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Ravvedimento Operoso e Fatturazione Elettronica: Guida Completa al Calcolo e alla Regolarizzazione

Il ravvedimento operoso rappresenta uno strumento di grande importanza per i contribuenti tenuti al rispetto degli adempimenti fiscali. L’istituto del ravvedimento operoso consente infatti di sanare spontaneamente eventuali irregolarità, quali omessi o tardivi pagamenti di imposte e contributi, beneficiando di una riduzione delle sanzioni commisurata alla rapidità di regolarizzazione. La fatturazione elettronica, obbligatoria in Italia dal 2019, ha rivoluzionato i processi amministrativi e contabili delle imprese. Tuttavia, con questa innovazione sono emerse nuove sfide, tra cui la gestione dei tempi di emissione e invio delle fatture elettroniche. In questo contesto, il ravvedimento operoso diventa uno strumento cruciale per i contribuenti che si trovano a dover regolarizzare eventuali ritardi o omissioni. Ravvedimento operoso e fatturazione elettronica costituiscono, quindi, un binomio importantissimo nella vita dell’imprenditore italiano, aiutandolo a restare in pari con i propri adempimenti fiscali.

Fatturazione Elettronica: Tempistiche e Sanzioni

La normativa prevede tempistiche precise per l’emissione delle fatture elettroniche:

  • Fattura immediata: entro 12 giorni dall’operazione
  • Fattura differita: entro il 15 del mese successivo all’operazione

Il mancato rispetto di questi termini comporta sanzioni, come stabilito dall’articolo 6 del D.lgs 471/97. La sanzione minima è di 250 euro, ma può aumentare in base al ritardo nell’emissione.

Vantaggi del Ravvedimento Operoso nella Fatturazione Elettronica

  1. Riduzione significativa delle sanzioni
  2. Possibilità di regolarizzare la propria posizione spontaneamente
  3. Prevenzione di accertamenti fiscali più onerosi

Come Evitare la Tardiva Emissione di Fatture Elettroniche

Per prevenire ritardi nell’emissione delle fatture elettroniche, è consigliabile:

  1. Utilizzare un software di fatturazione elettronica affidabile
  2. Impostare promemoria per le scadenze di fatturazione
  3. Mantenere aggiornato il proprio sistema di gestione contabile

Il Futuro della Fatturazione Elettronica e del Ravvedimento Operoso

L’evoluzione tecnologica e normativa sta plasmando il futuro della fatturazione elettronica e, di conseguenza, influenzerà anche le modalità di applicazione del ravvedimento operoso. Ecco alcune tendenze e sviluppi attesi:

1.Intelligenza Artificiale e Machine Learning:

  • L’implementazione di algoritmi di AI potrebbe prevenire errori di compilazione delle fatture elettroniche, riducendo la necessità di ravvedimenti.
  • Sistemi predittivi potrebbero allertare le aziende su potenziali ritardi nell’emissione delle fatture, consentendo azioni preventive.

2.Blockchain per la Fatturazione:

  1. L’adozione della tecnologia blockchain potrebbe garantire maggiore sicurezza e trasparenza nelle transazioni, complicando le frodi fiscali.
  2. Potrebbe emergere un nuovo paradigma di “ravvedimento automatico” basato su smart contract

3. Integrazione Europea:

  • L’UE sta lavorando a una standardizzazione della fatturazione elettronica tra i paesi membri.
  • Questo potrebbe portare a nuove regole per il ravvedimento operoso su scala internazionale.                                           

4. Real-Time Reporting:

  • Alcuni paesi stanno già sperimentando sistemi di reporting fiscale in tempo reale.
  • Questo potrebbe ridurre i tempi per il ravvedimento operoso, richiedendo azioni correttive più rapide.

5. Semplificazione Normativa:

  • Si prevede una progressiva semplificazione delle procedure di ravvedimento operoso.
  • Potrebbero emergere nuove categorie di ravvedimento specifiche per la fatturazione elettronica.

6. Automazione del Ravvedimento:

  • Software avanzati potrebbero automatizzare l’intero processo di ravvedimento, dal rilevamento dell’errore al calcolo e pagamento delle sanzioni ridotte.

7.Formazione Continua:

  • La complessità crescente richiederà programmi di formazione continua per professionisti e imprenditori.
  • Potrebbero nascere certificazioni specifiche per esperti in fatturazione elettronica e ravvedimento operoso.

Queste tendenze suggeriscono un futuro in cui la gestione della fatturazione elettronica e del ravvedimento operoso sarà sempre più integrata e automatizzata. Le aziende che si adatteranno rapidamente a questi cambiamenti potranno beneficiare di una gestione fiscale più efficiente e meno soggetta a errori.

Calcolo ravvedimento operoso  

FAQ sulla Tardiva Emissione di Fatture Elettroniche

  1. D: Cosa succede se non regolarizzo una fattura emessa in ritardo? R: Si rischia di incorrere in sanzioni più elevate e possibili accertamenti fiscali.
  2. D: Posso utilizzare il ravvedimento operoso per qualsiasi tipo di fattura elettronica? R: Sì, il ravvedimento operoso è applicabile a tutti i tipi di fatture elettroniche, sia immediate che differite.
  3. D: Come posso calcolare con precisione l’importo del ravvedimento operoso? R: Molti software di fatturazione elettronica offrono funzionalità di calcolo automatico del ravvedimento. In alternativa, è possibile consultare un commercialista o utilizzare i servizi dell’Agenzia delle Entrate.

La corretta gestione della fatturazione elettronica e la conoscenza del ravvedimento operoso sono fondamentali per mantenere una situazione fiscale regolare. Utilizzare strumenti adeguati può fare la differenza nella gestione quotidiana delle proprie attività contabili. Con l’evoluzione tecnologica e normativa in corso, è cruciale rimanere aggiornati e preparati per i cambiamenti futuri nel campo della fatturazione elettronica e del ravvedimento operoso.

