prima di tutto è necessario precisare che è possibile vendere anche se non si ha una partita IVA nei casi e nei limiti in cui stiamo effettuando una prestazione occasionale. E’ importante, però, registrare correttamente le ricevute emesse e rispettare i limiti di guadagno stabiliti per evitare sanzioni fiscali.

Come fatturare senza partita IVA

E’ possibile, come precedentemente accennato, “vendere” anche senza aprire una partita IVA, o senza fare impresa. Il termine “fatturare” in questo caso è utilizzato impropriamente in quanto il documento che andremo a emettere non è una fattura ma una ricevuta. I casi in cui è possibile effettuare una vendita senza essere in possesso di una Partita IVA sono i seguenti:

  • Prestazioni di lavoro occasionale di tipo accessorio: per chi svolge un’attività occasionale che non supera i 5.000 euro all’anno, non è necessario avere una partita IVA. In questo caso, è possibile emettere una ricevuta per prestazione occasionale indicando il proprio nome e cognome e la prestazione svolta.
  • Vendita una tantum:  per chi effettua la vendita di beni usati o piccole produzioni artigianali, dove non siamo tenuti a emettere alcun documento.
  • Associazioni senza partita IVA: alcune associazioni (per esempio le associazioni culturali con solo Codice Fiscale) sono a oggi ancora esentate dall’emissione delle fatture elettroniche e di conseguenza non hanno l’obbligo di dotarsi di una Partita IVA, in questi casi tali associazioni possono emettere delle ricevute per le quote associative.

Indipendentemente dalla propria condizione, è necessario registrare correttamente gli eventuali documenti emessi.

Fattura elettronica senza partita IVA: perché non si può fare in questi casi

La fatturazione senza partita IVA non è possibile in quanto per “fatturazione” si intende oggi l’emissione di una fattura elettronica che può essere effettuata solo da soggetti dotati di una Partita IVA. In questo caso, trovandoci in una delle condizioni sopra indicate, il documento che dobbiamo emettere può essere solo una ricevuta per prestazione occasionale i cui vantaggi e svantaggi sono elencati di seguito:

I vantaggi principali sono:

  1. Riduzione dei costi: non è necessario pagare le tasse annuali per la partita IVA e non ci sono costi per la sua gestione.
  2. Semplicità: è più semplice gestire l’ emissione di ricevute piuttosto che di fatture elettroniche, soprattutto per le piccole attività.

D’altra parte, ci sono alcuni svantaggi da considerare:

  1. Le prestazioni occasionali non possono superare i 5.000 euro all’anno e le associazioni senza partita IVA hanno limitazioni nell’emettere ricevute, il che è un grosso limite per alcune attività.
  2. Sanzioni fiscali: se non si registrano correttamente le ricevute emesse, si rischiano sanzioni fiscali.

In generale, quindi, la vendita senza partita IVA può essere un’opzione conveniente per alcune attività, ma richiede molta attenzione nel monitoraggio dei limiti, nella gestione delle ricevute e nella registrazione delle operazioni effettuate.

Come fatturare senza partita iva

Vendita senza partita IVA: come evitare sanzioni fiscali

Per evitare sanzioni fiscali in caso di vendita di oggetti o servizi senza partita IVA, è importante seguire alcune regole:

  1. Registrare correttamente le ricevute emesse: tutte le ricevute emesse devono essere registrate e conservate per almeno dieci anni.
  2. Conservare i documenti giustificativi: è importante conservare tutti i documenti giustificativi delle spese sostenute e delle entrate percepite.
  3. Rispettare i limiti di guadagno: è importante rispettare i limiti di guadagno stabiliti per le prestazioni occasionali e per le associazioni senza partita IVA, altrimenti si rischiano sanzioni fiscali.
  4. Comunicare al cliente che si sta emettendo una ricevuta senza partita IVA: è fondamentale informare il cliente che si sta emettendo documento diverso da fattura in quanto sprovvisti di partita IVA, in modo che sia a conoscenza della situazione e possa verificare se è in regola con le normative fiscali.
  5. Utilizzare un software di emissione delle ricevute come FatturaPRO.click: per evitare errori, monitorare i limiti , tenere traccia delle proprie ricevute e la ricezione delle fatture elettroniche.

