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Baratto finanziario: compensazione multilaterale di crediti e debiti

Il baratto finanziario è uno strumento introdotto quest’anno dalla Legge di Bilancio. In pratica consiste nella compensazione multilaterale di crediti e debiti commerciali che provengono da fatture elettroniche. Il baratto è una delle forme commerciali più antiche che esistano al mondo. Ci sono due diverse tipologie di baratto: semplice e multiplo. Il primo, chiamato anche baratto diretto, consiste nello scambio di un singolo bene/servizio con un altro bene/servizio, preventivamente concordato tra le parti. Nel secondo, che prende anche il nome di baratto indiretto, il soggetto che cede il bene/servizio, non riceve in cambio quanto vuole a causa di una differenza di valore e/o reperibilità. Nel corso del tempo, sia in Italia, che nel resto del mondo, sono nate anche altre forme di baratto: amministrativo, finanziario e online. Quello introdotto dalla nuova legge di Bilancio è appunto il baratto finanziario, definito 4.0 che dovrebbe permettere alle imprese di compensare le proprie posizioni creditizie e debitorie, senza nemmeno dover passare dalla moneta.

Baratto finanziario: un sistema complementare a quello bancario

Si tratta di una vera e propria rivoluzione, al pari di quella protratta dall’introduzione della fatturazione elettronica e dei corrispettivi telematici. Il baratto finanziario è un vero e proprio sistema complementare a quello bancario.

La proposta di questa nuova formula compensatoria, nasce dall’ Associazione italiana dei Commercialisti e di Confimi industria (Confederazione dell’industria manifatturiera italiana). L’idea è nata dalla volontà di andare incontro e in aiuto alle imprese che presentano difficoltà finanziarie. In pratica, se venisse concretizzata, le fatture elettroniche verrebbero utilizzate come moneta di scambio (al posto della vera e propria moneta). Un’impresa non da poco, che presenta però moltissimi vantaggi, tra i quali, sicuramente, quello di dare respiro alle aziende in crisi di liquidità.

Si tratta quindi di un sistema sicuro e controllato che vuole incentivare la circolazione di beni e servizi tra le imprese. Un meccanismo che sfrutta appieno il sistema e i vantaggi della fatturazione elettronica.

Baratto Finanziario: i soggetti che possono sfruttare la compensazione

La compensazioni promossa dalle associazioni sopra citate avverrebbe su base volontaria attraverso una piattaforma telematica di Agenzia delle Entrate. Le imprese che aderirebbero potrebbero così chiedere la compensazione di crediti e debiti con altre aziende aderenti. Se entrambe le parti accettano la compensazioni, il sistema aggiorna la situazione e gli importi di crediti e debiti relativi. Le operazioni portate in compensazione comportano l’estinzione dell’obbligazione ex art. 1241 del codice civile.

Al baratto finanziario possono accedere tutte le imprese residenti o stabilite in Italia. Non possono invece sfruttare questo meccanismo le imprese:

  • soggette a procedure concorsuali
  • che hanno aderito a operazioni di ristrutturazione del debito
  • che hanno accettato e hanno in corso piani di risanamento iscritti al Registro delle Imprese.

Baratto Finanziario: tutti i vantaggi

I vantaggi per chi aderisce al baratto finanziario sono davvero molteplici. Le aziende infatti potrebbero, in questo modo, riuscire a ridurre:

  • il ricorso ai finanziamenti bancari
  • i rischi di crisi di liquidità
  • le perdite su crediti
  • il ricorso allo sconto su fatture elettroniche

Baratto Finanziario

Ma non solo. Il sistema del baratto finanziario funzionerebbe infatti su una piattaforma telematica controllata da Agenzia delle Entrate e farebbe affidamento su operazioni testimoniate e garantite dalla presenza delle fatture elettroniche. Questo significa che ci sarebbero molte meno possibilità di pressione sulle imprese da parte di organizzazioni mafiose, con una sensibile riduzione del rischio di usura.

Alla fine, riuscire a trasformare le fatture elettroniche in una vera e propria moneta digitale equivarrebbe a un grandissimo vantaggio competitivo per il paese. L’Italia oggi è l’unico paese in occidentale ad aver introdotto la fatturazione elettronica obbligatoria. Vale a dire un sistema controllato direttamente da Agenzia delle Entrate che sfrutta il Sistema di Interscambio (SdI) per emettere, controllare e recapitare le fatture elettroniche. Riuscire a sfruttare il SdI anche per compensare debiti e crediti delle imprese darebbe un ulteriore nuovo impulso al rinnovamento finanziario italiano. I rischi delle imprese verrebbero ridotti e molti dei fallimenti sistematici che incombono su diversi settori, verrebbero scongiurati per sempre.

Baratto Finanziario: a quali casi è applicato

Spiegato cos’è il baratto finanziario cerchiamo adesso di capire a quali casi potrebbe essere applicato questo sistema.

A questo scopo riportiamo due esempio:

Caso 1

L’impresa A emette fattura all’impresa B per un valore di 100€. Al tempo stesso l’impresa B emette fattura all’impresa A del valore di 70€. Saldato il debito, l’impresa A rimane creditrice nei confronti dell’impresa B di soli 30€

Caso 2

A fattura a B 100€. B fattura a C 200€ e C deve 100€ ad A. Compensando le varie fatture rimane solo un debito pari a 100€ dell’impresa B verso C

Questi sono due semplici esempio ai quali il sistema del baratto finanziario 4.0 potrebbe essere applicato con efficacia.

Dichiarazioni 730 – cosa sono, quando si fanno, scadenze e compilazione

Le dichiarazioni 730 sono quelle riservate ai lavoratori dipendenti e ai pensionati. Dal 10 maggio di quest’anno sul sito dell’Agenzia delle Entrate (AdE) è disponibile il modello del 730 precompilato. A distanza di 15 giorni AdE consente ai contribuenti di scaricarlo, compilarlo e inviarlo in forma telematica. Per poter accedere all’area personale sul sito di AdE è necessario possedere le credenziali PIN dell’Agenzia delle Entrate, il PIN dell’INPS, oppure SPID o CIE. La compilazione di queste dichiarazioni offrono diversi vantaggi ai lavoratori. Prima fra tutti quella secondo la quale non è necessario eseguire i calcoli per poi ottenere il rimborso in busta paga, piuttosto che sulla rata della pensione. Al contrario, se dai calcoli, risultasse necessario effettuare dei pagamenti, questi sono trattenuti direttamente dalla retribuzione, piuttosto che dalla pensione stessa.