Per maggiori approfondimenti sul ravvedimento operoso ti rimandiamo ad un nostro articolo di qualche anno fa, dove troverai maggiori informazioni sul calcolo delle sanzioni ammortizzabili con l’utilizzo di questo strumento

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Buoni spesa dipendenti: benefici fiscali per lavoratori e datori di lavoro

Oggi, i buoni spesa dipendenti possono essere considerati uno strumento particolarmente ingegnoso per incrementare il fatturato aziendale. Può sembrare controintuitivo, ma aumentare la soddisfazione dei lavoratori attraverso questi benefit motiva i dipendenti a dare il massimo in termini di produttività e qualità del lavoroUna forza lavoro soddisfatta produce risultati migliori che, inevitabilmente, si riflettono sull’andamento degli affari.

Infatti, un maggior numero di commesse elaborate e consolidati standard qualitativi consentono di emettere una mole più cospicua di fatture elettroniche e, di conseguenza, fatturare importi superiori. Ma non solo: i buoni spesa si rivelano fondamentali anche per fidelizzare i dipendenti all’azienda, generando un minor turnover che garantisce continuità operativa.

Bisogna inoltre considerare i notevoli benefici fiscali riconosciuti sia ai lavoratori che alle aziende. Per queste ultime, la totale deducibilità delle spese sostenute per il welfare aziendale, unitamente alla possibilità di detrarre l’IVA per alcune fattispecie, abbattono i costi legati all’erogazione dei buoni. Ciò consente di migliorare i margini reddituali e di risparmiare risorse da reinvestire nello sviluppo del business.

Appare dunque sempre più evidente come i buoni spesa dipendenti costituiscano non solo uno strumento di rewarding per i collaboratori, ma anche un’opportunità di ottimizzazione dei profitti mediante un accrescimento organico e sostenibile del fatturato. Un approccio manageriale lungimirante non può oggi prescindere dall’attenzione al welfare aziendale.

Buoni spesa dipendenti: i vantaggi fiscali per il lavoratore   

buoni spesa dipendenti rappresentano uno strumento di welfare aziendale molto diffuso in Italia grazie ai consistenti vantaggi fiscali per il lavoratore. I buoni acquisto rientrano nella categoria dei compensi in natura, ossia fringe benefit, che il datore di lavoro può corrispondere al dipendente e che costituiscono un costo deducibile per l’azienda. Come stabilito dall’art.51 del TUIR, fino a 258,23 euro annualmente il loro valore non concorre a formare il reddito imponibile. Per il 2024, secondo la Legge di Bilancio n. 213/2023, tali soglie esentasse sono state innalzate a 2.000 euro per chi ha figli a carico e 1.000 euro per gli altri dipendenti.

I buoni sono erogati tramite “documenti di legittimazione”ai sensi del comma 3-bis dell’art.51 TUIR non sono soggetti a contribuzione fiscale e previdenziale. Il loro importo è indicato in busta paga come “dato figurativo” esente da IRPEF e addizionali. Tra i vantaggi per il dipendente vi è l’aumento del potere d’acquisto grazie a uno strumento che va incontro a ogni tipologia di lavoratore. Inoltre, i buoni multibrand possono essere utilizzati in circa 27.000 punti vendita di vari settori, risultando semplici da usare sia per lo shopping che per la spesa o il rifornimento di carburante. Tale versatilità li rende ideali per soddisfare le più svariate esigenze del singolo.

I buoni acquisto motivano inoltre il lavoratore incentivando la produttività e fidelizzandolo all’azienda, che mostra di pensare al suo benessere in modo concreto. Rappresentano quindi uno strumento importante anche in termini di employee retention. I buoni spesa possono risultare particolarmente vantaggiosi anche per le small business, che con questo strumento possono offrire benefit al personale nonostante risorse limitate.

Buoni spesa dipendenti

Buoni spesa per dipendenti: i vantaggi fiscali per le aziende

buoni spesa dipendenti rappresentano uno strumento di welfare aziendale di notevole interesse non solo per i lavoratori ma anche per le imprese, che possono beneficiare di consistenti agevolazioni fiscali.

Secondo quanto stabilito dall’art. 95 del DPR n. 917/1986, le spese sostenute dal datore di lavoro per l’erogazione dei buoni acquisto sono integralmente deducibili in quanto riconducibili alle spese connesse al lavoro dipendente. Tale deducibilità si applica sia nell’ambito di un piano di welfare aziendale che in caso di erogazione diretta, ad esempio come regalo natalizio.

I buoni possono essere assegnati sia in virtù di un accordo sindacale che unilateralmente, su iniziativa volontaria dell’azienda. Rappresentano inoltre uno strumento conveniente per remunerare gli agenti commerciali al raggiungimento di obiettivi di vendita o per fidelizzare aziende partner come distributori e clienti.

La deducibilità riguarda anche l’ipotesi di erogazione a titolo di premio per traguardi conseguiti. Inoltre, i buoni possono essere usati come omaggi promozionali, rientrando tra le spese di rappresentanza deducibili a condizione che rispondano a requisiti di inerenza quali la finalità gratuita e di pubbliche relazioni.

Le spese di rappresentanza sono commisurate in percentuale ai ricavi dell’impresa e sono deducibili nell’intero ammontare quelle relative a beni omaggio di valore unitario non superiore ai 50 euro. Riguardo l’IVA, invece, essa è indetraibile sulle spese di rappresentanza, salvo i beni omaggio di valore sotto i 50 euro. I buoni acquisto si rivelano quindi uno strumento fiscalmente vantaggioso non solo per remunerare e fidelizzare i dipendenti ma anche per promuovere la vision aziendale nei confronti di clienti e stakeholder esterni attraverso omaggi e campagne marketing.

Coefficiente di redditività forfettario: determinazione, ambito di applicazione e obblighi di comunicazione

Il calcolo del coefficiente di redditività forfettario riveste un’importanza fondamentale per tutti i soggetti che applicano il regime forfettarioIl coefficiente di redditività forfettario consente infatti di determinare il reddito presunto cui applicare l’imposta sostitutiva e di calcolare i contributi previdenziali dovuti.

Sebbene il metodo di calcolo sia relativamente semplice, in quanto prevede l’applicazione del coefficiente ai ricavi o compensi conseguiti nel periodo d’imposta, è bene che tale operazione sia affidata a professionisti esperti, in grado di individuare correttamente il codice ATECO di appartenenza e il valore del coefficiente da utilizzare.