In generale è importante tenere sempre traccia di tutte le operazioni effettuate, per evitare di incorrere in errori e sanzioni fiscali.

In conclusione, la fatturazione elettronica senza partita IVA non è possibile, mentre l’emissione delle ricevute consente dei vantaggi come la riduzione dei costi e la semplicità, ma presenta anche degli svantaggi come i limiti di guadagno e le sanzioni fiscali.

Come fare un preventivo perfetto

Un preventivo è un documento molto importante per qualunque professionista. È indispensabile a far conoscere ai propri clienti la stima dei costi per servizi e prodotti offerti. Per questo motivo è fondamentale sapere come fare un preventivo perfetto mostrando nel dettaglio tutte le attività svolte per definire il progetto, i termini e le condizioni dell’accordo.

Cosa sono i preventivi e a cosa servono

Un preventivo è un documento redatto da un professionista per far conoscere ai propri clienti tutti gli elementi che regolano un accordo. Nel preventivo sono infatti riassunte le seguenti voci:

  • metodi di pagamento
  • descrizione di tutte le attività svolte per offrire quel determinato prodotto/servizio
  • durata rapporto contrattuale
  • condizioni particolari come, ad esempio, la possibilità d’interrompere preventivamente il rapporto lavorativo
  • dati del professionista (eventuali iscrizioni all’albo, elenchi professionali, dati aziendali, ecc…)

è importante sapere come fare un preventivo perché, con l’accettazione di questo documento da parte del cliente, ha inizio la prestazione lavorativa concordata. È sempre consigliato redigerlo in forma scritta, per tutelare entrambe le parti.

Oggi esiste una disciplina scritta che prevede l’obbligo di preventivo scritto per i professionisti iscritti ad albi professionali. In altre parole, i lavoratori autonomi o qualunque altro soggetto che decide di diventare imprenditore ed è iscritto a un qualunque albo, deve per forza presentare ai propri clienti un preventivo scritto per l’accettazione delle prestazioni offerte. Non esiste però una specifica disciplina sanzionatoria. Attraverso il preventivo, il libero professionista, deve presentare il conferimento dell’incarico.

Come fare un preventivo

Come fare un preventivo perfetto

Un preventivo è formato da diverse parti:

  1. Intestazione – in questa parte il professionista deve riportare tutti i dati personali: partita IVA, iscrizione alla Camera di Commercio, PEC, ecc…
  2. Data – si tratta della data di presentazione della proposta d’accordo. Serve a far capire la celerità nella risposta al cliente. Di solito i preventivi hanno scadenza, una data sempre scelta da chi li emette. La scadenza è utile per mettere anche una sorta di “pressione” psicologica al cliente (prendere o lasciare)
  3. Durata – la durata indica la tempistica per l’esecuzione della prestazione venduta, quindi indica la quantità di tempo necessario a realizzare un dato progetto.
  4. Organizzazione dell’incarico – una parte essenziale utile a far comprendere al cliente qual è il risultato ottenibile attraverso i servizi offerti. È importante indicare tutte le attività da svolgere per compiere un progetto, ma anche tutte quelle estranee allo stesso. Vale a dire che non basta far sapere al cliente cosa è POSSIBILE FARE, è importante anche specificare COSA NON è COMPRESO NEL PROGETTO.
  5. Condizioni economiche – è qui che è presentato al cliente il preventivo lordo della prestazione offerta. Sono quindi da dettagliare tutti i costi vivi sostenuti per eseguire quanto promesso.
  6. Modalità di fatturazione – specificare le modalità di pagamento serve a evitare futuri problemi nella fatturazione. Devono quindi essere inseriti tutti i dati necessari per fatturare correttamente e per poter ricevere il pagamento stabilito.
  7. Eventuale recupero del credito – questa sezione serve a tutelare il professionista da un eventuale mancato pagamento e/o saldo da parte del committente. Utile in caso di avvio pratiche per il recupero del credito.
  8. Risoluzione anticipata dell’accordo – devono essere inoltre presenti le eventuali ipotesi di risoluzione anticipata dell’accordo.
  9. Firma – il preventivo deve sempre essere firmato da parte del cliente. Senza la firma il preventivo è considerato non accettato. Al cliente va lasciata una regolare copia del documento. Un preventivo non è un contratto ed è sempre modificabile fino a quando la controparte non lo accetta. Una volta formato è irrevocabile.

