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Accompagnatore Turistico: requisiti, regole e regime

Un accompagnatore turistico non è esattamente una guida turistica. La sua attività consiste nell’accompagnare i turisti, singoli o in gruppo, nei vari viaggi svolti sul territorio italiano. Si occupa dell’organizzazione del viaggio (tappe, tour e spostamenti) e fornisce informazioni generiche sui luoghi visitati. Per svolgere questa attività in modo autonomo è necessario aprire partita IVA, scegliere il regime fiscale più consono e versare i contributi previdenziali che permettono di accedere alla pensione.

Accompagnatore Turistico: chi è e cosa fa

L’accompagnatore turistico guida gruppi di persone straniere in Italia, oppure italiani all’estero. Organizza il viaggio e segue persone e comitive per accertarsi che tutto vada per il meglio e che il programma stabilito si svolga regolarmente. Non illustra le bellezze locali descrivendone la storia e la produzione, a differenza della guida turistica.

Per svolgere questa attività sono necessarie conoscenze e requisiti specifici stabiliti dalla normativa regionale vigente. Per diventare accompagnatore turistico è necessario:

  • aver compiuto almeno 18 anni di età
  • aver conseguito il diploma di scuola media superiore
  • possedere una fedina penale pulita
  • conoscere l’inglese a livello avanzato (C1)

Ci sono poi dei requisiti ulteriori che differiscono da regione a regione. Per operare come accompagnatore, oltre al diploma di scuola superiore è necessario aver sostenuto e superato un esame specifico di abilitazione per il conseguimento del patentino.

L’accompagnatore turistico e la partita IVA

La professione è tutelata da un sindacato specifico e per svolgerla è necessaria l’iscrizione al relativo albo. Il lavoro può essere svolto sia come dipendente, che come libero professionista, aprendo partita IVA. I soggetti che invece svolgono l’attività in modo saltuario possono ricorrere alla prestazione occasionale.

Accompagnatore Turistico

Come per lo sviluppatore app, anche l’accompagnatore turistico deve aprire partita IVA compilando il modulo AA 9/11 e presentarlo ad Agenzia delle Entrate. Il codice ATECO per accompagnatori turistici è il 79.90.2. È possibile, inoltre, aderire sia al regime ordinario che a quello forfettario. Ogni volta che un accompagnatore presta un servizio, è tenuto per legge, a emettere fattura elettronica.

Come diventare accompagnatore turistico: la scelta del regime fiscale

L’accompagnatore può decidere se aderire al regime ordinario, piuttosto che a quello forfettario. Sicuramente il più vantaggioso è il secondo. Per aderirvi è necessario rispettare alcuni requisiti, come ad esempio quello che relativo al fatturato annuo che non deve essere superiore ai 65.000€.

Il forfettario prevede un’aliquota unica pari al 15% che si abbassa al 5% nei primi 5 anni di attività. Da luglio del 2022 è diventato obbligatorio anche per i forfettari emettere fatturazione elettronica.

Scelto il regime serve poi l’iscrizione alla Gestione separata INPS. La gestione separata non prevede il versamento di una quota fissa annuale, ma solamente di una percentuale pari al 25,98% dei redditi percepiti. Infine, il regime forfettario esonera dall’obbligo delle scritture contabili e non prevede l’applicazione d’IVA e ritenute d’acconto.

Abilitazione accompagnatore turistico

L’ultimo passo da compiere per iniziare questa attività, è quello di presentare al proprio Comune di residenza una SCIA (segnalazione certificata di inizio attività). Il documento è necessario per dimostrare al proprio comune di essere in possesso di tutti i requisiti richiesti per svolgere attività di accompagnatore turistico.

Il documento deve essere presentato almeno un giorno prima dell’inizio dell’attività e può essere inviato sia per PEC, oppure telematicamente online. Il modulo deve riportare anche la firma digitale del soggetto che inoltra certificazione. È possibile trovare ulteriori informazioni consultando un dottore commercialista, oppure rivolgendosi all’ufficio SUAP del Comune dove deve essere avviata l’attività.

Sviluppatore app: partita IVA, regime fiscale e fatture elettroniche

Esperto di programmazione e informatica, lo sviluppatore app è simile al programmatore informatico, ma con qualche differenza. Per svolgere questo lavoro è necessario aprire una partita IVA, adempiere a precisi obblighi fiscali e scegliere un determinato regime fiscale in base alla natura dell’attività svolta.

Sviluppatore app: chi è e cosa fa

Esperto d’informatica, lo sviluppatore app, progetta e realizza applicazioni destinate a vari utilizzi. Dalla stampa di fotografie, a quelle utili a parcheggiare o a fare la spesa, le applicazioni oggi sono sempre più diffuse e utilizzate e si possono trovare in molti store online, gratis o a pagamento. Lo sviluppatore app può svolgere le proprie mansioni come dipendente, oppure come libero professionista.

La categoria di sviluppatori informatici non hanno una precisa disciplina fiscale. Se ne distinguono però due differenti casistiche:

  1. Sviluppatori che realizzano app per uno o più committenti – svolge attività professionale. Se continuativa deve aprire partita IVA compilando il modulo AA 9/12 e consegnarlo ad Agenzia delle Entrate entro 30 giorni dall’inizio della propria attività.
  2. Sviluppatori informatici che creano app per rivenderle direttamente negli store di app.

