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Calcolo acconto iva: definizione, soggetti passivi iva e metodologie

Il calcolo acconto IVA è, ogni anno, un bel cruccio per tutti i soggetti passivi IVA. Il 27 dicembre 2021 scade il termine per il pagamento dell’acconto IVA. L’importo dovuto è quello calcolato in base alle risultanze dell’ultimo periodo di versamento, relativo all’anno precedente. Diversi i metodi per calcolarlo. Con questo breve articolo vogliamo quindi vedere di chiarire, una volta per tutte, cos’è l’acconto, quali sono i soggetti che sono tenuti a pagarlo e, soprattutto, i metodi usati per calcolarlo.

Acconto IVA: cos’è e a cosa serve

L’acconto IVA è un adempimento obbligatorio. Deve essere corrisposto da tutti i soggetti passivi IVA entro il 27 dicembre di ogni anno. L’amministrazione finanziaria chiede il pagamento di un acconto dell’imposta dovuta nell’ultimo trimestre dell’anno, oppure relativo all’IVA di dicembre (per chi effettua liquidazioni mensili).

Si tratta, quindi, di un anticipo del versamento del saldo IVA che invece viene corrisposto l’anno successivo al momento della dichiarazione IVA annuale. È un modo, attraverso il quale, l’Amministrazione finanziaria, incassa parte dell’IVA dell’anno successivo, in quello precedente. Non tutti gli operatori economici sono comunque tenuti a versare l’acconto.

Soggetti passivi IVA: chi è tenuto a pagare l’acconto

Il calcolo acconto IVA lo devono fare tutti i contribuenti passivi d’IVA, come imprenditori e liberi professionisti. I soggetti che invece risultano esonerati da questo pagamento, sono tutti quelli non obbligati a liquidare periodicamente l’imposta (mensile, trimestrale che sia).

Il DPR n°633/72 definisce, nel dettaglio, tutti i soggetti esonerati dal calcolo acconto IVA e relativo pagamento:

  • chi ha iniziato attività nell’anno in corso
  • chi ha attività che risulti cessata prima del 30 novembre (mensili) o del 30 settembre (trimestrali)
  • i soggetti per i quali, applicando il metodo analitico di calcolo acconto IVA, risulta un’eccedenza di credito dalla liquidazione dell’imposta, alla data del 20 dicembre
  • i contribuenti che si trovano nel regime agevolato dei minimi o nel regime forfettario
  • chi presume di chiudere l’anno a credito
  • tutti i soggetti che eseguono solo operazioni esenti o non imponibili

Calcolo acconto iva

Calcolo acconto IVA: i metodi utilizzati

Il calcolo acconto IVA può essere fatto seguendo tre diverse metodologie. Chi è interessato al pagamento dell’acconto, quindi ditte individuali, società di persone e capitali e lavoratori autonomi, hanno a disposizione tre alternative per calcolare quanto dovuto all’amministrazione finanziaria.

Ciascuna tipologia di calcolo presenta un metodo differente e caratteristiche diverse. I tre metodi possono poi essere applicati rispettivamente, solo in base a determinate circostanze e situazioni. In ogni caso, comunque, gli importi versati in qualità di acconto, saranno poi detratti dal saldo dovuto l’anno successivo.

I tre metodi previsti per il calcolo acconto IVA sono:

  1. storico
  2. analitico
  3. previsionale

Vediamoli meglio nel dettaglio.

Calcolo acconto IVA: metodo storico

In questo caso il calcolo è fatto matematicamente. Gli importi sono determinati in base al saldo dell’anno precedente (contribuenti trimestrali) o in base alla liquidazione IVA del mese di dicembre (contribuenti mensili). L’acconto IVA dovuto, infatti, è pari all’88% dell’Iva dovuta. Esiste poi la categoria particolare dei contribuenti speciali ((autotrasportatori, distributori di carburante, odontotecnici) per i quali, gli importi corrispondono all’88% del quarto trimestre dell’anno precedente. Il metodo storico è quello che di norma è più comunemente utilizzato.

Calcolo acconto IVA: metodo analitico

In questo caso è presa in considerazione la liquidazione IVA straordinaria. È un sistema che basa il calcolo sulla percentuale del 100% dell’IVA risultante da una liquidazione straordinaria effettua considerando:

  • tutte le operazioni attive effettuate fino al 20 dicembre
  • le operazioni passive registrate fino al 20 dicembre

è un metodo che conviene a chi ha registrato nell’anno in corso, una sostanziale diminuzione del volume d’affari.

Calcolo acconto IVA: metodo previsionale

Come dice il nome stesso, è un metodo di calcolo che si basa su una previsione dell’andamento dell’azienda nel periodo considerato. La previsione è fatta basandosi sull’andamento del mese di dicembre. L’acconto quindi sarà pari all’88% dell’IVA che si prevede di dover versare per il mese di dicembre dell’anno in corso (contribuenti mensili), o per l’ultimo trimestre (contribuenti trimestrali).

Con questo sistema, però, si corre il rischio di vedere applicate delle sanzioni se il versamento risultasse inferiore rispetto al dovuto.

In ogni caso, comunque, l’acconto va versato entro e non oltre il 27 dicembre di ogni anno utilizzando un modello F24 con modalità telematica.

Territorialità iva delle operazioni ai fini dell’Imposta sul valore aggiunto

L’articolo precedente: “Modello Intrastat: cos’è e a cosa serve” abbiamo visto a cosa serve un modello Intrastat e quando e perché deve essere compilato. Si tratta di un argomento strettamente correlato con quello che vogliamo affrontare in questo nuovo articolo: la territorialità IVA. Prima di tutto chiariamo cosa si intende con questo concetto. Si tratta di un requisito fondamentale con il quale è possibile verificare il luogo di applicazione ai fini IVA per tutte le operazioni, effettuate o ricevute, dai soggetti passivi d’imposta nel territorio dello Stato.

Il regime territoriale esiste ormai da moltissimi anni, ma ha subito notevoli modifiche a seguito della direttiva 2008/8/Ce. La principale modifica introdotta dalla direttiva è quella secondo la quale, affinché un’operazione si possa dire rilevante ai fini IVA, è necessario che questa avvenga sul territorio della Repubblica Italiana (a esclusione dei Comuni di Livigno e di Campione d’Italia e delle acque nazionali del lago di Lugano).