Come scrivere un preventivo

La forma conta tanto quanto il contenuto. Molti professionisti utilizzano una bozza di fattura come un preventivo. È un’abitudine che è meglio non avere, o perdere. Risulta molto più professionale e convincente redigere un preventivo scritto a se stante. Per avere successo e sapere come fare un preventivo perfetto basta ricordare di essere sempre tempestivi, precisi e dettagliati e scriverlo in maniera semplice e comprensibile a tutti.

Tracciabilità pagamenti e riduzione dei termini di accertamento

La tracciabilità pagamenti è un argomento sempre attuale e di grandissima importanza per tutti gli imprenditori e i professionisti. Grazie all’articolo 3 del D. Lgs n° 127/2015 è possibile ottenere delle discrete agevolazioni fiscali se pagamenti e incassi sopra i 500€ sono tracciati. Vediamo allora di capire come, quando e a chi si applicano queste agevolazioni

Tracciabilità pagamenti e accertamenti

Attualmente i termini di accertamento per pagamenti e incassi su lavoro autonomo e imprese corrisponde al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione delle dichiarazioni dei redditi. A stabilire questa scadenza è l’articolo 43 comma 1 del DPR n° 600/1973.

Adesso, però, è possibile ottenere una riduzione dei termini di accertamento di ben due anni rispetto a quelli ordinari. Quindi, rispettando determinati criteri è possibile una riduzione che equivale al 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione delle dichiarazioni. In altre parole, Agenzia delle Entrate, si impegna a non controllare i cinque anni precedenti, ma solamente tre dal momento della presentazione della dichiarazione, a patto che alcuni requisiti minimi siano rispettati dai contribuenti. Un aspetto molto importante da tenere sicuramente in considerazione durante la propria pianificazione fiscale.

Agenzia delle entrate pagamenti tracciabili

I termini di accertamento IVA e quelli sulle imposte sui redditi hanno scadenza quinquennale. È possibile ridurre questo termini di due anni a patto che tutti i pagamenti effettuati e ricevuti sopra i 500€ siano correttamente tracciati. Questo significa che tutte le operazioni realizzate devono essere documentate tramite fattura elettronica via SdI (Sistema di Interscambio) e/o memorizzate e tramite l’invio dei corrispettivi. I modi stabiliti con il decreto Mef del 4 agosto 2016, devono pertanto essere pienamente rispettati, ivi compreso quello che stabilisce che la regola vale per tutti i pagamenti oltre i 500€ comprensivi di eventuali imposte.

Pagamento tracciato: come deve avvenire

La tracciabilità pagamenti può avvenire effettuando o ricevendo i pagamenti con:

  1. bonifico bancario
  2. bonifico postale
  3. assegno circolare bancario – recante la clausola di non trasferibilità
  4. assegno circolare postale – recante la clausola di non trasferibilità
  5. carta di credito
  6. carta di debito

Tracciabilità pagamenti

I contribuenti che hanno ricevuto o effettuato anche un solo pagamento con metodo diverso da quelli sopra elencati, non possono beneficiare dell’agevolazione fiscale di riduzione dei termini di accertamento. Quindi, basta anche un solo pagamento fatto o ricevuto in contanti, ad esempio, per perdere il diritto all’agevolazione fiscale.

