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Il regime dei minimi: cos’è e come funziona

L’articolo: “Regime forfettario: limiti ricavi e fatture elettroniche” ha spiegato nel dettaglio cos’è e come funziona il regime forfettario. Questo particolare regime fiscale non è l’unico esistente nel sistema fiscale italiano, che preveda delle agevolazioni per i contribuenti. Oggi infatti vogliamo parlarvi di un altro regime in vigore dal 1° gennaio 2008 e introdotto dalla Legge 21/12/2007 n° 244 art. 1 comma 96-117. Il regime dei minimi è stato creato con l’intento di abbattere i costi amministrativi e introdurre un regime semplice e vantaggioso. Vediamo come funziona.

Il regime dei minimi: requisiti soggettivi

Non tutti i soggetti possono accedere al regime agevolato dei minimi. Per farlo devono essere rispettati determinati requisiti soggettivi. Al regime possono acceder imprese individuali e professionisti che:

  • presumono di avere un volume di ricavi entro il limite dei trentamila euro annui;
  • non hanno effettuato cessioni all’esportazione;
  • non hanno dipendenti o collaboratori;
  • non hanno erogato utili ad associati in partecipazione con apporto di solo lavoro;
  • non hanno acquistato nel triennio precedente beni strumentali per un importo superiore a quindicimila euro.

Quindi il regime dei minimi può essere richiesto dalle persone fisiche residenti in Italia che non superano € 30,000/annui. Non devono avere dipendenti o collaboratori, né spese per beni strutturali (cioè necessari alla professione, come ad esempio affitti, computer, ecc…) superiori a € 15,000. Inoltre non devono vendere all’estero e non distribuiscono utili soci.

Il limite di € 30,000 è riferito ai compensi, cioè i ricavi, non il reddito (vale a dire ricavi-spese).

I beni strumentali

Abbiamo detto che uno dei requisiti per accedere al regime dei minimi è quello di non avere spese per beni strutturali superiori a € 15,000/annui. Per beni strumenti si intendono:

  • i beni utilizzati sia per l’attività che ad uso personale si considerano in misura pari alla metà del relativo corrispettivo;
  • i canoni di locazione o noleggio;
  • non rilevano i beni in comodato d’uso.

Chi è escluso dal regime dei minimi

Per esclusione in base al paragrafo precedente, da questo sistema fiscale, sono esclusi:

  • i non residenti;
  • chi operi in attività a regime speciale Iva quali editoria, agricoltura, agenzie di viaggi o simili;
  • coloro che partecipano in società di persone, associazioni tra professionisti, o società a responsabilità limitata in regime di trasparenza fiscale;
  • chi effettua attività di cessione di immobili ovvero mezzi di trasporto nuovi.

I vantaggi del regime dei Minimi

Il regime dei minimi prevede tutta una serie precisa di agevolazioni. Prima fra tutte l’IRPEF secca al 20%, come imposta sostitutiva della normale tassazione ad aliquote progressive.

Oltre a questa è prevista anche un’esenzione dall’IVA, l’imposta sul valore aggiunto, che non deve essere inserita nella fattura elettronica o normale, né versata al fisco.

Ci anche altre semplificazioni burocratiche, come ad esempio l’esonero dall’obbligo delle scritture contabili e degli elenchi clienti e fornitori, nonché della comunicazione annuale IVA. Per il fisco è sufficiente numerare progressivamente le fatture e conservarle. Questo vale anche per le fatture di acquisto per le spese da detrarre.

Sulle fatture elettroniche e normali deve essere riportata la seguente dicitura:

“Operazione ai sensi dell’art. 1, comma 100, della Legge finanziaria 2008”.

Un regime che non conviene a tutti

Visti i vantaggi, passiamo agli svantaggi. Questo regime è conveniente, ma non per tutti. Ad esempio il tetto massimo stanziato ad € 30,000 è abbastanza basso, ed è facile superare la soglia.

Quando e se questo dovesse avvenire può accadere che:

  • se si supera il tetto di meno del 50% (cioè fino a 45.000 euro di compensi) si perde l’agevolazione l’anno successivo;
  • se si supera il tetto di oltre il 50% (cioè oltre 45.000 euro) il regime agevolato cessa nell’anno in corso e il contribuente deve rimanere nel regime ordinario per almeno 3 anni.

Il regime dei minimi

Inoltre, sarà dovuta l’IVA sulle operazioni dell’intero anno di superamento del limite.

Ancora peggio è superare il tetto e non dichiararlo, perché in questo caso scattano pure le sanzioni. Sanzioni piuttosto salate, aumentate del 10% se il maggior reddito accertato supera quello dichiarato di almeno il 10%.

Prima di accettare e inserirsi in questo regime è bene calcolare bene la propria effettiva convenienza. Alle volte la tassazione ordinaria potrebbe essere addirittura più conveniente, perché consente le detrazioni d’imposta, mentre il regime dei minimi no.

A chi conviene di più il regime dei minimi

Questo sistema fiscale conviene soprattutto a chi ha poche detrazioni e pochi costi da sostenere e scaricare. A chi ha anche altri redditi (per esempio come lavoratore dipendente) e tiene separate le tassazioni evitando l’aumento dell’aliquota progressiva. Ed infine conviene a chi ha clienti privati, non interessati a scaricare l’iva, che non si ritrovano sulle fatture elettroniche.

Ultima cosa da considerare: i contributi previdenziali. Questi ammontano a circa il 26,72% e restano a carico del lavoratore, come comunque già succede per tutte le altre partite IVA.

Regime forfettario limiti ricavi e fatture elettroniche

Nell’articolo: “Quanto si paga di tasse in Italia: IRPEF, IRES e IRAP” abbiamo accennato al fatto che chi ha scelto regime forfettario, non è tenuto a pagare l’IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive). Questa effettivamente è una delle tante agevolazioni riconosciute a questo particolare regime fiscale.

