Limiti regime forfettario 2023 e 2024: novità dall’Agenzia delle Entrate

Il regime forfettario rappresenta una delle opzioni fiscali più interessanti per le persone fisiche che svolgono attività d’impresa, arte o professione, nonché per le imprese familiari. Introdotto con la Legge n. 190/2014 e attuato a partire dal 1° gennaio 2015, questo regime ha soppiantato diversi regimi agevolati precedenti, promettendo semplificazioni fiscali e contabili. Tuttavia, per mantenere l’adesione a questo regime, è fondamentale comprendere e rispettare i limiti imposti, soprattutto alla luce delle novità introdotte di recente dall’Agenzia delle Entrate. In questo articolo, esamineremo in dettaglio le caratteristiche del regime forfettario, i requisiti per accedervi e le nuove conseguenze del superamento dei limiti regime forfettario. 

Caratteristiche del regime forfettario

Il regime forfettario offre una serie di benefici fiscali e contabili che lo rendono particolarmente attrattivo. Tra i principali vantaggi vi è l’aliquota fiscale agevolata: un’aliquota unica del 15% sostituisce le tradizionali aliquote progressive dell’IRPEF. Per le nuove attività, inoltre, è prevista un’aliquota ridotta al 5% per i primi cinque anni. Un altro aspetto rilevante è l’esenzione dall’IVA. I contribuenti che adottano questo regime non addebitano l’IVA nelle loro fatture e sono esentati da obblighi IVA come la tenuta dei registri IVA e la liquidazione periodica dell’IVA

Infine, il regime forfettario prevede semplificazioni contabili significative: non è richiesta la contabilità ordinaria, ma solo una contabilità semplificata, con notevole risparmio di tempo e costi amministrativi. Questo non significa che sia il regime ideale per ogni partita IVA, ma ha dei benefici per alcune tipologie di imprenditori (per approfondire maggiormente su tutte le specifiche abbiamo preparato una guida sul regime forfettario nel 2024).

Requisiti di accesso al regime forfettario

Accedere al regime forfettario richiede il rispetto di precisi requisiti. Dal punto di vista soggettivo, possono aderire solo le persone fisiche che svolgono attività d’impresa, arte o professione. Sono invece esclusi tutti i soggetti che si trovino nelle situazioni di seguito indicate:

  • Utilizzo di regimi speciali IVA e di determinazione forfetaria del reddito;
  • Assenza di residenza in Italia, oppure residenza in altro Stato UE/SEE con meno del 75% del reddito complessivo prodotto in Italia;
  • Compimento, in via esclusiva o prevalente, di cessioni di fabbricati o loro porzioni, di terreni edificabili (articolo 10 comma 1 n 8 del DPR n. 633/72) o di mezzi di trasporto nuovi (articolo 53 comma 1 del D.L. n. 331/93);
  • Esercizio di attività d’impresa, arti o professioni e, contemporaneamente all’esercizio di tale attività, partecipazione in società di persone, associazioni o imprese familiari ex articolo 5 del TUIR, nonché controllo, diretto o indiretto, di società a responsabilità limitata (SRL anche trasparenti ex art. 115 o 116 del TUIR) o associazioni in partecipazione, che esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d’impresa, arti o professioni;
  • Se l’attività è rivolta principalmente verso datori di lavoro con cui si ha avuto rapporti di lavoro nei due anni precedenti, o verso persone o aziende a loro collegate, non si può aderire al regime forfettario. Fanno eccezione solo coloro che iniziano una nuova attività dopo aver completato il periodo di pratica obbligatoria per esercitare una professione o un’arte;
  • Percezione di redditi di lavoro dipendente e assimilati superiori a 30.000 euro (art. 1 comma 57 lett. d-ter) della L. 190/2014). Ove tale limite sia stato superato, si potrà comunque permanere nel regime se, nell’anno precedente, il rapporto lavorativo è cessato e non risultano instaurati nuovi rapporti, oppure percepiti redditi di pensione (Circolare n. 10/E/2016 § 2.3 Agenzia delle Entrate).

Limiti regime forfettario: conseguenze del superamento dei limiti

Oltre alle condizioni sopra elencate esiste un’altra condizione che esclude un soggetto a essere parte del regime forfettario, nello specifico si tratta dei limiti stringenti ai ricavi e alle spese accessorie quando si è già in regime forfettario, questo significa che anche se si rispettano tutte le condizione per essere forfettari è comunque possibile uscire dal regime anche a causa della quantità di fatturato durante l’anno fiscale

Per l’esattezza se i ricavi o compensi superano €85.000 in un anno fiscale, si passa automaticamente al regime ordinario a partire dall’anno successivo. In caso di superamento della soglia di €100.000, l’uscita dal regime forfettario è immediata nell’anno in corso, con applicazione del regime ordinario. Le recenti precisazioni dell’Agenzia delle Entrate, contenute nella circolare N. 32/E del 5 dicembre 2023, hanno chiarito ulteriormente questo aspetto.

Limiti regime forfettario

Le novità dell’Agenzia delle Entrate: gestione del superamento del limite di €100.000

L’Agenzia delle Entrate ha fornito indicazioni dettagliate per la gestione del superamento della soglia di €100.000. Quando i ricavi superano questa soglia, la fattura che causa il superamento deve includere l’IVA a debito e non è consentito suddividere la fattura per rimanere nel regime forfettario. Tutto il reddito dell’anno corrente viene tassato secondo il regime ordinario, con l’applicazione delle aliquote progressive IRPEF. Inoltre, il contribuente deve ricalcolare le proprie imposte secondo il regime ordinario, tenendo conto delle deduzioni e detrazioni previste dalla normativa fiscale ordinaria.

Un esempio pratico del superamento

Immaginiamo Mario Rossi, un libero professionista che aderisce al regime forfettario. Durante l’anno 2024, Mario prevede di incassare 90.000€, ma a dicembre riceve un incarico urgente che gli frutta ulteriori 15.000€, portando i ricavi annuali a 105.000€, superando così la soglia di 100.000€. Questo superamento comporta l’uscita immediata dal regime forfettario per l’anno in corso. La fattura che causa il superamento deve includere l‘IVA, ad esempio, su 15.000€ si aggiunge un’IVA del 22%, rendendo la fattura totale di 18.300€. Inoltre, tutti i ricavi del 2024 saranno tassati secondo il regime ordinario con le aliquote progressive IRPEF, e Mario dovrà adeguarsi alla contabilità ordinaria per tutto il fatturato creato durante l’anno e non solo la cifra eccedente ai 100.000€. 