Inoltre, affinché sia possibile usufruire di tale agevolazione, in dichiarazione dei redditi deve essere comunicata l’esistenza dei requisiti. Per farlo è necessario compilare il riquadro RS indicando:

  • RS 136 dei modello redditi PF e SP
  • RS 269 dei modello redditi SC e ENC

Importante barrare correttamente le caselle corrispondenti, pena la perdita del diritto alla riduzione. Infine, per usufruire della riduzione dei termini di accertamento, la dichiarazione dei requisiti deve essere fatta ogni anno.

Agevolazione fiscale: i soggetti beneficiari

L’art.1 del D.Lgs. n. 127/2015 stabilisce i soggetti che possono beneficiare dell’agevolazione fiscale. Ne possono godere i soggetti passivi che emettono esclusivamente fatture elettroniche utilizzando il Sistema di Interscambio. Dal 2020 rientrano in questa categoria anche i commercianti al minuto grazie alla certificazione telematica dei corrispettivi. A conti fatti è possibile far rientrare nella categoria dei beneficiari anche i soggetti sotto regime forfettario.

Accertamento fiscale: i controlli

I soggetti devono essere in grado di provare che tutte le operazioni attive e passive inerenti alla propria attività, sono eseguite esclusivamente con mezzi tracciabili. A seguito di accertamenti fiscali è possibile che i soggetti siano passibili di sanzioni che vanno da un minimo di 250€ a un massimo di 2000€. Sanzioni applicate nel caso di violazione di obblighi informativi, senza contare che perderebbero anche il diritto di poter continuare a beneficiare dell’agevolazione fiscale.

La tracciabilità pagamenti è difficile da garantire, ma non impossibile. Grazie a piattaforme come quella di FatturaPRO.click è possibile automatizzare qualunque operazione attiva o passiva, garantendo così la piena tracciabilità di ogni operazione eseguita nell’ambito della propria attività.

Metodi di pagamento: quali e quanti ne esistono nel 2022

Al mondo esistono tantissimi metodi di pagamento. Nonostante questo, però, L’Italia è il “paese dei contanti”. Pagare con la moneta è, infatti, ancora il metodo più diffuso e preferito nella penisola. Per fortuna però non è l’unico. Dalle carte di credito agli assegni circolari, dalla cambiale agli F24, le possibilità sono molte.

Metodi di pagamento: contanti e pagamenti cash

Per combattere l’evasione fiscale i pagamenti in contanti sono sconsigliati, ma, nonostante tutto, sono ancora i preferiti dagli italiani. Il popolo del Bel Paese preferisce pagare cash. Il pagamento in contanti, per essere ritenuto valido, deve essere eseguito con moneta in corso di validità  secondo valore nominale. Si tratta del concetto secondo il quale il pagamento deve essere effettuato con la quantità di moneta prevista al momento in cui l’obbligazione è sorta. Non è sempre possibile pagare in contanti. Esiste una legge che pone un tetto massimo di 3000 € sulle transazioni.

Pagamento con carta di credito

Il pagamento con carta di credito è sicuramente uno dei più utilizzati. Le carte di credito sono rilasciate dagli Istituti Bancari e prevedono un massimale (somma massima) utilizzabile giornalmente e mensilmente. Le carte di credito si possono ottenere solo se già titolari di un conto corrente aziendale o privato. I massimali possono essere alzati su richiesta del cliente e previa autorizzazione bancaria. Le carte di credito sono usate sia  per acquisti fisici in negozio e che online.

Come funziona la carta di debito

Cugina della carta di credito, quella di debito è conosciuta come carta prepagata. Sulle carte di debito le somme di denaro sono versate anticipatamente dai titolari. Per averne una non è necessario avere un conto corrente. Gli esempi più comuni di carte di debito sono la PostePay e PayPal. Le carte possono essere ricaricate, secondo necessità e le somme utilizzate in un secondo momento. Gli importi ricaricabili variano da carta a carta.

