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Pagare con il telefono: facile, veloce e conveniente

Pagare con il telefono oggi è una realtà diffusa e affermata. Una modalità di pagamento semplice, veloce e sicura resa possibile da una tecnologia innovativa e testata in ogni paese d’Europa e del mondo.

Come pagare con il telefono

NFC acronimo di Near Field Communication è la tecnologia sfruttata per effettuare i pagamenti con il telefono. In italiano è tradotto come “Comunicazione di prossimità” e permette trasmissioni wireless dei dati. Si tratta della stessa tecnologia utilizzata per il pagamento contactless, usufruibile senza chip e molto spesso anche senza PIN (almeno per quanto riguarda le transazioni sotto i 25 euro).

Per utilizzare la tecnologia NFC e pagare con il cellulare, lo smartphone deve avere l’abilitazione NFC. Installata un’apposita app (come ad esempio Apple Pay oppure Google Pay) basta aggiungere la propria carta di credito/debito e il telefono si trasforma magicamente in un portafoglio.

Al momento del pagamento è sufficiente aprire l’applicazione di riferimento, selezionare la carta di pagamento che si desidera utilizzare e avvicinare il cellulare al terminal per la transazione. Anche la carta di credito/debito deve possedere l’abilitazione NFC (riscontrabile dalla presenza di un’icona raffigurante delle piccole onde bianche decrescenti).

Applicazione per pagare con il telefono

Esistono molte applicazioni per pagare con il telefono. È possibile scegliere in base al produttore del proprio smartphone. Apple Pay, ad esempio, è l’applicazione per effettuare pagamenti per chi possiede un iPhone. Invece Google Pay è usata dagli utenti titolari di un telefono Android. In entrambi i casi i passaggi da seguire per concludere una transazione sono davvero semplici.

Il cellulare va tenuto a una distanza di soli quattro centimetri dal terminale. Il pagamento è confermato sia sullo schermo del cellulare che su quello del terminal. In alcuni casi è presente anche un avviso sonoro. Basta seguire le indicazioni richieste sullo smartphone. Qualche volta è necessario inserire anche un Pin di sicurezza, oppure apporre l’impronta digitale, o una scansione facciale per un riconoscimento completo.

Pagare con il telefono

Smartphone NFC

Per poter essere utilizzati come mezzo di pagamento, gli smartphone devono avere la tecnologia NFC integrata. Si tratta di un apposito chip che, di norma, oggi, è presente su quasi tutti i cellulari più famosi e commercializzati. Ad esempio, tutti i modelli d’iPhone a partire dalla versione sei in poi, possiedono  un chip NFC.

Per quanto riguarda invece i modelli Android, per scoprire se hanno l’abilitazione necessaria a effettuare pagamenti contactless, basta verificare dalle impostazioni di sistema se è presente o meno la voce: “NFC e pagamento”.

Pagare con il telefono è possibile quando il cellulare è acceso, la batteria carica e in presenza di connessione internet stabile.

Pagare con smartphone: i vantaggi

Pagare con smartphone conviene a clienti ed esercenti e presenta molti vantaggi:

  • Velocità – bastano davvero pochi secondi per effettuare un pagamento. In questo modo la transazione risulta più facile e fluida e si evitano code di attesa inutile e frustrante. Inoltre il cellulare è sempre a portata di mano e pronto per essere utilizzato, molto di più rispetto a contanti e portafoglio.
  • Igiene – il denaro contante è molto sporco. Monete e banconote sono portatori d’innumerevoli agenti patogeni. Passando di mano in mano trasmettono e veicolano germi e batteri ovunque. Invece, il sistema di pagamento con smartphone è molto più igienico e sicuro per la salute di tutti. Pagare con il telefono significa non toccare nulla che non ci appartenga, niente soldi, niente terminali, nessuno scambio di virus e batteri. È sicuramente uno dei metodi di pagamento più igienici che esista.
  • Facilità – pagare con il telefono è ormai diventata una pratica comune e abituale per la maggior parte delle persone (clienti ed esercenti). Sono in tanti gli utenti che si aspettano di poter pagare con questo sistema e non solamente i più giovani.

Pagare con il cellulare è sicuro!

Pagare con il telefono è molto sicuro. Il numero della carta di credito non è mai inviato e segnalato. I pagamento con smartphone sono più sicuri di quelli eseguiti direttamente con carta, proprio perché durante l’operazione i dati della carta non sono mai visualizzati, né inviati.

Anche in caso di furto o smarrimento del cellulare, i malintenzionati non possono usarlo per effettuare pagamenti. Non potranno, infatti, confermare le transazioni per mancanza del riconoscimento digitale, facciale o dell’inserimento del PIN di sicurezza. È comunque importante usare sempre il blocco dello schermo.

Parcella commercialista: quanto costa un professionista e come calcolarne l’onorario

Il commercialista è una figura molto importante nell’ambito della gestione di un’impresa, ma anche per un privato cittadino. I suoi servigi sono indispensabili a tenere in ordine la contabilità per effettuare i pagamenti dovuti entro i termini previsti e avere sempre tutto sotto controllo. La parcella commercialista è una voce che ogni imprenditore deve tenere ben presente nell’amministrazione della propria attività, perché è sempre presente, ogni anno, in ogni dichiarazione dei redditi.

Quanto costa un commercialista?

Il commercialista è un professionista indispensabili a chiunque abbia un’attività propria, ma non solo. Calcolare tasse e costi da detrarre non è semplice e non tutti ne sono in grado. Difronte a una dichiarazione dei redditi i dubbi possono essere davvero tanti e la paura di omettere o sbagliare qualcosa, paralizzante. Quindi, prima d’incorrere in sanzioni e ammende, è sempre meglio rivolgersi a un esperto professionista del settore.

Un professionista che richiede il pagamento di un preciso compenso per le proprie prestazioni offerte. La parcella commercialista però, varia in base ai servizi offerti e da soggetto a soggetto. È una buona idea chiedere prima un preventivo per capire bene i costi derivanti dall’attività svolta dal contabile.

