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Accompagnatore Turistico: requisiti, regole e regime

Un accompagnatore turistico non è esattamente una guida turistica. La sua attività consiste nell’accompagnare i turisti, singoli o in gruppo, nei vari viaggi svolti sul territorio italiano. Si occupa dell’organizzazione del viaggio (tappe, tour e spostamenti) e fornisce informazioni generiche sui luoghi visitati. Per svolgere questa attività in modo autonomo è necessario aprire partita IVA, scegliere il regime fiscale più consono e versare i contributi previdenziali che permettono di accedere alla pensione.

Accompagnatore Turistico: chi è e cosa fa

L’accompagnatore turistico guida gruppi di persone straniere in Italia, oppure italiani all’estero. Organizza il viaggio e segue persone e comitive per accertarsi che tutto vada per il meglio e che il programma stabilito si svolga regolarmente. Non illustra le bellezze locali descrivendone la storia e la produzione, a differenza della guida turistica.

Per svolgere questa attività sono necessarie conoscenze e requisiti specifici stabiliti dalla normativa regionale vigente. Per diventare accompagnatore turistico è necessario:

  • aver compiuto almeno 18 anni di età
  • aver conseguito il diploma di scuola media superiore
  • possedere una fedina penale pulita
  • conoscere l’inglese a livello avanzato (C1)

Ci sono poi dei requisiti ulteriori che differiscono da regione a regione. Per operare come accompagnatore, oltre al diploma di scuola superiore è necessario aver sostenuto e superato un esame specifico di abilitazione per il conseguimento del patentino.

L’accompagnatore turistico e la partita IVA

La professione è tutelata da un sindacato specifico e per svolgerla è necessaria l’iscrizione al relativo albo. Il lavoro può essere svolto sia come dipendente, che come libero professionista, aprendo partita IVA. I soggetti che invece svolgono l’attività in modo saltuario possono ricorrere alla prestazione occasionale.

Accompagnatore Turistico

Come per lo sviluppatore app, anche l’accompagnatore turistico deve aprire partita IVA compilando il modulo AA 9/11 e presentarlo ad Agenzia delle Entrate. Il codice ATECO per accompagnatori turistici è il 79.90.2. È possibile, inoltre, aderire sia al regime ordinario che a quello forfettario. Ogni volta che un accompagnatore presta un servizio, è tenuto per legge, a emettere fattura elettronica.

Come diventare accompagnatore turistico: la scelta del regime fiscale

L’accompagnatore può decidere se aderire al regime ordinario, piuttosto che a quello forfettario. Sicuramente il più vantaggioso è il secondo. Per aderirvi è necessario rispettare alcuni requisiti, come ad esempio quello che relativo al fatturato annuo che non deve essere superiore ai 65.000€.

Il forfettario prevede un’aliquota unica pari al 15% che si abbassa al 5% nei primi 5 anni di attività. Da luglio del 2022 è diventato obbligatorio anche per i forfettari emettere fatturazione elettronica.

Scelto il regime serve poi l’iscrizione alla Gestione separata INPS. La gestione separata non prevede il versamento di una quota fissa annuale, ma solamente di una percentuale pari al 25,98% dei redditi percepiti. Infine, il regime forfettario esonera dall’obbligo delle scritture contabili e non prevede l’applicazione d’IVA e ritenute d’acconto.

Abilitazione accompagnatore turistico

L’ultimo passo da compiere per iniziare questa attività, è quello di presentare al proprio Comune di residenza una SCIA (segnalazione certificata di inizio attività). Il documento è necessario per dimostrare al proprio comune di essere in possesso di tutti i requisiti richiesti per svolgere attività di accompagnatore turistico.

Il documento deve essere presentato almeno un giorno prima dell’inizio dell’attività e può essere inviato sia per PEC, oppure telematicamente online. Il modulo deve riportare anche la firma digitale del soggetto che inoltra certificazione. È possibile trovare ulteriori informazioni consultando un dottore commercialista, oppure rivolgendosi all’ufficio SUAP del Comune dove deve essere avviata l’attività.

Come aprire un blog e fatturare correttamente

Oggi sono in molti a chiedersi come aprire un blog. Sembra un’operazione facile e banale, ma in realtà la gestione degli aspetti finanziaria può riservare qualche sorpresa ai meno esperti in materia. Prima di aprire una partita IVA ad hoc e iniziare a monetizzare, è importante conoscere ogni aspetto di quest’attività, dagli adempimenti fiscali, amministrativi e contributivi, fino alla gestione dei guadagni online. Indipendentemente dalla natura del blog (turistico, artistico, tecnico, ecc…)le regole da seguire rimangono sempre le stesse, sia per le affiliazioni che per i guadagni derivanti da banner pubblicitari.

Come aprire un blog e guadagnare

Per capire come aprire un blog e iniziare a guadagnare bisogna, prima di tutto, distinguere tra guadagni diretti e indiretti. Tra i guadagni indiretti derivanti da un blog troviamo:

  • Banner pubblicitari – si tratta di guadagni derivanti da accordi con società di raccolta pubblicitaria. Per ciascun click, o per ogni visualizzazione, di un banner pubblicitario presente sul blog, il blogger riceve una percentuale. Il più famoso tra tutti è sicuramente Google Adsense.
  • Affiliazioni commerciali – in questo caso i guadagni derivano dall’ospitare sul proprio blog dei banner pubblicitari di aziende terze che vogliono offrire dei servizi/prodotti agli utenti. Per ogni vendita effettuata tramite il link presente sul blog, il blogger riceve una percentuale.
  • Post sponsorizzati – i guadagni provengono da accordi tra blogger di successo (influencer) e società terze che intendono sfruttare la loro popolarità per la vendita di prodotti e servizi.

Tra i guadagni diretti ci sono:

  • Servizi offerti direttamente dal blogger – è il blogger stesso a mettere a disposizione dei suoi utenti le sue capacità e il proprio tempo. È una forma nota come inbound marketing. Una tecnica che sfrutta la capacità empatica di una persona di convincere i proprio followers a comprare servizi e prodotti pubblicizzati sulla propria piattaforma online.

