Dichiarazione IVA: tutti i soggetti esonerati nel 2021

La dichiarazione IVA è presentata ogni anno da tutti quei contribuenti titolari di partita IVA che esercitano attività d’impresa o di lavoro autonomo. Attraverso la dichiarazione IVA i soggetti comunicano ad Agenzia delle Entrate (AdE) ogni operazione eseguita nel corso dell’anno che ha impatto ai fini IVA. Ci sono però molti soggetti esonerati da questo obbligo.

Dichiarazione IVA: soggetti obbligati

Tra i soggetti titolari di partita IVA obbligati a presentarla ogni anno, ricordiamo le attività:

  • d’impresa
  • artistiche o professionali
  • associazioni sportive dilettantistiche
  • associazioni culturali non riconosciute che non hanno scelto le disposizioni della legge n°398/1991
  • tutti i soggetti che hanno optato per l’applicazione IVA in regime ordinario
  • eredi
  • curatori fallimentari
  • società incorporanti
  • società beneficiarie in caso di scissione

La dichiarazione IVA è obbligatoria in ogni caso, anche quelli in cui, nel 2020, i soggetti precedenti:

  • non abbiano effettuato operazioni in regime IVA
  • non erano tenuti al versamento dell’imposta
  • hanno effettuato operazioni non imponibili
  • hanno eseguito operazioni non soggette
  • non hanno svolto alcuna attività

Dichiarazione IVA

Dichiarazione IVA: i soggetti esonerati nel 2021

Visti i soggetti obbligati alla presentazione della dichiarazione IVA, elenchiamo adesso tutti quelli che possono non presentarla:

  • Soggetti che durante il 2020 hanno eseguito operazioni esenti
  • Contribuenti in regime forfettario e contribuenti minimi
  • Contribuenti rientranti nel regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e i lavoratori in mobilità
  • Produttori agricoli con volume di affari inferiore a 7000€
  • Esercenti di attività di organizzazione di giochi
  • Imprese individuali che hanno dato in affitto l’unica azienda
  • Soggetti passivi d’imposta non residenti
  • Enti non commerciali, società sportive;
  • Soggetti domiciliati o residenti fuori dall’Unione europea
  • Raccoglitori occasionali di prodotti selvatici non legnosi di cui alla classe ATECO 30
  • raccoglitori occasionali di piante officinali spontanee, con volume d’affari dell’anno precedente inferiore a 7000€
  • Giornalai – tabaccai che hanno effettuato solo operazioni non rilevanti ai fini IVA

Soggetti che svolgono attività d’intrattenimento

Le attività d’intrattenimento che sono assoggettate ad imposte sugli intrattenimenti, che scontano l’IVA in modo forfettario sono:

  • Esecuzioni musicali di qualunque genere
  • Attività che impiegano biliardi, elettrogrammofoni, biliardini, apparecchio o congegno a gettone, moneta, o a scheda, da divertimento o trattenimento, anche se automatico o semiautomatico, installati sia nei luoghi pubblici o aperti al pubblico, sia nei circoli o associazioni di qualsiasi specie, gioco del bowling, noleggio di go-kart
  • Sale giochi o attività di scommesse
  • Esercizio del gioco nelle case da gioco

Regime forfettario, contribuenti minimi e dichiarazione IVA

Come detto nel paragrafo precedente, i soggetti in regime forfettario e contribuenti minimi non hanno l’obbligo di presentare dichiarazione IVA. Quindi sono esonerati agli effetti IVA:

  • Obbligo di fatturazione, registrazione e liquidazione d’imposta
  • Versamento imposta periodica ed annuale
  • Presentazione della dichiarazione IVA
  • Obbligo redazione e conservazione registri IVA

Dichiarazione IVA: termini e sanzioni

La dichiarazione IVA deve quindi essere presentata nel periodo compreso tra il 1° febbraio e il 30 aprile. Il riferimento deve essere fatto all’anno d’imposta precedente. Non è invece previsto un termine di consegna agli intermediari che devono trasmettere telematicamente ad AdE.

In caso di presentazione tardiva entro 90 giorni dalla scadenza, la dichiarazione IVA è comunque ritenuta valida, ma sono applicate delle sanzioni. Le sanzioni previste da legge, in questo caso, hanno un valore compreso tra i 250€ e i 2000€. Per evitare la sanzione, il contribuente assieme alla presentazione tardiva può presentare anche il ravvedimento operoso.

In caso invece di omesso versamento, la sanzione applicata è pari al 30% dell’imposta non versata.

Risulta quindi chiaro quanto sia importante capire e sapere quando è obbligatorio presentare dichiarazione IVA, per evitare di incappare in eventuali sanzioni.

Le dichiarazioni IVA presentate oltre 90 giorni dalla scadenza, sono considerate omesse. Nonostante questo però costituiscono ugualmente titolo per la riscossione dell’imposta. Oltre questa scadenza quindi sono previste altre sanzioni, nelle seguenti forme:

  1. Dal 120% al 240% dell’imposta dovuta, con un minimo di euro 250,00, in presenza di debito d’imposta
  2. Da 250,00 euro a 2.000,00 euro, se il soggetto effettua esclusivamente operazioni per le quali non è dovuta l’imposta

Istruzioni certificazione unica: modello, informazioni e aggiornamenti 2021

Il 15 gennaio 2021 Agenzia delle Entrate(AdE) ha emesso un nuovo provvedimento con il quale ha pubblicato il nuovo modello CU definitivo per l’anno in corso. Allegato al modello sono state inserite le relative istruzioni certificazione unica per una corretta compilazione. Molteplici le novità inserite da AdE, sia per quanto riguarda le voci aggiuntive (come ad esempio il nuovo bonus IRPEF 2021, o le voci relative all’emergenza Covid-19), che la nuova scadenza prevista per il 16 marzo per la trasmissione ad Agenzia delle Entrate. Rimane invece invariata la data del 31 ottobre 2021 il termine ultimo per la trasmissione della CU contenente i redditi esenti o non dichiarabili tramite certificazione unica precompilata.