Risulta quindi molto difficile riuscire a dare una risposta univoca alla domanda: “Quanto costa un commercialista?”. Un professionista della contabilità per calcolare la propria parcella tiene conto di una serie di variabili:

  • servizi offerti
  • frequenza d’interventi richiesti
  • tipologia di assistenza (in presenza, telefonica, per email, ecc…)
  • regime contabile dell’assistito

Parcella commercialista

Parcella commercialista secondo la legge

Esiste un orientamento di massima che i professionisti possono seguire per il calcolo parcella commercialista. Il DM 140/2012 stabilisce delle direttive di massima per dottori commercialisti ed esperti contabili, avvocati, notai, assistenti sociali, ecc… Anche le consulenze prevedono un onorario.

La scelta di affidarsi o meno a un commercialista è molto soggettiva. Ai titolari di aziende  e società è consigliato comunque rivolgersi a un professionista per essere seguiti attentamente nel difficile mondo della contabilità. I liberi professionisti potrebbero optare per compilare le dichiarazioni 730 autonomamente e poi chiederne la revisiona a un contabile, oppure al CAF.

Calcolo parcella commercialista: le prestazioni offerte

Le prestazioni offerte da un commercialista sono moltissime, tra queste ricordiamo, ad esempio:

  1. Consulenza
  2. Bilancio d’esercizio
  3. Bilancio infrannuale
  4. Dichiarazione IRAP
  5. Dichiarazione IVA
  6. Pratiche fiscali quali:
    1. operazioni d’inizio attività di una ditta (Registro Imprese, A.E., INPS ed eventualmente SUAP)
    2. pratiche di chiusura attività (Comunica, CCIAA, INAIL, INPS, AE, ecc.)
    3. operazioni di variazione ditta, predisposizione e invio comunicazione VIES, richiesta visura camerale
  7. Tenuta dei registri ammortizzabili
  8. Aggiornamento libri inventari

Il commercialista può decidere di farsi pagare annualmente, oppure mensilmente. A far variare l’ammontare della parcella commercialista è anche il numero delle fatture elettroniche emesse e il fatturato del proprio cliente.

Parcella commercialista esempio

Come detto, la parcella di un professionista contabile varia molto e in base a molti fattori differenti. Ad esempio, una dichiarazione IVA può avere un costo da 152 euro a 297 euro per un fatturato annuo fino a 75.000 euro; da 190 a 369 euro per un fatturato annuo compreso tra 75.001 e 150.000 euro.

La dichiarazione dei redditi invece può venire a costare da 236 euro a 475 euro per un fatturato annuo fino a 75.000 euro; da 426 a 640 euro per un fatturato annuo compreso tra 75.001 e 150.000 euro. Si tratta di costi applicati, in genere, alle persone fisiche titolari di partita IVA. Per le società di capitali si applicano altri prezzi, solitamente più alti.

I bilanci possono arrivare a costare da 284 euro a un massimo di 449 – 563 euro. Il prezzo calcolato tiene conto delle perdite e dei componenti positivi di reddito. Per la compilazione e l’invio del modello Intrastat il costo parte a oggi da circa 80€ ed è calcolato a ore.

La convenienza nel potersi rivolgere o meno a un commercialista, è molto soggettiva. Ogni soggetto deve valutare attentamente la propria posizione e se la situazione finanziaria dovesse risultare particolarmente complessa, è consigliato avvalersi di un professionista per evitare, nel futuro, di avere brutte sorprese con il Fisco.

Marca da bollo virtuale: costo, validità e funzione

La marca da bollo virtuale è un modo semplice e veloce per assolvere l’imposta senza dover esser costretti a andare fisicamente in tabaccheria ad acquistare la marca cartacea. Il 14 aprile 2017 è stata introdotta, per la prima volta in Italia, la marca da bollo virtuale. Nell’ottica della digitalizzazione delle procedure, per renderle più snelle e fluide, il sistema di pagamento virtuale si è rivelato efficace e apprezzato dagli utenti. Un sistema che vuole sostituire completamente l’utilizzo del contrassegno cartaceo.

Marca da bollo virtuale: cos’è e cosa serve

La marca da bollo è un contrassegno (adesivo fino a qualche anno fa) da applicare su documenti, atti, fatture (sulle fatture elettroniche si indica solo che è soggetta) e ricevute fiscali. La versione cartacea si acquista presso qualunque tabaccaio e ricevitoria autorizzata. Nell’aspetto è simile a un francobollo e possiede valore nominale pari a 2 euro, oppure a 16 euro.

Serve a convalidare atti ufficiali o adempiere all’onere tributario in sostituzione dell’IVA qualora non esigibile. Quindi consente di versare l’imposta di bollo. La marca da bollo virtuale, al pari di quella cartacea, sostituisce l’imposta dell’IVA quando non è applicabile. Essendo virtuale è utilizzabile esclusivamente per via telematica ed è acquistabile online e non in tabaccheria.

Acquisto marche da bollo virtuali

Le marche da bollo virtuali non sono propriamente acquistate, nel senso stretto del termine. Corrispondono, piuttosto, al versamento di un determinato importo. L’importo dovuto può essere versato utilizzando un modello F24 a seguito della richiesta e dell’ottenimento dell’autorizzazione ad Agenzia delle Entrate. Il tempo massimo per assolvere a quanto dovuto è pari a 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio. La marca da bollo virtuale non ha scadenza.

Anche per quanto riguarda le fatture elettroniche, la marca da bollo virtuale può essere pagata versando l’imposta tramite il modello F24 e può essere apposta sulla e-fattura seguendo la medesima procedura.

Marca da bollo assolta in modo virtuale: le tipologie

Esistono diversi importi di marche da bollo virtuale. Le più comuni sono quelle da 2 e 16 euro stabilite dal governo Letta tramite decreto legge 43/2013. Fino ad allora le marche da bollo avevano importi inferiori, ovvero 1,81 euro e 14,62 euro.

Marca da bollo virtuale

Assolvimento marca da bollo in modo virtuale: quando è applicata

La marca da bollo virtuale è obbligatoria per tutte le fatture elettroniche e cartacee o ricevute fiscali d’importo superiore ai 77,47 euro, in quanto non soggette al versamento dell’IVA. Il DPR 642/72 impone l’obbligo del pagamento della marca da bollo per le seguenti fatture:

  1. esenti IVA
  2. emesse da soggetti che rientrano nel regime dei minimi o nel regime forfettario
  3. fuori campo IVA, ovvero in cui viene a mancare il requisito oggettivo o soggettivo
  4. fuori campo IVA per assenza del requisito territoriale
  5. non imponibili – come ad esempio la vendita di auto, navi, aerei e di ogni altro componente e/o prestazione di servizio destinati ai suddetti
  6. fatture non imponibili riguardanti servizi internazionali o relativi a scambi internazionali.

