Ravvedimento operoso 2021: cos’è, come funziona e quali sanzioni prevede

Il ravvedimento operoso è uno strumento ideato da Agenzia delle Entrate che permette ai contribuenti che vogliono mettersi in regola spontaneamente con il fisco. Si tratta quindi di uno strumento utilizzabile nei casi di violazioni, omissioni, pagamenti insufficienti e dichiarazioni dei redditi errate. Con il ravvedimento operoso 2021 è possibile sanare eventuali violazioni pagando delle sanzioni ridotte e applicando degli interessi di mora in base al numero dei giorni di omesso o ritardato adempimento fiscale. In questo modo i contribuenti che vogliono mettersi in regola fiscalmente in modo spontaneo, pagano delle sanzioni notevolmente ridotte rispetto a quelle che riceverebbero se aspettassero l’accertamento fiscale.

Ravvedimento operoso 2021: quando si applica e quali sono i vantaggi

Lo strumento del ravvedimento operoso è utilizzabile da tutti (o quasi) privati cittadini e imprese. Introdotto in Italia dall’art 13 del Decreto legislativo n° 472 del 1997 ha portata a una diminuzione delle sanzioni applicabili a chi commette violazione fiscale. Si può utilizzare nei casi di:

  • versamenti omessi
  • pagamenti ritardati
  • versamenti errati o insufficienti
  • dichiarazione dei redditi omesse, oppure in ritardo, o ancora errate o insufficienti
  • comunicazioni omesse, presentate in ritardo o sbagliate

Ravvedimento operoso 2021

I vantaggi di sfruttare il ravvedimento operoso 2021 si possono riassumere in quattro diversi punti:

  1. pagare una sanzione ridotta in base al numero dei giorni del mancato, ritardato, o insufficiente adempimento
  2. avere la possibilità di saldare un tributo omesso, ritardato o insufficiente
  3. presentare comunicazione o dichiarazione dei redditi omessa
  4. pagare gli interessi di mora legali solo in base al tasso legale annuo stabilito dalla BCE

Ravvedimento operoso 2021: uno strumento versatile e potente

Il meccanismo di funzionamento di questo strumento è piuttosto semplice. In pratica un contribuente, cittadino o impresa che sia, che ha commesso una violazione fiscale, sa che può ricorrere spontaneamente al ravvedimento operoso 2021 per sanare la violazione stessa, pagando solo la sanzione ridotta, il tributo omesso e gli interessi di mora, calcolati sugli effettivi giorni di ritardo.

Il ravvedimento operoso è uno strumento per mettersi in regola spontaneamente. Nessuna lettera, comunicazione, o sollecito è inviata al contribuente per far presente che può pagare una sanzione ridotta, adottando questo sistema. È possibile usufruire del ravvedimento anche quando è già iniziata la procedura di accertamento della violazione, o la sua contestazione, da parte dell’Amministrazione Finanziaria.

Il ravvedimento operoso 2021 è usufruibile solo per mettersi in regola con tributi e tasse dell’Agenzia delle Entrate: IRPEF, IVA, IRAP, imposta di registro, imposta ipotecaria, imposta catastale, di bollo, successione, ecc…

Anche i contribuenti che hanno già ricevuto una lettera di accertamento fiscale, possono ancora ricorrere all ravvedimento operoso. Non è invece più possibile farvi ricorso nei casi in cui la notifica è per atti di liquidazione, accertamento. Allo stesso modo non si può utilizzare questo strumento in caso di ricezione di comunicazione di irregolarità, emessa a seguito di controlli automatici, o del controllo formale delle dichiarazioni dei redditi.

Tipologie di ravvedimento operoso

Ne esistono di ben 5 diverse tipologie, suddivise in base alle percentuali sanzionatorie applicate. I ravvedimenti quindi possono essere:

  • sprint – se il pagamento è effettuato entro i primi 14 giorni dalla scadenza del tributo/tassa e corrisponde all’1%
  • breve – se il pagamento è effettuato dal 15° al 30° giorno dalla scadenza del tributo/tassa e corrisponde all’1,5%
  • intermedio – se il pagamento è effettuato entro 90 giorni dalla scadenza del tributo/tassa e corrisponde all’1,67%
  • lungo – se il pagamento è effettuato entro lo stesso anno della violazione (o meglio, entro la dichiarazione dei redditi successiva) e corrisponde all’3,75%
  • lunghissimo – se il pagamento è effettuato entro e oltre i due anni dalla scadenza del tributo/tassa e corrisponde all’4,95-5,00%

Ravvedimento operoso 2021 ed interessi di mora

È quindi possibile pagare usando lo strumento del ravvedimento operoso, saldando la sanzione prevista, ma ridotta, il tributo omesso, insufficiente o in ritardo e infine sommando anche gli interessi di mora.

Gli interessi di mora del ravvedimento operoso 2021 si calcolano in base al tasso legale, vale a dire al tasso effettivo 2021 fissato dal nuovo decreto MEF. Un tasso che rimane valido fino al 31 dicembre del 2021 e che risulta essere pari allo 0,01%. La formula esatta per effettuare il calcolo è la seguente:

Tasso ufficiale interessi di mora X € contributi X numero di giorni trascorsi dalla violazione / 36500

Il ravvedimento operoso 2021 può essere pagato mediante F24 (imposte sui redditi, imposte sostitutive, IRAP, IVA, imposta sugli intrattenimenti), F23 (tributi indiretti), F24 Elide (tributi connessi alla registrazione dei contratti di locazione e affitto di beni immobili).

Dichiarazioni 730 – cosa sono, quando si fanno, scadenze e compilazione

Le dichiarazioni 730 sono quelle riservate ai lavoratori dipendenti e ai pensionati. Dal 10 maggio di quest’anno sul sito dell’Agenzia delle Entrate (AdE) è disponibile il modello del 730 precompilato. A distanza di 15 giorni AdE consente ai contribuenti di scaricarlo, compilarlo e inviarlo in forma telematica. Per poter accedere all’area personale sul sito di AdE è necessario possedere le credenziali PIN dell’Agenzia delle Entrate, il PIN dell’INPS, oppure SPID o CIE. La compilazione di queste dichiarazioni offrono diversi vantaggi ai lavoratori. Prima fra tutti quella secondo la quale non è necessario eseguire i calcoli per poi ottenere il rimborso in busta paga, piuttosto che sulla rata della pensione. Al contrario, se dai calcoli, risultasse necessario effettuare dei pagamenti, questi sono trattenuti direttamente dalla retribuzione, piuttosto che dalla pensione stessa.