Istruzioni certificazione unica: modello e novità

I sostituti d’imposta usano la CU per dichiarare i redditi di lavoro dipendente e assimilati, redditi di lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi. In CU inoltre sono inseriti anche tutti i redditi derivanti dai contratti di locazione brevi relativi al periodo di imposta 2020.

Il 15 gennaio Agenzia delle Entrate ha emanato il provvedimento “dichiarazioni fiscali 2021 modelli definitivi 730, CU, IVA e 770″. Provvedimento con il quale è stato quindi messo finalmente a disposizione il modello definitivo della CU con le relative istruzioni certificazione unica. Il modello è quindi quello che deve essere obbligatoriamente utilizzato da:

  • tutti i soggetti che durante il 2020 hanno ricevuto denaro o valori soggetti a ritenute alla fonte
  • coloro che hanno corrisposto contributi previdenziali e assistenziali e/o premi assicurativi dovuti all’INAIL
  • tutti i coloro che sono assoggettati alla contribuzione INPS, anche se hanno corrisposto somme e valori per i quali non è prevista l’applicazione delle ritenute alla fonte
  • titolari posizione assicurativa INAIL
  • Amministrazioni che operano come sostituto d’imposta

CU: le novità sulle informazioni contenute nel documento

Il provvedimento  di AdE ha introdotto una serie di novità sui contenuti della CU. Ogni certificazione unica infatti, deve contenere:

  • frontespizio – dove sono riportate le informazioni relative alla tipologia di comunicazione, ai dati del soggetto che inoltra la CU, i dati del rappresentante firmatario della comunicazione stessa, firma e impegno alla comunicazione telematica
  • quadro CT – in questa sezione sono da riportare tutte le informazioni relative alla comunicazione telematica dei dati relativi ai modelli 730 – 4 resi disponibili dall’Agenzia delle Entrate
  • certificazione unica 2020 – sezione principale del modulo che deve contenere: dati fiscali, dati previdenziali, assistenza fiscale, certificazione lavoro autonomo, provvigioni, redditi diversi e i dati fiscali relativi alle certificazioni dei redditi relativi alle locazioni brevi.

Istruzioni certificazione unica

Certificazione Unica 2021: scadenze

Altra grande novità introdotta da Agenzia delle Entrate con il medesimo provvedimento del 15 gennaio, è quella relativa al calendario scadenze. Infatti il Decreto Fiscale 2020 e il Decreto Legislativo numero 9 del 2020 hanno stabilito un nuovo scadenzaria per far fronte anche all’attuale situazione pandemica dovuta alla diffusione del Covid-19. Entra quindi in ballo la scadenza unica datata 16 marzo (Consegna della Certificazione Unica ai lavoratori e Consegna dei dati CU all’Agenzia delle Entrate). Invariata invece la data del 31 ottobre 2021 pre presentare la CU relativa ai redditi esenti o non dichiarabili con CU precompilata.

La trasmissione della CU deve avvenire in forma telematica. Questa può essere fatta direttamente dal soggetto obbligato alla comunicazione, oppure tramite un intermediario abilitato.

Inoltre Agenzia delle Entrate specifica:

“Il flusso si considera presentato nel giorno in cui è conclusa la ricezione dei dati da parte dell’Agenzia delle Entrate. La prova della presentazione del flusso è data dalla comunicazione attestante l’avvenuto ricevimento dei dati, rilasciata per via telematica”.

Istruzioni certificazione unica 2021: modelli e novità fiscali

Quest’anno sono stati messi a disposizione due diversi modelli CU definitivi:

Assieme a questi sul sito di AdE sono presenti anche il Modello CU 2021 – Istruzioni dell’Agenzia delle Entrate  e la Certificazione Unica 2021 – Specifiche tecniche.

Molte le novità fiscali previste vista l’attuale situazione:

  • trattamento integrativo
  • detrazione redditi di lavoro dipendente e assimilati
  • clausola di salvaguardia per l’attribuzione del sostituto del bonus IRPEF
  • clausola di salvaguardia per l’attribuzione del trattamento integrativo in presenza di ammortizzatori sociali
  • attribuzione premio ai lavoratori dipendenti nel mese di marzo

Dichiarazione IVA precompilata 2021: cos’è e come funziona

Dal primo gennaio 2021 è partita, in via sperimentale, l’iniziativa promossa da Agenzia delle Entrate(AdE) sulla dichiarazione IVA precompilata. Il sistema è stato ideato con lo scopo di semplificare al massimo le procedure a vantaggio dei contribuenti. È previsto che siano utilizzate tutte le informazioni utili ricavabili dalle fatture elettroniche, dalle operazioni transfrontaliere e dai corrispettivi telematici. Con tutti questi dati raccolti, in automatico, il sistema predisporrà le bozze dei Registri delle fatture emesse e ricevute.

La dichiarazione è precompilata e predisposta da AdE. Per tutte le operazioni IVA 2021 è messa a disposizione anche la bozza della dichiarazione annuale dell’IVA. Si tratta comunque di semplici “bozze”, che richiederanno la conferma da parte del contribuente (un po’ come già avviene per il modello 730 precompilato).

Dichiarazione IVA precompilata: le categorie dei soggetti interessati

Nell’articolo “Riduzione degli adempimenti amministrativi e contabili per specifiche categorie di soggetti” previsto nella legge di bilancio del 2019, sono individuati i soggetti che possono usufruire della semplificazione fiscale attraverso la dichiarazione IVA precompilata. L’articolo prevede che tali soggetti siano individuati direttamente con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze.

In categoria rientrano imprese e società di piccole dimensioni, come artigiani, commercianti, professionisti e imprenditori individuali. Sono inoltre compresi anche chi svolgi attività d’impresa, arte o professione anche se solo per il periodo in cui l’attività stessa è iniziata, o per due anni successivi.

Il materiale messo a disposizione dall’Agenzia delle entrate

Agenzia delle Entrate mette a disposizione una serie di bozze e documenti, tra cui:

  • Lipe – liquidazione IVA periodica (mensile o trimestrale) con determinazione del saldo a debito o a credito per il periodo
  • Registri obbligatori – vale a dire registro fatture e registro acquisti. Questi saranno precompilati partendo dai dati rilevati dalle fatture elettroniche emesse e ricevute tramite SdI.
  • Dichiarazione IVA annuale – dichiarazione con cui è effettuato il calcolo IVA annuale (tenendo conto di ogni variabile: reverse charge, split payment, immediata o differita, ecc…).
  • Modelli F24 – questi servono per il versamento a saldo a debito o a credito della dichiarazione IVA.