Sulle fatture relative a servizi internazionali relativi all’esportazione di merci, la marca da bollo non deve essere applicata e pagata.

Marca da bollo virtuale fattura elettronica: quando non è prevista

La legge vuole che la marca da bollo virtuale pari a 2 euro non debba essere corrisposta nei seguenti casi:

  • nelle fatture dove l’IVA risulta esposta, tuttavia la quota in esenzione non deve superare i 77,47 euro
  • fatture per esportazione di merce
  • documenti fiscali relativi a operazioni intracomunitarie
  • fatture in cui l’IVA risulta assolta in origine
  • operazioni di reverse charge

Mentre per le fatture cartacee la marca deve essere fisicamente apposta sul documento, per le fatture elettroniche basta indicare l’obbligo di versamento dell’imposta sul documento stesso inserendo il relativo valore nel campo previsto dal formato.

Infine, non è obbligatorio apporre la marca da bollo virtuale per i seguenti soggetti.

  • ONLUS con iscrizione presso l’Anagrafe dell’Agenzia delle Entrate
  • associazioni di volontariato con iscrizione presso il Registro regionale del Volontariato
  • ogni federazione sportiva ed Ente di promozione sportiva riconosciuta dal CONI

Il bollo in regime forfettario

Nel caso dei forfettari, la fattura elettronica (a meno che questa non superi l’importo di € 77,47) è sempre soggetta all’imposta di bollo di € 2,00 in quanto contiene importi esenti IVA regime forfettario (codice esenzione N2.2), di conseguenza deve sempre riportare l’indicazione.

Nel caso dei forfettari il bollo deve essere solo indicato e non addebitato, questo perché le somme che danno origine al bollo non sono anticipazioni (spese sostenute per conto del cliente art.15) ma i compensi del forfettario, come confermato dalla risposta n.248/2022 del 12 agosto dell’Ageniza delle Entrate.

Per effetto del fatto che si tratta di compensi e non di spese anticipate per conto del cliente, il bollo nella fattura elettronica di un forfettario non deve essere addebitato al cliente, qualora il bollo venisse inserito in fattura per avvalersi (senza alcun titolo) della rivalsa nei confronti del cliente, l’importo di 2 euro deve essere inserito in fattura con esenzione N2.2 (quella del regime forfettario) e sarà soggetto a tassazione (importi che concorrono all’utile), diversamente da come avviene per le anticipazioni, che non costituiscono utile d’impresa.

Le Sanzioni

I soggetti che non dovessero rispettare l’obbligo di pagamento della marca da bollo sono soggetti a sanzioni pecuniarie come stabilito dall’articolo l’articolo 23 del DPR 633/1972. Le sanzioni previste sono pari ad ammende che vanno da un 1 a 5 volte l’imposta evasa per ogni documento irregolare.

Pagamento contactless: cos’è e come ha cambiato l’economia

Il pagamento contactless è ormai entrato a far parte della vita quotidiana di molti consumatori. Poter effettuare acquisti semplicemente avvicinando la carta di credito o lo smartphone a un terminal, ha semplificato moltissimo le transazioni. Il commercio ne ha beneficiato grandemente e la realtà si diffonde sempre di più, ogni giorno che passa.

Pagamento contactless: cos’è e come funziona

I pagamenti contactless sono pagamenti effettuati attraverso un sistema che non necessita di contatto fisico tra i dispositivi impiegati a tale scopo: carte di credito/debito/bancomat o dispositivi mobili e i terminal autorizzati a ricevere i pagamenti (POS). Difatti, contactless significa, letteralmente: “senza contatto”

Oggi, più che mai, a seguito dell’obbligo POS entrato in vigore a partire dal 30 giugno 2022, il pagamento contactless è un vantaggio e un’agevolazione per tutti, esercenti e clienti. Avvicinando bancomat o carta al POS il terminal riconosce la tecnologia contactless e permette la transazione.

Affinché il sistema funzioni correttamente le carte devono essere dotate di tecnologia RFID, acronimo d’Identificazione a Radio Frequenza. Un’innovazione che consente di non inserire la carta all’interno del Pos per poter essere riconosciuta. Per quanto riguarda invece i cellulari, volendo utilizzare uno smartphone come strumento di pagamento, questo deve essere dotato di tecnologia NFC, acronimo di Near Field Communication. In pratica il cellulare si trasforma in un portafoglio virtuale.

Pagamento con carta contactless

Le carte contactless sono dotate di una targhetta elettronica che contiene tutte le informazioni necessarie affinché sia riconosciuta come tale dai terminal usati per effettuare i pagamenti. Avvicinando la carta al POS il pagamento si finalizza automaticamente, senza dover inserire fisicamente la carta all’interno del dispositivo o dover digitare codici di sicurezza.

Per riconoscere se una carta è contactless oppure no basta controllare se sulla superficie è presente un simbolo che rappresenta delle piccole onde bianche che aumentano di grandezza da sinistra verso destra. Sempre più commercianti espongono il simbolo per far capire ai propri clienti che in quel locale è possibile pagare anche tramite questa innovativa modalità di saldo. La maggior parte delle carte attualmente in circolazione possiede ormai questo simbolo e la relativa tecnologia. Si tratta sia di bancomat che carte di credito, debito o prepagate.

Pagamento contactless

Come funziona il pagamento contactless per i commercianti?

Molti commercianti sono intimoriti dai costi per l’acquisto o il noleggio di un POS contactless, o dalle relative commissioni richieste per l’uso di questa tecnologia. Solo due imprese su tre ne posseggono uno e solo il 53% dei POS dispone di questa tecnologia. Sono molti a pensare che adottare una tecnologia del genere per la propria impresa sia, oggi, ancora troppo oneroso.