Un errore nell’attribuzione del codice o nell’applicazione del valore tabellare del coefficiente potrebbe infatti determinare una non corretta quantificazione del reddito imponibile e di conseguenza il pagamento di un’imposta sostitutiva e di contributi previdenziali non dovuti. Affidandosi a professionisti qualificati ci si assicura dunque il rispetto di tutti gli adempimenti connessi al regime forfettario e si evitano possibili sanzioni in caso di irregolarità. 

Coefficiente di redditività forfettario: cos’è e come si calcola

Il coefficiente di redditività forfettario è uno strumento utile e obbligatorio per molti commercianti al dettaglio e artigiani per la determinazione del reddito presunto. Il calcolo del coefficiente di redditività forfettario si basa su parametri oggettivi stabiliti per legge.

Il coefficiente di redditività forfettario è applicato a tutti quei titolari di attività commerciali al dettaglio e di imprese artigianali che non sono tenute alla contabilità formale e che optano per il regime di vantaggio o per il regime dei minimi. Questo calcolo consente di determinare in modo semplificato e forfettario il reddito presunto di tali attività, che è poi assoggettato a tassazione.

Per calcolarlo è necessario in primo luogo individuare il codice di attività dell’impresa secondo la classificazione ATECOFIN. In base a questo codice sono associati a ciascuna tipologia di attività uno o più coefficienti di redditività, stabiliti con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze sulla base dei dati desunti dalle dichiarazioni dei redditi delle imprese omogenee. Ad esempio, per il codice di attività di barbiere il coefficiente di redditività forfettario è pari al 78%.

Coefficiente di redditività forfettario

A questo punto, per ottenere il reddito presunto si applica semplicemente il coefficiente di redditività forfettario ai ricavi dell’esercizio desunti dalla fatturazione elettronica obbligatoria. Pertanto, nell’esempio precedente del barbiere, se i suoi ricavi ammontassero a 50.000 euro, il reddito presunto, risultante dall’applicazione del coefficiente del 78%, sarebbe pari a 39.000 euro (50.000 * 0,78).

Pertanto, il calcolo del coefficiente di redditività forfettario costituisce uno strumento semplice ma obbligatorio ai fini fiscali per la determinazione del reddito presunto di molte piccole imprese, basandosi su parametri oggettivi che tengono conto della specifica attività svolta e dei suoi ordinari livelli di redditività.

Coefficienti di redditività regime forfettario: periodo di applicazione e variazioni

I coefficienti di redditività previsti per il regime forfettario sono stabiliti annualmente con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze e trovano applicazione a decorrere dal periodo d’imposta di riferimento. Negli anni si sono registrate variazioni sia dei valori dei coefficienti che del loro periodo di efficacia.

Per gli anni 2018 e 2019 è stato deliberato, ad esempio, l’utilizzo della medesima tabella, contenente valori stabiliti in riduzione rispetto al passato per tenere conto della crisi economica. In particolare, per l’anno 2018 si sono applicati coefficienti con valori compresi tra il 40% e l’81%, in base alla tipologia di attività esercitata. Per l’anno 2019 è rimasta valida la stessa tabella, in attesa di successivi aggiornamenti normativi.

Nel gennaio 2020 è stato poi pubblicato il decreto attuativo con i nuovi coefficienti di redditività per il regime forfettario efficaci per il periodo d’imposta 2020. La nuova tabella ha previsto un rialzo generale dei valori, con coefficienti compresi ora tra il 48% e l’98% a seconda del codice ATECO. Queste variazioni sono conseguenza della ripresa economica intrapresa.

È altresì da ricordare che con la legge di bilancio 2023 è stata stabilita una nuova soglia massima di fatturato pari a 85.000 euro annui per poter beneficiare del regime forfettario. Tale limitazione ha ampliato la platea dei contribuenti assoggettabili ai coefficienti di redditività.

Fringe benefit 2024: tutte le novità sull’aumento dell’importo esentasse

Anche per l’anno 2024 sono previsti i fringe benefit per i lavoratori dipendenti, ma per poterne usufruire è necessario rispettare specifiche caratteristiche e aspetti normativi.

Innanzitutto, l’erogazione dei fringe benefit rimane facoltativa per le aziende e non rappresenta un diritto automatico dei dipendenti. Spetta infatti alla singola impresa individuare quali voci di welfare aziendale intende riconoscere ai propri lavoratori e in capo a chi.

In secondo luogo, occorre fare riferimento alle tipologie di fringe benefit previste dalla normativa fiscale 2024. Rientrano nei benefit solo alcune ben delineate categorie di beni e servizi, come ad esempio l’auto aziendale, i buoni pasto e i rimborsi per utenze o spese di casa, calcolati sempre entro un preciso tetto di esenzione.

Bisogna inoltre considerare che i fringe benefit, pur contribuendo ad integrare la retribuzione dei dipendenti, devono essere erogati nel rispetto della disciplina sulla fatturazione elettronica e della normativa sul lavoro. Il loro ammontare complessivo non può comunque superare, per ciascun lavoratore, il limite massimo stabilito per legge, pari a 2.000 euro annui in presenza di figli a carico.

Pertanto, si può affermare come la disciplina dei fringe benefit 2024 preveda determinate condizioni e vincoli al fine di coniugare le esigenze di aziende e lavoratori nel pieno rispetto delle norme vigenti.

Fringe benefit 2024: chi può usufruirne

Il decreto legge di bilancio 2024 ha apportato modifiche sostanziali al tetto massimo dei fringe benefit che possono essere riconosciuti ai dipendenti in esenzione fiscale. I fringe benefit 2024 rappresentano una forma di retribuzione in natura che si affianca allo stipendio, concepita come beneficio accessorio erogato liberamente dal datore di lavoro. Essi offrono vantaggi fiscali sia al lavoratore, in quanto le somme ricevute non concorrono a formare il reddito imponibile, sia all’azienda che può dedurle interamente.

La legge di bilancio 2024 ha elevato il limite dei fringe benefit a 2.000 euro per i dipendenti con figli fiscalmente a carico e a 1.000 euro per tutti gli altri dipendenti. Per fruire del fringe benefit fino a 2.000 euro è necessario che il lavoratore presenti un’autocertificazione al datore indicando il codice fiscale del figlio o dei figli a carico. Mentre per il rimborso delle utenze domestiche è indispensabile esibire le fatture sostenute nel 2024, con rimborso da effettuare al massimo entro gennaio 2025.