Dichiarazione IVA

Dichiarazione IVA precompilata 2021: obiettivi

Lo scopo della dichiarazione IVA precompilata è quella di semplificare al massimo il rapporto tra contribuente e fisco. In questo modo si vuole ridurre al minimo il rischio di evasione fiscale  ed elusione fiscale, puntando sull’aumento del tasso di adempimento spontaneo.

Questa iniziativa non è che l’ultima in casa del fisco italiano, adottata per le ragioni sopra citate. Insieme alla fatturazione elettronica, allo scontrino elettronico, alle semplificazioni previste per il calcolo degli acconti IRES, IRAP e IRPEF, nonché il modello 730 precompilato introdotto già  a partire dal 2015, il sistema si sta muovendo verso una digitalizzazione totale e una semplificazione di massa di ogni processo fiscale.

Fatture elettroniche e nuovi codici

A inizio 2021 sono entrati in vigori come obbligatori, alcuni nuovi codici relativi all’emissione e alla trasmissione delle fatture elettroniche. Questi codici sono stati introdotti da Agenzia delle Entrate per semplificare il processo di raccolta dati necessari ad AdE per creare le bozze delle dichiarazioni IVA precompilate. I codici infatti semplificano i procedimenti nei casi di reverse charge, fatture di vendita e note di credito.

Per quanto riguarda la fattura attiva (vendita) è obbligatoria la fatturazione e ciclo attivo. Per la fattura passiva invece diventerà obbligatorio il ciclo passivo da gennaio 2022. Di conseguenza le integrazioni ai documenti esteri in caso di integrazione e auto fatturazione sono facoltative per il 2021. Le novità introdotte porteranno all’eliminazione dell’esterometro a partire dal 20222. Per quanto riguarda invece il reverse charge estero, i nuovi codici permettono una gestione digitale del procedimento e non più solo cartacea. Infatti i codici TD17, TD18 e TD19 si possono usare adesso per il reverse charge relativo ai servizi acquistati da soggetti stranieri, sugli acquisti comunitari, e su acquisti di beni da soggetti stranieri.

Tornando all’IVA invece i nuovi codici introdotti danno la possibilità di gestire in modo più ampio le casistiche IVA. In questo modo è possibile precompilare la famosa dichiarazione IVA di cui parlavamo, in modo molto più completo e dettagliato. La nuova struttura del formato XML permette ad AdE di produrre automaticamente i registri IVA, le comunicazioni e la dichiarazione annuale IVA.

Integrazione e convalida registri IVA

Nel corso del mese successivo a quello di riferimento, dal quinto al quindicesimo giorno, il contribuente può:

  • Integrare il registro IVA – aggiungere tutti i dati eventualmente non presenti come, ad esempio, bollette doganali, operazioni con l’estero, fatture per prestazioni sanitarie, e le fatture cartacee, ecc.
  • Convalidare il registro IVA – il contribuente ha tempo per controllare e approvare i documenti prodotti da AdE rispettando le scadenze previste per la liquidazione periodica dell’IVA.

Contrassegno telematico: cos’è, a cosa serve e come acquistarlo

Il contrassegno telematico è un certificato di pagamento dell’imposta di bollo. Il suo valore varia a seconda delle disposizioni di legge e da documento a documento. In passato esisteva solamente la marca da bollo cartacea, liberamente acquistabile anche in tabaccheria. Oggi, invece, è possibile comprare anche le marche da bollo telematiche, direttamente online. Il contrassegno telematico non ha una validità, una data di scadenza se vogliamo. Acquistandolo online non si compra un vero e proprio contrassegno, ma, piuttosto, si effettua un “versamento”.

La marca da bollo telematica consente quindi a privati e imprese di assolvere all’obbligo del versamento dell’imposta, richiesto per atti e documenti della Pubblica Amministrazione (PA).

Contrassegno telematico: come funziona

Volendo acquistare un contrassegno telematico è necessario utilizzare il servizio messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate che si chiama @e.bollo. L’acquisto è addebitato direttamente sul proprio conto corrente, oppure su carta di debito o su carta prepagata tramite il sistema PagoPa. Per farlo basta scegliere un prestatore di servizi di pagamento abilitato al servizio, che abbia aderito alla convenzione tra AgID e Agenzia delle entrate.

Al momento comunque, l’unico prestatore che abbia aderito al servizio è quello rappresentato dall’Istituto di Pagamento del sistema camerale.

Dove acquistare il contrassegno telematico

Attualmente non è possibile acquistare ovunque la marca da bollo online. Infatti, per ora, il servizio è attivo e utilizzabile esclusivamente tramite i portali internet delle PA che offrono servizi interattivi di dialogo tra utenti che rilasciano documenti elettronici e che hanno aderito al Sistema dei pagamenti elettronici o pagoPA dell’AgID.

Per il momento è questa la situazione, piuttosto limitata quindi, ma in futuro sono previsti dei cambiamenti e notevoli miglioramenti. Gli utenti infatti potranno acquistare le marche da bollo online via PEC con le relative amministrazioni, oppure direttamente presso i PSP convenzionati, attraverso appositi servizi predisposti utilizzando il proprio smartphone, tablet o PC.

L’acquisto online del contrassegno telematico vuole portare alla completa digitalizzazione la richiesta di atti pubblici e documenti della Pubblica Amministrazione, per i quali è ancora obbligatorio il versamento dell’imposta di bollo. In questo modo di andrà a dematerializzare e a semplificare il rapporto tra PA, cittadini e imprese.

Contrassegno telematico

Marca da bollo digitale: quando e come usarla

La marca da bollo è regolamentata dall’art.3 del DPR 642/1972. La norma stabilisce che la marca da bollo è obbligatoria ogni volta che si vuole ottenere l’emanazione di un provvedimento amministrativo o di un relativo atto pubblico. La legge stessa prevede comunque casi specifici di esonero dal pagamento. È questo il caso, ad esempio, della richiesta di documenti e/o istanze da ONLUS, federazioni sportive, enti di promozione sportiva riconosciuti CONI e le organizzazioni di volontariato.