Territorialità IVA: cessioni di beni e prestazioni di servizi

Un’operazione rilevante ai fini IVA, per essere considerata tale, deve avvenire sul territorio dello stato italiano. Lo stabilisce l’articolo 1 del DPR n°633/1972, che cita:

“l’imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello stato nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuate“

Questo significa che, un’operazione può essere rilevante ai fini Iva se esistono i seguenti requisiti:

  • soggettività – operazione svolta nell’esercizio di impresa arte o professione
  • oggettività – deve trattarsi di una cessione di beni o di una prestazione di servizi
  • territorialità – deve avvenire nel territorio dello Stato italiano

Territorialità IVA e operazioni intracomunitarie

Tutte le operazioni per le quali non è possibile riscontrare i tre requisiti precedenti, sono da considerarsi escluse dal campo di applicazione IVA. Quindi, anche laddove manca il terzo requisito, rappresentato dalla territorialità IVA, l’operazione deve essere esclusa da quelle a cui è possibile applicare l’IVA. Da chiarire che le operazioni non territoriali e le operazioni non imponibili, non sono la stessa cosa. Le operazioni non imponibili, sono attività di cessione di beni e servizi per le quali non è applicabile il regime IVA, a prescindere dalla soddisfazione di uno, due o di tutti e tre i requisiti precedentemente elencati.

Territorialità iva

Quindi, la prima cosa da fare con un’operazione, è quella di capire se questa rientra o meno nel campo di applicazione del tributo. La verifica è possibile controllando che i requisiti sopra elencati, siano o meno soddisfatti. Chiarito il punto sono poi da escludere tutte le operazioni per le quali sono previste speciali esenzioni e fattispecie di non imponibilità. Solo al termine dei controlli si potrà parlare di operazioni imponibili IVA.

Come verificare il requisito di territorialità Iva

Il terzo requisito, quello relativo alla territorialità Iva prevede che la cessione del bene o servizio sia da considerarsi effettuata in Italia se:

  • il bene si trova in Italia al momento dell’operazione
  • è un bene nazionale, nazionalizzato, comunitario o vincolato al regime della temporanea importazione
    • Bene nazionale – vale a dire prodotto in Italia
    • Bene comunitario – prodotto in uno o più degli stati membri della comunità Europea
    • Nazionalizzato – prodotto in paese extra UE e definitivamente importato in Italia
    • Bene vincolato al regime della temporanea importazione – prodotto extra europeo, ma importato temporaneamente in Italia per una successiva lavorazione. A seguito di questa lavorazione, per il bene è prevista una nuova esportazione ed è quindi destinato al traffico internazionale.

Territorialità IVA per prestazioni di servizi generiche

Le prestazioni di servizi “generici” si considerano effettuate in Italia “quando sono rese a soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato”. Le prestazioni di servizi “specifici” si considerano effettuate in Italia “quando sono rese a committenti non soggetti passivi da soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato”. Il consumatore ha assunto, con le nuove disposizioni di legge, un ruolo predominante nell’identificazione della territorialità IVA. Infine i servizi resi da soggetti UE nei confronti di operatori nazionali dovranno essere regolarizzati con emissione di autofattura e relativi adempimenti.

Per l’identificazione e la corretta fatturazione delle operazioni IVA è necessario rivolgersi sempre a un esperto professionista del settore. Occorre un’attenta e precisa pianificazione fiscale internazionale, per non incorrere in eventuali errori che potrebbero portare all’applicazione di sanzioni e ammende.

Modello Intrastat: cos’è e a cosa serve

Il modello Intrastat, chiamato anche elenco Intrastat, sono un insieme di procedure che servono ad Agenzia delle Dogane per monitorare tutte le operazioni commerciali di scambio che avvengono tra soggetti intracomunitari. L’elenco è stato introdotto grazie all’articolo 50, comma 6 del Decreto Legislativo n 331/1993, subito dopo l’abolizione delle barriere doganali all’interno della Comunità Europea. Il decreto ha previsto l’obbligo di presentare l’elenco completo con riferimento a tutte le cessioni e agli acquisti di beni intracomunitari. È inoltre obbligatorio che negli elenchi siano presenti tutti i servizi per le quali l’assolvimento dell’IVA è di competenza del committente in base alla regola generale della territorialità. Esistono due diversi tipologie di modelli: INTRA 1 e INTRA 2. Il primo modello Intrastat contiene l’elenco delle cessioni intracomunitarie di beni e servizi resi. Il secondo modello Intrastat contiene invece l’elenco degli acquisti intracomunitari di beni e i servizi ricevuti.

Modello Intrastat: i soggetti obbligati

Tutti i soggetti passivi IVA sono tenuti a presentare il modello intrastat. Società, imprenditori, professionisti ed enti non commerciali (che abbiano proceduto all’identificazione diretta IVA) che effettuano le seguenti operazioni, devono compilare i moduli:

  • Cessioni di beni intracomunitari
  • Acquisti di beni intracomunitari
  • Prestazioni di servizi generiche

I professionisti che rientrano nel regime forfettario e nel regime di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e i lavoratori in mobilità, hanno altresì l’obbligo di presentare i vari moduli con riferimento agli acquisti intracomunitari e alle prestazioni ricevute da uno o più soggetti passivi di altro Stato dell’UE.

Elenchi Intrastat: tutte le operazioni da elencare

Nel modello Intrastat 1 devono essere riportate tutte le operazioni relative a:

  • Cessioni intracomunitarie di beni (operazioni registrate nel periodo di riferimento mensile o trimestrale)
  • Prestazioni di servizi generiche

Quando un soggetto passivo Iva riceve una fattura elettronica contenente cessione di beni e prestazioni di servizi, le operazioni devono essere indicate separatamente a secondo della loro natura, utilizzando un diverso modello Itrastat.

Modello Intrastat

NON devono invece essere inserite le seguenti operazioni:

  • Tutte le operazioni effettuate nei confronti di soggetti non titolari di posizioni IVA
  • Le prestazioni di servizi, che non rientrano nella definizione di cui all’art. 7-ter del DPR n. 633/72, effettuate nei confronti di soggetti passivi IVA
  • Le operazioni (“extraterritoriali“) effettuate nei confronti di soggetti stabiliti al di fuori della UE

Dal 2018 è entrata in vigore una speciale disposizione secondo la quale gli acquisti intracomunitari di beni e le prestazioni di servizi generiche, ricevute da soggetti passivi IVA residenti nella UE, sono rilevanti ai soli fini statistici. I soggetti passivi IVA che abbiano realizzato acquisti intracomunitari di beni o servizi in misura uguale o superiore a determinate soglie, sono tenuti alla compilazione del modello Intrastat se le operazioni sono avvenute in almeno uno dei quattro trimestri precedenti quello di riferimento.