Ci sono poi sviluppatori che fanno entrambe le cose. Chi non pratica questa attività in modo continuativo, può avvalersi della prestazione occasionale. Gli sviluppatori autonomi, quando aprono partita iva devono anche scegliere il relativo e corretto codice ATECO. Per farlo possono rivolgersi direttamente ad AdE (Agenzia delle Entrate), oppure attraverso un intermediario.

Sviluppatori app e codici ATECO

Il codice ATECO cambia a seconda della professione svolta. Gli sviluppatori di app possono scegliere tra:

  • 01.00 – produzione di software non connesso all’edizione;
  • 02.00 – consulenza nel settore delle tecnologie dell’informatica;

La scelta deve ricadere sul codice maggiormente inerente alla propria attività. Nel dubbio è possibile chiedere consiglio ad AdE, oppure a un dottore commercialista. I soggetti che decidono di creare app e venderle direttamente negli store online, devono scegliere il codice 49.91.10, relativo al commercio elettronico diretto.

Sviluppatore app

Sviluppatori di app e regimi fiscali

Il regime fiscale determina il modo con il quale lo sviluppatore app deve pagare le tasse allo Stato. Le imposte sono applicate in base alla diversa tipologia di ricavi prodotti. In questo caso, gli sviluppatori di applicazioni sono artefici di una vera e propria attività commerciale. Quindi, lo sviluppatore che crea app  e lavoro autonomamente deve:

  • aprire partita IVA
  • scegliere il regime fiscale migliore (ad esempio quello forfettario)
  • iscriversi all’INPS.

Invece, lo sviluppatore di app che crea e rivende applicazioni deve:

Gli sviluppatori di applicazioni possono aderire sia al regime ordinario che a quello forfettario. Per quanto riguarda il secondo, presenta dei notevoli vantaggi, ma tutto dipende dal fatturato annuo che non può superare i 65.000€ annui. Inoltre, non è possibile aderire a questo regime nemmeno quando il soggetto interessato partecipa ad associazioni o imprese familiari, oppure a società di persone o Srl.

I vantaggi del regime forfettario permettono allo sviluppatore app di non applicare l’IVA sulle fatture elettroniche e l’IRPEF. Inoltre, l’imposta sostitutiva è al 15% e si abbassa al 5% per i primi 5 anni. Le tasse sono applicate sulla base del coefficiente di redditività, che per lo sviluppatore di app è del 67%.

Programmatore app e previdenza sociale

Aperta la partita IVA è necessario comunica all’INPS l’inizio dell’attività. La comunicazione è necessaria per iniziare a versare i contributi che permettono di accedere alla pensione. In regime fiscale ordinario e forfettario è possibile l’iscrizione alla Gestione Separata INPS rivolta a tutti i professionisti.

I contributi da versare per questa categoria, ammontano a 25,98% del reddito imponibile sulla base del fatturato annuo. Se il fatturato annuo è inferiore o pari a 15.953€ esiste una quota minima di contributi da versare all’INPS pari a 3.850€.

Sospensione Partita IVA: quando e come è possibile

Lo svolgimento di un’attività autonoma presuppone di aprire una partita IVA. Indipendentemente dal regime fiscale scelto, l’apertura della partita IVA e l’adempimento di obblighi fiscali e previdenziali, è assodato per tutti. Può capitare, però, che il lavoratore autonomo abbia necessità di sospendere partita IVA per un determinato periodo di tempo. La sospensione della partita IVA non è possibile per legge. Sospendere e riprendere dopo un certo lasso di tempo non è quindi fattibile.

Sospensione Partita IVA: regime ordinario e forfettario

Che si tratti di regime ordinario, piuttosto che del forfettario, la legge italiana non prevede in alcun caso la possibilità di sospendere temporaneamente la propria partita IVA. Questo significa che, se necessario, il lavoratore autonomo deve chiudere partita IVA, per poi riaprirla in futuro se c’è volontà di farlo.

I motivi che possono portare alla necessità di sospendere partita IVA sono molteplici, ma nessuno valido affinché ciò possa essere attuato da normativa vigente. Mantenere aperta una partita IVA ha un costo. Per lasciarla aperta, anche se non è utilizzata, il commercialista deve comunque essere pagato e, allo stesso modo, devono essere saldati i costi fissi come la contribuzione INPS.

Anche se non è possibile sospendere la partita IVA è comunque possibile sospendere la propria attività per un certo periodo di tempo. Le possibilità, in questo caso, sono:

  • chiudere definitivamente la partita IVA e riaprirne una nuova in un secondo momento
  • chiudere definitivamente la partita IVA
  • cambiare il regime fiscale
  • diventare ditta individuale che affitta ad azienda

Chiudere definitivamente la partita IVA

È necessario compilare il modello AA 9/12 e presentarlo ad Agenzia delle Entrate entro 30 giorni dal momento in cui termina del tutto l’attività svolta. Il documento può essere inviato telematicamente o consegnato di persona allo sportello. Infine, è necessario comunicare a INPS e al Registro delle Imprese, o ad altra cassa previdenziale, la chiusura dell’attività.

Aprire e chiudere partita IVA stesso anno

Chiusura e riapertura è possibile sia in regime ordinario che forfettario. La nuova partita IVA non potrà essere uguale a quella vecchia. Varia il numero, probabilmente anche il codice ATECO e le varie informazioni fiscali. In caso di chiusura partita per fallimento, prima di aprire quella nuova, è obbligo aspettare il termine della procedura amministrativa.