Contrassegno telematico e fatture

Le fatture esenti IVA, come ad esempio quelle emesse in regime forfettario, di importo maggiore a 77,47€ richiedo il pagamento di una marca da bollo da 2,00€. Per assolvere telematicamente alla richiesta è necessario compilare un modulo di dichiarazione consutiva. Questo deve essere presentato entro il 31 gennaio successivo all’anno di imposta. La dichiarazione deve riportare l’elenco dei documenti fiscali emessi nell’anno solare precedente, sui quali è necessario apporre la marca da bollo virtuale. La trasmissione di questa dichiarazione è possibile esclusivamente online.

Il pagamento della marca da bollo elettronica avviene utilizzando apposito modello f24 con relativi codici tributo:

  • 2505: in caso di rateizzazione dei versamenti
  • 2506: pagamento dell’acconto
  • 2507: pagamento di eventuali sanzioni
  • 2508: pagamento di eventuali interessi

Contrassegno telematico e fatture elettroniche

Chi emette fatture elettroniche ha la possibilità di acquistare la marca da bollo virtuale con le stesse modalità delle vecchie fatture. Il consuntivo con l’elenco dei documenti che richiedono l’apposizione della marca da bollo deve quindi essere presentato entro il 31 gennaio dell’anno d’imposta successivo. Il pagamento avviene sempre tramite nodello F24.

Istanze trasmesse alle Pubbliche Amministrazioni

Le istanze trasmesse alle PA richiedo apposizione e pagamento di marca da bollo. Anche in questo caso il contrassegno può essere comprato online attraverso il portale @e.bollo sul quale è possibile acquistare la marca da bollo forfettaria del valore di 16€ indipendentemente dalle dimensioni del documento.

Note spese: cosa sono e come e quando compilarle

Le note spese sono degli specifici documenti che i dipendenti compilano per chiedere il rimborso di alcune spese sostenute durante trasferte, o anticipate per conto dell’azienda. I rimborsi spesa prevedono la compilazione e la conservazione di apposite note, vale a dire giustificativi di spesa.

Il rimborso delle spese, nel nostro ordinamento, è previsto in tre diversi casi:

  • rimborso analitico o a piè di lista
  • forfettario
  • misto

Si può sempre scegliere quello che si preferisce. La scelta però deve fare riferimento a quanto previsto nel contratto collettivo applicato alla trasferta. Nel caso poi la trasferta preveda più giorni, il metodo applicato deve essere obbligatoriamente uno e uno soltanto. Questo significa che non è possibile utilizzare diversi metodi di rimborso, per la stessa trasferta di più giorni.

Il rimborso spese analitico (o a piè di pagina) prevede la compilazione e la presentazione all’azienda delle note spese. Queste sono quindi un elenco dettagliato delle spese sostenute (come ad esempio vitto, alloggio, viaggio, trasporto, ecc…) e dettagli specifici della trasferta stessa. Note di spesa e giustificativi devono essere compilati e conservati secondo determinate regole.

Note spese e rimborso analitico

In questo caso il datore di lavoro non è obbligato a rilasciare autorizzazione alla trasferta. Al contrario il dipendente deve obbligatoriamente presentare note spese compilate correttamente. Nella nota il dipendente deve riportare ogni spesa sostenuta in trasferta, dettagliandola analiticamente. Agenzia delle Entrate definisce la nota spese come un documento rappresentativo la società e valido ai fini fiscali.

I giustificativi allegati alle note spese non devono essere per forza intestati alla società, piuttosto che al dipendente. L’importante  che la società li conservi ordinatamente, allegando a ogni nota spesa tutti i documenti di supporto. È necessario che su questi documenti sia palesato chiaramente la natura del costo sostenuto, al fine di poterne provare l’inerenza all’attività aziendale svolta.

Note spese: lavoratore autonomo a servizio di un’azienda

Nel caso in cui la trasferta sia effettuata non da un dipendente interno all’impresa, ma piuttosto da un lavoratore autonomo, si distinguono due casistiche.

Nella prima le spese sono sostenute dal professionista che, solo successivamente le riaddebiterà all’azienda. Il secondo caso invece è quello nel quale le spese sono sostenute direttamente dal committente.

Note spese

Nel primo caso servirà quindi fattura elettronica del professionista, dalla quale si possa evincere anche la natura e il costo delle spese sostenute per l’azienda. Nel secondo caso invece i documenti di spesa saranno intestati direttamente alla società e trattati come qualunque altra fattura elettronica.

Note Spese: conservazione

L’impresa deve conservare la documentazione originale. Deve farlo in maniera ordinata allegando tutti i giustificativi che comprovano le spese sostenute. E come abbiamo detto questo ha lo scopo di poter rilevare e capire l’inerenza della spesa sostenuta con l’attività aziendale.

Le tempistiche di conservazione sono le seguenti:

  • 10 anni dalla data di ultima registrazione per la sede civile
  • Ai fini fiscali invece ogni documento deve essere correttamente conservato almeno fino a quando non termina il periodo previsto per i relativi accertamenti per i corrispondenti periodi di imposta. Questo significa che bisogna far riferimento alla regolare normativa adottata in materia di accertamenti fiscali (da presentare entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione).

Conservazione sostitutiva

Note spese e giustificativi possono essere conservati digitalmente, secondo quanto previsto dalla regolamentazione di Agenzia delle Entrate. L’importante è che i documenti conservati siano immodificabili, integri e autentici, come richiesto dalla normativa vigente. In altre parole i documenti devono rispettare le caratteristiche richieste dalla normativa di riferimento (autenticità, integrità, fruibilità e immodificabilità) affinché possano essere conservati digitalmente, come per le fatture elettroniche.

Invece i giustificativi annessi alle note spese sono “documenti analogici originali non unici”, secondo quanto dice Agenzia delle Entrate: “possibile risalire al loro contenuto attraverso altre scritture o documenti di cui sia obbligatoria la conservazione, anche se in possesso di terzi”.