Quindi si tratta di modelli di dichiarazione dei redditi che devono presentare le persone fisiche. I modelli cambiano a seconda della tipologia di reddito posseduta (pensione, retribuzione da lavoro dipendente, ecc…).

Dichiarazioni 730: alternativa al Modello Unico

Il modello 730 è usato in alternativa al Modello Unico da tutti i contribuenti che devono dichiarare i seguenti redditi:

  • di pensione o di lavoro dipendente (compresi i redditi da collaborazione coordinata e continuativa e le indennità sostitutive di reddito di lavoro dipendente); i redditi di pensione o di lavoro dipendente (assieme alle trattenute fiscali e i contributi previdenziali) sono certificati nel CUD emesso dal datore di lavoro o dall’INPS
  • di terreni e fabbricati
  • a tassazione separata
  • di capitale
  • di lavoro autonomo per i quali non è richiesta la partita IVA (ad esempio prestazioni di lavoro autonomo non esercitate abitualmente)
  • redditi diversi (ad esempio redditi di terreni e fabbricati situati all’estero)

I titolari di partita IVA invece non devono usare il modello 730. Oltre a loro ci sono un’altra serie di soggetti esonerati dalla presentazione delle dichiarazioni 730:

  • contribuenti non residenti in Italia
  • eredi di contribuenti deceduti
  • tutti coloro i cui datori di lavoro non sono tenuti a versare le ritenute d’acconto (ad esempio, i lavoratori domestici come colf, giardinieri, ecc.)
  • i contribuenti con soli redditi da abitazione principale più eventuali altri fabbricati non locati
  • i contribuenti con soli redditi da lavoro dipendente o pensione a patto che il datore di lavoro/ente pensionistico abbia effettuato correttamente tutte le ritenute fiscali in busta paga
  • coloro che oltre ad aver percepito redditi da lavoro dipendente o pensione, posseggono anche la loro abitazione principale più altri eventuali fabbricati non locati

A differenza del modello Unico, le dichiarazioni 730 possono essere congiunte e contenere i redditi di entrambi i coniugi.

Dichiarazioni 730

Dichiarazioni 730: scadenze e modalità di presentazione

La scadenza fiscale entro la quale le dichiarazioni 730 devono essere presentate è il 30 settembre 2021. Il termine di trasmissione è sempre lo stesso. Mentre la data per l’erogazione del rimborso IRPEF spettante è differenziata in relazione al periodo di trasmissione della dichiarazione dei redditi.

Gli eventuali rimborso emersi dal calcolo del 730, sono erogati sulle retribuzioni di competenza del mese successivo a quello in cui il sostituto ha ricevuto la comunicazione di liquidazione, in altre parole il risultato del calcolo della dichiarazione dei redditi.

Da ricordare infine la data del 25 ottobre 2021, entro la quale è necessario per i lavoratori inviare l’eventuale dichiarazione dei redditi integrativa in caso di errori.

Rimborsi e conservazione

Abbiamo visto quindi che la data di rimborso, se previsto, arriva direttamente in busta paga a cadenza personalizzata. Nel caso in cui il 730 contenga i dati del sostituto d’imposta, allora il rimborso è accreditato a partire dalla busta paga del mese di luglio. Per i pensionati invece il rimborso va sulla rata della pensione a partire da quella del mese di agosto.

Se il modello 730 invece non contiene i dati del sostituto d’imposta, allora il rimborso è accreditato da parte dell’Agenzia delle Entrate entro fine anno, o all’inizio dell’anno successivo, direttamente sul conto corrente bancario del soggetto dichiarante.

Le dichiarazioni 730 devono essere obbligatoriamente conservate per almeno i 5 anni successivi dall’anno di presentazione (termine stabilito per l’accertamento). Per fare un esempio: la dichiarazione del 730 dell’anno 2018, va conservata fino al 31 dicembre del 2023.

Infine si ricorda che i contribuenti con partita IVA non possono fare dichiarazioni 730 nemmeno se avessero percepito anche un reddito da lavoro dipendente o da pensione. Devono per forza fare il modello REDDITI (ex Modello Unico).

Bolletta doganale: cos’è e come funziona

La bolletta doganale è un documento che attesta e conferma il pagamento delle tasse doganali. Inoltre è una sorta di certificato che dichiara la conformità ad ogni altra formalità previste dalla dogana. Tutto ha inizio al momento della spedizione. In questa prima fase, il mittente, compila e firma la bolletta doganale che servirà ad accompagnare la merce fino alla frontiera. Questo documento assolve, contemporaneamente, a due importanti compiti: individuare il paese di destinazione merce e calcolare le relative tasse doganali. Il documento si trasforma in una vera e propria bolletta doganale, chiamata anche DAU (Documento Amministrativo Unico) o DAE (Documento Accompagnamento Esportazione), quando le tasse doganali risultano pagate e la dogana assegna al modulo una data e un numero identificativo. La bolletta doganale è unica e vale sia per importazioni che per le esportazioni.

Bolletta doganale: tipologie, modelli e caratteristiche

A seconda dei casi la bolletta doganale può assumere denominazioni diverse:

  • di accompagnamento – questo termine indica una bolletta doganale che serve solo ad accompagnare la merce da una dogana all’altra. Solo nell’ultima dogana verranno pagate le tasse.
  • di importazione – utilizzata per trasportare la merce dalla dogana alla destinazione finale
  • di esportazione o temporanea importazione – in questo caso la merce transita solo temporaneamente da una dogana, quindi sulla bolla è scritto la data entro la quale la merce deve essere definitivamente spostata
  • introduzione in deposito – si tratta dei documenti che accompagnano le merci depositate in appositi locali messi a disposizione dalle dogane.

Al momento in cui è fatto un acquisto di merce proveniente da un Paese Extra UE, assieme alla bolla doganale, l’acquirente riceve anche:

  • fattura emessa dal venditore straniero
  • fattura del trasportatore

quando un’azienda riceve quindi della merce proveniente da un paese Extra UE deve registrare la bolla doganale, la fattura del venditore e la fattura dello spedizioniere. Quando le bolle doganali e le corredate fatture devono essere registrate è necessario fare tre diverse distinte.

Dazi doganali: cosa sono e come sono calcolati

Da oltre 2000 anni le civiltà impongono dei dazi sulle merci che venivano scambiate con le popolazioni vicine. Oggi il dazio doganale è definito come: “imposta indiretta applicata sul valore di tutti i prodotti importati ed esportati dal Paese che l’impone”. In Europa, è applicato un dazio doganale per tutti quei prodotti che provenienti, o diretti in Paesi che non fanno parte della CEE (Comunità Economica Europea).