Agevolazione del regime forfettario

Il regime forfettario offre un’opportunità notevole per i piccoli imprenditori e professionisti, grazie alle sue semplificazioni fiscali e all’aliquota ridotta. Tuttavia, è fondamentale monitorare attentamente i propri ricavi per evitare il superamento delle soglie critiche che comporterebbero il passaggio al regime ordinario, con conseguenti obblighi fiscali e contabili più onerosi. Le recenti precisazioni dell’Agenzia delle Entrate forniscono un quadro chiaro per la gestione di tali situazioni, permettendo ai contribuenti di prendere decisioni informate e strategiche per la loro attività economica.

No profit e obbligo di fatturazione dal 1° gennaio 2024

Con il nuovo anno sono state introdotte alcune novità normative che interessano gli enti no profit in relazione alla fatturazione elettronica.

Le associazioni senza scopo di lucro che hanno esercitato l’opzione per il regime agevolato di cui alla legge n.398 del 1991, comunemente indicato come regime “No profit”, dal 1° gennaio 2024 saranno soggette a discipline differenti rispetto al recente passato per quel che riguarda l’emissione e la conservazione delle fatture elettroniche.

Gli enti del terzo settore che svolgono attività commerciali connesse agli scopi istituzionali dovranno adeguare i propri sistemi contabili per far fronte alle novità normative in tema di fatturazione elettronica introdotte a partire dal nuovo anno. Tra le questioni oggetto di modifica rientrano gli obblighi di fatturazione elettronica in capo ai soggetti No profit e gli adempimenti connessi alla conservazione digitale dei documenti fiscali.

Pertanto, le associazioni interessate dovranno ricevere adeguate informazioni in merito alle nuove disposizioni entrate in vigore il 1° gennaio 2024 per garantire la corretta applicazione delle norme in tema di fatturazione elettronica.

No profit: chi sono i soggetti aderenti al regime 398/91

I soggetti aderenti al regime No profit di cui alla legge 398/91 sono le associazioni non commerciali e gli enti non commerciali che hanno optato per il regime agevolato che prevede un’imposizione forfettaria dei redditi prodotti dalle attività commerciali connesse alla principale attività mutualistica o sociale.

In particolare, aderiscono al regime No profit le associazioni di promozione sociale, le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sportiva dilettantistica (ASD) e le società sportive dilettantistiche (SSD). Queste categorie di soggetti, pur svolgendo attività commerciali accessorie agli scopi istituzionali, possono godere di un trattamento fiscale agevolato purché provino, tramite il bilancio, che si tratta di attività connesse e secondarie rispetto alle finalità istituzionali.

Dal 1° gennaio 2024 tutti gli enti No profit dotati di partita IVA sono obbligati all’emissione e trasmissione della fattura elettronica, che già dal 1° luglio 2022 era prevista per i soggetti con volume di ricavi superiori a 25.000 euro annui. Restano esclusi gli enti non commerciali sprovvisti di partita IVA.

Pertanto, le associazioni di promozione sociale, le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sportiva dilettantistica (ASD) e le società sportive dilettantistiche (SSD) con partita IVA e attività commerciale accessoria, a prescindere dal volume di ricavi, dal 1° gennaio 2024 dovranno emettere fattura elettronica per le operazioni imponibili effettuate nell’esercizio dell’attività commerciale.

No profit e obbligo di fatturazione 

Associazione no profit: cosa cambia dal 1° gennaio 2024

A partire dal 1° gennaio 2024 cambiano alcuni importanti adempimenti fiscali per le associazioni senza scopo di lucro che hanno optato per il regime No profit di cui alla legge 398/91.

Innanzitutto, viene abrogata la soglia dei 25.000 euro di ricavi annuali che fino al 31 dicembre 2023 consentiva ai soggetti al di sotto di tale limite di continuare a emettere fattura cartacea. Dal nuovo anno, tutti gli enti No profit, a prescindere dal volume di ricavi conseguito, sono tenuti all’obbligo di fatturazione elettronica per le operazioni imponibili poste in essere nell’esercizio dell’eventuale attività commerciale. Pertanto, ad esempio, è una ONLUS dovrà emettere fattura elettronica nei confronti dei propri clienti e fornitori con i quali intrattiene rapporti di natura commerciale.

Oltre all’emissione del documento in formato digitale, le associazioni No profit devono attrezzarsi per garantire anche la conservazione delle fatture elettroniche, possibile gratuitamente mediante l’utilizzo del portale messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate o ricorrendo a servizi di conservazione offerti da soggetti terzi. Non è invece previsto un obbligo di conservazione per le fatture passive ricevute.

L’adozione della fatturazione elettronica è finalizzata ad assicurare la tracciabilità delle operazioni economiche poste in essere dalle associazioni No profit, semplificando al contempo gli adempimenti contabili a carico di queste importanti realtà del terzo settore.

Sanzioni Agenzia delle Entrate: come funziona il sistema sanzionatorio di AdE

L’Agenzia delle Entrate ha da sempre nel proprio ordinamento il potere di irrogare sanzioni amministrative per inadempimenti ed errori da parte dei contribuenti.

Tale sistema di sanzioni Agenzia delle Entrate permette all’amministrazione finanziaria di applicare, proporzionalmente alla natura della violazione, ammende, multe e altre penalizzazioni pecuniarie per una vasta tipologia di illeciti.

Nel dettaglio, l’Agenzia può comminare oblazioni per omessa o infedele presentazione delle dichiarazioni, per tardiva emissione di fatture, per errori o difformità nei versamenti dell’IVA o delle ritenute. Particolare importanza rivestono le sanzioni per la mancata, incompleta od oltre i termini di legge emissione e trasmissione della fatturazione elettronica.

Tali sanzioni Agenzia delle Entrate costituiscono uno strumento indispensabile a presidio del corretto assolvimento degli obblighi tributari, anche a fronte di fenomeni sempre più diffusi come l’introduzione della fatturazione elettronica. Nel contempo, l’esistenza di un articolato sistema sanzionatorio consente all’amministrazione finanziaria una proporzionata ed equa repressione di condotte illecite, fungendo da deterrente per comportamenti non conformi alla legge.

Sanzione agenzia delle entrate: le diverse tipologie

Le diverse tipologie di sanzioni irrogate dall’Agenzia delle Entrate possono essere raggruppate in base alla natura dell’inadempimento.