Fattura elettronica omaggi: cos’è e come funziona

In occasione di feste, ricorrenze, eventi e cerimonie, molto spesso, commercianti, artigiani, aziende e liberi professionisti, sono soliti omaggiare i propri clienti con piccoli regali e pensieri. Si tratta di beni che devono essere registrati e fatturati, nonostante siano regali. In tutti questi casi si ricorre allora alla fattura elettronica omaggi, che presenta una fiscalità ben diversa da tutte le altre fatture elettroniche e per questo ne deve rimanere separata.

Questi documenti non variano a seconda del prodotto regalato. Inizia nel dire che esistono tre diverse tipologie di omaggi. La prima è quella che prevede un prodotto legato all’attività svolta. La seconda invece prende in considerazione regali che non hanno niente a che vedere con l’attività dell’impresa. Infine, nella terza casistica, si considerano tutti i campioni omaggi gratuiti, regalati alla propria clientela.

Prodotti e beni legati all’attività d’impresa

In questa tipologia rientrano tutti quei beni che normalmente sono prodotti e/o venduti dall’impresa. In questo caso i beni omaggiati devono essere corredati dall’emissione di una fattura elettronica omaggi. Si tratta di prodotti soggetti ad IVA, in quanto parte dell’attività stessa svolta dalla società. Di conseguenza è obbligatoria la fattura elettronica.

La fattura emessa avrà imponibile stornato. All’impresa spetta la scelta di far pagare, o meno, l’IVA al cliente. I beni in questo caso possono essere donati come:

  • cessione gratuita
  • omaggio gratuito
  • omaggio da internet

In questi casi, quindi, l’azienda ha la possibilità di scegliere se:

  • Addebitare l’IVA
  • Non addebitare l’IVA
  • Emettere fattura elettronica singola per ogni omaggio
  • Emettere fattura unica mensile riassuntiva
  • Registrare gli omaggi separati per aliquota IVA in un supporto separato.

Fattura elettronica omaggi senza rivalsa – IVA non addebitata al cliente

Quando viene emessa una fattura elettronica omaggi senza addebitare l’Iva al cliente, allora si dice che quel documento è senza rivalsa Iva. Si tratta di una condizione piuttosto comune, che si verifica, quasi sempre, in caso di omaggi alla propria clientela. In questo caso il cliente non paga assolutamente nulla, nemmeno l’IVA.

L’azienda emette quindi fattura elettronica per il pagamento dell’Iva dovuta. Su questa fattura deve essere presente la dicitura: “cessione gratuita art.2 DPR 633/72 senza obbligo di rivalsa art.18 DPR 633/72”. Nel caso invece si tratti di fattura elettronica omaggi, allora la dicitura dovrà essere: “esenzione N2”.

Fattura elettronica omaggi con rivalsa – IVA addebitata al cliente

Caso opposto al precedente. L’azienda omaggia il cliente di uno o più beni, ma chiede il pagamento dell’IVA. In questo caso in fattura dovrà essere presente la scritta: “cessione gratuita art.2 DPR 633/72 con obbligo di rivalsa art.18 DPR 633/72”.

L’imponibile sarà stornato, mentre rimarrà presente l’importo Iva da pagare a carico del cliente. Si tratta di casi piuttosto particolari e non così comuni. Quando un’impresa decide infatti di regalare qualcosa ai propri clienti, lo fa, normalmente, senza che questi debbano pagare alcunché.

Prodotti e beni non legati all’attività d’impresa

Un’azienda può decidere di cedere gratuitamente uno o più beni ai propri clienti, senza che i prodotti siano strettamente legati all’attività svolta. Un caso che prevede alcune distinzioni:

  • Valore dell’oggetto ceduto, comprensivo d’IVA, minore di 50€ – non è quindi imponibile Iva e, di conseguenza non va emessa fattura elettronica omaggi.
  • Se il valore del bene ceduto, comprensivo d’Iva, è superiore a 50€, invece, sarà imponibile d’Iva e di conseguenza andrà emessa fattura
  • Terzo ed ultimo caso, quando il valore del bene ceduto, comprensivo d’Iva è superiore a 50€ € ma non è imponibile ai fini d’IVA perché al momento dell’acquisto l’iva non è stata detratta, allora non necessario emettere fattura omaggio.

Fattura elettronica omaggi

In tutti e tre i casi precedenti, l’azienda potrà sempre scegliere se:

  1. addebitare o meno l’iva al cliente
  2. emettere fattura omaggio
  3. emettere autofattura.

Campioni gratuiti

I campioni gratuiti sono, a tutti gli effetti, oggetti prodotti e/o venduti, inerenti all’attività stessa. Sono solitamente distribuiti a scopo promozionale. Sono identificati con la dicitura: “campioni gratuiti di modico valore”. Se questi oggetti rispettano le seguenti regole:

  • campioni distribuiti gratis
  • sono appositamente contrassegnati
  • hanno modico valore

allora ci troviamo di fronte a beni ed operazioni escluse dal campo di applicazione IVA. Di conseguenza non è obbligatorio emettere fattura, o qualunque altro documento attestante la cessione di tale bene.

Piano dei conti: cos’è, a cosa serve e perché redigerlo

In contabilità è necessario registrare correttamente qualunque transazione. Ciascuna entrata, uscita, attestata da fattura elettronica deve essere annotata in modo esaustivo e comprensibile. Ciascuna interazione deve quindi essere contabilizzata secondo il principio della “contabilità doppia”. Per assicurare la necessaria chiarezza è quindi indispensabile una struttura contabile intelligibile. In Italia non esiste una vera e propria disciplina che regola la materia. Il piano contabile, tuttavia, può essere organizzando in modo che lo stato patrimoniale e il conto economico, seguano uno schema ben preciso. In questo caso entra in gioco il piano dei conti. Una sorta di registro sul quale sono annotati informazioni analitiche, sottoconti, conti mastri, ecc… Informazioni indispensabili per determinare il saldo dei conti e utilizzati nella partita doppia sul libro giornale.