Operazioni esenti o non imponibili Iva

Le  operazioni per le quali non è dovuta Iva nello stato del committente, non devono essere comunicate negli elenchi Intrastat. Di conseguenza, se il committente è stabilito in Italia, le operazioni che non devono essere comunicate negli elenchi sono quelle:

Invece, se il committente è stabilito in un altro paese dell’Unione Europea, il prestatore italiano deve controllare che l’operazione sia o meno esente IVA nello Stato del committente. Non si tratta di una verifica semplicissima. Alla fine il prestatore deve ottenere una dichiarazione da parte del committente che quella data operazione sia qualificata come esente o non imponibile IVA nel proprio stato.

Modello Intrastat: inoltro e termini della richiesta

Il modello Intrastat deve essere presentato solo in modalità telematica tramite canale ENTRATEL e FISCONLINE. La trasmissione può essere fatta direttamente dal soggetto interessato, oppure tramite intermediari abilitati. Il modulo deve essere trasmesso entro e non oltre il 25 del mese successivo al periodo di riferimento. La cadenza di presentazione è mensile. Qualche volta, i singoli stati prevedono la periodicità trimestrale, ma solo quando l’ammontare delle operazioni intracomunitarie non supera i 50.000€ nel trimestre di riferimento.

Ogni volta che un modello Intrastat è presentato inesatto o incompleto, sono previste e applicate delle sanzioni. A stabilirne l’importo e l’applicabilità ci ha pensato il D.Lgs. n. 175/2014. Le sanzioni devono essere applicate una volta per ogni modello inesatto o incompleto, a prescindere dal numero di operazioni mancanti o inesatte ivi indicate. Le aziende che realizzano acquisti o cessioni per importi pari o superiori a 750.000€ che non compilano, o compilano in modo errato il modello Intrastat, sono soggette a eventuali sanzioni.

Identificazione diretta ai fini iva: come funziona la procedura di richiesta

Nell’articolo precedente: “Identificazione diretta iva: cos’è e qual è la procedura da seguire” abbiamo visto cos’è e a cosa serve l’identificazione diretta. Riassumendo è quell’operazione necessaria ad un soggetto estero che opera in Italia, di adempiere correttamente agli obblighi tributari e fiscali ai fini IVA. Oggi vogliamo concludere l’argomento riportando la procedura esatta che le aziende straniere dovrebbero seguire per l’identificazione diretta ai fini IVA quando operano su territorio italiano.

Identificazione diretta ai fini IVA: procedura

I soggetti esteri non residenti in Italia, che operano su territorio nostrano, sono tenuti all’identificazione diretta ai fini IVA per assolvere agli obblighi di imposta. La materia è disciplinata dall’ articolo 35-ter del DPR n. 633/72, che riporta l’intera procedura che deve essere seguita.

La prima fase della procedura di identificazione diretta a i fini IVA prevede l’inoltro della richiesta. La società estera che intende operare in Italia, ma non è residente sul nostro territorio, prima di avviare qualunque attività deve presentare ad Agenzia delle Entrate il modello ANR/3. Le richieste possono essere inoltrate esclusivamente presso l’Agenzia delle Entrate – Centro operativo di Pescara – Via Rio Sparto 21 – 65100 Pescara. La documentazione può essere recapitata di persona all’ufficio, oppure inviata tramite raccomandata con ricevuta di ritorno (obbligatorio, in questo secondo caso, allegare copia fotostatica di un documento di identificazione del dichiarante e la certificazione attestante la qualità di soggetto passivo agli effetti dell’IVA posseduta nello Stato di appartenenza).

Tutti i documenti da presentare

Al modello ANR/3 devono essere allegati una serie di documenti ben precisi:

  • Certificato originale rilasciato dalle Autorità Fiscali del Paese dove ha sede legale l’impresa che attesti l’iscrizione ai fini IVA
  • Certificato aggiornato e originale rilasciato della Camera di Commercio del Paese dove ha la sede legale l’impresa
  • Traduzione in lingua italiana dell’intera documentazione presentata
  • Copia fronte retro valida di un documento di identità del firmatario o del legale rappresentante
  • Dichiarazione dove sono specificate: le attività svolte nel paese estero, l’attività che verrà svolta in Italia, le motivazioni della richiesta, l’identificazione di tutti i soggetti verso i quali si rivolge l’attività in Italia e che il soggetto straniero non è in possesso di una stabile organizzazione su nostro territorio.

Verifica della richiesta e risposta dell’Agenzia delle Entrate

Una volta che Agenzia delle Entrate ha ricevuto l’intera documentazione sopra elencata, ne controlla il contenuto e la correttezza e risponde al soggetto estero con l’avvenuta identificazione diretta ai fini IVA e il rilascio della partita IVA. Da quel momento in poi, il soggetto straniero è tenuto ad assolvere tutti gli obblighi IVA previsti dalla legge italiana.

Identificazione diretta ai fini iva

Se il soggetto estero sfora annualmente la soglia di 10.000, deve auto certificare nel modello di attribuzione della partita IVA il volume delle vendite per il quale avrebbe dovuto essere applicata l’IVA italiana. È possibile effettuare il pagamento tramite l’istituto del ravvedimento operoso.

Adempimenti

Il soggetto estero identificato IVA in Italia deve:

  • eseguire fatturazione
  • provvedere alla registrazione delle fatture di tutte le operazioni attive e passive effettuate
  • eseguire la liquidazione IVA e provvedere ai versamenti periodici
  • può richiedere eventuali rimborsi IVA trimestrali
  • effettuare la dichiarazione IVA annuale
  • redigere e conservare registri e documenti relativi all’INTRASTAT

Per i soggetti esteri non vi è obbligo di fatturazione elettronica. Inoltre possono effettuare i pagamenti tramite:

Infine, il modello ANR è quello che deve essere utilizzato anche per comunicare eventuali variazioni di uno o più dati indicati al momento della procedura per l’identificazione diretta ai fini IVA. Lo stesso vale anche in caso di cessazione di attività che deve essere comunicata sempre con il medesimo modulo. Come sempre il modello deve essere consegnato a mano, oppure inviato con raccomandata con ricevuta di ritorno presso gli uffici di Pescara dell’Agenzia delle Entrate.

La procedura per ottenere la partita IVA è particolarmente lunga, perché, purtroppo, non è ancora stata informatizzata. Si tratta inoltre di una procedura piuttosto dispendiosa. A causa di questi motivi, la maggior parte delle aziende estere preferisce procedere all’identificazione tramite stabile organizzazione, oppure nominando un rappresentante fiscale nel Bel Paese. L’unico vantaggio a procedere con l’identificazione diretta ai fini IVA è il fatto che il soggetto estero non diventa soggetto di diritti e obblighi in Italia ai fini delle imposte dirette.