Per questo motivo il Governo ha previsto una proposta di legge che prevede zero commissioni per le transazioni sotto i 25 euro. In ottica di digitalizzazione delle PMI l’incentivo proposto vuole spronare il settore terziario ad adottare il pagamento pos contactless. La strada da seguire è quindi quella di diminuire i costi dei servizi offerti, incentivando i commercianti ad adeguarsi alle nuove tecnologie.

Pagamento contactless e sicurezza

Per effettuare un pagamento contactless è sufficiente avvicinare la carta al terminal e la transazione è automaticamente eseguita. In molti casi non è nemmeno richiesto di digitare un pin. Il pagamento contactless è molto sicuro, nonostante molti siano ancora dubbiosi.

La sicurezza di questa modalità di pagamento è garantita anche da:

  1. la transazione è registrata solo una volta
  2. funziona solo se il POS è attivo e pronto a ricevere il pagamento
  3. per importi superiori a 25 euro è sempre richiesto un PIN di sicurezza
  4. le carte emesse da qualunque ente bancario o simile, tutela comunque il cliente.

Usare il pagamento contactless aumenta la fiducia nelle transazioni e riduce i tempi di operatività. Una tecnologia che presenta molteplici vantaggi per tutti, commercianti e clienti.

I dati parlano chiaro:

  • 35 milioni le carte contactless
  • 1 carta su 2 è contactless
  • Oltre un milione le transazioni effettuate nel 2018 con questo metodo di pagamento
  • Un servizio che registra il 150% di crescita di utilizzo

Usare un pagamento contactless migliora l’esperienza di acquisto, oltre a semplificarla e renderla molto più fluida e veloce rispetto ai vecchi sistemi di pagamento. Senza contare che oggi come oggi non necessario avere una carta o un bancomat per acquistare contactless. È sufficiente avere uno smartphone con tecnologia NFC e il cellulare si trasforma in carta/portafoglio.

Istruzioni dichiarazione iva: ecco come indicare i rottami

Si sta avvicinando il momento di presentare la dichiarazione annuale IVA relativa all’anno d’imposta 2021. In questo periodo, più che in altri, occorre fare chiarezza su alcuni passaggi che molto spesso rimangono oscuri durante la compilazione dei dati. Per questo motivo vogliamo indicare alcune istruzioni dichiarazione IVA su come comunicare pellet, scarti, rottami e il regime di reverse charge.

Istruzioni dichiarazione iva: i rottami

I commi 7 e 8 dell’articolo n°74 DPR 633/72 tratta la regolamentazione dei rottami ai fini IVA. Si tratta di una disciplina alquanto complessa, difficile sia dal punto di vista della contabilizzazione, ma anche e soprattutto per quanto riguarda l’indicazione in dichiarazione IVA. Cerchiamo, quindi, di fare chiarezza, specificando prima cos’è considerato “rottame” e poi riepilogando cos’è e come funziona il reverse charge.

Articolo n°74 DPR 633/72

Il settimo e l’ottavo comma specificano cosa si intende per rottami ed elencano i beni compresi nella disciplina della cessione dei rottami.

Comma 7:

Per le cessioni di rottami, cascami e avanzi di metalli ferrosi e dei relativi lavori, di carta da macero, di stracci e di scarti di ossa, di pelli, di vetri, di gomma e plastica, intendendosi comprese anche quelle relative agli anzidetti beni che siano stati ripuliti, selezionati, tagliati, compattati, lingottati o sottoposti ad altri trattamenti atti a facilitarne l’utilizzazione, il trasporto e lo stoccaggio senza modificarne la natura, al pagamento dell’imposta è tenuto il cessionario, se soggetto passivo d’imposta nel territorio dello Stato. La fattura, emessa dal cedente senza addebito dell’imposta, con l’osservanza delle disposizioni di cui agli artt. 21 e seguenti e con l’annotazione «inversione contabile» e l’eventuale indicazione della norma di cui al presente comma, deve essere integrata dal cessionario con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta e deve essere annotata nel registro di cui agli articoli 23 o 24 entro il mese di ricevimento ovvero anche successivamente, ma comunque entro quindici giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese; lo stesso documento, ai fini della detrazione, è annotato anche nel registro di cui all’articolo 25. Agli effetti della limitazione contenuta nel terzo comma dell’articolo 30 le cessioni sono considerate operazioni imponibili. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche per le cessioni dei semilavorati di metalli ferrosi di cui alle seguenti voci della tariffa doganale comune vigente al 31 dicembre 2003:

  • a) ghise gregge e ghise specolari in pani, salmoni o altre forme primarie (v.d. 72.01);
  • b) ferro-leghe (v.d., 72.02);
  • c) prodotti ferrosi ottenuti per riduzione diretta di minerali di ferro e altri prodotti ferrosi spugnosi, in pezzi, palline o forme simili; ferro di purezza minima in peso, di 99,94%, in pezzi, in palline o forme simili (v.d. 72.03);
  • d) graniglie e polveri, di ghisa greggia, di ghisa specolare, di ferro o di acciaio (v.d. 72.05).

Istruzioni dichiarazione iva

Comma 8

Le disposizioni del precedente comma si applicano anche per le cessioni di rottami, cascami e avanzi di metalli non ferrosi e dei relativi lavori, dei semilavorati di metalli non ferrosi di cui alle seguenti voci della tariffa doganale comune vigente al 31 dicembre 1996:

  • a) rame raffinato e leghe di rame, greggio (v.d. 74.03);
  • b) nichel greggio, anche in lega (v.d. 75.02);
  • c) alluminio greggio, anche in lega (v.d. 76.01);
  • d) piombo greggio, raffinato, antimoniale e in lega (v.d. 78.01);
  • e) zinco greggio, anche in lega (v.d. 79.01);
  • e-bis) stagno greggio, anche in lega (v.d. 80.01);
  • e-ter) filo di rame con diametro superiore a 6 millimetri (vergella) (v.d. 7408.11);
  • e-quater) filo di alluminio non legato con diametro superiore a 7 millimetri (vergella) (v.d. 7605.11);
  • e-quinquies) filo di leghe di alluminio con diametro superiore a 7 millimetri (vergella) (v.d. 7605.21);
  • e-sexies) barre di ottone (v.d. 74.07.21).