In primo luogo, vi sono le sanzioni amministrative pecuniarie applicate in caso di inottemperanza agli obblighi dichiarativi. Tali sanzioni, la cui entità varia in una forbice tra il 120% e il 240% dell’imposta evasa, risultano comminate dall’Agenzia delle Entrate quando il contribuente omette la presentazione della dichiarazione dei redditi ovvero la presenta in ritardo o con dati incompleti o non veritieri.

Uno specifico tipo di sanzione amministrativa è quella inflitta in caso di omessa o tardiva comunicazione dei dati rilevanti ai fini delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto, come nel caso delle operazioni transfrontaliere.

L’Agenzia delle Entrate e Riscossione, invece, può irrogare specifiche sanzioni come la mora nel caso di ritardato o mancato pagamento delle somme dovute a seguito di avviso bonario o di accertamento. Vi è poi l’ulteriore tipologia di sanzione pari al 30% dell’importo non versato nel termine di 60 giorni dalla scadenza, nell’ipotesi di mancato, insufficiente o tardivo pagamento delle somme iscritte a ruolo.

In caso di resistenza all’ingiunzione di pagamento, l’Agenzia delle Entrate e Riscossione può applicare una sanzione amministrativa pecuniaria aggiuntiva pari al 10% del debito non onorato nei termini di legge.

Le sanzioni amministrative irrogate dall’Agenzia delle Entrate risultano graduate in funzione della gravità dell’inadempimento riscontrato e sono sempre comminate nel rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza.

Sanzioni agenzia delle entrate

Sanzioni agenzia delle entrate: Procedure e strumenti per la loro corretta applicazione

L’applicazione delle sanzioni da parte dell’Agenzia delle Entrate segue precisi procedimenti volti ad assicurarne la correttezza.

Prima dell’irrogazione di qualsiasi sanzione amministrativa, l’ente provvede a comunicare agli interessati un preventivo avviso di irregolarità con il quale si segnalano gli inadempimenti rilevati e si invita a regolarizzare la propria posizione entro un termine assegnato. Trascorso infruttuosamente tale termine senza ricevere riscontro, l’Agenzia delle Entrate può emettere formale avviso di addebito delle sanzioni dovute.

Contro tale atto di sanzione è sempre ammesso ricorso presso la Commissione Tributaria Provinciale da parte del contribuente. L’ente, al fine di ottemperare ai principi di trasparenza e terzietà, pubblica annualmente apposite circolari che forniscono criteri interpretativi uniformi circa l’applicazione e la quantificazione delle sanzioni tributarie.

Uno strumento essenziale per assicurare la trasparenza dell’azione amministrativa è il contraddittorio con il contribuente sanzionato. A tal fine, l’Agenzia delle Entrate, prima dell’emanazione dell’atto di sanzione, deve concedere al destinatario la possibilità di effettuare chiarimenti e produzioni istruttorie. Cruciale anche il monitoraggio dell’applicazione delle sanzioni da parte della stessa Agenzia, al fine di uniformarne la quantificazione e l’irrogazione entro i limiti di legge, con particolare riguardo al rispetto del principio di proporzionalità. Ciò assume ancor più rilievo dopo l’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica 2024.

Voluntary disclosure: fondamenti, normativa e best practice della comunicazione volontaria di informazioni extra-finanziarie

La voluntary disclosure è una prassi che negli ultimi anni sta riscontrando un uso sempre più esteso da parte dei contribuenti, che ricorrono a questo istituto per regolarizzare in modo agevolato la propria posizione fiscale.

In particolare, dall’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica, che ha reso più immediate le attività di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria, si è verificato un netto incremento del ricorso alla voluntary disclosure. L’obbligo di fatturazione elettronica, in vigore dal 1° gennaio 2019 per alcune tipologie di operatori e dal 1° gennaio 2022 esteso a tutti i soggetti in possesso di partita IVA, ha di fatto reso più trasparente il sistema dei rapporti commerciali.

La fatturazione elettronica, infatti, rende immediatamente disponibili all’Anagrafe tributaria tutti i dati delle fatture, rendendo più agevole l’incrocio delle informazioni e l’identificazione di eventuali anomalie o discrasie. Questo maggior livello di trasparenza ha indotto molti contribuenti a ricorrere preventivamente all’istituto della voluntary disclosure per regolarizzare spontaneamente, e con aliquote sanzionatorie agevolate, la propria posizione fiscale prima di eventuali controlli e con l’obiettivo di evitare conseguenze più onerose.

Pertanto, l’introduzione della fatturazione elettronica ha determinato, negli ultimi anni, una crescita esponenziale del ricorso alla voluntary disclosure da parte dei contribuenti.

Voluntary disclosure: Significato e caratteristiche

La voluntary disclosure consiste nella presentazione spontanea da parte del contribuente di rettifiche ai dati dichiarativi, di dichiarazioni in precedenza omesse o di dichiarazioni integrative che comportano il versamento di maggiori imposte o sanzioni.

Tale prassi, introdotta in Italia già dagli anni ’90, è stata regolamentata nel tempo dall’Agenzia delle Entrate e Riscossione allo scopo di favorire il miglioramento dei rapporti di collaborazione tra fisco e contribuente e conseguire un effettivo recupero di basi imponibili sottratte a tassazione. La voluntary disclosure consiste in un’istanza che il contribuente presenta all’amministrazione finanziaria al fine di regolarizzare la propria posizione fiscale in relazione a periodi d’imposta non ancora prescritti.

In cambio della presentazione spontanea, l’Agenzia delle Entrate e Riscossione concorda una riduzione delle sanzioni applicabili, agevolando la definizione della questione con il pagamento solo delle imposte dovute e di una sanzione ridotta. Per usufruire dell’istituto la regolarizzazione deve riguardare posizioni imponibili non oggetto di accessi, ispezioni o altre attività di controllo da parte dell’amministrazione finanziaria al momento della presentazione dell’istanza di voluntary disclosure. Tale procedura integra l’istituto del ravvedimento operoso incentivando la spontanea emersione di fenomeni di evasione mediante la prospettiva di sanzioni attenuate, come stabilito dalla normativa vigente in materia.

Voluntary disclosure 

Disclosure voluntary: Normativa e prassi

La normativa sulla voluntary disclosure si è evoluta nel corso degli anni per recepire gradualmente gli indirizzi comunitari in tema di emersione spontanea da parte del contribuente.