Lo sentiamo nominare tante volte e sempre più spesso è scelto come formula lavorativa, per godere di maggiori agevolazioni e minor pressione fiscale. Vediamo allora tutto quello che riguarda il regime forfettario limiti ricavi e fatture elettroniche per cercare di capirne i pro e i contro.

Cos’è il regime forfettario: definizione

Il regime forfettario è un particolare regime fiscale riservato a partite IVA individuali. Permette di fruire di particolari agevolazioni fiscali e contabili.

Introdotto dalla legge 190/2014 – Legge di Stabilità 2014, è stato poi riformato con la successiva Legge 208/2015 (Legge di stabilità d2016). Le ultime modifiche introdotte sono quelle entrate in vigore il 1° Gennaio 2019.

Questo regime è l’unico, attualmente in vigore, che permette di gestire la propria partita IVA individuale con alcune agevolazioni rispetto al regime ordinario. É un regime solitamente adottato dalle piccole imprese e dai professionisti.

Per poter godere delle agevolazioni previste da questo regime è necessario rispettare alcuni requisiti di accesso e permanenza. I requisiti da verificare sono quelli riferiti all’anno di imposta precedente a quello in cui verrà applicato il regime fiscale.

Regime forfettario limiti ricavi e requisiti

Possono fruire del regime forfettario le persone fisiche esercenti un’attività d’impresa, di arte o professione e le Imprese Familiari, sempre se in possesso dei giusti requisiti.

I requisiti per accedere al regime forfettario nel 2020 sono:

  1. Il limite dei ricavi/compensi è tarato a massimo € 65,000 (ragguagliati ad anno)
  2. Le spese per il lavoro accessorio, dipendente o collaboratori devono ammontare al massimo ad € 20,000 lordi
  3. Per i beni strumentali invece non è richiesta nessuna condizione specifica.

Regime forfettario: limiti dei ricavi

Per accedere al Regime Forfettario è necessario non aver superato € 85,000 di ricavi e/o compensi. Indipendentemente dal codice Ateco di riferimento. Se le attività svolte sono più di una, la somma da considerare è quella derivante dal fatturato dei singoli codici Ateco.

Per la verifica del limite dei compensi, occorre fare riferimento anche delle cessioni o prestazioni eventualmente non ancora fatturate. Cessioni e prestazioni per le quali, si sono verificati i presupposti dell’articolo 109, comma 2, del DPR n. 917/86.

Regime forfettario limiti ricavi

Spese per lavoro accessorio, dipendente o collaboratori

Questo è il secondo limite e requisito imposto per accedere al Regime forfettario. Le spese
sostenute per lavoro accessorio, dipendente o collaboratori non devono superare € 20,000.

Le spese si riferiscono a:

  1. Lavoro accessorio
  2. Lavoratori dipendenti e collaboratori di cui all’art. 50 comma 1 lett. c) e c-bis) del TUIR
  3. Gli utili erogati agli associati in partecipazione con apporto costituito da solo lavoro e le somme corrisposte per le prestazioni di lavoro effettuate dall’imprenditore o dai suoi familiari.

Limite beni strumentali

Il regime forfettario 2020 non prevede più alcun limite o vincolo legato al valore dei beni strumentali.

Regime forfettario limiti ricavi e agevolazioni

Abbiamo quindi visto finora i limiti e i ricavi previsti per accedere e mantenere il Regime Forfettario. Ma quali sono i principali vantaggi di questo regime fiscale?

Anzitutto la franchigia IVA. Infatti esiste l’esonero da buona parte degli adempimenti previsti per l’imposta valore aggiunto. La disciplina IVA del regime forfettario prevede solo alcuni adempimenti specifici in base al tipo di operazione eseguita.

Operazioni Nazionali

Nelle operazioni Nazionali, il Regine Forfettario prevede che sulle fatture elettroniche emesse, scontrino elettronico e/o ricevute fiscali, L’IVA non debba essere addebitata a titolo di rivalsa.

Acquisto di beni Extra-UE

Entro la soglia di € 10.000 annui sono considerati non soggetti ad IVA nel Paese di destinazione.

Prestazioni di servizi

Prestazioni di servizi ricevuti da non residenti o rese ai medesimi, rimangono soggette alle ordinarie regole.

Altra agevolazione per gli operatori in regime forfettario è quella di non essere obbligati alla registrazione e conservazione delle scritture contabili. Tuttavia c’è l’obbligo di numerare e conservare le fatture d’acquisto e le bollette doganali, e di certificare i corrispettivi.

I ricavi conseguiti e i compensi percepiti non sono assoggettati a ritenuta d’acconto.

Fattura in regime forfettario

Le fatture in regime forfettario devono riportare la seguente dicitura:

Operazione effettuata ai sensi dell’art. 1, commi da 54 a 89, della Legge n. 190/2014, e articolo 1, commi da 111 a 113, della Legge n. 208/2015, e s.m. – Regime forfetario

Questo serve per informare il cliente che non è prevista l’applicazione dell’IVA.

I soggetti che rientrano nel regime forfettario sono esonerati dall’obbligo di emettere la fattura elettronica. Questo significa che possono emettere normale fattura.

Agevolazioni contributive

Sono previste delle agevolazioni contributive per i soggetti che rientrano nel regime forfettario.
L’agevolazione vale solo per chi è iscritto alla gestione IVS Artigiani e commercianti, i professionisti, di qualsiasi genere, ne sono esclusi.

Questa agevolazione consiste in una riduzione del 35% dei contributi previdenziali dovuti annualmente.