Istruzioni dichiarazione IVA: cessione dei rottami

La cessione dei rottami si basa, prima di tutto, sull’identificazione della soggettività dell’acquirente. Possono verificarsi due casi:

  1. l’acquirente è un consumatore finale
  2. l’acquirente è un soggetto passivo IVA

Nel primo caso si applica il regime ordinario IVA. Nel secondo caso, invece, è applicato il reverse charge, cioè l’inversione contabile.

Istruzioni dichiarazione iva e Reverse charge

Nel reverse charge il cedente deve emettere fattura elettronica per esercitare la rivalsa, non addebitare l’IVA in fattura e indicare la dicitura: “inversione contabile, art.74 c.7, DPR 633/72.”. L’acquirente di conseguenza deve integrare la fattura emessa dal cedente indicando l’aliquota applicabile e la relativa imposta. Deve, inoltre, inserirla nel registro delle fatture emesse o nel registro dei corrispettivi per poterla comprendere nelle liquidazioni periodiche. Infine, la medesima fattura, deve essere annotata nel registro degli acquisti per poter così operare la detrazione d’imposta.

Dichiarazione IVA istruzioni per indicazione dei rottami

L’indicazione dei rottami in dichiarazione IVA è molto complessa, in quanto cambia a seconda del cedente e del cessionario. Esistono quindi cinque diverse casistiche che prevedono ruoli diversi per cessionario e cedente:

  • Cessioni verso San Marino VE30 – Acquisti all’interno VF13, VJ6
  • Cessioni intracomunitarie VE30 – Acquisti da San Marino VF13, VJ1, VF28 campo 6
  • Esportazioni VE30 – Acquisti intracomunitari VF13, VJ9, VF 28 campo 1
  • Cessioni all’interno effettuate nei confronti di soggetti passivi d’imposta VE35, campo 2 – Importazioni VF13, VJ10, VF28 campo 3
  • Cessioni all’interno effettuate nei confronti di privati consumatori quadro VE sezione 2

Si tratta d’indicazioni precise che devono essere rispettate affinché la cessione dei rottami possa essere indicata correttamente nella dichiarazione IVA relativa all’anno d’imposta 2021.

Dichiarazione annuale Iva: i soggetti esonerati nel 2022

La dichiarazione annuale IVA è un adempimento obbligatorio, in linea di massima, per tutti i contribuenti titolari di partita IVA. In pratica, chiunque eserciti un’attività d’impresa, arte o professione, è tenuto a presentarla. Nonostante l’obbligo sia imputato a tutti, il legislatore ha previsto comunque dei soggetti esonerati. Le categorie esentate da tale obbligo sono, di norma, regimi agevolati, come, ad esempio, quello dei forfettari o i contribuenti minimi. Ci sono comunque anche altre categorie che è bene ricordare in vista della dichiarazione annuale.

Dichiarazione annuale IVA: i soggetti esonerati nel 2022 (anno d’imposta 2021)

I soggetti che nell’anno d’imposta 2021 hanno registrato solo operazioni esenti (art. 10 Dpr 633/72) o hanno usufruito della dispensa dagli obblighi di fatturazione e di registrazione (art 36 bis) sono dispensati dall’obbligo di dichiarazione annuale IVA. L’esonero, però, non è applicabile nel caso in cui il contribuente.

  • Ha effettuato operazioni intracomunitarie
  • Deve eseguire rettifica della detrazione IVA (art. 19-bis2)
  • Ha acquistato prodotti per i quali l’imposta è dovuta da parte del cessionario (una regola che vale, ad esempio, per l’acquisto di oro, argento, rottami, ecc…)
  • Quando effettua operazioni non esenti riferite ad attività gestite con contabilità separata.

Dichiarazione annuale iva

Tra i vari soggetti esonerati dall’obbligo della dichiarazione annuale IVA ritroviamo anche:

  1. contribuenti che rientrano nel regime dei forfettari per le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti e professioni;
  2. contribuenti che hanno goduto dell’agevolazione fiscale per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità;
  3. produttori agricoli con volume d’affari annuale inferiore a 7000 euro (volume che deve essere costituito almeno per i due terzi da cessioni di prodotti agricoli e ittici compresi nella prima parte dell’allegata tabella A del Dpr 633/72);
  4. attività di organizzazione giochi e intrattenimenti
  5. altre attività indicate nella tariffa allegata al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640, esonerati dagli adempimenti IVA ai sensi dell’art. 74, sesto comma, che non hanno optato per l’applicazione dell’IVA nei modi ordinari.

Dichiarazione annuale Iva: l’elenco continua con…

I soggetti elencati finora rientrano nelle casistiche previste dal legislatore come esoneri dall’obbligo di dichiarazione annuale Iva. Non si tratta, però, degli unici casi. Infatti, l’elenco previsto per il 2022 prevede anche:

  1. imprese individuali che hanno dato in affitto l’unica azienda e non esercitano altre attività rilevanti ai fini IVA;
  2. soggetti passivi d’imposta non residenti (art. 44, comma 3, secondo periodo del decreto-legge n. 331 del 1993) – questo vale solo nel caso in cui tali soggetti non abbiamo effettuato durante il 2021 operazioni non imponibili, o comunque non soggette all’obbligo del pagamento dell’imposta;
  3. Enti non commerciali, società sportive che hanno esercitato l’opzione per l’applicazione delle disposizioni recate dalla legge 398/91;
  4. soggetti domiciliati o residenti fuori dall’UE – in questo caso si tratta di soggetti non identificati in ambito comunitario, ma identificati fini dell’IVA sul territorio dello Stato in base alle modalità previste dall’art. 74. In questa categoria rientrano, tra gli altri, l’assolvimento degli adempimenti relativi ai servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione ed elettronici resi a committenti, non soggetti passivi d’imposta, domiciliati o residenti in Italia o in altro Stato membro.
  5. raccoglitori occasionali di prodotti selvatici non legnosi – soggetti che rientrano nella categoria identificata con codice Ateco30;
  6. raccoglitori occasionali di piante officinali spontanee, come stabilito dall’art. 3 del decreto legislativo n°21 maggio 2018, n°75, che non abbiano superato un volume d’affari annuo di 7000 euro, nell’anno fiscale precedente.