Sospensione Partita IVA

Cambio regime fiscale in corso d’anno

È sempre possibile, in qualunque momento cambiare regime fiscale. È possibile passare a quello ordinario, a quello forfettario, oppure a quello semplificato. Da ordinario a forfettario è sufficiente rimanere sotto i 65.000€ annui di fatturato. Mentre da forfettario a ordinario non c’è bisogno di fare praticamente niente, se non avvalersi dell’aiuto di un buon commercialista e aggiungere l’IVA alle fatture. In tutti casi, quindi, non è necessario chiudere e riaprire partita IVA. Si tratta, forse, dell’esempio che più di tutti assomiglia alla sospensione partita IVA.

Affitto unica azienda ditta individuale

Una ditta individuale che affitta a un’azienda, è forse l’unico caso di vera e propria sospensione partita IVA. Si tratta infatti di una soluzione che permette a un’azienda di pagare un canone per utilizzare un’azienda di un’altra impresa. Questo esempio è l’unico nel quale la partita IVA è sospesa, congelata. L’imprenditore considerato ditta individuale che affitta l’unica attività di cui è titolare, può conservare la propria partita IVA. Da considerare che nell’affitto unica azienda ditta individuale sono comunque da pagare alcune imposte, come ad esempio l’imposta sul registro per effettuare il passaggio stesso.

Prop trader: chi sono e quale regime fiscale scegliere

Un prop trader è un professionista che si occupa di prop trading. Si tratta di una professione nata recentemente grazie al web. Una figura molto particolare che lavora per conto delle Prop House. Non si tratta di comuni promotori finanziari o di gestori diretti del rischio. Trattandosi di una nuova forma di lavoro cerchiamo di capire meglio quale sia il regime fiscale migliore da adottare per svolgere questa attività.

Prop Trader: chi è e cosa fa

Il Prop Trader gestisce un portafogli d’investimento per conto delle Prop House che altro non è che una società finanziaria che gestisce vari portafogli finanziari d’investitori. La gestione di questi portafogli è affidata proprio ai Prop Trader. Il professionista ha a disposizione una data somma di denaro da gestire, ma non risponde di eventuali perdite subite dall’attività d’investimento.

Beneficia esclusivamente di parte dei proventi ottenuti dalle attività d’investimento. Infatti, la gestione dell’investimento riguarda solo il rapporto tra l’investitore e la Prop House. Il Prop Trader lavora per la Prop House. Questo significa che, in caso di eventuale perdita subita dal committente, il trader può decidere di recedere dal contratto e dalla collaborazione professionale con il singolo professionista.

Prop Trader: lavoro, partita iva e regime fiscale

Per svolgere l’attività di prop trader, se continuativa e abituale, è necessario aprire una partita IVA. La partita IVA è quindi sempre richiesta e non esiste una soglia minima sotto la quale è possibile operare in assenza di partita IVA. È obbligo inoltre dichiarare i proventi relativi all’attività svolta. Il professionista che vuole esercitare tale attività deve anche stabilire la gestione previdenziale e scegliere il codice ATECO corretto.

Agenzia delle Entrate, per il momento, non avendo discusso di questa professione, non ha stabilito un codice ATECO preciso. Quindi, è necessario scegliere un codice già esistente tra i tanti presenti nelle attività residuali. Durante la scelta è d’uopo tenere in considerazione anche la diversa tipologia di contratto che il professionista va a sottoscrivere con la società d’investimento committente.

Allo stesso modo, non esistono specifiche, almeno per adesso, sugli aspetti previdenziali di questa attività professionale. In linea generale, quindi, è possibile farla rientrare nei casi di gestione separata INPS che prevede un’aliquota variabile di anno in anno, da applicare sul valore del reddito prodotto su ogni annualità. Come per il codice, anche in questo caso, la situazione deve essere valutata caso per caso con un dottore commercialista tenendo conto anche del contratto sottoscritto con la Prop House.

Prop trader

Organismo OCF: iscrizione e aspetti amministrativi

L’organismo OCF è un ente che tutela e vigila l’Albo Unico dei Consulenti Finanziari. Per potersi iscrivere all’OCF occorre superare un esame specifico. Per quanto riguarda i prop trader, non essendoci chiarimenti ufficiali, non è chiaro se debbano o no iscriversi a questo organismo. Analizzando il loro operato sembra non essere necessaria l’iscrizione, essendo professionisti che operano al di fuori delle normative che regolano l’attività dei consulenti finanziari.

Prop trader lavoro e regime fiscale

I prop trader possono ricorrere al regime forfettario, fuori campo IVA. Così facendo hanno un’aliquota molto bassa del 5% (nei primi 5 anni) o del 15% e non si pagano IRPEF, IRAP o altre imposte addizionali. Per accedere al forfettario devono sempre essere rispettati determinati criteri:

  1. ricavi annui non superiori ai 65.000€
  2. redditi da lavoro dipendente o pensioni non superiori a 30.000€
  3. non superare i 20.000€ annui di spese per i dipendenti
  4. non possedere quote di partecipazione a società di persone o associazioni
  5. non possedere partecipazioni di controllo in SRL che svolgono attività analoghe

In alternativa al regime forfettario, è possibile, per il Prop Trader, aprire partita IVA individuale in contabilità semplificata, oppure aprire una SRL. Meglio, comunque, valutare ogni situazione caso per caso avvalendosi dell’ausilio di un commercialista esperto in materia.