Valuta estera e fatturazione elettronica

In alcuni casi è necessario emettere una fattura elettronica con valuta estera. L’Agenzia delle Entrate (AdE) ha previsto una serie di indicazioni ufficiali da seguire per non cadere in errori banali di forma e sostanza.
La necessità di emettere una fattura elettronica con una valuta diversa dall’euro, può capitare, ad esempio, nei settori delle commodities o in quello del bunkeraggio. La stessa esigenza può manifestarsi anche difronte a soggetti committenti esteri.

Valuta estera e fatturazione elettronica: la normativa di riferimento

Premesso che a oggi non esiste ancora un chiarimento ufficiale, è necessario fare quindi riferimento alle norme in vigore di derivazione UE.
L’amministrazione finanziaria non ha quindi chiarito del tutto come comportarsi quando la base imponibile, imposte (IVA) e totale fattura elettronica devono essere espresse in valuta estera (in valuta quindi diversa dall’euro).

In assenza di specifiche è necessario quindi fare riferimento alla Direttiva n° 2010/45/UE. Questa che contiene le indicazioni sulle modalità di emissione della fattura.

 

Valuta estera

 

In una precedente direttiva (n° 2006/112/CE) veniva stabilito quanto segue:
“gli importi figuranti in fattura possono essere espressi in qualsiasi moneta. Questo purché l’importo dell’IVA da pagare o da regolarizzare sia espresso nella moneta nazionale dello Stato membro”

Di conseguenza questo significa che l’emissione di una fattura elettronica con valuta estera è possibile. Rimane però vincolante che l’importo IVA deve per forza essere espresso nella moneta nazionale (EURO).
In questo caso il tasso di cambio da utilizzare deve essere l’ultimo pubblicato dalla Banca Centrale Europea al momento in cui l’imposta diventa esigibile (cioè al momento dell’emissione della fattura).

Valuta estera e fatturazione elettronica: la normativa italiana

Queste indicazioni però non sono state rispettate alla lettera dalla nostra normativa nazionale. Infatti l’articolo 21 comma 2 lettera 1) del DPR n° 633/72 stabilisce che in fattura sono obbligatori i seguenti dati:

  • aliquota
  • ammontare dell’imposta
  • imponibile con arrotondamento “al centesimo di euro”

Si parla quindi di centesimi di euro. In soccorso a questa precisazione arriva la Circolare n°12/E/2013 dell’Agenzia delle Entrate. Qui è presente un rimando al dettato normativo della Direttiva europea n°2006/112/CE.

É stabilito inoltre che: “vale la regola generale dettata al comma 2, lettera l), che dispone l’indicazione dell’imposta e dell’imponibile con arrotondamento al centesimo di euro”.

Da questo sembra effettivamente che non sia possibile emettere una fattura elettronica con valuta estera. Esiste un’eccezione. Questa è data dall’emissione dell’e-fattura in doppia valuta con l’adozione del tasso di cambio del giorno in cui l’IVA è divenuta esigibile.

Valuta estera: una situazione di incertezza generale

La situazione rimane quindi molto incerta. Da una parte una Direttiva Europea concede la possibilità di emettere fatture elettroniche con valuta estera. Dall’altra la normativa italiana dice il contrario. Nel mezzo ci sono migliaia di aziende che a oggi hanno comunque necessità di emettere e-fatture con valute straniere.

É necessario muoversi con cautela. Una soluzione potrebbe essere quella di indicare in euro gli importi relativi a base imponibile e imposta (IVA). Nel campo “descrizione” del file XML sarà necessario quindi indicare il tasso di cambio e la conversione degli importi nella valuta desiderata.

Esiste una soluzione alternativa. Questa prevede di emettere la fattura elettronica in Euro e allegare a questa un documento fiscalmente irrilevante (una copia di cortesia per il cliente), nella valuta estera che si desidera, con la relativa conversione in euro.

Fatturazione elettronica: i risultati ottenuti ad oggi

L’introduzione della fatturazione elettronica ha permesso allo stato di incassare oltre 2 miliardi in più di gettito IVA da quando è entrata in vigore a oggi. Inoltre si è rivelata essere un metodo efficace contro l’evasione fiscale.

Nonostante il lockdown e la crisi economica derivante dalla pandemia globale, la crescita della fatturazione elettronica non si è fermata. Obbligatoria da oltre un anno, ha visto inizialmente un periodo di assestamento per le grandi e piccole aziende, per marciare adesso a pieno regime.

Fatturazione elettronica: Commissione Finanza della Camera

Dei molteplici benefici derivanti dall’adozione della fatturazione elettronica ne ha ampiamente parlato Ernesto Maria Ruffini, direttore dell’Agenzia delle Entrate (AdE). Benefici e vantaggi che ammontano, a oggi, a 3,5 miliardi di euro. A completare il quadro dei guadagni anche il gettito IVA, aumentato di oltre 2 miliardi di euro. Una stima redatta di recente invece vuole l’aumento delle imposte dirette a circa 580 milioni di euro.

Raggiunti quindi gli obiettivi che la fatturazione elettronica si era prospettata: lotta all’evasione fiscale e un maggior gettito fiscale.

Il discorso del direttore di AdE

Ruffini, nell’audizione alla Camera tenuta il giugno scorso, ha evidenziato:

“… “in una prospettiva di lungo termine, lo scopo è di favorire la nascita di una cultura digitale che pervada non solo il settore produttivo, ma l’intera società italiana. In quest’ottica, la fatturazione elettronica è, a oggi, una realtà ormai collaudata e apprezzata dagli operatori, è un processo che ha dimostrato la sua efficacia soprattutto durante l’attuale situazione emergenziale dovuta alla crisi epidemiologica da Covid-19, in cui la dematerializzazione dei documenti ha assunto un ruolo cruciale”.