Identificazione diretta iva: cos’è e qual è la procedura da seguire

Sono ancora in molti a chiedersi come funziona la procedura per l’identificazione diretta iva in Italia e qual è la documentazione da presentare. Le aziende estere che si trovano a operare nel nostro paese tramite, ad esempio, e-commerce, potrebbero aver bisogno dell’identificazione diretta ai fini IVA. Per le operazioni eseguite su territorio straniero da una società non residente, l’IVA applicata e dovuta è quella del paese prestatore. Se l’attività all’interno del territorio dell’UE supera i 10.000 euro annuali, allora è obbligatoria l’identificazione diretta IVA per le vendite effettuate nel nostro paese. Il soggetto non residente deve, quindi, inquadrare correttamente la propria posizione da un punto di vista fiscale e tributario.

Identificazione diretta IVA: quando è veramente necessaria

Le aziende straniere che intendono operare in Italia, senza avere la residenza, lo possono fare scegliendo di intraprendere una delle seguenti tre possibilità:

  • Creare una società controllata sul nostro territorio (subsidiary). -soluzione più completa di tutte, attraverso la quale è possibile gestire qualunque attività.
  • Creare una branch, cioè una stabile organizzazione in Italia – il soggetto estero, in questo caso, deve avere almeno un ufficio o una sede fissa su territorio italiano, senza che vi sia un autonomo soggetto di diritto staccato dall’azienda estera.
  • Identificazione diretta iva – in questo caso la società estera non ha nessuna presenza fisica in Italia, ma vi svolge ugualmente un’attività commerciale (tramite e-commerce).

Scegliere l’una o l’altra opzione, dipende dal grado di presenza della società straniera sul nostro territorio. L’identificazione diretta IVA è disciplinata dall’art. 35-ter del DPR n. 633/72. Le aziende straniere che vendono in Italia tramite e-commerce e superano i 10.000 euro annui di fatturato, hanno l’obbligo di identificarsi ai fini IVA. Devono inoltre applicare il regime IVA OSS per adempiere agli obblighi IVA previsti.

Identificazione diretta IVA VS rappresentante fiscale

Identificazione diretta IVA e nomina di un rappresentante fiscale, sono procedure tra loro alternative. La nomina del rappresentante fiscale riguarda i soggetti passivi IVA residenti in un Paese extra-UE. Tali soggetti non possono ricorrere alla procedura di identificazione diretta IVA e, per aprire partita IVA devono quindi nominare un rappresentante fiscale.

Identificazione diretta iva

Identificazione diretta a fini IVA: norme di riferimento e funzionamento

L’identificazione diretta IVA è regolata dal

La procedura dell’identificazione è riservata a tutti quei soggetti che esercitano attività di impresa, di arte o professione all’interno di uno stato dell’Unione Europea. Questa è applicata in alternativa alla stabile organizzazione e alla nomina di rappresentante fiscale. La procedura si attiva quando la società estera cede beni o presta servizi territorialmente rilevanti in Italia. Le operazioni di cessione sono rivolte a soggetti come:

  1. Privati consumatori
  2. Enti non commerciali privi di partita IVA
  3. Soggetti non residenti anche se in possesso di partita Iva

Tutte le operazioni eseguite nei confronti di altre imprese sono soggette all’emissione di fattura elettronica. La fattura non riporterà, in questo caso, l’indicazione della partita IVA italiana. Il soggetto committente italiano, invece, deve registrare la ricevuta del soggetto estero attraverso la procedura del Reverse Charge con il meccanismo dell’autofattura, oppure dell’integrazione contabile.

Responsabilità tributaria

Al pari dell’identificazione, anche la responsabilità tributaria riveste un ruolo molto importante per i soggetti esteri che operano in Italia. La responsabilità tributaria è imputabile all’azienda estera. È necessario fare comunque una distinzione tra imposte dirette  e imposte indirette.

Il soggetto straniero che opera in Italia non assume il territorio nostrano come fiscalmente rilevante. Mantiene quindi quello di origine come riferimento per i tributi. Nonostante questo, la società estera non residente diventa comunque soggetto destinatario di diritti e obblighi previsti dalla normativa fiscale. La legge infatti stabilisce che per le operazioni rilevanti nel territorio dello Stato ai fini IVA, il soggetto rimane obbligato al pagamento.

Al contrario, per quanto riguarda invece le imposte sui redditi, il soggetto estero che opera in Italia, non assume residenza sul nostro territorio, non diventa soggetto di diritto a cui possono essere imputati diritti e obblighi tributari. Tale soggetto rimane assoggettato alle imposte dirette nel Paese in cui risulta essere fiscalmente residente.

Scontrino elettronico per omaggio e vendite online

Lo scontrino elettronico è ormai entrato a far parte della normalità quotidiana da diversi anni. Introdotto gradualmente a partire dal 1° luglio 2019, è infine andato a sostituire definitivamente gli scontrini cartacei e le ricevute fiscali. A distanza di oltre due anni abbiamo assistito ad alcune trasformazioni e miglioramenti che hanno reso questo strumento, un valido alleato di aziende e commercianti. Oggi vogliamo fare un po’ il punto della situazione sull’argomento e andare a specificare qualche dettaglio per quanto riguarda l’emissione dello scontrino elettronico per omaggio e per vendite online.

Scontrino elettronico: dove eravamo rimasti

Facciamo un breve riassunto su questo importantissimo argomento, che sta a cuore a diversi soggetti e contribuenti. Entrato in vigore in maniera graduale a partire dal 1° luglio 2019, ha sostituito definitivamente le ricevute fiscali e gli scontrini cartacei. Lo scontrino elettronico è strettamente correlato all’uso di un registratore di cassa fiscale. Inizialmente era obbligatorio averne uno fisico, perché non c’erano alternative. Nel giro di pochi mesi però, grazie a piattaforme come quella di FatturaPRO.click è stato possibile fare a meno di questo dispendioso e fastidioso accessorio. La piattaforma, infatti, è in grado di gestire autonomamente e completamente l’emissione degli scontrini elettronici e l’invio all’Agenzia delle Entrate di tutti i dati acquisiti, senza doversi appoggiare a un registratore telematico fisico.

A chi ancora non avesse compiuto il grande passo di scegliere FatturaPRO.click, e continua a utilizzare i registratori telematici, si ricorda che c’è tempo fino al 1° gennaio 2022 per aggiornare tutti i registratori al tracciato telematico dei corrispettivi giornalieri: TIPI DATI PER I CORRISPETTIVI – versione 7.0 – giugno 2020. Fino alla scadenza indicata è quindi ancora possibile inviare i corrispettivi utilizzando il vecchio tracciato nella versione 6.0.