I fringe benefit non sono un diritto ma una facoltà riservata alla libera scelta del datore di lavoro. Tipicamente essi riguardano dirigenti, quadri e personale direttivo ma nulla vieta che siano estesi anche ad altre categorie. L’azienda individua autonomamente le figure cui assegnare i benefici accessori, stabilendolo nel contratto di assunzione. Il welfare aziendale invece si differenzia poiché vale per una generalità di dipendenti. Ad esempio un’auto aziendale può spettare ai ruoli di rappresentanza mentre i buoni pasto competono verosimilmente a tutti i lavoratori. In sintesi, i fringe benefit 2024 possono essere fruiti in base alla discrezionalità aziendale.

Fringe benefit 2024

Fringe benefit manovra 2024: beni e servizi che vi rientrano

I beni e servizi che possono rientrare nei fringe benefit della manovra 2024 sono:

  1. L’auto aziendale, ovvero il mezzo fornito dall’azienda al dipendente per l’attività lavorativa e per uso personale. Il relativo beneficio viene quantificato in base alle tabelle ACI, applicando un coefficiente al costo chilometrico moltiplicato per 15.000 km annui convenzionali.
  2. Le bollette domestiche di luce, gas e acqua, nonché le spese condominiali. Tali utenze possono essere rimborsate al lavoratore entro un massimo di 2.000 euro come previsto per i fringe benefit 2024.
  3. Il rimborso degli interessi su mutui e degli affitti per la prima casa. Si tratta di una voce di benefit introdotta per la prima volta nel 2024.
  4. I buoni pasto, con un tetto di 5,29 euro per i titoli cartacei e 7 euro per quelli elettronici. Rappresentano uno strumento consolidato di welfare aziendale.
  5. Il telefono fornito dall’azienda, gli immobili locati o dati in comodato e i prestiti agevolati.
  6. Le borse di studio e i bonus carburante da 200 euro, assimilabili a veri e propri fringe benefit secondo la disciplina 2024.

Tali voci rientrano nel piano di welfare aziendale e possono essere godute dai lavoratori dipendenti con figli a carico entro il massimale di 2.000 euro individuale.

Sgravi contributivi: cosa sono e come possono aiutare le aziende italiane

Gli sgravi contributivi sono uno strumento importante per supportare le aziende italiane, alle prese con un costo del lavoro troppo elevato e una pressione fiscale tra le più alte d’Europa. I numeri dimostrano in modo chiaro l’impatto positivo di queste agevolazioni. Secondo uno studio di Confindustria, gli sgravi contributivi valgono in media 4.500 euro l’anno per dipendente. Per le aziende questo si traduce in risparmi tra il 5% e il 15% sul monte salari annuo, a seconda del settore e delle dimensioni.

Uno studio ISTAT mostra poi che le aziende che usufruiscono di sgravi contributivi hanno una produttività del lavoro mediamente superiore fino al 20% rispetto a quelle “ordinarie”, grazie alle maggiori assunzioni, formazione e investimenti resi possibili dalle agevolazioni. In base ai dati Unioncamere, nel 2021 le imprese italiane hanno beneficiato complessivamente di sgravi contributivi per un valore di oltre 12 miliardi di euro. Una cifra in costante crescita negli ultimi anni.

Questi numeri dimostrano chiaramente come gli sgravi contributivi siano in grado di alleggerire sensibilmente i costi del lavoro per le aziende, migliorandone la redditività e la produttività e quindi la competitività sul mercato. Naturalmente è necessario che le agevolazioni fiscali siano ben modulate ed evitino sprechi o abusi, favorendo le giuste condizioni per un miglioramento strutturale delle imprese. Ma quando ben calibrate, come dimostrano i dati, possono dare risultati concreti a supporto del tessuto produttivo e occupazionale italiano.

Sgravi contributivi

Sgravi contributivi: che cosa sono

Gli sgravi contributivi sono agevolazioni fiscali introdotte dallo Stato che consentono alle aziende di beneficiare della riduzione o dell’esonero, totale o parziale, dei contributi previdenziali dovuti per i propri dipendenti. In pratica, le imprese pagano un ammontare ridotto di contributi all’INPS su determinate tipologie di lavoratori o in presenza di specifiche condizioni.

Gli sgravi contributivi mirano a ridurre il costo del lavoro per le aziende e a incentivare determinate condotte, come le assunzioni stabili, gli investimenti in formazione o lo sviluppo di settori strategici. Queste agevolazioni possono essere concesse in via definitiva o transitoria, per un determinato periodo di tempo. Spesso sono riviste e aggiornate nella legge di bilancio annuale, in base alle priorità e agli obiettivi del Governo.

La legge di bilancio, ad esempio, potrebbe confermare e prorogare molti sgravi attualmente in vigore, ma anche introdurne di nuovi per far fronte alla difficile congiuntura economica. In ogni caso gli sgravi contributivi rappresentano uno strumento utile per agevolare le imprese, soprattutto PMI e settori in difficoltà, riducendo il carico fiscale sul costo del lavoro.

Sgravio contributivo: quali sono e come possono aiutare concretamente le imprese

Gli sgravi contributivi possono aiutare concretamente le imprese italiane grazie a diversi meccanismi:

  1. Riducendo il cuneo fiscale e i costi del lavoro: la riduzione dei contributi pagati dalle aziende si traduce in minori spese, a vantaggio della redditività e della competitività.
  2. Incentivando le assunzioni stabili e la formazione: gli sgravi per le assunzioni a tempo indeterminato e gli investimenti in formazione spingono le imprese ad adottare queste pratiche virtuose, a beneficio della produttività.
  3. Supportando lo sviluppo di determinati ambiti produttivi: l’esenzione o la riduzione dei contributi in alcuni settori strategici vuole stimolare la crescita di quelle filiere.
  4. Favorendo la crescita e la competitività, soprattutto delle PMI: le piccole e medie imprese, che difficilmente riescono a ottimizzare la propria pianificazione fiscale, traggono maggiori benefici dagli sgravi contributivi.

In sintesi, gli sgravi possono abbassare il costo del lavoro e incentivare pratiche aziendali utili alla crescita, migliorando redditività, produttività e competitività delle imprese specie PMI. Sono però necessarie politiche strutturali per favorire la giusta pianificazione fiscale e rendere gli sgravi contributivi davvero efficaci nel lungo termine.