Quindi si tratta di modelli di dichiarazione dei redditi che devono presentare le persone fisiche. I modelli cambiano a seconda della tipologia di reddito posseduta (pensione, retribuzione da lavoro dipendente, ecc…).

Dichiarazioni 730: alternativa al Modello Unico

Il modello 730 è usato in alternativa al Modello Unico da tutti i contribuenti che devono dichiarare i seguenti redditi:

  • di pensione o di lavoro dipendente (compresi i redditi da collaborazione coordinata e continuativa e le indennità sostitutive di reddito di lavoro dipendente); i redditi di pensione o di lavoro dipendente (assieme alle trattenute fiscali e i contributi previdenziali) sono certificati nel CUD emesso dal datore di lavoro o dall’INPS
  • di terreni e fabbricati
  • a tassazione separata
  • di capitale
  • di lavoro autonomo per i quali non è richiesta la partita IVA (ad esempio prestazioni di lavoro autonomo non esercitate abitualmente)
  • redditi diversi (ad esempio redditi di terreni e fabbricati situati all’estero)

I titolari di partita IVA invece non devono usare il modello 730. Oltre a loro ci sono un’altra serie di soggetti esonerati dalla presentazione delle dichiarazioni 730:

  • contribuenti non residenti in Italia
  • eredi di contribuenti deceduti
  • tutti coloro i cui datori di lavoro non sono tenuti a versare le ritenute d’acconto (ad esempio, i lavoratori domestici come colf, giardinieri, ecc.)
  • i contribuenti con soli redditi da abitazione principale più eventuali altri fabbricati non locati
  • i contribuenti con soli redditi da lavoro dipendente o pensione a patto che il datore di lavoro/ente pensionistico abbia effettuato correttamente tutte le ritenute fiscali in busta paga
  • coloro che oltre ad aver percepito redditi da lavoro dipendente o pensione, posseggono anche la loro abitazione principale più altri eventuali fabbricati non locati

A differenza del modello Unico, le dichiarazioni 730 possono essere congiunte e contenere i redditi di entrambi i coniugi.

Dichiarazioni 730

Dichiarazioni 730: scadenze e modalità di presentazione

La scadenza fiscale entro la quale le dichiarazioni 730 devono essere presentate è il 30 settembre 2021. Il termine di trasmissione è sempre lo stesso. Mentre la data per l’erogazione del rimborso IRPEF spettante è differenziata in relazione al periodo di trasmissione della dichiarazione dei redditi.

Gli eventuali rimborso emersi dal calcolo del 730, sono erogati sulle retribuzioni di competenza del mese successivo a quello in cui il sostituto ha ricevuto la comunicazione di liquidazione, in altre parole il risultato del calcolo della dichiarazione dei redditi.

Da ricordare infine la data del 25 ottobre 2021, entro la quale è necessario per i lavoratori inviare l’eventuale dichiarazione dei redditi integrativa in caso di errori.

Rimborsi e conservazione

Abbiamo visto quindi che la data di rimborso, se previsto, arriva direttamente in busta paga a cadenza personalizzata. Nel caso in cui il 730 contenga i dati del sostituto d’imposta, allora il rimborso è accreditato a partire dalla busta paga del mese di luglio. Per i pensionati invece il rimborso va sulla rata della pensione a partire da quella del mese di agosto.

Se il modello 730 invece non contiene i dati del sostituto d’imposta, allora il rimborso è accreditato da parte dell’Agenzia delle Entrate entro fine anno, o all’inizio dell’anno successivo, direttamente sul conto corrente bancario del soggetto dichiarante.

Le dichiarazioni 730 devono essere obbligatoriamente conservate per almeno i 5 anni successivi dall’anno di presentazione (termine stabilito per l’accertamento). Per fare un esempio: la dichiarazione del 730 dell’anno 2018, va conservata fino al 31 dicembre del 2023.

Infine si ricorda che i contribuenti con partita IVA non possono fare dichiarazioni 730 nemmeno se avessero percepito anche un reddito da lavoro dipendente o da pensione. Devono per forza fare il modello REDDITI (ex Modello Unico).

Bolletta doganale: cos’è e come funziona

La bolletta doganale è un documento che attesta e conferma il pagamento delle tasse doganali. Inoltre è una sorta di certificato che dichiara la conformità ad ogni altra formalità previste dalla dogana. Tutto ha inizio al momento della spedizione. In questa prima fase, il mittente, compila e firma la bolletta doganale che servirà ad accompagnare la merce fino alla frontiera. Questo documento assolve, contemporaneamente, a due importanti compiti: individuare il paese di destinazione merce e calcolare le relative tasse doganali. Il documento si trasforma in una vera e propria bolletta doganale, chiamata anche DAU (Documento Amministrativo Unico) o DAE (Documento Accompagnamento Esportazione), quando le tasse doganali risultano pagate e la dogana assegna al modulo una data e un numero identificativo. La bolletta doganale è unica e vale sia per importazioni che per le esportazioni.

Bolletta doganale: tipologie, modelli e caratteristiche

A seconda dei casi la bolletta doganale può assumere denominazioni diverse:

  • di accompagnamento – questo termine indica una bolletta doganale che serve solo ad accompagnare la merce da una dogana all’altra. Solo nell’ultima dogana verranno pagate le tasse.
  • di importazione – utilizzata per trasportare la merce dalla dogana alla destinazione finale
  • di esportazione o temporanea importazione – in questo caso la merce transita solo temporaneamente da una dogana, quindi sulla bolla è scritto la data entro la quale la merce deve essere definitivamente spostata
  • introduzione in deposito – si tratta dei documenti che accompagnano le merci depositate in appositi locali messi a disposizione dalle dogane.

Al momento in cui è fatto un acquisto di merce proveniente da un Paese Extra UE, assieme alla bolla doganale, l’acquirente riceve anche:

  • fattura emessa dal venditore straniero
  • fattura del trasportatore

quando un’azienda riceve quindi della merce proveniente da un paese Extra UE deve registrare la bolla doganale, la fattura del venditore e la fattura dello spedizioniere. Quando le bolle doganali e le corredate fatture devono essere registrate è necessario fare tre diverse distinte.