Nel discorso ha tenuto a precisare ed elencare tutti i vantaggi derivanti dall’adozione della fatturazione elettronica:

  1. semplificazione fiscale
  2. riduzione del numero degli adempimenti
  3. modernizzazione del settore produttivo italiano
  4. riduzione dei costi amministrativi per le imprese.

Fatturazione elettronica

Inoltre è stato fatto riferimento a tutti gli strumenti che Agenzia delle Entrate ha messo a disposizione degli utenti, tra i quali:

  • procedure web
  • app per tablet e smartphone
  • software stand alone
  • servizi per la conservare le fatture elettronicamente (con valenza sia civilistica che fiscale)
  • servizio per la generazione di un QR Code, un codice da stampare o salvare sul proprio smartphone
  • registrazione dell’indirizzo telematico dove l’operatore intende ricevere dal Sistema di Interscambio (SdI), di default, tutte le sue fatture passive
  • un servizio di consultazione e acquisizione di tutte le fatture emesse e ricevute.

Fatturazione elettronica: un unico obiettivo

Guardando al di fuori dei confini nazionali, il direttore Ruffini ha ricordato lo scopo primario di realizzare un mercato digitale unico. La fatturazione elettronica è uno degli obiettivi comuni di semplificazione che l’Europa si è posta di raggiungere. L’Europa ha voluto introdurre ampi processi di digital transformation, nei processi di aziende pubbliche e private, per raggiungere risultati comuni a tutti i suoi membri.

Il segreto del successo della fatturazione elettronica

Il successo della fatturazione elettronica è dovuto, per la maggiore, alla semplicità di piattaforme nate per l’emissione, l’invio e la conservazione dei documenti fiscali. Piattaforme come FatturaPRO.click, facili e intuitive, che hanno permesso a chiunque, sin da l’inizio della digitalizzazione, di sapere tener testa a tutte le novità introdotte da AdE.

Fatturazione elettronica: tutti i numeri del 2020

Il trend della fattura elettronica è in costante crescita, anche durante questo difficile 2020. Nei primi cinque mesi dell’anno infatti (compreso quindi il periodo del lockdown) sono state inviate oltre 770 milioni di fatture da circa 3,3 milioni di operatori. Numeri da record, vista la situazione precaria e di crisi generale. Numeri che hanno comunque voluto sottolineare una crescita anche rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

All’inizio di questa nuova iniziativa molti si sono fatti trovare impreparati e hanno dovuto recuperare strada facendo. Altri invece sono arrivati più che pronti all’appuntamento del 1° Gennaio 2019, quando è entrata in vigore la fatturazione elettronica. Nonostante l’andamento dell’adattamento un po’ frastagliato, oggi sono tutti (o quasi) ormai allineati con le nuove richieste.

Le piattaforma di gestione ed emissione delle fatture elettroniche sono in costante aggiornamento e sviluppo e consento a tutti gli operatori di rimanere al passo con i tempi.

Autofattura art 17: che cos’è e quando deve essere emessa

Negli articoli precedenti abbiamo analizzato ed imparato a conoscere diversi tipologie di documenti fiscali: il modulo DDT, la parcella elettronica, Fattura proforma, la fattura semplice-differita-accompagnatoria e di acconto. Oggi vogliamo affrontare un altro grande tema del campo commerciale che riguarda l’autofattura art 17 comma 2 del DPR n. 633/72, relativo alle operazioni effettuate da soggetti extra EU.

Autofattura art 17 comma 2 del DPR n. 633/72

L’autofattura è una particolare tipologia di fatturazione elettronica. In questo specifico caso l’obbligo di applicare l’IVA e di mettere fattura sono a carico del cessionario/committente (e non del soggetto prestatore).
Un’eccezione alla normale fattura elettronica. L’obbligo di emettere autofattura art 17 comma 2 del DPR 633/72 è posto a carico dei soggetti extra UE che effettuano operazioni in Italia. Inoltre l’autofattura deve obbligatoriamente essere emessa per tutte le operazioni per le quali non sia stata emessa regolare fattura entro i termini da parte del soggetto obbligato.
L’autofattura è redatta in un unico esemplare.

Quali dati deve contenere l’autofattura

Per essere considerata valida, l’autofattura deve contenere alcuni dati essenziali:

  • IVA – se si tratta di un’operazione imponibile
  • Titolo di non imponibilità o di esenzione – nel caso di operazioni non imponibili o esenti imposta.

Inoltre l’autofattura deve contenere la seguente dicitura:

“autofatturazione” di cui all’articolo 21, comma 6-ter del DPR n 633/72”

Quando deve essere emessa un’autofattura art 17 comma 2del DPR 633/72

Autofattura e fattura elettronica sono la stessa cosa dal punto di vista pratico. L’unica differenza è che nella prima destinatario e mittente sono la stessa persona, fisica o giuridica.
L’autofattura è obbligatoria solo in alcuni casi:

  1. Omaggi
  2. Autoconsumo
  3. Acquisto da non residenti
  4. Autofattura-Denuncia
  5. Altri casi

Autofattura art 17

 

Autofattura per omaggi

Beni e servizi possono essere ceduti a titolo di “omaggio” o cessione gratuita, senza obbligo di emissione fattura, per importi inferiori a € 25,82. Nel caso l’importo sia superiore, vi sono tre casi:

  • Emissione fattura nel caso in cui si voglia esercitare la rivalsa dell’IVA nei confronti del soggetto a cui è stato fatto l’omaggio;
  • Registrare l’omaggio nel registro degli omaggi;
  • emettere autofattura nel caso si decida di non esercitare la rivalsa dell’IVA.