Dichiarazione Irap: cosa è cambiato nel 2023

La dichiarazione Irap, acronimo di Imposta Regionale sulle Attività Produttive, è un adempimento fiscale che riguarda le imprese e gli enti che svolgono attività di produzione, commercio e servizi, con l’eccezione delle persone fisiche esercenti attività commerciali, arti e professioni a partire dal 2022. Questa imposta è calcolata sulla base del valore aggiunto prodotto dall’attività svolta ed è utilizzata dalle regioni per finanziare le spese per l’infrastruttura e i servizi pubblici locali. La dichiarazione Irap deve essere presentata annualmente entro i termini previsti. I soggetti tenuti al pagamento dell’imposta devono compilare un modello apposito indicando i dati relativi al periodo d’imposta e il valore della produzione netta.

Modello Irap: termini di presentazione 2023

In conformità con il decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze datato l’11 settembre 2008, la dichiarazione IRAP deve essere presentata (ai sensi del regolamento di cui al D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni) entro i seguenti termini:

  1. Per le società semplici, le società in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché per le società e associazioni a esse equiparate, il termine è fissato al 30 novembre dell’anno successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta;
  2. Per i soggetti all’imposta sul reddito delle società, nonché per le amministrazioni pubbliche il termine è fissato nell’ultimo giorno dell’undicesimo mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta.

Dichiarazione IRAP: esclusione delle Partite IVA

Si ricorda che, a partire dal 1 gennaio 2022, con una novità introdotta dalla legge di bilancio 2022, le persone fisiche esercenti attività commerciali, arti e professioni sono escluse dai soggetti obbligati al pagamento dell’IRAP.

A seguito di questa modifica legislativa, il modello per l’anno d’imposta 2022 ha subito delle modifiche. Ed è quindi stato eliminato il Quadro IQ.

Restano invece soggetti all’imposta regionale sulle attività produttive IRAP: gli studi professionali associati, le società di persone, le società di capitali, gli enti commerciali in generale e gli enti del terzo settore.

Dichiarazione Irap

Dichiarazioni IRAP: deduzioni per i dipendenti, istruzioni per la compilazione

A seguito delle novità introdotte dal DL Semplificazioni DL n. 73/2022, poi convertito in legge n. 122/2022, la struttura della sezione I del quadro IS nella quale devono essere indicate le deduzioni previste dall’art. 11 del DLgs. 446/97, ha subito delle modifiche.

In particolare, le modalità di deduzione dal valore della produzione dell’intero costo relativo al personale dipendente a tempo indeterminato, e la conseguente indicazione nella dichiarazione IRAP, è notevolmente semplificata.

Si evidenzia, nel nuovo Quadro IS, la presenza del rigo IS7 per le deduzioni del costo per il personale dipendente a tempo indeterminato.

Come specificato nelle istruzioni, nel rigo IS7:

  1. nella colonna 2 va indicato l’importo della deduzione del costo complessivo per il personale dipendente con contratto a tempo indeterminato prevista dal comma 4-octies, dell’articolo 11, come modificato dall’articolo 10, comma 1, del decreto legge 21 giugno 2022, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2022, n. 122
  2. nella colonna 1 del rigo IS7, invece, va indicata la quota della deduzione di cui all’articolo 11, comma 4-octies, fruita per i lavoratori stagionali già ricompresa nella colonna 2 del medesimo rigo.

La dichiarazione IRAP è importante poiché permette alle aziende di adempiere all’obbligo di versare l’Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP). Come abbiamo detto, questa imposta è calcolata in base alla somma degli elementi costitutivi del valore della produzione dell’azienda e, in alcuni casi, anche in base ai costi del personale dipendente. La dichiarazione è quindi un importante strumento di monitoraggio fiscale per le amministrazioni pubbliche e consente alle aziende di adempiere al proprio obbligo fiscale in modo corretto e tempestivo.

Legge di bilancio 2023: le novità per imprese e professionisti

La Legge di bilancio 2023 è stata approvata dal Governo il 28 dicembre 2022 e contiene diverse novità che interessano sia i professionisti che le imprese e tutti coloro che vogliono aprire una partita IVA. In questo articolo, cercheremo di fare una panoramica delle principali modifiche apportate dalla nuova legge e di spiegare come queste possono influire sulle attività di professionisti e imprese.

Prima di entrare nello specifico, è importante ricordare che la Legge di bilancio è uno strumento fondamentale per la definizione delle politiche economiche e finanziarie dello Stato e che ha come obiettivo quello di garantire il sostegno alle famiglie, alle imprese e ai lavoratori, nonché il rilancio dell’economia. Passiamo quindi ad analizzare le novità introdotte dalla Legge di bilancio 2023 per i professionisti.

Legge di bilancio 2023: le novità per i professionisti

Una delle principali novità introdotte dalla Legge di bilancio 2023 per i professionisti riguarda l’ampliamento della platea dei soggetti che possono accedere alla detrazione del 50% per l’acquisto di beni strumentali. Fino a oggi, infatti, tale detrazione era riservata solo ai lavoratori dipendenti e ai titolari di partita IVA con ricavi o compensi fino a 400.000 euro. Con la nuova legge, invece, la detrazione è estesa anche ai liberi professionisti iscritti alle casse di previdenza dei lavoratori autonomi e agli enti previdenziali privati.

Un’altra novità interessante per i professionisti è l’estensione della possibilità di utilizzare il regime forfettario anche ai lavoratori autonomi iscritti alle casse di previdenza dei lavoratori autonomi e agli enti previdenziali privati. Fino ad oggi, infatti, tale regime era riservato solo ai lavoratori autonomi che non superavano un determinato limite di ricavi. Con la nuova legge, invece, anche i professionisti con ricavi superiori ai limiti previsti dal regime forfettario potranno optare per tale regime, a condizione che non siano esercitate attività di impresa, arti e professioni esenti o che non diano luogo a ritenute d’acconto.