Coltivatore diretto: chi è, cosa fa e su quali agevolazioni può contare

Il coltivatore diretto è un imprenditore agricolo con codice Ateco specifico, iscritto alla Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura dedito alla coltivazione di terreni. Si tratta di un’attività che non va confusa con l’imprenditore agricolo professionale che invece di svolgere solo attività manuale si occupa anche di dirigenza e organizzazione.

Coltivatore diretto: chi è

Per diventare un coltivatore diretto è necessario aprire una partita IVA e iscriversi alla Camera di commercio competente sul territorio di riferimento. L’attività principale svolta da questo imprenditore agricolo è manuale e riguarda la coltivazione dei terreni, oppure l’allevamento di bestiame. Il lavoro può essere svolto in autonomia, oppure con il supporto della propria famiglia. Ci sono alcuni specifici requisiti da rispettare affinché la legge riconosca il ruolo di coltivatore diretto e per poter usufruire del regime previdenziale INPS. I requisiti sono oggettivi e soggettivi:

  • Il soggetto deve dedicarsi direttamente alla coltivazione del terreno, o all’allevamento del bestiame.
  • Il lavoro svolto dal coltivatore e dalla sua famiglia deve corrispondere almeno a un terzo del lavoro complessivo necessario a condurre l’attività.
  • Deve svolgere tale attività per almeno 104 giorni l’anno.
  • L’attività agricola deve essere continuativa e prevalente.
  • Il lavoro principale del coltivatore deve essere dato dall’agricoltura e dall’allevamento, dal quale deve anche poter ricavare la maggior parte del proprio reddito.
  • Svolgendo molteplici attività, deve essere individuata quella prevalente.

Iscrizione a INPS e INAIL è obbligatoria. Invece quella al Registro delle Imprese prevede l’esonero per tutti coloro che hanno realizzato un fatturato inferiore a 7.000€ annui. Chi fattura di più deve invece procedere all’iscrizione.

Come diventare coltivatore diretto

Per diventare coltivatore diretto è necessario aprire una partita IVA con relativo codice Ateco specifico, iscriversi alla Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura, all’INPS e all’INAIL. Il coltivatore diretto deve occuparsi della coltivazione diretta del terreno o dell’allevamento di bestiame. Può occuparsi dei terreni in qualità di:

  1. proprietario
  2. affittuario
  3. usufruttuario
  4. enfiteuta

Deve perciò possedere un diritto reale sul terreno in cui svolge la propria attività. È il comune di appartenenza che rilascia uno specifico certificato, della durata di un anno, nel quale è specificato il ruolo, la qualifica e il rispetto di tutti i requisiti di coltivatore diretto.

Coltivatore diretto

Coltivatori diretti e diritto di prelazione

Il coltivatore diretto ha il diritto di prelazione sul terreno dove lavora, nel caso di compravendita. In questo modo ha la possibilità di diventare, se già non lo fosse, il proprietario del terreno dove fare impresa. I soggetti che lavorano un terreno in affitto da almeno due anni, hanno quindi la possibilità di entrarne in possesso sfruttando il diritto di prelazione. Lo stesso vale nel caso in cui il soggetto operasse tramite società agricola (solo, però, se la metà dei soci è formata da coltivatori diretti). Invece, in caso di vendita forzata, permuta, fallimento, espropriazione, il diritto di prelazione non si applica.

Agevolazione PPC

Tra le tante agevolazioni che hanno i coltivatori diretti troviamo anche quella di comprare terreni con imposte agevolate:

  • Imposta catastale all’1% sul prezzo totale;
  • Imposta di registro – 200 euro fissi;
  • Bollo: esente;
  • Imposta ipotecaria – 200 euro fissi.

Le agevolazioni PPC valgono per qualunque tipo di terreno, indipendentemente dalle dimensioni e dall’ubicazione. L’unica regola da rispettare, affinché si possano applicare le agevolazioni sulle imposte, è che il terreno in questione deve essere classificato come agricolo.

Imprenditore agricolo professionale VS coltivatore diretto

Queste due figure non sono la stessa cosa. L’imprenditore agricolo professionale differisce dal coltivatore diretto in:

  • l’imprenditore deve impiegare solo il 50% del proprio tempo nell’attività agricola;
  • dal proprio lavoro, l’imprenditore agricolo professionale, deve ricavare almeno il 50% del proprio reddito complessivo;
  • l’imprenditore non svolge solo un lavoro manuale, ma anche e soprattutto di gestione e organizzazione;
  • può avere manodopera stipendiata alle proprie dipendenze;
  • non ha diritto di prelazione sull’eventuale acquisto del terreno che lavora

Si tratta, quindi, di due distinte figure professionali che, come le differenze tra impresa e azienda, sono distinte tra loro anche se spesso confuse nell’attività svolta e nei ruoli ricoperti.

Imprenditore commerciale: requisiti e attività

In un precedente articolo: “differenza tra impresa e azienda” abbiamo visto cosa significano i termini impresa e azienda. Oggi quindi vediamo chi è e cosa fa un imprenditore commerciale. Esistono diverse categorie d’imprenditori (commerciali, agricoli, ecc…) e il Codice Civile lo definisce come colui che si occupa e gestisce in modo professionale un’attività di tipo economico. Il lavoro svolto deve essere organizzato e finalizzato alla produzione, o allo scambio, di beni o servizi.