Come fare ad aprire un blog: partita iva o prestazione occasionale?

È necessari aprire una partita IVA solo quando è soddisfatta la condizione di abitualità della prestazione. Questo significa svolgere un’attività in modo continuativo nel tempo. Quando invece l’attività da blogger è occasionale o sporadico, è possibile ricorrere alle prestazioni di lavoro autonomo occasionale. Invece non esiste una soglia massima di guadagni superata la quale è obbligatorio aprire partita IVA.

Come aprire un blog

Aprire un blog: gli adempimenti fiscali

La gestione fiscale di un blog richiede:

  1. Apertura di una partita IVA – come visto, è necessario aprirla solo se l’attività risponde alla caratteristica di abitualità. Aprirla non costa niente. Basta compilare e presentare un apposito modello all’Agenzia delle Entrate scegliendo il regime fiscale più adatto alle proprie esigenze (come ad esempio il regime forfettario).
  2. Iscrizione alla Camera di Commercio – l’iscrizione è obbligatoria. Le campagne pubblicitarie sono considerate un’attività commerciale che richiede l’iscrizione nel Registro delle Imprese. Ogni anno devono quindi essere versati i diritti camerali.
  3. Iscrizione alla Gestione Commercianti dell’INPS – è obbligatorio l’iscrizione all’INPS alla Gestione Commercianti e al relativo versamento annuale dei contributi fissi (circa 4800 € fino a 15.000€ di fatturato annuo).

Come guadagnare da un blog: la partita iva

I guadagni derivanti dall’apertura di un blog, sono, per lo più, di modesta entità. Per questo motivo molti sono scoraggiati nell’aprire una partita IVA ad hoc. In realtà il legislatore fiscale ha ideato un regime fiscale perfetto per questo genere di situazioni: il regime forfettario.

Come abbiamo già visto in altri articoli, il forfettario è un regime agevolato che prevede una cospicua serie di vantaggi:

  • Applicazione del regime di cassa per la determinazione del reddito
  • Determinazione dei costi dell’attività con metodo a forfait
  • Esclusione dall’ambito di applicazione di:
    • Imposta sul valore aggiunto (IVA);
    • Indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA);
    • Ritenute di acconto.
  • Applicazione obbligatoria fatturazione elettronica (sopra i 25.000 euro di compensi dell’anno precedente) per avere la possibilità di ridurre di un’annualità i tempi di accertamento.

Sicuramente si tratta di un regime molto agevolato per chi avesse intenzione d’iniziare una nuova attività di blogger.

Guadagnare con youtube: è possibile?

Guadagnare con YouTube è possibile, anche se non è molto facile. È necessario, innanzitutto, aderire al programma partner di YouTube. I guadagni su questa piattaforma funzionano tramite l’affiliazione pubblicitaria di Google Adsense. Si tratta di un sistema che consente d’inserire video pubblicitari prima, durante o dopo la visualizzazione dei video principali.

Come guadagnare con Youtube

Youtube prevede una serie di funzioni, attraverso le quali è possibile guadagnare:

  • Pubblicità – annunci display, overlay e video.
  • Abbonamenti al canale – chi si abbona paga mensilmente un canone per ottenere vantaggi e privilegi dal canale sottoscritto.
  • YouTube Premium – gli utenti abbonati Youtube Premium che guardano un dato contenuto, pagano una parte del loro abbonamento al proprietario del canale.
  • Superchat e Super Sticker – gli utenti pagano affinché i propri messaggi siano messi in evidenza negli stream della chat.
  • Sezione di Merchandising – gli utenti possono acquistare articoli di merchandising ufficiali collegati a brand e presenti nelle pagine di visualizzazione.

Chi desidera diventare imprenditore può quindi farlo anche attraverso questa grande piattaforma web 2.0. Le modalità, per essere utilizzate, richiedono alcuni requisiti minimi, nonché un numero minimo d’iscritti. I revisori di YouTube controllano attentamente ogni contenuto prima di rilasciare l’abilitazione di una o più funzioni.

Guadagna con YouTube soddisfacendo i requisiti minimi d’idoneità

Come abbiamo visto per guadagnare con YouTube non è sufficiente fare qualche video. Ci sono dei requisiti minimi da soddisfare che possono anche variare in base alle leggi locali:

  1. Pubblicità – età minima 18 anni, o possedere un tutore legale che possa gestire legalmente i guadagni con AdSense.
  2. Abbonamenti al canale – età minima 18 anni e avere almeno 1000 iscritti al canale.
  3. Sezione di Merchandising – età minima 18 anni e avere almeno 10000 iscritti al canale.
  4. Superchat e Super Sticker – età minima 18 anni e risiedere in un paese in cui è disponibile la funzione Superchat.
  5. YouTube Premium – creare contenuti che possano essere guardati da abbonati a YouTube Premium.

Guadagnare con youtube

Come guadagnare con Youtube e fatturare correttamente

Essendo YouTube una società straniera gli eventuali proventi ricavati dalla piattaforma devono assoggettare a determinate regole di fatturazione. Prima di tutto le entrate derivanti da YouTube, indipendentemente dalla funzione utilizzata, non possono mai essere classificate come prestazione occasionale. Questo è dovuto al fatto che i video pubblicitari realizzati rimangono su internet per lungo tempo.

È quindi necessario aprire una partita IVA, iscriversi alla Camera di Commercio e pagare il relativo diritto camerale e iscriversi alla Gestione separata INPS. I guadagni YouTube devono quindi essere correttamente fatturati. Ogni fattura deve riportare:

  • Numero univoco
  • Data di emissione
  • Tutti i dati completi della propria Partita IVA
  • I dati completi di Google Irlanda (Google Ireland, Gordon House, Barrow Street, Dublin 4, Ireland, Registration Number 368047, Partita IVA IE6388047V)
  • Periodo di riferimento
  • Importi corretti
  • Applicazione del reverse charge in base all’art. 7-ter del DPR 633/72
  • Totale da pagare.