Il primo intervento organico sul tema è stato l’articolo 13 del decreto legislativo 218/1997 che ha istituito la figura della rivelazione spontanea e definito i criteri per la determinazione della sanzione. Successivamente sono intervenuti numerosi regolamenti emanati dall’Agenzia delle Entrate che hanno disciplinato i procedimenti applicativi a seguito della voluntary disclosure.

In particolare, il regolamento del 2015 ha introdotto il sistema della procedura semplificata mediante presentazione del modello per la presentazione dell’istanza che contiene i criteri agevolativi per il calcolo della sanzione ridotta. La normativa ha subito un’ulteriore evoluzione con il decreto fiscale del 2020 che ha disciplinato gli effetti della voluntary disclosure anche a seguito dell’implementazione della fatturazione elettronica 2024.

Secondo la più recente prassi consolidata, la voluntary disclosure consente al contribuente di definire in via agevolata la propria posizione fiscale irregolare attraverso il pagamento dell’imposta dovuta e di una sanzione ridotta calcolata applicando percentuali inferiori rispetto a quelle ordinarie. Tale istituto risulta perciò tuttora in vigore e viene recepito dall’amministrazione finanziaria come strumento di emersione delle violazioni tributarie.

Impresa agricola: asset e regole del settore primario

L’impresa agricola è soggetta a una normativa contabile e di fatturazione elettronica specifica, che è importante conoscere per una corretta gestione amministrativa e fiscale.

Dal punto di vista contabile, le imprese agricole di piccole dimensioni possono applicare, in alternativa alla contabilità ordinaria, la mera registrazione di incassi e pagamenti sui registri IVA semplificati o la revisione semestrale delle scritture. Tuttavia, è consigliabile valutare caso per caso la soluzione più adeguata alle proprie esigenze organizzative.

Relativamente alla fatturazione elettronica, dal 1° gennaio 2024 anche l’impresa agricola è tenuta all’invio telematico delle fatture attive e passive al Sistema di Interscambio. È necessario quindi dotarsi degli strumenti tecnologici idonei e acquisire familiarità con le procedure di compilazione e trasmissione dei documenti digitali, al fine di assolvere correttamente a tale obbligo.

Inoltre, l’impresa agricola svolge attività di autospedizione dei propri prodotti, emettendo autofatture. Pertanto, è importante conoscere le specifiche modalità di applicazione della fatturazione elettronica a tali documenti semplificati, al fine di evitare inconvenienti con il fisco.

La normativa contabile e di fatturazione elettronica riserva all’impresa agricola alcune regole peculiari, che è opportuno padroneggiare in modo da gestire in maniera ottimale gli adempimenti amministrativi e fiscali richiesti, scongiurando possibili sanzioni.

Impresa agricola: caratteristiche, settori di attività e normativa di riferimento

L’impresa agricola è un’unità operativa i cui scopi principali sono la produzione agricola e zootecnica. Essa gestisce un’attività economica riguardante la coltivazione del suolo, l’allevamento del bestiame e lo sfruttamento delle risorse naturali, con una organizzazione tecnica ed economica finalizzata alla produzione e vendita di beni agricoli.

Le aziende agricole si differenziano per dimensioni, per settori produttivi coinvolti, per tecniche adottate e per destinazione delle produzioni. In termini generali è possibile suddividere le imprese agricole tra quelle che operano nel settore della coltivazione, quelle orientate all’allevamento zootecnico e quelle attive sia nella coltivazione che nell’allevamento.

La normativa di riferimento per l’impresa agricola è costituita in primo luogo dal Regolamento (UE) n.1308/2013 che ha sostituito l’Organizzazione Comune dei Mercati Agricoli, disciplinando aspetti come produzione, commercializzazione e organizzazione della filiera agricola. Ulteriori disposizioni sono contenute nel D.Lgs. n.99/2004 che recepisce la direttiva comunitaria sulle norme relative alle organizzazioni comuni di mercato, nella normativa statale in materia civilistica e su questioni come la sicurezza e l’igiene alimentare.

L’impresa agricola può assumere diverse forme giuridiche, prevalendo in Italia la forma di ditta individuale o società semplice. Caratteristica peculiare è l’autofattura agricola, ovvero la possibilità per le imprese agricole di emettere fatture semplificate senza ricorrere a intermediari. Tale forma consente di alleggerire gli adempimenti amministrativi e burocratici in capo alle aziende agricole.

L’impresa agricola svolge un ruolo fondamentale nel sistema economico e sociale del Paese, contribuendo in modo rilevante alla formazione del valore aggiunto nazionale e all’occupazione. Essa costituisce inoltre un presidio importante per il mantenimento del territorio e della biodiversità. Proprio per la sua importanza, il quadro normativo di riferimento è costantemente aggiornato al fine di sostenere la competitività e lo sviluppo sostenibile del settore agricolo.

Impresa agricola

Imprese agricole: Contabilità semplificata e tassazione dei redditi

Le imprese agricole godono di una disciplina contabile e fiscale semplificata rispetto alle altre attività economiche.

Dal punto di vista contabile, per le aziende agricole di piccole dimensioni è facoltativa la tenuta della contabilità ordinaria ed è ammessa la mera registrazione degli incassi e pagamenti mediante moduli prestabiliti, denominati registri IVA semplificati. Inoltre, queste imprese possono applicare il regime di revisione semestrale delle scritture contabili.

Per quanto riguarda la tassazione dei redditi, per l’impresa agricola opera un regime di determinazione del reddito imponibile basato su criteri forfettari, direttamente collegati alla produzione, anziché sulla determinazione analitica dei costi e ricavi. Tale regime semplificato trova applicazione per le aziende al di sotto di determinati limiti di ricavi.

Un’ulteriore agevolazione è rappresentata dalla cosiddetta “autofatturazione”, che consente alle imprese agricole di emettere fatture semplificate per i conferimenti di prodotti senza dover ricorrere a intermediari.

Da evidenziare che a partire dal 1° gennaio 2024, per effetto della riforma fiscale, anche le imprese agricole saranno soggette all’obbligo generalizzato di fatturazione elettronica 2024, allineandosi alla disciplina delle altre attività economiche. Tale novità semplificherà gli adempimenti amministrativi dell’impresa agricola, rendendo più celere lo scambio delle informazioni fiscali con l’Agenzia delle Entrate.

Pertanto, seppur nel rispetto dei principi generali di determinazione del reddito d’impresa, il quadro normativo riserva alle imprese agricole un regime contabile e fiscale semplificato, con l’obiettivo di alleviarne gli oneri amministrativi, riconoscendone il ruolo strategico per l’economia nazionale.