Bilancio di previsione dello Stato: le novità per le imprese

Un’altra novità importante per le imprese è l’introduzione della “Nuova Sabatini“, una misura che prevede l’erogazione di contributi a fondo perduto per l’acquisto di beni strumentali da parte di piccole e medie imprese. La “Nuova Sabatini” è rivolta sia alle imprese che alle start-up innovative e prevede un contributo a fondo perduto pari al 40% delle spese sostenute per l’acquisto di beni strumentali, fino a un massimo di 2 milioni di euro per ciascuna impresa.

Un’altra misura introdotta dalla Legge di bilancio 2023 che riguarda le imprese è il “credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi“, che prevede un credito d’imposta pari al 50% delle spese sostenute per l’acquisto di beni strumentali nuovi, fino ad un massimo di 2,5 milioni di euro per ciascuna impresa. Tale credito d’imposta è rivolto alle imprese che effettuano investimenti in beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate in territori a elevata intensità di processo e a territori svantaggiati.

Legge di bilancio 2023

Start-up innovative: le novità nella Legge di bilancio 2023

La Legge di bilancio 2023 introduce anche diverse novità per le start-up innovative, alcune delle quali riguardano il sistema fiscale. Una di queste è l’estensione della possibilità di utilizzare il regime forfettario anche alle start-up innovative, a condizione che non siano esercitate attività di impresa, arti e professioni esenti o che non diano luogo a ritenute d’acconto.

Un’altra novità interessante per le start-up innovative è l’introduzione della “Nuova Sabatini“, una misura che prevede l’erogazione di contributi a fondo perduto per l’acquisto di beni strumentali da parte di start-up innovative. La “Nuova Sabatini” prevede un contributo a fondo perduto pari al 50% delle spese sostenute per l’acquisto di beni strumentali, fino ad un massimo di 2 milioni di euro per ciascuna start-up.

Manovra finanziaria 2023: novità per il settore turistico e culturale

La Legge di bilancio 2023 introduce anche diverse novità per il settore turistico e culturale, alcune delle quali riguardano il sistema fiscale. Una di queste è l’introduzione del “credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi destinati all’internazionalizzazione“, che prevede un credito d’imposta pari al 40% delle spese sostenute per l’acquisto di beni strumentali nuovi destinati all’internazionalizzazione, fino ad un massimo di 2 milioni di euro per ciascuna impresa. Tale credito d’imposta è rivolto alle imprese del settore turistico e culturale che effettuano investimenti in beni strumentali nuovi destinati all’internazionalizzazione dell’attività.

Inoltre, la Legge di bilancio 2023 prevede anche l’istituzione di un fondo per la promozione della cultura e del turismo, che avrà una dotazione di 50 milioni di euro per l’anno 2023. Il fondo sarà destinato a finanziare iniziative di promozione del patrimonio culturale e del turismo, nonché a sostenere l’organizzazione di eventi culturali e di valorizzazione delle destinazioni turistiche.

Manovra finanziaria: conclusioni

In conclusione, la Legge di bilancio 2023 introduce diverse novità per professionisti, imprese, start-up innovative e il settore turistico e culturale, alcune delle quali riguardano il sistema fiscale e altre che sono finalizzate a sostenere l’economia e a promuovere la cultura e il turismo. Si tratta di un’importante manovra finanziaria che introduce agevolazioni imprese e liberi professionisti.

Come fare la fattura elettronica nel 2023: tutte le novità

La fatturazione elettronica è un sistema di emissione, trasmissione e conservazione delle fatture in formato digitale che sta diventando sempre più diffuso a livello mondiale. Nel 2023 sono previste diverse novità in materia di fatturazione elettronica, sia a livello nazionale che internazionale. In questo articolo vogliamo quindi spiegare come fare la fattura elettronica nel 2023 tenendo conto di tutte le novità previste per quest’anno. In sintesi, nel 2023 sono previste diverse novità in materia di fatturazione elettronica, sia a livello nazionale che internazionale, che mirano a semplificare e velocizzare gli scambi commerciali e a facilitare l’adozione della fatturazione elettronica da parte delle piccole e medie imprese.

Come fare la fattura elettronica nel 2023: le novità previste dalla Legge di Bilancio

La Legge di Bilancio 2023 ha introdotto diverse novità in materia di fatturazione elettronica che riguardano sia le imprese che gli imprenditori. Ecco alcune delle principali novità previste dalla Legge di Bilancio 2023 in materia di fatturazione elettronica:

  1. L’Italia è autorizzata a continuare ad applicare lo split payment – resta in vigore fino al 30 giugno 2023 lo Split Payment per tutte le operazioni eseguite nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni e altri Enti e società. Regola confermata in base a quanto previsto dall’articolo 17-ter del Decreto del Presidente della Repubblica n°633/1972 e sull’istituzione della disciplina dell’imposta del valore aggiunto.
  2. Lancio della fatturazione elettronica cross-border – mantenuto ed esteso il sistema per scambiare fatture elettroniche tra paesi diversi utilizzando lo standard internazionale “PEPPOL” (Pan-European Public Procurement On-Line).
  3. Introduzione di nuovi strumenti e servizi per facilitare l’adozione della fatturazione elettronica da parte delle piccole e medie imprese. La Legge di Bilancio 2023 prevede l’introduzione di nuovi strumenti e servizi, come ad esempio software gratuiti o a basso costo, per facilitare l’adozione della fatturazione elettronica da parte delle piccole e medie imprese.

Fattura elettronica medici: proroga del divieto per le prestazioni sanitarie

Il Decreto Milleproroghe 2023, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 31 dicembre 2022, ha introdotto alcune novità in materia di fatturazione elettronica per le prestazioni sanitarie.

In particolare, il Decreto Milleproroghe 2023 ha prorogato l’esonero di emissione delle fatture elettroniche per le prestazioni sanitarie al 31 dicembre 2023. La proroga dell’esonero per le prestazioni sanitarie:

  1. i soggetti tenuti all’invio dei dati al Sistema TS con riferimento alle fatture i cui dati sono da inviare a detto Sistema
  2. soggetti che non sono tenuti all’invio dei dati al Sistema TS, con riferimento alle fatture relative a prestazioni sanitarie effettuate nei confronti di persone fisiche.