Poiché si tratta, per dirla in italiano, di operazione non soggetta all’inversione contabile (in conformità all’articolo 196 della Direttiva 2006/112/CE del Consiglio dell’Unione Europea e della Direttiva 2008/8/CE), non devi applicare IVA o ritenuta d’acconto.

Nel programma di fatturazione elettronica dovrai indicare come codice destinatario XXXXXXX (sette volte X ), questo vale per tutte le fatture emesse nei confronti di un cliente estero, anche per i forfettari, obbligati dal 1° luglio 2022 ad emettere fattura elettronica.

YouTube Shorts

Lo YouTube Shorts è un fondo da 100 milioni creato direttamente dalla piattaforma e rappresenta un premio dedicato ai creator più bravi e originali della community. Ogni mese YouTube contatta migliaia di creator per informarli che posseggono le caratteristiche minime per richiedere il premio. Tra i requisiti minimi richiesti, ricordiamo:

  • Aver caricato un video idoneo negli ultimi 180 giorni.
  • Possedere un canale che rispetti tutte le Norme della community di YouTube, le regole sul copyright e le regole sulla monetizzazione.
  • I creator devono avere almeno 13 anni negli USA oppure essere maggiorenni negli altri paesi
  • Per i creator tra i 13 e i 18 anni i genitori devono accettare i termini e configurare un account AdSense per i pagamenti

È infine necessario che i contenuti siano sempre originali. Quindi non è valido caricare i contenuti di altri creator. Non sono accettati nemmeno contenuti video con filigrane o loghi di piattaforme di social media terze.

Metodi di pagamento: quali e quanti ne esistono nel 2022

Al mondo esistono tantissimi metodi di pagamento. Nonostante questo, però, L’Italia è il “paese dei contanti”. Pagare con la moneta è, infatti, ancora il metodo più diffuso e preferito nella penisola. Per fortuna però non è l’unico. Dalle carte di credito agli assegni circolari, dalla cambiale agli F24, le possibilità sono molte.

Metodi di pagamento: contanti e pagamenti cash

Per combattere l’evasione fiscale i pagamenti in contanti sono sconsigliati, ma, nonostante tutto, sono ancora i preferiti dagli italiani. Il popolo del Bel Paese preferisce pagare cash. Il pagamento in contanti, per essere ritenuto valido, deve essere eseguito con moneta in corso di validità  secondo valore nominale. Si tratta del concetto secondo il quale il pagamento deve essere effettuato con la quantità di moneta prevista al momento in cui l’obbligazione è sorta. Non è sempre possibile pagare in contanti. Esiste una legge che pone un tetto massimo di 3000 € sulle transazioni.

Pagamento con carta di credito

Il pagamento con carta di credito è sicuramente uno dei più utilizzati. Le carte di credito sono rilasciate dagli Istituti Bancari e prevedono un massimale (somma massima) utilizzabile giornalmente e mensilmente. Le carte di credito si possono ottenere solo se già titolari di un conto corrente aziendale o privato. I massimali possono essere alzati su richiesta del cliente e previa autorizzazione bancaria. Le carte di credito sono usate sia  per acquisti fisici in negozio e che online.

Come funziona la carta di debito

Cugina della carta di credito, quella di debito è conosciuta come carta prepagata. Sulle carte di debito le somme di denaro sono versate anticipatamente dai titolari. Per averne una non è necessario avere un conto corrente. Gli esempi più comuni di carte di debito sono la PostePay e PayPal. Le carte possono essere ricaricate, secondo necessità e le somme utilizzate in un secondo momento. Gli importi ricaricabili variano da carta a carta.

Pagamento con bancomat

Il bancomat si ottiene solo se titolari di un conto corrente. Al momento del pagamento, la somma dovuta è immediatamente addebitata sul proprio conto (a differenza delle carte di credito). Anche il bancomat prevede un massimale giornaliero e mensile, modulabile secondo richiesta e accettazione. Oggi il bancomat è uno dei metodi di pagamento che ogni esercente dovrebbe accettare da quando è entrato in vigore l’obbligo POS per le transazioni commerciali.

Il bonifico bancario

Abbiamo già spiegato come fare un bonifico bancario quindi ci limitiamo a dire che, attraverso questa forma di pagamento, l’ordinante ordina alla propria banca il trasferimento di denaro sul conto corrente del beneficiario.

Compilare un assegno

Esistono tre diverse tipologie di assegni:

  1. circolare
  2. bancario
  3. postale

Assegno circolare

È emesso dalla banca che ne garantisce la copertura. È infatti emesso solo dopo ricezione e verifica della somma richiesta dall’ordinante. Per importi pari o superiori a 1000 € deve riportare la dicitura “non trasferibile”. Affinché sia ritenuto valido deve riportare i seguenti dati:

  • denominazione di assegno circolare
  • garanzia da parte dell’ente emittente del pagamento della somma dovuta
  • nome del beneficiario
  • data e luogo di emissione
  • firma dell’ente emittente

Metodi di pagamento

Assegno bancario

Con l’assegno bancario un soggetto (traente) ordina alla propria banca di pagare uno specifico beneficiario (prenditore). È pagabile a vista. Se inferiore a 1000 € può anche riportare la dicitura al portatore o trasferibile.

Assegno postale

Le Poste italiane sono intermediari finanziari al pari (o quasi) delle banche. Possono quindi rilasciare assegni aventi le stesse caratteristiche di quelli bancari.

Pagamento con cambiali

Si tratta di un metodo di pagamento forse un po’ obsoleto, ma ancora in corso di validità La cambiale altro non è che la promessa di pagamento in una certa data e in dato luogo. È una forma di pagamento differito con efficacia probatoria. In caso di mancato pagamento alla data stabilita, il creditore può agire in via esecutiva sul patrimonio del debitore.