Piano Transizione 5.0: PNRR, Green e Automazione

Il 26 febbraio 2024, il governo italiano ha annunciato il “Piano Transizione 5.0”, un’iniziativa rivoluzionaria che fa parte delle “Ulteriori disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza” (decreto PNRR) confermato il 2 marzo. Questo piano segna una pietra miliare nella politica italiana, come sottolineato dal ministro Adolfo Urso, per guidare le imprese italiane attraverso la duplice transizione digitale e green nei cruciali anni 2024 e 2025.

Chi può beneficiare del Piano Transizione 5.0?

Il piano è rivolto a tutte le imprese che operano sul territorio italiano, indipendentemente dalla loro dimensione, settore o forma giuridica, a eccezione di quelle in difficoltà finanziaria o soggette a sanzioni interdittive. 

Incentivi e condizioni

Il cuore del Piano Transizione 5.0 è incentrato sul sostegno agli investimenti in beni strumentali materiali e immateriali, che devono essere interconnessi al sistema di gestione della produzione aziendale o alla rete di fornitura. Gli investimenti devono puntare a una riduzione dei consumi energetici di almeno il 3-5%, con possibilità di bonus maggiorati per risparmi superiori.

Il piano prevede un credito d’imposta scalare, a partire dal 35% per investimenti fino a 2,5 milioni di euro, con la possibilità di incrementi significativi, fino al 45%, per risparmi energetici notevoli.

Un aspetto innovativo del Piano Transizione 5.0 è il focus sugli impianti per l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili destinata all’autoconsumo, inclusi quelli per lo stoccaggio dell’energia. In particolare, per gli impianti fotovoltaici, è prevista una maggiorazione del credito d’imposta se i pannelli, prodotti negli Stati membri dell’UE, superano determinate soglie di efficienza.

 

Piano Transizione 5.0

Come accedere ai benefici?

Per accedere ai benefici del piano, le imprese devono presentare una certificazione ex ante e una comunicazione ex ante al Gestore dei Servizi Energetici (GSE), descrivendo il progetto di investimento e i costi associati. Il GSE, dopo aver verificato la completezza della documentazione, “prenota” l’importo del credito d’imposta per le imprese ammissibili. In termini più semplici tutto questo significa che per avere i benefici del Piano è necessario:

  1. Certificazione ex ante: si tratta di un documento che l’impresa deve presentare prima di iniziare l’investimento. “ex ante” è una locuzione latina che significa “prima del fatto”. Questa certificazione serve a dimostrare che il progetto di investimento previsto soddisfa determinati requisiti o standard, che possono essere legati alla sostenibilità, all’efficienza energetica, alla tecnologia impiegata, o ad altri criteri specificati dal piano;
  2. Comunicazione ex ante: oltre alla certificazione, l’impresa deve anche inviare una comunicazione preliminare che descrive in dettaglio il progetto di investimento e i costi associati. Questo serve per informare il Gestore dei Servizi Energetici (GSE) sulla natura dell’investimento, sulle attività previste, sui costi e su qualsiasi altra informazione rilevante;
  3. Gestore dei Servizi Energetici (GSE): il suo ruolo è quello di verificare che i progetti presentati dalle imprese siano in linea con le politiche e i criteri stabiliti dal piano di incentivi;
  4. Verifica della documentazione e prenotazione del credito d’imposta: una volta ricevuta la documentazione, il GSE verifica che sia completa e conforme ai requisiti del piano. Se tutto è in ordine, “prenota” l’importo del credito d’imposta per l’impresa. Questo significa che l’impresa ha l’assicurazione di ricevere un certo importo sotto forma di credito d’imposta, cioè una riduzione delle imposte da pagare, a fronte dell’investimento realizzato. La “prenotazione” è importante perché assicura all’impresa che i benefici saranno disponibili una volta che l’investimento sarà completato, a patto che tutto proceda come previsto.

Formazione e sviluppo delle competenze

Il piano incoraggia anche le spese per la formazione del personale, mirando all’acquisizione di competenze nelle tecnologie rilevanti per le transizioni digitale ed energetica, fino a un massimo di 300.000 euro, purché la formazione sia erogata da soggetti esterni qualificati.

Aspetti finanziari e documentali

Il credito d’imposta ottenuto può essere utilizzato esclusivamente in compensazione tramite F24 e deve essere fruibile entro il 31 dicembre 2025. È previsto anche un sistema di certificazioni e comunicazioni periodiche al GSE per monitorare l’avanzamento dei progetti.

Una promessa alla contabilità sostenibile

Il “Piano Transizione 5.0” del governo italiano rappresenta un’opportunità cruciale per promuovere l’innovazione e la sostenibilità nelle imprese italiane, incoraggiando investimenti in tecnologie verdi e digitali. 

In questo contesto, l’approccio di FatturaPRO.click, che mira all’automazione e alla digitalizzazione aziendale, si allinea perfettamente agli obiettivi del piano. Offrendo soluzioni che facilitano la transizione verso pratiche aziendali contabilmente sostenibili, FatturaPRO.click si pone come un catalizzatore per rendere le imprese italiane non solo più competitive a livello nazionale ma anche internazionale, dimostrando come l’innovazione tecnologica possa essere un pilastro fondamentale per la sostenibilità economica di ogni impresa.

Uscita dal regime forfettario cespiti: cauzioni generali e le specifiche implicazioni in caso di acquisto di beni strumentali

L’uscita dal regime forfettario a seguito del superamento delle soglie di compensi o ricavi, oppure per l’acquisto di beni strumentali oltre i limiti previsti, comporta l’obbligo di assoggettarsi al regime ordinario a partire dal periodo d’imposta successivo. Tale passaggio risulta vincolato al rispetto di alcune regole contabili e di calcolo degli indici di reddito.

In particolare, l’uscita dal regime forfettario cespiti impone di valutare i beni ammortizzabili ancora non interamente ripristinati facendo riferimento al loro costo non dedotto o dedotto in regime agevolato. Successivamente, si deve procedere all’iscrizione nel registro dei beni ammortizzabili previsto per gli operatori IVA e al calcolo delle relative quote di ammortamento.

Le rimanenze finali devono essere rivalutate sulla base del loro costo fiscalmente rilevante e iscritte nell’attivo circolante dello stato patrimoniale aperto con l’applicazione del regime ordinario. Infine, i compensi percepiti prima del cambio di regime devono essere ricondotti ai fini del calcolo dell’indice di redditività al nuovo anno iniziato con il regime operativo.