Da segnalare inoltre che, il Provvedimento del 7 settembre 2021 prevede il 31 dicembre 2021 come termine entro il quale i produttori dei registratori telematici, possono dichiararne la conformità rispetto alle specifiche tecniche di un modello già approvato da AdE.

Scontrino elettronico per omaggio

Scontrino elettronico senza registratore telematico

Come abbiamo detto nel paragrafo precedente, i corrispettivi giornalieri possono essere inviati utilizzando un registratore di cassa telematico, o seguendo una lunga e laboriosa procedura online, oppure scegliendo FatturaPRO.click come partner per le transazioni quotidiane. Sicuramente l’ultimo rappresenta la soluzione migliore delle tre. Prima di tutto permette di non spendere soldi nell’acquisto di un registratore telematico che deve sempre e comunque essere aggiornato e sottoposto a manutenzione ordinaria e straordinaria. Poi rappresenta anche un sistema molto più facile e accessibile a tutti per inviare gli scontrini telematici senza perdersi nella complessità dei sistemi predisposti dall’Agenzia delle entrate.

Scontrino elettronico per omaggio e vendite online

Dopo aver riassunto molto brevemente la situazione degli scontrini elettronici in Italia fino a oggi, arriviamo adesso al “nocciolo della questione”. Ci sono alcuni casi in cui molti soggetti si chiedono ancora come devono comportarsi con gli scontrini elettronici. Ad esempio, in tanti si chiedono come emettere scontrino elettronico per omaggio, oppure in caso di vendite online. Facciamo chiarezza subito.

Nel caso di omaggi da parte dei commercianti, gli esercenti devono comunque emettere uno scontrino elettronico pari a zero per giustificare la merce ceduta. Lo scontrino a zero non ha alcun impatto sulla comunicazione dei corrispettivi giornalieri. Ai fini IVA, invece, è necessario emettere una fattura elettronica da inviare al Sistema di Interscambio. La fattura elettronica deve essere compilata  come tipologia di modello TD27= fattura per autoconsumo o per cessioni gratuite senza rivalsa. I campi: cedente/prestatore e del cessionario/committente devono essere compilati con l’identificativo IVA di colui che emette l’autofattura.

Scontrino elettronico per vendite online

Altra nota spinosa per tanti commercianti: le vendite online. Nelle vendite online non vi è l’obbligo di emissione di scontrino elettronico. Rimane invece ancora obbligatoria l’annotazione dei corrispettivi nel registro di competenza. Questa decisione è stata ribadita anche da Agenzia delle Entrate nell’interpello numero 198 del 2019. Il documento spiega nel dettaglio perché per le vendite online non è obbligatorio rilasciare lo scontrino elettronico, a meno che non sia il cliente finale stesso a richiedere l’emissione della fattura elettronica.

In altre parole, il commercio online è inquadrato come commercio elettronico indiretto, assimilato alle vendite per corrispondenza. Il Decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1996 n°696 esclude, infatti, gli obblighi di certificazione nelle vendite per corrispondenza (a eccezione della richiesta di fattura del cliente).

Fatturazione elettronica obbligatoria in Europa: uno sguardo generale all’UE

La fatturazione elettronica non è un’innovazione digitale che riguarda esclusivamente l’Italia. L’Unione Europea infatti vede questo strumento come un sistema di ammodernamento dell’IVA. È prevista quindi una Fatturazione elettronica obbligatoria in Europa che, progressivamente si andrà a stabilizzare in ogni paese facente parte degli stati europei. L’Italia, fino a oggi, è l’unico paese che ha introdotto, come obbligatoria, la fatturazione elettronica. La scelta deriva dalla necessità che ha il nostro paese di contrastare e combattere l’evasione fiscale. Inizialmente l’obbligo è stato introdotto, fino al 2021. Adesso che ci troviamo alla fine dell’anno, l’Unione Europea ha autorizzato un’estensione anche per il prossimo triennio. Nel prossimo futuro è molto probabile che l’adempimento telematico, sarà esteso a qualunque piccola tipologia di contribuente che è rimasta ancora fuori dall’obbligo di emissione di fattura elettronica (come ad esempio i soggetti appartenenti al regime forfettario).

Fatturazione elettronica obbligatoria in Europa e Sistema italiano

La sperimentazione italiana sull’obbligo della fatturazione elettronica, per essere capita, deve essere considerata e valutata sotto un punto di vista più ampio. Infatti, anche se la Fatturazione elettronica obbligatoria in Europa non è ancora prevista del tutto, è già presente, ormai da anni, una sorta di sistema analogo. Per l’esattezza, dal 2019, in Europa, gli appalti pubblici, seguono le direttive previste per la fatturazione elettronica. Si tratta di un primo e significativo passo che l’UE ha compiuto verso un ammodernamento del sistema dell’IVA. È infatti l’IVA, l’imposta sulla quale va tarata la discendenza alla fatturazione elettronica. L’imposta sul valore aggiunto è armonizzata a livello unionale.

L’Unione Europa, inoltre, ha intenzione di mettere mano anche alle questioni relative alle regole delle vendite a distanza tra paesi intra-UE nei confronti dei consumatori. Tutto questo in relazione all’impiego e alla diffusione, sempre più marcata, del sistema OSS, vale a dire il Regime One Shop Stop. A ogni modo, la fatturazione elettronica è ufficialmente all’ordine del giorno a Bruxelles. Sembra che lo scopo dell’Unione Europea sia proprio quello di evitare la frammentazione dei sistemi telematici nazionali. Troppi diversi sistemi, infatti, potrebbero, alla fine, risultare del tutto incompatibili tra loro. Quindi L’UE cercherà di introdurre, lentamente, l’obbligo della fatturazione elettronica anche per ogni altro paese dell’unione.

Fatturazione elettronica obbligatoria in Europa

La digitalizzazione dell’IVA

Non si può parlare di Fatturazione elettronica obbligatoria in Europa senza accennare alla volontà dell’UE di digitalizzare il sistema dell’IVA, nel futuro prossimo. Quindi è prevista una chiara migrazione dell’imposta sul valore aggiunto verso un sistema telematico generalizzato, che appiani divergenze e incompatibilità di sistemi e applicazioni. L’Unione Europea ha previsto, a questo scopo, un programma preciso e dettagliato, suddiviso in quattro distinti punti:

  • introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica
  • digitalizzazione della dichiarazione IVA
  • nuovo trattamento IVA per le piattaforme digitali
  • registrazione unica europea per l’IVA

Per ora il programma è ancora in fase embrionale, ma L’UE lo ha comunque già previsto e messo all’ordine del giorno. Entro la fine del 2021, infatti, è prevista una consultazione pubblica sull’elenco delle tematiche precedenti. Ma è il 2022 l’anno che vedrà avverarsi l’adempimento all’effettiva proposta di direttiva. Una proposta molto attesa che non finirà certo di stupire i soggetti coinvolti in queste importanti decisioni.