Modello F24

Il modulo F24 è usato per il pagamento della maggior parte delle imposte, tasse e contributi. Ne esistono diverse tipologie: base, accise ed elide.

Ricevuta bancaria

È conosciuta come Ri.BA. e serve a conferire alla propria banca un mandato per l’incasso. È un comodo metodo di pagamento che consente al creditore d’incassare ingenti somme di denaro anche in modo ripetitivo.

Paesi Sepa: quali e quanti sono

I paesi SEPA sono gli Stati che rientrano nell’area del Single Euro Payments Area (acronimo proprio di SEPA). Si tratta di una zona geolocalizzata di cui fanno parte tutti i cittadini degli Stati Membri dell’Unione Europea che effettuano operazioni di pagamento in euro verso gli altri conti correnti. La zona è caratterizzata da un’armonizzazione di piattaforme, strumenti, infrastrutture e costi che rende possibile eseguire scambi con la medesima moneta. I pagamenti effettuabili sono quelli elettronici che prendono in considerazione strumenti quali: bonifici, addebiti diretti e carte di pagamento.

SEPA: a cosa serve

Il circuito SEPA è stato creato con un preciso scopo di semplificazione di tutte le procedure bancarie. Un incentivo per stimolare gli scambi commerciali europei, aumentare la concorrenza tra i prestatori di servizi di pagamento e, di conseguenza, per far diminuire le tariffe. Si tratta di un sistema basato sulla semplicità, sull’efficienza e sulla sicurezza per un mercato europeo più libero e conveniente.

Con il circuito SEPA infatti è possibile effettuare domiciliazioni di pagamenti su conti stranieri, gestire i pagamenti degli stipendi dei propri dipendenti in tutta Europa accentrando la tesoreria in un determinato Paese, aprire un conto corrente in un paese e gestirlo da un altro, ecc…

Paesi Sepa: quali e quanti sono

I paesi SEPA, quelli cioè che rientrano nell’area SEPA, sono ben 36. Di questi 20 sono i paesi Sepa che rientrano nell’area Euro:

  • Austria, Belgio, Cipro, Croazia, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Slovacchia, Slovenia e Spagna.

Altri sette, invece, accettano l’Euro per effettuare e ricevere pagamenti, ma non adottano la moneta unica all’interno del proprio Stato:

  • Bulgaria, Danimarca, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Svezia e Ungheria.

Infine, gli ultimi nove non sono proprio Stati Membri dell’Unione Europea:

  • Città del Vaticano, Andorra, Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Principato di Monaco, Regno Unito, Svizzera e San Marino.

Accettare il sistema SEPA significa accogliere e adottare precisi schemi di pagamento in uso sul mercato nazionale (BON e RID per l’Italia) a quelli standardizzati a livello Europeo:

  1. SCT (SEPA Credit Transfer)
  2. SDD (SEPA Direct Debit).

SEPA Credit Transfer: cos’è e come funziona

Nei paesi SEPA l’SCT (SEPA Credit Transfer) è uno strumento ideato per sostituire  il bonifico nazionale. Un servizio che esiste ormai dal lontano 28 gennaio 2008. Il bonifico SEPA è uno strumento base per eseguire pagamenti da conto a conto. Non rientra in questo schema, invece, il bonifico per cassa. LA transizione dagli schemi nazionali al modello standardizzato è stata progressiva ed è durata fino al primo febbraio del 2014. Da quel momento in poi, il bonifico SEPA è diventato uno schema adottato da tutti i paesi SEPA della Comunità. Il suo utilizzo è normale e diffuso tanto che ormai tutti sanno come fare un bonifico SEPA.

Paesi Sepa

L’SCT prevede ad oggi un tempo massimo di esecuzione di un 1 giorno lavorativo successivo alla data di ricezione dell’ordine grazie alla contrazione del tempo di esecuzione della banca dell’ordinante. All’inizio, per eseguire un bonifico SEPA erano necessario i seguenti codici:

Oggi invece, la procedura è stata migliorata ulteriormente ed è sufficiente l’IBAN del beneficiario. Oggi quando un membro dei Paesi SEPA effettua un bonifico SEPA non può scegliere la valuta di accredito sul conto corrente del beneficiario.

SEPA Direct Debit

L’SDD è lo strumento usato dal circuito SEPA per l’incasso pre-autorizzato su mandato all’addebito richiesto dal debitore a favore di un suo creditore. In Italia è un sistema che ha sostituito il RID.

Paese SEPA: differenza tra Stati UE e Stai non UE

Tra i paesi SEPA non appartenenti all’Unione Europea troviamo: Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Svizzera, Principato di Monaco e San Marino. La differenza che intercorre tra loro egli Stati appartenenti alla Comunità è la responsabilità soggettiva che hanno di doversi adeguare dal punto di vista tecnico e legale affinché gli strumenti di pagamento SEPA possano essere utilizzati alle stesse condizioni offerte negli Stati Membri dell’UE.

Ricordiamo, infine, che i Paesi extra SEPA sono, invece, tutti i Paesi non sono indicati finora che non fanno parte dell’accordo economico effettuato tra i vari Paesi che si trovano nel continente europeo.

WhatsApp account Business: cos’è, come funziona e perché conviene averlo

WhatsApp account business è uno strumento, al apri di un conto corrente aziendale, che aiuta sempre a migliorare e a far crescere il proprio lavoro e giro d’affari. Una piattaforma che aiuta le aziende a migliorarsi e a rispondere alle esigenze dei propri clienti in tempi brevi, con rapidità ed efficienza. WhatsApp è un’app di messaggistica istantanea nata nel 2009. Una delle più diffuse e utilizzate al mondo presente in oltre 180 paesi e in 60 lingue diverse.

Sono oltre 2 miliardi gli utenti mensili che la utilizzano mensilmente. Un “pacchetto clienti” immenso per tutte quelle piccole-medie imprese e proprietari di e-commerce che vogliono allargare e migliorare il proprio business. Che si tratti di vendere prodotti, servizi, fare lead generation, costruire la propria brand awareness, oppure aumentare le vendite, WhatsApp può essere sfruttata per guadagnare.