Dazi doganali: cosa sono e come sono calcolati

Da oltre 2000 anni le civiltà impongono dei dazi sulle merci che venivano scambiate con le popolazioni vicine. Oggi il dazio doganale è definito come: “imposta indiretta applicata sul valore di tutti i prodotti importati ed esportati dal Paese che l’impone”. In Europa, è applicato un dazio doganale per tutti quei prodotti che provenienti, o diretti in Paesi che non fanno parte della CEE (Comunità Economica Europea).

In Italia l’importo da pagare alla dogana varia a seconda della merce. Ci sono però alcuni fattori da considerare sempre:

  • valore del prodotto importato
  • tipologia di prodotto importato

Bolletta doganale

Dazi doganali: come sono calcolati

I dazi doganali sono calcolati quindi tenendo conto del valore stesso della merce importata/esportata. È applicata una relativa percentuale che varia in base appunto alla merce. Esiste una tabella specifica che serve ad identificare e classificare ogni diversa tipologia di merce importata. Online è inoltre disponibile il TARIC, un servizio telematico che consente di recuperare tutte le informazioni necessarie ad identificare la tipologia di merce che passa per le dogane.

Volendo trarre una formula generica per spiegare la composizione di un dazio doganale, è possibile affermare che questo è composto da:

valore della merce + nolo Extra UE (nolo=spesa di trasporto)

Infine l’IVA, imposta sul valore aggiunto, è calcolata su valore del bene + nolo Extra UE + dazi doganali. In altre parole l’IVA è calcolata e fatta pagare anche sugli stessi dazi doganali! Quando la bolletta doganale non è espressa in Euro, la conversione va fatta tenendo conto del tasso di cambio alla data riportata sulla bolletta stessa.

Bolletta doganale: sezioni e caselle

La bolletta doganale è suddivisa in una serie di caselle, codici e sezioni, ciascuna delle quali indica uno specifico elemento. Le caselle più importanti sono:

  • 1 – Dichiarazione Contiene la scritta IM (importazione)
  • 8 – Destinatario Il tuo indirizzo
  • 12 – Elementi di trasporto Spese di trasporto UE e extra UE
  • 20 – Termini Le condizioni contrattuali di spedizione
  • 22 – Valuta La valuta usata per l’acquisto
  • 23 – Tasso di cambio tasso di cambio fissato dalla dogana
  • 33 – Codice merci Codice identificativo delle merci
  • 42 – Prezzo Costo della merce al tasso di cambio
  • 44 – Speciali Eventuali autorizzazioni, certificati
  • 47 – Imposte IVA e dazi doganali

Spesometro

Lo spesometro è una particolare comunicazione che i titolari di partita IVA devono redigere e presentare ad Agenzia delle Entrate. Non sono tenuti alla compilazione di questa documentazione i contribuenti che rientrano nel regime forfettario, commercianti al dettaglio per operazioni inferiori ai 3.000 € e le agenzie di viaggio per importi inferiori a 3.600 €.

Lo spesometro contiene solo operazioni certificate da scontrino elettronico o ricevuta fiscale, nonché tutte quelle fatturate con fatturazione elettronica. Dal 2017 lo spesometro è stato poi collegato anche alla comunicazione IVA e alla liquidazione IVA periodica.

Le spese sostenute per importazioni Extra UE NON vanno riportate nello spesometro. Quando la merce transita in Italia, occorre semplicemente  emettere bolla doganale e, con quella, il Fisco è già consapevole del trasporto.

Dichiarazione IVA: tutti i soggetti esonerati nel 2021

La dichiarazione IVA è presentata ogni anno da tutti quei contribuenti titolari di partita IVA che esercitano attività d’impresa o di lavoro autonomo. Attraverso la dichiarazione IVA i soggetti comunicano ad Agenzia delle Entrate (AdE) ogni operazione eseguita nel corso dell’anno che ha impatto ai fini IVA. Ci sono però molti soggetti esonerati da questo obbligo.

Dichiarazione IVA: soggetti obbligati

Tra i soggetti titolari di partita IVA obbligati a presentarla ogni anno, ricordiamo le attività:

  • d’impresa
  • artistiche o professionali
  • associazioni sportive dilettantistiche
  • associazioni culturali non riconosciute che non hanno scelto le disposizioni della legge n°398/1991
  • tutti i soggetti che hanno optato per l’applicazione IVA in regime ordinario
  • eredi
  • curatori fallimentari
  • società incorporanti
  • società beneficiarie in caso di scissione

La dichiarazione IVA è obbligatoria in ogni caso, anche quelli in cui, nel 2020, i soggetti precedenti:

  • non abbiano effettuato operazioni in regime IVA
  • non erano tenuti al versamento dell’imposta
  • hanno effettuato operazioni non imponibili
  • hanno eseguito operazioni non soggette
  • non hanno svolto alcuna attività

Dichiarazione IVA

Dichiarazione IVA: i soggetti esonerati nel 2021

Visti i soggetti obbligati alla presentazione della dichiarazione IVA, elenchiamo adesso tutti quelli che possono non presentarla:

  • Soggetti che durante il 2020 hanno eseguito operazioni esenti
  • Contribuenti in regime forfettario e contribuenti minimi
  • Contribuenti rientranti nel regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e i lavoratori in mobilità
  • Produttori agricoli con volume di affari inferiore a 7000€
  • Esercenti di attività di organizzazione di giochi
  • Imprese individuali che hanno dato in affitto l’unica azienda
  • Soggetti passivi d’imposta non residenti
  • Enti non commerciali, società sportive;
  • Soggetti domiciliati o residenti fuori dall’Unione europea
  • Raccoglitori occasionali di prodotti selvatici non legnosi di cui alla classe ATECO 30
  • raccoglitori occasionali di piante officinali spontanee, con volume d’affari dell’anno precedente inferiore a 7000€
  • Giornalai – tabaccai che hanno effettuato solo operazioni non rilevanti ai fini IVA

Soggetti che svolgono attività d’intrattenimento

Le attività d’intrattenimento che sono assoggettate ad imposte sugli intrattenimenti, che scontano l’IVA in modo forfettario sono:

  • Esecuzioni musicali di qualunque genere
  • Attività che impiegano biliardi, elettrogrammofoni, biliardini, apparecchio o congegno a gettone, moneta, o a scheda, da divertimento o trattenimento, anche se automatico o semiautomatico, installati sia nei luoghi pubblici o aperti al pubblico, sia nei circoli o associazioni di qualsiasi specie, gioco del bowling, noleggio di go-kart
  • Sale giochi o attività di scommesse
  • Esercizio del gioco nelle case da gioco

Regime forfettario, contribuenti minimi e dichiarazione IVA

Come detto nel paragrafo precedente, i soggetti in regime forfettario e contribuenti minimi non hanno l’obbligo di presentare dichiarazione IVA. Quindi sono esonerati agli effetti IVA:

  • Obbligo di fatturazione, registrazione e liquidazione d’imposta
  • Versamento imposta periodica ed annuale
  • Presentazione della dichiarazione IVA
  • Obbligo redazione e conservazione registri IVA

Dichiarazione IVA: termini e sanzioni

La dichiarazione IVA deve quindi essere presentata nel periodo compreso tra il 1° febbraio e il 30 aprile. Il riferimento deve essere fatto all’anno d’imposta precedente. Non è invece previsto un termine di consegna agli intermediari che devono trasmettere telematicamente ad AdE.

