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PEPPOL: cos’è, come funziona e come migliora gli scambi

PEPPOL è acronimo di: Pan-European Public On Line. Si tratta di una sofisticata piattaforma che serve per l’interscambio di fatture elettroniche verso le PA a livello paneuropeo. Peppol è nato con l’intento di creare un mercato digitale unico europeo. In pratica vuole riuscire a semplificare tutte le operazioni di procurement digitale fornendo un’infrastruttura e un protocollo tecnico specifico. Si tratta di una valida ed efficiente alternativa al Nodo Smistamento Ordini (NSO) per ricevere gli ordini elettronici dalle Pubbliche amministrazioni relativa al Sistema di Interscambio(SdI).

Peppol: ricezione degli ordini elettronici

Dal 1° febbraio 2020 è entrato in vigore l’obbligo per tutte le PA afferenti il SdI, la modalità di ricezione degli ordini elettronici tramite NSO. In altre parole le PA hanno l’obbligo d’inviare ai propri fornitori gli ordini elettronici, per acquisto di beni, solo attraverso il NSO. Il 1° gennaio 2021 l’obbligo è esteso anche all’acquisto di servizi. Peppol è quindi un canale alternativo, ma equivalente al NSO. Spetta alle varie Pubbliche Amministrazioni scegliere se utilizzare Peppol piuttosto che il Nodo Smistamento Ordini. I fornitore che vorranno ricevere ordini dalle PA attraverso Peppol, si devono procurare il codice identificativo e lo devono comunicare alle relative PA.

ID Peppol: come ottenere il codice identificativo

AgiD (Agenzia per l’Italia Digitale) ha creato degli specifici Peppol Access Point ai quali i fornitori possono rivolgersi per richiedere un proprio codice identificativo alla piattaforma.

L’Access Point altro non è che un intermediario accreditato da AgiD per la ricezione degli ordini elettronici. L’intermediario rilascia un codice identificativo univoco Peppol su richieste dell’utente, che deve registrarsi alla rete specifica. Questo rappresenterà l’indirizzo elettronico associato agli ordini che il soggetto richiedente riceverà dalle Pubbliche amministrazioni. Una volta ottenuto il proprio codice, il fornitore deve comunicarlo alle PA afferenti il Sistema di Interscambio.

Progetto Peppol e fatturazione elettronica europea

Da un punto di vista meramente tecnico, Peppol funziona esattamente come il SdI ideato da Agenzia delle Entrate. La fatturazione elettronica europea si basa su un’architettura a quattro nodi. Un sistema che mette in comunicazione e collegamento tutti i soggetti che partecipano al relativo processo:

  1. mittente del documento
  2. Access Point PEPPOL del mittente
  3. Access Point del destinatario
  4. Destinatario

PEPPOL- Pan-European Public On Line

Il collegamento tra gli Access Point è garantito dal Service Metadata Publisher (SMP) che verifica e accredita l’indirizzo del destinatario e controlla la disponibilità a ricevere la fattura elettronica. Quando un’azienda vuole emettere una fattura elettronica Peppol nei confronti di un cliente straniero deve solo accedere all’Access Point Provider e attivare un account. I passaggi successivi prevedono:

  • entrare in possesso delle coordinate Peppol del destinatario
  • accedere alla dashboard del proprio provider
  • compilare la fattura elettronica da trasmettere
  • inserire il codice identificativo del destinatario
  • inviare la fattura elettronica al proprio Access Point

L’AP elabora e controlla il documento e lo inoltra alla PA destinataria.

La Pubblica Amministrazione riceve una notifica quando il documento è pronto da scaricare dal proprio hub. Attualmente occorre però inviare anche un file in formato XML al Sistema di Interscambio di Agenzia delle Entrate. Solo in questo modo, infatti, il Fisco può registrare la fattura elettronica.

Rete Peppol: i vantaggi del sistema

Anche se siamo ancora agli albori di questo Sistema di Interscambio, sono chiari i notevoli vantaggi per imprese e Pubbliche Amministrazioni. Si tratta di una piattaforma che nei prossimi anni si rivelerà fondamentale per il progresso e la diffusione della fatturazione elettronica a livello europeo. Un sistema che permette di abbattere moltissima burocrazia e riduce i costi di emissione, trasmissione e conservazione. Una piattaforma che permette d’introdurre uno standard comune certificato. Il programma Peppol sostiene l’innovazione tecnologica delle Pubbliche Amministrazioni per quanto riguarda la gestione documentale e l’automazione. Una piattaforma e una struttura che permetterà, sempre di più, di avere una visione più chiara ed estesa sui business intrapresi sui mercati esteri e internazionali.

Accertamento sintetico: cos’è e come funziona

L’accertamento sintetico, conosciuto più comunemente come redditometro, è uno strumento utilizzato dal Fisco. Serve a determinare il reddito presunto dei contribuenti. Basa i calcoli sulle spese sostenute ed effettuati dai vari soggetti. È presente in Italia dal lontano 1973, ma rivisitato e potenziato nel 2010 in seguito al decreto legge n° 78.

Questo strumento è utilizzato dall’Agenzia delle Entrate. Serve quindi a determinare il reddito complessivo netto dei contribuenti e prende in esame le spese generiche sostenute dai vari soggetti. In base alle spese, Ade, determina il reddito netto e spetta al contribuente la prova contraria. In altre parole è a carico dell’utente dimostrare all’Agenzia delle Entrate che le spese sostenute sono state pagate con redditi diversi da quelli posseduti durante il periodo d’imposta (vale a dire preso in esame), oppure con redditi che non partecipano alla formazione del reddito imponibile, o ancora con redditi soggetti, o esenti, dalla ritenuta alla fonte.