Autofattura per autoconsumo

È il caso in cui beni e servizi di un’azienda vanno a far parte del consumo personale o familiare del titolare. Stesso discorso per tutti quei beni/servizi che tornano a uso personale dell’imprenditore a seguito svuotamento dell’impresa o per cessazione attività.
Visto che tutte queste operazioni sono soggette a imposizione IVA, deve emessa autofattura per gli importi dei beni utilizzati al di fuori delle finalità d’impresa.

Autofattura per acquisti da non residenti

L’autofattura deve essere emessa per beni e servizi acquistati da un fornitore che non ha in Italia una stabile organizzazione o un rappresentante (eccezione per quando l’IVA risulta già in bolletta doganale). L’esempio principale è quello del Reverse Charge, da applicare per acquisti intracomunitari.

Autofattura-Denuncia

Si tratta di un caso molto molto speciale. Si applica a distanza di quattro mesi da quando è stata eseguita un’IVA e non si dovesse ancora aver ricevuto regolare fattura. In questo caso è necessario emettere autofattura in duplice copia.
Il documento dovrà riportare tutti i dati che avrebbero dovuto essere presenti nella fattura non ricevuta. Inoltre l’autofattura art 17 comma 2 del DPR 633/72 prevede che questa debba essere inviata entro 30 giorni (5 mesi dall’operazione), all’ufficio IVA di competenza.

Stessa procedura nel caso di ricezione di fattura irregolare. In quest’ultimo esempio però l’autofattura deve essere presentata all’ufficio IVA competente entro massimo 15 giorni dalla data della registrazione.

Altri casi in cui occorre emettere Autofattura

Vi sono poi tutta un altra serie di casi in cui è necessario l’emissione dell’autofattura, casi sporadici, ma tenere sempre e comunque in considerazione. É questo il caso di:

  • acquisti da produttori agricoli o ittici in regime di esonero
  • di rottami, carta da macero, ecc…
  • acquisti di oro o argento industriale

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Adempimenti fiscali: nuovo calendario 2020 proroghe e sospensioni

A causa della pandemia molti adempimenti fiscali sono stati sospesi e/o rimandati a nuova data. Nuovi prospettive e scadenze quindi per fattura elettronica, scontrino elettronico, esterometro e lotteria degli scontrini. Gli adempimenti digitali da parte del fisco, hanno subito una battuta d’arresto a causa del blocco causato dall’epidemia di Coronovirus. In particolar modo l’effetto è stato accusato soprattutto per quanto riguarda la fatturazione elettronica, gli scontrini elettronici e la lotteria degli scontrini.

Adempimenti fiscali e fatturazione elettronica

L’Agenzia delle Entrate(AdE) ha posticipato al primo gennaio 2021, con una specifica direttiva, l’avvio sperimentale del nuovo tracciato XML. Inoltre ha comunicato anche la nuova tempistica per aderire al servizio di consultazione delle e-fatture attive e passive, sposate al primo ottobre 2021.
Il Decreto Rilancio inoltre ha rinviato sempre al 2021 la procedura automatizzata di controllo ed eventuale integrazione del bollo dovuto sulle fatture elettroniche, che passano dal Sistema di Interscambio (SdI).

Adempimenti fiscali e scontrino elettronico

Per quanto riguarda invece i corrispettivi telematici, il periodo di moratoria è stato esteso fino al 31 dicembre 2020, senza applicazione di eventuali sanzioni (prima la data era stata fissata per il 30 giugno 2020).

Infine, la lotteria degli scontrini è stata anch’essa posticipata al primo gennaio 2020.

Registri IVA e Vendite

Tutte queste misure hanno decretato di conseguenza lo slittamento dell’elaborazione delle bozze precompilate dei documenti IVA. Questo in particolare per quanto riguarda i registri IVA e vendite, delle liquidazioni periodiche e della dichiarazione precompilata IVA. Di quest’ultima il rilascio è stato addirittura posticipato al 2022.

A causa dell’epidemia da Covid-19 infatti Agenzia delle entrate si trova nell’impossibilità di avere a disposizione tutta una serie di dati e informazioni per produrre in tempo le bozze dei documenti IVA di interesse. A tal proposito ha disposto l’articolo n°142 del decreto legge rilancio n°34 del 19 Maggio 2020.

Adempimenti fiscali

Adempimenti fiscali: sospensione dei tributi

Molto adempimenti tributari sono stati sospesi. L’esterometro, ad esempio, è uno di questi, nonché l’invio delle informazioni relative agli acquisti effettuati da turisti non residenti in contanti.

L’invio dei corrispettivi, memorizzati nel corso del mese precedente dagli esercenti che ancora non hanno un registratore di cassa, è stato sospeso.

Stessa sorte per corrispettivi telematici relativi al secondo semestre 2019. Date coincidente con il termine di presentazione della dichiarazione IVA per l’anno 2019. Non sono quindi previste sanzioni per la loro mancata comunicazione.

Sempre in tema di corrispettivi telematici, la sospensione degli adempimenti fiscali ha riguardato anche:

  • le verifiche periodiche sui registratori telematici
  • i rinnovi e le proroghe di abilitazioni e autorizzazioni in scadenza
  • le autocertificazioni per la loro conformità nonché

Fatturazione elettronica e sospensioni

Nessuna sospensione ha interessato invece la fatturazione elettronica. AdE ha infatti specificato che la certificazione fiscale delle operazioni IVA mediante emissione di fattura elettronica non rientra tra gli adempimenti sospesi. Questo a causa del fatto che l’emissione della fattura elettronica è rimasta sempre obbligatoria, in quanto documenti fiscale destinato alla controparte commerciale.