In caso di presentazione tardiva entro 90 giorni dalla scadenza, la dichiarazione IVA è comunque ritenuta valida, ma sono applicate delle sanzioni. Le sanzioni previste da legge, in questo caso, hanno un valore compreso tra i 250€ e i 2000€. Per evitare la sanzione, il contribuente assieme alla presentazione tardiva può presentare anche il ravvedimento operoso.

In caso invece di omesso versamento, la sanzione applicata è pari al 30% dell’imposta non versata.

Risulta quindi chiaro quanto sia importante capire e sapere quando è obbligatorio presentare dichiarazione IVA, per evitare di incappare in eventuali sanzioni.

Le dichiarazioni IVA presentate oltre 90 giorni dalla scadenza, sono considerate omesse. Nonostante questo però costituiscono ugualmente titolo per la riscossione dell’imposta. Oltre questa scadenza quindi sono previste altre sanzioni, nelle seguenti forme:

  1. Dal 120% al 240% dell’imposta dovuta, con un minimo di euro 250,00, in presenza di debito d’imposta
  2. Da 250,00 euro a 2.000,00 euro, se il soggetto effettua esclusivamente operazioni per le quali non è dovuta l’imposta

Istruzioni certificazione unica: modello, informazioni e aggiornamenti 2021

Il 15 gennaio 2021 Agenzia delle Entrate(AdE) ha emesso un nuovo provvedimento con il quale ha pubblicato il nuovo modello CU definitivo per l’anno in corso. Allegato al modello sono state inserite le relative istruzioni certificazione unica per una corretta compilazione. Molteplici le novità inserite da AdE, sia per quanto riguarda le voci aggiuntive (come ad esempio il nuovo bonus IRPEF 2021, o le voci relative all’emergenza Covid-19), che la nuova scadenza prevista per il 16 marzo per la trasmissione ad Agenzia delle Entrate. Rimane invece invariata la data del 31 ottobre 2021 il termine ultimo per la trasmissione della CU contenente i redditi esenti o non dichiarabili tramite certificazione unica precompilata.

Istruzioni certificazione unica: modello e novità

I sostituti d’imposta usano la CU per dichiarare i redditi di lavoro dipendente e assimilati, redditi di lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi. In CU inoltre sono inseriti anche tutti i redditi derivanti dai contratti di locazione brevi relativi al periodo di imposta 2020.

Il 15 gennaio Agenzia delle Entrate ha emanato il provvedimento “dichiarazioni fiscali 2021 modelli definitivi 730, CU, IVA e 770″. Provvedimento con il quale è stato quindi messo finalmente a disposizione il modello definitivo della CU con le relative istruzioni certificazione unica. Il modello è quindi quello che deve essere obbligatoriamente utilizzato da:

  • tutti i soggetti che durante il 2020 hanno ricevuto denaro o valori soggetti a ritenute alla fonte
  • coloro che hanno corrisposto contributi previdenziali e assistenziali e/o premi assicurativi dovuti all’INAIL
  • tutti i coloro che sono assoggettati alla contribuzione INPS, anche se hanno corrisposto somme e valori per i quali non è prevista l’applicazione delle ritenute alla fonte
  • titolari posizione assicurativa INAIL
  • Amministrazioni che operano come sostituto d’imposta

CU: le novità sulle informazioni contenute nel documento

Il provvedimento  di AdE ha introdotto una serie di novità sui contenuti della CU. Ogni certificazione unica infatti, deve contenere:

  • frontespizio – dove sono riportate le informazioni relative alla tipologia di comunicazione, ai dati del soggetto che inoltra la CU, i dati del rappresentante firmatario della comunicazione stessa, firma e impegno alla comunicazione telematica
  • quadro CT – in questa sezione sono da riportare tutte le informazioni relative alla comunicazione telematica dei dati relativi ai modelli 730 – 4 resi disponibili dall’Agenzia delle Entrate
  • certificazione unica 2020 – sezione principale del modulo che deve contenere: dati fiscali, dati previdenziali, assistenza fiscale, certificazione lavoro autonomo, provvigioni, redditi diversi e i dati fiscali relativi alle certificazioni dei redditi relativi alle locazioni brevi.

Istruzioni certificazione unica

Certificazione Unica 2021: scadenze

Altra grande novità introdotta da Agenzia delle Entrate con il medesimo provvedimento del 15 gennaio, è quella relativa al calendario scadenze. Infatti il Decreto Fiscale 2020 e il Decreto Legislativo numero 9 del 2020 hanno stabilito un nuovo scadenzaria per far fronte anche all’attuale situazione pandemica dovuta alla diffusione del Covid-19. Entra quindi in ballo la scadenza unica datata 16 marzo (Consegna della Certificazione Unica ai lavoratori e Consegna dei dati CU all’Agenzia delle Entrate). Invariata invece la data del 31 ottobre 2021 pre presentare la CU relativa ai redditi esenti o non dichiarabili con CU precompilata.

La trasmissione della CU deve avvenire in forma telematica. Questa può essere fatta direttamente dal soggetto obbligato alla comunicazione, oppure tramite un intermediario abilitato.

Inoltre Agenzia delle Entrate specifica:

“Il flusso si considera presentato nel giorno in cui è conclusa la ricezione dei dati da parte dell’Agenzia delle Entrate. La prova della presentazione del flusso è data dalla comunicazione attestante l’avvenuto ricevimento dei dati, rilasciata per via telematica”.

Istruzioni certificazione unica 2021: modelli e novità fiscali

Quest’anno sono stati messi a disposizione due diversi modelli CU definitivi:

Assieme a questi sul sito di AdE sono presenti anche il Modello CU 2021 – Istruzioni dell’Agenzia delle Entrate  e la Certificazione Unica 2021 – Specifiche tecniche.