WhatsApp account Business: nascita e sviluppo

La possibilità di creare degli account business su WhatsApp è nata nel 2018. Lanciata come variante alla versione standard, la business è una piattaforma pensata per tutti gli imprenditori. Un canale di comunicazione sicuro e collaudato che permette alle attività di crescere velocemente.

Lo strumento aziendale è pensato esclusivamente per le imprese che necessitano e desiderano interagire direttamente con i propri clienti (attuali e futuri). Uno strumento che serve a creare un ponte di contatto con i propri utenti ai quali è così garantita: assistenza, aggiornamenti costanti e immediati, supporto per ogni e in ogni occasione e la possibilità, non trascurabile, di gestione dell’impresa direttamente dal proprio smartphone.

Per creare e utilizzare WhatsApp account Business è necessario possedere uno smartphone Android oppure iOS e un numero di cellulare attivo. Moltissimi imprenditori utilizzano una SIM dedicata all’azienda esclusivamente per lavoro e tengono un altro numero per la vita privata. WhatsApp infatti, consente di collegare un unico numero di cellulare all’account business. Quindi se il numero attuale fosse già collegato a un account WhatsApp, per registrarsi e utilizzare la versione business, ne occorre uno nuovo.

WhatsApp account Business

WhatsApp Business: le caratteristiche

WhatsApp Business è gratis. L’installazione e l’utilizzo non richiede nessun pagamento, né per l’acquisto, né a canone mensile e/o annuale. A differenza del passato, quando i messaggi erano a pagamenti, WhatsApp rivoluziona il modo di comunicare con il resto del mondo e lo slega da vincoli economici.

Inoltre, si tratta di una piattaforma che, a differenza della versione standard, può essere d’aiuto ai propri clienti per reperire maggiori informazioni sull’attività svolta. Durante la creazione del profilo è infatti possibile indicare nella descrizione dello stato: indirizzo, recapiti alternativi, sito internet, e-mail, orari di apertura e chiusura uffici/negozi, ecc…

La piattaforma mette anche a disposizione delle opzioni esclusive che non sono invece presenti con la versione standard:

  1. Risposte rapide – per essere sempre presenti e rispondere prontamente a qualunque richiesta e necessità.
  2. Messaggi di assenza – utili per comunicare alla clientela la propria assenza durante le ore di chiusura di uffici e negozi.
  3. Messaggio di benvenuto – per introdurre informazioni basilari ai nuovi clienti

Infine, l’account business di WhatsApp offre anche un efficiente sistema di statistiche di messaggistica. Si tratta di una funzione che fornisce le metriche  sul numero dei messaggi inviati, consegnati e letti in modo tale da poter, ad esempio, sistemare/variare i contenuti delle risposte rapide, oppure della propria strategia di marketing adottata.

Account WhatsApp Business: tutti i vantaggi

Utilizzare un account business su WhatsApp conta, quindi, molteplici vantaggi:

  • Relazioni amichevoli – WhatsApp aiuta gli imprenditori a stabilire delle forti e durevoli connessioni amichevoli con i propri clienti. Avvicina e lega le persone creando una community di fedeli utenti che aumenta la percezione di affidabilità dell’azienda.
  • Servizio clienti – il canale di messaggistica istantanea può essere sfruttato anche per far conoscere ai clienti, quasi in tempo reale, lo stato di spedizione della merce acquistata, per ricevere richieste di rimborso, per verificare le disponibilità dei prodotti, per effettuare prenotazioni e chiedere informazioni sui vari punti vendita.
  • Aggiornamenti e notizie – WhatsApp account Business è il mezzo perfetto per mantenere i clienti aggiornati su tutte le novità aziendali. Comunicazione di natura promozionale possono essere veicolate alla clientela con facilità e immediatezza.
  • Promozione prodotti e iniziative aziendali – tramite WhatsApp è possibile promuovere il proprio catalogo prodotti e informare la clientela su eventuali nuovi servizi e beni.

In conclusione, Avere un account business su WhatsApp permette di raccogliere feedback dagli utenti, di seguire l’andamento degli affari in tempo reale e promuovere la propria attività, rispondendo, al tempo stesso, a richieste ed esigenze dei clienti.

Come richiedere la NASPI

La NASPI è il sussidio di disoccupazione. La Legge di Bilancio 2022 ha modificato alcune regole molto importanti su come richiedere la NASPI, anche se le regole generali sono rimaste sempre le stesse. Oggi, infatti, i soggetti che possono farne richiesto sono molti di più (come, ad esempio, gli operai agricoli a tempo indeterminato dipendenti dalle cooperative agricole e loro consorzi, precedentemente esclusi). Inoltre, i vincoli relativi ai 30 giorni di lavoro effettivo nei 12 mesi precedenti e, in parallelo, sul calcolo dell’importo cambia il décalage del 3 per cento mensile, che si applicherà dal sesto o dall’ottavo mese di fruizione, in base all’età del beneficiario, sono decaduti. Cerchiamo, quindi, di capire meglio come richiedere la NASPI, quali documenti occorrono e dove e quando devono essere consegnati.

Come richiedere la NASPI: il modulo INPS

INPS ha predisposto uno specifico modulo NASPI da scaricare, stampare, compilare e rispedire. Il documento può essere inviato.

  • Tramite sito inps.it (è necessario possedere SPID, CIE O CNS)
  • Utilizzando l’app d’INPS (è necessario possedere SPID, CIE O CNS)
  • Attraverso il patronato
  • Grazie al supporto del call center Multicanale INPS INAIL

L’Istituto Nazionale Previdenza Sociale ha messo a disposizione sul proprio sito, una guida completa e dettagliata per compilare correttamente il pdf scaricabile.