Pagamento con bancomat

Il bancomat si ottiene solo se titolari di un conto corrente. Al momento del pagamento, la somma dovuta è immediatamente addebitata sul proprio conto (a differenza delle carte di credito). Anche il bancomat prevede un massimale giornaliero e mensile, modulabile secondo richiesta e accettazione. Oggi il bancomat è uno dei metodi di pagamento che ogni esercente dovrebbe accettare da quando è entrato in vigore l’obbligo POS per le transazioni commerciali.

Il bonifico bancario

Abbiamo già spiegato come fare un bonifico bancario quindi ci limitiamo a dire che, attraverso questa forma di pagamento, l’ordinante ordina alla propria banca il trasferimento di denaro sul conto corrente del beneficiario.

Compilare un assegno

Esistono tre diverse tipologie di assegni:

  1. circolare
  2. bancario
  3. postale

Assegno circolare

È emesso dalla banca che ne garantisce la copertura. È infatti emesso solo dopo ricezione e verifica della somma richiesta dall’ordinante. Per importi pari o superiori a 1000 € deve riportare la dicitura “non trasferibile”. Affinché sia ritenuto valido deve riportare i seguenti dati:

  • denominazione di assegno circolare
  • garanzia da parte dell’ente emittente del pagamento della somma dovuta
  • nome del beneficiario
  • data e luogo di emissione
  • firma dell’ente emittente

Metodi di pagamento

Assegno bancario

Con l’assegno bancario un soggetto (traente) ordina alla propria banca di pagare uno specifico beneficiario (prenditore). È pagabile a vista. Se inferiore a 1000 € può anche riportare la dicitura al portatore o trasferibile.

Assegno postale

Le Poste italiane sono intermediari finanziari al pari (o quasi) delle banche. Possono quindi rilasciare assegni aventi le stesse caratteristiche di quelli bancari.

Pagamento con cambiali

Si tratta di un metodo di pagamento forse un po’ obsoleto, ma ancora in corso di validità La cambiale altro non è che la promessa di pagamento in una certa data e in dato luogo. È una forma di pagamento differito con efficacia probatoria. In caso di mancato pagamento alla data stabilita, il creditore può agire in via esecutiva sul patrimonio del debitore.

Modello F24

Il modulo F24 è usato per il pagamento della maggior parte delle imposte, tasse e contributi. Ne esistono diverse tipologie: base, accise ed elide.

Ricevuta bancaria

È conosciuta come Ri.BA. e serve a conferire alla propria banca un mandato per l’incasso. È un comodo metodo di pagamento che consente al creditore d’incassare ingenti somme di denaro anche in modo ripetitivo.

Conto corrente aziendale o privato: quale usare per la propria attività

In un precedente articolo abbiamo già visto quale possa essere il costo conto corrente oggi per un privato e un’azienda. I piccoli e medi imprenditori devono quindi valutare se utilizzare un conto corrente aziendale, piuttosto che uno privato. Non è solo il costo di apertura e gestione mensile/annuale che decreta la scelta definitiva. Un conto business, in linea generale, dovrebbe essere sempre considerato a se stante, rispetto a quello privato.

Conto corrente aziendale VS privato: le differenze

La differenza fondamentale tra un conto corrente aziendale e uno privato, riguarda la provenienza del denaro depositato. Nel conto aziendale è depositato il flusso degli introiti proveniente esclusivamente dalla sfera lavorativa. In quello privato, invece, si trovano i soldi attinenti alla propria sfera personale.

Il costo varia in base a diversi fattori: commissioni di transazione, spese di manutenzione, commissioni di deposito, ecc…Alcuni istituti bancari possono offrire alle piccole e medie imprese la possibilità di aprire anche il conto gratuitamente. Stesse agevolazioni previste, in alcuni casi anche per le start up innovative. Non pagare il conto corrente, significa, comunque, dover sottostare a restrizioni e limiti più rigidi.

Le aziende possono anche aprire un conto corrente aziendale di risparmio. Si tratta di un sistema che permette di separare e risparmiare sul capitale circolante e a guadagnare dagli interessi su eventuali fondi. Alcuni, comunque, richiedono un deposito minimo.