Accertamento sintetico: dalle origini ad oggi

Per conoscere meglio questo particolare strumento del Fisco, partiamo proprio dalle sue origini. È introdotto nel 1973, dall’articolo n°38, c. 4 a 8, DPR n°600/1973. Fino al 2008 l’accertamento sintetico previsto dalla legge, prevedeva:

“… Con riferimento esclusivo alle persone fisiche, che prevede che l’ufficio, indipendentemente dalle disposizioni recate dai commi precedenti e dall’art. 39 del DPR n. 600/1973, può in base ad elementi e circostanze di fatto certo, determinare sinteticamente il reddito complessivo netto del contribuente in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze quando il reddito complessivo netto accertabile si discosta per almeno un quarto da quello dichiarato”.

Nel 2010 le disposizioni sono state rivisitate. Oggi, infatti, l’accertamento sintetico e quindi il relativo redditometro consiste nella:

“… Determinazione sintetica del reddito complessivo ammessa a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un quinto quello dichiarato. L’ufficio che procede alla determinazione sintetica del reddito complessivo ha l’obbligo di invitare il contribuente a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fi ni dell’accertamento e, successivamente, di avviare il procedimento di accertamento con adesione”.

Una forma leggermente diversa, con termini modificati che, in sostanza, comunque prevede sempre il redditometro quale strumento per l’accertamento del reddito netto di un contribuente. A lui poi l’onere della prova contraria.

Accertamento sintetico

Accertamento sintetico: a chi si applica

L0’accertamento sintetico è applicabile a tutte le persone fisiche ai fini di determinare l’imposta sul reddito. È inoltre applicabile a tutte le persone fisiche  che esercitano imprese, arti e professioni. In quest’ultimo caso il reddito complessivo dei soggetti deve risultare essere inferiore a quello a loro attribuibile, in base a tutte le spese sostenute nel periodo d’imposta esaminato e ai relativi indici di capacità contributiva. In altre parole si ricorre al redditometro, solo quando il reddito presunto supera di almeno il 20% di quello realmente dichiarato.

Il calcolo del reddito è eseguito in base a specifici indicatori di capacità contributiva. Il Fisco prende in esame specifiche spese sostenute dal soggetto durante il periodo d’imposta e ne moltiplica gli importi per determinati coefficienti di riferimento. I coefficienti sono legati alla classe di appartenenza del contribuente.

Accertamento sintetico: ecco come funziona

Cerchiamo adesso di capire nel dettaglio come funziona l’accertamento sintetico. Le caratteristiche prese in considerazione sono tre:

  • Composizione familiare – i calcoli sono effettuati valutando la situazione familiare del contribuente. Quindi si tiene conto se è single, oppure in coppia e se ha o no dei figli.
  • Età – tre i diversi scaglioni di appartenenza: fino a 35 anni, da 35 a 64 anni e oltre i 65 anni.
  • Area geografica di riferimento – in base alla residenza del contribuente sul territorio nazionale.

Ogni contribuente è identificato all’interno di specifiche classi. A ciascuna classe corrispondono dei coefficienti. Le spese effettuate dai contribuenti nell’arco del periodo d’imposta, sono moltiplicate per i relativi coefficienti. Il risultato corrisponde al presunto reddito netto. Agenzia delle Entrate, dopo aver calcolato l’importo, invia comunicazione al contribuente. In seguito alla ricezione dell’avviso, spetta al contribuente presentarsi presso gli uffici AdE competenti per territorio, e fornire le prove che giustificano le eventuali differenze tra spese e reddito dichiarato.

Successivamente all’accertamento sintetico, il contribuente può richiedere un accertamento di adesione. Agenzia delle Entrate mette inoltre a disposizione un sistema, chiamato Redditest che consente di calcolare preventivamente un’eventuale congruenza tra reddito dichiarato e spese sostenute.

Fatturazioni false: tutto quello che c’è da sapere

Le fatturazioni false, per quanto incredibile possa sembrare, sono ancora una piaga in Italia. La falsificazione delle fatture è considerato, nel nostro paese, un reato tributario, o frode fiscale. A tal proposito è il decreto legislativo n°74 del 2000 che ha individuato, con precisione, le conseguenza ad un tale operato. Le fatturazioni false sono fatte per frode il Fisco, pagare meno tasse, oppure non pagarle proprio. In pratica un soggetto fa un dichiarazione fraudolenta, utilizzando fatture elettroniche per operazioni inesistenti, o per valori maggiori/minori rispetto a quanto effettivamente sostenuto. Cerchiamo di capire meglio di cosa si tratta questo fenomeno.

Fatturazioni false: cosa sono

Per comprendere meglio questo fenomeno, è bene capire cosa si intende, con esattezza, per fatturazioni false. In pratica una fattura elettronica è considerata falsa quando:

  • è emessa per operazioni mai avvenute, in modo parziale o totale
  • riportano l’indicazione di corrispettivi o IVA più alti rispetto a quelli effettivamente sostenuti
  • riportano l’indicazione di corrispettivi o IVA che si riferiscono a soggetti diversi da quelli effettivi

Esistono comunque diversi reati di frode fiscale  legati proprio alle fatture. Tra questi, ad esempio, il legislatore distingue:

  • dichiarazione fraudolenta tramite fatture false
  • emissione di fatture false

Fatturazioni false: dichiarazione fraudolenta per operaizoni inesistenti

Questa particolare forma di dichiarazione fraudolenta è prevista dal decreto legislativo 74 del 2000 all’articolo 2. In pratica un soggetto, nella propria dichiarazione dei redditi, indica elementi passivi fittizi. Il fine è quello di evadere le imposte sui redditi e/o sull’IVA. 

Gli elementi passivi fittizi possono vere varia natura. Ad esempio, si possono riferire a costi mai sostenuti, oppure a costi sostenuti ma non deducibili. Nel secondo caso si tratta di spese realmente sostenute, ma non inerenti allo svolgimento della propria attività lavorativa. È il caso, ad esempio, di un viaggio personale, fatto passare come viaggio di lavoro. In questo modo il professionista può scaricare l’IVA sostenuta durante il viaggio, ma compie reato di dichiarazione fraudolenta con una o più fatture elettroniche emesse per operazioni inesistenti.