Fatturazione elettronica obbligatoria in Europa: l’Italia, un esempio da seguire

Una volta ogni tanto gli Italiani sono primi tra i primi. La fatturazione elettronica è stata introdotta e adottata nel nostro sistema ormai da anni. Attorno a questa importante novità si sono sviluppati forti business e piattaforme telematiche, come FatturaPRO.click. L’Italia è vista oggi, dagli altri paesi europei, come un esempio da seguire. Il modello obbligatorio di fatturazione elettronica adottato per combattere l’evasione fiscale, potrebbe quindi essere preso come base ed esempio dagli altri stati Membri come arma per scongiurare l’evasione e l’elusione fiscale.

È probabile che una normativa dedicata proprio a questa transizione, potrebbe essere introdotta nei pacchetti di riforme previsti dai vari Piani nazionali di ripresa e resilienza delle Nazioni EU.

La proposta dell’UE, avanzata proprio questo autunno, vuole evitare che gli altri Stati Comunitari, adottino delle regole ex novo per la gestione delle rispettive discipline nazionali per la fattura elettronica. Si cerca quindi uniformità, per evitare una disastrosa difficoltà di comunicazione tra i differenti sistemi di fatturazione dei diversi Stati Membri. L’UE ha intenzione quindi di presentare una proposta che prevede un modello ispirato a quello italiano. Questo è basato sull’interoperabilità tra le diverse e-fatture degli Stati membri per automatizzarne i processi di elaborazione dei dati contenuti nella fattura elettronica.

Ricezione della fattura elettronica: dati e modalità di visualizzazione e archiviazione

Finora abbiamo sempre visto come fare a compilare correttamente una fattura elettronica. Per una volta però vogliamo metterci anche nei panni di chi la deve ricevere, magari per la prima volta. Quali sono i dati da fornire per farsi fare e inviare una fattura elettronica? Dove è possibile recuperarla? Come funziona la ricezione della fattura elettronica? Quando si acquistano dei beni, ad esempio, è possibile richiedere al fornitore la fattura per il materiale acquisito. In questo caso la prima cosa da fare è sicuramente quella di fornire tutti i dati completi e giusti al fornitore (oggi non è più sufficiente comunicare solo la partita IVA). Infine, una volta lasciati i dati, riceveremo la fattura e dovremo conservarla correttamente. Vediamo quindi come si svolgono nel dettaglio tutti questi passaggi.

Tutti i dati da comunicare

È sempre possibile recuperare le fatture inviate da fornitori dal proprio cassetto fiscale, ma rimane comunque un’operazione laboriosa e noiosa. Quindi per ricevere una fattura elettronica, senza doverla poi recuperare dal sito dell’Agenzia delle Entrate è necessario fornire o l’indirizzo PEC, oppure il Codice Destinatario a 7 cifre. Quest’ultimo è sempre fornito dal proprio software gestionale della fatturazione elettronica.

Unica alternativa rimane quella di indicare l’indirizzo telematico prevalente nel cassetto fiscale. In pratica è possibile indicare ad AdE sul cassetto fiscale l’indirizzo al quale è preferibile ricevere sempre le fatture elettroniche (PEC o Codice destinatario). Questo ha validità prevalente rispetto a qualunque altra informazione o indicazione si possa dare ai propri fornitori. Un sistema che garantisce di ricevere sempre le fatture con la modalità preferita. Anche così è quindi possibile evitare di dover consultare il cassetto fiscale, che rimane sempre la soluzione più scomoda di tutte.

Ricezione della fattura elettronica: dove recuperare i documenti

Una volta comunicati tutti i dati al fornitore, non resta che rimanere in attesa della ricezione della fattura elettronica.  Chi utilizza una software house come FatturaPRO.click, a questo punto, deve fare poco o nulla. Infatti, a seguito dei controlli eseguiti dal Sistema di Interscambio sulla fattura elettronica, basta importarla sul software gestionale che provvede in automatico a registrarla e archiviarla.

Ricezione della fattura elettronica

Chi invece non ha una software house deve fare qualche passaggio in più. La prima cosa da fare è quella di procurarsi uno strumento che consenta di aprire il formato XML nel quale sono solite essere inviate le fatture elettroniche. In seguito il documento deve essere salvato e successivamente registrato e archiviato. I primi tempi che entrò in vigore la fatturazione elettronica, molte aziende erano solite inviare ai propri clienti anche una copia cartacea delle fatture emesse. Oggi però è sempre più difficile e un’abitudine che sta lentamente (ma sistematicamente) cadendo in disuso.

Le fatture di acquisto non è obbligatorio numerarle, anche se aiuterebbe per l’organizzazione della propria attività. Devono però essere sempre registrate in un apposito registro e gli deve sempre essere attribuito un codice progressivo a ciascuna registrazione.

Detrazione IVA sugli acquisti

Nell’articolo precedente abbiamo visto cosa sono e quanti sono i codici IVA. Compilare una fattura elettronica richiede sempre molta attenzione, a tutti i dettagli e, soprattutto al campo IVA da comunicare ad Agenzia delle Entrate. I software gestionali della fatturazione elettronica, come FatturaPRO.click, aiutano tantissimo in queste operazioni, che invece rimangono sempre più difficoltose ed ostiche a chi ancora non usufruisce delle potenzialità di un gestionale.

Ricordiamo che è sempre possibile detrarre l’IVA sugli acquisti durante la liquidazione IVA del mese o trimestre di effettuazione. Tutti i documenti di acquisto ricevuti entro il 15 del mese successivo, possono essere detratti. Questo vale per tutte le fatture ad eccezione di quelle che si riferiscono a operazioni eseguite l’anno precedente. La liquidazione IVA è un momento molto importante nella vita contabile e fiscale di un’azienda. Anche in questo caso avere a disposizione una piattaforma completa e facile da usare come FatturaPRO.click, aiuta molto a semplificare tutti i passaggi.