Imprenditore commerciale: definizione e classificazione

La definizione esatta è contenuta nell’articolo 2082 del Codice Civile:

“E’ imprenditore chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi.”

Un imprenditore commerciale può avere diversi collaboratori e/o dipendenti. Esistono due distinte categorie di imprenditori commerciali:

  • Individuale – l’attività è svolta da una persona fisica
  • Collettivo – l’attività è svolto da un ente.

L’imprenditore commerciale: obblighi e oneri

L’imprenditore commerciale per fare impresa è tenuto ad aprire una partita IVA e a effettuare l’iscrizione al Registro delle Imprese. La Partita IVA richiede, come normale conseguenza, il versamento delle tasse annuali e l’accantonamento dei contributi all’ente previdenziale. È, inoltre, obbligato a:

  1. tenere traccia delle scritture contabili (libro giornale, libro degli inventari, ecc…)
  2. conservare documenti, fatture e contratti per eventuali futuri controlli da parte delle autorità competenti.

La figura dell’imprenditore è soggetta a una serie di oneri, tra i quali ricordiamo:

  • il fallimento/bancarotta
  • procedure concorsuali
  • obbligo d’iscrizione alla sezione ordinaria del registro delle imprese
  • obbligo di tenuta delle scritture contabili
  • la continuazione dell’impresa da parte degli incapaci può avvenire con l’autorizzazione del tribunale

Imprenditore commerciale

Imprenditore commerciale: le caratteristiche

Per essere considerato tale, la legge chiede all’imprenditore commerciale di soddisfare alcune caratteristiche specifiche. Tra queste la prima è quella relativa allo svolgimento di un’attività economica (cioè un lavoro dal quale ricavare un guadagno in termini di denaro, atto alla produzione e/o scambio di beni e servizi) che deve essere:

  • Organizzata – affinché l’attività economica svolta risulti essere organizzata, l’imprenditore può impiegare mezzi materiali, collaboratori e svolgere azioni per mandare avanti l’impresa e finalizzare risultati prestabiliti. I collaboratori impiegati possono essere interni, oppure esterni all’azienda (Ausiliari subordinati, o Ausiliari autonomi).
  • Professionale – l’attività svolta deve essere realizzata in modo continuativo e duraturo nel tempo. Non deve essere saltuaria. Si tratta quindi d’imprese stabili e durevoli, non lavori svolti una tantum.
  • Con l’obiettivo di produrre e/o scambiare beni o servizi – la finalità è l’ultima caratteristica che contraddistingue un imprenditore commerciale. L’obiettivo deve sempre essere quello di produrre e/o scambiare beni o servizi. Le attività commerciali possono essere molto disparate tra loro. Per lo più rientrano in quattro macro categorie di attività:
    • Industriali
    • Scambio e circolazione di beni
    • Trasporto via terra, acqua o aria
    • Bancarie e assicurative
    • Attività ausiliarie a tutte le precedenti sopra elencate

Capacità Di Agire

La capacità di agire è l’ultima caratteristica che contraddistingue l’imprenditore commerciale. Quando la capacità di agire viene a mancare, la condizione d’imprenditore commerciale cessa automaticamente. Questo significa che un soggetto minorenne, un interdetto, o un inabilitato non potendo svolgere normalmente un’attività, non possono diventare imprenditori commerciali.

Possono, però, continuare a esserlo se già lo erano in precedenza, vale a dire se continuano a svolgere la stessa attività di quella realizzata da un’impresa rilevata. I minori non possono essere imprenditori commerciali a meno che non siano minori emancipati.

Vendita porta a porta: come funziona il regime fiscale delle vendite a domicilio

Così come aprire un blog e iniziare a fatturare correttamente richiede degli adempimenti fiscali, amministrativi e contributivi, anche la vendita porta a porta ha le proprie regole da dover rispettare. Si tratta di una particolare vendita al dettaglio di beni e servizi  direttamente presso il domicilio del cliente finale. È un’attività svolta da un incaricato alle vendite che opera, solitamente, senza alcun vincolo di subordinazione nei confronti dell’impresa mandante e al di fuori dell’inquadramento di agente di commercio.

Vendita porta a porta: il regime fiscale

La disciplina fiscale relativa alla vendita porta a porta, stabilisce le imposte sui redditi e sull’attività occasionale e professionale del venditore, con relative conseguenze sull’imposta sul valore aggiunto (IVA).

I venditori a domicilio sono agenti e rappresentanti di commercio. I guadagni derivanti dalle vendite di beni e servizi si chiamano provvigioni. Quest’ultime sono soggette all’applicazione di una ritenuta a titolo d’imposta del 23%. La ritenuta è applicata sul totale delle provvigioni ridotte del 22% a titolo di deduzione forfettaria delle spese legate alla produzione del reddito.

Il valore delle provvigioni nette è determinato dalla seguente formula:

provvigioni nette = provvigioni premi e incentivi lordi X 78%

Il valore delle provvigioni nette è la base imponibile per l’applicazione della ritenuta a titolo d’imposta del 23%. I venditori a domicilio non devono presentare dichiarazione dei redditi a meno che non percepiscano altri redditi al di fuori delle provvigioni derivanti dalla vendita porta a porta. Inoltre sono altresì esonerati dall’applicazione dell’IRAP.