Come fare la fattura elettronica

 

Inoltre, il Decreto Milleproroghe 2023 ha previsto la possibilità per le strutture sanitarie pubbliche o private accreditate o convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale di utilizzare la fatturazione elettronica per le prestazioni sanitarie erogate nei confronti di soggetti privati a partire dal 1gennaio 2024, a condizione che le prestazioni siano pagate mediante carte di credito, bancomat o altri strumenti di pagamento elettronici.

Decreto Milleproroghe

Il Decreto Milleproroghe specifica infatti:

“Per i periodi d’imposta 2019, 2020, 2021 e 2022, i soggetti tenuti all’invio dei dati al Sistema tessera sanitaria, ai fini dell’elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata, ai sensi dell’articolo 3, commi 3 e 4, del decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175, e dei relativi decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, non possono emettere fatture elettroniche ai sensi delle disposizioni di cui all’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, con riferimento alle fatture i cui dati sono da inviare al Sistema tessera sanitaria”

Come fare la fattura elettronica: conclusioni

Le novità introdotte nel 2023 in materia di fatturazione elettronica hanno riguardato sia le imprese che gli imprenditori nei vari regimi fiscali. In particolare, a partire dal 1° gennaio 2023 è stato introdotto l’obbligo di fatturazione elettronica per le imprese che emettono fatture nei confronti della pubblica amministrazione, mentre a partire dal 1° luglio 2023 sarà possibile scambiare fatture elettroniche tra paesi diversi utilizzando lo standard internazionale “PEPPOL“.

Inoltre, la Legge di Bilancio 2023 ha previsto l’introduzione di nuovi strumenti e servizi per facilitare l’adozione della fatturazione elettronica da parte delle piccole e medie imprese.

In sintesi, le novità introdotte nel 2023 in materia di fatturazione elettronica hanno comportato l’estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica a nuove categorie di soggetti e l’introduzione di nuove opportunità per le imprese e gli imprenditori.

Come richiedere la NASPI

La NASPI è il sussidio di disoccupazione. La Legge di Bilancio 2022 ha modificato alcune regole molto importanti su come richiedere la NASPI, anche se le regole generali sono rimaste sempre le stesse. Oggi, infatti, i soggetti che possono farne richiesto sono molti di più (come, ad esempio, gli operai agricoli a tempo indeterminato dipendenti dalle cooperative agricole e loro consorzi, precedentemente esclusi). Inoltre, i vincoli relativi ai 30 giorni di lavoro effettivo nei 12 mesi precedenti e, in parallelo, sul calcolo dell’importo cambia il décalage del 3 per cento mensile, che si applicherà dal sesto o dall’ottavo mese di fruizione, in base all’età del beneficiario, sono decaduti. Cerchiamo, quindi, di capire meglio come richiedere la NASPI, quali documenti occorrono e dove e quando devono essere consegnati.

Come richiedere la NASPI: il modulo INPS

INPS ha predisposto uno specifico modulo NASPI da scaricare, stampare, compilare e rispedire. Il documento può essere inviato.

  • Tramite sito inps.it (è necessario possedere SPID, CIE O CNS)
  • Utilizzando l’app d’INPS (è necessario possedere SPID, CIE O CNS)
  • Attraverso il patronato
  • Grazie al supporto del call center Multicanale INPS INAIL

L’Istituto Nazionale Previdenza Sociale ha messo a disposizione sul proprio sito, una guida completa e dettagliata per compilare correttamente il pdf scaricabile.

NASPI: a chi spetta

Su questo punto la Legge di Bilancio 2022 ha introdotto delle novità. Oltre a tutti i soggetti precedentemente autorizzati a fare domanda NASPI, oggi possono inoltrare richiesta anche:

  1. apprendisti
  2. soci lavoratori di cooperative con rapporto di lavoro subordinato con le medesime cooperative
  3. personale artistico con rapporto di lavoro subordinato
  4. dipendenti a tempo determinato delle pubbliche amministrazioni

Requisiti NASPI

Anche i requisiti per l’inoltro della domanda NASPI sono cambiati grazie alla Legge di Bilancio 2022. I nuovi requisiti introdotti quest’anno sono:

  • stato di disoccupazione involontario
  • il requisito contributivo ovvero il lavoratore deve poter far valere, nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione, almeno tredici settimane di contribuzione.

Inoltre, i lavoratori disoccupati dal 1° gennaio 2022 non devono più rispettare il requisito che prevedeva 30 giornate di lavoro effettivo, effettuate meglio ultimi 12 mesi, per poter inoltrare domanda di sussidio.

Come richiedere la NASPI

Nuova NASPI: i soggetti esclusi

Tra le novità su come richiedere la NASPI troviamo anche l’elenco dei soggetti esclusi. Non ne possono beneficiare:

  • dipendenti a tempo indeterminato delle PA
  • operai agricoli a tempo determinato
  • operai agricoli a tempo indeterminato che non siano dipendenti di cooperative e loro consorzi che trasformano, manipolano e commercializzano prodotti agricoli e zootecnici
  • lavoratori extracomunitari con permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per i quali resta confermata la specifica normativa

Come richiedere la NASPI: lo stato di disoccupazione

I soggetti che desiderano sapere come richiedere la NASPI deve, prima di tutto, conoscere il modo in cui inoltrare domanda di disoccupazione. Per chiedere lo stato di disoccupazione è necessario rilasciare la DD, Dichiarazione d’Immediata Disponibilità e soddisfare i seguenti requisiti:

Lavorare, quindi, non significa dover per forza rinunciare allo stato di disoccupazione e, di conseguenza, non aver diritto alla NASPI. A fare la differenza è il reddito percepito. Il reddito varia in base alla soglia ed è previsto:

  • lavoro dipendente – soglia imposta a 8145 euro all’anno
  • lavoro autonomo – soglia imposta a 4800 euro annui

Lo stato di disoccupazione può essere richiesto direttamente presso i Centri per l’impiego presentando:

  • carta d’identità (o altro documento di riconoscimento valido)
  • copia contratto di lavoro
  • Permesso di soggiorno e indirizzo di residenza (per i disoccupati stranieri)

Lo stato di disoccupazione si mantiene presentandosi ogni anno per i Centri per l’impiego e aggiornare lo status attualmente in vigore.

Calcolo NASPI

La NASPI si calcola dividendo il totale delle retribuzioni imponibili ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni, per il numero di settimane contributive. Il risultato deve poi essere moltiplicato per il valore 4,33. Quando e se la retribuzione mensile fosse pari o inferiore a 1250,87 euro, la NASPI è calcolata nella percentuale del 75% della retribuzione stessa.