NASPI: a chi spetta

Su questo punto la Legge di Bilancio 2022 ha introdotto delle novità. Oltre a tutti i soggetti precedentemente autorizzati a fare domanda NASPI, oggi possono inoltrare richiesta anche:

  1. apprendisti
  2. soci lavoratori di cooperative con rapporto di lavoro subordinato con le medesime cooperative
  3. personale artistico con rapporto di lavoro subordinato
  4. dipendenti a tempo determinato delle pubbliche amministrazioni

Requisiti NASPI

Anche i requisiti per l’inoltro della domanda NASPI sono cambiati grazie alla Legge di Bilancio 2022. I nuovi requisiti introdotti quest’anno sono:

  • stato di disoccupazione involontario
  • il requisito contributivo ovvero il lavoratore deve poter far valere, nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione, almeno tredici settimane di contribuzione.

Inoltre, i lavoratori disoccupati dal 1° gennaio 2022 non devono più rispettare il requisito che prevedeva 30 giornate di lavoro effettivo, effettuate meglio ultimi 12 mesi, per poter inoltrare domanda di sussidio.

Come richiedere la NASPI

Nuova NASPI: i soggetti esclusi

Tra le novità su come richiedere la NASPI troviamo anche l’elenco dei soggetti esclusi. Non ne possono beneficiare:

  • dipendenti a tempo indeterminato delle PA
  • operai agricoli a tempo determinato
  • operai agricoli a tempo indeterminato che non siano dipendenti di cooperative e loro consorzi che trasformano, manipolano e commercializzano prodotti agricoli e zootecnici
  • lavoratori extracomunitari con permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per i quali resta confermata la specifica normativa

Come richiedere la NASPI: lo stato di disoccupazione

I soggetti che desiderano sapere come richiedere la NASPI deve, prima di tutto, conoscere il modo in cui inoltrare domanda di disoccupazione. Per chiedere lo stato di disoccupazione è necessario rilasciare la DD, Dichiarazione d’Immediata Disponibilità e soddisfare i seguenti requisiti:

Lavorare, quindi, non significa dover per forza rinunciare allo stato di disoccupazione e, di conseguenza, non aver diritto alla NASPI. A fare la differenza è il reddito percepito. Il reddito varia in base alla soglia ed è previsto:

  • lavoro dipendente – soglia imposta a 8145 euro all’anno
  • lavoro autonomo – soglia imposta a 4800 euro annui

Lo stato di disoccupazione può essere richiesto direttamente presso i Centri per l’impiego presentando:

  • carta d’identità (o altro documento di riconoscimento valido)
  • copia contratto di lavoro
  • Permesso di soggiorno e indirizzo di residenza (per i disoccupati stranieri)

Lo stato di disoccupazione si mantiene presentandosi ogni anno per i Centri per l’impiego e aggiornare lo status attualmente in vigore.

Calcolo NASPI

La NASPI si calcola dividendo il totale delle retribuzioni imponibili ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni, per il numero di settimane contributive. Il risultato deve poi essere moltiplicato per il valore 4,33. Quando e se la retribuzione mensile fosse pari o inferiore a 1250,87 euro, la NASPI è calcolata nella percentuale del 75% della retribuzione stessa.

Quando e se superiore a tale soglia, invece, al 75% è aggiunto un importo pari al 25% del differenziale tra la retribuzione mensile e il precedente importo. INPS aiuta i disoccupati a calcolare correttamente l’importo spettante, grazie a un nuovo sistema di calcolo avanzato messo a disposizione sul proprio sito.

Fatturazione elettronica per Forfettari: obblighi e novità dal 2022

La fatturazione elettronica per forfettari diventa, a breve, un obbligo. La Legge di Bilancio 2022 non prevede ancora l’estensione dell’obbligo della fatturazione elettronica anche ai soggetti che rientrano a far parte del regime forfettario. Non si tratta ancora di una misura entrata in vigore, ma il Governo sta studiando la proposta in modo tale da renderla effettiva forse già dalla metà di quest’anno.

La Commissione dell’Unione Europea ha dato il via libera con la decisione n° 2021/2251 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale Ue del 17 dicembre 2021. Attualmente i contribuenti appartenenti al regime forfettario non addebitano l’IVA in rivalsa, né esercitano il diritto alla detrazione dell’imposta relativa agli acquisti nazionali, intracomunitari e alle importazioni. Inoltre non vi è alcun obbligo di liquidazione e versamento dell’imposta, nonché obblighi contrattuali e dichiarativi. A oggi, i forfettari non hanno l’obbligo di emettere fatturazione elettronica verso i privati, mentre sono tenuti a farlo verso la Pubblica Amministrazione. La situazione, quindi, potrebbe cambiare nel giro di pochi mesi.

Forfettari e fattura elettronica: le disposizioni della Legge di stabilità 2015

La Legge di Stabilità 2015 ha previsto una serie di agevolazioni per i contribuenti appartenenti al regime forfettario. Tra queste ricordiamo che, chi ha un fatturato annuo costituito esclusivamente da fatture elettroniche, può godere di una riduzione di un anno del termine di decadenza dell’accertamento. Inoltre i contribuenti possono decidere di evitare di conservare le fatture cartacee e passare alla conservazione sostitutiva delle fatture elettroniche emesse. Infine, per le fatture elettroniche ricevute, non esiste obbligo di conservazione sostitutiva. Rimane, invece, l’obbligo di conservare la fattura cartacea.

Fatturazione elettronica per Forfettari: l’ampliamento dell’obbligo

Il 31 dicembre 2021 è scaduto il termine entro il quale il Consiglio Europeo aveva concesso all’Italia l’autorizzazione per l’introduzione del regime della fatturazione elettronica anche tra privati.