Cos’ è il reverse charge e come funziona

Cos’è il reverse charge ? Domanda che ancora oggi molti si trovano a porsi, non sapendo esattamente a cosa si faccia riferimento quando si usa questa terminologia. É presto detto, il reverse charge è un particolare meccanismo che comporta lo spostamento degli obblighi fiscali relativi all’IVA in capo al cessionario e non al cedente, come normalmente avviene. L’obiettivo della fatturazione reverse charge è quello di evitare frodi IVA. L’inganno è così strutturato: un ipotetico soggetto “A” emette fattura a “B”. Incassa l’IVA, ma non la riversa all’erario. B, ignaro di tutto (oppure no!) chiede il rimborso e l’ottiene.

Cos’è il reverse charge: la posizione dell’erario

Prendendo in considerazione l’esempio precedente, l’Erario non fidandosi del soggetto A, indica nel soggetto B il debitore dell’imposta dovuta. Questo viene fatto quando lo stato considera più affidabile il secondo soggetto rispetto al primo, di solito perché si tratta di una società che vive di vita propria ed ha un mercato reale. La legge quindi impone che, per determinate operazioni, debba essere applicato il meccanismo di Reverse Charge (art. 17 DPR 633/72) con il quale gli obblighi d’imposta vengono spostati in capo al soggetto B.

Quando è applicato il reverse charge

Il meccanismo del reverse charge è stato piano piano esteso a diverse operazioni che prima non lo prevedevano. La prima applicazione è quella relativa alle merci scambiate tra aziende di stati membri dell’Unione Europea, dal 1995. Successivamente hanno aggiunto:

  • cessioni di immobili del terziario
  • cessioni di telefoni cellulari e microprocessori tra operatori del settore all’interno del territorio nazionale
  • prestazioni di servizi generiche da parte di fornitori UE ad imprese italiane ed analogamente da parte di imprese italiane a clienti UE

La fatturazione elettronica e il Reverse Charge

Una fattura elettronica gestita con le regole del reverse charge deve essere registrata seguendo un preciso schema:

  • La fatturazione elettronica è integrata con l’esposizione dell’IVA
  • Il documenti fiscale è registrato nel registro acquisti
  • L’autofattura si registra ex art. 17 c. 6 DPR 633/72 nel registro vendite per rendere l’operazione neutra ai fini IVA (solo ai fini IVA e non ai fini del reddito). Ed è proprio con questa operazione che gli obblighi IVA sono stati invertiti e spostati in capo al secondo soggetto.

Nel gestionale, anche in quello di FatturaPRO.click, va creato un apposito codice IVA analogo a quello utilizzato per registrare gli acquisti intracomunitari e un conto transitorio dove far transitare le registrazioni.

Cos’ è il reverse charge

Settore immobiliare e reverse charge

Dal primo ottobre 2017 le cessioni di immobili per il settore terziario sono soggette al regime dei fatturazione Reverse Charge. In questa categoria rientrano quindi le seguenti operazioni:

  • vendite di immobili del terziario;
  • vendite per le quali il cedente ha espressamente indicato nell’atto di compravendita l’opzione per l’imposizione ai fini IVA.

Sono invece escluse operazioni quali:

  • vendite di immobili terziario nuove
  • quelle eseguite a persone fisiche;
  • vendite di immobili terziario a soggetti con detraibilità IVA inferiore al 25%
  • le vendite di aree edificabili e non edificabili
  • quelle relative ad immobili abitativi
  • gli apporti a fondi immobiliari di una pluralità di immobili prevalentemente locati.

Riepilogo e conclusioni

Abbiamo quindi visto nel dettaglio cos’è il reverse charge e come funziona. Un meccanismo nato con il preciso obiettivo di evitare frodi a scapito dell’Erario. Uno strumento che ha trovato sempre più ampia applicazione nel corso del tempo e che oggi è processato molto più semplicemente grazie all’ausilio di piattaforme per la fatturazione elettronica come FatturaPRO.click.

Modulo DDT: cos’è e come viene compilato

Il modulo DDT, conosciuto come documento di trasporto, oppure come Bolla di trasporto, è un documento che certifica un trasferimento di merce dal cedente venditore al cessionario acquirente. Il DPR 472/96 ha introdotto il modulo DDT in sostituzione alla precedente bolla accompagnatoria.

Modulo DDT: cos’è e come funziona

modulo che certifica il trasferimento di merce dal venditore all’acquirente, il DDT è stato introdotto grazie al DPR 472/96, sostituendo definitivamente la vecchia bolla accompagnatoria.
La consegna avviene presso la sede del cessionario, mentre il trasporto può essere fatto sia dal mittente che dal destinatario, o addirittura assumendo un trasportatore esterno incaricato.

Il DDT deve essere emesso prima della consegna della merce diretta, o dell’affidamento dei beni al trasportatore. In alternativa può anche essere inviato tramite email o fax al destinatario entro il giorno stesso dell’invio della merce.

I dati obbligatori del DDT

Affinché il modulo DDT sia valido deve riportare obbligatoriamente una serie di dati:

  • Dati generali e partita IVA del venditore
  • Riferimento di chi effettua il trasporto (mittente/destinatario/vettore)

Del vettore devono essere indicati i riferimenti identificativi. Se il trasporto è effettuato da diversi vettori, basta indicare le generalità del primo incaricato. Alcune merci particolari invece richiedono dati specifici come ad esempio quelli del trasportatore come persona fisica con il relativo numero di patente (è questo il caso del trasporto di carburanti, liquidi speciali altamente infiammabili e altro).

  • Il DDT deve anche riportare il numero dei colli ed il loro peso
  • la data in cui le merci lasciano la sede del cedente

In alcuni casi vengono indicati anche i prezzi, prassi utile al cessionario che potrà così velocemente emettere successiva fattura elettronica.