Proroga esterometro 2022: slitta l’abrogazione

Proroga esterometro 2022 datata 1° luglio. L’anno passato era circolata comunicazione che l’abrogazione doveva entrare in vigore a partire dal 1° gennaio 2022. Nuove comunicazioni hanno smentito definitivamente quanto preventivano nel 2021. Infatti, fino al 30 giugno 2022 tutti i dati relativi alle operazioni transnazionali effettuate dai soggetti passivi IVA, residenti o stabiliti in Italia, devono continuare a essere comunicati ogni tre mesi ad Agenzia delle entrate. La situazione cambio invece dal 1° luglio, quando la comunicazione dei dati ad Agenzia delle Entrate (AdE) dovrà usare obbligatoriamente il Sistema di Interscambio e utilizzare il formato della classica fattura elettronica.

Proroga esterometro 2022: legge di conversione del decreto Fisco-Lavoro (D.L. n. 146/2021)

La Legge di Bilancio 2018 ha introdotto l’obbligo a carico dei soggetti passivi IVA la trasmissione dei dati relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi transfrontaliere. In altre parole, l’esterometro. I soggetti obbligati a tale adempimento sono tutti quelli residenti o stabiliti nel territorio italiano. Le operazioni soggette a comunicazione sono tutte quelle rese o ricevute da soggetti non residenti o stabiliti su territorio dello Stato. La periodicità della comunicazione ha cadenza trimestrale.

Scadenza esterometro

Riassumendo schematicamente le scadenze previste per la comunicazione dell’esterometro, troviamo:

  1. Gennaio, febbraio, marzo – 30 aprile 2021
  2. Aprile, maggio, giugno – 2 agosto 2021
  3. Luglio, agosto, settembre – 2 novembre 2021
  4. Ottobre, novembre, dicembre – 31 gennaio 2022

Agenzia delle entrate esterometro: operazioni escluse

La comunicazione dei dati transnazionali non è obbligatoria per le seguenti operazioni:

Proroga esterometro 2022

Proroga esterometro 2022: cosa cambia

La Legge di Bilancio 2021 prevedeva un cambiamento delle precedenti disposizioni. Dal 1° gennaio 2022 la comunicazione dell’esterometro doveva avvenire attraverso il Sistema di Interscambio, secondo formato di fattura elettronica.

In particolare:

  • per le operazioni svolte nei confronti di soggetti non residenti o non stabiliti sul territorio dello Stato, la comunicazione doveva avvenire entro 12 giorni dal momento dell’operazione stessa;
  • per le operazioni ricevute da soggetti non residenti o non stabiliti sul territorio dello Stato, doveva essere effettuata entro il 15° giorno del mese successivo a quello di ricevimento del documento comprovante l’operazione o di effettuazione della stessa.

La proroga esterometro 2022 slitta però al 1° Luglio. Questo significa che per Operazioni transnazionali effettuate fino al 30 giugno 2022, i dati devono essere comunicati sempre trimestralmente ad Agenzia delle Entrate. Rimangono come sempre escluse tutte le operazioni per le quali siano state emesse bollette doganali, oppure ricevuta una fattura elettronica.

Proroga esterometro: cosa succede dal 1° luglio in poi

Dal 1à luglio 2022 tutti i dati relativi alle operazioni transnazionali potranno essere trasmessi esclusivamente attraverso il Sistema di Interscambio. Il formato utilizzabile sarà solamente quello XML, lo stesso utilizzato per le fatture elettroniche. Alcune specifiche per la compilazione corretta e l’invio delle comunicazioni:

  1. Il campo destinatario deve essere compilato con “XXXXXXX” (7 volte la lettera “X”) per quanto riguarda le fatture attive;
  2. per le fatture passive, vale a dire quelle ricevute dai fornitori esterni, il documento da generare è quello di tipo TD17, TD18 e TD19, da trasmettere al Sistema di Interscambio.

L’abrogazione quindi è rimandata ancora una volta. Dal 1° luglio per le operazioni transfrontaliere di:

  • cessioni di beni
  • e prestazioni di servizi effettuate (e ricevute)
  • nei confronti di soggetti al di fuori del territorio dello Stato

per le quali è prevista l’emissione di fattura, diventa quindi obbligatoria la trasmissione tramite Sistema di Interscambio (già previsto in Italia per le fatture elettroniche).

Per le operazioni che prevedono emissione di una bolletta doganale, o per quelle per le quali sono emesse o ricevute fatture elettroniche, la trasmissione telematica è effettuata trimestralmente entro la fine del mese successivo al trimestre di riferimento.

Agevolazioni imprese: cosa prevede il Decreto attuativo

Il 2 febbraio 2022 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto del Mise del 19-11-2021. Il DM stabilisce le disposizioni per l’attuazione dell’art. 1 relativo ai commi dal 109 al 112 della Legge di bilancio 2021. In particolare riguarda le agevolazioni imprese creative, sia piccole che medie, e individua la ripartizione della dotazione finanziaria del Fondo.

Agevolazioni nuove imprese: cosa stabilisce il decreto

Il decreto attuativo, in merito al Fondo per piccole e medie imprese creative, ha individuato:

  • ripartizione finanziaria del Fondo
  • codici Ateco per le imprese del settore creativo
  • modalità e criteri di concessione delle agevolazioni imprese
  • iniziative ammissibili alle forme di aiuto
  • ulteriori forme d’intervento del Fondo

La disciplina del decreto

In modo particolare il Decreto attuativo, suddiviso in diversi capitoli, stabilisce la disciplina inerente alla creazione, lo sviluppo, la dotazione finanziaria e l’acquisizione di servizi specialistici delle imprese creative.

Al Capo II troviamo, infatti, la normativa relativa alla nascita, allo sviluppo e al consolidamento delle imprese creative in relazione ai programmi di:

  • investimento da parte delle singole imprese creative
  • investimento da parte d’imprese creative in collaborazioni con altre imprese creative e non
  • investimenti nel capitale di rischio delle imprese creative, a beneficio esclusivo di quelle che costituiscono start-up innovative e PMI innovative

Al Capo III invece è normata la situazione relativa ai voucher per l’acquisizione dei servizi specialistici erogati da imprese creative. Inoltre sono presi in considerazione gli interventi per la promozione della collaborazione tra imprese creative e soggetti operanti in altri settori, sostenendo l’acquisizione di servizi specialistici.