In Italia l’importo da pagare alla dogana varia a seconda della merce. Ci sono però alcuni fattori da considerare sempre:

  • valore del prodotto importato
  • tipologia di prodotto importato

Bolletta doganale

Dazi doganali: come sono calcolati

I dazi doganali sono calcolati quindi tenendo conto del valore stesso della merce importata/esportata. È applicata una relativa percentuale che varia in base appunto alla merce. Esiste una tabella specifica che serve ad identificare e classificare ogni diversa tipologia di merce importata. Online è inoltre disponibile il TARIC, un servizio telematico che consente di recuperare tutte le informazioni necessarie ad identificare la tipologia di merce che passa per le dogane.

Volendo trarre una formula generica per spiegare la composizione di un dazio doganale, è possibile affermare che questo è composto da:

valore della merce + nolo Extra UE (nolo=spesa di trasporto)

Infine l’IVA, imposta sul valore aggiunto, è calcolata su valore del bene + nolo Extra UE + dazi doganali. In altre parole l’IVA è calcolata e fatta pagare anche sugli stessi dazi doganali! Quando la bolletta doganale non è espressa in Euro, la conversione va fatta tenendo conto del tasso di cambio alla data riportata sulla bolletta stessa.

Bolletta doganale: sezioni e caselle

La bolletta doganale è suddivisa in una serie di caselle, codici e sezioni, ciascuna delle quali indica uno specifico elemento. Le caselle più importanti sono:

  • 1 – Dichiarazione Contiene la scritta IM (importazione)
  • 8 – Destinatario Il tuo indirizzo
  • 12 – Elementi di trasporto Spese di trasporto UE e extra UE
  • 20 – Termini Le condizioni contrattuali di spedizione
  • 22 – Valuta La valuta usata per l’acquisto
  • 23 – Tasso di cambio tasso di cambio fissato dalla dogana
  • 33 – Codice merci Codice identificativo delle merci
  • 42 – Prezzo Costo della merce al tasso di cambio
  • 44 – Speciali Eventuali autorizzazioni, certificati
  • 47 – Imposte IVA e dazi doganali

Spesometro

Lo spesometro è una particolare comunicazione che i titolari di partita IVA devono redigere e presentare ad Agenzia delle Entrate. Non sono tenuti alla compilazione di questa documentazione i contribuenti che rientrano nel regime forfettario, commercianti al dettaglio per operazioni inferiori ai 3.000 € e le agenzie di viaggio per importi inferiori a 3.600 €.

Lo spesometro contiene solo operazioni certificate da scontrino elettronico o ricevuta fiscale, nonché tutte quelle fatturate con fatturazione elettronica. Dal 2017 lo spesometro è stato poi collegato anche alla comunicazione IVA e alla liquidazione IVA periodica.

Le spese sostenute per importazioni Extra UE NON vanno riportate nello spesometro. Quando la merce transita in Italia, occorre semplicemente  emettere bolla doganale e, con quella, il Fisco è già consapevole del trasporto.

Regime opzionale OSS: One Stop Shop entrerà in vigore il prossimo 1° luglio

Il primo luglio 2021 entrerà in vigore un nuovo regime contabile chiamato: regime opzionale OSS (in acronimo OSS). È un regime che vale per tutti gli operatori che effettuano vendite verso privati con volumi d’affari superiore alla soglia di 10.000 euro annui. Si tratta di un passo importante che l’Italia andrà a compiere, per attenersi alle disposizioni stabilite dal VAT e-commerce package all’interno del più ampio quadro del Digital Single Market Strategy. Disposizioni e iniziative stabilite per la riforma globale dell’IVA dalla Commissione Europea nel VAT action plan  del 2016.

Il nuovo regime doveva entrare in vigore a partire dal 1° gennaio 2021, ma è stato posticipato al 1° luglio 2021 a causa degli effetti negativi dovuti alla pandemia di Covid-19.

Regime opzionale OSS: che cos’è

Si tratta del regime con il quale, l’Italia, ma in generale l’Europa, punta alla riforma per l’assolvimento dell’IVA, un nuovo regime centralizzato e digitale che comprende tutta una serie specifica di operazioni:

  • Vendite a distanza di beni importati da territori terzi o Paesi terzi, effettuate da fornitori o tramite l’uso di un’interfaccia elettronica (sono esclusi da questi, i beni soggetti ad accise)
  • Prestazioni di servizi da parte di soggetti passivi non stabiliti nell’UE o da soggetti passivi stabiliti all’interno dell’UE ma non nello Stato membro di consumo a soggetti non passivi (consumatori finali)
  • Vendite a distanza intracomunitarie di beni effettuate da fornitori o tramite l’uso di un’interfaccia elettronica
  • Vendite nazionali di beni effettuate tramite l’uso di un’interfaccia elettronica

La principale novità del nuovo regime è quella secondo la quale l’operatore economico, può registrare l’IVA  telematicamente, in un solo Stato dell’Unione Europea. Questo vale per tutte le operazioni di vendita a distanza eseguite nei confronti di privati. Tutto questo sarà reso possibile attraverso un’unica presentazione trimestrale telematica dell’IVA.

Regime opzionale OSS

Obblighi IVA oltre la soglia di 10.000€

Gli operatori che superano la soglia di 10.000€, per assolvere agli obblighi IVA devono:

  1. Qualificarsi e identificarsi ai fini IVA in ogni singolo Stato Membro in cui si trovano i clienti finali a cui sono state effettuate le vendite
  2. Assolvere all’IVA ogni trimestre, in ogni Stato in cui si sono identificati (per farlo devono quindi registrarsi al regime opzionale OSS)

Questo nuovo regime semplifica moltissimo gli obblighi e gli adempimenti ai fini IVA. Questo perché l’operatore economico deve registrarsi in un solo Stato dell’UE tramite il regime opzionale OSS, quello in cui si è identificato ai fini IVA.

Secondo Agenzia delle Entrate, si aprono quindi tre diversi scenari:

  1. Operatore NON UE – il soggetto passivo sceglie lo Stato UE per l’identificazione IVA
  2. Operatore UE – Prestazioni di servizi da parte di soggetti passivi non stabiliti nell’UE o da soggetti passivi stabiliti all’interno dell’UE ma non nello Stato membro di consumo a soggetti non passivi (consumatori finali).
  3. Schema di importazione – In questo caso se l’operatore economico ha sede in uno Stato con il quale l’UE ha stabilito un accordo per il recupero dell’Iva, allora può ricorrere al regime opzionale OSS. In questo modo si può identificare in qualunque Stato membro dell’UE. In caso contrario, l’operatore avrà bisogno di un intermediario che abbia sede in UE per poter usare lo schema di importazione.