Molte le novità fiscali previste vista l’attuale situazione:

  • trattamento integrativo
  • detrazione redditi di lavoro dipendente e assimilati
  • clausola di salvaguardia per l’attribuzione del sostituto del bonus IRPEF
  • clausola di salvaguardia per l’attribuzione del trattamento integrativo in presenza di ammortizzatori sociali
  • attribuzione premio ai lavoratori dipendenti nel mese di marzo

Dichiarazione IVA precompilata 2021: cos’è e come funziona

Dal primo gennaio 2021 è partita, in via sperimentale, l’iniziativa promossa da Agenzia delle Entrate(AdE) sulla dichiarazione IVA precompilata. Il sistema è stato ideato con lo scopo di semplificare al massimo le procedure a vantaggio dei contribuenti. È previsto che siano utilizzate tutte le informazioni utili ricavabili dalle fatture elettroniche, dalle operazioni transfrontaliere e dai corrispettivi telematici. Con tutti questi dati raccolti, in automatico, il sistema predisporrà le bozze dei Registri delle fatture emesse e ricevute.

La dichiarazione è precompilata e predisposta da AdE. Per tutte le operazioni IVA 2021 è messa a disposizione anche la bozza della dichiarazione annuale dell’IVA. Si tratta comunque di semplici “bozze”, che richiederanno la conferma da parte del contribuente (un po’ come già avviene per il modello 730 precompilato).

Dichiarazione IVA precompilata: le categorie dei soggetti interessati

Nell’articolo “Riduzione degli adempimenti amministrativi e contabili per specifiche categorie di soggetti” previsto nella legge di bilancio del 2019, sono individuati i soggetti che possono usufruire della semplificazione fiscale attraverso la dichiarazione IVA precompilata. L’articolo prevede che tali soggetti siano individuati direttamente con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze.

In categoria rientrano imprese e società di piccole dimensioni, come artigiani, commercianti, professionisti e imprenditori individuali. Sono inoltre compresi anche chi svolgi attività d’impresa, arte o professione anche se solo per il periodo in cui l’attività stessa è iniziata, o per due anni successivi.

Il materiale messo a disposizione dall’Agenzia delle entrate

Agenzia delle Entrate mette a disposizione una serie di bozze e documenti, tra cui:

  • Lipe – liquidazione IVA periodica (mensile o trimestrale) con determinazione del saldo a debito o a credito per il periodo
  • Registri obbligatori – vale a dire registro fatture e registro acquisti. Questi saranno precompilati partendo dai dati rilevati dalle fatture elettroniche emesse e ricevute tramite SdI.
  • Dichiarazione IVA annuale – dichiarazione con cui è effettuato il calcolo IVA annuale (tenendo conto di ogni variabile: reverse charge, split payment, immediata o differita, ecc…).
  • Modelli F24 – questi servono per il versamento a saldo a debito o a credito della dichiarazione IVA.

Dichiarazione IVA

Dichiarazione IVA precompilata 2021: obiettivi

Lo scopo della dichiarazione IVA precompilata è quella di semplificare al massimo il rapporto tra contribuente e fisco. In questo modo si vuole ridurre al minimo il rischio di evasione fiscale  ed elusione fiscale, puntando sull’aumento del tasso di adempimento spontaneo.

Questa iniziativa non è che l’ultima in casa del fisco italiano, adottata per le ragioni sopra citate. Insieme alla fatturazione elettronica, allo scontrino elettronico, alle semplificazioni previste per il calcolo degli acconti IRES, IRAP e IRPEF, nonché il modello 730 precompilato introdotto già  a partire dal 2015, il sistema si sta muovendo verso una digitalizzazione totale e una semplificazione di massa di ogni processo fiscale.

Fatture elettroniche e nuovi codici

A inizio 2021 sono entrati in vigori come obbligatori, alcuni nuovi codici relativi all’emissione e alla trasmissione delle fatture elettroniche. Questi codici sono stati introdotti da Agenzia delle Entrate per semplificare il processo di raccolta dati necessari ad AdE per creare le bozze delle dichiarazioni IVA precompilate. I codici infatti semplificano i procedimenti nei casi di reverse charge, fatture di vendita e note di credito.

Per quanto riguarda la fattura attiva (vendita) è obbligatoria la fatturazione e ciclo attivo. Per la fattura passiva invece diventerà obbligatorio il ciclo passivo da gennaio 2022. Di conseguenza le integrazioni ai documenti esteri in caso di integrazione e auto fatturazione sono facoltative per il 2021. Le novità introdotte porteranno all’eliminazione dell’esterometro a partire dal 20222. Per quanto riguarda invece il reverse charge estero, i nuovi codici permettono una gestione digitale del procedimento e non più solo cartacea. Infatti i codici TD17, TD18 e TD19 si possono usare adesso per il reverse charge relativo ai servizi acquistati da soggetti stranieri, sugli acquisti comunitari, e su acquisti di beni da soggetti stranieri.

Tornando all’IVA invece i nuovi codici introdotti danno la possibilità di gestire in modo più ampio le casistiche IVA. In questo modo è possibile precompilare la famosa dichiarazione IVA di cui parlavamo, in modo molto più completo e dettagliato. La nuova struttura del formato XML permette ad AdE di produrre automaticamente i registri IVA, le comunicazioni e la dichiarazione annuale IVA.

Integrazione e convalida registri IVA

Nel corso del mese successivo a quello di riferimento, dal quinto al quindicesimo giorno, il contribuente può:

  • Integrare il registro IVA – aggiungere tutti i dati eventualmente non presenti come, ad esempio, bollette doganali, operazioni con l’estero, fatture per prestazioni sanitarie, e le fatture cartacee, ecc.
  • Convalidare il registro IVA – il contribuente ha tempo per controllare e approvare i documenti prodotti da AdE rispettando le scadenze previste per la liquidazione periodica dell’IVA.

Contrassegno telematico: cos’è, a cosa serve e come acquistarlo

Il contrassegno telematico è un certificato di pagamento dell’imposta di bollo. Il suo valore varia a seconda delle disposizioni di legge e da documento a documento. In passato esisteva solamente la marca da bollo cartacea, liberamente acquistabile anche in tabaccheria. Oggi, invece, è possibile comprare anche le marche da bollo telematiche, direttamente online. Il contrassegno telematico non ha una validità, una data di scadenza se vogliamo. Acquistandolo online non si compra un vero e proprio contrassegno, ma, piuttosto, si effettua un “versamento”.