Modulo DDT: certificazione di garanzia

L’emissione del DDT ha anche lo scopo di garantire, sia al cedente che al cessionario, l’avvenuta consegna delle merci e una corretta gestione amministrativa.
L’avvento del modulo DDT ha dato la possibilità alle imprese di continuare a emettere fattura differita, che senza documento di trasporto non avrebbe più avuto senso mancando il giustificativo di consegna.

Modulo DDT

Trasportare merci non destinate alla vendita

È possibile che si renda necessario trasportare merce non destinata alla vendita. Questo significa movimentare merce che rimane di proprietà del cessionario. É necessario quindi far viaggiare la merce accompagnata da debita documentazione che dimostri che la merce rimarrà di proprietà del cessionario una volta consegnata. Se in questo caso la merce non venisse accompagnata da uno specifico DDT, l’amministrazione potrebbe sulla base dell’art. 53 del decreto IVA, applicare la presunzione di cessione. In questo caso verrebbe ipotizzata la presunzione di cessione e ipotizzare una cessione senza fattura con le relative conseguenze sanzionatorie.
Modulo DDT e causali di trasporto

Esistono svariate causali di trasporto che vengono utilizzate nel modulo DDT. Ne riportiamo un breve elenco che per ovvie ragioni non potrà mai essere del tutto esaustivo:

  • Vendita
  • Conto visione
  • Conto deposito
  • Tentata vendita
  • Conto Vendita
  • Prestito d’uso
  • Conto Lavorazione
  • Omaggio
  • Riparazione
  • Riparazione in garanzia
  • Reso per accredito
  • Reso per sostituzione

Modulo DDT: riepilogo e conclusioni

Ricapitolando il modulo DDT è il documento di trasporto con valenza ai fini fiscali per il rispetto della normativa, che permette, tra le altre cose, di avvalersi ancora dell’emissione della fatturazione differita. Il DDT permette di evitare la “trappola” della presunzione di cui all’art. 53 del DPR 633/72. Il DDT permette quindi la movimentazione di merce destinata o meno alla vendita ed ha valenza di ricevuta ai fini civilistici.

Fattura Semplice, Differita, Accompagnatoria e di Acconto: tutte le differenze

Esistono varie tipologie di fatture: fattura semplice, fattura differita, accompagnatoria e fattura di acconto. FatturaPRO.click è una piattaforma che permette di emettere qualunque tipologia di fattura elettronica con un semplice click, proponendo anche la possibilità di emettere note di credito e di debito, scontrini elettronici e pro-forma. Cerchiamo di capire meglio quali sono le differenze sostanziali che caratterizzano ciascuna tipologia di fattura.

Fattura semplice: cos’è e come funziona

La fattura semplice, chiamata anche fattura immediata, è quella emessa e consegnata/spedita al cliente, nello stesso giorno in cui è stata effettuata la vendita e/o la prestazione del servizio. Non si tratta quindi di una fattura accompagnatoria. La fattura semplice, oggi fattura elettronica, è quindi il documento fiscale obbligatorio standard, che deve essere emesso quando la merce (bei e/o servizi) non necessitano di alcun documento accompagnatorio.

La fattura semplice è considerata emessa nel momento in cui è consegnata/spedita al destinatario. Non esiste obbligo di verifica di ricezione da parte dell’emittente. Emettere una fattura semplice evita, di conseguenza, l’onere dell’emissione della ricevuta fiscale o dello scontrino elettronico (in base all’articolo 3, comma 2 del DPR 2112/96 n° 696). Questo comporta l’obbligo della sua emissione contestualmente alla consegna dei beni o all’ultimazione dei servizi.
La fattura semplice è il documento “flessibile” di tutti e quindi più adattabile a tutte le circostanze.

Fattura differita: una questione di tempo

La fattura differita è un documento fiscale emesso in un momento diverso da quello dell’effettuazione della prestazione (o dalla consegna della merce).
Solitamente questa tipologia di fattura è utilizzata la fatturazione a fine mese. La merce è consegnata durante il mese solare con DDT (documento di trasporto) e alla fine dei 30 giorni solari, è emessa fattura (differita). Di solito è utilizzata in presenza di numerosi clienti che abbiano una frequenza di ordini evasi molto alta nel corso del mese.

In generale la fattura differita è utilizzata solo in riferimento a cessione di beni consegnati con DDT, bolla accompagnamento, ricevuta fiscale, o scontrino elettronico, opportunamente integrati con i dati IVA. Quando è utilizzata come documento riepilogativo dei DDT deve contenere:

  • numero del documento
  • data del documento di trasporto (o di altro documento con cui è stata consegnata la merce)

Deve inoltre essere emessa e consegnata al cliente entro il giorno 15 del mese successivo a quello dei documenti di riferimento per i documenti di trasporto.

Fattura Accompagnatoria: un ibrido perfetto

Non esiste un termine migliore di “ibrido” per definire le fatture accompagnatorie. Si tratta infatti di una particolare tipologia di fattura elettronica che possiede contestualmente le peculiarità di una fattura semplice e le caratteristiche e gli obblighi di un DDT.

 

Fattura Semplice

 

É emessa in caso di cessione di beni che devono essere trasferiti/consegnati a un cliente. Non può essere emessa per fatturare esclusivamente una prestazione di servizi, perché in questo caso serve obbligatoriamente la fattura semplice.

La fattura accompagnatoria deve contenere l’indicazione dell’IVA e i riepiloghi dell’aliquota. Dovrà però anche riportare i dati propri di un DDT, quindi gli elementi relativi al trasporto come

  • Vettore
  • peso
  • numero colli
  • ecc…

In altre parole ogni singolo elemento obbligatorio per DDT e fattura semplice, è obbligatorio anche per la fattura accompagnatoria.