Il rispetto di queste procedure garantisce la corretta contabilizzazione degli elementi avviati in regime agevolato e il corretto calcolo della redditività aziendale. In caso di inosservanza potrebbero emergere profili di natura fiscale da sanare mediante ravvedimento operoso o voluntary disclosure.

Uscita dal regime forfettario cespiti: Casi di esclusione e uscita dal regime forfettario

Il regime forfettario prevede alcuni casi di esclusione e uscita obbligatoria dal suo campo di applicazione. Quando il contribuente supera determinati limiti di ricavi o compensi annui, oppure la natura dell’attività esercitata perde i requisiti richiesti per poter accedere al regime agevolato, scatta l’obbligo di uscita.

Uno dei casi più comuni è il superamento del tetto annuo di ricavi o compensi pari a 85.000 euro. Oltre tale soglia, a decorrere dal periodo d’imposta successivo, non è più possibile avvalersi della tassazione forfettaria. Un altro motivo che comporta l’esclusione dal regime è la perdita dei requisiti legati all’attività esercitata. Ad esempio, se un contribuente iscritto come gestore di negozio al dettaglio inizia a svolgere anche attività di ingrosso, decade l’agevolazione in quanto tale categoria è esclusa.

Un terzo caso di uscita dal regime forfettario cespiti è dato dall’eventuale acquisto di beni strumentali di valore superiore a 20.000 euro annui al netto dell’IVA. Tale soglia, da verificare per ciascun periodo d’imposta, comporta il passaggio all’ordinario regime IVA e delle imposte sui redditi. Dal 1° gennaio 2019, si è aggiunto l’obbligo di fatturazione elettronica anche per i contribuenti in regime agevolato. Pertanto, chi rientra in una delle cause di esclusione descritte, dovrà regolarizzare la propria posizione in accordo con i nuovi adempimenti fiscali.

Pertanto, l’uscita dal regime forfettario cespiti e l’obbligo di fattura elettronica forfettari costituiscono aspetti strettamente correlati che il professionista deve saper analizzare applicando la normativa vigente. È importante valutare attentamente i casi di decadenza agevolata per trasferire correttamente il contribuente verso il regime ordinario, adempiendo a tutti gli obblighi del caso (trovate tutte le specifiche sulle novità del regime forfettario nella nostra guida: “Regime Forfettario 2024“).

Uscita dal regime forfettario

Regime forfettario beni strumentali ammortamento: Gestione dell’uscita dal regime forfettario per cespiti

Nel regime forfettario, i beni strumentali acquistati dal contribuente con valore superiore a 516 euro sono registrati nel libro cespiti, ma non è consentita la loro deduzione o l’ammortamento fiscale. L’agevolazione prevede infatti che tutte le spese, incluso l’acquisto dei cespiti, siano stimate tramite il coefficiente di redditività legato alla specifica attività esercitata.

Uno dei casi di uscita obbligatoria dal regime forfettario è dato dall’acquisto nel periodo d’imposta di beni strumentali per un valore complessivo superiore a 20.000 euro al netto dell’IVA. In questa situazione, il contribuente deve passare al regime ordinario a partire dal periodo successivo. Ciò comporta anche l’obbligo di fatturazione elettronica a decorrere dalla nuova annualità fiscale.

L’ammortamento fiscale dei cespiti acquistati in regime forfettario e la loro deduzione è ammessa solo a partire dal primo periodo d’imposta in cui si applica il regime ordinario, attraverso un computo analitico sul quale calcolare annualmente la quota di ammortamento. Pertanto, la gestione dei beni strumentali nel passaggio al regime ordinario prevede specifiche regole contabili per la loro corretta imputazione ai fini delle imposte sui redditi.

La disciplina del regime forfettario beni strumentali ammortamento e l’uscita obbligatoria per superamento della soglia dei cespiti acquistati comporta, oltre all’applicazione delle normali regole civilistiche, anche l’assoggettamento all’obbligo di fatturazione elettronica. Il commercialista deve saper supportare il contribuente fornendo tutte le informazioni per garantire il rispetto degli adempimenti in caso di passaggio al regime ordinario.

Quater rottamazione: requisiti, procedure di adesione e modalità di pagamento per mettersi in regola con il fisco

Il meccanismo della quater rottamazione rappresenta ormai un collaudato istituto attraverso il quale il legislatore mira a razionalizzare il pregresso contenzioso tributario e a migliorare in maniera significativa i rapporti tra Fisco e contribuenti.

Giunta alla quarta edizione, la “Quater rottamazioneconsente anche per l’anno 2024 di definire agevolmente le posizioni debitorie emerse successivamente all’introduzione della fatturazione elettronica, attraverso il pagamento delle sole imposte dovute senza sanzioni e interessi aggiuntivi.

Nel dettaglio, la normativa vigente prevede che i contribuenti con carichi pendenti affidati all’Agente della riscossione nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2000 e il 30 giugno 2022 possano aderire volontariamente a questa definizione agevolata.

Per l’adesione è necessario presentare apposita dichiarazione entro il 30 novembre 2024, optando per il versamento dell’importo dovuto in unica soluzione oppure mediante rateizzazione fino a un massimo di 18 rate di importo costante.

Trattasi di un rodato meccanismo che, come evidenziato dalle precedenti “rottamazioni”, tende a favorire gli spontanei versamenti delle imposte a debito e una generale distensione nei rapporti tra cittadini e Amministrazione finanziaria.

Quater rottamazione: cos’è la e chi può aderire

La cosiddetta “rottamazione quater” rappresenta uno dei principali strumenti introdotti dal Legislatore ai fini del miglioramento dei rapporti fra Fisco e contribuenti, attraverso la riduzione del contenzioso tributario pendente. In particolare, la rottamazione quater consente ai soggetti con posizioni debitorie nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria di regolarizzare la propria situazione debitoria versando le sole imposte dovute senza il pagamento di sanzioni e interessi.

Cosa sono le imposte? Le imposte sono i tributi dovuti allo Stato da parte dei cittadini e delle imprese in ragione della proprietà, dei consumi o di altre capacità contributive individuate dalla legge. Rappresentano una fondamentale fonte di gettito per le casse erariali e consentono di finanziare i servizi pubblici essenziali.

La rottamazione quater consente in particolare di definire in maniera agevolata i debiti fiscali superiori a 1.000 euro iscritti a ruolo dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022, versando l’importo dovuto senza corrispondere gli ulteriori interessi e sanzioni maturati.