Conti correnti aziendali: perché separare le finanze dalla sfera privata

Presa la decisione di fare impresa è importante capire che le finanze della sfera privata devono essere tenute separate da quella aziendale. I motivi sono tanti, soprattutto per una S.R.L.:

  1. la divisione salvaguarda le finanze personali da eventuali problemi finanziari
  2. è più facile monitorare e gestire le finanze aziendali in vista di eventuali futuri investimenti
  3. i soldi aziendali possono essere impiegati più facilmente per migliorare la gestione contabile dell’impresa
  4. è possibile ottenere linee di credito aziendale dalle banche

Conto corrente aziendale

Apertura conto corrente aziendale: perché farlo?

Aprire un conto business presenta indubbi vantaggi per chi decide di diventare imprenditore:

  • Possibilità di usufruire di detrazioni fiscali.
  • Tutela dei risparmi privati e viceversa – il merito creditizio personale, o quello aziendale non subiranno alcun impatto negativo qualora vi fossero delle difficoltà nell’una o nell’altra sfera d’azione.
  • Miglior traccia di entrate e uscite – un conto corrente aziendale è facile e semplice da usare e permette di gestire al meglio il flusso di denaro in entrata e in uscita dalla propria ditta. Il conto aziendale è il termometro di un’azienda che ne monitora il reale stato di salute.
  • Pagare le tasse con facilità – dal conto dell’azienda è più semplice pagare le tasse e accedere a detrazioni fiscali.
  • Aumenta la credibilità e la professionalità di un’impresa – avere un conto corrente aziendale contribuisce a migliorare l’immagine della propria azienda agli occhi degli altri. La rende più professionale e, di conseguenza, più affidabile.

Conto corrente aziendale online: cosa offrono le banche

Le esigenze di un imprenditore sono diverse da quelle di un privato cittadino. Le caratteristiche da controllare prima di aprire un conto business sono tante:

  • Costi – come abbiamo detto possono variare moltissimo a seconda delle commissioni di transazione, spese di manutenzione, commissioni di deposito, ecc… Alcuni istituti sono disposte a rinunciare alle commissioni richiedendo pero un saldo minimo ogni mese. In altri casi, invece, le banche applicano le commissioni di transazione solo se viene superato un determinato volume di transizioni mensili. Come questa, esistono altre decine di caratteristiche che possono far crescere o diminuire il costo di un conto aziendale (online o fisico).
  • Servizi e opzioni disponibili – oltre al costo è da tenere in considerazione i servizi aggiuntivi messi a disposizione dalle banche: applicazioni mobile, carta di credito aziendale che permette l’accesso ad una linea di credito per imprese, servizi per la ricezione di pagamenti online e fisici, ecc…
  • Esigenze personali – per scegliere il giusto conto corrente aziendale è importante vedere quali sono le proprie esigenze da soddisfare (ad esempio come il numero di transazioni commerciali mensili, piuttosto che la possibilità di fare a meno di filiali fisiche).

Qualunque sia l’attività svolta, scegliere di tenere separato il conto privato da quello aziendale, è sicuramente l’opzione migliore. Facilita il lavoro e offre numerosi vantaggi.

Paesi Sepa: quali e quanti sono

I paesi SEPA sono gli Stati che rientrano nell’area del Single Euro Payments Area (acronimo proprio di SEPA). Si tratta di una zona geolocalizzata di cui fanno parte tutti i cittadini degli Stati Membri dell’Unione Europea che effettuano operazioni di pagamento in euro verso gli altri conti correnti. La zona è caratterizzata da un’armonizzazione di piattaforme, strumenti, infrastrutture e costi che rende possibile eseguire scambi con la medesima moneta. I pagamenti effettuabili sono quelli elettronici che prendono in considerazione strumenti quali: bonifici, addebiti diretti e carte di pagamento.