Capo IV, analizza tutte le modalità di agevolazioni imprese relative ai paragrafi precedenti.

Al Capo V, infine, sono normate altre formule di sostegno all’intero sistema imprenditoriale creativo.

Agevolazioni imprese: la ripartizione della dotazione finanziaria

La dotazione finanziaria prevista dal Fondo per ciascun anno, 2021 e 2022, ammonta a 20 milioni di euro. La ripartizione prevista è la seguente:

  • 28.000.000,00 euro per ogni intervento previsto al Capo II
  • 10.000.000,00 euro per gli interventi relativi al Capo III
  • 2.000.000,00 euro per i sistemi previsti al Capo V

La concessione dell’erogazione dei fondi è quindi subordinata a un’accettazione preventiva sottoposta a una procedura valutativa con procedimento a sportello.

Per ottenere le agevolazioni imprese previste al Capo II e III, le domande devono essere inoltrate seguendo le regole stabilite da diversi provvedimenti del Ministero. Regole che prevedono, eventuali concorsi finanziari delle regioni, specifici ambiti settoriali, di filiera o tecnologici.

I finanziamenti agevolati imprese sono gestiti direttamente dall’Agenzia per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.a., Invitalia.

Agevolazioni imprese

Impresa Creativa: definizione

Il Decreto Ministeriale definisce impresa creativa:

“l’impresa operante nel settore creativo la cui attività, come risultante dal registro delle imprese, è individuata da uno dei codici ATECO elencati all’allegato 1”

Per meglio capire e identificare tale imprese, riportiamo anche alcuni codici Ateco dell’elenco proposto nel Decreto:

  • 15.12.09 Fabbricazione di altri articoli da viaggio, borse e simili, pelletteria e selleria
  • 16.10.00 Taglio e piallatura del legno
  •  16.2 Fabbricazione di prodotti in legno, sughero, paglia e materiali da intreccio
  • 16.29.19 Fabbricazione di altri prodotti vari in legno (esclusi i mobili)
  • 16.29.20 Fabbricazione dei prodotti della lavorazione del sughero
  •  16.29.30 Fabbricazione di articoli in paglia e materiali da intreccio
  •  16.29.40 Laboratori di corniciai
  • 17.29 Fabbricazione di altri articoli di carta e cartone
  • 18.1 Stampa e servizi connessi alla stampa
  • 18.13 Lavorazioni preliminari alla stampa e ai media
  • 18.14 Legatoria e servizi connessi
  •  18.20 Stampa e riproduzione di supporti registrati
  • 23.19.20 Lavorazione di vetro a mano e a soffio artistico
  •  23.41.00 Fabbricazione di prodotti in ceramica per usi domestici e ornamentali
  • 23.49.00 Fabbricazione di altri prodotti in ceramica

Per l’elenco completo è possibile consultare il seguente link.

Gli incentivi per le piccole e medie imprese sono, ormai, all’ordine del giorno e la classe politica prende sempre in seria considerazione tali misure, anche per fini propagandistici. In particolare, come abbiamo potuto vedere con questo Decreto attuativo, i settori maggiormente interessati dalle agevolazioni, sono proprio quelli relativi all’innovazione tecnologica. Un campo diventato quindi indispensabile ed essenziale per l’intera struttura socio-economica del paese.

IVA prima casa: AdE chiarisce le novità per gli under 36

Nell’articolo precedente: “Esenzione iva per i servizi anti Covid” abbiamo visto come la Legge di Bilancio 2021 avesse introdotto delle importanti novità in materia di esenzione iva per i servizi anti Covid-19. Oggi, vogliamo invece affrontare un altro importante argomento che riguarda l’IVA prima casa e le novità previste dalla nuova Legge di bilancio 2022. Novità che riguardano l’acquisto della prima casa da parte degli under 36. Il decreto sostegni bis ha introdotto delle agevolazioni relative all’imposta sul valore aggiunto nel caso di compravendite d’immobili. La Legge di Bilancio 2022 ha previsto che, per gli atti soggetti a IVA, il credito d’imposta sia dello stesso importo del tributo corrisposto. Agenzia delle Entrate chiarisce l’argomento con la circolare numero 3 del 4 febbraio.

IVA prima casa: contenuto della circolare numero 3 del 4 Febbraio

La circolare numero 3 del 4 febbraio 2022 ha chiarito alcuni importanti argomenti, quale, ad esempio, l’IVA prima casa under 36. Il documento riassume brevemente il contenuto della Legge di Bilancio 2022. È poi prevista un’IVA agevolata e ridotta al 5% sulle forniture gas metano destinato a usi civili e industriali, per i primi tre mesi dell’anno in corso (2022).

Senza contare che la circolare riporta anche chiarimenti sulle novità per quanto riguarda la sospensione dei versamenti delle imposte dovute dagli enti sportivi (come abbiamo visto nell’articolo: “LIPE: istruzioni di compilazione per il 2022”) e l’applicazione dell’IVA al 5% sulla vendita degli assorbenti e, infine, delucidazioni sull’imposta di bollo.

Quello che interessa, con questo articolo, è prendere in esame le agevolazioni acquisto prima casa per i giovani sotto i 36 anni. Anche questa novità è introdotta dal decreto Sostegni Bis.

Bonus prima casa

La Legge di Bilancio 2022 ha prorogato fino al 31 dicembre 2022 il bonus prima casa. In sostanza questo prevede che i giovani sotto i 36 anni di età, con un ISEE non superiore ai 40.000€, possono acquistare la prima casa sfruttando le agevolazioni previste dal decreto.

È il punto 3.2 a trattare l’argomento: “Proroga agevolazioni prima casa under 36 (comma 151)”

IVA prima casa

IVA prima casa: cosa prevede il bonus nello specifico

L’articolo 1 al comma 151 della Legge di Bilancio, prevede la proroga delle agevolazioni sull’acquisto prima casa da parte dei giovani under 36. Per accedere al bonus e usufruire delle agevolazioni, i requisiti da rispettare sono sempre gli stessi:

  1. non avere ancora compiuto i 36 anni di età nell’anno in cui l’atto di compravendita è rogitato
  2. avere un ISEE non superiore ai 40.000€ annui
  3. la compravendita deve riguardare solo l’acquisto della prima casa
  4. l’atto deve quindi rispettare quanto previsto nelle condizioni indicate dalla Nota II-bis all’articolo 1 della Tariffa, parte I, allegata al TUR, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131.