Fatturazioni false

Il reato di dichiarazione fraudolenta si perfeziona al momento in cui le fatture elettroniche sono registrate in contabilità obbligatoria. In altre parole quando sono utilizzate come prove nei confronti del Fisco e di eventuali accertamenti. Si tratta di un reato davvero molto grave, per il quale è prevista la reclusione da sei mesi, a un anno, fino al massimo della pena prevista di sei anni.

Fattura elettroniche emesse per operazioni inesistenti

Facendo sempre riferimento al decreto legislativo 74 del 2000, l’articolo 8 tratta dei casi in cui le fatture sono emesse per giustificare operazioni mai realmente compiute. Un reato, questo, commesso per permettere a un soggetto terzo di evadere le imposte sui redditi e/o sull’IVA. In pratica sono emesse o rilasciate fatture per operazioni inesistenti al 100%. La pena prevista per questo genere di reato è la reclusione da sei mesi a un anno, fino a massimo sei anni di galera.

Fatturazioni false e il Decreto Legislativo Fiscale del 2020

Delle importanti novità in materia di evasione fiscale, reati tributari e frodi fiscali, sono state introdotte dal Decreto Legislativo fiscale del 2020 (Decreto-legge n. 124/2019). In particolare, la norma, ha inasprito il reato di falsificazione per i grandi evasori. Inoltre il decreto distingue tra persone fisiche e persone giuridiche.

Per le persone fisiche la reclusione va da un minimo di quattro a un massimo di otto anni. Se la somma evasa (relativa agli importi fittizi) è inferiore a 100.000 euro, la pena resta quella prevista dal D.Lgs. 74/2000 (da un minimo di 18 mesi  a un massimo di sei anni).

Le persone giuridiche invece sono obbligate a pagare delle sanzioni amministrative. Le sanzioni sono previste in relazione alla responsabilità amministrativa di reato prevista, nel dettaglio, dal Decreto Legislativo 231 del 2001. In particolare per il reato di dichiarazione fraudolente delle tasse tramite fatture false (art. 2 d.lgs. 74/2000), il decreto fiscale ha previsto una sanzione pecuniaria fino 500 quote. Ogni quota va da un minimo di 258 euro ad un massimo di 1.549 euro. In base a questi dati, si stima che un’azienda può subire una sanzione massima di 774.500 euro (ossia 1.549 per 500).

Si tratta di un argomento molto delicato e complicato. È possibile approfondirlo leggendo i decreti legislativi pubblicati in Gazzetta ufficiale:

Forma giuridica: cos’è, quante ne esistono e come sceglierla

Un forma giuridica è un’organizzazione creata da uno o più soggetti per fare business. Esistono diverse tipologie di forme giuridiche. Sceglierne una, piuttosto che un’altra, determina la struttura, l’organizzazione e la tassazione di un’azienda. Al momento in cui si decide di aprire partita IVA una delle prime cose da fare, prima ancora di iniziare a emettere fatture elettroniche, o prendere un software gestionale per la fatturazione elettronica, è quella di scegliere la forma giuridica. Si tratta di una scelta veramente importante perché da questa dipendono differenti conseguenze finanziarie, legali e una diversa esposizione al rischio in caso di contenziosi legali. Vediamo quindi di capire quante forme giuridiche esistono in Italia e quale scegliere per lo svolgimento della propria attività.

Forma giuridica: le diverse tipologie

Come abbiamo già detto, esistono molteplici forme giuridiche in Italia:

Per quanto la scelta possa essere varia, in Italia, la maggior parte delle piccole e medie imprese tende sempre a scegliere tra una s.n.c., piuttosto che una s.a.s., una s.r.l., o un’s.r.l.s. Scegliere una forma, oppure un’altra significa determinare a priori un diverso sistema di struttura interno e una diversa tassazione da parte dello Stato e del Fisco. Iniziamo quindi, in questo articolo, a vedere nel dettaglio ogni singola forma giuridica per capirne meglio le conseguenti implicazioni e la struttura organizzativa interna.

Ditta individuale

Si tratta della forma giuridica più semplice in assoluto. Titolare e gestore della ditta è un’unica persona. Per aprire partita iva come ditta individuale basta iscriversi alla Camera di Commercio della propria provincia. Molti liberi professionisti, Freelancer e consulenti scelgono questa forma giuridica per la propria attività.

La ditta individuale è facile da avviare, non richiede alcuna formalità aziendale (come ad esempio la sottoscrizione di un verbale. Di riunione o di uno Statuto) e permette di detrarre la maggior parte delle spese sulla dichiarazione dei redditi.

Forma giuridica

Società in Nome Collettivo (s.n.c.)

È molto simile alla ditta individuale, la differenza fondamentale è che al “timone” si trovano due o più soci (persone). In una s.n.c. ogni socio gestisce l’attività personalmente e condivide perdite e profitti. Anche questa forma giuridica è piuttosto facile da avviare, non vuole anch’essa nessuna formalità aziendale e le perdite aziendali sono sempre suddivise tra i vari soci.

Società in accomandita semplice (s.a.s.)

Anche in questa forma giuridica l’azienda è gestita e amministrata attivamente da più soci. A differenza della s.n.c. però, ci sono due diverse tipologie di soci:

  • Accomandatari – possiedono, gestiscono e si assumono la responsabilità per l’azienda
  • Accomandanti – agiscono solo come investitori.

In una s.a.s. è facile raccogliere fondi grazie ai soci accomandanti, mentre i soci accomandatari possono mantenere il controllo totale sull’attività svolta.

Società a responsabilità limitata (s.r.l.)

Come dice il nome stesso, una società a responsabilità limitata offre il vantaggio di una responsabilità limitata a ogni socio in base al proprio capitale sociale. Avviarla richiede qualche formalità legale in più, ma i titolari non hanno alcuna responsabilità  personale per gli eventuali debiti dell’azienda. Questo vuol dire che se qualcosa andasse storto, i debiti dovrebbero essere saldati esclusivamente con il patrimonio aziendale. Il patrimonio personale di ciascun socio, rimarrebbe quindi integro e salvo.