La marca da bollo telematica consente quindi a privati e imprese di assolvere all’obbligo del versamento dell’imposta, richiesto per atti e documenti della Pubblica Amministrazione (PA).

Contrassegno telematico: come funziona

Volendo acquistare un contrassegno telematico è necessario utilizzare il servizio messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate che si chiama @e.bollo. L’acquisto è addebitato direttamente sul proprio conto corrente, oppure su carta di debito o su carta prepagata tramite il sistema PagoPa. Per farlo basta scegliere un prestatore di servizi di pagamento abilitato al servizio, che abbia aderito alla convenzione tra AgID e Agenzia delle entrate.

Al momento comunque, l’unico prestatore che abbia aderito al servizio è quello rappresentato dall’Istituto di Pagamento del sistema camerale.

Dove acquistare il contrassegno telematico

Attualmente non è possibile acquistare ovunque la marca da bollo online. Infatti, per ora, il servizio è attivo e utilizzabile esclusivamente tramite i portali internet delle PA che offrono servizi interattivi di dialogo tra utenti che rilasciano documenti elettronici e che hanno aderito al Sistema dei pagamenti elettronici o pagoPA dell’AgID.

Per il momento è questa la situazione, piuttosto limitata quindi, ma in futuro sono previsti dei cambiamenti e notevoli miglioramenti. Gli utenti infatti potranno acquistare le marche da bollo online via PEC con le relative amministrazioni, oppure direttamente presso i PSP convenzionati, attraverso appositi servizi predisposti utilizzando il proprio smartphone, tablet o PC.

L’acquisto online del contrassegno telematico vuole portare alla completa digitalizzazione la richiesta di atti pubblici e documenti della Pubblica Amministrazione, per i quali è ancora obbligatorio il versamento dell’imposta di bollo. In questo modo di andrà a dematerializzare e a semplificare il rapporto tra PA, cittadini e imprese.

Contrassegno telematico

Marca da bollo digitale: quando e come usarla

La marca da bollo è regolamentata dall’art.3 del DPR 642/1972. La norma stabilisce che la marca da bollo è obbligatoria ogni volta che si vuole ottenere l’emanazione di un provvedimento amministrativo o di un relativo atto pubblico. La legge stessa prevede comunque casi specifici di esonero dal pagamento. È questo il caso, ad esempio, della richiesta di documenti e/o istanze da ONLUS, federazioni sportive, enti di promozione sportiva riconosciuti CONI e le organizzazioni di volontariato.

Contrassegno telematico e fatture

Le fatture esenti IVA, come ad esempio quelle emesse in regime forfettario, di importo maggiore a 77,47€ richiedo il pagamento di una marca da bollo da 2,00€. Per assolvere telematicamente alla richiesta è necessario compilare un modulo di dichiarazione consutiva. Questo deve essere presentato entro il 31 gennaio successivo all’anno di imposta. La dichiarazione deve riportare l’elenco dei documenti fiscali emessi nell’anno solare precedente, sui quali è necessario apporre la marca da bollo virtuale. La trasmissione di questa dichiarazione è possibile esclusivamente online.

Il pagamento della marca da bollo elettronica avviene utilizzando apposito modello f24 con relativi codici tributo:

  • 2505: in caso di rateizzazione dei versamenti
  • 2506: pagamento dell’acconto
  • 2507: pagamento di eventuali sanzioni
  • 2508: pagamento di eventuali interessi

Contrassegno telematico e fatture elettroniche

Chi emette fatture elettroniche ha la possibilità di acquistare la marca da bollo virtuale con le stesse modalità delle vecchie fatture. Il consuntivo con l’elenco dei documenti che richiedono l’apposizione della marca da bollo deve quindi essere presentato entro il 31 gennaio dell’anno d’imposta successivo. Il pagamento avviene sempre tramite nodello F24.

Istanze trasmesse alle Pubbliche Amministrazioni

Le istanze trasmesse alle PA richiedo apposizione e pagamento di marca da bollo. Anche in questo caso il contrassegno può essere comprato online attraverso il portale @e.bollo sul quale è possibile acquistare la marca da bollo forfettaria del valore di 16€ indipendentemente dalle dimensioni del documento.

Note spese: cosa sono e come e quando compilarle

Le note spese sono degli specifici documenti che i dipendenti compilano per chiedere il rimborso di alcune spese sostenute durante trasferte, o anticipate per conto dell’azienda. I rimborsi spesa prevedono la compilazione e la conservazione di apposite note, vale a dire giustificativi di spesa.

Il rimborso delle spese, nel nostro ordinamento, è previsto in tre diversi casi:

  • rimborso analitico o a piè di lista
  • forfettario
  • misto

Si può sempre scegliere quello che si preferisce. La scelta però deve fare riferimento a quanto previsto nel contratto collettivo applicato alla trasferta. Nel caso poi la trasferta preveda più giorni, il metodo applicato deve essere obbligatoriamente uno e uno soltanto. Questo significa che non è possibile utilizzare diversi metodi di rimborso, per la stessa trasferta di più giorni.

Il rimborso spese analitico (o a piè di pagina) prevede la compilazione e la presentazione all’azienda delle note spese. Queste sono quindi un elenco dettagliato delle spese sostenute (come ad esempio vitto, alloggio, viaggio, trasporto, ecc…) e dettagli specifici della trasferta stessa. Note di spesa e giustificativi devono essere compilati e conservati secondo determinate regole.

Note spese e rimborso analitico

In questo caso il datore di lavoro non è obbligato a rilasciare autorizzazione alla trasferta. Al contrario il dipendente deve obbligatoriamente presentare note spese compilate correttamente. Nella nota il dipendente deve riportare ogni spesa sostenuta in trasferta, dettagliandola analiticamente. Agenzia delle Entrate definisce la nota spese come un documento rappresentativo la società e valido ai fini fiscali.

I giustificativi allegati alle note spese non devono essere per forza intestati alla società, piuttosto che al dipendente. L’importante  che la società li conservi ordinatamente, allegando a ogni nota spesa tutti i documenti di supporto. È necessario che su questi documenti sia palesato chiaramente la natura del costo sostenuto, al fine di poterne provare l’inerenza all’attività aziendale svolta.

Note spese: lavoratore autonomo a servizio di un’azienda

Nel caso in cui la trasferta sia effettuata non da un dipendente interno all’impresa, ma piuttosto da un lavoratore autonomo, si distinguono due casistiche.