Si tratta di uno strumento significativo per razionalizzare il pregresso e favorire il recupero delle somme dovute al Fisco, nell’ottica di una migliore compliance da parte dei contribuenti. L’esperienza delle precedenti “rottamazioni” ha infatti dimostrato l’efficacia di tali misure nel promuovere l’adempimento spontaneo e il riequilibrio dei rapporti tributari pendenti. Anche per queste ragioni, la rottamazione quater rappresenta una proficua opportunità sia per l’Amministrazione Finanziaria che per i contribuenti in difetto di versamento delle imposte.

Quater rottamazione

Rottamazione-quater: Modalità di adesione e pagamento

La cosiddetta rottamazione-quater introdotta dal legislatore nel 2023 concerne la definizione agevolata dei debiti fiscali superiori a 1.000 euro contenuti nelle cartelle di pagamento notificate dall’agente della riscossione nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2000 e il 30 giugno 2022. Possono aderire alla Quater rottamazione tutti i contribuenti che hanno debiti pendenti inclusi nei carichi affidati all’Agente della Riscossione nel periodo sopra indicato, a prescindere dall’importo dovuto.

Per quanto concerne le modalità di adesione, il legislatore ha stabilito che il debitore possa optare tra il pagamento in un’unica soluzione entro il 31 dicembre 2023 (termine differito per le zone colpite dagli eventi alluvionali del maggio 2022) ovvero mediante rateizzazione in massimo 18 rate di uguale importo. La prima e la seconda rata devono essere corrisposte entro il 18 dicembre 2023 e il 30 novembre 2023, mentre le restanti hanno scadenza il 28 febbraio, 31 maggio, 31 luglio e 30 novembre di ciascun anno a partire dal 2024.

Il debitore interessato deve presentare apposita dichiarazione di adesione in via telematica, mediante i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate. Successivamente dovrà provvedere al pagamento delle somme dovute scegliendo tra la soluzione unica ovvero quella rateale.

La Quater rottamazione costituisce indubbiamente uno strumento significativo introdotti nel sistema tributario italiano a seguito dell’introduzione della fatturazione elettronica, al fine di favorire il recupero delle somme dovute al fisco e di migliorare l’adempimento spontaneo da parte del contribuente.

Novità AdE: fattura estero, versione 1.9

La digitalizzazione dei processi amministrativi continua a essere un punto focale per le autorità fiscali e per le imprese che cercano di adattarsi alle nuove normative. Infatti dopo le nuova versione 1.8 della fatturazione elettronica, che trovate spiegata nell’articolo Fatturazione elettronica 2024, l’Agenzia delle Entrate in solo un mese ha già rilasciato la versione 1.9

Nella Guida in versione 1.9 sulla compilazione della fatturazione elettronica rilasciata il 13 marzo e dell’esterometro il 5 marzo, l’Agenzia delle Entrate ha introdotto una serie di novità che impattano direttamente su come le aziende gestiscono le loro pratiche di fatturazione.

Fattura estero: le principali novità della versione 1.9

Uno degli aspetti chiave evidenziati nella guida è l’indicazione della modalità di rettifica delle comunicazioni trasmesse attraverso il Sistema di Interscambio (SdI) per le diverse tipologie di documento. I tipi di documento interessati includono TD16, TD17, TD18, TD19, TD20, TD21, TD22, TD23, TD26 e TD28.

Tali indicazioni vanno a descrivere come gestire il caso di una autofattura emessa con errori oppure il caso in cui riceviamo una nota di credito da un fornitore estero e dobbiamo quindi stornare parzialmente o totalmente una autofattura e, più in generale, come ci dobbiamo comportare quando è richiesta l’emissione di una nota di credito.

Cosa comportano le novità?

Registrazione di una nota di credito estera

Nel caso in cui dovessimo ricevere da un fornitore estero una nota di credito per la quale abbiamo emesso regolare autofattura, viene richiesta l’emissione di una nuova autofattura della medesima tipologia ma con importi negativi, parliamo delle autofatture con i codici da TD16 a TD19, per cui non può essere utilizzata la classica nota di credito di tipologia TD04.

Registrazione di una rettifica

La stessa identica modalità deve essere utilizzata anche quando dobbiamo rettificare in diminuzione un documento di tipo TD20, TD21, TD22, TD23, TD26 e TD28. Anche in questo caso non può essere utilizzata una normale TD04, ma la stessa tipologia di documento che dobbiamo rettificare ma con segno meno

Campi aggiuntivi richiesti per le rettifiche

In tali casistiche, esattamente come deve essere fatto anche per le normali note di credito (TD04), nel documento emesso per rettificare un precedente documento, dovrà indicare nel campo 2.1.6 <DatiFattureCollegate> gli estremi del documento da rettificare, quando disponibile.

Interazione con il Sistema di Interscambio (SDI)

Le nuove normative specificano quali documenti sono ammessi per trasmettere le rettifiche tramite SDI evidenziate prima e sono: TD16, TD17, TD18, TD19 (per le fatture estere), TD20, TD21, TD22, TD23, TD26, TD28 (per le restanti tipologie). Questi, quando utilizzati per le correzioni, vengono considerati ai fini IVA come note di variazione, semplificando in questo modo la procedura di rettifica.

Le novità per le imprese agricole

La guida, inoltre, fornisce indicazioni specifiche per la compilazione della sezione “AltriDatiGestionali” da parte delle imprese agricole in regime speciale. Questo è un chiaro segnale dell’impegno dell’Agenzia delle Entrate nel garantire che le disposizioni normative siano adattate alle esigenze specifiche di settori particolari, come quello agricolo.

Campi aggiuntivi richiesti per le imprese agricole

Nella sezione “AltriDatiGestionali” della fattura il soggetto IVA ha la possibilità di inserire dettagli specifici sull’operazione commerciale.

Seguendo le istruzioni dettagliate fornite nella guida aggiornata, compilare questa sezione con accuratezza permette di rendere più precise le bozze preliminari della liquidazione dell’IVA e delle dichiarazioni IVA, contribuendo a un processo più fluido e senza errori nella gestione fiscale.