Piano dei conti: cos’è

Il piano dei conti è un documento, utilizzato dalle imprese, necessario alle rilevazioni in partita doppia. Non essendo regolamentato da alcuna norma giuridica specifica, il piano dei conti è soggetto alla disciplina della società a cui fa riferimento e varia in base alle esigenze aziendali, all’attività svolta e alle dimensioni della struttura contabilizzata.

In questo documento sono annotate una serie di informazioni analitiche, un aggregatore delle rilevazioni contabili, con lo scopo di esprimere in maniera omogenea e sintetica, lo stato patrimoniale e l’attività economica di un’azienda. È possibile affermare che ogni azienda crea il proprio piano dei conti su misura, diversificandolo in base alle proprie esigenze. Non esistono vincoli restrittivi che ne obblighino la trascrizione secondo determinate norme fiscali. Per questo motivo varia in base alle dimensioni e alla natura aziendale.

A cosa serve

Il piano dei conti ha lo scopo di fornire informazioni analitiche, dettagliate, utilizzando i sottoconti. Serve inoltre a fornire una sintesi dell’attività economica e patrimoniale, grazie ai conti mastro. In questo modo assolve anche ad una funzione di tipo gestionale, oltre che a ricoprire un ruolo informativo di fondamentale importanza. Questo perché la contabilità non è obbligatoria solamente ai fini fiscali e civilistici, ma rappresenta anche un adempimento inderogabile al funzionamento di un’attività.

Piano dei conti: struttura e predisposizione

Affinché il piano dei conti sia redatto con una logica e sia comprensibile anche a soggetti esterni all’azienda, è necessario che venga predisposto seguendo un certo criterio. Innanzitutto le rilevazioni contabili non devono essere duplicate e non devono essere soggette ad errore in fase di registrazione.

Durante l’inserimento delle scritture, deve essere sempre possibile aggiungere nuovi conti. Questo accade quando, ad esempio, si manifesta per la prima volta la necessità di identificare e registrare un’esigenza nuova. Lo stesso vale anche in presenza di una precedente dimenticanza. il piano dei conti deve rendere agevole e precisa la redazione del bilancio di esercizio e la dichiarazione dei redditi.

I conti del piano sono suddivisi in base a specifiche categorie, le quali, in seguito, andranno a costituire il bilancio d’esercizio. Dal bilancio d’esercizio sono poi generati:

  1. Conto Economico (suddiviso in costi e ricavi)
  2. Stato patrimoniale (suddiviso in attività e passività)

In certi casi può essere presente anche il Conto d’ordine, anche se non è obbligatorio. In questo sono segnalati impegni ed operazioni che non rientrano nelle rilevazioni economiche e patrimoniali.

Piano dei conti

Conti Mastro e sottoconti

Sono caratterizzati da una descrizione, che ne specifica in dettaglio il contenuto e sono numerati progressivamente. La numerazione è consecutiva in base alle categorie. In questo modo la lettura è resa più semplice e scorrevole.

Attività dello Stato Patrimoniale

Sotto questa voce troviamo:

  1. immobilizzazioni immateriali – costituiscono voci positive aziendali relative a beni non tangibili (marchio e logo aziendale)
  2. materiali – terreni, fabbricati, beni mobili come autovetture, macchinari, impianti, ecc…
  3. immobilizzazioni finanziarie – investimenti in altre aziende, ad esempio partecipazioni azionarie, fondi di investimento, obbligazioni, anticipi d’imposta, ovvero crediti verso l’Erario relativi ad IRES, IRAP, ecc…
  4. Rimanenze di magazzino
  5. Ratei
  6. Risconti attivi

Tra le passività compaiono il capitale e le riserve, il TFR, il Fondo di ammortamento e svalutazioni, relativi a crediti, i fondi di ammortamento per immobilizzazioni immateriali, per quelli materiali, per la svalutazione crediti, debiti verso fornitori, debiti per imposte.

Conto Economico

È suddiviso in Costi e Ricavi. Tra i costi si trovano:

  • acquisto prodotti
  • costi per servizi ed utenze
  • Locazioni
  • Canoni
  • Costo per il personale dipendente
  • Spese commerciali
  • Viaggi
  • Spese generali
  • Oneri Tributari
  • Ammortamenti materiali e immateriali
  • Oneri Straordinari
  • Oneri Finanziari
  • Rimanenze iniziali

Tra i ricavi invece ci sono:

  • Vendite
  • Proventi straordinari
  • Proventi finanziari
  • Rimanenze finali
  • Profitti
  • Perdite

In base alle esigenze aziendali, ciascuna voce sarà più o meno dettagliata.

Per concludere, il piano dei conti, è la base necessaria per redigere successivamente le scritture contabili. Una volta predisposto, non definitivo. Varia in base alle esigenze dell’azienda e le voci possono essere aggiunte via via che se ne presenta occasione e necessità. Le singole voci inserite nel Piano dei conti e in particolare nelle categorie, confluiscono poi nei Conti mastro. I conti mastro a loro volta servono a predisporre il Bilancio d’Esercizio.

Ricevuta prestazione occasionale: come si compila e a cosa serve

Nell’articolo precedente abbiamo visto cos’è una quietanza di pagamento, chi la emette, chi la richiede e le principali differenze con una fattura elettronica. Oggi invece trattiamo della ricevuta prestazione occasionale, un documento che deve essere consegnato dal lavoratore che presta lavoro occasionale al proprio committente.

L’emissione e la compilazione di una ricevuta per prestazione occasionale, deve sottostare a precise regole. Regole che riguardano, ad esempio la ritenuta d’acconto, o l’eventuale marca da bollo. Dal punto di vista giuridico, la prestazione occasionale è stata normata dal Decreto Legislativo 81/2015 e dall’articolo 2222 del Codice Civile, che tratta del contratto d’opera.

Ricevuta prestazione occasionale: cos’è e come si compila

Chi svolge un lavoro occasionale per un altro privato, oppure per un’azienda, con rapporto non continuativo, non occorre aprire partita IVA. Senza partita IVA però non è possibile emettere fattura elettronica che attesti il lavoro svolto e il pagamento da incassare. Serve quindi un altro documento che certifichi la prestazione lavorativa e richieda al committente l’importo a saldo. In questo caso si emetterà una ricevuta prestazione occasionale.