Forma Giuridica: Scegliere in modo oculato

La scelta della forma giuridica è davvero molto importante. L’organizzazione scelta infatti, può influenzare la percezione dell’attività stessa da parte delle persone che ne prendono parte. Senza contare che è una scelta che determina precise conseguenza legali e fiscali. Il trattamento fiscale di ciascuna forma giuridica è, difatti, ben diverso l’uno dall’altro. Inoltre, per alcune di esse, è richiesto anche un cospicuo investimento iniziale, mentre per altre non è necessario disporre di grandi somme di denaro per avviarle. Anche dal punto di vista amministrativo possono esserci delle sostanziali differenze. Si parla in termini di fattura elettronica, dichiarazione dei redditi e pagamento di determinate imposte.

Nei prossimi articoli continueremo l’approfondimento sulle ultime forme restanti (Società per azioni – S.p.A.- , Società in accomandita per azioni – S.a.p.A. – e la Cooperativa) e cercheremo di capire come scegliere quella più adatta alla propria attività, in base anche al trattamento fiscale previsto per ciascuna forma giuridica.

Ravvedimento operoso 2021: cos’è, come funziona e quali sanzioni prevede

Il ravvedimento operoso è un istituto che permette ai contribuenti di sanare spontaneamente irregolarità fiscali, beneficiando di una riduzione delle sanzioni. Questo strumento è particolarmente utile in caso di:

  • Omessi o tardivi pagamenti di imposte e contributi
  • Errori in dichiarazione che hanno portato a un calcolo errato dell’imposta dovuta
  • Tardiva emissione di fatture elettroniche

Ravvedimento operoso 2021: quando si applica e quali sono i vantaggi

Lo strumento del ravvedimento operoso è utilizzabile da tutti (o quasi) privati cittadini e imprese. Introdotto in Italia dall’art 13 del Decreto legislativo n° 472 del 1997 ha portata a una diminuzione delle sanzioni applicabili a chi commette violazione fiscale. Si può utilizzare nei casi di:

  • versamenti omessi
  • pagamenti ritardati
  • versamenti errati o insufficienti
  • dichiarazione dei redditi omesse, oppure in ritardo, o ancora errate o insufficienti
  • comunicazioni omesse, presentate in ritardo o sbagliate

Ravvedimento operoso 2021

I vantaggi di sfruttare il ravvedimento operoso 2021 si possono riassumere in quattro diversi punti:

  1. pagare una sanzione ridotta in base al numero dei giorni del mancato, ritardato, o insufficiente adempimento
  2. avere la possibilità di saldare un tributo omesso, ritardato o insufficiente
  3. presentare comunicazione o dichiarazione dei redditi omessa
  4. pagare gli interessi di mora legali solo in base al tasso legale annuo stabilito dalla BCE

Ravvedimento operoso 2021: uno strumento versatile e potente

Il meccanismo di funzionamento di questo strumento è piuttosto semplice. In pratica un contribuente, cittadino o impresa che sia, che ha commesso una violazione fiscale, sa che può ricorrere spontaneamente al ravvedimento operoso 2021 per sanare la violazione stessa, pagando solo la sanzione ridotta, il tributo omesso e gli interessi di mora, calcolati sugli effettivi giorni di ritardo.

Il ravvedimento operoso è uno strumento per mettersi in regola spontaneamente. Nessuna lettera, comunicazione, o sollecito è inviata al contribuente per far presente che può pagare una sanzione ridotta, adottando questo sistema. È possibile usufruire del ravvedimento anche quando è già iniziata la procedura di accertamento della violazione, o la sua contestazione, da parte dell’Amministrazione Finanziaria.

Il ravvedimento operoso 2021 è usufruibile solo per mettersi in regola con tributi e tasse dell’Agenzia delle Entrate: IRPEF, IVA, IRAP, imposta di registro, imposta ipotecaria, imposta catastale, di bollo, successione, ecc…

Anche i contribuenti che hanno già ricevuto una lettera di accertamento fiscale, possono ancora ricorrere all ravvedimento operoso. Non è invece più possibile farvi ricorso nei casi in cui la notifica è per atti di liquidazione, accertamento. Allo stesso modo non si può utilizzare questo strumento in caso di ricezione di comunicazione di irregolarità, emessa a seguito di controlli automatici, o del controllo formale delle dichiarazioni dei redditi.

Tipologie di ravvedimento operoso

Ne esistono di ben 5 diverse tipologie, suddivise in base alle percentuali sanzionatorie applicate. I ravvedimenti quindi possono essere:

  • sprint – se il pagamento è effettuato entro i primi 14 giorni dalla scadenza del tributo/tassa e corrisponde all’1%
  • breve – se il pagamento è effettuato dal 15° al 30° giorno dalla scadenza del tributo/tassa e corrisponde all’1,5%
  • intermedio – se il pagamento è effettuato entro 90 giorni dalla scadenza del tributo/tassa e corrisponde all’1,67%
  • lungo – se il pagamento è effettuato entro lo stesso anno della violazione (o meglio, entro la dichiarazione dei redditi successiva) e corrisponde all’3,75%
  • lunghissimo – se il pagamento è effettuato entro e oltre i due anni dalla scadenza del tributo/tassa e corrisponde all’4,95-5,00%

Calcolo del Ravvedimento Operoso per Tardiva Emissione Fattura Elettronica

In caso di tardiva emissione di fattura elettronica, il calcolo del ravvedimento operoso segue queste regole:

  1. Ritardo fino a 30 giorni: riduzione della sanzione a 1/10
  2. Ritardo tra 31 e 90 giorni: riduzione a 1/9
  3. Entro la scadenza dell’IVA annuale: riduzione a 1/8
  4. Entro un anno dalla scadenza IVA: riduzione a 1/7

Esempio Pratico

Per una fattura emessa con 45 giorni di ritardo:

  • Sanzione base: 250 euro
  • Riduzione applicata: 1/9
  • Importo da versare: 27,78 euro

Il pagamento va effettuato tramite modello F24, utilizzando il codice tributo 8911

SIMEST: cos’è e cosa fa la Cassa depositi e prestiti

La SIMSET è una società del Gruppo depositi e prestiti creata dal Ministero del commercio con l’estero. Si tratta di una Società Italiana per le Imprese Miste all’Estero ed è normata dalla legge 100/1990: “Norme sulla promozione della partecipazione a società ed imprese miste all’estero”.