Nella prima le spese sono sostenute dal professionista che, solo successivamente le riaddebiterà all’azienda. Il secondo caso invece è quello nel quale le spese sono sostenute direttamente dal committente.

Note spese

Nel primo caso servirà quindi fattura elettronica del professionista, dalla quale si possa evincere anche la natura e il costo delle spese sostenute per l’azienda. Nel secondo caso invece i documenti di spesa saranno intestati direttamente alla società e trattati come qualunque altra fattura elettronica.

Note Spese: conservazione

L’impresa deve conservare la documentazione originale. Deve farlo in maniera ordinata allegando tutti i giustificativi che comprovano le spese sostenute. E come abbiamo detto questo ha lo scopo di poter rilevare e capire l’inerenza della spesa sostenuta con l’attività aziendale.

Le tempistiche di conservazione sono le seguenti:

  • 10 anni dalla data di ultima registrazione per la sede civile
  • Ai fini fiscali invece ogni documento deve essere correttamente conservato almeno fino a quando non termina il periodo previsto per i relativi accertamenti per i corrispondenti periodi di imposta. Questo significa che bisogna far riferimento alla regolare normativa adottata in materia di accertamenti fiscali (da presentare entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione).

Conservazione sostitutiva

Note spese e giustificativi possono essere conservati digitalmente, secondo quanto previsto dalla regolamentazione di Agenzia delle Entrate. L’importante è che i documenti conservati siano immodificabili, integri e autentici, come richiesto dalla normativa vigente. In altre parole i documenti devono rispettare le caratteristiche richieste dalla normativa di riferimento (autenticità, integrità, fruibilità e immodificabilità) affinché possano essere conservati digitalmente, come per le fatture elettroniche.

Invece i giustificativi annessi alle note spese sono “documenti analogici originali non unici”, secondo quanto dice Agenzia delle Entrate: “possibile risalire al loro contenuto attraverso altre scritture o documenti di cui sia obbligatoria la conservazione, anche se in possesso di terzi”.

Fattura elettronica omaggi: cos’è e come funziona

In occasione di feste, ricorrenze, eventi e cerimonie, molto spesso, commercianti, artigiani, aziende e liberi professionisti, sono soliti omaggiare i propri clienti con piccoli regali e pensieri. Si tratta di beni che devono essere registrati e fatturati, nonostante siano regali. In tutti questi casi si ricorre allora alla fattura elettronica omaggi, che presenta una fiscalità ben diversa da tutte le altre fatture elettroniche e per questo ne deve rimanere separata.

Questi documenti non variano a seconda del prodotto regalato. Inizia nel dire che esistono tre diverse tipologie di omaggi. La prima è quella che prevede un prodotto legato all’attività svolta. La seconda invece prende in considerazione regali che non hanno niente a che vedere con l’attività dell’impresa. Infine, nella terza casistica, si considerano tutti i campioni omaggi gratuiti, regalati alla propria clientela.

Prodotti e beni legati all’attività d’impresa

In questa tipologia rientrano tutti quei beni che normalmente sono prodotti e/o venduti dall’impresa. In questo caso i beni omaggiati devono essere corredati dall’emissione di una fattura elettronica omaggi. Si tratta di prodotti soggetti ad IVA, in quanto parte dell’attività stessa svolta dalla società. Di conseguenza è obbligatoria la fattura elettronica.

La fattura emessa avrà imponibile stornato. All’impresa spetta la scelta di far pagare, o meno, l’IVA al cliente. I beni in questo caso possono essere donati come:

  • cessione gratuita
  • omaggio gratuito
  • omaggio da internet

In questi casi, quindi, l’azienda ha la possibilità di scegliere se:

  • Addebitare l’IVA
  • Non addebitare l’IVA
  • Emettere fattura elettronica singola per ogni omaggio
  • Emettere fattura unica mensile riassuntiva
  • Registrare gli omaggi separati per aliquota IVA in un supporto separato.

Fattura elettronica omaggi senza rivalsa – IVA non addebitata al cliente

Quando viene emessa una fattura elettronica omaggi senza addebitare l’Iva al cliente, allora si dice che quel documento è senza rivalsa Iva. Si tratta di una condizione piuttosto comune, che si verifica, quasi sempre, in caso di omaggi alla propria clientela. In questo caso il cliente non paga assolutamente nulla, nemmeno l’IVA.

L’azienda emette quindi fattura elettronica per il pagamento dell’Iva dovuta. Su questa fattura deve essere presente la dicitura: “cessione gratuita art.2 DPR 633/72 senza obbligo di rivalsa art.18 DPR 633/72”. Nel caso invece si tratti di fattura elettronica omaggi, allora la dicitura dovrà essere: “esenzione N2”.

Fattura elettronica omaggi con rivalsa – IVA addebitata al cliente

Caso opposto al precedente. L’azienda omaggia il cliente di uno o più beni, ma chiede il pagamento dell’IVA. In questo caso in fattura dovrà essere presente la scritta: “cessione gratuita art.2 DPR 633/72 con obbligo di rivalsa art.18 DPR 633/72”.

L’imponibile sarà stornato, mentre rimarrà presente l’importo Iva da pagare a carico del cliente. Si tratta di casi piuttosto particolari e non così comuni. Quando un’impresa decide infatti di regalare qualcosa ai propri clienti, lo fa, normalmente, senza che questi debbano pagare alcunché.

Prodotti e beni non legati all’attività d’impresa

Un’azienda può decidere di cedere gratuitamente uno o più beni ai propri clienti, senza che i prodotti siano strettamente legati all’attività svolta. Un caso che prevede alcune distinzioni:

  • Valore dell’oggetto ceduto, comprensivo d’IVA, minore di 50€ – non è quindi imponibile Iva e, di conseguenza non va emessa fattura elettronica omaggi.
  • Se il valore del bene ceduto, comprensivo d’Iva, è superiore a 50€, invece, sarà imponibile d’Iva e di conseguenza andrà emessa fattura
  • Terzo ed ultimo caso, quando il valore del bene ceduto, comprensivo d’Iva è superiore a 50€ € ma non è imponibile ai fini d’IVA perché al momento dell’acquisto l’iva non è stata detratta, allora non necessario emettere fattura omaggio.

Fattura elettronica omaggi

In tutti e tre i casi precedenti, l’azienda potrà sempre scegliere se:

  1. addebitare o meno l’iva al cliente
  2. emettere fattura omaggio
  3. emettere autofattura.