Quando e se superiore a tale soglia, invece, al 75% è aggiunto un importo pari al 25% del differenziale tra la retribuzione mensile e il precedente importo. INPS aiuta i disoccupati a calcolare correttamente l’importo spettante, grazie a un nuovo sistema di calcolo avanzato messo a disposizione sul proprio sito.

Fondo Impresa Donna: legge Bilancio 2021

Ormai è più di un anno dall’inizio della crisi pandemica, ma sono molti di più dall’inizio della crisi economica (e tutte le sue derivazioni) nel territorio italiano. Nonostante ciò,  la crisi ha accelerato il processo della messa in atto delle misure per contrastare le principali problematiche del paese. Dai famosi bonus monopattino fino alla legge di Bilancio del 2021.  Il settore che lo stato ha selezionato è stato quello delle imprese femminile. Oggi questi soldi si chiamano Fondo Impresa Donna (o “fondo di impresa femminile”).

Fondo Impresa Donna: cos’è e perché esiste?

Il Fondo Impresa Donna nasce per dare un sostegno economico alle imprese femminili. Il governo ha emanato questo decreto con lo scopo di dare una nuova vita al mercato italiano. Portare in campo nuove risorse per contrastare l’alto tasso di disoccupazione femminile del nostro paese, che, purtroppo, è tra i più alti nell’UE.

Il governo ha messo a disposizione ben 40 milioni di euro per questo fondo, tuttavia le risorse non finisco qui, perché grazie al sostegno del PNRR si sono potuti destinare circa 400 milioni per la stessa causa (Gazzetta Ufficiale del 14 dicembre 2021).

Nonostante la legge di Bilancio del 2021 sia stata approvata da qualche tempo, abbiamo dovuto aspettare diversi mesi prima di avere le modalità di attuazione per l’intervento economico per le imprese femminili. La misura, come accennato prima, ha l’obiettivo di provare a mettere in equilibrio il nostro sistema imprenditoriale, dando pari opportunità. Questa interverrà sia durante il periodo di nascita delle imprese che durante il loro periodo di crescita e sviluppo, in modo da “accompagnarle” durante il loro percorso di consolidamento, per dare a loro una vera possibilità di permanenza nel mercato

Il Fondo di impresa femminile è stato stipulato per diversi motivi, ma possono essere tutti riassunti nel promuovere e rafforzare le imprese femminili per diffondere una vera opportunità di crescita nel paese, dando a loro pari opportunità nei diversi settori. Detto ciò, la domanda da rispondere è: cosa sono le imprese femminili?  

Imprese femminili: cosa sono?

Secondo il Dipartimento per le pari opportunità possono essere considerate imprese femminili se rispettano uno dei requisiti qui elencati:

  • Imprese individuali in cui il titolare è una donna;
  • Società di persone (o cooperative) in cui le donne rappresentino almeno il 60% della compagine sociale;
  • Società di capitali in cui la maggioranza dei componenti dell’organo di amministrazione è costituita da donne o la maggioranza delle quote di capitale è detenuta da donne;
  • I consorzi composti dal 51% o più da imprese femminili.

Linee d’azione del progetto

Ora bene, esistono due linee di azione per gli incentivi, divise in base alla situazione dell’impresa:

  • Nascita e sviluppo delle imprese femminili;
  • Sviluppo e consolidamento di imprese già attive.

Tuttavia questo non è tutto, Il Fondo sostiene, come menzionato nel sito di Unicamere Veneto, anche “azioni per la diffusione della cultura e la formazione imprenditoriale femminile”. Questo significa che il Ministero dello Sviluppo economico e il Ministero dell’economia e finanze, non promuovono questo fondo solo per le imprese ma anche per portare un valore di imprenditorialità dentro alle aule delle nostre scuole e università: “diffusione di cultura imprenditoriale tra le donne, di orientamento e formazione verso percorsi di studio nelle discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche, di sensibilizzazione verso professioni tipiche dell’economia digitale e attraverso azioni di comunicazione per diffondere la cultura femminile d’impresa e promuovere i programmi finanziati dal Fondo stesso.”

Fondo Impresa Donna: legge Bilancio 2021

Regole per i progetti

Le regole in merito al tetto massimo di capitale permesso per i progetti e le tempistiche per la sua presentazione, sono state ben definite e possono essere riassunte in questo modo: 

  • Budget massimo di 250 mila euro per le nuove imprese;
  • Budget massimo di 400 mila euro per le imprese già inserite nel mercato;
  • Tempo massimo di presentazione di 2 anni, per entrambe le tipologie di imprese.

Quali progetti possono essere presentati?

Possono fare domande per il fondo le imprese che operano nei seguenti settori economici:

  • Artigianato;
  • Industria;
  • Trasformazione di prodotti agricoli;
  • Commercio;
  • Turismo e servizi.

Fondo Impresa Donna: le modalità operative

Grazie al fondo,  le imprese femminili potranno avere contributi a fondo perduto fino all’80% dell’investimento (con una spesa massimo di 100 mila euro) per la creazione di una nuova impresa, ovvero nella prima delle due linee di attuazione menzionate prima.

Inoltre, per le donne disoccupate è stato previsto un aiuto ancora maggiore. Per questa tipologia di candidate il contributo a fondo perduto potrà raggiungere fino al 90% dell’investimento. Nonostante ciò, se si supera il limite dei 100 mila euro, la percentuale del contributo a fondo perduto scema fino ad arrivare al 50%. 

Invece per le imprese già esistenti valgono le seguenti misure:

  • Nate da meno di 3 anni:  possono ottenere il 50% del contributo a fondo perduto e il 50% tramite finanziamento agevolato a tasso zero da restituire in 8 anni.
  • Nate da più di 3 anni: possono richiedere il contributo a fondo perduto e un voucher da 5 mila euro per spese di assistenza tecnica e gestione.

Fondo Impresa Donna: come fare domanda

Le procedura per richiesta deve essere compilata esclusivamente in formato elettronico, nella sezione dedicata del sito di Invitalia. Tutte le domande dovranno passare attraverso un processo di valutazione per essere accettate.