Il Ministero dell’Economia ha chiesto la proroga fino al 31 dicembre 2024. Assieme a questa richiesta è stata inoltrata anche l’istanza per estendere l’obbligo di fatturazione elettronica ai forfettari. Una manovra che permettere di contrastare in modo ancora più efficace, l’evasione fiscale nel nostro paese. In questo modo, infatti, il Fisco riuscirebbe a conoscere in modo più preciso il fatturato prodotto su territorio nazionale. La fatturazione elettronica riuscirebbe, inoltre, a semplificare le procedure legate all’obbligo tributario dei soggetti forfettari e migliorerebbe l’efficientamento della riscossione fiscale.

Fatturazione elettronica per Forfettari

La domanda è stata inoltrata tenendo conto che, la fatturazione elettronica, non ha gravato sui costi sostenuti dai soggetti titolari di Partita IVA.

Il Governo chiede di ampliare l’obbligo al regime forfettario anche per raggiungere il traguardo M1C1-1033. Si tratta di uno degli obiettivi specifici richiesti dall’Unione Europea nell’ambito della riforma fiscale.

Forfettari fattura elettronica 2022: numeri e stime

La proposta inoltrata dal Governo italiano, permetterebbe di recuperare circa 2 miliardi di euro e sarebbero previste entrate supplementari, indirettamente collegate alla misura adottata, per circa 580 milioni di euro.

Per quanto riguarda invece la lotta all’evasione fiscale, estendere l’obbligo di fatturazione elettronica ai forfettari potrebbe apportare notevoli benefici. Basti pensare che, solo nel 2019, i controlli eseguiti, hanno fatto recuperare al Fisco oltre 900 milioni di euro.

La lotta all’evasione fiscale rimane, quindi, uno dei punti cardine della nuova riforma fiscale. Riforma che è iniziata grazie alla Legge di Bilancio 2022 e alla rimodulazione delle aliquote IRPEF.

Forfettari, fattura elettronica e delibera del consiglio Europeo

Il Consiglio Europeo ha deciso di accogliere la richiesta italiana. La proposta è stata approvata dal Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper) l’8 dicembre 2021 (la decisione del Consiglio è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale UE del 17 dicembre 2021).

Anche se il Consiglio Europeo ha dato il via libera all’estensione dell’obbligo della fatturazione elettronica al regime forfettario, manca ancora una normativa ad hoc per la regolamentazione delle implementazioni richieste. È quindi molto probabile che la fatturazione elettronica per forfettari diventi obbligatoria nel corso del 2022, anche se attualmente non c’è ancora nulla di certo.

IVA prima casa: AdE chiarisce le novità per gli under 36

Nell’articolo precedente: “Esenzione iva per i servizi anti Covid” abbiamo visto come la Legge di Bilancio 2021 avesse introdotto delle importanti novità in materia di esenzione iva per i servizi anti Covid-19. Oggi, vogliamo invece affrontare un altro importante argomento che riguarda l’IVA prima casa e le novità previste dalla nuova Legge di bilancio 2022. Novità che riguardano l’acquisto della prima casa da parte degli under 36. Il decreto sostegni bis ha introdotto delle agevolazioni relative all’imposta sul valore aggiunto nel caso di compravendite d’immobili. La Legge di Bilancio 2022 ha previsto che, per gli atti soggetti a IVA, il credito d’imposta sia dello stesso importo del tributo corrisposto. Agenzia delle Entrate chiarisce l’argomento con la circolare numero 3 del 4 febbraio.

IVA prima casa: contenuto della circolare numero 3 del 4 Febbraio

La circolare numero 3 del 4 febbraio 2022 ha chiarito alcuni importanti argomenti, quale, ad esempio, l’IVA prima casa under 36. Il documento riassume brevemente il contenuto della Legge di Bilancio 2022. È poi prevista un’IVA agevolata e ridotta al 5% sulle forniture gas metano destinato a usi civili e industriali, per i primi tre mesi dell’anno in corso (2022).

Senza contare che la circolare riporta anche chiarimenti sulle novità per quanto riguarda la sospensione dei versamenti delle imposte dovute dagli enti sportivi (come abbiamo visto nell’articolo: “LIPE: istruzioni di compilazione per il 2022”) e l’applicazione dell’IVA al 5% sulla vendita degli assorbenti e, infine, delucidazioni sull’imposta di bollo.

Quello che interessa, con questo articolo, è prendere in esame le agevolazioni acquisto prima casa per i giovani sotto i 36 anni. Anche questa novità è introdotta dal decreto Sostegni Bis.

Bonus prima casa

La Legge di Bilancio 2022 ha prorogato fino al 31 dicembre 2022 il bonus prima casa. In sostanza questo prevede che i giovani sotto i 36 anni di età, con un ISEE non superiore ai 40.000€, possono acquistare la prima casa sfruttando le agevolazioni previste dal decreto.

È il punto 3.2 a trattare l’argomento: “Proroga agevolazioni prima casa under 36 (comma 151)”

IVA prima casa

IVA prima casa: cosa prevede il bonus nello specifico

L’articolo 1 al comma 151 della Legge di Bilancio, prevede la proroga delle agevolazioni sull’acquisto prima casa da parte dei giovani under 36. Per accedere al bonus e usufruire delle agevolazioni, i requisiti da rispettare sono sempre gli stessi:

  1. non avere ancora compiuto i 36 anni di età nell’anno in cui l’atto di compravendita è rogitato
  2. avere un ISEE non superiore ai 40.000€ annui
  3. la compravendita deve riguardare solo l’acquisto della prima casa
  4. l’atto deve quindi rispettare quanto previsto nelle condizioni indicate dalla Nota II-bis all’articolo 1 della Tariffa, parte I, allegata al TUR, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131.

In alternativa all’esenzione è prevista un’agevolazione anche per gli atti soggetti a IVA. Questo vale al momento del rogito per il pagamento dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale.

Per essere più chiari, i soggetti hanno diritto a un credito d’imposta pari all’ammontare del tributo corrisposto in relazione all’acquisto. La circolare numero 3 del 4 febbraio 2022 specifica inoltre:

“Tale credito può essere portato in diminuzione dalle imposte di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni dovute per successivi atti e denunce ovvero dalle imposte sui redditi delle persone fisiche risultanti dalla dichiarazione presentata dopo il perfezionamento dell’acquisto oppure in compensazione tramite F24.”