Campioni gratuiti

I campioni gratuiti sono, a tutti gli effetti, oggetti prodotti e/o venduti, inerenti all’attività stessa. Sono solitamente distribuiti a scopo promozionale. Sono identificati con la dicitura: “campioni gratuiti di modico valore”. Se questi oggetti rispettano le seguenti regole:

  • campioni distribuiti gratis
  • sono appositamente contrassegnati
  • hanno modico valore

allora ci troviamo di fronte a beni ed operazioni escluse dal campo di applicazione IVA. Di conseguenza non è obbligatorio emettere fattura, o qualunque altro documento attestante la cessione di tale bene.

Piano dei conti: cos’è, a cosa serve e perché redigerlo

In contabilità è necessario registrare correttamente qualunque transazione. Ciascuna entrata, uscita, attestata da fattura elettronica deve essere annotata in modo esaustivo e comprensibile. Ciascuna interazione deve quindi essere contabilizzata secondo il principio della “contabilità doppia”. Per assicurare la necessaria chiarezza è quindi indispensabile una struttura contabile intelligibile. In Italia non esiste una vera e propria disciplina che regola la materia. Il piano contabile, tuttavia, può essere organizzando in modo che lo stato patrimoniale e il conto economico, seguano uno schema ben preciso. In questo caso entra in gioco il piano dei conti. Una sorta di registro sul quale sono annotati informazioni analitiche, sottoconti, conti mastri, ecc… Informazioni indispensabili per determinare il saldo dei conti e utilizzati nella partita doppia sul libro giornale.

Piano dei conti: cos’è

Il piano dei conti è un documento, utilizzato dalle imprese, necessario alle rilevazioni in partita doppia. Non essendo regolamentato da alcuna norma giuridica specifica, il piano dei conti è soggetto alla disciplina della società a cui fa riferimento e varia in base alle esigenze aziendali, all’attività svolta e alle dimensioni della struttura contabilizzata.

In questo documento sono annotate una serie di informazioni analitiche, un aggregatore delle rilevazioni contabili, con lo scopo di esprimere in maniera omogenea e sintetica, lo stato patrimoniale e l’attività economica di un’azienda. È possibile affermare che ogni azienda crea il proprio piano dei conti su misura, diversificandolo in base alle proprie esigenze. Non esistono vincoli restrittivi che ne obblighino la trascrizione secondo determinate norme fiscali. Per questo motivo varia in base alle dimensioni e alla natura aziendale.

A cosa serve

Il piano dei conti ha lo scopo di fornire informazioni analitiche, dettagliate, utilizzando i sottoconti. Serve inoltre a fornire una sintesi dell’attività economica e patrimoniale, grazie ai conti mastro. In questo modo assolve anche ad una funzione di tipo gestionale, oltre che a ricoprire un ruolo informativo di fondamentale importanza. Questo perché la contabilità non è obbligatoria solamente ai fini fiscali e civilistici, ma rappresenta anche un adempimento inderogabile al funzionamento di un’attività.

Piano dei conti: struttura e predisposizione

Affinché il piano dei conti sia redatto con una logica e sia comprensibile anche a soggetti esterni all’azienda, è necessario che venga predisposto seguendo un certo criterio. Innanzitutto le rilevazioni contabili non devono essere duplicate e non devono essere soggette ad errore in fase di registrazione.

Durante l’inserimento delle scritture, deve essere sempre possibile aggiungere nuovi conti. Questo accade quando, ad esempio, si manifesta per la prima volta la necessità di identificare e registrare un’esigenza nuova. Lo stesso vale anche in presenza di una precedente dimenticanza. il piano dei conti deve rendere agevole e precisa la redazione del bilancio di esercizio e la dichiarazione dei redditi.

I conti del piano sono suddivisi in base a specifiche categorie, le quali, in seguito, andranno a costituire il bilancio d’esercizio. Dal bilancio d’esercizio sono poi generati:

  1. Conto Economico (suddiviso in costi e ricavi)
  2. Stato patrimoniale (suddiviso in attività e passività)

In certi casi può essere presente anche il Conto d’ordine, anche se non è obbligatorio. In questo sono segnalati impegni ed operazioni che non rientrano nelle rilevazioni economiche e patrimoniali.

Piano dei conti

Conti Mastro e sottoconti

Sono caratterizzati da una descrizione, che ne specifica in dettaglio il contenuto e sono numerati progressivamente. La numerazione è consecutiva in base alle categorie. In questo modo la lettura è resa più semplice e scorrevole.

Attività dello Stato Patrimoniale

Sotto questa voce troviamo:

  1. immobilizzazioni immateriali – costituiscono voci positive aziendali relative a beni non tangibili (marchio e logo aziendale)
  2. materiali – terreni, fabbricati, beni mobili come autovetture, macchinari, impianti, ecc…
  3. immobilizzazioni finanziarie – investimenti in altre aziende, ad esempio partecipazioni azionarie, fondi di investimento, obbligazioni, anticipi d’imposta, ovvero crediti verso l’Erario relativi ad IRES, IRAP, ecc…
  4. Rimanenze di magazzino
  5. Ratei
  6. Risconti attivi

Tra le passività compaiono il capitale e le riserve, il TFR, il Fondo di ammortamento e svalutazioni, relativi a crediti, i fondi di ammortamento per immobilizzazioni immateriali, per quelli materiali, per la svalutazione crediti, debiti verso fornitori, debiti per imposte.

Conto Economico

È suddiviso in Costi e Ricavi. Tra i costi si trovano:

  • acquisto prodotti
  • costi per servizi ed utenze
  • Locazioni
  • Canoni
  • Costo per il personale dipendente
  • Spese commerciali
  • Viaggi
  • Spese generali
  • Oneri Tributari
  • Ammortamenti materiali e immateriali
  • Oneri Straordinari
  • Oneri Finanziari
  • Rimanenze iniziali

Tra i ricavi invece ci sono:

  • Vendite
  • Proventi straordinari
  • Proventi finanziari
  • Rimanenze finali
  • Profitti
  • Perdite

In base alle esigenze aziendali, ciascuna voce sarà più o meno dettagliata.

Per concludere, il piano dei conti, è la base necessaria per redigere successivamente le scritture contabili. Una volta predisposto, non definitivo. Varia in base alle esigenze dell’azienda e le voci possono essere aggiunte via via che se ne presenta occasione e necessità. Le singole voci inserite nel Piano dei conti e in particolare nelle categorie, confluiscono poi nei Conti mastro. I conti mastro a loro volta servono a predisporre il Bilancio d’Esercizio.