Registrazione all’OSS da parte degli operatori economici

Per registrarsi l’operatore può usare un apposito portale internet predisposto dall’UE. Il sistema telematico trasmette così i dati inseriti e li comunica ad ogni altro Stato membro. Gli operatori UE mantengono lo stesso identificativo IVA. Per quanto riguarda invece lo schema d’importazione l’operatore riceve un apposito nuovo codice identificativo.

Regime opzionale OSS: dichiarazione e versamento IVA

La dichiarazione IVA OSS deve essere presentata via telematica. Questa deve avvenire entro la fine del mese successivo a ciascun trimestre. Deve essere presentata anche qualora non sia stata effettuata alcuna operazione nel corso del trimestre di riferimento. Il periodo d’imposta è trimestrale per le operazioni eseguite secondo gli schemi UE e non UE, ed è mensile per lo schema d’importazione.

Chi si registra a questo regime deve presentare dichiarazione trimestrale anche se non ha prestato alcun servizio digitale. In dichiarazione devono essere indicati:

  • numero di identificazione
  • ammontare IVA – suddiviso per aliquote, spettante a ciascuno Stato membro di domicilio o di residenza dei clienti
  • aliquote – in base allo Stato membro di domicilio o residenza dei clienti
  • totale prestazioni di servizi digitali eseguite nel trimestre di riferimento

Inoltre i soggetti che hanno delle stabili organizzazioni in Paese Membri:

  • totale servizi digitali resi tramite una stabile organizzazione in ciascuno Stato membro
  • numero individuale di identificazione Iva o il numero di registrazione fiscale della stabile organizzazione stessa

Il versamento dell’IVA deve avvenire nello Stato Membro presso cui l’operatore economico si è identificato. Sono applicate le aliquote dei vari Stati membri di consumo. Il totale da versare è quello risultante dalla dichiarazione IVA. Spetta infine allo Stato membro di identificazione, ripartire i vari importi tra gli altri Stati.

Lotteria degli scontrini: un venditore può rifiutare la partecipazione?

La lotteria degli scontrini è uno strumento con il quale Governo ed Agenzia delle Entrate vogliono combattere l’evasione fiscale. Insieme all’introduzione della fatturazione elettronica e ai corrispettivi telematici, la lotteria è stata creata appositamente affinché i negozianti emettano regolarmente scontrino fiscale. Nell’articolo: “Lotteria degli scontrini: che cos’è e come funziona” abbiamo visto cos’è nello specifico e quale meccanismo di funzionamento abbia. Volendolo riassumere in modo semplice e conciso, si può dire che la lotteria degli scontrini è una misura anti evasione, con il quale l’Esecutivo, spera di far rientrare, almeno in parte, il fenomeno dilagante dell’evasione fiscale. Qualunque soggetto maggiorenne e residente in Italia, che effettua acquisti di beni o servizi al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, arte o professione, può partecipare alla lotteria degli scontrini. E come ogni lotteria che si rispetti, anche quella statale mette in palio diversi premi in denaro attribuibili tramite estrazione mensile e annuale.

Lotteria degli scontrini: come si partecipa

La partecipazione alla lotteria è facoltativa. Per farlo è necessario recuperare dal Portale Lotteria un apposito codice lotteria. Questo deve poi essere comunicato all’esercente presso il quale è effettuato l’acquisto del bene/servizio. Il rivenditore deve comunicare ad Agenzia delle entrate ogni codice ricevuto. AdE infine fornirà all’Agenzia dei Monopoli tutte le informazioni raccolte per procedere alle varie estrazioni.

Gli acquisti con i quali concorrere alle varie estrazioni devono essere superiori ad 1€. Il codice rilasciato dal Portale Lotteria è alfanumerico a barre ed è generato partendo dal proprio codice fiscale. Il Portale Lotteria è strutturato con un’area pubblica, cui possono accedere tutti gli utenti interessati, e un’area riservata il cui accesso è consentito, attraverso lo SPID Livello 2, la Carta d’Identità Elettronica (CIE) o la Carta Nazionale dei Servizi (CNS).

Lotteria degli scontrini

Premi previsti per il 2021

I premi in palio nella lotteria degli scontrini sono diversi a seconda che il pagamento del bene/servizio, sia stato effettuato in contanti, piuttosto che con carta di credito.

I premi previsti per i pagamenti in contanti sono:

  • Estrazione annuale – 1.000.000 euro
  • Mensile – 30,000 euro (3 premi mensili)
  • Settimanale – 5000 euro (7 premi settimanali)

I premi previsti per i pagamenti con cashless sono:

  • Estrazione annuale – 5.000.000 euro
  • Mensile – 100,000 euro (10 premi mensili)
  • Settimanale – 25000 euro (15 premi settimanali)

Sono previsti premi anche per gli esercenti, ma solo per i pagamenti con carta. I premi prevedono:

  • Estrazione annuale – 1.000.000 euro
  • Mensile – 20,000 euro
  • Settimanale – 5000 euro (15 premi settimanali)

Lotteria degli scontrini: un esercente può rifiutarsi di partecipare?

Una domanda che in molti si pongono da quando è nata l’idea della lotteria degli scontrini, è quelle che prevede l’ipotesi nella quale un esercente si rifiuti di acquisire o trasmettere i codici lotteria e i dati della transazione.

Inizialmente il decreto legge che sanciva la lotteria, aveva previsto una serie di sanzioni amministrative, da 100 a 500€. I commercianti che avessero rifiutato di acquisire il codice fiscale del contribuente o non avessero trasmesso i dati della prestazione/cessione, avrebbero dovuto pagare una multa. Ma questo schema è stato definitivamente abbandonato, preferendo lo sviluppo di un processo che coinvolgesse direttamente i consumatori nella lotteria stessa.

In pratica adesso i venditori che si rifiutano di partecipare alla lotteria possono essere segnalati direttamente dai clienti. Le segnalazioni avvengono per via telematica alle autorità fiscali. Per segnalare un esercente che si rifiuti di partecipare alla lotteria è presente un’apposita sezione direttamente sul Portale Lotteria.

Questa strategia rischia di trasformarsi però in una vera e propria delazione fiscale, nella quale gli esercenti rischiano di essere segnalati come contribuenti fiscalmente a rischio. Questo perché le varie segnalazioni sono usate dal Fisco (Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza) per le analisi del rischio di evasione fiscale, così come disposto dal decreto legge n°201 del 2011. Questo significa che le varie segnalazioni dei contribuenti possono mettere in cattiva luce l’esercente che saranno esposti a maggiori controlli e vedranno abbassarsi il proprio rating fiscale.