Questa dispositiva stabiliva la creazione di una società italiana per le società all’estero. In altre parole la SIMEST ha il compito di sostenere, promuovere e assistere, le imprese italiane presenti nei paesi Extra UE. L’assistenza e la consulenza può volgere su qualunque argomento, dalla fatturazione elettronica (ove richiesta e necessaria), ai corrispettivi giornalieri, dai dazi doganali, ai processi di internalizzazione.

Dal 2011 la SIMEST ha il potere di acquisire anche partecipazioni di minoranza in Italia e nell’Unione europea a condizioni di mercato e senza alcuna agevolazione. Nel 2016 la svolta, durante la quale SIMEST è inglobata dal gruppo Cassa depositi e risparmi che la incorpora nella SACE. Si crea così il famoso Polo dell’Export e dell’internalizzazione del Gruppo. I servizi e l’assistenza è quindi raggruppata in un unico grande gruppo, a cui possono fare riferimento le varie imprese costituite nei paesi extra UE. Le partite IVA create hanno così un punto di riferimento per il loro intero ciclo progettuale. Dall’apertura dell’attività, con la valutazione di apertura, fino all’integrazione/inserimento nella realtà straniera e la relativa espansione attraverso investimenti diretti.

SIMEST: finanziamenti agevolati e a fondo perduto

SIMEST lavora attivamente in Italia e all’estero per sostenere le imprese nostrane nei paesi extra UE. Dal 3 giugno di quest’anno sono riprese le attività legate alla ricezione delle domande di finanziamento agevolato e a fondo perduto. Un punto di fondamentale importanza per le imprese esportatrici.

Le novità più allettanti riguardano, a differenza del 2020, i finanziamenti a fondo perduto, il cui contributo può arrivare addirittura al 50% delle domande presentate. A causa della pandemia da Covid-19, il legislatore ha previsto una serie di aiuti a favore delle imprese esportatrici, per sostenere e promuovere la ripresa economica italiana. È nato così il Fondo 394/81, gestito direttamente dalla SIMEST. Il fondo prevede una serie corposa di bandi a favore delle imprese, che contemplano quote a fondo perduto anche del 40%-50% della domanda di finanziamento presentata. Includono inoltre finanziamenti agevolati al tasso di riferimento UE per la parte richiesta rimanente.

La quota totale del contributo a fondo perduto, prevedeva un totale pari a 1.800.000€

SIMEST

Le misure di finanza agevolata

L’iniziativa era già stata promossa nel corso del 2020 e aveva riscosso un enorme successo. Infatti le richieste di finanziamenti agevolati e contributi a fondo perduto erano arrivate a quota 2 miliardi di euro dal 1° gennaio. Per questo motivo la SIMEST ha deciso di presentare anche quest’anno diverse misure di finanza agevolata.

Tra queste ricordiamo le più importanti:

  • Patrimonializzazione – indice di indipendenza finanziaria
  • Inserimento in mercati esteri, o ampliamento di strutture già esistenti
  • Temporary Export Manager – professionista che segue, in outsourcing, gli uffici commerciali di aziende, allo scopo di far crescere, o consolidarne, le vendite in mercati esteri
  • E-commerce, o marketplace
  • Fiere, mostre e missioni estere
  • Programmi di assistenza tecnica
  • Studi di fattibilità in paesi esteri

Le imprese possono presentare le proprie domande e, se il finanziamento dovesse venire accettato, sarà finanziato direttamente dalla stessa SIMEST. Ogni singola voce dell’elenco precedente, tranne la prima (patrimonializzazione delle imprese esportatrici), può essere presentata svariate volte. Esiste inoltre una misura specificatamente pensata per le imprese che organizzano eventi e fiere, che prende il nome di patrimonializzazione a supporto del sistema fieristico.

SIMEST: come presentare le domande

Per la presentazione delle domande di finanziamento e di contributi a fondo perduto, è stato creato uno specifico portale di riferimento. Le domande possono essere inoltrate a partire dal 3 giugno 2021. L’iter di verifica e accettazione segue un ordine cronologico, fino a esaurimento delle risorse. È sempre bene compilare e preparare la documentazione necessaria in largo anticipo, visto quanto sono allettanti i contributi e le agevolazioni concesse.

Dichiarazioni 730 – cosa sono, quando si fanno, scadenze e compilazione

Le dichiarazioni 730 sono quelle riservate ai lavoratori dipendenti e ai pensionati. Dal 10 maggio di quest’anno sul sito dell’Agenzia delle Entrate (AdE) è disponibile il modello del 730 precompilato. A distanza di 15 giorni AdE consente ai contribuenti di scaricarlo, compilarlo e inviarlo in forma telematica. Per poter accedere all’area personale sul sito di AdE è necessario possedere le credenziali PIN dell’Agenzia delle Entrate, il PIN dell’INPS, oppure SPID o CIE. La compilazione di queste dichiarazioni offrono diversi vantaggi ai lavoratori. Prima fra tutti quella secondo la quale non è necessario eseguire i calcoli per poi ottenere il rimborso in busta paga, piuttosto che sulla rata della pensione. Al contrario, se dai calcoli, risultasse necessario effettuare dei pagamenti, questi sono trattenuti direttamente dalla retribuzione, piuttosto che dalla pensione stessa.

Quindi si tratta di modelli di dichiarazione dei redditi che devono presentare le persone fisiche. I modelli cambiano a seconda della tipologia di reddito posseduta (pensione, retribuzione da lavoro dipendente, ecc…).