Codici IVA: cosa sono, quali sono e a cosa servono

Chi è alle prese ogni giorno con le fatture elettroniche conosce bene l’importanza della compilazione corretta del campo IVA. Il sistema contabile italiano ha ideato una serie di codici IVA per identificare, in modo univoco, ogni casistica, natura dell’operazione, o eventuale motivazione di non applicabilità dell’aliquota IVA. I codici IVA sono anche conosciuto come “codici natura” e identificano tutti i diversi aspetti dell’operazione:

Compilare una fattura elettronica richiede particolare attenzione a tutti i dettagli relativi all’IVA che devono essere obbligatoriamente comunicati ad Agenzia delle Entrate. Per semplificare le procedure, i software gestionali della fatturazione elettronica, come ad esempio FatturaPRO.click, lo fanno quasi del tutto automaticamente, aiutando con suggerimenti e indicazioni durante la compilazione delle e-fatture.

Ogni documento deve quindi riportare l’indicazione dell’aliquota IVA e, qualora si trattassi di un’aliquota pari allo 0%, deve essere indicata la motivazione per la quale non è applicata l’imposta.

Codici IVA: struttura

I codici IVA hanno una struttura molto semplice. Sono sempre composti dalla lettera N che precede un numero. La lettera N è l’iniziale della parola “Natura” che indica appunto il codice di riferimento. Il numero invece classifica semplicemente la “natura” dell’operazione. Vediamo meglio nel dettaglio quanti e quali sono questi codici che tornano sempre molto utili in fase di compilazione di una fattura elettronica.

Codici IVA o Codici Natura: l’elenco completo

Escluso dalla base imponibile art.15                                                 N1       escluse ex art. 15

Codici IVA: NON SOGGETTI

Fuori campo Iva art. 2 DPR 633/1972                                               N2.2    non soggette

Fuori campo Iva art. 3 DPR 633/1972                                               N2.2    non soggette

Fuori campo Iva art. 4 DPR 633/1972                                               N2.2    non soggette

Fuori campo Iva art. 5 DPR 633/1972                                               N2.2    non soggette

Art. 7 bis DPR 633/1972 (cessione di beni extra-UE)                       N2.1    non soggette

Art.7 ter  DPR 633/1972 prestazione servizi UE (vendite)               N2.1    non soggette

Art.7 ter  DPR 633/1972 prestazione servizi extra-UE                     N2.1    non soggette

Art.7 quater DPR 633/1972 prestazione servizi UE (vendite)          N2.1    non soggette

Art.7 quater DPR 633/1972 prestazione servizi extra-UE                N2.1    non soggette

Art.7 quinquies DPR 633/1972 (prestazione servizi)                         N2.1    non soggette

Art.7 sexies, septies DPR 633/1972 (prestazione servizi)                 N2.1    non soggette

Art. 38 c.5 DL  331/1993                                                                   N2.2    non soggette

Art.17 c.3 DPR 633/1972                                                                  N2.2    non soggette

Art.19 c.3 lett. b DPR 633/1972                                                       N2.2    non soggette

Art. 50 bis c.4 DL 331/1993                                                              N2.2    non soggette

Art.74 cc.1 e 2 DPR 633/1972                                                          N2.2    non soggette

Art.19 c.3 lett. e DPR 633/1972                                                        N2.2    non soggette

Art.13 DPR 633/1972                                                                        N2.2    non soggette

Art. 27 c.1 e 2 DL 98/2011 (contribuenti minimi)                             N2.2    non soggette

Art.1 c.54-89 L. 190/2014 e succ. modifiche (regime forfettario)   N2.2    non soggette

Art.26 c.3 DPR 633/1972                                                                  N2.2    non soggette

DM 9/4/1993                                                                                     N2.2    non soggette

Art.26 bis L.196/1997                                                                        N2.2    non soggette

Art.8 c.35 L. 67/1988                                                                        N2.2    non soggette

Codici IVA: NON IMPONIBILI

Art.8 c.1 lett.a DPR 633/1972                                                           N3.1    non imponibili

Art.8 c.1 lett.b DPR 633/1972                                                           N3.1    non imponibili

Art. 2 c. 2, n. 4 DPR 633/1972                                                          N3.6    non imponibili

Art. 8 bis DPR 633/1972                                                                    N3.4    non imponibili

Art.9 c.1 DPR 633/1972                                                                    N3.6    non imponibili

Non imp. art.72 DPR 633/1972                                                        N3.6    non imponibili

Art. 71 DPR 633/1972                                                                       N3.6    non imponibili

Non imp. art. 8 c.1 lett. b-bis  DPR 633/1972                                   N3.1    non imponibili

Non imp. art. 8 c.1 lett. c DPR 633/1972                                          N3.5    non imponibili

Non imp. art. 8 bis c.2 DPR 633/1972                                               N3.4    non imponibili

Non imp. art.9 c.2 DPR 633/1972                                                     N3.1    non imponibili

Non imp.art.72 c.1 DPR 633/1972                                                    N3.1    non imponibili

Non imp. art.50 bis c.4 lett. g DL 331/93                                          N3.1    non imponibili

Non imp. art.50 bis c.4 lett. f DL 331/93                                           N3.2    non imponibili

Non imp. art.41 DL 331/93                                                               N3.2    non imponibili

Non imp. art.58 c.1 DL 331/93                                                         N3.2    non imponibili

Non imp. art.38 quater c.1 DPR 633/1972                                       N3.6    non imponibili

Non imp. art.14 legge n. 49/1987                                                    N3.1    non imponibili

Codici IVA

Codici IVA: ESENTI

Esente art.10 DPR 633/1972                                                            N4       esenti

Esente a.19 c.3 lett.a bis DPR 633/1972                                           N4       esenti

Esente art.10 n. 27 quinquies DPR 633/1972                                   N4       esenti

Esente art.10 n.18 DPR 633/1972                                                    N4       esenti

Esente art.10 n.19 DPR 633/1972                                                    N4       esenti

Codici IVA: NON ESPOSTA IN FATTURA

Art.36 DL n.41/1995              N5       regime del margine / IVA non esposta in fattura

Art.36 c.1 DL 41/1995            N5       regime del margine / IVA non esposta in fattura

Art.36 c.5 DL 41/1995            N5       regime del margine / IVA non esposta in fattura

Art.36 c.6 DL 41/1995            N5       regime del margine / IVA non esposta in fattura

Art. 74 ter DPR 633/1972 (Regime speciale agenzie di viaggio)      N5       regime del margine / IVA non esposta in fattura

Codici IVA: INVERSIONE CONTABILE

Art. 17 c.6 lett.a bis DPR 633/1972   N6       inversione contabile (reverse charge)

Art. 74 c. 7 e 8 DPR 633/1972           N6       inversione contabile (reverse charge)