Delazione fiscale e segnalazione esercenti

È chiaro quindi che un venditore “può” a tutti gli effetti rifiutare di partecipare alla lotteria degli scontrini, ma a proprio rischio e pericolo. Si tratta infatti di una situazione alquanto delicata. Basti pensare ad un esercente che non “possa” acquisire il codice fiscale e il codice lotteria di un contribuente, o che non possa trasmettere i dati ad AdE, a causa di un sovraffollamento nel negozio. In questo caso il malcapitato, potrebbe incappare in una segnalazione da parte di un contribuente a propria insaputa.

Non voler partecipare alla lotteria degli scontrini non costituisce di fatto una vera e propria “evasione” visto che l’emissione dello scontrino è stata comunque regolarmente effettuata e, di conseguenza, il suo importo concorre al calcolo del volumi d’affari e dei ricavi ai fini IVA e di altre imposte.

In pratica i contribuenti potrebbero trovarsi nelle mani uno strumento alquanto pericoloso e ritorsivo nei confronti dei commercianti. Alcuni potrebbero infatti arrivare a segnalare un commerciante al quale non sia stato addirittura richiesta nemmeno la partecipazione alla lotteria. Difatti ad oggi ai contribuenti non è chiesto alcuna altra precisazione in merito alle eventuali segnalazioni. Basta collegarsi al Portale Lotteria, nella sezione riservata, e procedere alla segnalazione.

Si spera quindi in nuovi e più dettagliati provvedimenti che possano evitare situazioni incresciose che mettono in cattiva luce i negozianti e che potrebbero portare a controlli a tappeto da parte del Fisco.

Iscro: cassa integrazione per i lavoratori autonomi

I lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata INPS hanno ottenuto, grazie alla Legge di Bilancio 2021 una nuova agevolazione: l’ISCRO. Si tratta della cassa integrazione per i lavoratori autonomi per indennità straordinaria di continuità reddituale ed operativa che verrà sperimentata nel triennio 2021-2023. L’indennità è erogata direttamente dall’INPS ai lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata. Per poterne beneficiare occorre soddisfare alcuni precisi requisiti.

ISCRO: beneficiari e requisiti

I vantaggi della ISCRO sono riservati esclusivamente ai lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata INPS. Sono quindi esclusi i soggetti iscritti alla Gestione Commercianti e i professionisti iscritti alle casse previdenziali private (avvocati, medici, giornalisti, ecc…).

Per poterne beneficiare occorre rispondere a determinati requisiti. Infatti l’indennità straordinaria è erogata solo ai lavoratori autonomi che esercitano una professione abituale e sono iscritti alla gestione separata INPS. Quindi per poterne beneficiare occorre che i soggetti:

  • non siano titolari di altri trattamenti pensionistici
  • non siano assicurati anche con altre forme previdenziali obbligatorie
  • Il lavoro autonomo prodotto nell’anno precedente deve essere inferiore del 50% rispetto alla media dei medesimi redditi percepiti nei tre anni precedenti a quello sottoposto a valutazione affinché la domanda sia accettata
  • non devono percepire reddito di cittadinanza
  • Il reddito massimo comune non deve essere superiore ad 8145€
  • Devono essere in regola con il versamento dei contributi previdenziali obbligatori
  • Possedere partita IVA attiva da almeno 4 anni, con la stessa attività con la quale è stata fatta la registrazione alla Gestione separata INPS.

Il reddito prodotto deve essere presentato accompagnato da un’autocertificazione e l’Agenzia delle Entrate lo comparerà poi a quanto dichiarato. A questo punto spetta all’INPS calcolare il calo di fatturato e determinare l’importo spettante.

Iscro

Come presentare domanda

La domanda deve essere presentata ad INPS solo in forma telematica. Della ISCRO è possibile beneficiare solo una volta durante il triennio e la richiesta deve essere inviata entro e non oltre il 31 ottobre anno corrente.

Per non perdere il contributo è necessario seguire anche dei corsi professionali di formazione obbligatori, promossi dall’ANPAL e monitorate dallo stesso ente (Agenzia Nazionale per le Politiche attive). Le specifiche per presentare la domanda sono emesse attraverso il Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali entro il sessantesimo giorno dall’entrata in vigore della Legge di Bilancio. Quello che è noto finora è che, una volta acquisita la domanda, INPS comunicherà ad Agenzia delle Entrate i riferimenti anagrafici dell’interessato. Questo passaggio servirà ad AdE per effettuare controlli sul possesso dei requisiti minimi per accedere al bonus.

ISCRO: gli importi

La ISCRO è pari al 25% percepito l’anno precedente. Tale importo spetta dal giorno successivo alla presentazione della domanda. L’indennità vale sei mesi dall’approvazione e non comporta accreditamento di contribuzione figurativa. Gli importi minimi corrisposti sono di 250€, mentre i massimi sono di 800€. Le somme erogate come ISCRO non concorrono alla formazione del credito d’imposta.

I lavoratori autonomi con partita IVA, professionisti senza cassa, iscritti alla gestione separata dell’INPS dal 1° gennaio versano lo 0,26% in più dei contributi previdenziali. È con questo piccolo aumento che è finanziata la ISCRO. Un aumento previsto direttamente in Legge di bilancio 2021 che vuole aiutare tutti i professionisti senza cassa che hanno dovuto sostenere una diminuzione di reddito superiore al 50% a causa degli avvenimenti dell’ultimo anno.

INPS con la circolare n°12 del 5 febbraio 2021 ha reso note le aliquote addizionali per l’anno in corso. Queste saranno così suddivise:

  • Aliquota contributiva per invalidità, vecchiaia e superstiti in misura pari al 25%
  • addizionale 0,72% destinata a finanziare le prestazioni di maternità, assegni nucleo familiare, degenza ospedaliera, malattia e congedo parentale
  • addizionale 0,26% prevista ex novo a finanziamento di ISCRO

In pratica per il 2021 l’aliquota INPS è pari al 25,98%. Mentre per gli anni successivi, 2022 e 2023, il contributo passerà dallo 0,26% e poi passerà allo 0,51% per ciascuna annualità.

Dichiarazione IVA: tutti i soggetti esonerati nel 2021

La dichiarazione IVA è presentata ogni anno da tutti quei contribuenti titolari di partita IVA che esercitano attività d’impresa o di lavoro autonomo. Attraverso la dichiarazione IVA i soggetti comunicano ad Agenzia delle Entrate (AdE) ogni operazione eseguita nel corso dell’anno che ha impatto ai fini IVA. Ci sono però molti soggetti esonerati da questo obbligo.