Dichiarazioni 730: alternativa al Modello Unico

Il modello 730 è usato in alternativa al Modello Unico da tutti i contribuenti che devono dichiarare i seguenti redditi:

  • di pensione o di lavoro dipendente (compresi i redditi da collaborazione coordinata e continuativa e le indennità sostitutive di reddito di lavoro dipendente); i redditi di pensione o di lavoro dipendente (assieme alle trattenute fiscali e i contributi previdenziali) sono certificati nel CUD emesso dal datore di lavoro o dall’INPS
  • di terreni e fabbricati
  • a tassazione separata
  • di capitale
  • di lavoro autonomo per i quali non è richiesta la partita IVA (ad esempio prestazioni di lavoro autonomo non esercitate abitualmente)
  • redditi diversi (ad esempio redditi di terreni e fabbricati situati all’estero)

I titolari di partita IVA invece non devono usare il modello 730. Oltre a loro ci sono un’altra serie di soggetti esonerati dalla presentazione delle dichiarazioni 730:

  • contribuenti non residenti in Italia
  • eredi di contribuenti deceduti
  • tutti coloro i cui datori di lavoro non sono tenuti a versare le ritenute d’acconto (ad esempio, i lavoratori domestici come colf, giardinieri, ecc.)
  • i contribuenti con soli redditi da abitazione principale più eventuali altri fabbricati non locati
  • i contribuenti con soli redditi da lavoro dipendente o pensione a patto che il datore di lavoro/ente pensionistico abbia effettuato correttamente tutte le ritenute fiscali in busta paga
  • coloro che oltre ad aver percepito redditi da lavoro dipendente o pensione, posseggono anche la loro abitazione principale più altri eventuali fabbricati non locati

A differenza del modello Unico, le dichiarazioni 730 possono essere congiunte e contenere i redditi di entrambi i coniugi.

Dichiarazioni 730

Dichiarazioni 730: scadenze e modalità di presentazione

La scadenza fiscale entro la quale le dichiarazioni 730 devono essere presentate è il 30 settembre 2021. Il termine di trasmissione è sempre lo stesso. Mentre la data per l’erogazione del rimborso IRPEF spettante è differenziata in relazione al periodo di trasmissione della dichiarazione dei redditi.

Gli eventuali rimborso emersi dal calcolo del 730, sono erogati sulle retribuzioni di competenza del mese successivo a quello in cui il sostituto ha ricevuto la comunicazione di liquidazione, in altre parole il risultato del calcolo della dichiarazione dei redditi.

Da ricordare infine la data del 25 ottobre 2021, entro la quale è necessario per i lavoratori inviare l’eventuale dichiarazione dei redditi integrativa in caso di errori.

Rimborsi e conservazione

Abbiamo visto quindi che la data di rimborso, se previsto, arriva direttamente in busta paga a cadenza personalizzata. Nel caso in cui il 730 contenga i dati del sostituto d’imposta, allora il rimborso è accreditato a partire dalla busta paga del mese di luglio. Per i pensionati invece il rimborso va sulla rata della pensione a partire da quella del mese di agosto.

Se il modello 730 invece non contiene i dati del sostituto d’imposta, allora il rimborso è accreditato da parte dell’Agenzia delle Entrate entro fine anno, o all’inizio dell’anno successivo, direttamente sul conto corrente bancario del soggetto dichiarante.

Le dichiarazioni 730 devono essere obbligatoriamente conservate per almeno i 5 anni successivi dall’anno di presentazione (termine stabilito per l’accertamento). Per fare un esempio: la dichiarazione del 730 dell’anno 2018, va conservata fino al 31 dicembre del 2023.

Infine si ricorda che i contribuenti con partita IVA non possono fare dichiarazioni 730 nemmeno se avessero percepito anche un reddito da lavoro dipendente o da pensione. Devono per forza fare il modello REDDITI (ex Modello Unico).

Cashback: spese incluse ed escluse dal rimborso

Nell’articolo: “Cashback: cos’è e come funziona”abbiamo visto l’introduzione di questo nuovo sistema ideato dall’Esecutivo per incentivare l’utilizzo di carte e bancomat per i pagamenti dei contribuenti. Il Cashback è un’ulteriore manovra che il Governo ha intrapreso per continuare a combattere contro il dilagante fenomeno dell’ evasione fiscale. Insieme allo scontrino elettronico  e alla fatturazione elettronica, questo sistema si prefigge di disincentivare l’uso dei contatti e contrastare evasione ed elusione fiscale.

A dicembre 2020 abbiamo assistito a una prima fase sperimentale del Cashback e adesso, chi ha raggiunto la soglia prevista delle dieci transazioni minime, attende il rimborso. Questo deve avvenire entro il primo marzo 2021, ma non tutti i pagamenti elettronici effettuati, danno diritto al rimborso. Ad esempio, chi voleva usufruire dell’iniziativa, ma è stato costretto a effettuare gli acquisti online, perché in “zona rossa” con negozi chiusi, è stato penalizzato. Ma ci sono molte altre spese che purtroppo non possono essere incluse e considerate per il calcolo del rimborso.

Cashback: le spese escluse

La diffusione della pandemia di Covid-19 e le relative misure di contenimento che hanno portato molte regioni italiane a passare diverse settimane in zona rossa, ha penalizzato l’iniziativa del Cashback. Questo perché in zona rossa negozi, centri commerciali e molte altre attività, sono dovute rimanere chiuse. Di conseguenza le persone che necessitavano di fare acquisti e al tempo stesso volevano partecipare all’iniziativa del Cashback, hanno dovuto ricorrere agli acquisti online.

Cashback

Purtroppo gli acquisti effettuati online e pagati con carte di credito, di debito, PayPal, o altri sistemi, non rientrano nella lista delle spese che permettono di accedere al Cashback di Stato. Nella lista delle spese escluse, tra le altre, ci sono anche quelle sostenute per l’esercizio della propria attività imprenditoriale, professionale, o artigianale. Ai fini del Cashback valgono, infatti, esclusivamente le spese personali.