Affinché questo documento possa essere ritenuto valido deve contenere dei dati precisi:

  1. Dati del prestatore del lavoro occasionale (nome, cognome, indirizzo, codice fiscale, ecc…)
  2. Generalità del committente (vale a dire tutti i dati della persona fisica, piuttosto che quelli dell’azienda)
  3. Compenso pagato:
    • Importo lordo
    • Ritenuta d’acconto del 20% sul totale
    • Somma netta percepita effettivamente
  1. Descrizione dell’attività svolta
  2. Data
  3. Numero progressivo della ricevuta e se verrà prestato in futuro altri servizi alla stessa azienda
  4. Firma
  5. Riferimenti alla normativa nel caso di esenzione dall’IVA per prestazione occasionale (articolo 5 del DPR 633/72) e in caso di assoggettamento alla ritenuta d’acconto (articolo 25 del DPR 633/72)
  6. firma del prestatore
  7. eventuale marca da bollo se il valore della prestazione è superiore a 77,46 euro.

È possibile ricorrere alla ricevuta per prestazioni occasionali solo se la prestazione lavorativa è veramente “occasionale” e non continuativa. È imposta una soglia massima annuale pari a 5000 €.

Ricevuta prestazione occasionale

Ritenuta d’acconto e marca da bollo

Quando si compila una ricevuta per prestazione occasionale si rende necessario fare attenzione al soggetto al quale è stato prestato servizio. Se il committente ha partita IVA, infatti, il creditore dovrà obbligatoriamente versare la ritenuta d’acconto pari al 20% del compenso lordo in qualità di sostituto d’imposta.

Tale versamento deve avvenire entro il 16 del mese successivo alla data della ricevuta per prestazione occasionale.

Se invece il committente è un altro privato, il compenso dovuto non è soggetto a ritenuta d’acconto e quindi deve essere versato l’importo complessivo del compenso pattuito.

Per ricevute di importo superiore ai 77,47 euro, è poi necessario ricordarsi di versare la marca da bollo da 2€.

Se il lavoratore che presenta ricevute per prestazioni occasionali, dovesse, nell’anno, superare i 5000 , dovrà obbligatoriamente iscriversi alla Gestione Separata presso l’INPS. Infatti, per importi superiori a tale cifra, diventa obbligatorio il versamento dei contributi previdenziali.

Lavoro autonomo occasionale

Il lavoro autonomo occasionale è una particolare tipologia di prestazione a carattere sporadico, non stabile, derivato dalla cessione di un’opera, o di un dato servizio, da parte di un soggetto nei confronti di un committente.

Il vantaggio del lavoro autonomo occasionale e delle relative ricevute, è che non è necessario aprire una partita IVA. Basta però ricordarsi di pagare la ritenuta d’acconto, dove necessario. Per essere definito tale, il lavoro occasionale non deve:

  • avere durata continuativa nel tempo, oppure abituale
  • avere alcun tipo di coordinamento da parte del committente
  • possedere vincolo di subordinazione

Inoltre la prestazione da eseguire deve essere svolta in autonomia da parte del prestatore, senza vincoli di tempo e/o modalità di esecuzione. Questo significa che il prestatore deve essere libero di svolgere l’attività richiesta, quando e come vuole, in piena libertà decisionale.

Quietanza di pagamento: cos’è e come funziona

Imprese e professionisti per giustificare acquisti e transazioni, emettono fatture elettroniche. A volte però è necessario che un privato debba presentare fattura a un’impresa. In questo caso non è necessario aprire o avere una partita IVA, perché basterà servirsi di una quietanza di pagamento.

Quietanza di pagamento: certificazione di avvenuto pagamento

La quietanza di pagamento è un documento scritto che attesa che un credito ha ricevuto quanto dovuto dal debitore. Si tratta di una prova documentale precostituita. Il debitore che ha provveduto a saldare il debito, ha il diritto, quando ne fa esplicita richiesta, a ottenere obbligatoriamente la quietanza di pagamento. In questo caso l’attestazione di pagamento deve riportare la tipologia di prestazione eseguita e l’obbligazione a cui si riferisce.

La quietanza è un documento indispensabile per evitare eventuali contestazioni future. Questa può essere richiesta, ad esempio, alla ricezione di merce e del relativo pagamento. È buona norma in questo caso richiederne l’emissione del documento, in modo tale che la consegna e il pagamento siano certificati per scritto.

In pratica è un documento utilizzato dai creditori, e richiesto dai debitori, con il quale si certifica il saldo del debito. È uno strumento che può essere utilizzato anche dai privati, tra privati e privati e aziende.

Quietanza di pagamento: il contenuto

Affinché questo documento sia valido, anche ai fini giuridici, è necessario che contenga una serie di dati obbligatori:

  1. Dati dei soggetti coinvolti (creditore e debitore)
  2. Importo saldato
  3. Causale di compilazione (deve cioè essere spiegato, in maniera esaustiva, il motivo per cui la quietanza è stata compilata)
  4. Data di emissione
  5. Firma del creditore (o quietanzante)

In caso di mancanza di data o causale, la quietanza rimane comunque sempre valida. Tutti gli altri elementi invece devono essere obbligatoriamente presenti, se si vuole ritenere valida la quietanza. Spesso il documento è fatto firmare da entrambe le parti (debitore e creditore). La quietanza deve essere rilasciata sempre e comunque in forma scritta, sia come atto pubblico, che scrittura privata. Solitamente si tratta di atti nominativi e numerati.

Quietanza a saldo

Si tratta di una particolare tipologia di quietanza. È una dichiarazione da parte del creditore che afferma di non avere più nulla pretendere dal debitore, in quanto questi ha saldato tutti i crediti pendenti.

Quietanza di pagamento

 

Ne sono un esempio anche le dichiarazioni sottoscritte dai lavoratori dipendenti alla cessazione del rapporto di lavoro. In queste certificazioni i lavoratori dichiarano di aver ricevuto dall’ex datore di lavoro ogni pagamento spettante e di non avere più nulla da pretendere.