In alternativa all’esenzione è prevista un’agevolazione anche per gli atti soggetti a IVA. Questo vale al momento del rogito per il pagamento dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale.

Per essere più chiari, i soggetti hanno diritto a un credito d’imposta pari all’ammontare del tributo corrisposto in relazione all’acquisto. La circolare numero 3 del 4 febbraio 2022 specifica inoltre:

“Tale credito può essere portato in diminuzione dalle imposte di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni dovute per successivi atti e denunce ovvero dalle imposte sui redditi delle persone fisiche risultanti dalla dichiarazione presentata dopo il perfezionamento dell’acquisto oppure in compensazione tramite F24.”

È prevista anche l’esenzione dell’imposta sostitutiva ex articolo 18 del DPR numero 601 del 1973, per i finanziamenti erogati per l’acquisto, costruzione e ristrutturazione dell’immobile a uso abitativo. Per quanto riguarda i requisiti, si tratta sempre dei medesimi che devono essere rispettati.

Esenzione iva per i servizi anti Covid

L’esenzione IVA per i servizi anti Covid è prevista per tutta una serie di misure atte a prevenire e controllare la diffusione della pandemia. Effettuazione dei tamponi e somministrazione dei vaccini prima di tutto, servizi e prestazioni strettamente connesse alla diagnostica per Covid-19. Agenzia delle entrate ha specificato le varie configurazioni all’interno della risposta all’Interpello numero 81 del 9 febbraio 2022. Servizi e prestazioni che possono usufruire dell’esenzione IVA proprio come previsto dalla Legge di bilancio 2021. L’agevolazione è applicata a tutti i beni e i servizi che rientrano nel lasso di tempo compreso tra il 1° gennaio 2021 fino al 31 dicembre 2022.

Esenzione IVA servizi anti Covid-19: il caso analizzato

Nella Legge di bilancio 2021, all’articolo 1 comma 452 e 453 è prevista un’esenzione IVA per servizi e beni anti Covid-19. L’Interpello n°81 del 9 febbraio di quest’anno, ha posto un quesito molto importante e interessante ad Agenzia delle entrate. Il problema riguardava una certa società di noleggio di tende e accessori che si è trovata, in periodo di pandemia, a locare accessori, tende, impianti di condizionamento e riscaldamento a una fondazione dove vengono effettuati tamponi e somministrati vaccini con modalità drive-in.

La fondazione, a sua volta, ha concesso, in comodato d’uso gratuito, tutti i beni locati a un’azienda socio sanitaria territoriale. Lo scopo della fondazione è quello di “offrire al territorio un efficace presidio Covid-19 per il periodo di tempo in cui è possibile prevedere una recrudescenza del fenomeno epidemico.”

A questo punto è sorto un dubbio sulla corretta tassazione IVA da applicare alle cessioni dei beni e dei servizi utilizzati per contrastare la diffusione della pandemia.

Direttive europee

Le esenzioni IVA predisposte da AdE riguardano le cessioni di strumentazioni per diagnostica in vitro e di vaccini anti Covid-19, oltre che hai servizi strettamente connessi a queste cessioni particolari.

I periodi agevolati sono i seguenti:

  • dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2022 per tutti i beni e servizi che rientrano nel comma 452
  • dal 20 dicembre 2020 per quelli che invece rientrano nel comma 453

Per definire i beni e i servizi in questione, nonché i periodi di riferimento e la tipologia di agevolazioni, AdE ha richiamato la direttiva UE 2020 del 2020 del Consiglio del 7 dicembre 2020 (direttiva Covid). Una direttiva che aveva apportato delle modifiche alla precedente, denominata “direttiva IVA”. In sostanza le modifiche apportate sono quelle che prevedono la possibilità di ridurre l’imposta dell’Iva su alcuni beni e servizi specifici.

Il documento cita:

“Si tratta in particolare di prestazioni di servizi “strettamente connesse” (rectius indispensabili) a tali dispositivi e vaccini anti-Covid senza le quali diventa difficile per uno Stato membro assicurare una capillare ed efficace campagna di prevenzione/diagnosi e vaccinale a costi sostenibili.”

Esenzione iva

IVA da applicare ai servizi anti Covid-19

Oltre alla risposta all’Interpello n° 81, Agenzia delle Entrate fa riferimento anche a una precedente risposta data all’interpello n°354 del 2021. Nel documento citato, AdE spiega che l’esenzione con il diritto alla detrazione, si applica solo alle prestazioni effettuate per i tamponi se strettamente connessi ai dispositivi in vitro.

Nel caso specifico, l’amministrazione finanziaria sottolinea che l’unica operazione rilevante ai fini IVA, è la locazione tra la società e la fondazione in questione. Questo significa che solo questa operazione di “noleggio” è passibile d’IVA. Di conseguenza, può beneficiare dell’esenzione IVA come beni connessi alla prevenzione e al controllo anti Covid-19. L’operazione successiva, vale a dire, la cessione dei beni all’azienda socio sanitaria territoriale, essendo a titolo gratuito, non è rilevante ai fini d’IVA. Quindi, come diretta conseguenza, non può certo beneficiare dell’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto.

Per rispondere in modo esaustivo all’interpello, Agenzia delle Entrate, cita le seguenti risposte:

  • 354 del 2021
  • 541 del 2021
  • 548 del 2021
  • principio di diritto numero 12 del 2021

Esenzione IVA: la risposta definitiva di Agenzia delle Entrate

All’Interpello n° 81 del 9 febbraio 2022, Agenzia delle Entrate ha risposto, in via definitiva, come segue:

“si ritiene che le prestazioni di servizi indicate nel contratto oggetto del presente interpello – le uniche rilevanti ai fini IVA – possano beneficiare del particolare regime di esenzione in commento e quindi essere acquistati dalla Fondazione in esenzione da IVA, senza pregiudizio, in capo all’Istante, del diritto alla detrazione dell’imposta ai sensi dell’articolo 19, comma 1, del Decreto IVA.”