Dichiarazione IVA: soggetti obbligati

Tra i soggetti titolari di partita IVA obbligati a presentarla ogni anno, ricordiamo le attività:

  • d’impresa
  • artistiche o professionali
  • associazioni sportive dilettantistiche
  • associazioni culturali non riconosciute che non hanno scelto le disposizioni della legge n°398/1991
  • tutti i soggetti che hanno optato per l’applicazione IVA in regime ordinario
  • eredi
  • curatori fallimentari
  • società incorporanti
  • società beneficiarie in caso di scissione

La dichiarazione IVA è obbligatoria in ogni caso, anche quelli in cui, nel 2020, i soggetti precedenti:

  • non abbiano effettuato operazioni in regime IVA
  • non erano tenuti al versamento dell’imposta
  • hanno effettuato operazioni non imponibili
  • hanno eseguito operazioni non soggette
  • non hanno svolto alcuna attività

Dichiarazione IVA

Dichiarazione IVA: i soggetti esonerati nel 2021

Visti i soggetti obbligati alla presentazione della dichiarazione IVA, elenchiamo adesso tutti quelli che possono non presentarla:

  • Soggetti che durante il 2020 hanno eseguito operazioni esenti
  • Contribuenti in regime forfettario e contribuenti minimi
  • Contribuenti rientranti nel regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e i lavoratori in mobilità
  • Produttori agricoli con volume di affari inferiore a 7000€
  • Esercenti di attività di organizzazione di giochi
  • Imprese individuali che hanno dato in affitto l’unica azienda
  • Soggetti passivi d’imposta non residenti
  • Enti non commerciali, società sportive;
  • Soggetti domiciliati o residenti fuori dall’Unione europea
  • Raccoglitori occasionali di prodotti selvatici non legnosi di cui alla classe ATECO 30
  • raccoglitori occasionali di piante officinali spontanee, con volume d’affari dell’anno precedente inferiore a 7000€
  • Giornalai – tabaccai che hanno effettuato solo operazioni non rilevanti ai fini IVA

Soggetti che svolgono attività d’intrattenimento

Le attività d’intrattenimento che sono assoggettate ad imposte sugli intrattenimenti, che scontano l’IVA in modo forfettario sono:

  • Esecuzioni musicali di qualunque genere
  • Attività che impiegano biliardi, elettrogrammofoni, biliardini, apparecchio o congegno a gettone, moneta, o a scheda, da divertimento o trattenimento, anche se automatico o semiautomatico, installati sia nei luoghi pubblici o aperti al pubblico, sia nei circoli o associazioni di qualsiasi specie, gioco del bowling, noleggio di go-kart
  • Sale giochi o attività di scommesse
  • Esercizio del gioco nelle case da gioco

Regime forfettario, contribuenti minimi e dichiarazione IVA

Come detto nel paragrafo precedente, i soggetti in regime forfettario e contribuenti minimi non hanno l’obbligo di presentare dichiarazione IVA. Quindi sono esonerati agli effetti IVA:

  • Obbligo di fatturazione, registrazione e liquidazione d’imposta
  • Versamento imposta periodica ed annuale
  • Presentazione della dichiarazione IVA
  • Obbligo redazione e conservazione registri IVA

Dichiarazione IVA: termini e sanzioni

La dichiarazione IVA deve quindi essere presentata nel periodo compreso tra il 1° febbraio e il 30 aprile. Il riferimento deve essere fatto all’anno d’imposta precedente. Non è invece previsto un termine di consegna agli intermediari che devono trasmettere telematicamente ad AdE.

In caso di presentazione tardiva entro 90 giorni dalla scadenza, la dichiarazione IVA è comunque ritenuta valida, ma sono applicate delle sanzioni. Le sanzioni previste da legge, in questo caso, hanno un valore compreso tra i 250€ e i 2000€. Per evitare la sanzione, il contribuente assieme alla presentazione tardiva può presentare anche il ravvedimento operoso.

In caso invece di omesso versamento, la sanzione applicata è pari al 30% dell’imposta non versata.

Risulta quindi chiaro quanto sia importante capire e sapere quando è obbligatorio presentare dichiarazione IVA, per evitare di incappare in eventuali sanzioni.

Le dichiarazioni IVA presentate oltre 90 giorni dalla scadenza, sono considerate omesse. Nonostante questo però costituiscono ugualmente titolo per la riscossione dell’imposta. Oltre questa scadenza quindi sono previste altre sanzioni, nelle seguenti forme:

  1. Dal 120% al 240% dell’imposta dovuta, con un minimo di euro 250,00, in presenza di debito d’imposta
  2. Da 250,00 euro a 2.000,00 euro, se il soggetto effettua esclusivamente operazioni per le quali non è dovuta l’imposta

ISA: Indici sintetici di Affidabilità e compliance del settore economico

ISA, acronimo di indici sintetici di affidabilità, sono strumenti atti a verificare che, i titolari di partita IVA, professionisti ed aziende, rispettino la compliance del proprio settore economico. In altre parole sono elementi che hanno sostituito i vecchi studi di settore. Anche se si tratta di uno strumento di auto verifica, sbagliando la loro redazione l’attività incorre in precise sanzioni. Gli indici sintetici di affidabilità servono quindi a capire la situazione reddituale del contribuente, attraverso un’ auto dichiarazione. Gli ISA sono state introdotte nel 2018 e sono definite come compliance fiscale. Lo scopo finale di questo strumento è quello di capire se la situazione reddituale e fiscale del soggetto che presenta l’auto dichiarazione, è in linea con gli standard ipotizzati. Sono quindi utili a capire se le direttive del fisco sono state violate oppure no. Gli sono strumenti utilizzabili da chiunque abbia una partita IVA, anche per chi presenta dichiarazione dei redditi online.

ISA: caratteristiche e premi previsti

Il sistema degli ISA nasce per due motivi:

La norma che ne stabilisce le caratteristiche è il Decreto Legislativo n°50/17. Nel DL è indicato il funzionamento degli ISA e i regimi premiali previsti. Gli Indici sintetici di affidabilità funzionano sulla base di calcoli statistici basati su periodi d’imposta. Ogni anno il contribuente è soggetto a valutazione della propria attività e il risultato è espresso con una votazione compresa tra 1 e 10. A seconda del punteggio ottenuto, il contribuente può ottenere varie agevolazioni.

I soggetti che ottengono un punteggio pari ad 8, ottengono:

  1. esonero dal visto di conformità per la compensazione dei crediti d’imposta
  2. riduzione per un anno dei termini di accertamento dei redditi d’impresa e di lavoro autonomo e dell’IVA.