È prevista anche l’esenzione dell’imposta sostitutiva ex articolo 18 del DPR numero 601 del 1973, per i finanziamenti erogati per l’acquisto, costruzione e ristrutturazione dell’immobile a uso abitativo. Per quanto riguarda i requisiti, si tratta sempre dei medesimi che devono essere rispettati.

Comunicazione Unica: cos’è, a cosa serve e chi deve inviarla

Nel precedente articolo: “Partita iva per e-commerce: tutto quello che c’è da sapere” abbiamo visto i passaggi che un imprenditore digitale deve seguire per aprire partita IVA e vendere online. Tra questi troviamo la comunicazione unica, detta anche comunicazione unica d’impresa. Si tratta di un adempimento che concretizza un’idea, trasformandola da sogno in business. Una procedura telematica che permette, in un unico step, di assolvere diversi adempimenti. Vediamola nel dettaglio.

Comunicazione Unica: cos’è

Specifichiamo subito che oggi non è più possibile, o necessario, recarsi di persona presso i singoli uffici per aprire partita IVA, iscriversi alla Camera di Commercio, alla Gestione INPS Artigiani e Commercianti, oppure all’INAIL. Oggi basta fare la comunicazione unica.

Uno strumento che consente di depositare l’iscrizione di una nuova attività presso il Registro delle Imprese. La legge che l’ha introdotto è la n°40/2007 art.9 ed è diventata obbligatoria a partire dal 01 aprile 2010 nei casi di:

  • Presentazione domanda iscrizione Registro delle Imprese
  • Richiesta di variazione/cessazione per imprese già in essere

La comunicazione Unica d’Impresa è un modello da compilare online che contiene i seguenti dati:

  • Dati del richiedente
  • Oggetto della comunicazione
  • Riepilogo richieste inoltrate ai vari enti

A seconda poi della necessità può contenere anche uno o più dei seguenti modelli:

Ci sono casi in cui, oltre a quanto riportato sopra, è necessario presentare anche la SCIA (Segnalazione Certificata d’Inizio attività) al SUAP (Sportello Unico delle Attività Produttive) del proprio comune.

Comunicazione Unica

Comunicazione unica d’impresa: i soggetti obbligati

Non tutti i lavoratori autonomi sono obbligati a presentare la comunicazione unica. Si tratta infatti di uno step obbligatorio per le ditte individuali che devono essere iscritte al Registro delle Imprese. L’iter burocratico che invece devono seguire i liberi professionisti è molto semplice, veloce e non costa nulla.

Non è sempre facile inquadrare e definire l’ambito di ciascuna attività. In alcuni casi i confini sono sottili e poco delineati, soprattutto per quanto concerne attività innovative. Nonostante tutto proviamo ugualmente a generalizzare per indicare i soggetti obbligati a presentare la dichiarazione unica d’impresa:

  • Imprenditori del settore commerciale – in questa categoria rientrano i titolari di negozi fisici, ma anche gli imprenditori digitali di siti di e-commerce
  • Titolari di agenzie (es. Agenzie di marketing, organizzazione eventi, pubblicità, ecc…)
  • Titolari di esercizi pubblici – facciamo qualche esempio: bar, ristoranti, pub, ecc…
  • Imprenditori artigiani – questa categoria, in particolare, comprende:
  • Parrucchieri, estetiste, tatuatori, onicotecniche, ecc…
  • Fabbri, falegnami, idraulici, elettricisti, giardinieri, ecc…
  • Pasticceri, cuochi, cake-designer, ecc…
  • Sarti, stilisti, tappezzieri, ecc…
  • Imprese di pulizie, addetti alle disinfestazioni e sanificazioni, ecc…

Comunicazione Unica: funzioni e procedura

In passato tutto la documentazione cartacea da presentare per aprire una partita IVA doveva essere consegnata a mano presso:

  • Camere di Commercio Industria Agricoltura e Artigianato (CCIAA)
  • Agenzia delle Entrate
  • INPS
  • INAIL

Oggi, invece, grazie alla comunicazione Unica d’Impresa con un solo documento e in via telematica, si può presentare le seguenti richieste:

  • Iscrizione al Registro delle Imprese
  • Iscrizione al Repertorio Economico – Amministrativo (REA) o all’Albo Artigiani
  • Codice Fiscale e Partita IVA, comprensiva di:
  • Indicazione Codice ATECO
  • Indicazione regime fiscale
  • Iscrizione all’INPS (Gestione Artigiani e Commercianti)
  • Apertura posizione assicurativa presso l’INAIL

L’intero iter burocratico è stata quindi semplificato, i tempi di attesa ridotti e le possibilità di commettere errori, sono notevolmente diminuite. Per adempiere alla comunicazione è necessario aver aderito al servizio Telematico – Consultazione e Invio Pratiche della Comunicazione Unica, essere in possesso della firma digitale e di un indirizzo PEC – Posta elettronica certificata. Quest’ultimo deve essere indicato all’interno della pratica che viene inviata telematicamente. Serve per ricevere comunicazioni da parte degli enti coinvolti e per seguire l’intero iter della pratica stessa. La procedura può essere svolta in completa autonomia dal diretto interessato, oppure può essere seguita da un esperto del settore, come ad esempio un commercialista o studio associato.

Grazie a questa pratica unica, oggi è ancora più semplice e veloce aprire partita IVA e iniziare anche a vendere online. Un accorgimento che ha permesso, in Italia, d’incentivare il commercio online e l’apertura di partita IVA per e-commerce. Di conseguenza anche l’emissione di fatture elettroniche direttamente dal web e dai propri siti realizzati con Woocommerce ha registrato una crescita sorprendente grazie al plugin sviluppato da Gestisco Italia che serve a emettere e-fatture e scontrini elettronici direttamente dal proprio sito.