Cashback: le spese incluse

Escluse quindi le spese online e quelle effettuate ai fini dell’esercizio della propria attività, vediamo quali sono quelle incluse nella lista. L’elenco è molto più ricco di quello che si possa pensare. Per ottenere il 10% di rimborso sulle spese effettuate nei periodi di riferimento è possibile sfruttare i pagamenti digitali. Questo significa che gli acquisti effettuati all’interno delle sedi fisiche delle attività, possono essere pagati tramite carte di credito, carte di debito, bancomat e/o app. Sistemi tracciati e rintracciabili che possono facilmente essere controllati dal Fisco.

Quindi è possibile fare acquisti in qualunque negozio, per quanto piccolo possa essere, purché abbia a disposizione un sistema di pagamento digitale. Addirittura anche un caffè al bar, o un panino in fast food possono essere pagati con carta o bancomat e concorrere così all’accumulo del Cashback.

Alla soglia prevista concorrono inoltre il pagamento di bollo auto e moto, assicurazioni, bollette utenze, carburanti e addirittura multe. Ma non solo. Anche gli importi dovuti ai professionisti e ai vari lavoratori a domicilio, come ad esempio idraulici, elettricisti, antennisti, ecc… Rientrano tra le spese incluse nel rimborso per il Cashback. Infine, da ultimo, ma non per importanza, nelle spese per il cashback, a differenza per esempio della lotteria degli scontrini, sono incluse anche tutte le spese detraibili e deducibili.

Conclusioni

In conclusione quindi, il cashback nonostante forse sia partito con il piede sbagliato, visto il periodo non esattamente molto propizio, ha una buona potenzialità di riuscita. Le persone sono predisposte a provare, anche se devono essere messe in condizione di poter sfruttare l’intero processo. Con l’ipotetica riapertura delle zone è probabile che il sistema prenderà uno slancio maggiore in futuro. Sicuramente una volta concretizzati i primi rimborsi, i contribuenti si renderanno conto meglio di come funziona il sistema e nei periodi successivi si comporterà di conseguenza.

Anagrafe tributaria: banca dati della fiscalità italiana

Quando abbiamo parlato del risparmiometro, è stato fatto cenno all’anagrafe tributaria. Il riferimento è stato necessario in virtù del fatto che i dati raccolti dagli istituti bancari e dai mediatori finanziari, devono, per legge, essere trasmessi direttamente all’anagrafe tributaria. Ma che cos’è effettivamente l’anagrafe tributaria? E qual è il ruolo che svolge nel quadro fiscale generale dell’Italia?

Con il decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n° 605, nasce l’anagrafe tributaria. Si tratta di una baca dati utilizzata per la raccolta e l’elaborazione relativi alla fiscalità di tutti i contribuenti italiani. Cerchiamo quindi di capire meglio come funziona e quale il suo obiettivo.

Anagrafe tributaria: che cos’è e come funziona

L’amministrazione finanziaria in Italia, utilizza dati proveniente dall’anagrafe tributaria. I dati sono raccolti grazie alle denunce e alle dichiarazioni dei redditi dai soggetti d’imposta e dagli accertamenti effettuati. Qui sono inoltre raccolte tutte le informazioni, le notizie e i dati ritenuti importanti per scopi tributari.

Ogni informazione contenuta nell’anagrafe tributaria corrisponde a una operazione, nonché a un soggetto. Il soggetto può essere una persona fisica, una persona giuridica, una società, un’associazione, o un’organizzazione di persone o di beni prive di personalità giuridica. Ogni soggetto è identificato tramite Codice Fiscale o Partita IVA. L’insieme di tutti i dati forma il complesso dell’archivio anagrafico dei codici fiscali e delle partite IVA.

Provenienza del flusso dei dati

I dati che arricchiscono il database dell’anagrafe tributaria sono raccolti da diverse fonti:

  1. denunce e dichiarazione dei redditi dai soggetti d’imposta e accertamenti fiscali ex articolo1 del DPR 605/1973;
  2. dichiarazioni fiscali annuali dei redditi e dell’IVA dei contribuenti (ai sensi dell’art. 31 comma 1 del D.P.R. n. 600/1973, ma anche dalle comunicazioni ex l. 311/2004 e dal d.l. 223/2006);
  3. comunicazioni obbligatorie (come ad esempio utenze elettriche, telefoniche, assicurazioni, contenziosi tributari, contratti immobiliari registrati, contratti d’affitto, proprietà immobiliari, proprietà di azioni e partecipazioni in società, ecc…);
  4. segnalazioni di dati, aggiornamenti e notizie da parte dei comuni.

L’Anagrafe Tributaria è gestita prevalentemente da Agenzia delle Entrate (AdE) che si occupa dell’acquisizione, della conservazione e degli eventuali aggiornamenti di tutti i dati.

A cosa serve l’Anagrafe Tributaria

L’Anagrafe Tributaria è quindi la più grande banca dati fiscali di cui dispone il Fisco. Una ricca e potente fonte informativa anagrafica, finanziaria e fiscale (vale a dire della capacità contributiva di ciascun soggetto). L’Anagrafe svolge inoltre un ruolo di valutazione dei rischi ed è un valido strumento per ogni attività svolta dalle amministrazioni finanziarie. Senza contare che svolge un ruolo essenziale nell’accertamento e nel controllo finanziario finalizzato al contrasto dell’elusione e dell’evasione fiscale.

Anagrafe tributaria

Come se tutto questo non fosse già sufficiente di per se, l’Anagrafe Tributaria ha lo scopo di contrastare il riciclaggio, la criminalità organizzata, il finanziamento al terrorismo internazionale, le frodi contro l’Unione Europea e in materia doganale e il traffico internazionale di stupefacenti.

Come sono utilizzati i dati contenuti nell’Anagrafe

Tutti i dati contenuti all’anagrafe tributaria possono essere utilizzati per:

  • il controllo cartolare della dichiarazione fiscale
  • accertamenti
  • verifiche
  • accessi
  • ispezioni
  • attività di riscossione coattiva e sanzionatoria
  • anali del rischio

In particolare l’analisi del rischio è svolta a discrezione dell’amministrazione e consiste nel calcolo della capacità contributiva di ciascun soggetto fiscale. Da questa analisi preliminare, seguono poi ulteriori verifiche portate avanti da enti e organi territorialmente competenti.