I contribuenti che invece totalizzano un punteggio pari a 8,5, ottengono, oltre ai precedenti vantaggi, anche l’esclusione dagli accertamenti basati sulle presunzioni semplici.

Infine chi ottiene un punteggio compreso tra 9 e 10, ottiene:

  1. esclusione dall’applicazione della disciplina delle società non operative
  2. esclusione dalla determinazione sintetica del reddito complessivo

Gli ISA prevedono specifiche direttive che devono essere scrupolosamente seguite alla lettera. Qualora queste non venissero rispettate, sono previste sanzioni alquanto salate. È facile non ottenere la sufficienza perché basta veramente poco per sbagliare qualcosa della compliance. Ad esempio, le sanzioni sono applicate nel caso in cui:

  • qualche modulo è compilato in modo scorretto
  • sono effettuati pagamenti sbagliati
  • sono omessi del tutto i pagamenti
  • i moduli non sono presentati nella tempistica corretta

Per avere la certezza matematica che ogni documenti sia compilato correttamente e che non vi siano ritardi e/o imprecisioni, meglio rivolgersi ad esperti dottori commercialisti professionisti in materia.

ISA

ISA: soggetti inclusi ed esclusi

Gli ISA sono usati da imprese e liberi professionisti classificati e suddivisi in macro categorie: agricoltura, manifattura, commercio, ecc. Ogni macro categoria è poi suddivisa in tante piccole sottocategorie alle quali è assegnato un numero chiamato “indicatore”.

I soggetti esclusi sono davvero tanti, tra questi si ricordano, ad esempio:

  • contribuenti che hanno avviato la propria attività durante il periodo di imposta
  • soggetti che hanno chiuso la propria attività durante il medesimo periodo
  • chi eccede ai limiti di guadagno della propria categoria previsti dagli indicatori stessi
  • chi non svolge attività in maniera stabile e continuativa
  • i soggetti che rientrano sotto il regime forfettario
  • lavoratori in mobilità
  • i giovani imprenditori che rientrano sotto un regime agevolato
  • gruppo di volontariato
  • enti di promozione sociale (sempre a regime forfettario)
  • cooperative e consorzi che svolgono attività solo verso aziende socie

Nonostante quindi l’elenco dei soggetti esclusi dagli ISA sia molto lungo, che vi rientra e non rispetta le regole previste dagli indicatori, incorre in sanzioni.

ISA: soglia minima

Il voto minimo accettabile è il 6. Sopra questo valore il risultato è considerato positivo. Un risultato pari o inferiore a 6 invece può portare ad un accertamento da parte delle Agenzia delle Entrate. In questo caso il contribuente può accettare il punteggio inferiore al 6 ed esporsi ad eventuali accertamenti da parte dell’Agenzia delle Entrate, oppure adeguarsi al maggior reddito indicato nell’ISA, ottenendo così un punteggio superiore. In questo secondo caso il soggetto deve tassare e versare maggiore IVA su un importo di reddito presunto determinato dall’ISA. Così facendo è possibile evitare eventuali accertamenti.

Sanzioni amministrative

L’articolo 8 comma 1 del DL 471/97 stabilisce le sanzioni applicate in caso di omissione della comunicazione dei dati relativi ai fini della costruzione o dell’applicazione degli indici. Queste risultano pari ad importi compresi tra 250 e 2000 euro.

Lo stesso decreto prevede anche la possibilità per il soggetto di sanare le violazioni di natura fiscale tramite il ravvedimento operoso. Modalità e termini sono indicati nella norma stessa.

Istruzioni certificazione unica: modello, informazioni e aggiornamenti 2021

Il 15 gennaio 2021 Agenzia delle Entrate(AdE) ha emesso un nuovo provvedimento con il quale ha pubblicato il nuovo modello CU definitivo per l’anno in corso. Allegato al modello sono state inserite le relative istruzioni certificazione unica per una corretta compilazione. Molteplici le novità inserite da AdE, sia per quanto riguarda le voci aggiuntive (come ad esempio il nuovo bonus IRPEF 2021, o le voci relative all’emergenza Covid-19), che la nuova scadenza prevista per il 16 marzo per la trasmissione ad Agenzia delle Entrate. Rimane invece invariata la data del 31 ottobre 2021 il termine ultimo per la trasmissione della CU contenente i redditi esenti o non dichiarabili tramite certificazione unica precompilata.

Istruzioni certificazione unica: modello e novità

I sostituti d’imposta usano la CU per dichiarare i redditi di lavoro dipendente e assimilati, redditi di lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi. In CU inoltre sono inseriti anche tutti i redditi derivanti dai contratti di locazione brevi relativi al periodo di imposta 2020.

Il 15 gennaio Agenzia delle Entrate ha emanato il provvedimento “dichiarazioni fiscali 2021 modelli definitivi 730, CU, IVA e 770″. Provvedimento con il quale è stato quindi messo finalmente a disposizione il modello definitivo della CU con le relative istruzioni certificazione unica. Il modello è quindi quello che deve essere obbligatoriamente utilizzato da:

  • tutti i soggetti che durante il 2020 hanno ricevuto denaro o valori soggetti a ritenute alla fonte
  • coloro che hanno corrisposto contributi previdenziali e assistenziali e/o premi assicurativi dovuti all’INAIL
  • tutti i coloro che sono assoggettati alla contribuzione INPS, anche se hanno corrisposto somme e valori per i quali non è prevista l’applicazione delle ritenute alla fonte
  • titolari posizione assicurativa INAIL
  • Amministrazioni che operano come sostituto d’imposta

CU: le novità sulle informazioni contenute nel documento

Il provvedimento  di AdE ha introdotto una serie di novità sui contenuti della CU. Ogni certificazione unica infatti, deve contenere:

  • frontespizio – dove sono riportate le informazioni relative alla tipologia di comunicazione, ai dati del soggetto che inoltra la CU, i dati del rappresentante firmatario della comunicazione stessa, firma e impegno alla comunicazione telematica
  • quadro CT – in questa sezione sono da riportare tutte le informazioni relative alla comunicazione telematica dei dati relativi ai modelli 730 – 4 resi disponibili dall’Agenzia delle Entrate
  • certificazione unica 2020 – sezione principale del modulo che deve contenere: dati fiscali, dati previdenziali, assistenza fiscale, certificazione lavoro autonomo, provvigioni, redditi diversi e i dati fiscali relativi alle certificazioni dei redditi relativi alle locazioni brevi.