Fattura di acconto: un anticipo del totale

Questa fattura è un documento emesso quando il cliente finale paga anticipatamente uno o più importi di un totale più grande. Contestualmente all’incasso è obbligatorio l’emissione della certificazione fiscale. Per questo motivo la fattura di acconto deve contenere una descrizione anche molto semplice senza aver alcun collegamento con il bene o servizio per cui è stata emessa.
Alla fine, quando il cliente provvederà a pagare il saldo, deve essere emessa la fattura definitiva. Quest’ultima dovrà essere emessa scontando l’importo già pagato e riportando tutti i riferimenti alla fattura di acconto. In questo modo nella fattura definitiva verrà riportato l’intero valore del bene, ma dall’imponibile/imposta/netto a pagare verranno detratti gli importi già pagati.

Fatturare all’estero: la fatturazione elettronica in Europa e nel mondo

Fatturare all’estero con la e-fattura non è così scontato. La fatturazione elettronica ha dimostrato e sta dimostrando tuttora la sua validità come strumento chiave nella lotta contro l’evasione, ma non tutti i paesi in Europa e nel mondo l’hanno ancora adottata. La sua diffusione a livello globale è strettamente collegata alla lotta all’evasione fiscale e finora i paesi che l’hanno adottata sono stati quelli caratterizzati da un tasso molto alto di “evasione”. Purtroppo anche l’Italia fa parte di questa classifica ed è per questo che ha deciso di introdurre questo nuovo sistema. Ma in Europa non è la sola, vediamo ad esempio come si è comportato il Portogallo, che si trovava, più o meno, sulla stessa nostra barca, in materia di evasione fiscale.

Fatturare all’estero: il caso del Portogallo

Il Portogallo è l’unico paese europeo, oltre all’Italia, ad aver introdotto l’obbligo della fatturazione elettronica. Questa decisione è stata presa dal Governo portoghese per uscire in modo efficace dalla profonda crisi finanziaria originata nel 2008.
Anche la Commissione Europa è stata concorde nell’affermare che l’introduzione della fatturazione elettronica in Portogallo, è stato lo strumento fondamentale per far uscire il paese dalla profonda crisi nel quale era sprofondato. A partire dal 2012 il Portogallo si è risollevato, uscendo finalmente dai lunghi strascichi del fallimento di Lehman Brothers..

Fatturare all’estero: il quadro generale europeo

33 paesi analizzati per capire come si comportano i vari esecutivi europei. 28 paesi facenti parte dell’Unione Europea, più Norvegia, Islanda, Liechtenstein, Svizzera e Turchia, sono stati analizzati per capire l’andamento finanziario in relazione alla fatturazione elettronica. In conclusione 13 paesi non hanno ancora regolamentato in via definitiva la fatturazione elettronica. Molti paesi l’hanno adottato ancora su base volontaria e hanno regolamentazioni non univoche a livello federale o regionale.

Tirando le somme dello studio che è stato eseguito, in tutti gli stati è possibile trovare tre diverse casistiche:

  • Obbligo totale
  • Obbligo Parziale
  • Adesione volontaria.

 

Fatturare all'estero

 

Della prima casistica fanno parte 9 paesi. In questo caso i governi hanno deciso di imporre l’obbligo a tutti gli operatori economici e a tutte le autorità pubbliche centrali, regionali e locali.

Nella seconda invece rientrano 7 nazioni. In questi stati sono ancora in vigore deroghe temporanee per le società più piccole, per le fatture sotto una determinata soglia o, ancora, per alcune tipologie di PA (Pubbliche Amministrazioni).

Infine nella terza e ultima casistica rientrano altri 4 paesi. In questi territori l’obbligo delle PA è sol sulla ricezione, ma non esiste ancora una costrizione per gli operatori economici.

Fatturare all’estero: le date in cui è entrato in vigore l’obbligo della e-fattura per le PA

Nel seguente elenco riportiamo le date in cui è entrato in vigore l’obbligo di fatturazione elettronica nei confronti della Pubblica Amministrazione:

  • Austria (dal 2014)
  • Belgio (dal 2018, per le operazioni sopra ai 135mila euro)
  • Croazia (dal 2016)
  • Danimarca (dal 2005)
  • Estonia (dal 2017)
  • Finlandia (dal 2010)
  • Francia (introduzione progressiva a partire dal 2017)
  • Germania (progressivamente dal 2017)
  • Lituania (dal 2017)
  • Paesi Bassi (dal 2017 verso lo Stato centrale, dal 2019 verso tutte le PA)
  • Slovenia (dal 2015)
  • Spagna (dal 2015, obbligatoria per gli importi superiori ai 5mila euro)
  • Svezia (dal 2008 verso il governo centrale)

Nel 2017 inoltre, l’European Committee for Standardization, ha definito gli standard della fatturazione elettronica per fatturare all’estero. É stato quindi indicato un modello di riferimento ai quali tutti gli Stati membri devono guardare.

Fatturare all’estero: la situazione nel mondo

E dopo aver visto la situazione in Europa, diamo ora uno sguardo al resto del mondo. Come si stanno comportando negli altri continenti rispetto all’adozione della e-fattura?
La fattura elettronica sta riscontrando un discreto successo solo negli stati dell’America del sud. Questo perché in questi paesi lo strumento del documento elettronico è stato adottato per contrastare principalmente l’evasione fiscale. Migliorare il controllo fiscale e ridurre i tassi di evasione sono tra i principali scopi di paesi come il Cile, il Brasile e il Messico.
In USA e in Asia sono stati pochissimi gli stati che hanno dimostrato un timido interesse alla fatturazione elettronica. In Africa invece il ricorso alla e-fattura è ampiamente diffuso in Sudafrica, mentre in Australia siamo ancora nelle fasi di test.