Venditore a domicilio e sostituto d’imposta

La società mandante del venditore a domicilio è obbligata a versare, entro il 16 del mese successivo a quello del pagamento delle provvigioni, le ritenute. Il pagamento è eseguito tramite modello F24 con codice contributivo 1038 nella sezione erario.

Ciascuna ritenuta e i compensi annuali devono essere riepilogati nella venditore a domicilio Certificazione Unica. Infine la società committente è tenuta a segnalare con il modello 770, all’Amministrazione Finanziaria, il totale delle provvigioni per la base imponibile e il calcolo delle ritenute operate.

Vendita porta a porta

Venditore Porta A Porta: professionale od occasionale

La vendita porta a porta può essere effettuata in modo occasionale, oppure professionale. Si tratta di vendita occasionale quando il reddito annuo derivante da tale attività non supera i 5000€. I venditori porta a porta occasionali non sono tenuti ad avere scritture contabili ai fini delle imposte sui redditi. Inoltre sono esonerati dal presentare la dichiarazione dei redditi, a meno che non percepiscano altri redditi derivanti da attività diverse.

I venditori a domicilio occasionali non sono, pertanto, tenuti ad aprire una partita IVA  e non devono applicare l’IVA sui compensi percepiti. Devono solamente rilasciare una ricevuta alla società mandante per ricevere le provvigioni stabilite.

Si tratta invece di vendita porta a porta professionale quando le provvigioni annue superano i 6426,10€. In questo caso il venditore deve obbligatoriamente aprire una partita IVA entro 30 giorni. Il codice attività per aprire partita IVA è il 46.19.02, “Procacciatori di affari di vari prodotti senza prevalenza di alcuno”. È inoltre obbligato ad assoggettare a IVA tutti i compensi che eccedono il limite indicato. In questo caso i venditori non possono accedere al regime forfettario in quanto per loro esiste già un apposito regime agevolato.

Venditori Porta A Porta e INPS

Gli addetti alla vendita porta a porta sono obbligati a iscriversi alla Gestione Separata dell’INPS quando il reddito annuo supera i 5000€. L’iscrizione può essere fatta online sul sito messo a disposizione da INPS, dove è anche possibile versare i contributi relativi.

I contributi da versare sono composti da:

  1. 1/3 a carico del contribuente/venditore
  2. 2/3 a carico dell’azienda mandante

I contributi devono essere versati entro il 16 del mese successivo al pagamento delle provvigioni. Il venditore a domicilio deve indicare in fattura elettronica la trattenuta INPS per la Gestione Separata. I venditori non sono comunque tenuti a iscriversi anche all’INAIL.

Come aprire un blog e fatturare correttamente

Oggi sono in molti a chiedersi come aprire un blog. Sembra un’operazione facile e banale, ma in realtà la gestione degli aspetti finanziaria può riservare qualche sorpresa ai meno esperti in materia. Prima di aprire una partita IVA ad hoc e iniziare a monetizzare, è importante conoscere ogni aspetto di quest’attività, dagli adempimenti fiscali, amministrativi e contributivi, fino alla gestione dei guadagni online. Indipendentemente dalla natura del blog (turistico, artistico, tecnico, ecc…)le regole da seguire rimangono sempre le stesse, sia per le affiliazioni che per i guadagni derivanti da banner pubblicitari.

Come aprire un blog e guadagnare

Per capire come aprire un blog e iniziare a guadagnare bisogna, prima di tutto, distinguere tra guadagni diretti e indiretti. Tra i guadagni indiretti derivanti da un blog troviamo:

  • Banner pubblicitari – si tratta di guadagni derivanti da accordi con società di raccolta pubblicitaria. Per ciascun click, o per ogni visualizzazione, di un banner pubblicitario presente sul blog, il blogger riceve una percentuale. Il più famoso tra tutti è sicuramente Google Adsense.
  • Affiliazioni commerciali – in questo caso i guadagni derivano dall’ospitare sul proprio blog dei banner pubblicitari di aziende terze che vogliono offrire dei servizi/prodotti agli utenti. Per ogni vendita effettuata tramite il link presente sul blog, il blogger riceve una percentuale.
  • Post sponsorizzati – i guadagni provengono da accordi tra blogger di successo (influencer) e società terze che intendono sfruttare la loro popolarità per la vendita di prodotti e servizi.

Tra i guadagni diretti ci sono:

  • Servizi offerti direttamente dal blogger – è il blogger stesso a mettere a disposizione dei suoi utenti le sue capacità e il proprio tempo. È una forma nota come inbound marketing. Una tecnica che sfrutta la capacità empatica di una persona di convincere i proprio followers a comprare servizi e prodotti pubblicizzati sulla propria piattaforma online.

Come fare ad aprire un blog: partita iva o prestazione occasionale?

È necessari aprire una partita IVA solo quando è soddisfatta la condizione di abitualità della prestazione. Questo significa svolgere un’attività in modo continuativo nel tempo. Quando invece l’attività da blogger è occasionale o sporadico, è possibile ricorrere alle prestazioni di lavoro autonomo occasionale. Invece non esiste una soglia massima di guadagni superata la quale è obbligatorio aprire partita IVA.