Art. 17 c.5 DPR 633/1972                  N6       inversione contabile (reverse charge)

Art. 17 c.6 lett. a DPR 633/1972        N6       inversione contabile (reverse charge)

Art. 17 c.6 lett. b DPR 633/1972        N6       inversione contabile (reverse charge)

Art. 17 c.6 lett. c DPR 633/1972        N6       inversione contabile (reverse charge)

Art. 17 c.6 lett. a ter DPR 633/1972  N6       inversione contabile (reverse charge)

Art. 17 c.6 lett. d bis,d ter,d quater DPR 633/1972  N6       inversione contabile (reverse charge)

Art. 7 bis DPR 633/1972 (cessioni di beni UE)          N6       inversione contabile (reverse charge)

Art. 7 ter acquisti UE DPR 633/1972 N6       inversione contabile (reverse charge)

Art.7 quater DPR 633/1972 prestazione servizi (acquisti)   N6       inversione contabile (reverse charge)

Art.7 quinquies DPR 633/1972 prestazione servizi (acquisti)          N6       inversione contabile (reverse charge)

Ravvedimento operoso 2021: cos’è, come funziona e quali sanzioni prevede

Il ravvedimento operoso è uno strumento ideato da Agenzia delle Entrate che permette ai contribuenti che vogliono mettersi in regola spontaneamente con il fisco. Si tratta quindi di uno strumento utilizzabile nei casi di violazioni, omissioni, pagamenti insufficienti e dichiarazioni dei redditi errate. Con il ravvedimento operoso 2021 è possibile sanare eventuali violazioni pagando delle sanzioni ridotte e applicando degli interessi di mora in base al numero dei giorni di omesso o ritardato adempimento fiscale. In questo modo i contribuenti che vogliono mettersi in regola fiscalmente in modo spontaneo, pagano delle sanzioni notevolmente ridotte rispetto a quelle che riceverebbero se aspettassero l’accertamento fiscale.

Ravvedimento operoso 2021: quando si applica e quali sono i vantaggi

Lo strumento del ravvedimento operoso è utilizzabile da tutti (o quasi) privati cittadini e imprese. Introdotto in Italia dall’art 13 del Decreto legislativo n° 472 del 1997 ha portata a una diminuzione delle sanzioni applicabili a chi commette violazione fiscale. Si può utilizzare nei casi di:

  • versamenti omessi
  • pagamenti ritardati
  • versamenti errati o insufficienti
  • dichiarazione dei redditi omesse, oppure in ritardo, o ancora errate o insufficienti
  • comunicazioni omesse, presentate in ritardo o sbagliate

Ravvedimento operoso 2021

I vantaggi di sfruttare il ravvedimento operoso 2021 si possono riassumere in quattro diversi punti:

  1. pagare una sanzione ridotta in base al numero dei giorni del mancato, ritardato, o insufficiente adempimento
  2. avere la possibilità di saldare un tributo omesso, ritardato o insufficiente
  3. presentare comunicazione o dichiarazione dei redditi omessa
  4. pagare gli interessi di mora legali solo in base al tasso legale annuo stabilito dalla BCE

Ravvedimento operoso 2021: uno strumento versatile e potente

Il meccanismo di funzionamento di questo strumento è piuttosto semplice. In pratica un contribuente, cittadino o impresa che sia, che ha commesso una violazione fiscale, sa che può ricorrere spontaneamente al ravvedimento operoso 2021 per sanare la violazione stessa, pagando solo la sanzione ridotta, il tributo omesso e gli interessi di mora, calcolati sugli effettivi giorni di ritardo.

Il ravvedimento operoso è uno strumento per mettersi in regola spontaneamente. Nessuna lettera, comunicazione, o sollecito è inviata al contribuente per far presente che può pagare una sanzione ridotta, adottando questo sistema. È possibile usufruire del ravvedimento anche quando è già iniziata la procedura di accertamento della violazione, o la sua contestazione, da parte dell’Amministrazione Finanziaria.

Il ravvedimento operoso 2021 è usufruibile solo per mettersi in regola con tributi e tasse dell’Agenzia delle Entrate: IRPEF, IVA, IRAP, imposta di registro, imposta ipotecaria, imposta catastale, di bollo, successione, ecc…

Anche i contribuenti che hanno già ricevuto una lettera di accertamento fiscale, possono ancora ricorrere all ravvedimento operoso. Non è invece più possibile farvi ricorso nei casi in cui la notifica è per atti di liquidazione, accertamento. Allo stesso modo non si può utilizzare questo strumento in caso di ricezione di comunicazione di irregolarità, emessa a seguito di controlli automatici, o del controllo formale delle dichiarazioni dei redditi.

Tipologie di ravvedimento operoso

Ne esistono di ben 5 diverse tipologie, suddivise in base alle percentuali sanzionatorie applicate. I ravvedimenti quindi possono essere:

  • sprint – se il pagamento è effettuato entro i primi 14 giorni dalla scadenza del tributo/tassa e corrisponde all’1%
  • breve – se il pagamento è effettuato dal 15° al 30° giorno dalla scadenza del tributo/tassa e corrisponde all’1,5%
  • intermedio – se il pagamento è effettuato entro 90 giorni dalla scadenza del tributo/tassa e corrisponde all’1,67%
  • lungo – se il pagamento è effettuato entro lo stesso anno della violazione (o meglio, entro la dichiarazione dei redditi successiva) e corrisponde all’3,75%
  • lunghissimo – se il pagamento è effettuato entro e oltre i due anni dalla scadenza del tributo/tassa e corrisponde all’4,95-5,00%

Ravvedimento operoso 2021 ed interessi di mora

È quindi possibile pagare usando lo strumento del ravvedimento operoso, saldando la sanzione prevista, ma ridotta, il tributo omesso, insufficiente o in ritardo e infine sommando anche gli interessi di mora.

Gli interessi di mora del ravvedimento operoso 2021 si calcolano in base al tasso legale, vale a dire al tasso effettivo 2021 fissato dal nuovo decreto MEF. Un tasso che rimane valido fino al 31 dicembre del 2021 e che risulta essere pari allo 0,01%. La formula esatta per effettuare il calcolo è la seguente:

Tasso ufficiale interessi di mora X € contributi X numero di giorni trascorsi dalla violazione / 36500

Il ravvedimento operoso 2021 può essere pagato mediante F24 (imposte sui redditi, imposte sostitutive, IRAP, IVA, imposta sugli intrattenimenti), F23 (tributi indiretti), F24 Elide (tributi connessi alla registrazione dei contratti di locazione e affitto di beni immobili).