“Pagato”

La famosa scritta “pagato” su fatture, bolle e ricevute, non ha alcun valore giuridico. Tra le altre cose, la dicitura “pagato” potrebbe anche intendersi quale pagamento parziale del dovuto e può quindi essere oggetto di contestazioni future da parte del creditore. Affinché l’atto sia valido giuridicamente, deve riportare la scritta “per quietanza” e non deve mai mancare la firma del creditore.

In caso di contestazione, non è ammissibile la prova per testimoni, che vogliano smentire in qualche modo il contenuto della quietanza. Questa infatti è impugnabile solo ed esclusivamente quando, chi ha sottoscritto il documento, voglia dimostrarlo di averlo fatto spinto da atti violenti, o per un errore di fatto. Tale errore deve però essere “scusabile”. Questo significa che deve essere inteso come errore tale per il quale, un qualunque uomo medio, sarebbe caduto in inganno date le eventuali circostanze di tempo, modo e luogo in cui l’errore stesso è avvenuto.

Fattura elettronica e quietanza di pagamento

Si tratta di due documenti molto simili tra loro, ma non sono la stessa cosa. La differenza risiede nel fatto che, chi emette quietanza di pagamento, non possiede partita IVA. In questo modo non deve nemmeno indicare l’IVA applicabile alla transazione relativa a un determinato bene e/o servizio.

Altra differenza è la numerazione. Nelle fatture elettroniche la numerazione progressiva è obbligatoria, mentre nelle quietanze è opzionale. Anche la causale, come abbiamo visto, è opzionale, meglio che ci sia, ma non è necessario che debba essere particolareggiata, come invece è necessario nella fatturazione elettronica.

Autofattura art 17: che cos’è e quando deve essere emessa

Negli articoli precedenti abbiamo analizzato ed imparato a conoscere diversi tipologie di documenti fiscali: il modulo DDT, la parcella elettronica, Fattura proforma, la fattura semplice-differita-accompagnatoria e di acconto. Oggi vogliamo affrontare un altro grande tema del campo commerciale che riguarda l’autofattura art 17 comma 2 del DPR n. 633/72, relativo alle operazioni effettuate da soggetti extra EU.

Autofattura art 17 comma 2 del DPR n. 633/72

L’autofattura è una particolare tipologia di fatturazione elettronica. In questo specifico caso l’obbligo di applicare l’IVA e di mettere fattura sono a carico del cessionario/committente (e non del soggetto prestatore).
Un’eccezione alla normale fattura elettronica. L’obbligo di emettere autofattura art 17 comma 2 del DPR 633/72 è posto a carico dei soggetti extra UE che effettuano operazioni in Italia. Inoltre l’autofattura deve obbligatoriamente essere emessa per tutte le operazioni per le quali non sia stata emessa regolare fattura entro i termini da parte del soggetto obbligato.
L’autofattura è redatta in un unico esemplare.

Quali dati deve contenere l’autofattura

Per essere considerata valida, l’autofattura deve contenere alcuni dati essenziali:

  • IVA – se si tratta di un’operazione imponibile
  • Titolo di non imponibilità o di esenzione – nel caso di operazioni non imponibili o esenti imposta.

Inoltre l’autofattura deve contenere la seguente dicitura:

“autofatturazione” di cui all’articolo 21, comma 6-ter del DPR n 633/72”

Quando deve essere emessa un’autofattura art 17 comma 2del DPR 633/72

Autofattura e fattura elettronica sono la stessa cosa dal punto di vista pratico. L’unica differenza è che nella prima destinatario e mittente sono la stessa persona, fisica o giuridica.
L’autofattura è obbligatoria solo in alcuni casi:

  1. Omaggi
  2. Autoconsumo
  3. Acquisto da non residenti
  4. Autofattura-Denuncia
  5. Altri casi

Autofattura art 17

 

Autofattura per omaggi

Beni e servizi possono essere ceduti a titolo di “omaggio” o cessione gratuita, senza obbligo di emissione fattura, per importi inferiori a € 25,82. Nel caso l’importo sia superiore, vi sono tre casi:

  • Emissione fattura nel caso in cui si voglia esercitare la rivalsa dell’IVA nei confronti del soggetto a cui è stato fatto l’omaggio;
  • Registrare l’omaggio nel registro degli omaggi;
  • emettere autofattura nel caso si decida di non esercitare la rivalsa dell’IVA.

Autofattura per autoconsumo

È il caso in cui beni e servizi di un’azienda vanno a far parte del consumo personale o familiare del titolare. Stesso discorso per tutti quei beni/servizi che tornano a uso personale dell’imprenditore a seguito svuotamento dell’impresa o per cessazione attività.
Visto che tutte queste operazioni sono soggette a imposizione IVA, deve emessa autofattura per gli importi dei beni utilizzati al di fuori delle finalità d’impresa.

Autofattura per acquisti da non residenti

L’autofattura deve essere emessa per beni e servizi acquistati da un fornitore che non ha in Italia una stabile organizzazione o un rappresentante (eccezione per quando l’IVA risulta già in bolletta doganale). L’esempio principale è quello del Reverse Charge, da applicare per acquisti intracomunitari.

Autofattura-Denuncia

Si tratta di un caso molto molto speciale. Si applica a distanza di quattro mesi da quando è stata eseguita un’IVA e non si dovesse ancora aver ricevuto regolare fattura. In questo caso è necessario emettere autofattura in duplice copia.
Il documento dovrà riportare tutti i dati che avrebbero dovuto essere presenti nella fattura non ricevuta. Inoltre l’autofattura art 17 comma 2 del DPR 633/72 prevede che questa debba essere inviata entro 30 giorni (5 mesi dall’operazione), all’ufficio IVA di competenza.

Stessa procedura nel caso di ricezione di fattura irregolare. In quest’ultimo esempio però l’autofattura deve essere presentata all’ufficio IVA competente entro massimo 15 giorni dalla data della registrazione.

Altri casi in cui occorre emettere Autofattura

Vi sono poi tutta un altra serie di casi in cui è necessario l’emissione dell’autofattura, casi sporadici, ma tenere sempre e comunque in considerazione. É questo il caso di:

  • acquisti da produttori agricoli o ittici in regime di esonero
  • di rottami, carta da macero, ecc…
  • acquisti di oro o argento industriale

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