SEPA: a cosa serve

Il circuito SEPA è stato creato con un preciso scopo di semplificazione di tutte le procedure bancarie. Un incentivo per stimolare gli scambi commerciali europei, aumentare la concorrenza tra i prestatori di servizi di pagamento e, di conseguenza, per far diminuire le tariffe. Si tratta di un sistema basato sulla semplicità, sull’efficienza e sulla sicurezza per un mercato europeo più libero e conveniente.

Con il circuito SEPA infatti è possibile effettuare domiciliazioni di pagamenti su conti stranieri, gestire i pagamenti degli stipendi dei propri dipendenti in tutta Europa accentrando la tesoreria in un determinato Paese, aprire un conto corrente in un paese e gestirlo da un altro, ecc…

Paesi Sepa: quali e quanti sono

I paesi SEPA, quelli cioè che rientrano nell’area SEPA, sono ben 36. Di questi 20 sono i paesi Sepa che rientrano nell’area Euro:

  • Austria, Belgio, Cipro, Croazia, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Slovacchia, Slovenia e Spagna.

Altri sette, invece, accettano l’Euro per effettuare e ricevere pagamenti, ma non adottano la moneta unica all’interno del proprio Stato:

  • Bulgaria, Danimarca, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Svezia e Ungheria.

Infine, gli ultimi nove non sono proprio Stati Membri dell’Unione Europea:

  • Città del Vaticano, Andorra, Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Principato di Monaco, Regno Unito, Svizzera e San Marino.

Accettare il sistema SEPA significa accogliere e adottare precisi schemi di pagamento in uso sul mercato nazionale (BON e RID per l’Italia) a quelli standardizzati a livello Europeo:

  1. SCT (SEPA Credit Transfer)
  2. SDD (SEPA Direct Debit).

SEPA Credit Transfer: cos’è e come funziona

Nei paesi SEPA l’SCT (SEPA Credit Transfer) è uno strumento ideato per sostituire  il bonifico nazionale. Un servizio che esiste ormai dal lontano 28 gennaio 2008. Il bonifico SEPA è uno strumento base per eseguire pagamenti da conto a conto. Non rientra in questo schema, invece, il bonifico per cassa. LA transizione dagli schemi nazionali al modello standardizzato è stata progressiva ed è durata fino al primo febbraio del 2014. Da quel momento in poi, il bonifico SEPA è diventato uno schema adottato da tutti i paesi SEPA della Comunità. Il suo utilizzo è normale e diffuso tanto che ormai tutti sanno come fare un bonifico SEPA.

Paesi Sepa

L’SCT prevede ad oggi un tempo massimo di esecuzione di un 1 giorno lavorativo successivo alla data di ricezione dell’ordine grazie alla contrazione del tempo di esecuzione della banca dell’ordinante. All’inizio, per eseguire un bonifico SEPA erano necessario i seguenti codici:

Oggi invece, la procedura è stata migliorata ulteriormente ed è sufficiente l’IBAN del beneficiario. Oggi quando un membro dei Paesi SEPA effettua un bonifico SEPA non può scegliere la valuta di accredito sul conto corrente del beneficiario.

SEPA Direct Debit

L’SDD è lo strumento usato dal circuito SEPA per l’incasso pre-autorizzato su mandato all’addebito richiesto dal debitore a favore di un suo creditore. In Italia è un sistema che ha sostituito il RID.

Paese SEPA: differenza tra Stati UE e Stai non UE

Tra i paesi SEPA non appartenenti all’Unione Europea troviamo: Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Svizzera, Principato di Monaco e San Marino. La differenza che intercorre tra loro egli Stati appartenenti alla Comunità è la responsabilità soggettiva che hanno di doversi adeguare dal punto di vista tecnico e legale affinché gli strumenti di pagamento SEPA possano essere utilizzati alle stesse condizioni offerte negli Stati Membri dell’UE.

Ricordiamo, infine, che i Paesi extra SEPA sono, invece, tutti i Paesi non sono indicati finora che non fanno parte dell’accordo economico effettuato tra i vari Paesi che si trovano nel continente europeo.