Guardia di Finanza e Agenzia delle Entrate, per effettuare i dovuti controlli e accertamenti, si avvalgono anche di un’altra serie di dati, conservati presso l’Anagrafe Tributaria. Ci riferiamo a tutti i dati relativi alle partite IVA, il redditometro, l’esterometro, rapporti finanziari (come ad esempio i conti correnti con tutti i dati a essi collegati), il risparmiometro, l’invio telematico dei corrispettivi giornalieri e la fatturazione elettronica.

Tutte le attività di controllo svolte, si basano su un accurato incrocio e studio dei dati e delle informazioni provenienti dalle diverse fonti, che vanno ad alimentare la banca dati dell’anagrafe.

Il sistema interno

Il sistema centrale dell’anagrafe è basato su quattro diversi mainframe. La memorizzazione dei dati è stata affidata a una Storage Area Network, una rete ad velocità di trasmissione. Mentre la storicizzazione dei dati è realizzata da una Tape Area Network.

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli: cos’è e come funziona

L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli è una delle tre agenzie fiscali al servizio del Ministero delle Finanze. Le altre due sono Agenzia delle Entrate e l’Agenzia del Demanio. L’ADM (acronimo di Agenzia delle Dogane e dei Monopoli) svolge tutte le attività tecniche e operative per conto del Ministero.

La ritroviamo, ad esempio, parte attiva e importante nel sistema ideato per la Lotteria degli Scontrini, che entrerà in vigore dal primo gennaio 2021. ADM è anche l’Agenzia incaricata di assegnare e rilasciare il codice Eori, indispensabile nei rapporti con le autorità delle dogane degli Stati Europei, di cui abbiamo trattato in un articolo precedente:

ADM è stata istituita grazie al decreto legislativo 30 luglio 1999 n°300, ed ha incorporato anche la vecchia AAMS (Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato – il precedente organi del Ministero dell’Economia e delle Finanze addetto, tra l’altro, alla gestione del gioco pubblico).

Il 26 aprile 2018 il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha approvato un nuovo statuto di ADM. Questo ha previsto un riassetto delle risorse umane e una semplificazione amministrativa dell’Agenzia. Una riorganizzazione che ha portato 400 incaricati a essere declassati a semplici funzionari.

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli: quali sono i suoi compiti

ADM è un ente pubblico dotato di personalità giuridica e ampia autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria, dipendente, politicamente, dal Dipartimento delle Finanze.

Le sue competenze sono molteplici:

  1. Gestisce il sistema doganale italiano (si accerta tra l’altro dell’applicazione e della riscossione delle accise)
  2. Regola il comparto del gioco pubblico in Italia (ivi compresa la famosa futura Lotteria degli scontrini)
  3. Verifica gli adempimenti dei concessionari e degli operatori del settore del gioco
  4. Contrasta il gioco praticato illegalmente
  5. Controlla la produzione, la distribuzione e la vendita dei tabacchi lavorati
  6. Assicura l’afflusso regolare delle imposte gravanti sui tabacchi
  7. Controlla le merci in ambito tributario ed extra-tributario
  8. Si occupa della gestione del laboratori chimici
  9. Promuove e partecipa ai consorzi e alle società private previsti dall’art. 59 comma 5 del decreto istitutivo
  10. Redige e pubblica il libro Blu (rapporto statistico sul gioco d’azzardo in Italia)

I suoi funzionari sono riconosciuti come ufficiali/agenti di Polizia Giudiziaria e Tributaria, che possono accertare reati e violazioni di legge relative alle dogane.

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli

Gli obiettivi perseguiti

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli si è posta quattro diversi obiettivi, suddivisi in macro categorie. La prima è quella relativa all’impegno della crescita economica del paese. Obiettivo questo che intende perseguire facilitando la circolazione delle merci negli scambi internazionali (ecco quindi che ritorna l’importanza del codice Eori).

Il secondo riguarda invece la lotta all’evasione fiscale e alle frodi contro lo Stato. ADM contribuisce alla fiscalità interna e tutela gli interessi finanziari dell’Italia e dell’Unione Europea. Per questo motivo è addetta alla riscossione di tributi specifici, oltre ad avere poteri di polizia tributaria e giudiziaria.

Il terzo obiettivo è quello relativo al gioco d’azzardo e del settore dei tabacchi. L’Agenzia infatti esercita il ruolo di presidio dello Stato nei settori dei giochi e dei tabacchi. ADM assicura la riscossione dei tributi per l’Erario e allo stesso tempo tutela il cittadino attraverso concessioni e atti regolamentari.

Infine, il quarto obiettivo preposto per l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli è quello relativo alla salute e al benessere dei cittadini. Questo compito lo svolge controllando tutte le merci in ingresso all’interno del paese. ADM si impegna a combattere il contrabbando, la contraffazione, il riciclaggio e il traffico illecito di armi, droga, rifiuti, alimenti e farmaci non rispondenti alla normativa sanitaria vigente.

I principi dell’organizzazione

L’Agenzia è organizzata sulla base dei seguenti principi generali riferiti all’azione amministrativa:

  • legalità
  • trasparenza
  • imparzialità

L’azione dell’Agenzia è quindi volta a valorizzare gli stili di gestione orientati al conseguimento dei risultati e a una corretta e proficua conduzione delle relazioni sindacali. In Agenzia è promossa la sperimentazione di soluzioni innovative in materia di pari opportunità e sostenibilità ambientale. L’organo sostiene l’assunzione responsabile delle decisioni e lo sviluppo di rapporti cooperativi con altri organi ed enti statali e non. Una responsabilità basata sulla consapevolezza della dimensione economica e sociale delle scelte gestionali e all’affermazione del senso etico dei fini pubblici primari.

Infine Agenzia delle Dogane e dei Monopoli sostiene il decentramento delle responsabilità operative, attraverso un’organizzazione interna centrale e periferica improntata a criteri di efficienza e flessibilità.