Come aprire un blog

Aprire un blog: gli adempimenti fiscali

La gestione fiscale di un blog richiede:

  1. Apertura di una partita IVA – come visto, è necessario aprirla solo se l’attività risponde alla caratteristica di abitualità. Aprirla non costa niente. Basta compilare e presentare un apposito modello all’Agenzia delle Entrate scegliendo il regime fiscale più adatto alle proprie esigenze (come ad esempio il regime forfettario).
  2. Iscrizione alla Camera di Commercio – l’iscrizione è obbligatoria. Le campagne pubblicitarie sono considerate un’attività commerciale che richiede l’iscrizione nel Registro delle Imprese. Ogni anno devono quindi essere versati i diritti camerali.
  3. Iscrizione alla Gestione Commercianti dell’INPS – è obbligatorio l’iscrizione all’INPS alla Gestione Commercianti e al relativo versamento annuale dei contributi fissi (circa 4800 € fino a 15.000€ di fatturato annuo).

Come guadagnare da un blog: la partita iva

I guadagni derivanti dall’apertura di un blog, sono, per lo più, di modesta entità. Per questo motivo molti sono scoraggiati nell’aprire una partita IVA ad hoc. In realtà il legislatore fiscale ha ideato un regime fiscale perfetto per questo genere di situazioni: il regime forfettario.

Come abbiamo già visto in altri articoli, il forfettario è un regime agevolato che prevede una cospicua serie di vantaggi:

  • Applicazione del regime di cassa per la determinazione del reddito
  • Determinazione dei costi dell’attività con metodo a forfait
  • Esclusione dall’ambito di applicazione di:
    • Imposta sul valore aggiunto (IVA);
    • Indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA);
    • Ritenute di acconto.
  • Applicazione obbligatoria fatturazione elettronica (sopra i 25.000 euro di compensi dell’anno precedente) per avere la possibilità di ridurre di un’annualità i tempi di accertamento.

Sicuramente si tratta di un regime molto agevolato per chi avesse intenzione d’iniziare una nuova attività di blogger.

Autofattura agricola: cos’è e chi deve emetterla

Gli imprenditori agricoli di piccole dimensioni operano all’interno del regime di esonero agricoltura. Il regime di esonero IVA consente di avere molte agevolazioni e richiede l’emissione dell’autofattura agricola. In alcuni casi è obbligatorio emetterla e dal 1° gennaio 2019 è diventato obbligatorio l’invio della fattura elettronica.

Regime esonero agricoltura: in cosa consiste

Gli imprenditori agricoli, o coltivatori diretti, sono coloro che producono e vendono prodotti agricoli e ittici. Necessitano di una partita IVA ad hoc e svolgono un’attività lavorativa continuativa superando i 5000 € annui.

Per diventare tali devono aprire una partita IVA denominata agricola e legata a regime di esonero agricoltura. L’imprenditore agricolo non può avvalersi del regime speciale o di quello ordinario. Diventare imprenditore agricolo significa aver realizzato nell’anno solare precedente un volume di affari minore a 7000€ annui. L’attività svolta deve essere costituita per almeno due terzi dalla cessione di prodotti agricoli o ittici.

Autofattura agricola

Gli imprenditori agricoli non sono inoltre tenuti a versare IVA e IRAP, né a tenere la contabilità e altra tipo di documentazione (come ad esempio la liquidazione periodica o la fatturazione elettronica). Tra i pochi obblighi che hanno c’è quello di conservare le fatture di acquisto, così come accade nel regime forfettario, di mantenere in ordine le bollette doganali e di emettere autofattura agricola.

Autofattura agricola: cos’è

Ogni volta che avviene un acquisto di prodotti agricoli o ittici presso un imprenditore agricolo che si trova a operare in regime di esonero agricoltura, è obbligatorio emettere un’autofattura agricola. L’autofattura è prodotta, solitamente, in due copie. La prima è detenuta dall’acquirente, la seconda dal venditore che deve obbligatoriamente conservarla in caso di futuri accertamenti da parte dell’autorità competente.

Autofattura agricola senza partita IVA o autofattura a titolare di partita IVA

Esistono due casi. Il primo prevede l’acquisto da parte di un privato, il secondo da parte di titolare di partita IVA. Quando la vendita è fatta nei confronti di un privato, l’imprenditore agricolo non è tenuto a emettere scontrino o ricevuta fiscale. La mancanza dell’obbligo è dovuta al fatto che questa tipologia di transazione è esonerata dall’applicazione dell’IVA.

Quando invece la vendita è fatta nei confronti di un soggetto titolare di partita IVA, l’imprenditore agricolo non è comunque obbligato a emettere fattura elettronica. Chi possiede una partita IVA, però, deve ottenere in cambio di un acquisto una fattura. Per questo motivo il coltivatore diretto deve emettere un’autofattura agricola.

Autofattura imprenditore agricolo: modello e compilazione

L’autofattura agricola deve contenere una serie di dati obbligatori. Esistono dei modelli e dei facsimili che possono anche essere presi come riferimento. Riportiamo comunque un elenco esaustivo di tutti i dati necessari a compilare correttamente un’autofattura:

  1. dati anagrafici del soggetto che acquista
  2. denominazione sociale dell’acquirente
  3. codice fiscale
  4. Partita IVA
  5. sede legale
  6. numero autofattura
  7. data di emissione di autofattura
  8. oggetto dell’acquisto suddiviso in base alla tipologia di merce e alla quantità venduta
  9. dati anagrafici del produttore agricolo esonerato
  10. denominazione sociale del produttore
  11. codice fiscale del produttore
  12. Partita IVA del produttore
  13. sede legale del produttore
  14. tipologia e quantità prodotti, per l prezzo al Kg o al pz
  15. totale imponibile
  16. aliquota IVA di compensazione
  17. totale fattura
  18. autofattura emessa per acquisti da soggetto esonerato a norma dell’art. 34, 6° c. DPR 633/72

Autofattura agricola elettronica agenzia entrate

Dal 1° gennaio 2019 l’autofattura agricola deve essere emessa in formato elettronico. Una volta emessa il venditore deve numerarla e conservarla per gli eventuali futuri controlli. L’acquirente deve a sua volta conservarla registrandola nel registro degli acquisti del cessionario.