Al fine di agevolare la liquidazione dell’IVA, il produttore agricolo può indicare nella fattura

elettronica i dati utili per identificare e soprattutto distinguere le suddette operazioni attive non rientranti nel regime speciale:

  • Nel caso di cessioni prodotti agricoli diversi da quelli compresi nella Tabella A, parte prima, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, il cedente potrà valorizzare il blocco <AltriDatiGestionali> nel modo seguente: campo 2.2.1.16.1 <TipoDato> con la stringa “NO-COMP”.
  • Nel caso, invece, la fattura emessa sia riferita a operazioni occasionali rientranti nel regime di cui all’articolo 34-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, il C/P potrà valorizzare il blocco <AltriDatiGestionali> nel modo seguente: campo 2.2.1.16.1 <TipoDato> con la stringa “OCC34BIS”.

È fondamentale sottolineare l’importanza di seguire attentamente i suggerimenti forniti nella guida per la compilazione dei diversi tipi di documento. Ciò non solo assicura la conformità alle normative fiscali vigenti, ma contribuisce anche all’ottimizzazione dei processi di fatturazione, riducendo al minimo il rischio di errori e ritardi.

Lo scarico massivo di documenti

Un’altra importante aggiunta riguarda le istruzioni e le specifiche tecniche per i servizi massivi di trasmissione e scarico dei file. Infatti ora è possibile richiedere lo scarico massivo di fatture e corrispettivi per più partite IVA con una sola richiesta, dei registri IVA non protocollati mensilmente e delle bozze dei prospetti riepilogativi IVA mensili o trimestrali. Questi aggiornamenti riflettono l’impegno continuo nel migliorare l’efficienza e l’accessibilità dei servizi di fatturazione elettronica come FatturaPRO.click, che potranno così fornire servizi sempre più automatizzati.

Come può aiutarti FatturaPRO.click

Come stiamo già facendo per le normali note di credito (la famosa TD04) quando clicchi sul pulsante “Emetti Nota di Credito“, dove numeriamo automaticamente il documento e compiliamo sia la causale, sia la sezione “Documenti Correlati“ con i dati relativi alla fattura che stai annullando o rettificando, così stiamo facendo anche per l’emissione delle autofatture relative alle note di credito dei fornitori esteri e per l’emissione dei documenti di rettifica.

In questo modo, oltre a risparmiare tempo nella compilazione di quanto richiesto dall’attuale normativa, sarai certo di non aver omesso nulla.

Fatture messe a disposizione: diritti dei soggetti passivi e obblighi di verifica

Risulta di fondamentale importanza per tutti gli operatori economici che emettono fatture elettroniche avere piena consapevolezza del significato e delle implicazioni della casistica delle “fatture messe a disposizione”.

Risulta quindi imprescindibile per ogni operatore fiscale che emette fatture elettroniche conoscere nel dettaglio le caratteristiche e le conseguenze delle “fatture messe a disposizione“, al fine di assolvere correttamente ai rispettivi obblighi informativi e di verifica e non incorrere in sanzioni amministrative. Soltanto attraverso una piena consapevolezza di questa casistica è possibile instaurare un rapporto di collaborazione virtuoso con gli uffici dell’Amministrazione Finanziaria.

Fatture messe a disposizione: cosa sono e quando si verifica il mancato recapito

Le fatture messe a disposizione, anche note come fatture collocate nel cassetto fiscale fatture elettroniche, rappresentano un’importante casistica di mancato recapito delle fatture elettroniche che può comportare gravi conseguenze sull’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA.

Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello n. 435 del 2023, le fatture messe a disposizione si riferiscono a documenti elettronici il cui recapito non è avvenuto a causa di problemi tecnici non imputabili al Sistema di Interscambio (SdI), come ad esempio caselle PEC piene o non attive ovvero canali telematici non operativi. In tali circostanze, le fatture vengono collocate nell’area riservata del sito web dell’Agenzia, precisamente nel cassetto fiscale fatture elettroniche del portale “Fatture e Corrispettivi”.

A differenza delle normali fatture elettroniche consegnate tramite Sistema di Interscambio, le fatture messe a disposizione sono soggette al rischio di mancata presa visione da parte del destinatario, con conseguente impossibilità di esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA. Come chiarito dalla circolare n. 1/E del 2018, tale diritto sorge al verificarsi congiunto del requisito sostanziale dell’avvenuta esigibilità dell’imposta e del requisito formale del possesso del documento comprovante l’operazione. Nel caso delle fatture messe a disposizione, la prova di ricezione è rappresentata dalla data di presa visione nel cassetto fiscale fatture elettroniche.

Pertanto, la data di effettiva detraibilità dell’IVA non corrisponde a quella di emissione, bensì a quella di visualizzazione del documento nell’area riservata, a condizione che quest’ultima avvenga entro il termine di presentazione della dichiarazione IVA dell’anno cui si riferisce il diritto. Decorso tale termine, anche in presenza di copia di cortesia, il recupero dell’IVA non è più possibile. Risulta quindi fondamentale verificare periodicamente il cassetto fiscale fatture elettroniche al fine di non perdere importanti diritti fiscali.

Fatture messe a disposizione

Diritti e obblighi relativi alle fatture messe a disposizione

In primo luogo, va definito che per fatture messe a disposizione, ai sensi della risposta n. 435/2023 dell’Agenzia delle Entrate, si intendono quei documenti elettronici il cui recapito non è avvenuto tramite Sistema di Interscambio a causa di problematiche tecniche, come caselle PEC piene o inattive. In tali casi, le fatture vengono collocate nell’area riservata del sito web dell’Agenzia delle Entrate, ovvero nel cassetto fiscale fatture elettroniche.

Emergono quindi diritti e obblighi connessi al corretto utilizzo di tale strumento. In primis, il destinatario detiene il diritto di detrazione dell’IVA a partire dalla data di presa visione del documento nell’area riservata e non già da quella di emissione, a condizione che tale adempimento formale avvenga entro i termini di presentazione della dichiarazione IVA.

Il cedente/prestatore, dal canto suo, è tenuto a informare tempestivamente il destinatario del mancato recapito, indirizzandolo a verificare la presenza delle fatture nel cassetto fiscale fatture elettroniche. Quest’ultimo, a sua volta, ha l’obbligo di attivarsi con sollecitudine al fine sia di non perdere importanti diritti fiscali, sia di non essere reputato artefice di un’arbitraria procrastinazione della presa visione.

Risulta pertanto determinante, ai fini dell’esercizio corretto dei diritti e degli obblighi connessi alle fatture messe a disposizione nell’area telematica dell’Agenzia delle Entrate, verificare periodicamente la presenza di tali documenti nel cassetto fiscale fatture elettroniche entro i termini di legge.