Istruzioni certificazione unica

Certificazione Unica 2021: scadenze

Altra grande novità introdotta da Agenzia delle Entrate con il medesimo provvedimento del 15 gennaio, è quella relativa al calendario scadenze. Infatti il Decreto Fiscale 2020 e il Decreto Legislativo numero 9 del 2020 hanno stabilito un nuovo scadenzaria per far fronte anche all’attuale situazione pandemica dovuta alla diffusione del Covid-19. Entra quindi in ballo la scadenza unica datata 16 marzo (Consegna della Certificazione Unica ai lavoratori e Consegna dei dati CU all’Agenzia delle Entrate). Invariata invece la data del 31 ottobre 2021 pre presentare la CU relativa ai redditi esenti o non dichiarabili con CU precompilata.

La trasmissione della CU deve avvenire in forma telematica. Questa può essere fatta direttamente dal soggetto obbligato alla comunicazione, oppure tramite un intermediario abilitato.

Inoltre Agenzia delle Entrate specifica:

“Il flusso si considera presentato nel giorno in cui è conclusa la ricezione dei dati da parte dell’Agenzia delle Entrate. La prova della presentazione del flusso è data dalla comunicazione attestante l’avvenuto ricevimento dei dati, rilasciata per via telematica”.

Istruzioni certificazione unica 2021: modelli e novità fiscali

Quest’anno sono stati messi a disposizione due diversi modelli CU definitivi:

Assieme a questi sul sito di AdE sono presenti anche il Modello CU 2021 – Istruzioni dell’Agenzia delle Entrate  e la Certificazione Unica 2021 – Specifiche tecniche.

Molte le novità fiscali previste vista l’attuale situazione:

  • trattamento integrativo
  • detrazione redditi di lavoro dipendente e assimilati
  • clausola di salvaguardia per l’attribuzione del sostituto del bonus IRPEF
  • clausola di salvaguardia per l’attribuzione del trattamento integrativo in presenza di ammortizzatori sociali
  • attribuzione premio ai lavoratori dipendenti nel mese di marzo

Principio di cassa: cos’è e come si gestisce in dichiarazione dei redditi

Nella determinazione del reddito, il principio di cassa assume un ruolo molto importante. È fondamentale nella dichiarazione dei redditi dei professionisti. Questi infatti in fase di dichiarazione annuale sono tenuti a verificare che i compensi dovuti per le prestazioni eseguite nel corso dell’anno, siano effettivamente incassati. Quindi il reddito dei professionisti è dato dalla differenza tra i compensi percepiti e le spese sostenute.

Mentre le imprese applicano il principio di competenza economica, i professionisti si attengono a quello di cassa. Secondo quanto previsto da questo fondamento, al calcolo del reddito concorrono solo i compensi effettivamente incassati nell’arco dell’anno. Allo stesso modo, solo le spese effettivamente sostenute nel corso del periodo d’imposta, possono essere considerate e ritenute valide per la deduzione. In quest’ultimo caso comunque esistono diverse eccezioni, come ad esempio i canoni di leasing, oppure la quota del TFR. 

I problemi, se così si possono definire, possono sorgere quando i pagamenti delle prestazioni avvengono a fine, o a cavallo dell’anno, oppure quando i saldi sono eseguiti non in contanti, ma con altre modalità di pagamento.

Principio di cassa e pagamenti in contanti

Si tratta del caso più semplice relazionato al principio di cassa. Nonostante il pagamento in contanti oggi sia sempre meno incentivato dalle autorità, dal mercato e dagli strumenti a disposizione dei professionisti (come la fattura elettronica e lo scontrino elettronico), rimane comunque una tipologia di pagamento accettata. In questo caso i pagamenti in contanti si considerano eseguiti completamente nel momento in cui il denaro entra nelle disponibilità del professionista. Il momento del pagamento, quindi, coincide con quello dell’incasso.

Principio di cassa e pagamento con bonifico (bancario o postale)

Il secondo caso prevede il pagamento eseguito sotto forma di bonifico bancario/postale. In questo caso l’importo pagato al professionista concorre alla determinazione del reddito da lavoro autonomo quando riceve l’accredito sul proprio conto corrente.

Questo momento è individuato dalla così detta “data disponibile”. Quest’ultima indica la data dalla quale in poi il denaro è disponibile per essere utilizzato da parte del professionista. Vale solo e soltanto questa specifica data, mentre la data di valuta, la data di emissione ordine bonifico, oppure quella in cui la banca avvisa il cliente dell’accredito, non hanno alcuna rilevanza.

Qualche volta questa modalità di pagamento può dare vita a delle difficoltà. Questo avviene soprattutto quando il pagamento è eseguito a cavallo dell’anno fiscale. In altre parole il momento dell’incasso non coincide con quello utile per rilevare il periodo/mese in cui il soggetto che ha pagato, deve effettuare il versamento della ritenuta. Si tratta comunque di una problematica facilmente risolvibile. Infatti, in caso di verifiche e/o contestazioni da parte dell’amministrazione finanziaria, è necessario portare come prova gli estratti conti bancari dai quali è possibile attestare la data di effettivo incasso.

Principio di cassa

Principio di cassa e pagamenti con carte di credito

Altro caso sempre più frequente. I compensi per le prestazioni/servizi al professionista sono saldati mediante carta di credito. In questo funziona un po’ come per i pagamenti con bonifico bancario. Per la determinazione del reddito da lavoro autonomo fa fede la data dalla quale l’importo ricevuto si rende disponibile sul proprio conto corrente. In materia Agenzia delle Entrate non ha mai rilasciato nulla di preciso e ufficiale, ma nella pratica il principio di cassa ha seguito le stesse indicazioni in essere per i pagamenti avvenuti tramite bonifico bancario.

Assegni bancari e circolari

Per questa modalità di pagamento l’Agenzia delle Entrate (AdE) ha stabilito, mediante la circolare n° 38/E/2010, che ai fini del calcolo del reddito da lavoro autonomo, il pagamento è ritenuto concorsuale al momento in cui la somma di denaro si rende disponibile al professionista, cioè quando l’assegno è consegnato in mano al lavoratore. Quindi, un assegno che rappresenta un titolo di credito che si sostanzia al mento dell’ordine scritto, secondo il principio di cassa, si considera ai fini del calcolo del reddito da lavoro autonomo nel momento in cui il titolo di credito è consegnato al ricevente. Non conta invece, in questo caso, che la data di versamento e incasso dell’assegno sia successiva a quella di ricezione.

Pagamento con Carte di debito

Sempre più diffuse, le carte di debito rappresentano una delle molteplici modalità attraverso le quali i professionisti ricevono i propri compensi. Al pari dei pagamenti con bonifici bancari/postali, in base al principio di cassa per la determinazione del reddito da lavoro autonomo, la cifra si considera solo al momento in cui il denaro è reso disponibile sul conto corrente del ricevente.

 

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