Le agevolazioni previste dal regime esonero agricoltura cessano automaticamente a partire dal regime di imposta successivo, quando e se sono superati i 7000 € annui. Nel caso in cui un imprenditore agricolo uscisse dal regime agevolato, le autofatture non devono più essere emesse e, di conseguenza, le autofatture elettroniche non verrebbero più ricevute automaticamente dal Sistema di Interscambio.

 

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Idee di business: cosa significa aprire un’attività innovativa

Aprire una partita iva e iniziare a fare impresa oggi, è un’idee sempre più ambita e ricercata. Per lavorare in proprio, però, occorrono idee e abilità. Mondo e persone sono cambiati nel corso del tempo e se prima aprire un ristorante, piuttosto che un negozio di abbigliamento erano le prime idee più gettonate, oggi la scelta per una nuova attività imprenditoriale è ben diversa. Allo stato attuale delle cose, è addirittura possibile vendere online senza partita iva o aprire attività senza soldi (o quasi). Vediamo quindi d’individuare alcune idee di successo che possono portare a grandi soddisfazioni in campo lavorativo.

Aprire un attività in casa propria

In un precedente articolo: “Attività da aprire da casa: quali e come” abbiamo già visto che lavorare da casa è possibile e redditizio. Ci sono molte attività che possono essere svolte restando comodamente seduti sul divano, come ad esempio, un e-commerce in dropshipping, commercio elettronico a bassi costi di avvio. Oppure è possibile scegliere di acquistare all’ingrosso grandi quantità di merci, da rivendere poi al dettaglio sfruttando la potenza d’internet. Non dimentichiamo, infine, che l’artigianato è tornato molto in voga negli ultimi anni. Realizzare con le proprie mani oggetti di artigianato (statuette, quadri, candele, marmellate, ecc…) può essere l’inizio di un nuovo business online.

Vendere corsi online

Insegnare e imparare sono attività che fanno vendere. Creare contenuti digitali, come ad esempio corsi online, podcast, video, tutorial, musica, ecc… È un modo semplice e intelligente per creare un business redditizio. Per essere venduti, prodotti e servizi, non sempre devono essere tangibili. Vendere corsi online non è un’attività in cui è necessario sostenere dei costi ricorrenti per la produzione e non ci sono spedizioni di cui doversi occupare. I margini di guadagno sono quindi molto alti.

Idee di business: la personalizzazione che fa la differenza

Fra le tante idee di business che possono essere citate, ricordiamo anche quella legata alla personalizzazione a 360°. I prodotti unici, personalizzati, artigianali e artistici sono fortemente ricercati dagli utenti di ogni età. In questo settore prevale, ad esempio, la stampa 3D. Un sistema innovativo e all’avanguardia che consente di progettare e realizzare dei veri e propri oggetti partendo da zero (modellini, accessori, componenti sanitari, ecc…), anche di grandi dimensioni e prodotti su misura sulla base di progetti specifici.

Idee di business

Distributori automatici h24

Un’altra grande idea di business per iniziare a fare soldi e fatturare è quella d’investire nei distributori automatici H24. Offrono qualunque genere di bene: dagli snack alle confezioni di caffè, dagli articoli per adulti ai giocattoli per bambini. Si tratta di un’idea sempre più redditizia e innovativa che permette di accumulare alti ricavi senza personale e senza contatto con i clienti.

Nuove idee di business: Marketing e digitalizzazione

Aprire un’attività di servizi digitali per aziende e imprese è un’idea innovativa e redditizia. Non è necessario avere una sede fisica ed è facile rispondere alle più moderne esigenze di mercato. Ogni impresa deve, oggigiorno, digitalizzarsi. Per questo motivo diventare imprenditore vuol dire anche sapere quando e perché è necessario rivolgersi a una web agency specializzata in attività di digitalizzazione e servizi di marketing per migliorare e organizzare logistica e delivery, promuoversi sui social e migliorare la propria comunicazione con clienti e fornitori.

Migliori idee di business: consigli e conclusioni

Dalla giusta combinazione di tecnologia e idee imprenditoriali innovative è possibile creare un’attività e iniziare a realizzare delle vendite. Ciascuna idea di business può essere realizzata da sola oppure in combinazione con altre, per incrementare ulteriormente i proventi, o semplicemente per integrare un’altra attività già avviata. Scegliere un’attività piuttosto che un altro rimane sempre una decisione personale. Denaro, motivazioni, capacità, risorse, ecc… Sono tutti elementi necessari per scegliere e andare avanti. Il confronto con amici, familiari e parenti può essere molto utile a trovare la strada giusta da seguire. L’importante, come sempre è seguire le proprie passioni, restando, però, con i piedi ben piantati interra.